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3 I Beatles e lo Spettacolo dei Giovani

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Academic year: 2021

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3 I Beatles e lo

Spettacolo dei Giovani

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John Muncie

Paul McCartney: Per l'amor del cielo, non dite che siamo la nuova gioventù, è robaccia vecchia. (Braun 1964: 14)

John Lennon: Non è successo nulla, siamo solo cresciuti; abbiamo fatto come ci è stato detto... siamo una minoranza, persone come noi ci sono sempre state, ma forse, per chissà quale motivo, siamo una minoranza leggermente più grande. (Wenner 1973:12)

Per molto tempo i Beatles sono stati considerati una delle icone chiave, forse l'Icona Chiave, degli Anni '60. Tra la distribuzione di 'Love Me Do' nel 1962 e lo scioglimento avvenuto nel 1970, hanno prodotto più di 200 canzoni e venduto più di 200 milioni di dischi. Le loro prime apparizioni hanno provocato scene mai viste di isteria di massa. Simbolo per gli adolescenti di tutto il mondo, avendo rivoluzionato la cultura pop britannica, la band, che era sicuramente più famosa di Elvis Presley o Gesù, è largamente riconosciuta come una delle forze più significative nella storia della popular music. Trent'anni dopo, è normale trovare i loro album nelle liste dei più grandi dischi di tutti i tempi (di solito vediamo

Revolver, Abbey Road e Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band), e sono largamente

considerati come punto di riferimento chiave per la comparsa del Britpop a metà degli Anni '90.

È difficile negare i loro successi da compositori, veri innovatori dello stile

musicale e ‘vocabolari del pop’.

1 Voglio ringraziare Andy Simpson, Gordon Hughes e Eugene McLaughlin per le

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Ma, come ha notato McCartney nel 1964, i Beatles non si sono mai considerati i portavoce di una generazione; secondo Lennon, tutto quello che si era verificato era stata la loro crescita. Quindi, fino a che punto dovremmo aspettarci che una società degli ultimi Anni '50 e '60 possa essere 'letta' attraverso gli sguardi e il sound dei Beatles? In particolare, che relazione potevano avere con una successione di culture e subculture giovanili 'spettacolari' (teddy boys, mods, rockers, hippy, beatniks, bohémiens, skinheads) che contemporaneamente facevano capolino? A quali parti della gioventù si rivolgevano... e le cui voci erano notevolmente assenti?

PRECURSORI: TEDDY BOYS E ADOLESCENTI IN SCENA

Paul McCartney: Abbiamo iniziato imitando Elvis, Buddy Holly, Chuck Berry, Carl Perkins, Gene Vincent, i Coasters, i Drifters: abbiamo copiato quello che facevano... erano tutti americani, di inglesi non ce n'era uno buono. (Palmer 1977: 227)

Nel decennio successivo alla seconda guerra mondiale, la società britannica era plasmata soprattutto dall'austerità e dalla scarsità di capitale. Per la metà degli Anni '50, però, si era lentamente spinta verso una ripresa economica e sociale, rappresentata dall'impegno simbolico di creare un welfare state e un'educazione per tutti. A quell'epoca, il Paese stava apparentemente cavalcando l'onda della ricchezza e della piena occupazione e a quanto si dice era testimone dell'affermarsi di una società senza classi. Comunque sia, anche la ricchezza ebbe il suo prezzo. Inevitabilmente, coloro che si trovavano sul gradino più basso della scala sociale (operai, manovali) si trovarono esclusi da tali 'benefici'. Il dopoguerra portò anche il 'degrado urbanistico' e la conseguente separazione di molti quartieri operai, che in precedenza erano state comunità compatte. È in questo contesto che si spiega l'ascesa 'del tutto inattesa' dei teddy boys (Fyvel

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3 1961).

Come la maggior parte delle subculture giovanili britanniche appartenenti alla classe operaia, quella dei teddy boys era tipicamente maschile e in particolar modo era frutto dei distretti operai di Londra. In un periodo di quasi piena occupazione furono queste ali della popolazione, generalmente senza potere e status sociale, a trovarsi più probabilmente escluse da un impiego a tempo pieno. Nonostante il sistema educativo dovesse dare pari opportunità, furono loro a rimetterci. Nella scia della nuova ricchezza e della disponibilità di merci di consumo in aumento, i ted scoprirono che non c'era più divertimento pubblico per i ragazzini. Per tutta risposta, si spostarono negli unici spazi disponibili, e fecero dei 'café' e della strada la loro 'casa'. L'identità dell'Io e del gruppo si manteneva con la territorialità e con la difesa di aree e spazi operai. I capelli, d'ispirazione militare, o forse meglio del National Service (1947-60), erano troppo lunghi, con le basette, un'enorme quantità di Brylcreem, una specie di ciuffo sulla fronte e varianti della CA (coda d'anatra) sulla nuca. L'alcol era la loro droga preferita. Gli abiti copiavano uno stile pseudo-edoardiano, creato nei primi Anni '50 dai sarti della Savile Row per i giovani cittadini della classe alta; includevano giacche lunghe 'di panno' con colletti di velluto, pantaloni aderenti 'a sigaretta', cravatte di cuoio e scarpe di cuoio spesse, meglio note come 'brothel creepers'. Secondo Jefferson (1976), questo stile rappresentava sia una parodia arrogante eppure semi-conscia delle classi agiate, sia un tentativo di difendere i valori della classe operaia, glorificando la mascolinità e l'astuzia dell'eroe criminale hollywoodiano. La parola 'teddy boy' è apparsa sulla stampa per la prima volta nel marzo 1954, quando fu chiaro che non li si poteva più semplicemente chiamare gli 'hooligan', 'spiv' o 'cosh boys' del passato (Rock e Cohen 1970: 94).

Con l'arrivo del rock and roll, da loro anticipato, la figura del teddy boy è riuscita a dare voce alla 'resistenza' e al 'disincanto'. Importato dagli Stati Uniti, il rock and roll ha comportato un cambiamento improvviso nello stile musicale.

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Originatosi dal blues dei neri e dalle tradizioni popolari dei bianchi, Melly lo considera 'un incitamento contemporaneo al sesso irrazionale e al vandalismo arbitrario: screw and smash music' (1970: 36). Rappresentava un attacco manifesto ai tabù sessuali imposti dai genitori e, per questi giovani ostili, diventò una delle poche strade attraverso cui esprimere la propria indipendenza.

Nel 1956, durante la proiezione a Londra del film Il Seme della Violenza, la Gran Bretagna fu testimone della prima 'sommossa rock and roll'. In seguito, un'isteria mai conosciuta prima accolse le performance di Bill Haley nel Regno Unito e le proiezioni dei film di Elvis: 'La musica veniva soffocata da urla, fischi, pestar di piedi, boati, e la galleria tremava tanto che il pubblico vedeva il pavimento cedere sopra di sé' (Cohn 1969: 21). Il ted finì per essere demonizzato come l'origine di tutti i problemi. Quando gli adulti chiedevano ordine nei cinema, nei bar e nelle strade, pare che i ted rispondessero ballando jive nei corridoi, sfregiando le poltrone dei cinema e attaccando gli 'intrusi' nei loro 'territori'. Erano sicuri di una reazione politica e mediatica avversa. Il quotidiano

Reynold News del 1 maggio 1954 li descriveva 'un male sociale grave' e li

condannò come il risultato finale dell'importazione, nel Regno Unito, di una cultura degenerata non-inglese (Hedbige 1988: 30).

Nonostante fosse parte dei ted, come delle ultime subculture giovanili inglesi degli Anni '60, prese da una minoranza relativa, si dice che lo 'spirito nichilista dei ted' abbia avuto effetti su molte altre subculture; infatti il termine americano 'teenage culture' fu importato in Gran Bretagna dalla 'rock and roll mania' del 1956 (Melly 1970). Nel 1959 The Teenage Consumer di Abrams, primo studio autorevole del fenomeno, è un'indagine empirica del nuovo gruppo di consumatori che veniva presumibilmente definito in termini di svago secondo l'età (milk bar, moda, vestiti, cosmetici, acconciature, dischi rock, film, riviste, balli e sale da ballo) e che implicava una cultura senza classi. L'indagine di Abrams, comunque, ha rivelato che le abitudini di utenza dei giovani erano infatti

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La contraddizione tra la retorica di una cultura priva di classi definita dall'età e la realtà delle sue particolarità di classe crollò presto per vari motivi, quando le agenzie di registrazione, di pubblicazione e cinematografiche realizzarono piano piano che esisteva un mercato enorme per tali interessi. Film come Il Selvaggio (1954) con Marlon Brando e Gioventù Bruciata (1955) con James Dean diventarono presto film cult per aver celebrato la sregolatezza del mondo giovanile. Anche lo stile dei teddy boys iniziò a uscire al di sopra e al di fuori della parte sud di Londra e subì profondi cambiamenti. I giacchetti di pelle andavano a sostituire quelli di panno, le moto permettevano maggiore libertà e movimento. Venne a galla lo stile 'rocker'. Alla fine del 1956, la prima star domestica inglese del rock and roll, il diciannovenne Tommy Steele, fece la sua comparsa. Il suo esempio, abbinato alla popolarità della skiffle music (introdotta da Lonnie Donegan), comportò la realizzazione di una musica semi-amatoriale, fatta dai giovani e destinata ai giovani. Infatti, è da queste premesse che nel 1956 si formò a Liverpool un gruppo chiamato Quarrymen, il quale, per i successivi cinque anni, si evolse nei Nurk Twins, Rainbows, Johnny and the Moondogs e Silver Beetles, per diventare, nel 1960, i Beatles. (Il nome derivava forse da una delle gang de Il

Selvaggio o da Buddy Holly and the Crickets; oppure, l'influenza era americana).

