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CAPITOLO 3 IL MARKETING DELLA RISTORAZIONE

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CAPITOLO 3

IL MARKETING DELLA RISTORAZIONE

PARAGRAFO 3.1 “DEFINIZIONI E CARATTERI DELLA RISTORAZIONE”1

Nelle motivazioni di scelta del consumatore e nelle strategie di marketing degli operatori, il “sapore del cibo” ha lasciato sempre più spazio ad ulteriori componenti di servizio e ad attributi di tipo immateriale, dando vita a molteplici combinazioni tra l’elemento del pasto e l’elemento della ristorazione – intrattenimento.

Di conseguenza, le imprese del settore hanno assunto la tendenza a definire sempre più il proprio posizionamento strategico attraverso scelte di varietà e differenziazione, la creazione di nuovi mix funzionali, ed una sempre più elevata offerta di servizi aggiuntivi [Fornari 2006], la cui unicità o il cui livello di innovazione possono avere un impatto anche significativo nella composizione del core business.

Il frammentato settore del consumo alimentare outdoor può essere analizzato distinguendo i due canali della ristorazione collettiva e della ristorazione commerciale.

La ristorazione collettiva: fanno parte di questo canale le mense aziendali e scolastiche, degli ospedali e delle case di riposo, caserme, carceri, ecc.

In questo comparto il consumatore finale viene definito “terzo escluso”, in quanto ha scarse possibilità di influire sulla scelta dei fornitori e sulle modalità di erogazione del servizio.

La tendenza sempre più diffusa è quella di appaltare questo servizio ad imprese ristorative esterne, che hanno l’interesse strategico ad aprirsi ad un mercato più ampio sfruttando le loro elevate capacità gestionali ed organizzative.

Dal punto di vista delle modalità produttive ed organizzative (legate essenzialmente alla possibilità di trasportare i pasti dai centri di cottura fino ai luoghi di consumo e alla capacità di gestire contemporaneamente numeri consistenti di clienti), le imprese di

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ristorazione collettiva si sono dimostrate tra le principali protagoniste del comparto della ristorazione “viaggiante”, cioè quella ferroviaria, navale e dell’inflight catering. La ristorazione commerciale: questo settore è costituito

dall’insieme dei pasti erogati da una grande varietà di esercizi a consumatori generalmente non organizzati in comunità. Nell’ultimo periodo, grazie ad una concezione meno tradizionale del pasto, sono entrate nel mercato del

consumo alimentare outdoor un gran numero di imprese, in grado di proporre pietanze che non richiedono attrezzature di cucina (precotti e surgelati) o che presentano piatti poco elaborati e facili da assemblare. Si è quindi registrata la diffusione di snack – bar, pub, birrerie, paninoteche, ma anche attività artigianali e commerciali che garantiscono al consumatore un’enorme varietà di opzioni.

Nell’ambito della ristorazione commerciale la prima variabile di segmentazione da sottolineare è quella legata alla modalità di fruizione del pasto. Cominciamo dalla classica contrapposizione tra fast food e slow food: nei primi, si privilegiano aspetti più legati alla dimensione economica e temporale, negli altri l’accento è rivolto maggiormente agli aspetti di natura emozionale e alle attese ricreativo – sociali del consumatore. Questa suddivisione deve, tuttavia, tener conto che il nuovo consumatore è pluri – identitario e manifesta un mix di appartenenze a più mondi valoriali.

Una risposta a questa tendenza consiste nella progressiva diffusione di locali che articolano il loro prodotto – servizio in modo da consentire una pluralità di usi.

Accanto al binomio quick service e slow food, nella ricerca tra un corretto mix tra esigenze funzionali e di piacere, e nel tentativo di differenziare l’offerta, si afferma inoltre sul mercato un vasto numero di nuovi concept più legati al ruolo dell’immagine, della comunicazione esterna e delle relazioni con la clientela. Si sono, infatti, sempre più affermati tra i consumatori modelli comportamentali che privilegiano situazioni di intrattenimento e svago, piuttosto che di consumo in senso stretto. Ne deriva la necessità per l’impresa di ristorazione di dare risposta alla crescente richiesta di servizi di

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entartainment e di trovare un proprio ruolo non secondario all’interno dell’industria dell’esperienza.2

Le leve di entartainment più frequentemente utilizzate nell’ambito della ristorazione sono essenzialmente:

