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La terapia correttiva dell’alluce valgo è di tipo prettamente chirurgico

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Academic year: 2021

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1. INTRODUZIONE

L’alluce valgo è una deformità dell’articolazione metatarso-falangea del primo raggio e rappresenta una delle patologie più diffuse del piede.

Il trattamento conservativo ha lo scopo di diminuire la sintomatologia dolorosa ma non è in grado né di correggere la deformità né di modificarne l’evoluzione.

La terapia correttiva dell’alluce valgo è di tipo prettamente chirurgico. Sono state descritte negli anni più di 150 tecniche chirurgiche ma ancora non esiste un trattamento di scelta.

L’osteotomia distale del primo metatarso è raccomandata per la correzione di un alluce valgo classificato come lieve o moderato con angolo intermetatarsale (IMA) non superiore a 20°.

Numerose tecniche mininvasive e percutanee, con o senza mezzi di sintesi, sono state sviluppate per eseguire l’osteotomia distale del primo metatarso.

L’interesse nella chirurgia percutanea è dovuto alla ridotta morbidità, minori tempi chirurgici e ricoveri più brevi; i dubbi riguardano la qualità della correzione e la stabilità a lungo termine.

L’osteotomia di Reverdin, modificata da Isham, è una tecnica di osteotomia distale del primo metatarso che ha lo scopo di allineare il primo raggio attraverso una rotazione mediale della testa del primo metatarso e una correzione del Distal Metatarsal Articular Angle (DMAA).

La tecnica prevede che l’osteotomia sia mantenuta stabile con bendaggi correttivi, senza l’utilizzo di mezzi di sintesi. Spesso, per migliorare i risultati clinici e radiografici, si associa un’osteotomia della falange prossimale del primo raggio secondo Akin.

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In questa tesi verrà eseguito uno studio della bibliografia ed una revisione ad un follow-up medio di 26,7 mesi di 36 casi trattati con tecnica percutanea con osteotomia di Reverdin- Isham allo scopo di valutarne l’efficacia e di chiarirne le indicazioni ed i limiti.

   

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2. CENNI DI ANATOMIA E BIOMECCANICA

L'alluce è composto da una falange distale e una prossimale. L'articolazione tra le due falangi è di tipo condilare, può estendere e flettere la falange distale sulla prossimale; lo spostamento laterale è molto limitato. La falange prossimale si articola con il primo metatarso.

L'articolazione metatarso-falangea dell'alluce è diversa dalle articolazioni delle altre dita per il meccanismo delle ossa sesamoidi e per la presenza di un gruppo di muscoli che stabilizzano l'articolazione e provvedono alla forza motrice del primo raggio.

I muscoli e i tendini che controllano l'alluce sono divisi in quattro gruppi che circondano la prima articolazione metatarso-falangea.

Sulla faccia dorsale dell'alluce, l'estensore lungo e l'estensore breve dell'alluce passano centralmente, inserendosi rispettivamente sulla falange distale e prossimale. L'estensore lungo dell'alluce è ancorato dai legamenti capsulari, una banda fibrosa che si interdigita lateralmente e medialmente con i legamenti collaterali, rinforzando la capsula dell'articolazione metatarso- falangea.

I tendini del flessore lungo e del flessore breve passano sulla superficie plantare; i tendini del capo mediale e laterale del flessore breve dell'alluce s’inseriscono sui sesamoidi mediale e laterale. Distalmente i sesamoidi sono adesi alla base della falange prossimale dal piatto plantare. Il tendine del flessore lungo dell'alluce è localizzato plantarmente al complesso dei sesamoidi, passando dentro una guaina tendinea per inserirsi sulla base della falange distale.

La funzione dei sesamoidi sembra essere di flettere plantarmente il metatarso durante l'estensione dell'alluce, di migliorare la capacità portante del primo metatarso e di migliorare la leva meccanica dei muscoli intrinseci collegati.

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I tendini dell'adduttore e dell'abduttore sono situati rispettivamente sul versante mediale e laterale dell'articolazione metatarso-falangea e s’inseriscono alla base della falange prossimale e alle adiacenti ossa sesamoidi. La metà plantare della capsula dell'articolazione metatarso-falangea è rinforzata dai tendini dell'abduttore dell'alluce e dell'adduttore, mentre la metà dorsale della capsula è sottile, senza rinforzi tendinei. L’articolazione metatarso falangea permette all'alluce l'adduzione, l'abduzione, la circomduzione, la flessione e l'estensione sul metatarso.

Il primo raggio è considerato un segmento singolo del piede costituito da primo cuneiforme e primo metatarso. Nella fase di appoggio del passo la pronazione dell’articolazione sottoastragalica abbassa il primo raggio al suolo e dissipa l’impatto del peso del corpo.

Quando il peso corporeo si sposta in avanti il meccanismo di supinazione della sottoastragalica stabilizza l'arco mediale, preparando il piede per la fase propulsiva del passo.

Le azioni dicotomiche di dissipazione dell’impatto del peso corporeo e la stabilizzazione per la fase propulsiva del primo raggio sottolineano l'importanza e la complessità biomeccanica di questa struttura.

Il primo osso cuneiforme si articola distalmente con i primi tre metatarsi. Il supporto intermetatarsale è fornito dai legamenti metatarsali trasversali, dall'aponeurosi plantare profonda e dal legamento di Lisfranc. Legamenti interossei collegano le basi di tutti i metatarsi adiacenti, tranne il primo e il secondo metatarso. Il legamento di Lisfranc si estende dal primo cuneiforme alla base del secondo metatarso evitando la separazione tra il primo e il secondo raggio. Il secondo metatarso incastrato tra il primo e il terzo cuneiforme è relativamente ipomobile se paragonato agli altri metatarsi. Il primo metatarso è il più breve e più grosso dei metatarsi.

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La prima articolazione metatarso-cuneiforme si associa con i legamenti circostanti per formare un segmento stabile. La capsula articolare è sottile sul versante dorsale, mentre la porzione plantare è rinforzata da un supporto ligamentoso.

L'attività muscolare è in grado di fornire sostegno al primo raggio. I tendini del tibiale posteriore, del tibiale anteriore e del peroneo lungo s’inseriscono sul primo raggio. Il tibiale posteriore s’inserisce sulla tuberosità navicolare con l'aggiunta di espansioni tendinee plantari al cuboide, ai cuneiformi e al secondo, terzo e quarto metatarso. Il tibiale anteriore termina sul cuneiforme mediale e sulla base del primo metatarso. Il peroneo lungo s’inserisce sul primo metatarso.

I segmenti ossei ruotano intorno a sistemi di assi articolari. Un asse articolare nella sua forma più semplice, può essere paragonato a un perno di una cerniera che ruota. Definire l’asse articolare del primo raggio è assai complesso. Hicks, nel 1957, è stato il primo a condurre uno studio su cadavere utilizzando mascherine esterne. Egli dedusse che l’asse di rotazione decorre orizzontalmente dal piede postero-mediale in direzione anterolaterale. L’orientamento dell’asse di rotazione accoppia la flessione dorsale con l’inversione e la flessione plantare con l’eversione. Per questo motivo i termini di “rotazione del primo raggio” e “pronazione del primo raggio” sono spesso utilizzati quando si vuol descrivere il movimento triplanare del primo metatarso.