Non ci sono dubbi che le origini musicali e lo sviluppo dei Beatles siano derivati in maniera significativa dagli esponenti neri del blues, pop e rock and roll. La prima registrazione ufficiale del gruppo, avvenuta nel 1961 con Tony Sheridan, era una copia della versione di Ray Charles di 'My Bonnie'. Tra il 1963 e il 1964 registrarono cover di tracce come 'Twist And Shout' degli Isley Brothers, 'Roll Over Beethoven' e 'Rock and Roll Music' di Chuck Berry, 'You Really Got A Hold On Me' dei Miracles, 'Kansas City' di Little Richard e 'Please Mr Portman' dei Marvelette. Poi, 'Honey Don't' di Carl Perkins e 'Words Of Love' di Buddy Holly riflettevano un'altra varietà di influenze dalle tradizioni del rockabilly e del country degli americani bianchi.

Il rapporto tra i Beatles e il rock and roll per se era perciò qualcosa di anomalo, in parte una sintesi derivativa, in parte una sintesi creativa. Come molti

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critici hanno notato, l'impatto principale dei Beatles fu di rendere il pop americano dei neri accessibile al pubblico inglese dei bianchi negli Anni '60, per molti aspetti nello stesso modo in cui Elvis, negli Anni '50, si era appropriato e aveva rappresentato il black blues e il gospel al pubblico americano dei bianchi.

Il rapporto tra i Beatles e i ted è, se mai, più oscuro. John Lennon ricorda quando andò a vedere Il Seme della Violenza: aspettandosi pienamente di vedere squartate le poltrone del cinema, rimase costernato nel vedere che nessuno urlava né ballava (Braun 1964: 35). Ma lo stile che adottarono quando erano musicisti regolari ad Amburgo era più un riflesso del cuoio nero di Gene Vincent che dei 'drapes' o 'brothel creepers' dei ted inglesi. Ciò può essere spiegato se si osserva che i loro riferimenti musicali e culturali erano in gran parte americani (attraverso Liverpool); e che tutti i Beatles, eccetto Ringo Starr, compresi però i membri originali Stuart Stutcliffe e Pete Best, vengono inquadrati più come ceto medio o medio-basso, piuttosto che come ceto operaio. Per loro, le influenze della scuola d'arte erano forti come, se non più, di quelle della strada. I diari di Lennon nei suoi primi giorni al Liveropool Art College nel 1957 rivelano: 'Tutti credevano che fossi un ted... ma non lo ero, sono un rocker. Stavo solo fingendo di esserlo. Se mai avessi incontrato un vero ted, con le catene e una vera banda al seguito, me la sarei fatta sotto' (Davies 1980: 18).

LA BEATLEMANIA

Carissimi: Per dimostrare la mia lealtà, ieri ho comprato una vostra parrucca, una vostra felpa e quattro vostre bambole. Ho speso 24,79 $. Vi adoro. Prendetemi il cuore. È tutto quello che mi è rimasto.

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'Please Please Me' diventò il loro singolo numero uno in Gran Bretagna nel febbraio 1963, e fu anche il titolo del loro primo album, lanciato due mesi dopo, che godette di una permanenza ininterrotta alla numero uno delle classifiche inglesi per sei mesi. Tour nazionali regolari, apparizioni in tv, e subito seguirono altri due singoli da prima posizione. Verso la fine dell'anno erano stati invitati a comparire al Royal Variety Performance, e il Sunday Times li descriveva 'i più grandi compositori dai tempi di Beethoven' (29 dicembre 1963). L'Evening

Standard dichiarò il 1963 'l'Anno dei Beatles' e affermò che 'un esame al cuore

della nazione in questo momento rivelerebbe la parola BEATLE incisa su di esso'. A dicembre 'I Want To Hold Your Hand' diventò la numero uno di Natale, il loro quarto singolo da medaglia d'oro dell'anno, e in quel periodo il più grande singolo di successo in tutto il mondo, con oltre 12 milioni di vendite. Il mese successivo dette alla band il suo primo album in vetta alla classifica negli Stati Uniti. All'inizio dell'aprile 1964, i Beatles occupavano le prime cinque posizioni nella Billboard, la classifica americana dei singoli, oltre ad altre sette entrate più in basso nelle Top 100. Quella stessa settimana in Australia occuparono le prime sei posizioni nella classifica dei singoli, con un totale di dieci entrate nella Top 20. I Beatles stavano rapidamente diventando un fenomeno globale dal punto di vista commerciale e musicale.

L'estesa acclamazione pubblica e culturale che raggiunsero viene 'letta' in modi opposti. Secondo Harker, è chiaro che, in confronto ai ‘concorrenti dell’epoca’, i singoli dei Beatles facessero segnare un 'miglioramento qualitativo', ma afferma che il successo commerciale del gruppo è dipeso anche da questi 'rocker gioiosi' che accettavano gli ornamenti della rispettabilità (1980: 84). Gli abiti di pelle andarono fuori moda, per essere sostituiti dai completi; fuori moda andò anche la lama pungente del rock and roll, per essere sostituito da canzoni d'amore più ordinarie. Harker disprezza soprattutto 'I Want To Hold Your Hand': 'Dal punto di vista delle parole e delle emozioni, la grossolanità della canzone non ha limiti. Musicalmente parlando... è il liceo con un pizzico di beat.

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Nel complesso, è interamente adolescenziale, sia per la struttura che per il default; e a paragone rende 'Twist And Shout' o 'Love Me Do' spontanee e naturali' (Ibid.: 86). Questo successo commerciale, comunque, è dipeso anche dall'abilità di un'industria musicale popolare in continua crescita di produrre, distribuire, commerciare e promuovere un 'nuovo prodotto'. Nel 1965 i Beatles non sono stati proclamati Membri dell'Ordine dell'Impero Britannico per opere di beneficienza o per la loro musica, ma per il contributo considerevole che hanno dato all'esportazione britannica. Nel 1963-64, 'il fatturato della loro musica è balzato dal nulla a sei milioni di sterline' (Ibid., 87); a metà del 1964, le vendite dei loro dischi 'stavano fruttando 500.000 £ al mese' e, così facendo, i profitti musicali al lordo d'imposta per la EMI si alzarono dell'80% (Frith 1983: 135). Ovunque si trovassero, i Beatles erano indubbiamente 'un evento commerciale senza precedenti' (Ibid.: 144).

Nelle sue riflessioni sui 20 anni della 'rivoluzione culturale giovanile' in Gran Bretagna (soprattutto per quanto riguarda la musica, la moda, la letteratura e l'arte degli Anni '60) Melly, nel 1970, ha rilevato un processo implicito di 'rivolta dello stile' in cui stili musicali innovativi, 'minacciosi' o antagonisti vengono molto spesso diffusi dalla loro appropriazione commerciale. Se all'inizio i Beatles riflettevano un disincanto giovanile verso la società, che a livello culturale veniva espresso mettendo in discussione l'elitarismo della cultura intellettuale, la natura noiosa del lavoro, il significato di libertà, il vincolo della sessualità puritana e così via, la rivolta fu insolitamente poco vissuta, poiché subentravano le industrie di consumo che, ansiose di commerciare ogni tipo di 'sovversione' sfruttabile, offrivano ai ribelli apparizioni in tv, fama e denaro. Melly afferma che fondamentalmente tutti i nuovi movimenti giovanili sono confezionati, stilizzati e più dediti a scopi di profitto che alla critica sociale. Gli stili devianti devono diventare vitali dal punto di vista commerciale, altrimenti spariscono nell'oscurità; infatti, in entrambi i casi, il risultato finale è simile, poiché lo spirito commerciale fa presto a ignorare i 'vecchi' stili di consumo per promuovere stili 'devianti' nuovi al fine di tenere viva la domanda di mercato.