- l’atmosfera (rappresentata da molteplici ed eterogenei elementi nell’ambito dell’arredamento, illuminazione, dimensione acustica, sensazioni olfattive, atteggiamento del personale, ecc.);

- la tematizzazione (dai ristoranti etnici, vegetariani, macrobiotici, a quelli con gli allestimenti più stravaganti);

- lo spettacolo (musica, video, esposizioni, ecc.);

- la valorizzazione del tempo (corsi, seminari, informazioni); - lo shopping (prodotti alimentari tipici, merchandising, ecc.);

- il gioco/sport (attività ludiche, collegamento con attività sportive, ecc.).

In ogni caso, è possibile tentare una lettura del settore in prospettiva overlapping, analizzando le più diffuse forme di incremento della complessità del prodotto di ristorazione attraverso l’aggiunta di servizi integrati, in molti casi forniti anche attraverso accordi di partnership con altre aziende appartenenti sia al settore ristorativo sia ad altri settori. La Tabella 3.1 mostra degli esempi di servizi integrati:

Tabella 3.1 Un esempio di servizi integrati nel settore ristorativo

Modelli Servizi integrati

Ristorante TOP Catering & banqueting

Corsi di cucina o wine tasting Vendita prodotti alimentari con propria insegna

Ristorante casual – Pizzeria Quick restaurant

Take away – consegna a domicilio Fingers food

Ambientazioni experience

Fonte: propria elaborazione da M. Lacchin, Il marketing dei prodotti turistici, Giappichelli, 2007, pag. 226

2Rifkin [2000, 194] descrive gli elementi fondamentali di un’economia che non è più basata sulla produzione di beni commerciabili, ma sulla produzione di esperienze personali. Il consumatore, diventato il protagonista di un mercato saturo di produzione, non si chiede più “cosa vorrei possedere che ancora non ho?, ma cosa voglio provare che non ho ancora provato?”,

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PARAGRAFO 3.2 “LA RISTORAZIONE COME PRODOTTO TURISTICO”3 Negli ultimi anni, a seguito dei mutati stili di vita, il consumo di pasti “outdoor” da parte della popolazione residente è aumentato ovunque in Italia. Nel decennio 1994 – 2003, secondo le stime di contabilità nazionale, la spesa delle famiglie per i servizi di ristorazione, a prezzi costanti, è cresciuta del 26,2%. Non solo, fenomeni come la dilatazione dei tempi di trasferimento o l’aumentata occupazione femminile hanno contribuito a diffondere il ricorso a servizi di ristorazione per motivi di lavoro o di studio, ma è decisamente aumentato anche il consumo leisure per motivi edonistici e di gratificazione personale.

Questa soluzione rende spesso indistinguibile la clientela turistica da quella locale che, in moltissimi casi, esprime anche esigenze di consumo almeno in apparenza analoghe o comunque omologabili. D’altro canto il turista può manifestare esigenze funzionali, in termini di rapidità, semplicità del servizio ed economicità, assimiliabili a quelle dei residenti che si trovano fuori casa per motivi lavorativi o di studio.

Naturalmente il turista non perde le sue specificità e, altrettanto naturalmente, esistono, nel mondo della ristorazione, strategie di marketing mirate su uno o più segmenti della domanda turistica [Hjalager e Richards 2002]. Perchè ciò si verifichi è, tuttavia, quasi sempre indispensabile che l’azienda operi in contesti in cui la clientela turistica sia prevalente e dove il turista sia più facilmente raggiungibile e coinvolgibile dalle azioni di marketing.

1.2.1.1 Il contesto territoriale

La localizzazione ed il contesto territoriale in cui l’azienda è inserita mantengono, invece, un rilievo fondamentale. Anche nel caso in cui, grazie allo sviluppo del turismo enogastronomico, il ristorante può ambire a considerarsi a pieno titolo un’attrazione, l’impresa non potrà infatti prescindere dal territorio di riferimento, di cui anzi deve trasferire al turista valori simbolici, culturali e storici. Pur se nascosta in un angolo appartato, l’unità ristorativa dovrà essere in grado di testimoniare un vero e proprio radicamento nei luoghi e nelle loro principali peculiarità, sfruttando la disponibilità del turista alla mobilità e la sua voglia di “scoperta”.

