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Guarigione per prima intenzione o diretta Si tratta di un processo cicatriziale in cui non è evidenziabile un callo osseo interframmentario

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  15   CAPITOLO II

BIOLOGIA DELLA GUARIGIONE DELLE FRATTURE

Il processo riparativo di una frattura o osteogenesi riparativa, ha due prerequisiti fondamentali:

• un apporto di sangue adeguato

• un ambiente meccanicamente stabile per la deposizione di osso.

La riparazione di una frattura può avvenire mediante una forma diretta o di prima intenzione ed un forma indiretta o di seconda intenzione o per callo. Nella riparazione diretta non è evidenziabile la formazione di un callo osseo interframmentario. Nelle fratture che guariscono in maniera diretta, la vascolarizzazione ossea non è danneggiata, ci sono buone condizioni di asepsi ed esiste una perfetta riduzione chirurgica dei monconi, con una compressione interframmentaria moderata e continua. Se una delle precedenti condizioni viene a mancare, si realizza una guarigione per callo osseo (indiretta), con formazione di un evidente tessuto interframmentario che mineralizza e va a colmare la perdita di sostanza (Banks, 1986).

Guarigione per prima intenzione o diretta

Si tratta di un processo cicatriziale in cui non è evidenziabile un callo osseo interframmentario. L’ossificazione avviene senza le tappe intermedie di formazione del tessuto connettivo e cartilagineo. La guarigione diretta dipende dalla compressione interframmentaria. Infatti è la mobilità tra i frammenti che avvia il riassorbimento della superfice ossea. Lungo la linea di frattura, nelle zone di contatto delle corticali si verifica una rigenerazione fra i frammenti. Il rimodellemento delle lamelle ossee neoformate avviene senza che i fenomeni di riassorbimento inducano instabilità interframmentaria. Da ciascuno dei monconi partono delle ansate capillari che originano da capillari periostali, dai canali di Havers, di Volkmann e dall’endostio. I bottoni vascolari si dirigono verso il tessuto osseo del moncone opposto e attraversano l’osso devitalizzato lungo la linea di frattura. L’apice dell’ansa capillare rappresenta il fronte di erosione, in cui gli osteoclasti presenti riassorbono le lamelle ossee necrotiche.

Gli osteoblasti, disposti ai lati delle ansate capillari, depongono la sostanza osteoide che successivamente mineralizza e forma l’osso lamellare (Perren, 2001).

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  16   La guarigione diretta (Fig. II.1) può avvenire per contatto o per spazio. La guarigione per contatto avviene sempre in caso di fissazione rigida. I fattori indispensabili per questo tipo di guarigione sono: il sanguinamento dei monconi di frattura, una buona riduzione, una compressione stabile tra i capi di frattura e l’asepsi del focolaio. Nella guarigione per spazio, si realizza la formazione diretta dell’osso lamellare in uno spazio; tale spazio trae profitto dalla compressione interframmentaria presente sulle aree strettamente contigue che provvedono alla stabilità della fissazione (Banks, 1986; Perren 2001).

         

Fig.  II.1  Guarigione  diretta.  

a.  Nel  primo  stadio  lo  spazio  è  colmato  da  osso   fibroso   (gap   healing)   b.   Nel   secondo   stadio   si   ha   la   ricostruzione   longitudinale   dell'osso   per   il   rimodellamento   Haversiano   c.   Guarigione   della   superficie   ossea   e   la   fissazione   rigida   (Johnson,2008).  

Guarigione per seconda intenzione o indiretta

Questo tipo di guarigione è molto più frequente della diretta; si verifica a carico di tutte le ossa lunghe e corte e per molte ossa piatte (Marcato, 2008).

La guarigione del tessuto osseo, in seguito ad una frattura, inizia con la formazione di un ematoma nel focolaio traumatico per rottura dei vasi intraossei, periostali e circostanti il focolaio (Fig. II.2a; Fig. II.3c) . In corrispondenza dei margini della frattura l’osso va in necrosi. Il materiale necrotico viene rimosso da cellule infiammatorie quali: macrofagi, leucociti, mastociti e fibroblasti che infiltrano il coagulo. Il coagulo si organizza, grazie alla presenza di vasi e di fibre collagene; successivamente le cellule progenitrici dell’osso, dello strato cambiale del periostio e dell’endostio, proliferano, formando gli osteoblasti e i condroblasti che invadono il coagulo (Brown & Kramers, 2001) (Fig. II.2b).

Si forma un callo endostale o interno costituito da osso fibroso (Fig. II.2c).