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3. INQUADRAMENTO DELL’ALLUCE VALGO

3.1 Definizione

Il termine “alluce valgo” fu introdotto per la prima volta da Carl Hueter nel 1871 che definì altrimenti l’alluce valgo come la sublussazione della prima articolazione metatarso-falangea associata alla deviazione in valgismo del primo dito con conseguente sintomatologia dolorosa e limitazione della funzionalità del piede.

Si definisce valgo l’alluce i cui assi, interfalangeo o metatarso-falangeo, presentano un angolo aperto all’esterno superiore ai limiti considerati fisiologici.

La mole di letteratura sull’argomento è dispersiva e impedisce un’univoca interpretazione e uno schematico inquadramento dell’alluce valgo. Tuttavia ai fini espositivi ritengo utile la seguente classificazione:

A) Interfalangeo (o distale)

B) Metatarso-falangeo (o prossimale) 1) Dell’infanzia

2) Dell’adulto

L’alluce valgo è classificato come interfalangeo o metatarso-falangeo per differenziare topograficamente il valgismo intervenuto ai due livelli articolari dell’alluce. L’alluce valgo interfalangeo, è caratterizzato da valgismo della falange distale sulla prossimale. Per il disassamento all’esterno dei tendini a inserzione distale (flessore lungo ed estensore proprio) si può avere secondariamente un alluce valgo metatarso-falangeo con sovrapposizione delle due deformità.

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L’alluce valgo è classificato come dell’infanzia o dell’adulto per differenziare cronologicamente quadri intervenuti prima o dopo la pubertà considerato che ad essa corrisponde il limite superiore dell’infanzia.

L’alluce valgo dell’infanzia è molto più raro, quasi sempre bilaterale. Clinicamente, l’alluce è abdotto ma non è pronato a differenza di quanto avviene nell’alluce valgo dell’adulto. Sono state formulate tre ipotesi per spiegare l’eziologia di questa patologia giovanile: la teoria embriopatica, la teoria fetopatica e la teoria osteogenica. La teoria embriopatica sostiene che la deformità potrebbe essere causata da un’inserzione anomala più dorsale del capo falangeo dell’abduttore dell’alluce e da un’ipoplasia della cresta intersesamoidea. In questo caso la maggior potenza esercitata dal capo falangeo dell’abduttore dell’alluce retratto, associata alla ridotta resistenza ossea opposta dalla cresta ipoplasica, porterebbe al valgismo dell’alluce e al varismo del primo metatarso. La teoria fetopatica fa dipendere la deformità da un viziato atteggiamento intrauterino che porterebbe a un anomalo rapporto della prima articolazione metatarso-falangea, determinando così un alluce valgo primitivo. Questo sarebbe poi responsabile sia della tipica deformità a sella della prima testa metatarsale che del varismo metatarsale causa della deformazione a cuneo dell’epifisi prossimale del metatarso. La teoria della lesione osteogenica attribuisce la genesi della deformità a due possibili meccanismi patogenetici che potrebbero anche coesistere tra loro. Nella prima ipotesi la lesione osteogenica provocherebbe una maggiore crescita (enostosi) laterale, a cuneo, della cartilagine di accrescimento prossimale del primo metatarso, determinando così il varismo del primo metatarso e il valgismo dell’alluce. La seconda ipotesi postula la presenza di un nucleo epifisario accessorio distale. Questa deformità verrebbe così a essere la causa del valgismo dell’alluce e, in un secondo momento, elemento dinamico di spinta in varo del primo

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metatarso. E’ difficile stabilire quale tra queste condizioni in realtà si realizzi perché non è possibile valutare, con la radiografia, la morfologia del nucleo di accrescimento del primo metatarso prima dei tre anni e anche perché non sempre il quadro radiografico corrisponde al quadro anatomo-patologico.

Il termine “alluce valgo”, senza significazione topografica o di periodo di vita, è di comune riferimento all’alluce valgo metatarso-falangeo dell’adulto, senza dubbio il più frequente.

Nel corso di questa tesi sarà trattato elettivamente quest’ultimo poiché la tecnica di Isham- Reverdin percutanea non è indicata nelle forme dell’infanzia e tantomeno nell’alluce valgo interfalangeo.

L’alluce valgo classico è caratterizzato da:

1. varismo del primo metatarso (superiore a 8°)

2. deviazione in valgo della falange prossimale del primo dito (superiore a 14°) 3. pronazione dell’alluce.

3.2 Classificazione

Esiste una classificazione radiografica dell’alluce valgo che lo divide in tre classi di gravità crescente. I criteri radiografici che vengono presi in considerazione sono l’angolo metatarso- falangeo (HVA) e l’angolo intermetatarsale tra primo e secondo metatarso (IMA).

L’angolo metatarso falangeo o angolo di valgismo dell'alluce è formato dall'intersezione dell'asse longitudinale della falange prossimale e il primo metatarso; un angolo di valgismo inferiore ai 15° è considerato normale. L'angolo intermetatarsale tra il primo e il secondo metatarso è formato dall'intersezione dell'asse longitudinale del primo e secondo metatarso;

un angolo inferiore ai 9° è da considerarsi normale.

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Sulla base di queste misurazioni si può definire:

1. Alluce valgo lieve (HVA < 20° e IMA ≤ 13°).

2. Alluce valgo moderato (HVA ≥ 20° e < 40° e IMA >13° e ≤20°).

3. Alluce valgo grave (HVA ≥40° e IMA >20°).

Un secondo aspetto che deve essere considerato a fine prognostico è il grado di artrosi dell’articolazione metatarso falangea. La classificazione radiografica di Coughlin e Shurnas è la più utilizzata per quantificare il grado di artrosi dell’articolazione metatarso falangea.

Vengono individuati 5 gradi di artrosi di gravità crescente:

- Grado 0: articolazione normale.

- Grado 1: osteoaddensamenti, riduzione dello spazio articolare (<50%), osteofiti dorsali e leggero appiattimento della testa metatarsale.

- Grado 2: riduzione dello spazio articolare (>50%), osteoaddensamenti, osteofitosi circonferenziale, aspetto irregolare dei sesamoidi

- Grado 3: anormalità come nel grado 2 ma con una maggiore riduzione dello spazio articolare e con la presenza di cisti.

- Grado 4: completa scomparsa dell’articolazione metatarso falangea.

Un’altra classificazione utile ai fini del trattamento distingue l’alluce valgo come congruente o incongruente.

La congruenza della prima metatarso-falangea viene valutata tracciando le linee che sottendono rispettivamente le superfici articolari della testa del primo metatarsale e della base della prima falange. Secondo i criteri di Pigott, se le linee sono parallele, l’articolazione viene definita congruente; se sono convergenti nello spazio intermetatarsale, si definisce deviata; se

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sono convergenti nella metatarso-falangea si definisce lussata (Fig. 3.1). Un’articolazione congruente è un obiettivo chirurgico indispensabile per giungere ad un buon risultato funzionale.