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Nel caso, abbastanza frequente, in cui l’attrattività del contesto turistico subisca qualche flessione nel tempo, il locale potrà comunque cercare di valorizzare gli elementi intangibili ed emozionali dati dalla localizzazione e allestire marketing mix differenziati per sostenere la domanda.

Anche nei casi in cui l’offerta è rivolta a consumatori di segmenti maggiormente differenziati, la localizzazione mantiene la sua importanza, considerando che la comunicazione più efficace dell’impresa di ristorazione resta quella effettuata sul punto vendita e “farsi vedere” è una delle sue principali forme. Le formule ristorative poco coerenti con la propria collocazione devono, infatti, possedere un carattere spiccato, orientato ad una domanda specificamente definita e necessitano comunque di forti investimenti in comunicazione.

1.2.1.2 L’atteggiamento del turista

Il turista può presentare tre tipi di atteggiamento nei confronti del servizio di ristorazione:

1. Indifferente: si tratta di quel turista caratterizzato da una bassa gamma di esigenze nei confronti del servizio di ristorazione e dalla massima riduzione dei tempi sia della ricerca sia del consumo. Poco disponibile a lunghi spostamenti, questo turista è maggiormente orientato verso servizi più noti e sperimentati, che impongono scelte meno problematiche, rispondenti ai suoi bisogni funzionali e relativamente economiche. Questo tipo di turista è, generalmente, più propenso a delegare la scelta del servizio ristorazione ad altri anche attraverso l’acquisto di pacchetti che comprendano anche il servizio ristorazione.

2. Attento: questo tipo di turista esprimerà un maggior numero di esigenze sia di tipo funzionale (legate ad esempio a regimi dietetici specifici o a gusti particolari) che di carattere esperenziale. Attribuirà in modo esplicito un valore al servizio di ristorazione nell’ambito della soddisfazione dei propri bisogni e sarà proporzionalmente disponibile ad investire maggiormente nell’acquisto e nella raccolta d’informazioni, e nella ricerca del punto vendita.

Il medesimo turista è però propenso a mutare anche radicalmente il proprio atteggiamento nel corso della vacanza. Durante il giorno, ad esempio, non vorrà sottrarre tempo e risorse alle sue attività principali, e si orienterà verso soluzioni

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più semplicemente funzionali per riservare maggiore attenzione alla scelta del pasto serale.

3. Gastronauta: in questo caso, ci troviamo di fronte ad una nicchia di consumatori colti ed esperti. Diversamente dalle precedenti, questo tipo di turista manifesterà, nella scelta del servizio ristorativo, prevalentemente esigenze di radicamento con il territorio, ma soprattutto di unicità e di immagine.

Insieme quindi alla valorizzazione dei contorni ambientali e culturali, l’attività promozionale dell’impresa di ristorazione dovrà mirare a rafforzare nel cliente il senso di appartenenza ad una selezionata comunità di intenditori offrendo, anche attraverso l’utilizzo di mezzi telematici, servizi esclusivi e personalizzati ad alto valore qualitativo – simbolico. Insieme a corsi di cucina e wine tasting possono, ad esempio, essere proposte visite guidate ai luoghi artistici del territorio normalmente meno visitati.

3.2.1.3 L’organizzazione del servizio

Un sistema per verificare la validità del sistema di servizio è quello di seguire il cliente durante la sua esperienza, analizzando i principali momenti di interazione con l’impresa e verificando, passo dopo passo, l’efficacia e l’efficienza delle azioni aziendali e del sistema di risorse necessario al loro svolgimento. Il servizio in questo modo può essere schematicamente raffigurato attraverso una mappa che permetta di presentare simultaneamente i processi di erogazione, i punti di contatto con il cliente, i ruoli del personale, i processi di supporto e gli elementi visibili del servizio [Zeithaml e Bitner 2000]. Questo tipo di rappresentazione, definita blueprinting è particolarmente adatto alla ristorazione. Le interazioni cliente – cliente, cliente – personale di sala, personale di sala – personale di cucina, rappresentano infatti notoriamente i punti di maggiore

criticità nell’erogazione del servizio ristorativo.4

I problemi collegati alla gestione delle diverse fasi sono assai simili ad altre imprese turistiche ad alta intensità di personale e, come noto, richiedono forte attenzione alle risorse umane [Enz 2004], un’intensa attività di comunicazione e l’adozione di politiche di marketing interno.