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I Beatles possono aver dato nuovi significati agli stili esistenti, o anche aver creato loro stessi dei nuovi stili, ma alla fine la loro diffusione è dipesa da imprese commerciali e di marketing sulle quali avevano poco o quasi zero controllo. Questa è la 'castrazione via sindrome di banalizzazione... ciò che inizia come rivolta termina come stile, proprio come il manierismo' (Ibid.: 107). Se da un lato possiamo direttamente applicare questa analisi al rock and roll, nel caso specifico dei Beatles non si è affatto sicuri della presenza di una rivolta iniziale; di sicuro non ce n'è la prova in nessuno dei loro primi testi. La 'stilizzazione' del gruppo sembra derivare più da un passaggio dallo stile amatoriale a uno di successo commerciale, che da un indebolimento della casa di registrazione. In ogni caso, cercare barlumi di 'originalità incontaminata' in tutti gli stili musicali o subculturali può rivelarsi uno spreco di forze. Oggigiorno, sostiene la Thornton, è impossibile per esempio isolare momenti di 'autenticità' che vengono successivamente rovesciati. Come ingegnosamente osserva la studiosa: 'i media e le aziende sono importanti per l'autenticazione di pratiche culturali... la cultura commerciale e quella popolare non sono insolubili solo in pratica, ma anche in teoria' (1995: 9).

È anche chiaro che il successo dei Beatles faceva leva non solo su un mercato giovanile, ma si costruiva intorno a una popolarità che trascendeva l'appartenenza di classe, il genere e i limiti d'età. Lodati dalla stampa come il simbolo di una nuova vivacità e ottimismo degli Anni '60 ('devi essere proprio un conformista bisbetico per non amare quei matti, rumorosi, gioiosi e fantastici Beatles', Daily Mirror, 6 dicembre 1963), esercitavano un'attrazione notevole. Ma l'adulazione era più radicata nelle ragazze bianche tra i dieci e i quattordici anni. La Beatlemania ebbe inizio con una notizia che le fan avevano assalito la band dopo un concerto al Palladio di Londra il 13 ottobre 1963, cosa che durò fino al 1966 quando fecero il loro ultimo concerto a San Francisco. Durante il loro primo tour negli Stati Uniti nel 1963, furono accolti da più di 10000 ragazzine all'aeroporto JFK. La loro apparizione televisiva all'Ed Sullivan Show procurò

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durante la quale si ritiene che in tutta l'America non fu commesso alcun crimine. Ai loro concerti c'era bisogno di squadre di guardie del corpo per tenere a freno le folle, mentre la musica stessa era poco percettibile tra le urla deliranti del pubblico. Pare che ovunque le ragazzine svenissero, piangessero, urlassero e 'si eccitassero'. Infatti, come hanno ricordato Ehrenreich et al. (1992), allora era difficile arrestare la forza e l'intensità dell'isteria. L'adorazione per le star era già capitata prima, soprattutto con Elvis, ma mai a questa portata, come ha subito riconosciuto Norman Weiss, l'agente americano della band: 'Sia i Beatles che Elvis Presley sono nello show business. Detto ciò, ogni paragone è una buffonata. Nessuno, prima o da allora, ha mai avuto le folle che i Beatles ebbero' (Davies 1968: 221).

Inoltre l'ossessione per ogni dettaglio delle vite dei Beatles, che stava dilagando ovunque, assunse le caratteristiche di un movimento sociale, e fu soprattutto un movimento guidato e controllato da ragazze e giovani donne. Questa è la caratteristica più significativa della Beatlemania. In particolar modo, dava alle ragazze bianche un'identità collettiva, uno spazio in cui perdere il controllo e rivendicare la propria sessualità: 'Perdere il controllo (urlare, svenire, correre qua e là nelle resse) era la formula, se non l'intento cosciente, di protestare contro la repressione sessuale, il rigido standard doppio della cultura delle giovani. Fu la prima e la più drammatica sommossa 'della rivoluzione sessuale femminile' (Ehrenreich et al. 1992: 524). Mentre quest'ultima affermazione può essere un po'esagerata, non è facile sfuggire alla conclusione che la Beatlemania dette veramente un'occasione rara tramite la quale le giovani donne bianche potevano sfidare le concezioni dominanti della femminilità. È meno chiaro il perché sia dovuto accadere proprio con i Beatles. Di sicuro la pubblicità che ha preceduto il loro primo tour americano ha fatto la sua parte, ma l'appeal della band si trovava anche nella loro androginia 'capellona': 'i Beatles hanno spiegato il sesso in modo più generoso e brioso, togliendolo dallo scenario rigido delle classi di genere americane a metà secolo... la loro era una visione della sessualità libera dall'ombra della disuguaglianza di genere poiché la

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band prendeva in giro le distinzioni che dividevano in “his” e “her” il panorama americano' (Ibid.: 535).

Col senno di poi, forse il più grande contributo che i Beatles hanno dato alla cultura giovanile è stata proprio la Beatlemania. Di tutti i movimenti sociali e simboli culturali degli Anni '60, era almeno qualcosa che potevano acclamare naturalmente come proprio.

AI MARGINI: MOD, BEAT E R'N'B INGLESE

Cari Beatles: In alcune riviste vi ritraggono come se proveniste da famiglie di tutti i giorni. In altre sembrate presuntuosi e sofisticati... fate parte di noi?

Una Fan (?) Harriet B., Brooklyn, NY (Adler 1964: 38)

Dagli ultimi Anni '50 in poi, la società inglese veniva interpretata da commentatori politici e sociologi in termini di assenza delle classi, profetizzata precedentemente, e di imborghesimento. Si sostenne che la ricchezza del dopoguerra aveva ormai eroso le differenze tra gli stili e le aspettative di vita del ceto medio e quello operaio. Nonostante la prova contraria della perseveranza della struttura di classe e delle diverse opportunità, i giovani del ceto basso dei primi Anni '60 furono colti dal desiderio di condividere i frutti della 'nuova ricchezza'. L'uso della parola 'mod' rifletteva tali contraddizioni, riferendosi sia all'immagine di una 'swinging' London basata sul consumismo, e anche a una subcultura giovanile caratteristica. Fu l'area giovanile della classe operaia rampante a 'raggiungere il successo' tramite la scuola d'arte e la commercializzazione dello stile (compresi Mary Quant, David Bailey, Jean Shrimpton e Twiggy, così come i Beatles) ma più precisamente coloro che trovarono ridicoli il ceto medio-basso e le professioni non manuali a cui avevano aspirato, così come i lavori manuali che si erano lasciati alle spalle.

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La subcultura dei mod proveniva dall’East London e dai ceti sociali minori delle periferie della capitale. Solitamente erano dediti a lavori manuali semi-qualificati oppure erano semplici impiegati (furgonisti, corrieri, commessi, fattorini). I mod accettavano lavoro nella misura in cui offriva loro una maggiore possibilità di acquisire uno stile e uno status. Vivevano per la notte, i weekend e le Bank holidays. Capelli corti, completi di buona fattura e un'ossessione quasi narcisistica per un ottimo aspetto caratterizzavano il loro stile, che da un lato era il riflesso della loro relativa ricchezza, dall'altro un tentativo di emulare lo stile cool dei loro vicini afro-caraibici 'Rude Boys' (occhiali da sole e cappelli pork pie). I mod erano il simbolo archetipo del consumatore esibizionista, sia negli abiti, negli scooter, nella musica o nelle anfetamine ('speed'). Secondo Hebdige però (1976), non sono mai stati consumatori passivi. Lo scooter e i vestiti vennero trasformati in simboli di movimento e solidarietà, mentre la 'speed' rendeva possibile un coinvolgimento totale nei balli ai club o discoteche, che duravano tutta la notte. Lo stile da loro plasmato viene perciò 'letto' come creatore di una parodia della società consumista in cui vivevano.

Concentravano il tempo libero nei punti d'incontro dei club musicali e delle sale da ballo nel West End di Londra; ma qui, più che i Beatles, a fare da sfondo erano gli stili musicali di Tamla Motown dagli Stati Uniti e il bluebeat e la ska dalla Jamaica. In precedenza molti di questi club erano infatti accessibili solo ai neri, e l'emulazione dello stile nero da parte dei mod rivela e illustra fino a che punto molte subculture giovanili inglesi si siano avvicinate all'eredità nera in campo di moda e musica (Hebdige 1979).