Vi sono poi numerosi altri angoli che possono essere calcolati nella valutazione dell’alluce valgo.

È necessario approfondire il Distal Metatarsal Articualr Angle (DMAA), o Proximal Articular Set Angle (PASA), poiché è uno dei parametri chiave per gli interventi di correzione di alluce valgo.

Si calcola tracciando una linea che intersechi la faccia mediale e laterale dell’osso subcondrale della testa del metatarso. Poi si traccia una linea perpendicolare alla prima e una linea che corrisponde all’asse di bisezione del metatarso. L’angolo compreso tra le ultime due rette è l’angolo articolare prossimale. Valori normali sono compresi tra 0°- 8° (Fig. 3.2).  

Fig.  3.1  

Congruenza  della   MTF1.  

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Un’ultima classificazione utile a inquadrare l’alluce valgo riguarda la posizione dei sesamoidi.

In base al rapporto tra asse del primo metatarso e sesamoide mediale si distinguono quattro posizioni:

- Posizione 1: quando il sesamoide si colloca medialmente all’asse metatarsale.  

- Posizione 2: quando il sesamoide si colloca medialmente e tangenzialmente all’asse metatarsale.

- Posizione 3: quando il sesamoide è attraversato dall’asse metatarsale.

- Posizione 4: quando il sesamoide si colloca lateralmente all’asse metatarsale.

La posizione 1 e la posizione 2 sono normali, mentre 3 e 4 sono posizioni patologiche, determinate da una progressiva lussazione dei sesamoidi, condizione che si associa ad alluce valgo (Fig. 3.3).  

Fig.  3.2   DMAA  o  PASA  

Fig.  3.2  

HVA,  IMA  e  DMAA.  

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3.3 Epidemiologia  

Anche se l’alluce valgo ha attirato grande attenzione nella letteratura sia storica che recente, numerosi autori hanno sottolineato la difficoltà di definire con precisione la vera prevalenza

Fig.  3.3  

Classificazione  radiografica  dei  sesamoidi.  

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popolazione generale, indipendentemente dall’età, è affetta da alluce valgo. In Inghilterra invece è stata riportata una prevalenza del 28,4% nella popolazione adulta. Uno studio condotto da Menz e collaboratori nel 2001 mostra una prevalenza del 74% nella popolazione anziana.

Dall’esperienza personale di ogni ortopedico è evidente che la patologia colpisce principalmente la popolazione femminile e anziana. Ma a causa dell’elevata diffusione della patologia e del fatto che non tutti i pazienti affetti da tale patologia si sottopongono a cure mediche è difficile stimare con esattezza la prevalenza della patologia nella popolazione.

Nel 2010 in una meta-analisi pubblicata su Journal of Foot and Ankle Research è stata fatta una revisione di 78 articoli indicizzati su Pubmed considerati rilevanti per fare una stima della prevalenza dell’alluce valgo nella popolazione. I risultati di questo studio mostrano che la prevalenza di alluce valgo nella popolazione compresa tra 18 e 65 anni è del 23% ed è maggiore di 2.3 volte nelle femmine (30%) rispetto ai maschi (13%).

Roddy E. e collaboratori nel 2008 riportano una prevalenza del 28,4% nella popolazione compresa tra 40 e 80 anni. Anche in questo caso è stata dimostrata una netta prevalenza nelle donne in cui la patologia è presente in circa il 38% della popolazione contro il 21% della popolazione maschile. Inoltre è statisticamente significativo che il 21,2% della popolazione generale femminile l’alluce valgo è bilaterale mentre solo nel 17% è monolaterale. Nei maschi invece la prevalenza dell’alluce valgo bilaterale è pressappoco sovrapponibile a quella monolaterale (11% contro 9.3%).

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3.4 Eziologia e Patogenesi

L’alluce valgo metatarso-falangeo dell’adulto riconosce cause estrinseche e intrinseche; tra le prime ricordiamo soprattutto il ruolo delle calzature, infatti l’incidenza di alluce valgo è maggiore in popolazioni abituate ad indossare scarpe, rispetto a popolazioni che non le indossano e la forma delle calzature da donna può spiegare la netta preponderanza di questa patologia nel sesso femminile. In genere, la forma della scarpa maschile rispecchia quella del piede dell’uomo e questo non causa compressione dell’avampiede, come invece capita nelle calzature femminili, la cui forma non rispecchia le dimensioni del piede e sono in media 1 o 2 cm più strette dell’avampiede. Inoltre, più aumenta l’altezza dei tacchi, più aumenta il carico sull’avampiede spingendo l’alluce sempre più all’interno della punta della scarpa, provocando così una deviazione all’esterno del primo dito e all’interno del quinto. Il primo e il quinto dito quindi spingono le dita centrali, che per mancanza di spazio si lussano dorsalmente e si deformano. E’ stato dimostrato che l’aver portato per lungo tempo scarpe con tacco alto in età giovanile-adulta può dare dei problemi in età avanzata.

Tra le cause intrinseche, geneticamente determinate, invece sono state nel tempo citate la familiarità. La morfologia della superficie articolare della testa metatarsale ha un ruolo nello sviluppo di alluce valgo: una testa appiattita è più stabile e resiste maggiormente alle forze deformanti, mentre una testa arrotondata è più suscettibile allo sviluppo di alluce valgo. Il primo metatarso varo per molti autori si sviluppa contestualmente alla deformità ma in alcuni casi può essere considerato il primum movens. Il primo metatarso breve comporta un allargamento del ventaglio metatarsale e quindi facilita lo sviluppo di alluce valgo. Il piede egizio, cioè quel piede in cui l’alluce è più lungo del secondo dito, sembra essere maggiormente soggetto a sviluppare valgismo dell’alluce.

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Il piede in “cavismo” presenta una più spiccata pronazione del I metatarso mentre, poiché è di solito un piede più rigido, minore è il varismo; il contrario appare nel piede in “piattismo”, di solito associato ad avampiede lasso.

Uno dei principali fattori predisponenti all’alluce valgo è la presenza di avampiede addotto, cioè quel piede in cui l’asse longitudinale del retropiede forma con l’asse longitudinale del secondo metatarso un angolo superiore a 15°. Secondo Dragonetti, Root e collaboratori l’anomala pronazione della sottoastragalica, tipica di deformità come il piede piatto e il piede cavo valgo, è la causa principale dell’insorgenza di alluce valgo; l’ipermobilità della prima articolazione cuneo-metatarsale o l’orientamento obliquo di tale articolazione per un incremento dell’angolo metatarsale predispongono all’alluce valgo.

Inoltre hanno un’incidenza significativa tutte le anomalie torsionali dell’arto. Ad esempio l’extrarotazione tibiale comporta un compenso in varo del I metatarso poiché questo si traduce sul piano orizzontale in una rotazione interna compensatoria del piede. Secondo alcuni autori anche l’antiversione dell’anca potrebbe cercare compenso nel valgismo dell’alluce; lo specifico assetto torsionale dell’arto inferiore della donna, condizionato anche da diverso assetto del bacino e del rachide può giustificare, forse al di là di altri fattori variamente invocati, la maggior incidenza di alluce valgo nel sesso femminile.

