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CAPITOLO 2

CAPITOLO 2

CAPITOLO 2

CAPITOLO 2

Comportamento

Comportamento

Comportamento

Comportamento

COMBATTIMENTO

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Comportamento

Comportamento

Comportamento

Comportamento

2.1

Comportamento sociale

Il comportamento sociale tipico della sottofamiglia Cervinae è la gregarietà.

L’organizzazione sociale del daino risulta estremamente flessibile e fortemente influenzata dalla struttura ambientale; in particolare sono state documentate forti differenze tra gli spazi aperti e le aree boscate (Apollonio et al., 1998). Infatti, il tipo di aggregazione, la dimensione e la composizione del gruppo appaiono influenzate dal grado di copertura vegetazionale (Apollonio et al., 1998), risultando evidente la marcata tendenza a formare gruppi più numerosi quando prevalgono le zone aperte. La relazione tra la dimensione del gruppo e la copertura arborea è stata interpretata nei Cervidi come un adattamento antipredatorio (Hirth, 1977). Come in tutte le specie gregarie, l’organizzazione sociale del daino è strettamente legata al ciclo annuale: i maschi e le femmine rimangono separati per la maggior parte dell’anno, spesso situati in aree geografiche nettamente separate tra loro (Ciuti et al., 2004; Apollonio et al., 2005). Braza (1975), Apollonio et al. (1998) e San Josè et al. (1999) hanno sottolineato notevoli differenze nella selezione dell’habitat tra i due sessi. I maschi, tuttavia, in corrispondenza del periodo riproduttivo autunnale si uniscono alle femmine ed è possibile perciò avvistare gruppi misti almeno sino all’inizio dell’inverno. La fine del periodo riproduttivo ristabilisce la separazione tra i sessi (Apollonio et al., 1998; Ciuti et al., 2004).

La dimensione e la fenologia del gruppo, perciò, variano a seconda del tipo di habitat, del periodo dell’anno e della disponibilità di risorse trofiche. Il numero di individui che lo compongono tende ad essere basso negli ambienti chiusi, come boschi e foreste, a causa delle difficoltà di comunicazione dovute alla presenza di alberi, arbusti e sottobosco (Chapman e Chapman, 1997). Negli spazi aperti, quali i prati, i pascoli e le zone paludose, le aggregazioni raggiungono un numero di capi maggiore. Non a caso il periodo scelto nell’area di studio per compiere il censimento dei daini è stato quello primaverile, identificabile nella prima quindicina di aprile, poiché in questa specie la selezione a favore degli ambienti aperti è massima durante la primavera (Apollonio et al., 1998) e ciò facilita l’avvistamento e la conta dei capi.

Nel daino sono presenti tre tipologie di gruppi, riscontrabili anche nella Tenuta di S. Rossore (Apollonio et al., 1998):

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A. Gruppi composti da femmine e piccoli (compresi i piccoli nati nell’annata

precedente) (foto 2.1).

B. Gruppi composti da maschi adulti e subadulti (foto 2.2). C. Gruppi misti (foto 2.3).

In dettaglio:

Gruppo A: in questo tipo di gruppo l’unità fondamentale è costituita dal nucleo familiare della femmina; la madre è spesso accompagnata dal piccolo dell’anno e talvolta anche da quello dell’anno precedente (Chapman e Chapman, 1997). Un gruppo femminile è il risultato dell’aggregazione di più unità fondamentali. In maggio e giugno si assiste all’allontanamento, da parte delle femmine in procinto di partorire, dei piccoli dell’annata precedente. L’aggregazione femminile raggiunge così le dimensioni minori. Nei mesi estivi, invece, quando rientrano i giovani di un anno d’età, il gruppo raggiunge il numero massimo. I fusoni lasciano definitivamente il branco ad ottobre, non potendo seguire il gruppo nelle aree riproduttive, da cui vengono allontanati dai maschi adulti. In questo tipo di aggregazione non esiste una gerarchia attiva di dominanza-subordinazione, in considerazione del fatto che le femmine quasi mai si scontrano (Chapman e Chapman, 1997). Il segnale d’allarme, in caso di pericolo, è dato dalla stessa femmina, o al massimo da due, e gli altri seguono spesso senza conoscere l’origine del disturbo.

