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PREMESSA

Le “romanzesche avventure” della sposa di Carlomagno falsamente accusata di adulterio erano già abbastanza divulgate agli inizi del XIII secolo, come testimonia la Chronica di Alberic de Trois-Fontaines mediante la seguente frase: “Super repudiatione

dicte regine que dicta es Sibilia, a cantoribus Gallicis pulcherrime contexta est fabula”. Pare inoltre, che la vita privata

dell’imperatore non fosse del tutto priva di fatti peccaminosi come ad esempio quello della relazione incestuosa con la sorella, nota mediante la leggenda di San Gilles1. Al secolo XIII rimontano anche tre gruppi di frammenti del primitivo testo antico francese della Chanson de la reine Sebile, e in un manoscritto del XIV secolo, si conserva un rifacimento in dialetto franco italiano conosciuto con il nome di Macaire, conservato nel MS fr. XIII della Biblioteca di San Marco a Venezia. La storia non è che una delle versioni di una chanson de geste che nel Medioevo dovette godere di una grande popolarità e che ci presenta Carlomagno durante gli ultimi anni del suo regno sposato con la giovane e virtuosa Sibilla. Altre versioni, sia in prosa che in versi, sono state

1 Karlamagùs-Saga è la leggenda secondo la quale Carlomagno confessò

all’abate Egidio tutti i suoi peccati omettendo il più grave. Tuttavia, durante la messa si racconta che l’Arcangelo Gabriele depositò una lettera all’abbate Egidio nella quale si raccontava del grave peccato commesso da Carlomagno: l’incesto con la sorella da cui, secondo una certa tradizione, sarebbe nato Rolando.

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scoperte in tutta Europa, le prime delle quali risalgono al XIII secolo e le ultime arrivano fino alla metà circa del XV.

Le attestazioni frammentarie consistono in circa cinquecento versi in alessandrini antico francesi. La trama generale del racconto è conosciuta grazie al rifacimento franco italiano, a una versione popolare olandese e soprattutto grazie a una notevole traduzione castigliana di fine XIV secolo inizio XV intitolata “Noble Cuento

del enperador Carlos Maynes e de la buena enperatrís Sevilla su muger”, conservata in un manoscritto sotto segnatura MS. h-j-13,

ff. 124rb-152ra della Biblioteca San Lorenzo dell’Escorial a Madrid. Il testo castigliano, di pregevole qualità e discreta antichità, presenta delle lacune interne ma riproduce con straordinaria fedeltà il testo francese, e ciò fa supporre il fatto che la versione castigliana derivi da un’adattamento in prosa francese se non addirittura dalla chanson de geste originaria. P. Aebischer2 infatti ha messo in evidenza la fedeltà con la quale la prosa spagnola segue il testo francese frammentario, e sulla base di questi raffronti ha supposto che il poema perduto consterebbe all’incirca di 3500 versi.

La prosa spagnola è caratterizzata da alcuni dei personaggi che nella storia hanno un ruolo preminente come ad esempio il villano Barroquer o il levriero di Auberi, che in questo caso diventa protagonista alla pari di qualsiasi altro personaggio. Tuttavia, l’importanza va particolarmente al ruolo della protagonista femminile - nel nostro caso Sibilla - che nello

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scenario epico rappresenta una vera eccezione. La sua preminenza infatti, si spiega in base a vari fattori: da un lato il tema della fanciulla innocente abbandonata nel bosco, tema di origine forse folklorico ma di discreto sviluppo letterario; dall’altro la ricompensa di donne coraggiose al centro di romanzi cortesi e narrativa epico-romanzesca, tenuto conto che a partire dal tardo XIII secolo si assiste ad una discreta contaminazione reciproca di epica e romanzo.

La Bibliografia comprende tutte le opere ritenute variamente significative per la Storia di Sibilla, nelle sue diverse realizzazioni medievali romanze. La traduzione italiana della prosa castigliana, è la prima che sia mai stata tentata e vorrebbe agevolare in questa sede, la consultazione di questa versione antica ed importante dell’opera, parallela all’altra traduzione francese (Garin de

Monglane) che è opera assai scarsamente studiata. Pertanto, in

questa sede è presente un primo approccio all’analisi delle versioni romanze della storia a cui farò riferimento in seguito, per poi passare al raffronto delle stesse con la prosa castigliana e concludere con la traduzione italiana della stessa.

Bisogna precisare infine che il testo in prosa spagnolo presenta alcune lacune interne colmate dalla Hystoria successiva; le parti relative meno riprodotte nell’edizione di H. Tiemann del 1977, che quindi è stata preferita rispetto a quella di Benaïm de Lasry del 1982.

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PARTE I

INTRODUZIONE

1. La Storia della Regina Sibilla, ramificazioni

testuali

La storia di Sibilla, è narrata in forma completa e/o parziale nei seguenti testi: Chronica Albrici monachi Trium Fontium3 (ovvero un riassunto in latino, della Chanson de Sebile, terminato l’anno 1241), tre frammenti in verso alessandrino della stessa chanson de geste; Ly Myreur des histors di Jean d’Outremeuse4; il poema Macaire5 della Biblioteca Marciana di San Marco a

Venezia, El Noble Cuento del enperador Carlos Maynes de Roma

e de la buena enperatrís Sevilla su muger6 della Biblioteca di San

Lorenzo del Escorial a Madrid e la Hystoria de la reyna Sebilla, che è una versione solo leggermente modificata del Cuento, una traduzione olandese della Hystoria, una traduzione francese in

3 S. Boichorst, Chronica Albrici monachi Trium Fontium a monacho Novi

Monasteri Hoiensis interpolate, Monumenta Geramanie Historica, Scriptorium

t. XXIII, Hannoverae 1874, pp.712-713.

4 J. D’Outremeuse, Ly Myreur des histors, Borgognet, Tomo I, Bruxelles, 1864. 5 Ms.fr. XIII (256) della Biblioteca Marciana di Venezia, il primo ad editarla fu

F.Guessard nel 1866 considerando l’opera una “trasposizione sgrammaticata di una versione francese corretta” alla cui arbitraria ricostruzione attese lo stesso Guessard.

6 Ms. h-j-13, ff.124rb-152ra contenuto in un codice miscellaneo di fine XIV

inizio XV secolo dislocato a Madrid nella Biblioteca di San Lorenzo del Escorial.

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prosa il Garin de Monglane7 della Biblioteca dell’Arsenale di Parigi, e quelle che includono le Storie Narbonesi di Andrea da Barberino.

Tenuto conto delle numerose testimonianze latine e volgari, che rimandano alla cosidetta Chanson de la Reine Sebile, la storia doveva essere molto divulgata, a partire dalla Chronica Albrici

monachi Trium Fontium, brano che, riassumendo in breve la fabula relativa a Sibilla, trova evidenti riscontri nelle principali

versioni romanze della storia che citerò di seguito in costante raffronto con lo stesso testo. Compilata dal chierico Alberico delle Tre-Fontane, la cronaca si colloca nel ciclo carolingio ed è appartenente al XII secolo:

Super repudiatione dicte regine, que dicta est Sibilia, a cantoribus Gallicis pulcherrime contexta est fabula: de quodam nano turpissimo, cuius occasione dicta regina fuit explusa; de Albrico milite Montis Desiderii, qui eam debuit conducere a Machario proditore occiso; de cane venatico eiusdem Albrici, qui dictum Macharium in presentia Karoli Parisius duello mirabili devicit; de Gallerano de Bacaire et eodem Machario, tractis turrite et patibulo affixis; de rustico asinario Warothero nomine, qui dictam reginam mirabiliter reduxit in terram suam; de latrone famoso Grimoaldo in itinere invento; de heremita et fratre eius Richero Costantinopolitano imperatore dicte regine patre; de expeditione in Franciam eiudem imperatoris cum Grecis; et de filio

7 Ms.3351, ff.280r-379r compilazione francese del secolo XV dedicata al ciclo

dei Narbonesi, dove la Storia di Sibilla è inserita all’ultimo posto, il manoscritto si trova presso la Biblioteca dell’Arsenale di Parigi.