Vengono definiti come secondari gli alluci valghi insorti successivamente a patologia di altre dita, o ad altra patologia dell’avampiede o sovrasegmentaria. Più propriamente dovrebbero essere definiti “valgismi dell’alluce”.

La tipica patologia dell’avampiede in cui l’alluce devia in valgismo è quella che interviene in ambito di patologia infiammatoria quali la poliartrite cronica evolutiva e l’artrite reumatoide:

per le gravi alterazioni degenerative delle metatarso-falangee, e successiva azione eccentrica

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del pedidio, tutte le dita tendono a deviare con grave valgismo dell’alluce. Il quadro complesso e avanzato di piede reumatoide assume la conformazione detta di “avampiede triangolare”.

Patologie neuromuscolari (paralisi muscolari, contratture, spasticità) possono provocare la comparsa di alluce valgo determinando l’anomala pronazione del piede così come le malattie genetiche dei tessuti mesenchimali (Sindrome di Marfan, la malattia di Ehlers-Danlos, la lassità legamentosa generalizzata, la sindrome di Down); in queste condizioni un ruolo fondamentale è svolto dalla lassità legamentosa e dalla compromissione delle strutture capsulari.

I traumi possono essere causa di alluce valgo secondario come esito di fratture.

Per quanto riguarda le patologie di altre dita, la deviazione in valgo dell’alluce può intervenire secondariamente a deformità a martello del 2° dito o a una sua griffe congenita o acquisita (2°

dito lungo in un piede “greco”): in entrambi i casi il dito tende a portarsi spontaneamente sovraddotto e l’alluce tende a disporsi al di sotto di esso avviando una secondaria deformità in valgo. Analogo processo si può sviluppare come complicanza nell’amputazione del II dito di cui l’alluce va a occupare il vuoto residuo.

A distanza dalla formazione di un valgismo dell’alluce, post traumatico o ex vacuum, si sviluppa anche il varismo del metatarso; con la deviazione in valgo del primo dito, la trazione del muscolo adduttore dell'alluce provoca una deviazione laterale della base della falange prossimale sulla testa del metatarso, che spinge il primo metatarso in varo. La capsula mediale s’indebolisce e le strutture laterali si retraggono. Il legamento metatarsale trasverso ancora i sesamoidi al secondo metatarso e per questo i sesamoidi rimangono in posizione durante i movimenti mediali della testa del primo metatarso, appiattendo la cresta. Il risultato è un’alterazione meccanica della prima

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articolazione metatarso-falangea, con formazione di un’eminenza mediale prominente, sub- lussazione laterale della base della falange prossimale, dissociazione del complesso metatarso- sesamoidi, pronazione dell’alluce e aumento dell’angolo compreso fra il primo e il secondo metatarso.

3.5 Anatomia patologica

L’anatomia patologica dell’alluce valgo fa riferimento a lesioni scheletriche, articolari e delle parti molli (tendini, legamenti, capsula, cute e sottocute) alle quali si possono aggiungere lesioni associate alle altre dita.

Le lesioni scheletriche sono rappresentate dall’esostosi e dalla deviazione, assiale e rotatoria, del 1° metatarso e della falange basale dell’alluce. L’esostosi è sviluppata alla faccia mediale del 1° metatarso, in corrispondenza dell’inserzione del legamento laterale interno dell’articolazione metatarso-falangea, come rilievo più o meno voluminoso costituito da osso rimaneggiato talora comprendente formazioni geodiche ripiene di tessuto fibro-adiposo che possono essere coperte da neo-cartilagine irregolare. La prominenza mediale della testa metatarsale, oltre che dal tessuto esostosico, è anche dovuta all’ipertrofia della parte mediale della testa che non è più coperta da parte della falange basale dell’alluce, sublussata lateralmente; un solco ben evidente, che chirurgicamente rappresenta il limite della buniectomia, la separa dal versante cartilagineo cefalico del 1° metatarso. La falange basale dell’alluce, pronata e valga, rispecchia il quadro clinico, come il varismo del 1° metatarso rispecchia il quadro radiografico.

I sesamoidi sono disposti lateralmente alla testa del 1° metatarso, talora il laterale è interposto nello spazio tra 1° e 2° metatarso. E’ la cosiddetta “lussazione dei sesamoidi”: in effetti non

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sono i sesamoidi a muoversi, ma è la testa metatarsale che ha perso il rapporto di congruenza dislocandosi in varo e la migrazione intermetatarsale del sesamoide laterale è da considerarsi

“ex vacuo”. Secondaria è la retrazione delle strutture di stabilizzazione del sesamoide laterale;

la lisi di questo dal collo del metatarso è pertanto tempo chirurgico indispensabile al recupero dei normali rapporti metatarso-sesamoidei. Inferiormente al condilo interno della testa del 1°

metatarso e sulle superfici articolari sesamoidee è possibile mettere in evidenza alterazioni degenerative ed usura della cartilagine di rivestimento.

Le superfici articolari metatarso-falangee con il tempo sviluppano gravi lesioni degenerativo- strutturali. Anche se il quadro anatomo-patologico delle lesioni scheletriche tende nel tempo ad aggravarsi, evolvendo di solito nel volgere di anni, talora può manifestare un brusco peggioramento, espressione di patologia degenerativa capsulo-legamentosa o di insufficienza muscolare (peroneo lungo).

Le lesioni osteoarticolari si accompagnano a importanti alterazioni delle parti molli (tendini, capsula, legamenti, cute e sottocute). Il tendine dell’estensore proprio dell’alluce è dislocato lateralmente, disposto a corda tra i due segmenti scheletrici in valgo e appena ancorato medialmente da qualche bandelletta fibrosa traccia delle strutture di stabilizzazione; parimenti i tendini che s’inseriscono sulla glena sesamoidea (adduttore, abduttore, flessore breve dell’alluce) e il flessore lungo dell’alluce, solidale con la glena, sono tutti disassati lateralmente. Il disassamento anatomico all’esterno dell’apparato tendineo proprio del 1°

raggio, fa in modo che i muscoli corrispondenti diventano tutti concorrenti alla valgizzazione dell’alluce. Questo processo rappresenta un componente fondamentale nel circolo vizioso che interviene all’aggravamento della deformità.

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L’apparato capsulo-legamentoso dell’articolazione metatarso-falangea dell’alluce è accorciato e retratto lateralmente mentre appare disteso e assottigliato medialmente, in particolare in corrispondenza dell’inserzione del legamento collaterale interno.

Questi dati hanno un importante rilievo chirurgico:

la retrazione laterale, progressivamente irriducibile, si oppone alla ricostituzione di normali rapporti articolari metatarso-falangei per cui si dovrà provvedere a una lisi ampia; al contrario la

componente capsulo-ligamentosa mediale dovrà essere stabilizzata (Fig. 3.4).  

A livello dell’esostosi la cute, per frizione con la calzatura, si presenta ispessita e discheratosica; una callosità è spesso presente al

bordo interno della falange distale dell’alluce per la pronazione del dito. A questo livello può essere presente una borsite che, da semplice reazione congestizia può acquisire caratteristiche d’infiammazione cronica.  