Se i mod erano in qualche modo una reazione apolitica o 'immaginaria' contro l'ideologia di una società senza classi, poi reagirono in maniera identica contro la musica e lo stile della decade precedente. Il rock e i discendenti dei ted, i rocker, vennero respinti in quanto rozzi, grossolani e fuori moda. Ora i fan dei Beatles erano i mod. I Beatles possono essere stati mod nelle associazioni contemporanee che condividevano con la Londra 'swinging' e Carnaby Street, ma

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Quando i mod si avventurarono oltre la dance music dei neri, si trattava nell'insieme di sound più intransigenti dell'R'N'B inglese come incarnato dagli Who, gli Yardbirds e i Rolling Stones. Mentre le influenze dei Beatles risalivano alla skiffle music, il lignaggio dei Rolling Stones era quello del blues e del jazz. I loro capelli lunghi, gli abiti sciatti e l'aria trascurata riflettevano un qualcosa del distacco politico e morale del beatnik.

Anche prima dell'arrivo dei teds e del rock and roll a inizio Anni '50, una parte dei giovani del ceto medio, i beats, mostrava già ostilità nei confronti della società del dopoguerra. Più che vedersi imposte privazione e povertà, i beats scelsero volontariamente una vita di stenti eludendo il lavoro. La 'libertà' acquisita viene solitamente 'letta' come segno di protesta verso la crescente impersonalità tecnologica e la disposizione burocratica della vita sociale. A fronte di un pessimismo estremo sul futuro e sulle possibilità di progresso, i beats vivevano a pieno il presente nello stile di Woody Guthrie e Dean Moriarty, l'eroe di una vita di Sulla strada di Kerouac (1957). Nel 1960, lo studio condotto da Polsky (1971) al Greenwich Village di New York ha colto meglio di tutti la scena beat americana. Era uno scenario caratterizzato dall'antipoliticismo piuttosto che dall'apoliticismo, dall'elusione del lavoro piuttosto che dall'incapacità di lavorare, e dalla convinzione che la povertà volontaria fosse una conquista intellettuale.

Sebbene il movimento fosse soprattutto degli americani bianchi, i simboli visivi della beat generation furono esportati in Gran Bretagna. Il jazz, la poesia e la marijuana erano i marchi di garanzia. L'interesse dei beat per la spontaneità e la creatività si rispecchiava nel jazz moderno, nel quale sembrava che l'organizzazione formale fosse subordinata all'improvvisazione. L'impatto che questo tipo di musica ebbe in Gran Bretagna fu marginale e, ironicamente, venne accompagnato dal ritorno in auge degli stili precedenti di New Orleans e Dixieland, che infine avevano molto più successo. Nonostante fossero meno 'selvaggi' e nel complesso più organizzati, soprattutto quando riemergevano le origini folk e blues, questi stili erano comunque anche capaci di attaccarsi alla filosofia dell'estraniamento romantico dalla società.

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Nei primi Anni '60, l'elemento musicale folk dei beat venne colto ed espresso nel lavoro di Bob Dylan. Mentre i Beatles cantavano 'Love Me Do', Dylan prevedeva l'arrivo di una nuova consapevolezza sociale con 'Blowing In The Wind', canzone che diventò il baluardo della protesta non violenta contro il razzismo e il militarismo americano.

A quell'epoca il pubblico di Dylan e quello dei Beatles era spaccato in due, in maniera abbastanza netta: i beatniks del ceto medio contro le teenyboppers (musicomani).

Se paragonati agli altri movimenti musicali contemporanei (R'N'B, folk protest, mod, black soul) i Beatles avevano un ruolo marginale. La loro 'incarnazione simbolica dell'esuberanza sciocca e fiorente dei giovani inglesi tramite la stampa nazionale, i genitori, il Primo Ministro Harold Wilson e la chiesa potevano significare per noi un'unica cosa' (Chambers 1985: 68). I Beatles erano 'sicuri'. L'incisività della cultura giovanile andava cercata altrove.

GLI HIPPIE, L'UNDERGROUND CONTROCULTURALE E LA PSICHEDELIA INGLESE

John Lennon: Mi sento un camaleonte, condizionato da qualunque cosa accada. Se lo può fare Elvis, posso farlo anch'io. Se possono gli Everly Brothers, ce la facciamo anche io e Paul. Stessa cosa con Dylan (Sheff e Golson 1981: 165).

Il termine 'hippie' copre una vasta gamma di subculture della droga, bohémien, studentesche e radicali. Tra i beat, c'era un nocciolo duro di intellettuali artistico-letterari; dal movimento CDN (Campagna per il Disarmo Nucleare) degli Anni '50 proveniva un forte contingente di pacifisti radicali e contro la guerra. Infatti, la controcultura hippie in Gran Bretagna era un ibrido tra l'umanitarismo liberale del CDN e il separatismo dei beat. Come il beat, l'hippie criticava aspramente la dominanza crescente della tecnologia e la burocrazia, sia nella società capitalista che in quella socialista. Comunque, la separatezza degli hippie non era

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necessariamente caratterizzata dalla povertà autoimposta, ma comprendeva tentativi decisi di creare uno stile di vita 'nuovo e distinto', al quale essi speravano di convertire gli altri tramite l'esempio. Né la loro cultura era ampiamente orientata verso la politica. Niente partito, leadership o manifesto; essa viveva delle sue stesse richieste (mai scritte) al resto della società: cercare l'amore piuttosto che la violenza, essere in grado di esprimersi liberamente, senza il timore di sanzioni sociali. Lo stile alternativo degli hippie era soprattutto volto a rivoluzionare la società con mezzi pacifici, come ha dimostrato Abbie Hoffmann: 'La rivoluzione è nelle vostre teste. Voi siete la rivoluzione. Fatela' (1968: 14). Per Yablonsky (1968) la comunità hippie era una parasocietà che esisteva per caso sotto la superficie: né subcultura né controcultura, ma un tentativo di comprendere una realtà più profonda di consapevolezza cosmica. Viene largamente riconosciuto che questa speciale 'marca' di stile bohème nacque a inizio Anni '60 sulla costa occidentale degli Stati Uniti, e in particolar modo nel distretto di Haight Ashbury a San Francisco (Wolfe 1969).

La comunità o 'colonia' portava con sé alcuni simboli della subcultura beat, specialmente l'uso delle droghe come metodo per esplorare i limiti dell'immaginazione e dell'autoespressione. Si stava sviluppando uno stile di vita, basato sull'uso della marijuana e, soprattutto, dell'LSD o 'acido' (Dietilamide dell'Acido Lisergico) il quale, grazie ai suoi effetti allucinogeni, faceva in modo che il consumatore 'viaggiasse' attraverso una moltitudine di idee distorte, di immagini e azioni in rapida successione. I consumatori abituali credevano che una simile esperienza rendesse più chiara la realtà, e che ci si potesse avvicinare a essa liberi da tutti i preconcetti. Una figura importante fu Timothy Leary, che fondò nel 1962 la Federazione Internazionale per la Libertà Interiore, coniando la frase 'accenditi, sintonizzati, sganciati'; un altro fu Ken Kesey, il cui movimento dei Merry Pranksters tra il 1964 e il 1965 attraversò gli Stati Uniti in autobus con gli Warlocks, che diventarono poi i Grateful Dead. Se l'interesse di Leary era per metà scientifico e per metà legato a un risveglio religioso, il contributo di Kesey era di rendere l'esperienza con gli acidi selvaggia, giocosa e spettacolare.

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Agli inizi del 1967, San Francisco era lo scenario del primo 'Human Be-In', entro l'estate erano arrivati 100 mila giovani. I media scoprirono presto il distretto di Haight Ashbury e misero in circolazione il termine 'hippie'. Gli hippie diventarono soggetti che attiravano la simpatia di molti per il loro credo di pace e amore, ma non ci si fidava di loro a causa dell'avversione che dimostravano nei confronti del lavoro, per l'uso di droghe e la moralità permissiva, aspetti destinati a diventare l'origine del panico morale alla fine degli Anni '60. In Gran Bretagna l'LSD fu dichiarata illegale nel settembre 1966. Nel marzo 1967 furono create squadre regionali anti droga. Più tardi nello stesso anno Keith Richards e Mick Jagger dei Rolling Stones vennero arrestati e condannati per possesso di marijuana. Dal 1967 al 1969, la polizia fece dei raid negli uffici del quotidiano underground IT (International Times), i redattori vennero incarcerati e/o multati per oscenità o cospirazione nel corrompere la morale pubblica (Stansill e Mairowitz 1971). I club di musica underground, l'UFO club e la Middle Heart Housin (in California) vennero chiusi dopo irruzioni da parte della polizia. E nell'ottobre 1970, cominciò lo scabroso e poco noto processo della rivista underground OZ, a seguito dei raid nei suoi uffici, avvenuti a giugno; OZ fu multata di 1000 sterline più le spese legali, e i suoi direttori Richard Neville, Felix Dennis e Jim Anderson, furono messi in carcere e liberati solo dopo molti appelli (Palmer 1971).