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Gruppo B: anche questo tipo di aggregazione va incontro a fluttuazioni in numero durante l’anno. In tardo inverno e in primavera si avvistano gruppi di decine di capi, diretta conseguenza della quiescenza sessuale (bassi livelli ematici di androgeni) (Chapman e Chapman, 1997). Nel periodo riproduttivo, invece, si ha la dispersione di queste aggregazioni a causa della comparsa di uno spiccato antagonismo.

Foto 2.2 Gruppo tipo B.

Gruppo C: caratterizzato da una scarsa stabilità e struttura, il gruppo misto è visibile in primavera, quando si assiste alla sovrapposizione delle aree di pascolo utilizzate dai maschi e dalle femmine (Braza, 1975). La scarsa stabilità del gruppo è sottolineata dalle vie di fuga intraprese in caso di pericolo, differenti tra i due sessi. Gruppi misti sono osservabili inoltre, come già sopra riportato, durante il periodo riproduttivo.

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Foto 2.3 Gruppo tipo C.

2.2

Attività circadiane e stagionali

Il comportamento giornaliero e quello stagionale del daino sono influenzati dalle condizioni meteorologiche, dal periodo dell’anno, dalla disponibilità delle risorse alimentari (Ciuti et al., 2003; Davini et al., 2004), dal disturbo antropico (Ciuti et al., 2004; Apollonio et al., 2005), nonché dal sesso e dall’età dell’animale. Il daino cerca riparo quando vento e pioggia sono particolarmente intensi, ma può essere visto pascolare anche sotto una pioggia leggera (Chapman e Chapman, 1997). Come tutti gli ungulati, è un animale crepuscolare, presenta un modello di attività bimodale con picchi di attività all’alba e al tramonto, specialmente dove l’uomo costituisce un pericolo (Chapman e Chapman, 1997; Ciuti et al., 2004). Puttick (1972), osservando il comportamento diurno di otto femmine di daino, da metà maggio alla fine di settembre, ha stilato una classifica delle varie attività svolte nelle ore di luce, determinando il tempo speso per ognuna di esse nell’arco di ogni giornata. L’attività di pascolo è quella preponderante, seguono il riposo, che può essere associato o meno alla ruminazione, lo spostamento da un’area all’altra e altre attività secondarie. I vari individui del gruppo non sono sincronizzati nelle loro attività di pascolo e di riposo, perché, come nella fuga dal pericolo, si tratta di un processo scaglionato nel tempo: nell’arco di un’ora e trenta minuti (variabili a seconda delle dimensioni del gruppo), uno dopo l’altro gli animali si adagiano sul terreno, finché tutto il branco si trova a riposare (Chapman e Chapman, 1997).

La percezione di un potenziale pericolo allarma tutto il gruppo e all’unisono i vari individui si alzano o smettono di pascolare. Se allarmato, infatti, il daino può emettere

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una serie di caratteristici segnali sia vocali sia non vocali, tramite i quali avverte gli altri membri del gruppo dell’avvicinamento di un pericolo. Questo è ancor più evidente tra le femmine con il piccolo: alla percezione del pericolo s’irrigidiscono e, prima di scappare con la coda alzata, emettono un caratteristico suono, simile ad un abbaio. All’interno dei gruppi femminili, l’allarme è dato dalle femmine adulte e giovani dotate di un forte senso di diffidenza e sospetto, nei gruppi maschili è invece dato dagli individui più vecchi. Chapman e Chapman (1997) hanno evidenziato come questa tendenza si inverta negli animali che vivono in parchi recintati. Infatti, in tali condizioni, come osservato anche nella Tenuta di San Rossore, sono proprio i maschi più anziani a presentare una soglia di tollerabilità più alta nei confronti di un possibile pericolo, soprattutto nelle zone periferiche, in cui la presenza dell’uomo e le attività ad esso connesse sono rilevanti (Ciuti et al., 2004). Ciò è sicuramente frutto di un certo grado di esperienza e conoscenza dell’uomo. Tali considerazioni non possono essere fatte per le femmine, che, al contrario dei maschi, risentono molto dell’apertura al pubblico della Tenuta in alcuni giorni festivi, spostandosi nelle zone più interne non accessibili ai visitatori e in generale occupando aree meno disturbate nell’intero corso dell’anno (Ciuti, 2001).