Spesso è presente, come lesione associata la griffe del 2° dito o dito a martello. A livello cutaneo si osserva callosità e discheratosi in corrispondenza dell’articolazione interfalangea e plantarmente alla sua falange distale. In questi casi è quasi sempre

Fig.  3.5  

Callosità  tipiche  dell’alluce  valgo   con  sovraccarico  metatarsale.  

Fig.  3.4  

Azione  dei  muscoli  e  legamenti  nella   patogenesi  dell’alluce  valgo.  

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presente sovraccarico sulla testa del 2° metatarso con ipercheratosi e callosità in corrispondenza della superficie plantare della testa stessa (Fig. 3.5)

Nel 2° dito in griffe la falange prossimale del dito è sublussata o lussata dorsalmente, con retrazione dei tendini di estensore comune delle dita e pedidio; l’apparato capsulo-tendineo metatarso-falangeo presenta un aspetto degenerativo con sinovia ipertrofica, ispessita e grigiastra. Le superfici articolari possono apparire degenerate e la base della falange deformata dall’usura del suo versante articolare inferiore.  

3.6 Clinica

L’alluce valgo è una patologia a evoluzione progressiva. Il quadro clinico è caratterizzato da tre componenti che intervengono come modificazioni assiali e rotatorie a livello della articolazione metatarso-falangea: abduzione e pronazione dell’alluce e varismo del 1°

metatarso (Fig. 3.6).  

Il valgismo dell’alluce, fisiologico entro i 15°, può superare i 40°-45°; in casi estremi l’alluce è disposto trasversalmente a cavaliere delle altre dita. La pronazione può essere di 45° in rapporto al piano di appoggio. Medialmente è evidente la prominenza paracefalica del 1° metatarso sovente ricoperta da cute discheratosica e talora con formazione borsitica, anche ulcerata. Spesso si associa un sovraccarico sulla testa dei metatarsi laterali legati a insufficienza del 1° raggio.

Fig.  3.6  

Abduzione  e  pronazione  dell’alluce,   verismo  del  1°  metatatrso.  

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Nel tempo si sviluppano deformità a carico del 2° dito, diverse in rapporto al fatto che l’alluce venga a disporsi ventralmente o dorsalmente ad esso. Nel primo caso (2° dito sovraddotto) la falange prossimale del 2° dito si verticalizza mentre la media e la distale si orizzontalizzano, ponendosi su di un piano più dorsale rispetto alle altre dita; il polpastrello riposa sul versante laterale dell’alluce pronato. Nel secondo caso invece (2° dito infraddotto) le falangi media e distale sono flesse ed è il polpastrello dell’alluce che appoggia su di esse. In entrambi i casi comunque si ha nel tempo la progressiva lussazione dorsale, presto irriducibile, del 2° dito.

Sulla base delle alterazioni morfo-strutturali sopraelencate il quadro clinico che si delinea è dominato dal dolore e dalla deformità.

Il dolore soggettivamente riferito a livello esostosico, è di solito inizialmente legato all’uso di calzature; successivamente può essere costante e talora acuto per il sovrapporsi di componente infiammatoria da borsite reattiva. Talora la deambulazione è limitata e precauzionale, con piede in supinazione.

Alla sintomatologia dolorosa sulla testa del 1° metatarso può accompagnarsi anche dolore in corrispondenza della callosità mediale alla falange distale dell’alluce (pronazione dell’alluce), dolore all’articolazione interfalangea prossimale del 2° dito (sovraddotto), al polpastrello di 2° dito (infraddotto) e sulla superficie plantare delle teste dei metatarsi centrali (sovraccarico).

L’avampiede diventa più largo per la deviazione in varo del 1° metatarso e più alto per la deformità a martello del 2° dito; questo, associato alla sintomatologia dolorosa, crea un piede che mal si adatta alle comuni calzature in commercio.

Spesso in questi pazienti il problema estetico è ben più importante delle manifestazioni dolorose, specialmente nelle giovani donne. Infatti, mentre alcuni pazienti tollerano anche psicologicamente la loro deformità adattando a essa la calzatura, molti mal sopportano di non

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poter utilizzare calzature legate a un particolare tipo di vita lavorativa o sociale. Abbiamo stimato che un’alta percentuale di donne giovani vanno incontro all’intervento in assenza o con modesto dolore, lo scopo della chirurgia in questi casi è esclusivamente estetico.

Trattandosi di una patologia a carattere evolutivo, è possibile suddividere l’alluce valgo in quattro stadi clinici:

Nel primo stadio si ha una sublussazione laterale della falange prossimale dell’alluce rispetto alla testa del primo metatarso. L’alluce valgo è riconoscibile solo mediante radiografia. E’

asintomatico ma talvolta si possono riscontrare delle lievi ipercheratosi.

Nel secondo stadio si ha l’abduzione dell’alluce visibile anche clinicamente oltre che radiograficamente. L’alluce spinge contro il secondo dito fino a che questo ne limita l’abduzione. Talvolta si riscontra un’unghia incarnita. Il dolore è raro. Questo stadio segue o si sviluppa in maniera contemporanea con il primo.

Il terzo stadio è caratterizzato da un marcato varismo del primo metatarso. L’eminenza mediana della prima metatarso-falangea appare dolente, arrossata e tumefatta. Compare la metatarsalgia da trasferimento dovuta al sovraccarico delle teste metatarsali nel periodo propulsivo quando la prima metatarso-falangea è incapace di sostenere il carico. In questa fase è presente la sublussazione dei sesamoidi. È possibile che sia presente mononeurite o neuropatia associata alla compressione della branca mediale del nervo cutaneo dorso-mediale nel suo passaggio al di sopra della faccia dorso-mediale della testa del primo metatarso (dolore e parestesie).

Infine nel quarto stadio si ha una dislocazione dell’alluce sulla prima testa metatarsale. Il secondo dito perde tutta la sua capacità di sostegno contro l’abduzione dell’alluce. L’alluce spinge verso il terzo dito dal momento che il secondo si è sublussato e non oppone più

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resistenza. Nei casi più gravi l’alluce si sposta al di sotto delle dita centrali o più raramente vi si sovrappone.

   

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4. TRATTAMENTO

4.1 Trattamento conservativo

La correzione dell’alluce valgo è prevalentemente chirurgica; la deformità anatomica si può correggere solo ripristinando i giusti rapporti articolari tra le componenti ossee.

Tuttavia, si possono effettuare trattamenti preventivi o semplicemente conservativi con lo scopo di alleviare la sintomatologia clinica o, al massimo, di rallentare l’evoluzione di questa particolare affezione.

Generalmente, un trattamento conservativo iniziale è intrapreso in maniera autonoma dal paziente quando la sintomatologia interferisce con le normali attività quotidiane. Ciò consiste nell’utilizzo di calzature larghe, spesso aperte sull’avampiede e dall’applicazione di cuscinetti. In caso di mancata risposta, il paziente si reca dall’ortopedico.