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eiusdem Sibilie Ludovico nomine, cui dux Naaman filiam suam Blanchafloram in uxorem dedit, et de Karolo Magno in Monte Widomari a dicto Ludovico et Grecis obsesso; de reconsiliatione eiusdem regine cum Karolo, quod omnino falsum est; de sex proditoribus de genere Galanonis occisis, quorum duo supradicti Macharius et Galerannus perierunt Parisius, duo ante portam Montis Wimari, quorum unus fuit Almagius, et duo in ipso castro, et cetera isti fabule annexa ex magna parte falsissima8.

Il riassunto di Alberico sulla Chanson de la Reine Sebile è fondamentale perché, oltre a narrare la trama, ne determina le basi storiche della saga posteriore alla stessa; il testo latino infatti, menziona chiaramente la prosa francese, divenuta in seguito modello per le versioni olandese e spagnola.

Il Macaire della “Geste Francor” MS fr. XIII (256) della Biblioteca Marciana di Venezia, versione completa e relativa al secolo XIV è considerata secondo il primo editore Guessard (1866) la trasposizione sgrammaticata di una versione francese corretta.

La versione francese, Garin de Monglane relativa al secolo XV e dedicata al ciclo dei Narbonesi, è contenuta nel MS 3351 (ff.280r-379r) della Biblioteca de l’Arsenal di Parigi, dove la storia della regina Sibilla è inserita all’ultimo posto ed è ritenuta corrispondente al Cuento. Quella contenuta invece nell’opera Le

Myreur des histors tomo III di J. d’Outremeuse, relativa al XIV secolo, comprende una narrazione relativa a Sibilla, la cui versione

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completa è edita da A. Borgnet, Bruxelles (1864-1880) e si differenzia dalle altre versioni maggiormente per la localizzazione della storia e per il ruolo assegnato ad uno dei personaggi. Sembra infatti, che in questa versione Carlomagno abbia sposato la giovane Sibilla in Oriente durante il suo viaggio e che gli ambasciatori del re di Persia gli abbiano mandato dei doni per omaggiarlo e tra questi vi è per l’appunto la figura del nano, che in questa versione viene chiamato Halbadu, nella prosa francese prende il nome di Segonçon mentre in quella spagnola non vi sono riferimenti in merito; questi, figura inquietante, mostruosa e cattiva ma alternativamente poliglotta arriva alla corte del re Carlo e sarà la causa scatenante dell’accusa di adulterio fatta alla regina. In questa versione inoltre diversamente dalla prosa spagnola, nella quale non vi è alcun riferimento, Auberi, ucciso dal maganzese Macaire, riceverà solenni esequie presso la cattedrale di Notre-Dame e sarà lui vicino il suo fedele cane (che nel testo francese è una cagna).

2. Il “Noble Cuento del enperador Carlos Maynes e

de la buena enperatriz Sevilla su muger”: analisi

narrativa

La presente analisi narrativa completa segue il Noble Cuento: la storia è incentrata sulla figura della Regina Sibilla moglie di

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Carlo Magno di Roma, che ingiustamente accusata di adulterio dopo l’arrivo a corte di un nano, viene cacciata via dal regno. Il re decide quindi di farla bruciare al rogo ma la regina gli confessa di essere incinta e il re, grazie all’intercessione dei suoi vassalli, decide di esiliarla dalla sua terra e raccomandarla al suo fedele cavaliere Auberi di Mondiser affinché possa guidarla e proteggerla. Egli infatti perderà la vita per salvarla dal malvagio Macario che non perde occasione per svergognare il re e invaghistosi di lei li inseguirà per la foresta.

Durante il duello molto acceso tra Auberi e Macario, nel quale Auberi perderà la vita, la regina riesce a scappare nella foresta sola, indifesa e gravida del futuro re di Francia, Loys. Mentre il fedele cane di Auberi piange il corpo senza vita del suo caro padrone - sarà proprio esso a svelare in seguito il tradimento di Macario - la regina durante il suo viaggio incontra un villano dal nome Barroquer il quale, rattristatosi dopo aver ascoltato il suo racconto, decide di lasciare moglie e figli per proteggerla, promettendole di non abbandonarla, aspettando il momento del parto, al fine di riportarla dall’imperatore di Grecia Riccardo, suo padre, e dal Papa per avere il suo aiuto.

Il racconto prosegue quindi con il viaggio della Regina Sibilla insieme al suo liberatore Barroquer: entrambi verranno ospitati presso la casa di un oste molto buono che decide di dar loro del cibo senza alcuna ricompensa, subito dopo riprendono la strada fino ad arrivare in Ungheria, dove la regina partorirà il figlio Loys.

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Nel frattempo la narrazione si sposta sul re Carlo, dove a corte, Macario cerca in tutti i modi di accusare Auberi lasciando insinuare una fuga con la regina, ma il suo cane direttosi verso il palazzo del re ed entratovi, subito riconosce il traditore Macario e scagliandosi contro di lui lo ferisce gravemente fuggendo subito mentre alcuni servitori del re cercano di colpirlo con pietre e bastoni al fine di ucciderlo. A questo punto in difesa del traditore intervengono i suoi parenti, nello specifico è Galalón de Belcaire a parlare, ma un saggio consigliere del re racconta l’episodio di Merlino per dimostrare quanto la fedeltà di un cane sia cosa veritiera. Pertanto, a Macario viene ordinato di combattere contro il cane di Auberi, sconfitto dal valoroso animale, in fin di vita confesserà il suo delitto scagionando così la regina ma venendo condannato ad essere trascinato per la città legato alla coda dei cavalli. Il lodevole cane, avendo avuto la sua vendetta su Macario, si lascia morire di dolore accanto al corpo del suo padrone ed il re, commosso dalla grande lealtà, si preoccuperà di seppellirlo accanto a lui.

La narrazione ritorna nuovamente sulla regina Sibilla; arrivata in Ungheria insieme a Barroquer, partorirà un bambino, marcato tra le spalle da una croce rossa, che verrà battezzato dall’oste della casa presso il quale era nato. Egli avendo visto tale croce, simbolo di alto lignaggio si prostra a lui dandogli il nome Loys ma la regina cade malata dopo il parto, e sarà costretta a rimanere a letto per dieci lunghi anni. Barroquer, presentato come padre di Loys, si occupa di tutto, Loys invece viene presentato alla corte del re

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d’Ungheria ma il re subito si accorge che le fattezze tra il ragazzo ed il villano non corrispondono e sebbene non espliciti i suoi dubbi, proteggerà Loys e farà di lui un gran cavaliere.

Una volta guarita la regina, Barroquer decide di proseguire insieme a lei il viaggio e mentre attraversano la foresta cantando per la gioia, vengono attaccati da un gruppo di ladroni i quali, di fronte alla bellezza della regina, vorrebbero farla subito l’oggetto dei loro desideri. Barroquer e Loys uccidono tutti i ladri eccetto uno, Grimoart, il quale implora per pietà di non essere ucciso promettendo di mettersi completamente al loro servizio.