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Una tecnica di misurazione della customer satisfaction è quella affidata alla registrazione delle reazioni della clientela in occasione di episodi in grado di generare una soddisfazione o un’insoddisfazione di rilevante entità. Un’indagine di questo tipo applicata ai ristoranti ha mostrato come la maggioranza degli eventi (positivi o negativi) siano legati al rapporto diretto con il personale.

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PARAGRAFO 3.3 “LA COMUNICAZIONE DELL’IMPRESA DI

RISTORAZIONE”5

Il problema principale dell’azienda, una volta individuato il proprio target di riferimento ed elaborato il prodotto adatto, è quello di comunicare al cliente le caratteristiche del servizio offerto (e ovviamente stimolare le vendite) e soprattutto i collegamenti, non sempre intuitivi, tra gli attributi del servizio, i benefici ottenibili e il prezzo richiesto. Un esempio di efficace comunicazione può essere rappresentato dalla guida “Le trattorie dei camionisti”. Si tratta di un prodotto editoriale che, mettendo a frutto uno stereotipo diffuso, trasmette con precisione e semplicità un insieme di fattori che compongono una specifica tipologia di prodotto, quali ad esempio: la genuinità dei cibi, le porzioni abbondanti, la velocità e la familiarità del servizio, l’ottimo rapporto qualità – prezzo, la raggiungibilità e l’ampia disponibilità di parcheggio.

In ogni caso, la comunicazione affidata alla normale pubblicità commerciale è spesso riconosciuta dal consumatore come “di parte” ed è difficilmente in grado di ridurre il rischio percepito. Per favorire processi di pre – conoscenza dei valori dell’azienda nel caso della ristorazione sono, quindi, sempre più diffuse attività below the line, che si rivelano meno costose dell’advertising tradizionale e che, selezionando più efficacemente il target, sono in grado di utilizzare codici comunicativi più affini a quelli del ricevente.

Quando si parla di comunicazione nel settore ristorativo, però, bisogna tener conto anche della strategia di branding, del contributo del marketing relazionale e della comunicazione nel punto vendita. Analizziamole brevemente:

le strategie di branding: il brand è l’elemento in grado di esprimere compiutamente l’identità dell’offerta. Esso svolge per il consumatore importanti funzioni di orientamento e di identificazione, in quanto contiene al tempo stesso informazione sugli specifici valori e attributi del servizio, ma anche garanzia di coerenza e continuità del marketing mix. Questo principio vale per le grandi catene e i brand più noti della ristorazione [Kim e Kim 2004], ma strategie di branding offrono ottime opportunità anche alle aziende più piccole.

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Più apprezzate dalle piccole aziende tradizionali sono le soluzioni aggregative che non richiedono la standardizzazione di componenti gestionali o di servizio, ma che pure consentono di introdurre strumenti specifici, finalizzati alla promozione ed al consolidamento del processo di branding.

Un altro esempio è costituito dai “Ristoranti della tavolozza” che, oltre ad offrire attraverso ai locali associati una serie di servizi comuni come il menu bimbo, la carta dei vini a bicchiere e il carrello degli olii DOP e IGP, hanno adottato un comune “decalogo dell’accoglienza” (vedi Figura 3.1).

In generale, grazie alle sinergie di filiera con il comparto alimentare e con le politiche turistiche regionali, si assiste oggi alla grande diffusione di marchi e circuiti, spesso

promossi anche con il contributo delle amministrazioni pubbliche e camere di commercio. In molti casi si tratta

di marche – ombrello di tipo territoriale che sostengono promesse di tipicità, tradizione e cultura, ma soprattutto l’adesione ad un preciso sistema di qualità e di relazioni commerciali ed istituzionali (come le varie “vie del vino e dei sapori”).