2.3

Comportamento riproduttivo

Prima di parlare del comportamento riproduttivo, si rende necessaria una breve descrizione degli organi genitali maschili e soprattutto dei cambiamenti stagionali cui essi vanno incontro. L’apparato sessuale del maschio di daino è costituito da due testicoli e da un paio di epididimi avvolti da uno scroto. Il pene è racchiuso in un astuccio, che è unito all’addome per buona parte della sua lunghezza e che si apre dietro all’ombelico con un ciuffo di lunghi peli, il cosiddetto “pennello”.

Le tappe che contraddistinguono lo sviluppo sessuale, sia nei maschi che nelle femmine di daino, sono condizionate dai livelli ematici degli ormoni sessuali (androgeni, estrogeni e progestinici).

Per quanto riguarda i maschi, il tessuto interstiziale presente tra i tubuli seminiferi di ogni testicolo (cellule di Leydig) è sede della produzione di ormoni androgeni, specialmente di testosterone. Da quest’ultimo dipendono l’evoluzione dei caratteri sessuali nei giovani e tutte le modificazioni fisiologiche a cui il maschio va incontro in preparazione del periodo riproduttivo: la spermatogenesi, la produzione di particolari

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secreti odorosi da parte di ghiandole accessorie ed il ciclo annuale di caduta e ricrescita del palco. A sua volta la secrezione di testosterone è sotto il controllo ipotalamico, che grazie a fattori di rilascio che agiscono sull’ipofisi, stimolano questa a rilasciare a sua volta gonadotropine (LH, FSH) che hanno come bersaglio le gonadi. Com’è noto, l’ipotalamo è influenzato da segnali olfattivi e da diversi fattori esterni, come il fotoperiodo, la temperatura e stimoli sociali; è stato dimostrato che la diminuzione delle ore diurne che si verifica in autunno scatena quella serie di eventi che portano all’inizio del ciclo riproduttivo. In particolare, esemplari di daino, sia maschi che femmine, trasferiti dall’emisfero Nord all’emisfero Sud mostrano un comportamento riproduttivo sfasato di sei mesi rispetto alla situazione originaria (Donne, 1924).

Alla nascita gli organi riproduttivi dei maschi di daino sono piccoli e inattivi e restano tali fino a circa sette mesi d’età. L’avvento della pubertà, intesa come quel periodo di tempo che intercorre tra la produzione degli androgeni e la spermatogenesi, si verifica tra i sette e i quattordici mesi di vita. A sette mesi l’aumento del fotoperiodo (fine inverno) stimola la produzione di testosterone, che inizialmente è a livelli minimi; un basso tasso dell’ormone è necessario anche per la crescita del primo paio di palchi (bottoni o fusi). Al compimento dei quattordici mesi d’età (circa agosto) il fotoperiodo diminuisce e, parallelamente, aumentano i livelli ematici degli ormoni androgeni; inizia così la spermatogenesi, che avrà il suo culmine in ottobre, in corrispondenza del periodo riproduttivo. Successivamente, con l’inverno, il tasso ematico di testosterone subirà nuovamente un calo e il giovane maschio entrerà in una fase di quiescenza sessuale fino alla primavera successiva, quando il primo paio di palchi verrà perso e inizierà la crescita del nuovo paio.

La maturità sessuale delle femmine corrisponde alla maturità sociale; esse possono essere fecondate già alla loro seconda stagione riproduttiva, a 16-17 mesi di vita. Fisiologicamente i maschi risultano sessualmente maturi intorno ai 14-17 mesi, in corrispondenza dell’inizio della produzione di ormoni androgeni e, di conseguenza, della spermatogenesi. Tuttavia la pressione sociale esercitata dai palanconi impedisce ai maschi di accoppiarsi, almeno fino ai 4-5 anni d’età (Apollonio et al., 1989a). La presenza di un’età soglia è stata dimostrata, tra gli Ungulati, in molte specie, fra cui anche il cervo europeo (Clutton-Brock et al., 1982) ed il cervo sika (Miura, 1984). Per quanto riguarda il daino, i dati raccolti sul campo suggeriscono come il successo riproduttivo cresca in correlazione diretta con l’età (Apollonio et al.,

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1989a). Nei maschi, di conseguenza, si può parlare di una vera e propria pubertà, seguita da una maturità sociale, raggiunta solo qualche anno più tardi.