Contemporaneamente le cellule del periostio proliferano producendo una massa di osso cartilagineo detta callo periostale o esterno (Fig. II.2d). La matrice viene poi modificata per mezzo di enzimi elaborati dai condrociti divenuti ipertrofici, secondo uno schema che

13 Fig. 5 Guarigione diretta.

A. Nel primo stadio lo spazio è colmato da osso fibroso (gap healing)

B. Nel secondo stadio si ha la ricostruzione longitudinale dell’osso per il rimodellamento Haversiano

C. Guarigione della superficie ossea per il contatto e la fissazione rigida

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  17   porta alla formazione di un ambiente favorente la deposizione di calcio (fase della mineralizzazione). Una volta che la matrice è stata mineralizzata, essa viene invasa da gittate vascolari e come risultato della risposta angiogenica sopraggiungono da una parte i condroclasti, che degradano la cartilagine calcificata, e dall’altra i precursori degli osteoblasti, che costituiranno il fronte di deposizione del tessuto osseo (Banks, 1986) (Fig.

II.2e).

La fase successiva è il cosiddetto rimaneggiamento o rimodellamento haversiano dell’osso che favorisce la correzione dei difetti di allineamento e la sostituzione dell’osso a fibre intrecciate con osso lamellare (Steven et al., 1990). Nel callo osseo, si verifica un rimaneggiamento interno che determina una progressiva diminuzione del tessuto neoformato, poiché le parti non sollecitate vanno incontro a fenomeni di riassorbimento, si verifica, inoltre, un orientamento spaziale definitivo delle lamelle e ricostituzione del canale midollare nelle ossa lunghe (Banks, 1986) (Fig. II.2f).

La guarigione per prima intenzione o diretta è un processo cicatriziale in cui non è evidenziabile un callo osseo interframmentario.

L’ossificazione avviene senza le tappe intermedie di formazione del tessuto connettivo e cartilagineo.

La guarigione diretta dipende dalla compressione interframmentaria.

Infatti è la mobilità interframmentaria che avvia il riassorbimento della superfice ossea.

Fig. 3

A. Difetto colmato dall’ematoma che viene sostituito

B. Tessuto di granulazione C. Tessuto connettivo D. Fibrocartilagine E. Osso

F. Rimodellamento Haversiano

Figura 4. Vascolarizzazione dell'osso. A Normale; B

Immaturo; C Fratturato (apporto ematico extraosseo); D In via di guarigione

Fig. II.2 Fasi della guarigione ossea secondaria.a. difetto colmato da un ematoma che poi viene gradualmente sostituiti b. Tessuto di granulazione c. Tessuto connettivo d. Fibrocartilagine e. Osso f.

Rimodellamento Haversiano (Johnson, 2008).

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La guarigione per prima intenzione o diretta è un processo cicatriziale in cui non è evidenziabile un callo osseo interframmentario.

L’ossificazione avviene senza le tappe intermedie di formazione del tessuto connettivo e cartilagineo.

La guarigione diretta dipende dalla compressione interframmentaria.

Infatti è la mobilità interframmentaria che avvia il riassorbimento della superfice ossea.

Fig. 3

A. Difetto colmato dall’ematoma che viene sostituito

B. Tessuto di granulazione C. Tessuto connettivo D. Fibrocartilagine E. Osso

F. Rimodellamento Haversiano

Figura 4. Vascolarizzazione dell'osso. A Normale; B

Immaturo; C Fratturato (apporto ematico extraosseo); D In via di guarigione

   

Fig. II.3 Vascolarizzazione dell'osso.

A. Normale B. Immaturo

C. Fratturato (apporto ematico extraosseo) D. In via di guarigione

(Johnson, 2008)

La deposizione di nuovo osso lamellare spugnoso, vale a dire l’osso secondario, è orientata secondo linee di forza di compressione (versante concavo dell’osso) o di trazione (versante convesso dell’osso). Alcuni studi dimostrano che, una precoce stabilità e rigidità dell’osteosintesi, diminuisce il movimento interframmentario, con una conseguente adeguata formazione del callo durante le prime fasi del processo di guarigione.

Applicando, invece, il carico dopo le prime fasi del processo di differenziazione cellulare nel callo, lo stimolo meccanico sulla frattura aumenta la rivascolarizzazione e la formazione del callo stesso. È quindi importante la stabilizzazione precoce del focolaio;

inoltre, dopo gli stadi iniziali dell’osteogenesi riparativa, il carico e la sollecitazione interframmentaria stimolano la formazione e l’evoluzione del callo e quindi di un osso neoformato più resistente (Brown & Kramers, 2001).

Nonostante i due modelli di ossificazione siano così diversi, il meccanismo vero e proprio di formazione del tessuto osseo non presenta sostanziali differenze nei due casi: per entrambi il momento fondamentale consiste nella deposizione da parte degli osteoblasti di sali inorganici su una matrice collagenica. Il tessuto osseo non è un tessuto statico, ma come già detto va incontro a continui processi di rimodellamento che ne modificano la

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  19   struttura a seconda delle diverse richieste funzionali. A questo riguardo, nell’osso adulto si riscontra un’intensa attività sia anabolica sia catabolica, riconducibile a quattro tipi di fenomeni indicati come: riassorbimento osseo precoce, crescita in lunghezza e in spessore, conversione da osso spugnoso a compatto e rimodellamento dell’osso compatto (Casasco, 1992).

