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2. SPECIE OGGETTO DI STUDIO.
2.1 Classificazione. CLASSE Reptilia ORDINE Crocodilia Rynchocephalia Squamata Testudinata SOTTORDINE Amphisbaenia Sauria Serpentes FAMIGLIA Acrochordidae Aniliidae Anomalepididae Boidae Colubridae Elapidae Leptotyphlopidae Typhlopidae Uropelteidae Viperiidae GENERE Hierophis
SPECIE Hierophis viridiflavus (Lacépède, 1789)
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2.2 Caratteri generali e distribuzione.
Il sottordine Serpentes (Serpenti od Ofidi) comprende circa 2700 specie distribuite in tutti i continenti, tranne che nelle terre polari; di queste, circa 1600 appartengono alla famiglia Colubridae (Colubridi), quella generalmente più diffusa.
Si tratta di serpenti dal corpo solitamente snello ed allungato, completamente privo di residui di cinto pelvico e di arti posteriori, caratterizzato da un’unica fila di squame ventrali di numero variabile, da una squama anale di solito doppia e da squame sottocaudali presenti a coppie.
La coda è lunga e non strozzata, e alla sua base i maschi possiedono due emipeni estroflettibili, alloggiati a riposo in due tasche le cui aperture sono di solito nascoste dalla squama anale.
La testa è caratterizzata da nove grosse squame cefaliche di forma e posizione poco variabili tra le varie specie, e da squame più piccole il cui numero e la cui disposizione costituiscono invece un elemento di aiuto per la determinazione della specie.
Il Biacco Maggiore (Hierophis viridiflavus) è uno dei più comuni colubridi europei, diffuso in gran parte dell'Europa Occidentale.
Fig. 1-Maschio adulto dell’Oltrepò Pavese-Foto di Fabio Pupin.
3 Esso si ritrova nella penisola iberica solo sui Pirenei, mentre è presente nella maggior parte della Francia, tranne che nelle regioni più settentrionali, nel Massiccio Centrale e nella parte occidentale della costa mediterranea; inoltre può essere ritrovato in Lussemburgo e nella Svizzera occidentale e meridionale (Naulleau, 1997).
In Italia è presente su tutto il territorio, comprese le isole minori e maggiori; infine si ritrova anche in Slovenia sud-occidentale, Istria e costa croata settentrionale (Naulleau, 1997).
Si tratta di un serpente non velenoso e di dimensioni medio-grandi, con i maschi più grandi delle femmine e con dimensioni medie estremamente variabili tra una popolazione e l’altra.
Comunque gli adulti in genere hanno una lunghezza totale di 90-150 cm, ma eccezionalmente possono raggiungere i 2 metri, e il corpo è molto snello e muscoloso, con un peso normalmente sui 300 gr per esemplari medi di circa 130 cm.
I maschi non solo sono più grandi delle femmine, ma hanno anche un minor numero di squame ventrali: tale numero varia da circa 180-215 per i maschi, a circa 195-220 per le femmine (Bruno, 1988; Zuffi, 2000; Scali et al., 2002; Fornasiero, 2004; Fornasiero et al., 2007).
Negli adulti il dorso è di colore bruno scuro o nero, con numerose macchie gialle orientate a bande trasversali ma che, in prossimità della coda, formano linee longitudinali; il ventre invece è giallo, giallo-biancastro o giallo-verdastro, con talvolta macchie rosso mattone in particolare in corrispondenza delle squame golari.
4 Nei giovani solo il capo è giallo e nero come negli adulti, mentre il resto del corpo è più o meno uniformemente olivastro.
Una colorazione generalmente più scura (detta “abundistica”) si riscontra invece nei biacchi della zona sardo-corsa e in quelli dell'arcipelago toscano (Scali et al., 2002; Zuffi, 2006, 2008; Rato et al., 2009).
Esiste però una vera e propria forma melanica, caratterizzata da dorso nero e ventre nero o grigio, tipica dell’Italia meridionale (Sicilia, Puglia, Calabria, Campania), mentre nell’Italia nord-orientale, nella Svizzera meridionale, in Slovenia, Istria e costa croata si trova una forma cosiddetta melanotica, simile
Fig. 2-Femmina adulta continentale (Pavia)-Archivio Fotografico Zuffi.
Fig. 3-Femmina adulta insulare
5 alla precedente ma screziata di giallo nella parte latero-ventrale della testa e del corpo (Bruno, 1988; Zuffi, 2006, 2008).
In base a piuttosto recenti studi di genetica delle popolazioni (Nagy et al., 2002; Rato et al., 2009) la specie risulterebbe effettivamente divisa in due gruppi genetici distinti, geograficamente separati più o meno in corrispondenza della catena appenninica: uno occidentale (costituito dai biacchi con colorazione tipica e da quelli più scuri della zona sardo-corsa e dell'arcipelago toscano) e uno orientale (costituito dai biacchi melanici e da quelli melanotici).