Nei maschi adulti la spermatogenesi ricomincia in estate e i livelli di testosterone presentano un picco in autunno, quando gli animali sono al massimo delle capacità riproduttive. I livelli estivi ed autunnali dell’ormone sono responsabili dei cambiamenti fisiologici e comportamentali presentati dai maschi all’avvicinarsi del periodo riproduttivo (figura 2.1). L’ipertrofia dei muscoli del collo, l’aumento della secrezione delle ghiandole suborbitali e prepuziali e l’aumento delle dimensioni dei testicoli sono le principali modifiche fisiologiche. Si tratta di una sorta di preparazione fisica, che permetterà all’animale di affrontare nel migliore dei modi la fase più intensa del periodo riproduttivo. Dopo tale periodo i livelli degli ormoni sessuali decrescono progressivamente, inducendo i maschi alla sterilità nel resto dell’anno.

Figura 2.1

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Numerosi sono i cambiamenti riguardanti il comportamento. Solo in questo periodo sono emessi dai maschi i bramiti, vocalizzazioni profonde e dal tono basso, che hanno lo scopo di segnalare la propria presenza ad eventuali contendenti e di richiamare le femmine. Il maschio entra in una vera e propria fase di anoressia fisiologica; inoltre, da cauto e schivo, diviene confidente e quasi incurante della presenza dell’uomo (Chapman e Chapman, 1997).

La preparazione alla riproduzione vera e propria ha luogo quando i maschi cominciano a spostarsi verso i territori di riproduzione o verso le aree occupate dalle femmine. Molte aree di riproduzione sono tradizionali per una data popolazione e i maschi ritornano agli stessi territori ogni anno. Gli evidenti indizi, che annunciano la presenza dei maschi nelle zone vicine all’area di riproduzione, sono gli “schianti” della vegetazione e le “raspate” sul terreno (foto 2.4), con cui gli individui adulti marcano già dalla fine di agosto le zone intorno all’area riproduttiva e che aumentano costantemente in numero man mano che si avvicina il periodo riproduttivo.

Le “raspate” sono fatte scavando il terreno con le zampe anteriori e con l’aiuto dei palchi, creando delle buche profonde 20-60 cm, a seconda del tipo di terreno. Queste buche sono cosparse di urina mediante cospicui movimenti del “pennello” (scent-urination). Le ghiandole prepuziali conferiscono all’urina, attraverso le loro secrezioni, un forte odore pungente, il cosiddetto ”odore riproduttivo” (Chapman e Chapman, 1997), che caratterizza quindi le raspate e l’animale che vi si sdraia. Questo rappresenterebbe uno stimolo chimico in grado di indurre l’estro nelle femmine (Cadman, 1966).

L’altro comportamento tipico è eseguito sulla vegetazione: Chapman e Chapman (1997) comprendono negli “schianti” sia il “thrashing” che il “fraying”. Al “thrashing” è associata una funzione di marcatura sia visiva che olfattiva: la prima viene effettuata tramite decisi e potenti movimenti dei palchi sulla vegetazione, che possono scaraventare i rametti spezzati anche a qualche metro di distanza; la seconda viene realizzata strofinando le ghiandole suborbitali sulla stessa vegetazione spezzata, depositandovi così il loro secreto (Cadman, 1966). Invece il “fraying” è associato ad un vero e proprio scortecciamento degli alberi più giovani. Spesso il “fraying” appare per la prima volta a metà del mese di agosto, quando i palchi cominciano a perdere il velluto e vengono sfregati contro la vegetazione.

Anche nella Tenuta di San Rossore i tipici segnali di marcatura dei maschi sono gli “schianti”, che si evidenziano soprattutto sui cespugli di erica e sui lecci, e le

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“raspate”. Uno studio preliminare svolto per tre anni consecutivi ha permesso di quantificare e di caratterizzare l’attività di demarcazione effettuata dai maschi che si sono recati al lek (Davini, 2001).

Foto 2.3 Raspata.

Non sono soltanto i maschi territoriali a schiantare la vegetazione, ma anche i maschi più giovani, soprattutto in concomitanza della fine del periodo riproduttivo, comportamento che può essere collegato al forte senso di frustrazione riconducibile all’ottenimento di uno scarso successo riproduttivo (Chapman e Chapman, 1997). I maschi arrivano precocemente nelle aree di riproduzione e ciò può essere interpretato con la necessità di stabilire una gerarchia sociale, associata ad un comportamento di “scent-matching”, prima dell’arrivo delle femmine. Ciò permette di ridurre il numero degli scontri al fine di stabilire posizioni di dominanza durante il periodo riproduttivo, in quanto generalmente tali scontri hanno come esito la fuga delle femmine dai territori dei combattenti (Apollonio et al., 1989a). E’ stato verificato nella Tenuta di San Rossore, dove la strategia di maggiore successo risulta la difesa di un territorio nel lek, che la rimozione di cinque degli otto palanconi di successo nel corso dell’anno ha comportato un aumento del numero dei combattenti osservati nel lek nella stagione riproduttiva successiva, probabilmente poiché i maschi dovevano

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ristabilire la gerarchia sociale alterata dalla rimozione dei dominanti (Apollonio et al., 1989b).