Il primo approccio terapeutico comprende l’educazione del paziente, l’analisi della storia naturale del disordine, la valutazione del tipo di calzatura e le eventuali terapie precedenti. Il trattamento conservativo inizia con la prescrizione di una calzatura adatta che può alleviare i sintomi. Nel soggetto anziano la calzatura deve essere leggera, confortevole e stabilizzante.

Altra caratteristica da tenere in considerazione è il volume, considerando che né scarpe strette né larghe giovano alle alterazioni già presenti. Quindi, prima dell’acquisto della calzatura, è necessario che i piedi siano misurati, anche in prospettiva dell’inserimento di eventuali ortesi plantari, dato che spesso i soggetti anziani tendono ad introdurle in qualsiasi calzatura causando ulteriori iperpressioni. Spesso vengono utilizzati materiali termoformabili che permettono di avvolgere il piede deforme, evitando delle compressioni. Le cuciture sia della tomaia che della fodera vanno realizzate in modo da impedire sfregamenti nei punti critici di

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flessione del piede. L’allacciatura dovrà essere maneggevole, spesso è realizzata in velcro per permettere una chiusura graduata, facile e veloce. La suola deve essere costituita da materiale ammortizzante con profilo antiscivolo, per compensare l’atrofia del pannicolo adiposo plantare dovuta all’età. Il tacco deve essere basso e largo per favorire la distribuzione equa del peso. In caso di dolorabilità molto intensa, artralgie o borsiti molto sintomatiche può essere indicata anche la prescrizione di farmaci anti-infiammatori non steroidei. Bisogna prestare molta attenzione a somministrare questi farmaci in soggetti anziani per i correlati rischi gastrointestinali e renali.

Molto utili sono i dispositivi di ortopedia correttiva, o ortesi, al fine di svolgere una funzione protettiva della zona dolente che si vuole trattare. Le ortesi più utilizzate sono in silicone e sono controindicate in caso di micosi cutanee o di macerazione interdigitale. Le ortesi utilizzate nel trattamento dell’alluce valgo si distinguono in ortesi plantari e ortesi digitali.

L’ortesi plantare è un dispositivo medico rappresentato da una soletta ortopedica concepita con la finalità di ridurre al minimo gli squilibri posturali e i picchi di pressione a cui il piede è soggetto durante la fase del passo. Infatti, uno degli scopi principali del plantare nell’alluce valgo durante la funzione del passo, è quello di assorbire l’onda di shock durante l’impatto del tallone al suolo e quello di aiutare a stabilizzare il piede nella fase di appoggio totale per poi distribuire e ridurre al minimo l’impatto traumatico dell’avampiede. Anche le ortesi plantari non possono essere standardizzate ma devono essere costruite per quello specifico soggetto.

Al fine di realizzare un plantare funzionale e ben tollerato devono essere valutati una serie di fattori come l’età, le dimensioni del piede, il peso corporeo, la sudorazione, eventuali malattie sistemiche come il diabete, attività lavorativa e velleità sportive e infine le caratteristiche

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morfologiche del piede, per esempio un piede piatto pronato necessita di ortesi completamente differenti da quelle di un piede cavo con avampiede addotto.

Le ortesi digitali in silicone, vengono utilizzate come dispositivo compensatorio nei casi di alluce valgo. All’inizio rallentano l’evoluzione dell’alluce valgo poi, quando la mobilità delle dita lo consente, rappresentano un’ottima soluzione per riallineare le dita interessate dalla deformità in griffe o a martello. Si dividono in protettive e correttive. Le ortesi protettive hanno lo scopo di eliminare il conflitto con la calzatura, con il piano d’appoggio (suola) o con le dita adiacenti. Il conflitto è dato da un sovraccarico, cioè da una pressione eccessiva su una superficie ridotta. Per ridurre il sovraccarico si riduce la pressione o si aumenta la superficie.

Le ortesi protettive distribuiscono la pressione su una superficie più vasta. Le ortesi correttive hanno lo scopo di ridurre la deformità senza la pretesa di eliminarla.

In definitiva, sebbene non ci sia evidenza scientifica a sostegno dell’efficacia di un trattamento ortesico nella terapia dell’alluce valgo, in alcuni pazienti questo può recare un certo sollievo dai sintomi. Inoltre nei soggetti molto anziani, esclusi dall’indicazione chirurgica per età avanzata o per patologie sistemiche associate, l’impiego delle ortesi resta l’unico espediente in grado di alleviare anche parzialmente il dolore.

4.2 Trattamento chirurgico

Gli obiettivi principali del trattamento chirurgico sono la risoluzione del dolore, il ripristino del bilanciamento morfologico e della funzionalità del primo raggio e la correzione del problema estetico.

I numerosi interventi di correzione descritti in letteratura indicano che non esiste una procedura applicabile universalmente per tutte le deformità.

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La scelta della tecnica chirurgica deve dipendere dalle alterazioni anatomiche e dalle caratteristiche del paziente (età, stile di vita, aspettative…).

È inoltre fondamentale un corretto e preciso planning preoperatorio basato sullo studio radiografico durante il quale viene calcolato il grado di valgismo dell’alluce, l’angolo intermetatarsale, il DMAA, la congruenza dell’articolazione metatarso falangea, il grado di artrosi, il grado di lussazione dei sesamoidi e la formula metatarsale.

Nonostante questo inquadramento generale del paziente sia condiviso da pressoché la totalità degli autori il tipo di tecnica da utilizzare nei diversi casi è ancora molto discusso in letteratura. Per questo motivo mi limiterò di seguito ad elencare alcuni dei trattamenti chirurgici maggiormente utilizzati con alcuni cenni generali sulle indicazioni, essendo queste ancora lontane dall’essere standardizzate.

Per iniziare è possibile suddividere gli interventi in alcuni grandi gruppi: interventi sui tessuti molli, artroplastiche ed artrodesi, osteotomie e protesi. Queste ultime sono raramente utilizzate e solo in condizione di alluce valgo associato ad alluce rigido e soprassederò pertanto al loro trattamento. Alcuni di questi tipi d’intervento possono essere variamente associati tra di loro come ad esempio osteotomie e interventi sui tessuti molli.

TECNICHE SUI TESSUTI MOLLI

La plastica delle parti molli può essere eseguita da sola o in associazione ad altre tecniche.

Tale procedura da sola è indicata in pazienti di tutte le età con valgismo dell’alluce < 30°, con angolo intermetatarsale < 16° e con DMAA < 15°. Il fondamento di questo intervento è di detendere le strutture articolari laterali retratte (cioè l’abduttore dell’alluce, la capsula articolare laterale, il legamento metatarsale trasverso), consentendo alla falange prossimale di

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essere riallineata sulla testa metatarsale. La capsula mediale assottigliata viene sottoposta ad una plastica a cappotto dopo aver escisso l’eminenza mediale (Fig. 4.1). E’ controindicata in caso di grave artrosi metatarso-

falangea e in presenza di paralisi spastiche.

Una tecnica utilizzata sui tessuti molli è la tecnica di McBride, anche questa prevede il release delle strutture tendinee in particolare del capo falangeo dell’abduttore dell’alluce.