Nel frattempo i viaggiatori cercano un posto dove dormire, e l’unico nei dintorni è un eremitaggio dove vive un santo eremita; arrivati fin lì, dopo aver pregato l’uomo di fidarsi di loro e ospitarli, si scopre che questi è lo zio di Sibilla, il quale, dopo il matrimonio del re Carlo da trent’anni vive nel suo eremo, allo scuro di tutto. Ascoltando il racconto della regina, sua nipote, rimane molto impietosito e prendendo a cuore la vicenda decide di abbandonare il suo eremo per accompagnarla a Costantinopoli.

Grimoart allora, viste le condizioni di penuria alimentare parte in spedizione dalla quale torna carico di provviste e averi rubati ad un ricco, così dopo essersi rifocillati partono tutti alla volta di Costantinopoli, accompagnati dal Papa che decide di aiutarli.

Il re Riccardo si stupisce molto alla visita improvvisa di sua figlia Sibilla, che quasi non riconosce, ma si rallegra del nipote Loys, e così l’eremita esorta tutti nel far guerra al re Carlo affinché venga punito per avere esiliato ingiustamente la regina e affinché

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Loys prenda il suo posto nel trono. Tutto l’esercito invade e distrugge la Francia e durante lo scontro tra il re Riccardo e Loys contro il duca don Almerigo di Narbona, Loys rivelerà la sua identità e la presenza nell’esercito della regina, la cui legittima pretesa è quella di ritornare alla sua corte.

Viste le circostanze, il villano Barroquer chiede di poter ritornare da moglie e figli che aveva lasciato per proteggere la regina, e dopo aver ricevuto vari doni da parte della stessa travestitosi da pellegrino parte per ritornare dalla sua famiglia che ritrova ancora in lacrime per la sua presunta perdita. Barroquer a tal punto scoppia in lacrime ma senza rivelare la sua identità chiede di essere alloggiato presso la sua casa; egli, nel sapere che i suoi figli sono diventati l’uno boscaiolo e l’altro mendicante, s’impietosisce e dà loro del denaro per comprare del cibo; essi gli chiedono di far loro da padre poiché non potrebbero trovarne uno migliore, ma Barroquer per avere una prova della fedeltà di sua moglie, le propone una notte d’amore in cambio di una considerevole somma di denaro. La donna non cede e così Barroquer si rivela tra gioie e lacrime raccontandole ciò che era accaduto in quegli anni.

A questo punto alla narrazione segue la guerra tra Greci e Francesi, questi ultimi verranno sconfitti e si rifugeranno presso la fortezza di Altafoja assediata dai greci. Durante la fuga, Barroquer fa impiccare i Maganzesi mentre il re Carlo si dispererà per la loro esposizione pubblica. Al contempo riceve l’ambasciata di Loys suo

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figlio, il quale gli proporrà di mettere fine ai combattimenti solo se riprenderà alla sua corte la madre e moglie Sibilla.

Il ladro Grimoart nel frattempo, con i suoi scongiuri, riesce a fare un incantesimo facendo cadere addormentata tutta la corte francese riuscendo così a far evadere Barroquer che era stato catturato. Nello stesso momento non perde tempo per rubare al re la celeberrima spada “Gloriosa” che custodiva, e che vuole donare a Loys. Mentre il re cerca rinforzi che lo aiutino a vincere la battaglia, sebbene i suoi vassalli gli consiglino di riprendere a corte moglie e figlio, il Papa cerca piuttosto di convincere il re mandando loro incontro l’intero esercito greco completamente denudato fino alla cinta, compresa la regina Sibilla: a tal punto Carlo, alla vista della regina, irrompe tra loro per coprirla con un capo, e venendo a scoprire che Barroquer non era un malfattore bensì il “salvatore” della sua famiglia, lo bacia e lo abbraccia con fermezza condannando a morte i traditori maganzesi: Macario ed i suoi parenti.

La narrazione si conclude quindi con un lieto fine: il rientro alla corte di Parigi del re e di tutta la sua famiglia riunita, con la festa di fidanzamento tra il figlio Loys e la fanciulla Biancofiore, figlia del consigliere di Carlo, Namo. Barroquer riceve inoltre una ricompensa dal re: una terra in possesso e la nomina di cavaliere alla sua corte, mentre la regina, che non aveva dimenticato il prezioso aiuto dell’oste ungherese e della moglie, li fa convocare a corte e dopo lunghi festeggiamenti tutti rientrano alla loro dimora

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compreso il Papa e l’imperatore di Costantinopoli affidando l’intero regno alla protezione divina.

3. Analisi comparata del Noble Cuento e dei

frammenti antico francesi

L ’opera, al quale fa riferimento il cronista Alberico, doveva essere una chanson de geste oggi nota solo mediante tre testimoni: il frammento di Bruxelles Bibliotèque Royale, MS. II 139 [f.3-4r] quello di Sheffield (Gran Bretagna) di scriba ango-normanno relativo al XIII secolo e per ultimo quello di Sion, Archives de l’Etat du Valais, CH AEV, MS. litt, 10/1 col titolo Chanson de la

Reine Sebile che insieme rappresentano la più antica versione

romanza della storia. Il Macaire, della “Geste Francor” succitato, è servito soprattutto come struttura narrativa analoga ma non identica alla prosa castigliana, essa però riprende i frammenti antico francesi che presentano parti quasi identiche. Sappiamo inoltre, che i frammenti francesi sono tutto ciò che rimane della prima tradizione francese della chanson de geste della Regina Sibilla, il Noble Cuento invece, si raccomanda da un punto di vista cronologico, come la prima versione spagnola in prosa della medesima storia, a cui si mantiene notevolmente fedele come dimostrano i raffronti presi in esame.

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I frammenti pergamenacei di Bruxelles relativi alla Regina Sibilla sono in tutto cinque anche se uno di essi nel tempo è diventato irreperibile. Si trovano nella Bibliothèque Royale sotto segnatura MS.II 139 [f.3-4r] ed erano nascosti nei fogli di guardia di un incunabolo del ‘400 della Biblioteca Municipale di Mons. Questi furono scoperti e trascritti dal Prof. Bormans di Gand che li segnalò al barone di Reiffenberg il quale li inserì nel I volume della sua edizione (1836), ma la prima ed unica edizione critica si deve a Auguste Scheler (Bulletin de l’Académie Royale de Bruxelles 1875) il quale rettifica diverse sviste di trascrizione e recupera altri 76 versi ignoti.

Il primo episodio, riguarda l’educazione cavalleresca del giovane Louis, figlio di Sibilla, alla corte del re d’Ungheria, lo svelamento della vera identità del padre e la dichiarazione amorosa a lui rivolta e rifiutata dalla figlia dell’ospite ungherese Joserant; riporto qui di seguito il confronto tra il frammento francese e la prosa castigliana:

Bruxelles Recto vv.1-54

«Si com je cuit et croi et me fet antandant.»

Varochier regarda li rois an sozriant, Por ce qu’il le voit nice et de si fait semblant;

Bien sot que li vallez ne li estoit noiant. «Joscerant», dist li rois, «cent merciz vous an rant, qui mon filluel m’avez gardè si

Cuento

139vb-140rb cap.xxix pp.64-65

E Ba- |139 vb| rroquer le dixo

- Fijo sabedes lo que vos digo. El rrey que es d’esta tierra es vuestro padrino / ca el vos saco de fuente / E quando esto fue dixo-nos que quando fuesedes tal que pudiesedes caualgar que uos leuasemos a su corte /

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longuemant»

Et cil s’agenoilla devant lui meintenant: «Sez tu», ce dist li rois, «que te vois comandant?