All’interno delle aree riproduttive i maschi dominanti tollerano la presenza dei giovani maschi, ma, non appena un altro maschio adulto si avvicina ad un territorio occupato da un maschio dominante, il suo possessore ingaggia un combattimento che si può prolungare per diversi minuti, fino a che il maschio sconfitto si ritira.

Quando una femmina arriva nel territorio del maschio, può rimanervi per un periodo variabile a livello individuale e successivamente può allontanarsi, anche senza accoppiarsi. Il maschio cerca di stimolarne al massimo l’interesse: bramisce, annusa e lecca la regione anale e perivulvare, tocca ripetutamente col muso il collo e le porzioni anteriori. Il maschio, una volta accettato dalla femmina, tenta la copula; i tentativi possono essere anche numerosi, prima che il maschio abbia successo. La copula vera e propria si riconosce facilmente, poiché essa è contraddistinta da una vistosa spinta pelvica in concomitanza con l’eiaculazione, tipica di tutti i Cervidi (Clutton-Brock et al., 1982). Le femmine si accoppiano in genere una volta sola nella stagione riproduttiva (Clutton-Brock et al., 1988; Apollonio et al., 1989a). Subito dopo la copula, la femmina alza la coda e orina. Nel caso in cui la fecondazione non abbia avuto successo, l’estro si protrae per tutto l’inverno, manifestandosi ad intervalli regolari, ogni 20-21 giorni, raggiungendo le 5-6 ovulazioni. Perciò è possibile che femmine che si sono riprodotte molto tardi, a causa di precedenti insuccessi, partoriscano in estate inoltrata. La gestazione dura circa 230 giorni ed il periodo in cui la maggior parte delle nascite è concentrata è maggio-giugno; i parti gemellari sono estremamente rari (circa 5%). Il piccolo è in grado di alzarsi in piedi entro un’ora dalla nascita e di prendere la prima poppata. La dieta lattea verrà presto integrata da quella vegetale e già a due-tre mesi i piccoli pascoleranno con la madre.

2.4

Sistemi riproduttivi

Il daino mostra una notevole plasticità di comportamento riproduttivo. Ogni maschio adotta una specifica strategia individuale, che dipende dalle sue caratteristiche fisiche, dalle particolari condizioni ambientali, dalla distribuzione delle risorse e anche dal comportamento degli altri maschi della popolazione. La distribuzione delle risorse, influenzando la distribuzione delle femmine, determina di conseguenza anche quella dei maschi e quindi, in ultima analisi, il tipo di sistema riproduttivo adottato (Emlen e

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Oring, 1977). Comunque tutte le possibili strategie riscontrate nel daino si basano sulla poliginia, comune nei Mammiferi, fra i quali le cure parentali (nutrizione e crescita dei piccoli) sono esclusivamente a carico del sesso femminile, liberando il maschio da qualsiasi responsabilità e coinvolgimento. In tali sistemi riproduttivi pochi maschi riescono ad ottenere la maggior parte delle copule (Clutton-Brock et al., 1988).

Secondo Langbein e Thirgood (1989) l’insieme delle strategie riproduttive adottate nell’ambito di una popolazione può essere diviso in due categorie, basate sul tipo e sul grado di territorialità presentati dai maschi:

STRATEGIE DI TIPO TERRITORIALE

• TERRITORIO SINGOLO: rutting stand • TERRITORI MULTIPLI: multiple stand

lek

lek satellite

STRATEGIE DI TIPO NON TERRITORIALE

• GRUPPI MISTI • HAREM

• FOLLOWING

Il territorio singolo o rutting stand è la strategia riproduttiva a lungo considerata tipica per questa specie. I maschi adulti occupano territori talmente distanti tra loro da escludere qualsiasi contatto acustico o visivo (Chapman e Chapman, 1997). La difesa di questo tipo di territorio può essere permanente o temporanea ed in quest’ultimo caso il territorio è difeso soltanto per una piccola parte della giornata. Per quanto riguarda la localizzazione, spesso i territori singoli possono trovarsi anche in corrispondenza di risorse trofiche (territorio con risorse) abitualmente visitate dalle femmine.