Per molti aspetti, il 1968 fu l'anno della svolta, durante il quale il disincanto bohémien, adottato dai corpi studenteschi come base su cui costruire un movimento politico radicale, si diffuse in tutta Europa e negli Stati Uniti. Le sue origini contemporanee vanno ritrovate nel Free Speech Movement e la successiva protesta al campus di Berkley, in California, nel settembre 1964, quando le autorità dell'università tentarono di proibire ogni attività di stampo politico. Nella primavera del 1965, il movimento fu alimentato dall'ordine del presidente Lyndon Johnson di bombardare il Vietnam del Nord. E nell'aprile 1968 l'omicidio di Martin Luther King a Memphis, nel Tennessee, fu seguito da ripetuti

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Queste tre questioni (l'imperialismo americano in Vietnam, i diritti civili e il controllo sull'istruzione) dettero vita a ondate di sit-in universitari, marce e manifestazioni per tutto il 1968, quando uno strano agglomerato di militanti neri, studenti, fannulloni, renitenti alla leva, hippie mistici e movimenti di liberazione della donna sembrarono momentaneamente uniti. In Francia, gli studenti radicali erano particolarmente motivati dall'occupazione della Sorbonne, in maggio, da parte di un'alleanza di studenti e lavoratori, e anche dall'insorgere dell'ideologia del Situazionismo che sottolineava l'importanza di sviluppare la rivoluzione nella vita di tutti i giorni. Questi eventi procedevano in concomitanza con le moltitudini di manifestazioni che si verificavano nella Germania Ovest, le quali seguivano lo sforzo di Rudy Dutschke, leader degli studenti. Gli echi da tutta Europa furono avvertiti in Gran Bretagna, soprattutto alla London School of Economics e all'Art College di Hornsey, dove gli studenti richiesero più autonomia nell'organizzare l'istruzione universitaria. A marzo e ottobre la Campagna di Solidarietà per il Vietnam organizzò enormi (e, in effetti, violente) manifestazioni davanti all'ambasciata statunitense a Londra.

La controcultura degli Anni '60 era perciò una libera associazione di molti gruppi disparati di radicali e liberali. Nonostante ciò, alcuni elementi di questo 'nuovo radicalismo' rimasero, fino ai primi Anni '70, la forza dominante nello stile culturale giovanile. Dato che questo promuoveva un'ampia gamma di forze alternative, dal misticismo orientale alla rivoluzione del Terzo Mondo, fu capace di attrarre molti simboli e immagini romantici (Hall 1969). Allo stesso modo, data la loro fusione del personale con il politico, gli stili controculturali poterono conservare un'immagine progressiva e radicale. In termini di musica, gli ultimi lasciti di questa 'rivoluzione' controculturale furono i gruppi dell'acid rock di San Francisco, come i Quicksilver Messenger Service, i Jefferson Airplane e i Grateful Dead; il rock elettronico e progressivo dei Pink Floyd; i revival del blues e folk capeggiati da Bob Dylan, che restano i lasciti duraturi di questa rivoluzione ‘controculturale’.

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Il primo incontro tra i Beatles e Bob Dylan era avvenuto nell'agosto 1964 quando, è dato per certo, i Beatles furono iniziati alla marijuana. Senza dubbio, già prima i Beatles avevano assunto droghe illegali (soprattutto anfetamine nei lunghi concerti ad Amburgo nei primi Anni '60), ma la marijuana era una cosa nuova. Nel 1966, sotto l'influenza di Dylan, il gruppo iniziò 'ad abbandonare l'aria da bravi ragazzi, perdendo per tutto il tempo il favore del grande pubblico, e cominciò a fare un lavoro sempre più complesso e 'significativo'' (Davis 1990: 200). Il punto di svolta fu Revolver, album lanciato nell'agosto 1966, e le cui canzoni 'Tomorrow Never Knows', 'She Said, She Said' e 'Love You To' annunciarono l'immersione in un viaggio nell'inconscio, accompagnato dalle droghe e ispirato alla religione orientale. Nel febbraio 1967, 'Strawberry Fields Forever' (accolta come 'psichedelica' per la sua musica al rovescio verso la fine) venne lanciata alla vigilia dello Human Be-In di San Francisco. Come ricorda Melly, nell'estate di quello stesso anno fu spesa una grande quantità di energia critica per speculare su quante canzoni del nuovo album Sgt Pepper's Lonely

Hearts Club trattassero di droga (1970: 113). 'Lucy In The Sky With Diamonds'

aveva realmente a che fare con l'LSD o, come John Lennon protestò, era semplicemente un'allusione a un disegno che suo figlio aveva fatto a scuola? Gli 'amici' di 'A Little Help From My Friends' erano anfetamine? 'Fixing A Hole' era un eufemismo per l'eroina iniettata? Qualunque fosse la verità, o le verità, 'A Day In The Life' fu bandita dalla BBC in quanto incoraggiava l'assunzione di droghe. Ma eccetto queste poche canzoni, i Beatles e la psichedelia inglese in generale erano una versione particolarmente infantile del loro cugino controculturale americano. Musicalmente parlando, ricordava il varietà (‘When I’m Sixty-four’); per quanto riguarda la moda, degenerava nei travestimenti (ne è testimone la copertina di

Sgt Pepper); dal punto di vista politico, mancava l'urgenza della guerra in Vietnam

o il movimento per i diritti civili (da notare la canzone 'Taxman').

Durante l'estate 1968, al tempo degli scontri a Grosvenor Square e delle rivolte alla Art School, per le barricate non c'erano canzoni provenienti dall'underground inglese. È vero, i Beatles registrarono 'Revolution',

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ma questa canzone diffondeva il messaggio, tanto ambiguo, che l'attivismo politico 'non vi aiuterà a farlo con nessuno, in ogni caso'. In quel tempo, i Beatles erano diventati parte del 'pop aristocratico'.

VOCI ASSENTI: GLI SKINHEADS

Erano puliti in maniera chirurgica, portavano i capelli corti, indossavano stivali marroni e jeans con le bretelle. Cercavano 'grane' e percepivano che la musica pop, un tempo la musica che trascendeva le barriere di classe, era adesso proprietà degli intellettuali. (Melly 1970: 122)

Formatisi da parti della comunità operaia non qualificata, probabilmente gli skinhead hanno fatto la loro prima comparsa nell'East London nel 1967. Mungham e Pearson hanno notato che il loro stile particolare rappresentava 'sia una caricatura che una riasserzione della forza operaia, solida e maschile' (1976: 7). La loro 'divisa' fatta di capelli corti, bretelle, pantaloni a metà polpaccio e 'stivali minacciosi' della Doc Martin dimostravano un riflesso esagerato della loro cultura originaria. Avendo a che fare con la violenza, facendo gli hooligan nel calcio, pestando i pakistani e i 'finocchi', di volta in volta sono stati considerati il tentativo di recuperare la coesione delle comunità operaie e di mantenere il controllo sul territorio, sebbene nella forma più reazionaria (Hebdige 1981).

Spesso la causa della loro rabbia andava ricercata nelle nuove comunità di immigrati asiatici e, di conseguenza, gli skinheads venivano visti come l'ala destra razzista dello stile subculturale. Nonostante ciò, in linea con i loro antenati duri, i mod, provarono a emulare il 'rude boy' pungente di una subcultura giovanile afro-caraibica. Detto questo, per l'accessibilità e l'intensificazione apparente dei valori maschili, adottarono il reggae e la ska, come 'Long Shot Kick De Bucket' dei Pioneers e 'The Israelites' di Desmond Dekker. Ma gli skinhead si tenevano alla larga dai nightclub, in parte per il costo e in parte

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perché si identificavano meglio con le classiche attività degli operai, situate intorno ai pub, all'alcol, al calcio e alla strada. Esploravano le vie corrotte dall''etica del lavoro', dal puritanesimo e dallo sciovinismo operaio, e coloro che avevano accantonato questi valori in maniera più ovvia (gli hippie del ceto medio, i Beatles e i loro simili) diventarono bersagli legittimi delle loro aggressioni. Secondo i teorici della diversità radicale la cultura degli skinhead rimase la conferma dei valori della classe operaia bianca (Clarke 1976; Hebdige 1981) e allo stesso tempo una subcultura che riempiva il vuoto creato dal declino della politica e della cultura operaia, un vuoto che cercarono di difendere con il loro senso sviluppato di 'comunità' e 'territorialità'. In particolare, questi credi si concentravano frequentemente sulla squadra locale di calcio, dove potevano esternare i valori tradizionali di collettività, forza fisica e rivalità locale. Mentre era abitudine vedere lo stile skinhead nelle strade inglesi a fine Anni '60, quando esso esplose al di fuori delle aree cittadine, diventò ancora più diffuso, evolvendosi in gruppi conosciuti come crombie (dal nome del cappotto crombie),

smooth-head e casual. Ancora una volta, il consumismo aveva la strada spianata

per capitalizzare su uno stile 'radicale' e 'di opposizione'.