»Que d’eschés et de table aprent bien cest enfant

»Et de toz les mestiers q’à chevalier apant.»

Et cil li respondi: « Tout à vostre comant » Sa mere aloit vooir et menu et sovant, Et le borjois son oste, qui ot bon esciant. Li borjois ot .ij. filles moult beles et plesanz; l’ainznée vint à lui, si le vet acolant:

«Sire, frans damoiseaux, entendez mon semblant;

»Alevé vous avons et norri bel anfant; »Quant venistes ceanz, vos n’avïez noiant, »Varochiers, vostre peres, qui a le poil ferrant,

»Amena vostre dame, sachois, moult povremant;

»Nos vous avons servi moult enorablement.

»S’or voliez estre sages, mar iroiz en avant,

»Mès prenez moi à feme, je vous voil et demant.

»Looys, biax douz frere, entendez ma proiere,

»Aiez merci de moi, ne sui pas losengiere: »Certes, je vous aim plus, foi que je doi saint Pierre,

»Paris n’ama Elaine, que il avoit tant chiere.»

- «Bele», dist Looys, «je n’en vois mie arriere,

»Bele estes de façon et de cors et de chiere, »Et je suis povres enfes, si n’ai bois ne riviere,

»N’ai terre ne avoir qui vaille une estriviere,

»Et ma dame est malade ausi con fust an biere,

»Et Varochiers mes peres, qui a la brace fiere,

si mi madre quesier que es doliente mas ya me semeja padre que guareçe loado a Dios /

Desy fueron-lo dezir a la rreyna / E quando lo ella oyo ouo ende grant plazer. E llamo a Joserant su huesped / e dixo-le /

- Buen amigo yo vos rruego que me presentedes mi fijo al rrey / e vaya convusco Barroquer que uos lo lieue / - Duenna dixo el huesped / yo fare vuestro mandado de buena mente /

Entonçe leuaron el ninno a la corte. E desque fueron ant’el rrey / omillaron-se-le mucho. E dixieron

- Sennor rrey / aquel Dios que uos fizo / vos de vida e salut.

El rrey los rresçebio muy bien e pregunto-les / a que venian / e dixo a Joseran / - A vos / ese ninno alguna cosa /

- Ssy dixo el / es mi afijado / e vuestro otrosi / e vedes aqui Barroquer su padre / asi commo yo creo e commo el diz. E el rrey cato a Barroquer en ssonrreyendo-se / porque lo vio feo e de fuerte catadura / e que lo non ssemejaua el mozo en alguna cosa /

- Joserante / dixo el rrey / grandes graçias de mi afijado que me criastes tan luengamente / e tan bien / E vos aueredes ende buen galardon si yo biuo /

E el rrey |140 ra| llamo entonçe vn su omne mucho onrrado / que auia nonbre Elynant / E dixo-le

- Mandamos vos que ayades este donzel en guarda / e que lo enssennedes a buenas mannas / E a todas aquellas cosas que a cauallero conviene saber el axedrez e tablas /

E el dixo que lo faria de grado / e asi lo fue despues / Ca mas sopo ende que otro que sopiesen en ssu tienpo. E el ninno finco con el. E yua a menudo ver a su madre / E el burges e su muger guardauan e seruian la duenna mucho onrradamente e fazian-le quanto ella queria / El burges auia dos fijas ninnas / e fermosas e la mayor auia nonbre

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Il secondo episodio tramandato dal frammento, si riferisce all’introduzione di Sibilla e di suo figlio Louis presso uno dei più interessanti personaggi del racconto, quell’eremita che si rivela essere il fratello dell’imperatore Riccardo di Costantinopoli, e

»Ma dame sert moult bien et de bonne maniere;

»Voz peres m’a norri et mostré bele chiere, »Et si n’ot onc du mien vaillant une lasniere,

»Mès, se Diex m’amendoit, qui fist ciel et lumiere,

»Je li randrai à double, trop me fet bele chiere;

»Ralez vo san, pucele, ne soiez pas lasniere,

»Gardez vo pucelage, trop me semole legiere,

»Que ne vos ameroie por tot l’or de Baiviere.»

Quant l’antant la pucele, si fist si male chiere,

Qu’ele n’i volsist estre por tot l’or de Baiviere.

La pucele fu moult corrociée et marrie De ce que Looys ne la voit amer mie; Tel duel ot et tele honte tote fut enpalie, Mès Looys n’ot cure d’amer ne druerie, Ainz vet souvent à cort au fort roi de Hongrie;

Forment se fist amer de tote la mesnie. Varochiers li preudom ne s’aseüra mie, Ainz vint à la roïne, des euz forment larmie:

«Dame», dist Varochiers, «por Dieu, le filz Marie,

»Moult avons ci esté et du tens grantpartie.

Elisant que era mas bella / E esta amaua mucho al donzel e dezia-le a menudo en poridat /

- Buen donzel nos vos criamos muy bien e muy viçiosamente / e vos bien sabedes que vuestro padre Barroquer / traxo aqui a vuestra madre muy pobremente / E vos sodes muy pobre conpanna / e si quesierdes ser sabidor / non yredes de aqui adelante / mas tomad-me por muger / e seredes rrico para sienpre que vos non falleçera osa / Ca bien sabedes / que non ha cosa en el mundo que tanto ame commo a uos.

- Duenna dixo Loys vos ssodes muy fermosa a marauilla e muy rrica. E yo muy pobre que non he ninguna cosa nin mi madre otrossy que non ha ningunt consejo / ssynon mi padre Barroquer / que la sirue / e |140rb| vuestro padre me crio muy bien por su mesura que nunca por mi ouo nada [/] mas sy me Dios llegase ende a tienpo yo le daria ende buen gualardon [/] mas guardat-uos amiga / que tal cosa non me digades nin vos lo entienda ninguno.

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quindi zio di Sibilla. Tale episodio corrisponde maggiormente ai capitoli XXXII-XXXIII di Carlos Maynes, come ben attesta il confronto:

Bruxelles

Recto 35 vv.55-69.

Richiers a non cis rois, si com j’oï conter, .ij anfanz a moult genz, nus ne porroit trouver

Plus biax an nuie terre, si l’ai oï conter: Li uns est chevaliers, bien set armes porter,

L’autres est une fille, Sebile o le vis cler, Il n’a plus bele dame jusqu’a la Rouge Mer.

Richiers li empereres la fist bien marier, Car li rois l’a de France, Challemaine li ber,

Il l’a prist à moullier, à oissor et à per. Quant Varochiers oï de l’hermite parler Et du roi Challemaine, qui tant fist à douter, la dame regarda, si l’a veü plorer:

«Dame» dit Varochiers, « por Dieu, lessiez ester.

Por amor Looy le vos covient celer,

Encui verez vostre oncle, or pensons de l’errer.

Cuento

141vb-140rb cap. xxxii pp.68-69.

- Grimoart dixo Loys ssy Dios me vala / tu as nombre de ladron / mas ssy andas bien contra mi tu faras tu pro /

- Sennor dixo Grimoart / assy me salue Dios que me non saberedes cosa deuisar / que yo por uos non faga / que non dexaria de lo fazer por cuydar y prender muerte.

- Amigo, dixo el infante mucho te lo gradesco ./ mas agora me dy / amigo somos çerca de alguna villa do podamos albergar. Ca mi madre va muy lassa / e es-le muy menester de folgar / ca ya es muy tarde.