McBride aggiunse alla tecnica originale la trasposizione del tendine dell’adduttore sul collo del primo

metatarso e la sintesi con ancorette. Si corregge così contemporaneamente il valgo del dito e il varo del metatarso. Le indicazioni all’utilizzo di questa tecnica sono: articolazione metatarso- falangea non congruente, angolo di abduzione dell’alluce < 30°, angolo di adduzione del primo metatarso < 15°, accettabile mobilità della metatarso-cuneiforme.

ARTRODESI

Si distinguono artrodesi della metatarso-falangea e dell’articolazione cuneo-metatarsale.

L’artrodesi della metatarso-falangea è indicata nell’alluce valgo presente nel piede reumatoide o quando vi sia un’artrosi di grado severo. Può essere anche adottata come tecnica di

Fig.  4.1  

Release  delle  strutture  tendinee  e  capsulo-­‐

ligamentose  laterali  della  MTF1.  

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salvataggio in caso di recidiva, soprattutto in pazienti anziani. È inoltre la tecnica di scelta nell’alluce valgo secondario a disordini neuro- muscolari (Fig. 4.2).

L’artrodesi dell’articolazione cuneo-metatarsale (tecnica di Lapidus) è quasi sempre associata ad un tempo chirurgico sui tessuti molli alla metatarso-falangea. È indicata in pazienti con ipermobilità dell’articolazione cuneo-metatarsale e in caso di deformità severe con IMA superiore a 20°. Questa tecnica è indicata anche nei casi di

grave artrosi della cuneo-metatarsale mentre è controindicata in caso di rigidità della prima metatarso-falangea, in caso di formula metatarsale di tipo index-minus e in pazienti giovani con cartilagini di accrescimento ancora attive.

Consiste in una resezione-artrodesi dell’articolazione asportando un cuneo a base infero-laterale in modo che la chiusura della resezione determini la correzione del varismo e l’abbassamento del 1°

metatarso (Fig. 4.3).   È un intervento tecnicamente difficile e necessita di un prolungato periodo di ospedalizzazione.

  Fig.  4.2  

Artrodesi  MTF1  con  2  viti.  

Fig.  4.3  

Artrodesi  cuneo-­‐metatarsale  con  

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ARTROPLASTICA

L’intervento di Keller è stato descritto per la prima volta nel 1904 e viene citato solamente per la sua dignità storica. In passato era molto utilizzato ma oggi è stato quasi del tutto abbandonato ed è riservato a rarissimi casi di grave compromissione degenerativa della prima metatarso- falangea in soggetti di età avanzata e con

capacità deambulatorie molto ridotte. L’intervento è tecnicamente molto semplice da eseguire e consiste nell’asportazione del terzo prossimale della falange prossimale del 1° dito (Fig.

4.4). L’intervento è gravato da un’elevata percentuale di recidiva e comporta una riduzione della forza di plantarflessione della metatarso-falangea di circa il 40% con conseguente rischio di sovraccarico sui metatarsi centrali. Infine la chirurgia di salvataggio in caso di fallimento è estremamente complessa.

4.3 Osteotomie correttive

Le osteotomie possono essere suddivise in base alla sede anatomica in osteotomie della falange prossimale, osteotomie del cuneiforme e osteotomie del primo metatarso che a loro volta vengono distinte in osteotomie distali, della diafisi e prossimali. Le tecniche per stabilizzare tali osteotomie sono varie, si possono utilizzare vite ossee di piccole dimensioni, fili di Kirschner, pin riassorbibili o bendaggi funzionali.

Fig.  4.4  

Intervento  di  Keller.  

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OSTEOTOMIA DELL’ESOSTOSI MEDIALE DELLA TESTA DEL METATARSO

Nella letteratura anglosassone chiamata comunemente buniectomia. Viene qui citata poiché, pur non essendo di per sé una tecnica di correzione per l’alluce valgo, viene spesso utilizzata in associazione con altre tecniche per aiutare a risolvere il problema della sporgenza della testa del I metatarso legato al varismo metatarsale. Può essere eseguita “a cielo aperto” con una lama oscillante o con uno scalpellino o per via percutanea con apposite frese. Quando trattata “a cielo aperto” il frammento osseo asportato può essere usato come osso autologo per eventuali osteotomie in plus associate.

OSTEOTOMIA DELLA FALANGE PROSSIMALE La più diffusa osteotomia della falange prossimale è l’osteotomia secondo Akin. È un osteotomia in minus con asportazione di un cuneo mediale della metafisi prossimale della falange prossimale del I dito (Fig. 4.5). La tecnica viene utilizzata in maniera isolata per la correzione dell’alluce valgo interfalangeo. Non è però in grado di correggere da solo un alluce valgo metatarso-falangeo nel quale viene associata a buniectomia, interventi sui tessuti molli o altre osteotomie più prossimali.    

Fig.  4.5  

Osteotomia  di  Akin.  

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OSTEOTOMIA DEL 1° CUNEIFORME

Normalmente l’angolo tra l’asse del primo cuneiforme e l’asse del primo metatarso aperto medialmente misura 5°- 10°. Valori superiori possono essere indicazione all’osteotomia in apertura (o in plus) del primo cuneiforme (Fig. 4.6).   Il graft osseo utilizzato per l’osteotomia può essere prelevato dall’esostosi asportata della testa del 1° metatarso. Altre indicazioni sono il varismo del 1° metatarso di grado elevato (da 25° a 40°), con linea cuneo-metatarsale obliqua medialmente in assenza d’ipermetria. Si usa nel trattamento dell’alluce valgo giovanile con ampia divergenza tra primo e secondo metatarso, obliquità mediale della cuneo- metatarsale e cartilagine di accrescimento del primo metatarso ancora aperta.

OSTEOTOMIE METATARSALI

Le osteotomie metatarsali possono essere suddivise in prossimali, distali e diafisarie. Le osteotomie prossimali permettono una maggiore correzione dell’IMA rispetto alle distali che sono pertanto utilizzate per alluce valgo di grado lieve o moderato. Le osteotomie distali richiedono solitamente una minore esposizione chirurgica con minori tempi di ricovero e minori complicanze locali. Negli ultimi anni sono ritornate popolari osteotomie diafisarie come l’osteotomia di Ludloff e la Scarf.

Fig.  4.6  

Osteotomia  in  plus  del  1°  

cuneiforme.  

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Una serie di principi fondamentali devono essere tenuti presenti quando ci approcciamo ad un’osteotomia metatarsale:

1. La tecnica dovrebbe essere semplice e facilmente riproducibile.

2. L’osteotomia dovrebbe essere stabile, in modo da evitare le dislocazioni.

3. La lunghezza del I metatarso dovrebbe essere mantenuta al fine di prevenire lesioni da transfer e metatarsalgie. Allo stesso modo deve essere evitata la dorsiflessione del metatarso e quindi l’elevazione e la perdita di carico della testa.

4. La tecnica dovrebbe essere versatile in modo da correggere il grado di valgismo dell’alluce, l’IMA e il DMA.

5. Deve essere rispettata la vascolarizzazione del metatarso in modo da evitare la comparsa di necrosi avascolare della testa.