- Il riassorbimento osseo precoce avviene a carico delle spicole primitive per opera degli osteoclasti e in presenza di una abbondante componente vascolare. Lo scopo di questo primo fenomeno è quello di creare spazio per la formazione di nuovo osso (Siracusa, 2007).

- La crescita in lunghezza ed in spessore si verifica per la continua proliferazione dei condrociti all’interno dei nuclei di ossificazione e nei piatti epifisali. Nella crescita in spessore, in particolare, l’osso si forma per deposizione sottoperiostea con un processo di ossificazione intramembranosa. Contemporaneamente parte dell’osso viene riassorbito dagli osteoclasti a livello dell’endostio, mantenendo così in questa dinamica dimensioni adeguate alla cavità midollare (Dellmann & Eurell, 2000).

- Durante la conversione dell’osso spugnoso in compatto si assiste ad una graduale trasformazione delle primitive trabecole ossee in osso lamellare, e la superficie delle cavità dell’osso spugnoso viene progressivamente invasa da canali ossei percorsi longitudinalmente da vasi: questa struttura ricorda quella di un sistema haversiano primitivo. L’intensa attività osteoclastica scava quindi all’interno di questo osso dei grossi canali detti tunnel di erosione, che una volta raggiunto un certo diametro vengono invasi da cellule osteoprogenitrici. Tali cellule dopo essersi differenziate in osteoblasti danno inizio alla produzione di matrice e alla formazione di osso compatto, ovvero una struttura osteonica (Siracusa, 2007).

- Un rimodellamento dell’osso compatto si rende continuamente necessario in risposta agli stimoli di natura meccanica che agiscono sul segmento osseo; questo avviene secondo un procedimento del tutto analogo a quanto già descritto: cellule uninucleate veicolate da vasi erodono l’osso compatto e distruggono interamente od in parte i vecchi sistemi haversiani permettendo successivamente deposizione e crescita di nuovi osteoni. Le lamelle esterne ed interne di osso compatto sono rimosse dal periostio e dall’endostio, in una continua alternanza che stabilisce l’architettura definitiva del segmento osseo (Casasco, 1992).

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  20   In accordo con il modello proposto da Parfitt nel 1994, è possibile schematizzare il processo di rimodellamento osseo in una sequenza di fasi (Fig. V.4):

1) quiescenza: la superficie dell’osso quiescente è ricoperta da un sottile strato di cellule appiattite, le lining cells, che derivano da terminale trasformazione degli osteoblasti; tra queste cellule e l’osso è interposto uno strato di tessuto osteoide. Le lining cells hanno recettori per una vasta gamma di sostanze che possono funzionare da stimolo per avviare l’assorbimento osseo e in risposta a tali stimoli dirigono il riassorbimento dello strato superficiale di tessuto osteoide che ricopre l’osso; in questo modo l’osso mineralizzato si trova esposto alla fase successiva.

Fig. V.4 Le fasi del rimodellamento osseo.

A. Osteoblasti allineati in riposo

B. I precursori degli osteoclasti iniziano la loro attività

C. Gli osteoclasti erodono l'osso vecchio D. Gli osteoclasti hanno completato il

riassorbimento. Inizia l'attività degli osteoblasti E. Gli osteoblasti ricostruiscono l’osso della matrice

F. L’osso neoformato è pronto per iniziare un nuovo ciclo (Parafitt, 1994)

2) attivazione: comincia con il reclutamento chemiotattico di precursori degli osteoclasti che giungono al sito di attivazione per via ematica attraverso i canali di Havers e Volkmann, seguito da un loro attacco alla superficie ossea; il processo di adesione è mediato da proteine di adesione quali osteopontina, osteonectina, osteocalcina.

3) riassorbimento: l’osteoclasta è una cellula molto mobile che può riassorbire osso per un’area pari a due-tre volte l’area con la quale è in contatto.

4) inversione: questa fase costituisce un intervallo di tempo tra il completamento del riassorbimento e l’inizio della formazione ossea. Gli osteoblasti vengono attirati alla base della lacuna di riassorbimento da stimoli di natura chemiotattica, seguono poi adesione, proliferazione e differenziamento che avvengono in modo graduale e concertato e portano infine alla formazione di nuovo tessuto osseo. Contemporaneamente si osserva la comparsa di fagociti mononucleati che sembra abbiano il ruolo di attenuare la rugosità

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  21   superficiale lasciata dai processi di riassorbimento e vengono rilasciate proteine di matrice che sono importanti nel coordinare le attività osteoclastica e osteoblastica.

5) formazione: è un processo suddivisibile in due fasi, poiché dapprima viene sintetizzato e deposto tessuto osteoide presso siti specifici, poi gli osteoblasti ne dirigono la mineralizzazione.

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