- Sennor dixo el ladron / esta floresta dura mucho / que mas auedes avn de andar / ante que la pasedes de quatro leguas / que non fallaredes villa nin poblado./ Mas açerca de aqui ha vna hermita do poderedes yr por un ssendero do ous y ssabere guiar. E y mora vn ssanto hermitanno que es muy buen clerigo / muchas vezes fuemos a el por lo

ferir o matar. Mas assy lo guardua Dios de mal que ssiempre nos fazia tornar atras | 141 vb | que nunca podiamos açercar en la hermita. E este es hermano del enperador de Costantinopla /. Que ha nombre

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fermosos del mundo / el vno es cauallero atan bueno / que le non fallan par [/] el otro es vna fija / que es la mas fermosa duenna que pueden saber e tiene-la casada con el rrey de Francia a que dizen Carlos /.

L’episodio seguente invece è quello che riguarda la Regina nel momento in cui svela la propria origine all’eremita, nonché suo zio (tale frammento però è stato smarrito); eccone qui i due passaggi secondo l’edizione di A. Scheler:

Bruxelles III vv.111-122

«Dont estes, de qeu terre? Nel me devez noier.»

- «Sire», dit la roïne, à celer ne vous qier. »Richiers li enperere le regne a à bailler, »Certes il m’engendra en sa frenche mouiller;

»Challemaine de France fist por moi envoier;

»Droitement à Paris, an son palés plenier, »Là si me prist à feme, à per et à mouiller, »Un an fui avec lui, à celer ne vous qier; »Or m’en a fors gitée par dit de losengier; »Par les maus traïtors, eui Dieu doinst enconbrier,

«Les parenz Guenelon, qui Dieu n’orent ains chier,

...

Cuento

142rb cap.xxxiii p.70

- Duenna dezit-me donde sodes / o de qual tierra andades

- Sennor dixo ella / yo non vos lo encobrire / yo sso natural de Costantinopla / e so fija del enperador e de su muger Ledima. E el enperador de Francia Carlos me demado a ‹mi pa›dre me le enbio muy rricamente.

E muchos omnes buenos venieron entonçe comigo e leuaron-me a Paris. E alli caso comigo / E touo-me vn anno consigo. Non vos negare nada e echo-me de su tierra por mezcla falsa de traidores por los parientes de Galaron [/].

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Segue poi l’episodio che racconta come Grimoart, il ladro che aveva implorato per pietà a Louis di non essere ucciso, ruba l’asino di un villano facendo un incantesimo al padrone. Il brano continua a raccontare come Grimoart viene accolto con grandi feste all’eremitaggio dalla Regina Sibilla e dalla sua compagnia quando appare con l’asino carico di cibo e averi rubati tanto che tutti si chiedono dove abbia preso il cibo e le coppe d’oro per bere il buon vino, e soprattutto come abbia fatto a trasportare un fardello così grande:

Bruxelles

( 417 ) IV vv. 150- 175.

Moult par fu Grimoarz acolez doucement, les poissons destroussa et le pain de froment, et les bariaux de vin, dont il furent joiant.

Les coupes d’or reluisent el fardel duremant; Looy les presente li lerres meintenant:

« Amis », dit Looys, « .c. merciz vos au rant. »

- » Dont vient si granz avoirs que voi ci en presant?

»Tu en as tué home, je le sai certemant. »

- «Sire», dit Grimoarz, «vos parlez malemant,

»Onques omne n’ocis, Dieu en trai à garant,

»Mès Diex le vous anvoie, à cui li

Cuento 143 ra1

Historia cap. XVII pp. 74-75.

Guiomar se fue hasta la cueua donde auia Dexado el su fardel: e tomolo todo e echolo A cuestas e fuesse quanto pudo a priessa. Y a la entrada de vn prado hallo vn villano con vn asno: e dixole.

- Amigo vendeme este Asno Y el villano le dixo.

- No trabajedes por ello que no vos lo dare por quanto [dinero] vos teneys.

Y cuando Guiomar lo oyo ouo muy gran pesar e llego-se-le a la oreja e dixo-le dos cosas de encantamento tales que el Villano se adormio e cayo en tierra amortescido sin sentido ninguno. Y tomo Guiomar el asno: e derribole la leña e echo-le encima el fardel e todo lo que lleuaua: e tomo el aguijon en la mano. Y dixo.

- Agora anda adelante e Dios te guarde:

1 Tiemann in questo caso utilizza la Hystoria a causa di una lacuna nel

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monz apant,

»Ce que Diex vous anvoie, à cui li monz apant,

«Amis», dit li hermites, « sachiez tot vraiment ,

»Ja n’en lert refuse, nos pernons doucement. »

- « Par foi, » dit Grimoarz, « cist a bon esciant,

» Tiex hermites ne fu en ce siecle vivant »

Varochiers brise busse, fist le fu meintenant,

L’ermites fist le poivre et bria duremant.

Quant fu aparillié, s’asistrent meintenant.

L’ermites sist u chief, qui fist le segnemant:

« Mengiez de par celui qui maint en Oriant ! »

L’ermites boit du vin et menu et souvant.

« He Diex » , dit li hermites , « qui formas Moïsant,

» L’ame, soit beneoite et li cors ensemant

» Q’aporta ce mengier, que feim avoie grant.

e fuesse a la hermita do era desseado de los que lo esperauan. Y como Luys lo vido venir conoscio que era el: e dixo

- Yo veo venir a Guiomar: e semejame que trae vn Asno cargado.

Y salieron a el e dixieron que bien fuesse venido: e dixo el

- Como me hablades mas segun yo pienso aueys gran hambre: pero bien teneys de comer mal grado aya el rico hombre. E quando descargo fue bien recebido: e fueron muy alegres: e descobrieron las copas de oro que lleuaua e presentolas a Luys. E dixo.

- Amigo donde ouiste esto? Nunca vi tan buen ladron como tu eres.

E Luys llamo a Guiomar a parte: e dixole. - Donde ouiste esto no me niegues la verdad. Pienso que mataste alguno: o robaste algun monasterio.

Dixo Guiomar

- Señor yo vos dire la verdad. Yo nunca mate a hombre. mas Dios que tiene el poder me las dio e traxe-vos-lo de grado: por esso no lo decede.

E dixo el hermitaño.

- Amigo no lo dexaremos: antes lo tomaremos de grado: dixo Guiomar

- Vos teneys buen seso: nunca vi tan buen hermitanno como vos.

E luego Baruquel hizo candela e guiso bien de comer: e assentaron-se a la mesa la reyna y el hermitanno e Luys e Baruquel comieron en vno: e Guiomar comio a parte: e supo bien al hermitaño el pan e el vino que auia xxx años que no lo auia comido.

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L’ultimo episodio, sempre relativo al manoscritto di Bruxelles è quello nel quale l’eremita sta per svelare a Louis chi è il suo vero padre, ovvero l’imperatore Carlo Magno di Roma. Anche in questo caso è necessario specificare che Tiemann utilizza la Hystoria a causa di lacune interne al manoscritto, pertanto, i passaggi relativi sono stati qui confrontati:

Bruxelles

Recto IV vv. 176-202.

Looys li vallez, qui… Menja avec sa dame.. Quant il orent mengié.. Les napes a ostées L’ermites regarda d… Les bras li mist a… Et li enfes le soifre, s... L’ermites le regarde… « E! Diex », dist li hermites,.. « Que pansa Challemaine… » Qui enchasça sa feme… » Jà est ce sa moullier.. » Et ce est ci ses enfes… » Diex, se France est sa terre,… L’ermites fu formant… Des larmes de ses euz… Fu trestoz li visages... Li aufes s’esveilla... Son vis trouva molli… L’ermite regarda, qui moult « Sire », ce dit li enfes,… « Je vos proi por celui qui… « Et por celui sepulcre où... » Que vos me dites, sire,... - « Amis » , ce dit l’ermites,... « Vous cuidiez , biax douz fius,...