La sistematica della specie, anche in conseguenza di questi studi, è attualmente in fase di revisione.
Fig. 4-Maschio adulto dell’isola di Krk (Croazia)-Foto di Fabio Pupin.
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2.3 Cenni di ecologia, biologia e comportamento.
Il biacco è uno dei più comuni serpenti d’Italia e di parte dell’Europa Occidentale, ma si tratta di una specie di difficile studio, a causa del carattere estremamente schivo e sfuggente, che ne rendono assai difficoltosa l’osservazione in natura. Pure la cattura è altrettanto difficoltosa, e a ciò si aggiunge il fatto che il biacco (a differenza di altri serpenti, come a esempio la Vipera) mal si adatta alla vita in cattività, cosa che ne limita fortemente le possibilità di studio in tali condizioni, se non per brevi periodi.
Pertanto la maggior parte dei lavori su questo animale, soprattutto fino a qualche anno fa, riguardavano principalmente aspetti morfologici e morfometrici, con limitate osservazioni rispetto a aspetti di biologia, ecologia ed etologia (Bruno, 1988; Heimes, 1993; Capula e Luiselli, 1995; Rugiero e Luiselli, 1995; Capula et al., 1996; Capula et al., 1997).
Negli ultimi anni si sono però avuti diversi lavori che hanno trattato gli altri aspetti di questa specie in maniera più approfondita (Zuffi, 2001, 2008; Scali et
al., 2002; Fornasiero, 2004, 2008; Fornasiero et al., 2007; Zuffi et al., 2007; Rato
et al., 2009; Zuffi et al., 2010).
In ogni caso si tratta di una specie opportunista, sia per quanto riguarda la scelta dell’habitat, sia per quanto riguarda le scelte alimentari (aspetto, quest’ultimo, del quale si occupa il presente lavoro in particolare).
Il biacco si può trovare sia in ambienti naturali quali località assolate e aride, pietrose, rocciose, arbustive e boscose, che antropizzati come ruderi, campi
7 coltivati, giardini, muretti a secco e cataste di legna (Bruno, 1988; Vanni, 1998; Fornasiero, 2004), purchè abbastanza caldi ed asciutti.
Generalmente abitudinario e piuttosto territoriale, il biacco tende a rimanere legato al suo rifugio principale, ovvero quello in cui di solito trascorre l’inverno, situato in grossi cespugli, in cavità tra le pietre, oppure in buchi nel terreno (Capula et al., 1997; Fornasiero, 2004).
Da tali rifugi dove trascorrono l’inverno (anche in compagni di altri esemplari della stessa specie, o addirittura di specie differenti: Bruno, 1988; Capula et al., 1997), i biacchi escono all’inizio della primavera, quando le temperature medie oscillano tra i 15 ed i 20° C, sebbene possano uscire temporaneamente in eccezionali giornate tiepide nell’inverno.
Mentre all’inizio della primavera e in tardo autunno il biacco presenta un solo picco di attività giornaliera durante le ore centrali, in tarda primavera e in estate ne presenta due durante la prima mattinata e il tardo pomeriggio, ovviamente in conseguenza delle variazioni di temperatura nel corso della giornata.
Infatti il range di temperatura di attività per il biacco va dagli 8 ai 28° C, e quando la temperatura, di solito in tardo autunno, scende al di sotto del valore minimo, l’animale entra in ibernazione (Capula et al., 1997).
Pur trattandosi di animali molto mobili, durata e entità dei loro spostamenti rispetto al rifugio principale variano molto a seconda del motivo dello spostamento, della stagione e del sesso del biacco (i maschi sono molto più mobili delle femmine, e è forse questo uno dei motivi per cui in giro si trovano soprattutto esemplari maschi).
8 Si va da un minimo di 50 m effettuati nell’arco di una giornata per la quotidiana attività di termoregolazione, a un massimo di quasi 700 m e assenze di oltre un mese per i maschi nel periodo dell’accoppiamento, con spostamenti di lunghezza e durata intermedie per la normale attività predatoria (Fornasiero, 2004).
In quanto alla biologia riproduttiva, si può accennare al fatto che i maschi sembrano essere molto più comuni delle femmine, soprattutto nel periodo riproduttivo; questo potrebbe essere dovuto sia a una maggiore mobilità dei maschi, sia a una maggiore elusività delle femmine, in particolar modo in tale periodo (Capula et al., 1997; Fornasiero, 2004).
Gli accoppiamenti avvengono nel periodo che va da dalla fine del periodo di ibernazione alla metà di giugno, quindi con un’elevata variabilità dovuta alle condizioni climatiche generali dell’area in considerazione (Bruno, 1988; Heimes, 1993; Capula e Luiselli, 1995; Capula et al., 1997; Fornasiero, 2004).