Ma lo stile skinhead non se n'è mai andato. Riemerge sempre, attraverso la musica Oi, gli hooligan nel calcio, il British National Party, i gruppi neonazisti (soprattutto in Germania), nella cima più alta della cultura operaia inglese in generale. È questo il mondo che i Beatles si sono lasciati alle spalle? È un mondo che hanno mai abitato?

CONCLUSIONE

Paragonati ad altre band, precedenti o seguenti, la caratteristica principale dei Beatles era probabilmente la loro continua abilità di reinventarsi. Era forse un segno, come riconobbe John Lennon, che si ritrovassero in qualsiasi cosa accadesse.

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Dalle loro origini skiffle degli Anni '50 attraverso i rocker degli Anni '60, idoli pop 'fab four' a metà decennio, fino a diventare icone del potere hippie a fine Anni '60, i Beatles sono sempre apparsi all'avanguardia nella cultura pop. In quanto tali, sono stati ampiamente riconosciuti come dei veri innovatori che gli altri potevano solo copiare. Eppure ciò che emerge da questa mappatura dei Beatles contro il terreno giovanile culturale e subculturale della Gran Bretagna Anni '60 è quanto può essere scritto (e lo è stato) senza alcun riferimento alla band (Hall e Jefferson 1976; Mungham e Pearson 1976; Hebdige 1979; Brake 1980). Nella storia sociale della gioventù post-bellica di Osgerby (1998), viene fatta allusione ai Beatles in un'unica pagina, nel contesto della Beatlemania teenybop. Infatti, a voler trovare una collocazione culturale ai Beatles, saremmo portati a vederli come semplici precursori di un flusso di boyband che emersero dagli Anni '70 in poi: Bay City Rollers, Osmonds, New Kids On The Block, Take That, Boyzone. Nonostante le attribuzioni familiari che vengono generalmente fatte sulla loro importanza storica, sugli stili innovativi dal punto di vista musicale e visivo, e quindi la loro presenza pura e schiacciante in quanto esponenti della corrente pop inglese par excellence, l'eredità dei Beatles potrebbe semplicemente essere questa. Se queste contraddizioni rivelano più cose sui Beatles, le comunità entro le quali presumibilmente si mossero o la nostra volontà di reinventare e reinterpretare il passato riferendoci alla sua retorica popolare piuttosto che alla sua realtà, sono questioni che meritano di essere trattate. Consideriamo queste descrizioni: 'forse il gruppo più grande di tutti i tempi'; 'tutti, anche se lontani dalla cultura giovanile, hanno sentito parlare di loro'; 'modelli di comportamento per la loro generazione'; 'la loro energia e la loro personalità hanno garantito l'attenzione su scala nazionale'; 'birichini ma piacevoli'; 'qualcosa per tutti' (Norman 1997: 38-45). Aggiungiamo un album da 17 milioni di vendite, un singolo alla numero uno nelle classifiche di più di trenta paesi e un film che celebra un giorno nella vita della band. Tutto ciò potrebbe allegramente avere a che fare coi Beatles. Infatti, sono tutti riferimenti alle Spice Girls.

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5 From Me To You

Il Linguaggio dei Beatles

Dall'Austerità allo Sperpero

Guy Cook e Neil Mercer

Immaginate che sia il 1962, siete al Cavern, i Beatles stanno suonando e voi ascoltate, per la prima volta, 'Love Me Do'. La qualità dell'impianto di diffusione sonora della band fa sì che le uniche parole che siete sicuri di capire siano quelle del titolo. Ma non importa; come performance, la canzone ha su di voi un impatto totale, il dettaglio lirico non conta. Più tardi, nello stesso anno, acquistate il singolo e presto siete in grado di cantare tutto il testo con il gruppo. Ma alle parole non date alcuna considerazione accurata o riflessiva, perché non è il genere di canzone. Adesso fate un balzo al 1967, voi e i vostri amici ascoltate 'A Day In The Life'. L'avete ascoltata solo su disco, come tutti, poiché non è mai stata eseguita dal vivo. Non solo le parole sono più chiare, ma sono anche stampate per farvele seguire sulla copertina del disco. Come finisce la canzone, qualcuno chiede: 'Secondo te di cosa tratta?' e ognuno ha un suo parere.

Chiunque abbia seguito la carriera dei Beatles sa che lo stile delle loro canzoni è cambiato per tutti gli anni che sono stai insieme; ma in che modo è cambiato il linguaggio delle canzoni? In questo capitolo, cercheremo di dare una risposta a questa domanda analizzando i testi delle canzoni scritte da John Lennon e Paul McCartney, o occasionalmente da George Harrison, e registrate dai Beatles. I metodi che useremo saranno del tipo conosciuto come 'analisi del discorso'. Con 'discorso' intendiamo come il linguaggio si presenta nel contesto sociale; e con 'analisi' intendiamo l'attenta considerazione ai significati che le forme di parole assumono nel contesto, e la relazione tra la scelta di parole e la

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dei testi che compongono (vedi Cook 1992, 1994). Daremo spiegazioni dei cambiamenti che vengono alla luce, anche se non diremo per certo 'di cosa trattano realmente le canzoni'. Uno dei principi dell'analisi del discorso è che il significato di ogni testo (e forse soprattutto di ogni canzone) varia, a seconda di chi lo ascolta, delle circostanze in cui lo si ascolta, e dal modo in cui lo si collega alle proprie idee e ai propri interessi. Riconosciamo anche che i testi vengono pienamente apprezzati con il ritmo e la melodia. Diversamente da una poesia o da un romanzo, una canzone popolare fa affidamento, per la sua esistenza, su alcuni tipi di performance, sia che si tratti del palco o dello studio di registrazione. Nonostante ciò, i compositori sono persone che lavorano all'interno di culture e di contesti sociali e, come tutti gli altri, i modi in cui usano il linguaggio riflettono sicuramente le loro risposte, consce o inconsce, alle vite che conducono e agli obiettivi che si pongono. Lennon, McCartney e Harrison hanno scritto canzoni di una popolarità immensa in un periodo di significativo cambiamento culturale, un periodo in cui ciascuno di loro ha operato il passaggio personale da musicista ribelle nei club a membro di una delle band più popolari e influenti del mondo. È per questi motivi che riteniamo giustificabile e interessante estrapolarne i testi dai contesti musicali e considerarli come semplici parole. Come sembra indicare la pubblicazione dei testi sulle custodie e sugli inserti degli album, insieme a un mercato di libri dei testi sempre più in crescita, questo focolaio riflette anche un cambiamento nell'assetto dei testi pop proprio nel periodo che stiamo considerando.

LE 'PRIME' E LE 'ULTIME' CANZONI

Come altri hanno suggerito, tra cui Inglis nel 1997, le canzoni che i Beatles hanno scritto e registrato possono essere divise in due periodi: le 'prime' (1962-65) e le 'ultime' (1966-70). Le canzoni di ciascun periodo differiscono per le modalità della performance, gli strumenti usati, la natura della musica e la gamma di

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soggetti. Nel primo periodo i quattro Beatles poterono eseguire (e lo fecero) le canzoni dal vivo, usando tre chitarre e una batteria. Imposero una melodia vocale con armonie cantate a intermittenza su un ritmo fisso, di solito introdotto, accentuato e concluso da un giro di chitarra elettrica. Il soggetto principale era

sempre l'amore romantico. Nel secondo periodo la maggior parte delle canzoni

non poteva essere facilmente eseguita live, e quindi non accadde mai. Le chitarre e le batterie originarie furono aumentate o sostituite, non solo da strumenti pop familiari come l'armonica, il piano o l'organo ma, in maniera avventurosa e sperimentale, anche da sitar, orchestre complete, ottoni, organi a canne, flauti. La musica divenne più complessa ed eclettica, e stranamente i testi trattavano diversi soggetti: la tassazione, i romanzetti, la vita circense, i vigili urbani, le storie di famiglie, i luoghi di Liverpool, la politica rivoluzionaria, le sparatorie tra cowboy, gli incidenti in macchina, i 64enni. Anche se il soggetto dell'amore compare ancora, lo fa in più varianti rispetto al botto adolescenziale stereotipizzato (Inglis 1997).

La transizione avvenne in maniera rapida, ma non fu un taglio netto. In

Help! (1965) c'erano già accenni di cambiamento: il titolo della canzone 'Help!'

non riguarda necessariamente l'amore romantico; 'You've Got To Hide Your Love Away' ha un'influenza folk alla maniera di Dylan; 'Yesterday' ha un commovente accompagnamento orchestrale di chitarra acustica. E Rubber Soul sembra andare in entrambe le direzioni, con i suoi nuovi strumenti, la sua sperimentazione musicale e le sue melodie più diffuse.