Cuento

Historia, cap.xvii p.75.

E luego Baruquel hizo candela e guiso bien de comer: e assentaron-se a la mesa la reyna y el hermitaño e Luys e Baruquel comieron en vno: e Guiomar comio a parte: e supo bien al hermitaño el pan e el vino que auia .xxx. años que no lo auia comido: e dixo-les

- Ya no quiero ser mas hermitaño: e quiero-me yr con vosostros: e ayudarvos-he en quanto pudiere.

E despues que ouieron comido e beuido de su espacio alçaron la mesa.

E abraço el hermitaño a Luys e dixo. - Ay dios quan gran mal hizo el rey de Francia a mi sobrina su muger que la echo de su tierra preñada del infante: assi Francia quedara sin herederoe sera en gran peligro.

Entretanto que el hermitaño esto dezia adormio-se Luys en su regaço; y el hermitaño quando lo vido adormido desperto-lo: e quando se vio el cuello mojado e la cara miro al hermitaño e vido que lloraua. E dixo

-señor por aquel que tomo muerte en la cruz por los pecadores saluar que me digades porque llorays.

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- 22 -

E dixo el hermitaño

- buen hijo yo vos lo dire. Vos pensades que Baruquel este villano es vuestro padre e que el vos engendro: mas no es assi que vos soys fijo del rey de Francia e vos soys echado del reyno a gran traycion: e vos lo aueys de heredar.

Dopo avere esaminato i frammenti di Bruxelles, passo ora al confronto dei frammenti di Sheffield con il Cuento. Si tratta di un testimone andato perduto il cui unico riferimento risulta essere l’edizione di Baker-Roques in “Romania”44 (1915). Il frammento consiste in un “feuillet double” di pergamena, appartenuto alla Biblioteca dell’ erudito J. Loveday of Caversham (1711-1789).

Un suo erede, collega di T. Baker presso l’Università di Sheffield, gli segnalò il ritrovamento che comprendeva due frammenti testuali databili al XIII secolo ma nel complesso leggibili eccetto alcune parti, da lì ne conseguì l’edizione critica di Baker seguita poi da un intervento di Roques che mette in evidenza le corrispondenze tra i frammenti e le versioni in prosa tanto spagnola quanto francese. Tuttavia, l’aderenza tra il testo dei frammenti e la versione castigliana permette di pensare ad un divario ridotto di circa 130-140 versi tra primo e secondo frammento, pertanto, gli editori sostengono che tanto il frammento di Bruxelles quanto quello di Sheffield rimanderebbero ad un’ unica redazione della Chanson de la Reine Sebile, a cui poi si

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aggiunse il frammento di Sion di cui parlerò in seguito. Il contenuto degli stessi riguarda l’attacco del levriero contro Macario il traditore, il concentrarsi dei sospetti del cane su di lui e la preparazione al duello giudiziario.

Il primo episodio, si riferisce al momento in cui il fedele levriero di Auberi alla corte del re Carlo desta sospetti riguardo Macario iniziando ad abbaiare contro di lui; per indicare al re la sua colpevolezza vuole portarlo nella foresta dove giace seppellito il corpo senza vita del suo padrone, così Macario, che rimane alla corte, minaccia il duca don Giacomo e tutto il suo lignaggio:

Sheffield I vv.53-65.

Que onques en si fait mendre ne me vint en pensez.

- Macer, dist duc Nemes, un petit m’entendez:

Bene verrom coment il est einz les treis jors passez.

Nemes sest leverer, vers le Roi s’est tornez.

Le leverer veit le Roi, vers lui s’est aclinez ,

devant lui s’agenoille, si s’est mout dementez;

As denz prist son ermine que estoit engoulez,

Voluntieris l’en traisist le leverer affilez Quant li Roi l’ad veü, si plora de pitez; Son cheval demanda, il lui fu amenez; L’emperer monta, teint l’espee a son lez, E des autres barons tant que il furent asez.

Macer li traïte se n’est pas alez,

Cuento cap. XIX p.51

Mucho peso a Macaire quando esto ouo dicho el duque don Aymes / e dixo-le - Mejor lo diriades / sennor / si vos quesiesedes / E sy vos non fuesedes / e de tan grant linage commo sodes / yo daria luego agora mis gajas contra vos que nunca fiz esto que me vos aponedes / nin sol non me veno a corasçon /

Don Aymes dexo entoçe el galgo / e el can se fue luego para el rrey / e asento-se ant’el / e començo de aullar / e de se coitar asi que bien entendian que se querellaua / E trauo con los dientes en el manto del rrey que tenia cobierto / e tiraua por el / e fazia semblante que lo queria leuar contra la floresta / a aquella parte do ssu sennor yazia muerto / Quando el rrey esto vio tomo-se a llorar de piadat / e demando luego su cauallo e troxieron-gelo / E el enperador caualgo |133vb| que no tardo mas / e el duque don Aymes con el / e

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Einz remist a Paris dolenz e aïrez. Ougel el senescal e muchos omnes buenos / mas Macayre el traidor non quiso yr alla / ante finco en la çiudat sannudo / e con grant pesar amenaçando mucho al duque don Aymes el e todo su linage [/] mas el duque non daria por ende dos nuezes:/

È nel secondo episodio che ritroviamo il passaggio in cui il duca Namo difende la fedeltà del cane in quanto cosa veritiera e per provare ciò racconta l’apologo del Mago Merlino e della sua profezia:

Sheffiled II 13

«[S]eignors, ceo dist duc Neimes, entendez mon pensé:

Jugement vous dorreie, si vous [v]endroit a gré.

Pus que Aubri n’ad home estrange ne prevé

Que voille vers Macer combatre el champu mellé,

Fors soulement cest chen que voi entalenté,

Jeo di que home les doit mettre ensemble por verité.

Macer soit a pé devant lui en el pré, Si ait un escu rond e un baston quarré E un baston d’espine bien fait e asscemé. Si il puet occire, mout avra bien overé: Tot quite s’en irra e tout a sauveté, E si le chien le vente, par Deu de majesté, Donc di jeo qu’il ad occis Aubri e affolé Jeo ne soi autre chose, es te le vous prové Face en li Roy justice au los de son barnè.»

Cuento cap. xxii p.54-55

Asi fabló el duque don Aymes commo vos conte /

- Varones dixo el ora oyd lo que quiero dezir. Porque de parte de Aubery non ha omne de su linage nin estranno / que contra Macaire osase entrar en canpo / porque veo que el su galgo asi muere por se lançar en el / y dire a que lo dexasemos con el / en tal manera que Macaire este a pie en vn llano con el / y dire a que lo dexasemos con el / en tal mannera que Macaire este a pie en vn llano con el / e tenga vn escudo rredondo / en el braço / e en la mano vn palo de vn codo de luengo. E conbata-se con el lo mejor que pudier e si lo vençiere / por ende veremos que non ha culpa y culpa / e sera quito. E si lo vençier el can / yo digo çiertamente / que el mato a Auberi / este es el mejor consejo que yo y sse dar que non se otro por que se tan bien pueda prouar / E si Macaire fue vencido / aya ende tal gualardon / commo

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E quant cil l’entendirent, si sunt en piez levé,

Duc Nemes embracerent e si l’ount acolé: « Sire, bien avez dist, Deu vous tiegne en bonté;

Tout issi serra il cum l’avez devisé.» Devant le Roy s’en vont, tout l’ount reconté

Trestout le jugement qu’il ount enorté, E le roy lour ottroie volunteers e de gré, Quant ost le jugement que ert de loiauté. Quant Macer l’oï grant joi en ad mené, Son grant mordre quida bien aver aquité; Mes Deu qu’onques ne menti bien sout la verité.

mereçido de tal fecho / que lo faga el rrey justiçiar commo deue.