Il contributo del marketing relazionale: nel mercato della ristorazione si fa leva sulla potenzialità delle azioni di marketing relazionale nello stimolare un word of mouth positivo. La rilevanza del passaparola nel campo della ristorazione è sempre stata molto forte. Oggi sta assumendo dimensioni nuove grazie allo sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione. Si moltiplicano in rete i forum e i blog dove si raccolgono i consigli ed i

1. Un sorriso per tutti

2. Tutti i riguardi per rendere sempre ospitale la sosta a tavola 3. Lo stile del particolare per far sentire il cliente a casa propria 4. La buona cucina insieme alla ricerca delle materie prime del territorio 5. Prevalente attenzione alla cucina della tradizione e alla stagionalità 6. Gradire i gruppi familiari e i bambini

7. Diventare promotori turistici favorendo la conoscenza delle caratteristiche ambientali, artistiche e storiche circostanti il proprio locale, la provincia, e la regione

8. Fare in modo che il locale del convivio diventi luogo dell’anima 9. Che il convivio sostituisca il pasto

10. Significativo resti il gesto di benvenuto per acquistare con la simpatia e il giusto rapporto qualità – prezzo, il ritorno del cliente

Fonte: propria elaborazione da M. Lacchin, Il marketing dei prodotti specifici, Giappichelli,2007, pag. 236

Figura 3.1 Decalogo dell’accoglienza

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giudizi dei turisti, e si diffondono le classifiche popolari basate sulle opinioni dei consumatori. Ricerche empiriche [Susskind 2002] hanno inoltre ampiamente dimostrato come i comunicatori più attivi nella ristorazione siano i consumatori insoddisfatti. Oltre a soddisfare le esigenze dei clienti e ad ottimizzare le relazioni durante l’erogazione del servizio (relazioni personali dirette), è sempre più importante attivare meccanismi che consentano la costruzione nel tempo di un’esperienza personalizzata e duratura. Rispetto agli strumenti di tipo commerciale, ai gadget, e ai più evoluti rapporti di merchandising, le attività interattive tipiche del marketing relazionale (interviste, mailing, newsletters, ecc.) offrono in più la possibilità di misurare la rispondenza dell’offerta ai bisogni della clientela e di aumentare, conseguentemente, la propria capacità di differenziazione.

Un esempio semplice delle possibilità offerte con risorse estremamente ridotte può essere costituito dall’agriturismo marchigiano Villa Cortese che, accanto alle normali informazioni sui suoi due punti vendita, offre una serie di servizi interattivi:

- iscrizione alla newsletter on line; - ricetta del mese;

- collegamento con IBS (Internet Book Shop) per selezionare ed ordinare libri di cucina;

- pubblicazione delle foto ricordo scattate in occasione della visita (con invito ad inviare la pagina agli amici);

- pubblicazione dei disegni dei bambini ospiti; - libro degli ospiti con i commenti positivi.

La comunicazione nel punto vendita: in questo caso è lo stesso ristorante che “racconta se stesso” attraverso una combinazione di elementi materiali e simbolici che può essere più complessa quanto più elevata si suppone sia la competenza di lettura del turista. La cucina a vista, ad esempio, svelando le modalità di preparazione delle vivande,

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trasmette trasparenza e fiducia, ma può anche elevare il cucinare a performance (come nel caso dei gesti del pizzaiolo e delle preparazioni della cucina giapponese.).

Nella progettazione dell’ambientazione non va dimenticato che lo spazio è “vetrina”, ma deve anche essere “officina”. Deve cioè essere funzionale all’erogazione del servizio. Il carrello dei dessert può rappresentare una vista stimolante e di atmosfera, ma può diventare controproducente se impedisce la circolazione a clienti e a camerieri.

PARAGRAFO 3.4 “IL PRICING”6

Nei servizi di ristorazione rivolti a clientela turistica è diffusa la tendenza ad applicare tecniche di target pricing. Viene, cioè, determinato il prezzo che il cliente è disposto a pagare, e a questo si adeguano le componenti del servizio, in modo da mantenere il livello di redditività attesa. Ad esempio, considerando l’attuale interesse per i prodotti enogastronomici di qualità manifestato anche da consumatori con minori capacità di spesa, l’impresa potrà proporre menu degustazione su diverse fasce di prezzo oppure degustazioni di vino a bicchiere, consentendo al cliente di ottenere il conto all’interno del suo budget senza eccessive rinunce.

Questa tecnica ha per obiettivo ampi margini di profitto, soprattutto nell’ipotesi che il turista sia disponibile a pagare prezzi relativamente più alti di quelli praticati ai residenti per il medesimo servizio. Occorre, tuttavia, ricordare che il prezzo deve comunque essere sempre in linea con le attese del cliente e che esso diventa un elemento competitivo di rilievo in presenza di una maggiore sostituibilità del prodotto.