La difesa può essere rivolta ai singoli elementi della vegetazione o a gruppi di questi. E’ il caso dei daini del Parco di Petworth, in Inghilterra (Clutton-Brock et al., 1988), ma in tali territori con risorse nessun maschio è stato visto portare a termine la copula, in quanto le femmine vi si recavano al solo scopo di nutrirsi.

Il multiple stand è una delle tre strategie riproduttive territoriali multiple documentate. Si tratta di due-tre territori a stretto contatto, difesi da maschi adulti, talvolta situati presso risorse trofiche; le dimensioni di questi territori non sono diverse da quelle del territorio singolo.

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Il lek è stato definito da Bradbury e Gibson (1983) come un’aggregazione di maschi che le femmine visitano al solo scopo di riprodursi. Si tratta di una zona priva di risorse trofiche, in cui i maschi difendono singoli piccoli territori. Nel daino il lek è stato descritto per la prima volta in Danimarca (Schaal, 1986; Schaal e Bradbury, 1987) e ne è stata confermata la presenza in Gran Bretagna (Pemberton e Balmford, 1987; Clutton-Brock et al., 1988), in Ungheria (Pemberton e Balmford, 1987) e in Italia (Apollonio et al., 1989a). Tra gli altri ungulati, il lek si riscontra anche nelle antilopi dei generi Damaliscus e Kob (Buechner, 1961; Montfort-Braham, 1975; Schuster, 1976; Gosling,1987).

Tale aggregazione sarebbe favorita nel daino sia da una forte eterogeneità ambientale sia da un’elevata densità di popolazione (Apollonio, 1989). L’instabilità dei branchi di femmine, dovuta molto spesso a fattori ambientali, quali una distribuzione eterogenea delle risorse, costituisce un elemento di preclusione alla loro difesa diretta, rendendola troppo costosa dal punto di vista energetico. L’influenza della struttura dell’habitat nel determinare il tipo di sistema riproduttivo è stata discussa da vari autori (Emlen e Oring, 1977; Clutton-Brock e Harvey, 1978; Clutton-Brock, 1989; Apollonio, 1989). Inoltre, le popolazioni di daini che adottano la strategia del lek sono spesso caratterizzate da una densità maggiore (compresa tra 16 e 236 capi/100 ha) rispetto alle popolazioni che adottano altre strategie riproduttive (compresa tra 5 e 30 capi/100 ha). La prevalenza dei fattori ambientali, però, è stata sottolineata da Apollonio (1989): è stato infatti osservato che le densità delle due popolazioni mediterranee che adottano il lek (San Rossore e Castel Porziano) sono paragonabili a quelle delle popolazioni che non lo utilizzano.

Nelle popolazioni in cui i maschi sono in minoranza rispetto alle femmine (più di due femmine per ogni maschio), la conseguente scarsità di palanconi renderebbe difficile la formazione del lek (Clutton-Brock et al., 1988).

Diversi sono i fattori su cui si basano le femmine per scegliere il maschio con cui accoppiarsi nel lek. In alcuni lek le femmine baserebbero la loro scelta sulla posizione del partner, scatenando, perciò, una forte competizione maschile per la conquista dei territori preferiti dalle femmine. Molto probabilmente anche nella Tenuta di San Rossore, almeno in un lek, le femmine baserebbero la loro scelta sulla posizione del maschio e sarebbero privilegiati i territori vicini alle vie di fuga (Apollonio et al., 1989b).