6. I risultati a lungo termine di tali tecniche dovrebbero dimostrare un basso numero di recidive.

OSTEOTOMIE PROSSIMALI DEL 1° METATARSO

Le osteotomie alla base del primo metatarso possono essere distinte in tre categorie:

osteotomie di addizione, osteotomie semilunari (crescentic osteotomies) e osteotomie di sottrazione, osteotomie oblique e osteotomie prossimali di Chevron. Queste sono solitamente associate a un tempo chirurgico sui tessuti molli come precedentemente descritto. Hanno un elevato potere correttivo a causa della loro localizzazione prossimale e quindi al loro lungo braccio di leva e sono pertanto indicate nella correzione dell’alluce valgo di grado moderato o grave. Dovrebbero essere evitate in caso di alluce valgo congruente, con un DMAA molto elevato, poiché potrebbero aggravare la patologia. Un modo per superare questo limite è

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quello di associare l’osteotomia prossimale a un osteotomia distale di rotazione (doppia osteotomia). Inoltre può essere associata un’osteotomia di Akin della falange prossimale (triplice osteotomia).

Le osteotomie di addizione si eseguono interrompendo dal lato interno la corticale metatarsale e inserendo un innesto osseo. Sono presenti in commercio anche placche con cuneo per sopperire alla mancanza di osso (tipo placche di Puddu). Sono particolarmente indicate nei casi di primo metatarso corto, ma richiedono tempi lunghi di guarigione. Le osteotomie semilunari si eseguono con una sezione ossea a concavità distale eseguita con apposita lama oscillante a forma di quarto di luna. Le osteotomie di sottrazione si eseguono sottraendo un cuneo a base laterale e apice mediale. L’effetto correttivo è legato al relativo accorciamento del primo metatarso. In questo caso l’indicazione è limitata ai casi di primo metatarso lungo.

L’osteotomia di sottrazione obliqua rappresenta l’evoluzione delle forme tradizionali. Si dirige obliquamente dal lato prossimale mediale a quello laterale distale con un angolo di circa 40° rispetto all’asse longitudinale del primo metatarso. Origina 5-10 mm distalmente alla cuneo-metatarsale e comporta la conservazione della corticale interna.

È descritta in letteratura anche un’osteotomia di Chevron (a forma di V o “a gallone di caporale”) prossimale, tecnicamente più facile e intrinsecamente più stabile rispetto all’osteotomia semilunare.

OSTEOTOMIE DELLA DIAFISI DEL 1° METATARSO

Le osteotomie diafisarie metatarsali si basano su una divisione longitudinale della diafisi del metatarso e sulla sua traslazione (Scarf) o sulla sua rotazione (Ludloff). Solitamente si associano a un tempo chirurgico sui tessuti molli (Fig 4.7).

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L’osteotomia di Ludloff modificata prevede una linea di taglio obliqua che origina a 2 mm dall’articolazione metatarso cuneiforme e si dirige dalla superficie dorsale a quella plantare in direzione prossimo-distale. Il frammento distale viene così ruotato lateralmente rispetto al frammento prossimale. L’osteotomia viene stabilizzata con 2 viti. Con questa tecnica è possibile abbassare la testa del primo metatarso, angolando maggiormente l’osteotomia, in modo da rimettere in carico la testa metatarsale diminuendo così il carico sui metatarsi centrali.

L’osteotomia di Scarf è invece un’osteotomia a “Z”. Un taglio longitudinale a tutto spessore deve essere eseguito sulla diafisi con un leggero sloop plantare al fine di poter abbassare la testa metatarsale e rimetterla in carico. L’osteotomia viene completata con due osteotomie verticali, una che prossimalmente connette l’osteotomia longitudinale con la corticale plantare ed una che distalmente connette l’osteotomia longitudinale con la corticale dorsale. La testa

Fig.  4.7  

Osteotomia  di  Scarf  e  osteotomia  di  Ludloff  

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del metatarso con la parte della diafisi associata viene pertanto traslata lateralmente e l’osteotomia viene quindi sintetizzata con 2 viti. A differenza dell’osteotomia di Ludloff, la Scarf si basa su una traslazione più che su una rotazione evitando così un accorciamento del metatarso e un aumento del DMAA.

Le osteotomie distali hanno una maggiore stabilità rispetto alle osteotomie prossimali e distali. È però altrettanto vero che richiedono accessi chirurgici molto ampi e che sono tecnicamente più difficili rispetto alle altre.

OSTEOTOMIE DISTALI DEL 1° METATARSO

Le osteotomie distali sono indicate nella correzione dell’alluce valgo giovanile e dell’adulto, con I.M.A. inferiore a 20° e HVA non superiore ai 40°.

Il vantaggio principale di queste tecniche è legato alla bassa invasività. Sono indicate esclusivamente per alluce valgo di entità lieve o moderata: il limite generalmente riconosciuto di queste tecniche è la scarsa capacità di correggere l’IMA. Uno spostamento in medio laterale della parte distale del metatarso è al massimo del 30%-50% del diametro trasversale della diafisi del metatarso stesso. Questo consente una correzione dell’angolo intermetatarsale di 4°-7°, considerando che la capacità di correzione a questo livello è di circa 1° per ogni millimetro di spostamento, come riportato in letteratura.

L’osteotomia di Mitchell, viene eseguita con un taglio biplanare attraverso il collo del primo metatarso. Il frammento della testa viene dislocato lateralmente e plantarizzato.

Alte percentuali di metatarsalgie centrali associate sono riportate in letteratura a causa dell’accorciamento del 1° metatarso.

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La procedura di Wilson è un’evoluzione della tecnica di Mitchell; Si esegue attraverso un’osteotomia della metafisi distale effettuata in direzione disto-prossimale da mediale a laterale. Questa tecnica permette di

correggere sia il grado di valgismo dell’alluce che l’IMA. È però gravato da un’alta percentuale di metatarsalgia postoperatoria (circa il 35% secondo alcuni articoli) causata da un certo grado di accorciamento del metatarso insito in questa tecnica.

L’osteotomia di Chevron è un’osteotomia a forma di V del collo

del primo metatarso (Fig. 4.8). È attualmente una delle tecniche più utilizzate per il trattamento dell’alluce valgo. Con questa osteotomia, intrinsecamente stabile, si ha un minimo accorciamento del metatarso e si può ottenere unna buona deviazione laterale della testa. È indicata per la correzione di alluce valgo di grado lieve e moderato ed ha dimostrato ottimi risultati in letteratura quando utilizzata nelle indicazioni appropriate, con minima incidenza di metatarsalgia sui metatarsi centrali.

Una delle complicanze più gravi che possono manifestarsi in seguito all’intervento di Chevron e alle altre tecniche di osteotomia distale è lo sviluppo di necrosi avascolare della testa del primo metatarso la cui incidenza in letteratura è riportata dallo 0% al 20%. Alcuni autori hanno mostrato un’aumentata incidenza quando queste tecniche sono state eseguite in associazione con un release laterale dei tessuti molli. Per capire le cause della necrosi

Fig.  4.8  

Osteotomia  di  Chevron.  

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