Tra le imprese della ristorazione è ancora poco diffuso l’uso di tecniche di revenue o di yield management [Kimes 2004] e di scontistica per i senior [Knutson, Elsworth e Beck 2006]. L’adozione di prezzi variabili a seconda del tasso d’occupazione si va lentamente affermando anche in questo campo dove, del resto, sono ben noti fenomeni come l’happy hour. Anche se motivate dalla necessità di ottimizzare il proprio business, le strategie di prezzo differenziate sono comunque sempre associate a trasformazioni del prodotto. Sono infatti sufficienti leggeri cambiamenti nei menu proposti o nelle modalità di servizio per incidere notevolmente sulle valenze simboliche

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del prodotto. Il risultato sarà quello di far accettare agevolmente alla clientela le variazioni di prezzo sulle medesime pietanze senza compromettere il livello qualitativo.

PARAGRAFO 3.5 “LE STRATEGIE DI MARKETING DELLE PICCOLE

IMPRESE DI RISTORAZIONE”7

Nel caso di imprese di ristorazione di piccole dimensioni, le politiche aziendali vengono spesso decise in assenza di un’adeguata business intelligence, quindi con una percezione errata delle attese dei clienti. Inoltre, viene spesso trascurata l’importanza delle leve fondamentali nell’ambito di componenti quali: il supporto fisico (physical evidence), la gestione dei processi (process) e il fattore umano (people). Per questo, oltre alle scarse informazioni di partenza e all’inadeguata percezione delle attese dei clienti, le principali cause di fallimento delle strategie di marketing si possono identificare nelle contraddizioni e nei limiti strutturali, nella scarsa pianificazione organizzativa, nell’inadeguato coinvolgimento delle risorse umane, nell’inefficace comunicazione interna.

A fronte di una domanda caratterizzata da una crescente infedeltà alle mete di vacanza, i vantaggi acquisiti non possono essere stabili e duraturi, la proposta commerciale deve diventare un processo di evoluzione continuo e l’innovazione del mix di servizi deve rappresentare la principale strategia per il mantenimento o il miglioramento del posizionamento competitivo dell’impresa.

La volontà di anticipare gli sviluppi della domanda ed il conseguente abbandono di modelli funzionali per sperimentare nuove soluzioni di servizio rappresenta ovviamente un punto critico soprattutto per le piccole imprese. Frequenti sono gli errori nella definizione del marketing mix durante l’introduzione di novità o varianti nel servizio che spesso richiedono competenze che non sono in possesso dell’azienda. Anche semplici attività, come l’attivazione di un corner per la promozione dei prodotti locali o l’organizzazione di piccoli eventi di intrattenimento, possono provocare stress organizzativi rilevanti se non accuratamente pianificati.

Un altro elemento che nelle piccole aziende della ristorazione si rivela fonte di criticità e disservizio è l’attenzione alle risorse umane. Anche dopo aver accuratamente pianificato gli aspetti gestionali e i contesti organizzativi, solo raramente si provvede a

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verificare che il personale di contatto o di front – line abbia metabolizzato i contenuti del servizio e sia in grado di tradurre in pratica tutti gli elementi del marketing mix. In una piccola realtà l’imprenditore tende ad accentrare su di sè ogni tipo di funzioni e difficilmente coinvolge i propri collaboratori nelle decisioni e nell’elaborazione delle strategie adottate.

La crescente consapevolezza che la presenza attiva dell’imprenditore e la flessibilità tipica delle piccole realtà aziendali non siano sufficienti a compensare l’assenza di un’organica attività di pianficazione e controllo del marketing, ha fatto recentemente crescere d’importanza il ruolo dell’interazione con i soggetti esterni all’impresa. Ciò ha indotto la nascita di un numero crescente di figure professionali specializzate nella progettazione, gestione e realizzazione dei servizi innovativi per i pubblici esercizi. L’esperienza maturata da questi professionisti esterni è tale che, in molti casi, hanno assunto un vero e proprio ruolo di promotori e protagonisti nel lancio di nuove iniziative imprenditoriali.

Figura

Tabella 3.1 Un esempio di servizi integrati nel settore ristorativo
Figura 3.1 Decalogo dell’accoglienza  (i Ristoranti della Tavolozza)

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