I maschi si impegnano in combattimenti rituali durante i quali due rivali avvolgono i propri corpi l’uno con l’altro cercando di spingere a terra la testa dell’avversario, mentre quasi tutte le femmine in età riproduttiva si accoppiano ogni anno, ma non tutte producono uova in seguito all’inseminazione; pare che solo quelle in buone condizioni siano in grado di completare il processo
riproduttivo (Capula e Luiselli, 1995; Fornasiero, 2004; Fornasiero et al., 2007). Dopo l’ovulazione a inizio giugno circa, la deposizione delle uova avviene tra la fine di giugno e l’inizio di luglio, sempre con la solita variabilità dovuta al clima (Bruno, 1988; Heimes, 1993; Capula e Luiselli, 1995; Capula et al. 1997; Vanni, 1998; Fornasiero, 2004; Zuffi et al., 2007).
9 Il numero di uova prodotto dalle femmine (che presentano una certa fedeltà ai siti di deposizione: Capula e Luiselli, 1995) è variabile e strettamente correlato alla lunghezza di ciascun individuo: normalmente si va dalle 5 alle 15 uova lunghe 28-40 mm, bianche e spesso con piccole ornamentazioni stellate (Bruno, 1988; Heimes, 1993; Capula e Luiselli, 1995; Capula et al. 1997; Vanni, 1998; Fornasiero, 2004; Fornasiero et al., 2007).
La schiusa avviene tra la fine di agosto e la metà di settembre, con i piccoli che alla nascita misurano circa 20 cm e dopo un anno raggiungono i 30; la maturità sessuale viene raggiunta dopo circa 4-5 anni (Bruno, 1988; Heimes, 1993; Capula e Luiselli, 1995; Capula et al., 1997; Vanni, 1998; Fornasiero, 2004).
Il biacco può vivere oltre 20 anni, ma la durata media della vita sembra variare da una popolazione all’altra (Bruno, 1988; Fornasiero, 2008).
Fig.
5-Corteggiamento di biacchi del Pisano-Archivio
10 Per quanto riguarda l’alimentazione (tema del presente lavoro), come si è già accennato prima, il biacco è un predatore opportunista, con uno spettro alimentare variabile a seconda della disponibilità di prede offerte dall’ambiente e dell’età dell’individuo.
Infatti, si passa da una dieta basata quasi esclusivamente su insetti nei neonati, a una basata sui sauri nei sub-adulti, a una infine che comprende sia prede ectoterme che esoterme negli adulti (Rugiero e Luiselli, 1995; rif. presente lavoro). Prede comuni tra i sauri sono la lucertola campestre (Podarcis sicula), la lucertola muraiola (Podarcis muralis), il ramarro (Lacerta bilineta), ma anche la luscengola (Chalcides chalcides) e l’orbettino (Anguis fragilis).
Per quanto riguarda i sauri si registrano pure casi di ofiofagia, in particolare vipera comune (Vipera aspis) e, più sporadicamente, colubro leopardiano (Zamenis situla) o natrice dal collare (Natrix natrix); addirittura, tra questi casi di ofiofagia, ve ne sono anche di cannibalismo, con esemplari adulti che si cibano di esemplari giovani, o comunque molto più piccoli. (Bruno, 1988; Heimes, 1993; Rugiero e Luiselli, 1995; Zuffi, 2001).
Fig. 6-Giovane di Calci (Pisa) mentre attacca una Podarcis-Archivio Fotografico Zuffi.
11 Nel caso delle prede ectoterme, si registrano occasionali predazioni di anfibi o delle loro larve, soprattutto quando questi sono particolarmente abbondanti, come nel caso del Discoglossus sardus a Montecristo; comunque, a riprova del fatto che è un predatore estremamente opportunista, non mancano casi di predazione di insetti e molluschi da parte di biacchi adulti (Heimes, 1993).
Per quanto riguarda invece le prede endoterme, sono comuni micromammiferi come topi (generi Mus e Apodemus), ratti (genere Rattus), ed arvicole (genere Apodemus); tra le prede endoterme del biacco rientrano anche gli uccelli, ma solo nidiacei di passeriformi e gallinacei (Heimes, 1993; rif. presente lavoro).
Degno di nota il fatto che il biacco è l’unica specie di serpente mediterraneo che si nutre in gran parte di lucertole anche in età adulta, mentre le altre specie utilizzano questo tipo di preda soprattutto nelle fasi giovanili, e da adulti tendono a specializzarsi sui micromammiferi (Capula et al., 1997); comunque, in base a dati originali forniti da X. Bonnet (CNRS, Chizé), i biacchi francesi della costa atlantica mostrano invece analoga tendenza a specializzarsi sui micromammiferi. Il biacco è a sua volta preda sia di certi uccelli rapaci (in particolare il biancone, Circaetus gallicus, per il quale il biacco costituisce la componente principale della Fig. 7-Maschio adulto del Bolognese ucciso mentre ingoiava una vipera-Foto di Umberto Fusini.
12 dieta), sia di alcuni mammiferi carnivori come la volpe (Vulpes vulpes) e il gatto domestico.