Per la nostra analisi, abbiamo selezionato alcuni album dal catalogo completo dei Beatles (come definito in Robertson 1994) per ragioni che poi spiegheremo. Gli album a cui facciamo riferimento sono stati assegnati ai due

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Primo periodo

1. A Hard Day's Night (1964) 2. Beatles For Sale (1964) 3. Help! (1965)

4. Rubber Soul (1965)

Secondo periodo

5. Revolver (1966)

6. Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band (1967) 7. The Beatles (The White Album) (1968) 8. Abbey Road (1969)

9. Let It Be (1970)

Nostro scopo è dimostrare che non sono solo la performance, gli strumenti, la musica e il soggetto principale a rendere le canzoni di questi due periodi così diverse, ma anche il linguaggio. Non è soltanto una questione di aumento generico della 'ricchezza' linguistica. Ci sono anche dei sottili ma specifici cambiamenti nella grammatica e nel vocabolario delle canzoni, e queste influenzano la loro natura come discorso. Laddove i contesti comunicativi evocati dalle prime canzoni tendono alla conversazione, al dibattito, al gossip o al soliloquio, le ultime canzoni hanno spesso a che fare con la narrazione e la filosofia, e attingono a una gamma molto più vasta di generi comunicativi, tra cui la narrativa, la poesia, lo scherzo, la satira, il testo religioso, la pubblicità. Questi cambiamenti del linguaggio e del discorso sembrano riflettere non solo i cambiamenti nelle vite dei compositori, ma anche il passaggio culturale dall'austerità allo sperpero che caratterizzò gli Anni '60.

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26 NOMI E PRONOMI

Tutte le canzoni dei Beatles hanno come soggetto delle storie umane. C'è un fatto semplice ma indicativo su come il linguaggio venga usato per riferirsi ai personaggi in queste situazioni: questo fatto riguarda l'uso di nomi e pronomi. Nelle canzoni del 1964, tutti i personaggi coinvolti vengono chiamati con i pronomi, mai con il nome. L'uomo-amante è I; you è la donna amata o il/la confidente, come in 'She Loves You' o 'You're Going To Lose That Girl'; she è l'amata; he è l'uomo-rivale come in 'Baby's in Black', 'No Reply', 'You Can't Do That' e 'This Boy'. Il primo personaggio nominato nelle canzoni dei Beatles (in maniera significativa accade in Rubber Soul) è Michelle. Comunque sia, nelle canzoni dell'ultimo periodo assistiamo a un'infatuazione positiva per i nomi. Il fenomeno aumenta nel 1966, in Revolver, con Eleanor Rigby, Father McKenzie e Doctor Robert; poi, tra il 1967 e il 1968, esplode con Lucy, Rita, Mr Kite (insieme agli Hendersons, Pablo Fanques e Henry the Horse), Vera, Chuck e Dave, Prudence, Desmond e Molly, Bungalow Bill, Martha, Rocky Racoon, Julia e Sexy Sadie. Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band dà perfino al gruppo stesso un nuovo nome stravagante, e attribuisce a McCartney una nuova persona: 'l'unico e inimitabile Billy Shears'. Si danno nomi anche ai luoghi. In Sgt Pepper troviamo Bishopsgate, l'Isola di Wight, Blackburne, l'House of Lords, Albert Hall; e, nei singoli di questo periodo, Strawberry Fields e Penny Lane. Rimane il pronome indeterminato, ma spesso con un nuovo significato. Ora they potrebbe intendere le persone in generale; e he e she sono più spesso personaggi di una storia che il rivale o l'amata del cantante (per esempio 'she's leaving home' e 'he was from the House of Lords').

È significativo come luoghi e persone vengano adesso chiamati. Da una parte può aiutarci a capire il senso della drammaticità e l'immediatezza che caratterizzano le prime canzoni, dall'altra il distacco divertito delle ultime. Usiamo pronomi piuttosto che nomi per riferirci a persone che sono presenti o la cui identità ci è chiara. Così, nella conversazione, I è colui che parla,

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you è la persona (o le persone) a cui il parlante si rivolge; he e she si riferiscono

entrambi a qualcuno che è già stato nominato o a qualcuno che è presente. In alcune occasioni questi ultimi due possono riferirsi a qualcuno che è talmente vicino ai pensieri del parlante da non avere bisogno di essere nominato. I genitori, per esempio, possono riferirsi al figlio o alla figlia in questo modo 'Isn't she home yet?' o gli impiegati al capo autoritario 'Guess what he wants now'. Tutto questo è molto simile al modo in cui l'onnipresente she viene usato nelle prime canzoni dei Beatles.

In queste prime canzoni l'uso dei pronomi senza nomi evoca un'interazione di conversazione immediata su personaggi conosciuti. Crea così un tono insistente di una conversazione a stretto contatto che tratta di interessi comuni. Sembra di ascoltare intensi scambi faccia a faccia in cui entrambi i partecipanti discutono (you e I), o qualcuno che vedono o che è nei loro pensieri (I e you che parlano di him o her). Al pubblico non è data alcuna spiegazione circa l'identità; è come se origliassimo un frammento della vita di qualcun altro:

 'You think you've lost your love, well I saw her yesterday' ('She Loves You')

 'I think I'll take a walk and look for her' (I Don't Want To Spoil The Party')

 'Well it's the second time I've caught you talking to him' ('You Can't Do That')

Altrimenti, in alcune canzoni rivolte a you o che parlano di her, sembra che il cantante sia da solo e che, per così dire, canti a se stesso. In alcune canzoni infatti deve essere così perché, nonostante le parole siano rivolte a you, sono precise nel ribadire che you non c'è:

 'This happened once before, when I came to your door, no reply' ('No Reply')

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Alcune fanno un mix, parlano dell'amata come you e come she: The kiss my lover brings

She brings to me And I love her. A love like ours Could never die As long as I

Have you near me ('And I Love Her')

I've got every reason on earth to be mad 'Cos I've lost the only girl I had...

If I could see you now,

I'd try to make you say it somehow ('I'll Cry Instead').

In canzoni come queste, che mescolano i pronomi, l'unica situazione attuabile sembra essere quella in cui il cantante è solo, immaginandosi talvolta nell’atto di parlare all’amata, altre volte parlando di lei a se stesso. Ci sono anche molte canzoni che usano più spesso i pronomi che, sebbene possano essere rivolti a un terzo partito, sono allo stesso modo interpretabili come soliloqui:

 'You know if you break my heart, I'll go but I'll be back again' ('I'll Be Back')

 'Oh dear, what can I do? Baby's in black and I'm feeling blue' ('Baby's In Black').

Che siano gli interlocutori realmente presenti o immaginari, nelle prime canzoni sono sempre presenti tre combinazioni di pronomi: I che si rivolge a you; I che parla a you di her; I che parla di her. Delle tredici canzoni di A Hard Day's Night, per esempio, dieci sono rivolte da I a you, una è I che parla di her, due fanno un mix. In Beatles For Sale, delle otto canzoni scritte da Lennon e McCartney, in quattro troviamo I che si rivolge a you, in tre c'è I che parla a her (she) e la rimanente 'I Don't Want To Spoil The Party' è I che parla a you di her.

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L'indefinitezza marcata di questi pronomi, comunque, se da una parte consente l’accesso ai pensieri, alle emozioni e alle pratiche interattive di un individuo, contemporaneamente permette anche di generalizzare a ogni uomo o donna che sono coinvolti nelle coppie o nei triangoli delle relazioni etero romantiche. Da qui il fascino della band per un pubblico adolescenziale che, bramoso di innamorarsi, si identifica facilmente in ogni canzone. Proprio perché sono privi di nome, gli ascoltatori possono appropriarsi di I e you come riferimento a se stessi: presumibilmente i ragazzi si identificano con il maschile I e le ragazze immaginano che le canzoni siano dedicate a loro, dal cantante o da altri, come i loro fidanzati.

Invece, in molte delle ultime canzoni, è spesso negata l'opportunità di una semplice identificazione. Ci sono riferimenti più specifici ai personaggi, tramite nomi o dettagli precisi. Questa specificità crea una distanza sia tra il cantante e il personaggio che tra l'ascoltatore e il personaggio. Molte persone si innamorano e disinnamorano; molte meno 'are meeting a man from the motor trade'. Canzoni come 'She's Leaving Home' o 'Lovely Rita' parlano di qualcun altro, non di noi: forse è un cambiamento che riflette il passaggio, in questo periodo, di moltissime fan dei Beatles dall'auto-ossessione dell'adolescenza alla maggiore oggettività dell'età adulta.