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Un altro fattore, che concorre alla scelta del partner, è dato dalle caratteristiche fisiche del maschio: l’intensità del bramito e le dimensioni corporee, per esempio; i palchi sono chiaramente indice di un certo stato di salute e solo un’ottima condizione fisica permetterà al maschio di possedere un territorio per più giorni, essendo così fondamentale per il successo riproduttivo (Apollonio et al., 1989b). Come già evidenziato, le femmine potrebbero valutare lo status fisico del maschio dalle marcature effettuate nelle vicinanze o all’interno del territorio. Invece, sembra che il successo nei combattimenti di per sé non sia un criterio direttamente utilizzato dalle femmine nella scelta del maschio. Secondo Festa-Bianchet et al. (1990) non esiste una relazione diretta tra il numero di combattimenti vinti durante il periodo riproduttivo e il numero di copule portate a termine (che misurano il successo riproduttivo dell’animale). Nel daino, dunque, sembrerebbero fondamentali le interazioni aggressive senza contatto, grazie alle quali è stabilita una gerarchia sociale di notevole importanza per la conquista dei territori migliori. Al contrario, Clutton-Brock et al. (1979) hanno riscontrato che nel cervo europeo il numero massimo di combattimenti si ha in corrispondenza dell’apice del periodo riproduttivo e il successo determina l’accesso alle femmine.

Il lek satellite è formato da alcuni maschi che si stabilizzano in prossimità del lek principale, ma non è visibile da quest’ultimo. Spesso occupa una posizione strategica, perché viene a localizzarsi nelle immediate vicinanze dei percorsi effettuati dalle femmine per entrare nel lek principale. I maschi che vi risiedono tenterebbero dunque di intercettare le femmine al loro passaggio. Non è raro che i maschi satellite diventino poi territoriali nel lek principale (Apollonio et al., 1992).

Gli altri tipi di strategie riproduttive sono quelle che non prevedono la difesa attiva di un territorio. I gruppi misti sarebbero formati da femmine e palanconi (Schaal, 1987), tra i quali si instaura una gerarchia maschile di dominanza-subordinazione, in cui solo il maschio dominante ha la possibilità di accoppiarsi.

La costituzione di un harem sarebbe favorita, invece, nelle popolazioni con bassa densità femminile (Braza et al., 1986; Schaal, 1987; Langbein e Thirgood, 1989) e l’azione del maschio si limiterebbe alla difesa diretta di un gruppo di femmine, non di un territorio.

Il following è tipico dei maschi subadulti, per i quali l’inseguimento delle femmine è l’unica possibilità per accoppiarsi. Di solito tale strategia si riscontra dove vi è una

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bassa densità di popolazione o dove esistono forti pressioni sociali che precludono ai subadulti l’accesso alle femmine.

La scelta della strategia individuale e, di conseguenza, il sistema riproduttivo che ne risulta, sono il frutto dell’influenza di fattori quali l’habitat, la densità e il rapporto tra i sessi della popolazione e l’eterogeneità delle risorse trofiche; la strategia adottata non è mai popolazione-specifica, ma è individuale e lo stesso individuo, nel corso della vita, può adottare strategie diverse, riuscendo così a massimizzare il suo successo riproduttivo (Clutton-Brock et al., 1988; Langbein e Thirgood, 1989).

La popolazione di daini della Tenuta di San Rossore è caratterizzata da un sistema riproduttivo complesso che comprende il lek, il lek satellite e il territorio singolo, tra le strategie territoriali, e il following, tra le strategie non territoriali.

La strategia del lek è ad ogni modo la strategia di maggior successo, considerando che la stragrande maggioranza delle femmine si reca in quest’area al momento della riproduzione (Apollonio et al., 1992). E’ interessante ricordare che i migliori maschi si assicurano dal 60% al 90% delle copule che ogni anno avvengono nel lek (Apollonio et al., 1989a).

Nella Tenuta di San Rossore sono presenti due lek. Il lek di Stacca del Gatto, situato a sud del Fiume Morto, si trova a circa 200 m ovest da Via Prini e a circa 250 m nord dalla stacca omonima, occupa un’area di circa due ettari ed è presente da almeno vent’anni. L’altro lek, quello dei Fossacci, è localizzato a nord del Fiume Morto e a circa 400 m est da Via Prini e il suo limite a sud è rappresentato dalla Stacca del Fotteo. Entrambi i lek sono costituiti da più di dieci territori.

Fino a pochi anni fa era presente un terzo lek, quello di Macchia Capraia, che costituiva il lek principale ed era situato a circa un chilometro in direzione nord-est dal lek di Stacca del Gatto. La sua graduale scomparsa è stata causata da alcuni lavori di taglio boschivo iniziati nel 1987 e terminati solo nel 1989; dal 1992 non sono più stati osservati né territori difesi né copule.

Figura

Foto 2.1 Gruppo tipo A.
Foto 2.2 Gruppo tipo B.
Foto 2.3 Gruppo tipo C.
Foto 2.3 Raspata.

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