Quando esto entendieron |135va| los rricos omes erguyeron-se / e llegaron-se a el / e gradeçieron-gelo / e dixieron que dixiera bien / e que Dios le diese buena andança / por quanto dezia / E que asi fuese commo el deuisaua / Entonçe se fueron todos ant’el rrey / e don Aymes le conto todo quanto dixiera de commo se auian de conbatir el can e Macaire en canpo / E el rrey lo otorgo de grado / desque esto pleito fue deuisado / el rrey fizo tirar de presion a Macaire e traer-lo ante ssy. E deuiso-le el juyçio / que dieron los omnes buenos de su corte con don Aymes / Quando esto Macaire oyo / fue ende muy ledo / e gradeçio-lo mucho al rrey. Ca touo que por alli seria libre: Mas Dios que es conplido de verdat que nunca mentio nin mentira.

Ultimo è il frammento di Sion (Archives de l’Etat du Valais, CH AEV, MS. litt 10/1) che fu aggiunto solo un trentennio dopo. Si tratta di un foglio di pergamena scritto recto-verso su due colonne per pagina di 42 versi ciascuna, conservato agli Archives de l’Etat du Valais (insieme ad un altro frammento che riguarda la chanson

de geste di Florence de Rome) entrambi i frammenti sono stati

studiati ed editi da P.Aebischer2 in “Studi Medievali” 1943-50. Quanto alla storia di Sibilla, il contenuto narrativo presente riguarda un episodio relativo alla guerra tra Greci e Francesi, in particolar modo viene narrata la liberazione di Barroquer grazie a

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Grimoart, per passare poi a Barroquer che mostra a Louis il padre Carlo Magno:

Sion

Recto I col.vv. 9-14.

Sebile la raïne an fit joie coral, Karle a sui home dormirent par igal. La gaite s’andormit de ci qu’a l’ajornal, Et quant fu esvaillez, dit qu’en son chief ai mal.

Entor soi regardai ai amont ai a val: La porte fu overte arriere le corsal.

Cuento

149 va-150va cap.xlii-xlv pp. 98-101.

Mas la alegria de la Rreyna / esta non auia par quando vio a Barroquer / Mas del enperador Carlos vos fablare / e de su conpanna :/ El velador adormesçio / que nunca desperto fasta la mannana / E quando acordo dixo / que le dolia mal la cabeça / e cato a derredor de ssy / e vio la puerta avierta del castiello / e fue-le

mal.

Intenso è il momento in cui l’esercito francese scopre di essere stato tradito dagli stessi uomini e anche l’imperatore Carlo Magno scopre che qualcuno gli ha rubato la sua preziosa spada che custodiva nella testata del suo letto, eccone un breve passaggio:

Sion

Recto I vv 16-24 e 62-65.

«Or sus, dit il, baron, traï sume igal!» Karlemagne se lleve, a sui prince chesal: N’i ai qui ne crie qu’ai perdu son cheval: Li empereres [ ] ses riches bernez Il ai [ ] viron de toz lez,

Mès quan [ ] po n’est forsannez Ogier [ ] erbé

«Baron [ ] me celez!»

«Sire, ce Deus [ ] vous le savez.»

Cuento Xlii pp.98-99.

- Ora suso varones / traidos ssomos / A estas vozes acordo el enperador e todos ssus altos omnes / que albergauan en el palaçio con el que cuydan auer perdido quanto auian / Mas quando el enperdador cuydo tomar su espada que cuydaua que tenia cabo ssy / e la non fallo / a pocas non perdio el sseso / E do vio a don Aymes e don Ougel cabo ssy / llamo-los / e dixo-les /

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«He Deus! Dit l’enpereres, qui tot es a baillier,

Li ques de noz barons sarai aparailliez Pour aler a Paris le message concie? Tot me convient secore, qu’ore mestier!

-Varones que se fizo de mi espada Joliosa / non melo neguedes si sabedes do es / -Traidores |149vb| dixo el Rrey / e que es lo que dezides despues que el cauallo es perdido çerrades bien la establia /

L’episodio successivo riguarda infine l’inseguimento dell’esercito greco nei confronti di Uggeri lungo tutta la foresta e il suo arrivo a Parigi per annunciare a tutti che il re Carlo si trova accerchiato ad Altafoja da greci, mori e persiani:

Sion

Recto II vv. 83-84. Verso I vv.86-97.

Il hurte Broiefort et anbrace l’escu, Et fiert si le premier dou roit espié molu: to sovin a la tere l’abait mort estandu. O giers s’an est tornez….celui gisant Et Grifon l’en….:plus an i ot de cent. Et Ogiers s’an alai….chant… de ses jorn.. Vous….est ve… ardi ajornant

Par les rues chevache et vai formant brochant

Or…apres le roi tot…petit et grant Ou palais d’Atefuille….puant L’ont essis Saradin et Grifon et….. N’an varai mais lui….damage pesant Se tot n’est secoruz, n’avrai de mort guerant.

Cuento 150ra p.100

El bueno de don Ougel no rrespondio a cosa que ellos dixiesen / mas quando vio logar e tienpo / enbraço el escudo / e torno la cabeça del cauallo / e metio la lança so el braço / e fue ferir a aquel que lo mas alcançaua / de tal lançada / que lo metio muerto en tierra del cauallo / desy | 150ra | boluio-se / e començo de yr quanto pudo / ca muy çerca venian d’el bien quantrocientos griegos / que lo alcançauan fieramente / Mas el que vio esto / cogio-se a vn monte e fue-se por el quanto pudo / e alli lo perdieron / E desque no lo pudieron fallar / tornaron-se. Mas Ougel se fue quanto se pudo yr e de las jornadas que fizo nin por do fue metiendo por la plaça / muy grandes bozes /

-Agora via todos varones pequennos e grandes al rrey Carlos que es çercado en Altafoja do çercaron griegos e moros e persianos. E si lo non acorredes toste puede ser perdido /.

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4. Caratterizzazione dei personaggi nel Noble Cuento

Se il Noble Cuento merita quanto a struttura narrativa un’approfondita analisi, anche i personaggi richiedono qualche approfondimento. Tra questi spicca senz’altro il villano Barroquer per esempio, il cui ruolo nel corso della narrazione cresce notevolemente. Egli infatti non è solo il liberatore della Regina ma è anche il “padre” di Loys3, che cresce con assoluta fierezza come fosse figlio suo e che aiuta con tenacia a riscattare il suo posto al trono di Francia.

Nella seconda parte della narrazione invece, Barroquer diviene complice delle arti magiche del ladro Grimoart, che dopo aver ottenuto la grazia di Loys è al servizio della regina; Barroquer lo aiuta quindi a compiere alcune imprese ladresche, nonostante le quali verrà nominato cavaliere alla corte del re Carlo, alla fine della storia.

Se il villano liberatore assume un ruolo importante nella narrazione, dall’altro anche el galgo di Auberi diviene un personaggio, non solo perché sarà esso a svelare il tradimento di Macario ma anche perché il suo atteggiamento di assoluta fedeltà al padrone lo esalta come una sorta di eroe, che sarà comunque in grado di svelare il colpevole della nefanda uccisione del cavaliere.