Quindi l'uso esclusivo di pronomi senza nomi nelle prime canzoni è un dettaglio linguistico che dà un senso sia di immediatezza specifica, sia di applicabilità generale. Ovviamente questo non significa che i compositori erano consci di questa scelta, o che l'abbiano usata deliberatamente, non più di quanto noi decidiamo, in maniera conscia, di riferirci a noi stessi con I durante la conversazione, o con un nome quando riempiamo un modulo. Tutti abbiamo un senso automatico delle scelte linguistiche appropriate a 'generi' particolari. Nelle loro prime canzoni i Beatles hanno creato un genere molto distintivo con caratteristiche proprie. Come il gossip e il dibattito, questo genere usa i pronomi in modo da creare un senso di immediatezza e drammaticità.

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Ci sono altri fattori linguistici che hanno un effetto simile e che conferiscono alle canzoni l'aspetto di una conversazione intima. Uno è la mancanza generale della specificità e dell'esplicito. Spesso i drammaturghi compensano l'assenza del narratore facendo raccontare ai personaggi più cose sulle persone e sugli eventi di quanto i veri conversatori avrebbero bisogno di fare. Nella conversazione reale, quando sia la situazione che il quadro di riferimento sono condivisi, molte cose possono non essere specificate. Ci si può riferire al tempo e allo spazio in maniera deittica, facendo cioè riferimento a un punto comune conosciuto. Diciamo 'ieri', 'oggi' e 'domani' piuttosto che dare un nome al giorno, alla data e all'anno. Possiamo dire 'qua' o 'là', 'dentro' o 'fuori', piuttosto che nominare il luogo. Allo stesso modo, a meno che non si tratti del soggetto principale della conversazione, non abbiamo bisogno di descrivere l'età, l'aspetto fisico, i vestiti, la nazionalità o altri dettagli fisici della persona di cui stiamo parlando, o di terze persone che entrambi conosciamo. Qui opera un principio conversazionale molto semplice, identificato da Grice nel 1975: mai raccontare fatti che le persone conoscono già o che risultano evidenti dal contesto. I dettagli specifici sono necessari solo quando si racconta una storia con personaggi fino ad allora sconosciuti. Le prime canzoni dei Beatles aderiscono, con assoluto rigore, al principio di non fornire mai informazioni situazionali superflue. Si riferiscono a tempi e spazi in maniera deittica, come se il loro preciso riferimento fosse già abbastanza chiaro per le persone coinvolte:

'your door'; 'the party'; 'home'; 'here'; 'there'; 'places I remember all my life'; 'call me tonight'; 'things we said today'; 'I saw her yesterday'; 'tomorrow may rain'; 'though you've gone away this morning, you'll be back again tonight'.

In queste prime canzoni, non viene mai data alcuna informazione sui personaggi presenti, a parte il sesso, il ruolo che hanno nelle relazioni (rivale, amico, amante)

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Con l'eccezione di 'I Saw Her Standing There', da cui sappiamo che la protagonista 'aveva solo 17 anni', non sappiamo nulla dell'età, aspetto fisico, occupazione, salute, ricchezza, nazionalità. Allo stesso modo, gli altri sono citati in generale e senza un nome; 'they'; 'everybody'; 'people that I meet'; 'that boy'; 'another man'; 'a girl'; 'all the girls'; 'I've just seen a face'. Il soggetto principale fa capire che le canzoni parlano dei teenager e dei giovani adulti, e ci possiamo immaginare i volti e le scene mentre ascoltiamo le canzoni, ma non grazie a quello che le canzoni ci dicono. Tutti i dettagli precisi, tra cui i pronomi che indicano l'identità delle persone, devono essere forniti da chi ascolta. Può essere questo uno dei fattori che ha aiutato a rendere le loro canzoni così popolari a tante persone diverse, che vivevano in tempi e posti diversi?

Questa regola generale scompare nella maggior parte delle ultime canzoni. Mentre ce ne sono molte del primo tipo, come 'Today's your birthday, we're going to have a party', le ultime canzoni sono molto più specifiche per quanto riguarda le persone, i luoghi e i tempi: 'It's five o'clock, everywhere in town is getting dark'. Di conseguenza, in maniera molto ironica, nonostante le ultime canzoni siano apparse successivamente e abbiano segnato un taglio netto con il passato, ora sembrano più antiquate ('keeps a ten bob note up his nose'). E colui che le racconta e le canta spesso non è più coinvolto nella storia.

Eppure, mentre nelle prime canzoni scarseggiano i dettagli personali, i riferimenti precisi e la riluttanza (di tipo conversazionale) nel dire più di quanto si conosca già, questa economia non si estende affatto al paesaggio interiore delle emozioni dei personaggi o ai giudizi che il cantante esprime della sua relazione con questi. Qui, piuttosto che l'economia, emerge il superfluo e la ripetitività. Le prime canzoni riguardano le emozioni e la loro espressione: felicità, tristezza, sentimento, dolore, pianti, dire 'I love you', baciarsi, tenersi le mani. Si accaniscono anche sulla percezione che una persona ha sulla percezione di un'altra: cosa credo che tu pensi, cosa credo che tu pensi che io pensi o, quando è coinvolto un amico, cosa lui o lei crede che tu pensi che io pensi.

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Si può notare questa ossessione nell'alta frequenza di una costruzione grammaticale particolare: il discorso indiretto, usato per racchiudere l'opinione o le parole di una persona dentro l'opinione o le parole di un'altra. Negli esempi seguenti, le parentesi quadre evidenziano come ciascuna frase sia incorporata in un'altra.

[Can't you see [that when I tell you that I love you You're gonna say [you love me too]]

[I must be sure from the very start [that you would love me more than her]]

[And now she says [she knows [you're not the hurting kind]]] I think [I'll let you down]

[I've told you before [you can't do that]]

[I thought [that you would realise [that [if I ran away from you] you would want me too]]]

[I tried to telephone] [They said [you were not home]]

[[If I were you] I'd realise [that I love you more than any other guy]] [When I'm with her]] I'm happy [just to know [that she loves me]] [Yes I know [that she loves me now]]

[I've been waiting here for you, wondering [what you're going to do]]

Non c'è nulla di sorprendente nel ricorso di questa ossessione continua per le parole, i pensieri e i sentimenti riguardo alle parole, pensieri e sentimenti. Le prime canzoni dei Beatles sono innanzitutto delle riflessioni-conversazioni su tre soggetti che interessano sempre tutti noi:

 stati emozionali e stima di se stessi

 successi e fallimenti nei rapporti amorosi

 capacità di prevedere i comportamenti degli altri, in particolar modo la lealtà e il tradimento.

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genere di attrattiva degli altri generi simili al gossip, quali il giornalismo 'del caso umano', le soap opera e i romanzi di stampo psicologico. In Gran Bretagna la soap opera EastEnders viene guardata da 1/3 della popolazione, i principali tabloid sono letti da metà popolazione, e le vendite dei romanzi 'di successo', come quelli di Jackie Collins e Jeffrey Archer, superano un milione di lettori. Anche le prime canzoni dei Beatles vengono vendute a milioni. L'attrattiva per le storie che riguardano le variazioni psicologiche nelle relazioni amorose sembra essere interminabile. Alcuni psicologi evolutivi (Carrol 1995; Dubar 1996) hanno suggerito che l'ossessione umana per le dinamiche drammatiche delle relazioni abbia origine nelle richieste vitali di espandere le comunità preistoriche di cacciatori-raccoglitori. Come gli altri animali, gli uomini sono motivati dal desiderio di perpetuare i propri geni e, come gli altri animali intelligenti, gli individui sono in competizione tra loro e possono stipulare delle alleanze contro i nemici verso i propri fini. Ma molto più di qualsiasi altro animale, gli uomini hanno la capacità di fingere e ingannare, di essere fedeli e non. Quando le prime comunità di ominidi crebbero di stazza, diventò sempre più necessario capire la psicologia degli altri, fare previsioni corrette su come gli altri si sarebbero comportati, e capire di chi ci si poteva o meno fidare. L'attrattiva della fiction e del gossip sta nel poterci aiutare a sviluppare questa capacità, e a fornirci modelli indiretti per farci riflettere sulle nostre stesse vite. Un'esperienza comune nella rottura di un matrimonio o di una relazione simile è che le parole di una canzone popolare assumono un significato personale e speciale, il che giustifica il fatto che vengano suonate ripetutamente la notte. In qualità di personaggi nelle canzoni dei Beatles, dobbiamo pensare molto attentamente a quello che gli altri pensano e sentono di noi. Il prezzo degli errori è troppo alto:

I thought that you would realise That if I ran away from you You would want me too

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