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Diversi studi, come ad esempio quelli condotti da J. Subrenat4 D. Hüe5 e D. Collomp6, sono stati incentrati sulla figura di questo cane come personaggio eroico. Nella letteratura medievale ed in particolar modo nelle chanson de geste, assai raramente un cane occupa un ruolo importante in quanto è noto che l’animale che più ha peso insieme all’eroe è soprattutto il cavallo, fedele compagno di guerra. Nel nostro caso invece, il cane diventa un vero personaggio letterario; come Auberi, eroe che perde la vita per salvare Sibilla, allo stesso modo il suo cane diventerà personaggio ed eroe allo stesso tempo, sorveglierà il suo corpo giorno e notte e lo seppellirà sotto terra evitando che gli altri animali ne facciano scempio come si evince da questo passo:

D’esto que dixo Macaire el enperador / ouo el tan grant pesar / que juro para Dios que le feziera a su imagen / que ssy Auberi cogiese en la mano que lo faria morir de muerte desonrrada. Ca bien entendia que le feziera Auberi muy gran onta segunt commo dezia Macaire el follon. Mas el otro dia yazia muerto cabo de la fuente que este traidor matara que lo mezclaua e el su galgo ant’el que lo aguardaua de las aues e de las bestias que lo non comiesen / mas comian el cauallo que yazia y muerto / quatro dias e quatro noches guardo el can su sennor que non comio nin beuio / e era ya tan lasso que marauilla. E leuantose a grant pena de cabo su sennor. E arrenco de la yerua con sus manos e con los dientes / e cobrio-lo con ella / E tanto lo coito la fanbre que se fue contra Paris por el camino derechamente7.

4 Subrenat, 1993. 5 Hüe, 2006. 6 Collomp, 2000.

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Anche il combattimento tra Macario e il cane, in cui sarà Macario a soccombere alla morte, evidenzia chiaramente il suo ruolo determinante tanto che Macario in un primo momento non vorrà combattere con il cane e si farà proteggere dalle guardie:

Otro dia de mannana / tanto que se el sol levanto levanto-se Macaire / e fue-se con pieça de caualleros e de conpanna para el rrey / E tanto que lo el rrey vio / dixo-le /

- Macaire vos bien sabedes / que sienpre uos ame mucho por vos e por vuestro linage bueno onde venides / E dixieronme que judgara mi corte / vn juicio que yo non puedo esquiuar / que porque Aube- | 135 v b | ry non ha cauallero nin otro omne que sse convusco osase combatir en canpo / que uos conviene conbatir con aquel galgo / por tal condiçion / que vos tengades vn escudo rredondo e vn baston de (de) vn cobdo / E sy vos vençieredes el can fincaredes quito de aquella traiçion / que vos aponen de Auberi de Mondisder que yo tanto amaua / e de que tan grant pesar he de su muerte / Mas si uos sodes vençido sabet verdaderamente / que yo fare de uos justiçia qual deue ser fecha de quien tal fecho faz /

- Sennor dize Macaire / Dios lo sabe que Auberi nunca me erro nin me mato hermano nin pariente / porque desamor con el ouiese / E d’esta batalla vos do ende grandes merçedes / Mas de sse conbatir con vn can vn cauallero muy valiente non semeja guisado / E agora me dezit por Dios / sennor / non semeja gran onta e grant villania de me conbatir con vn can en canpo / - Non dixo el enperador / pues que assy es judgado de los que han de judgar la corte e el rreyno / mas yd vos guisar /

Quando Macaire esto entendio / todo el coraçon le tremio / e quisiera ser de grado allen mar ssi quier en el rreyno de Ssuria / E tanto gania quien faz follia contra Dios e contra derecho / Entonçe sse partio de alli Macaire con su conpanna / e fue-se | 136 r a | armar assi como fue deuisado / de vn baston de vn cobdo / e de un escudo rredondo muy fuerte / e muy bien fecho / E sus

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parientes le dixieron / que se non espantase de cosa / nin dubdase al can / quanto vna paja /

- Ssy se dexare correr a uos dat-le tal ferida en la oreja que dedes con el muerto en tierra / E si uos por aventura troxier mal / luego vos acorreran de la parte de Galaron vuestro tio /

- Bien dezides dixo Macaire : /8

L’accanimento del cane nei confronti di Macario, è subito visibile quando esso arriva a corte per la prima volta, iniziando ad accanirsi contro di lui e facendo capire a tutti la sua colpevolezza. Non è un caso che il cane torni per tre volte al palazzo del re e che Macario abbia preso coscienza del fatto che esso rappresenti per la sua incolumità una vera e propria minaccia. La preparazione di Macario al duello contro il cane sembrerebbe quasi uno scontro contro uno degli eroi più valorosi al mondo piuttosto che lo scontro con un cane che cerca di avere vendetta per la morte del suo caro padrone. Parallelamente al suo padrone Auberi, (che combatte in un primo momento contro il maganzese senza armi), il cane “disarmato” si trova a combattere contro Macario, dove la ferocia e il desiderio di vendetta serviranno a ucciderlo:

| 136 v b | Assy fablo Gaufre commo uos oydes / mas mucho fue ledo el can quando lo soltaron. E sacudio-se tres vezes / desi dexo-se yr al canpo / a vista de toda la gente / E do vio a Macaire que lo conosçio bien / fue-se a el lo mas

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rezio que pudo yr / E ante que el traidor sse ouiese aparejado / nin se cobriese des escudo / nin alzase el palo contra suso le trauo el galgo en el vientre con los dientes que avia mucho agudos / e mordio-lo mal / Quando esto vio el traidor / a pocas no fue sandio / E alzo su baston que era fuerte e quadrado / e dio tal ferida al galgo / entre la fruente e las narizes / que dio con el tendido en el prado / asi que la sangre salio del /

Quando el galgo sse sentio tan mal ferido / erguyo-se toste e fue muy sannudo / mucho fue catada la batalla del galgo / e de Macaire / de las gentes todas de la [s] plaças e de los muros que eran cobiertos / e todas rrogavan a Dios que el mundo formara / que ayudase al galgo / si derecho tenia / e que el traidor / fuese enforcado por la garganta / E Macaire se dexo correr el galgo / ca ferir lo cuydara del baston / mas el galgo lo trauo en la garganta / de tal guisa / que dio con el en tierra / E la tarja | 137 r a | le cayo de la mano / Quando esto vieron las gentes / que a derredor estauan loaran mucho a Dios / Asy cayo Macaire en tierra / mas ssy tan toste non se leuantara / pudiera ser mal rroso. E el galgo se asanno de que se vio ferido e cato el traidor / e arremetio-se a el. E trauo-le en el rrostro asi que las narizes / le leuo e le paro mal. Quando esto sentio el traidor a pocas no fue sandio e con desesperamiento / dio bozes a sus parientes / que lo acorriesen ca synon luego fuera comido / desque ellos esto oyeron / dexaron-se correr con sus espadas [,] Mas el rrey se levanto / e dio-les bozes e dixo que sse non meçiesen / Ca para aquel sennor que muerte prendiera en la vera cruz / que el primero que diese el galgo / que seria rrastrado9.

La figura del levriero rientra quindi in una logica ben diversa ma di certo ben innestata con una certa abilità nel tema principale, in quanto il racconto epico richiede come conclusione che sia riconosciuta l’innocenza della regina e punito il traditore, ma se costui dovesse soccombere nel duello con il cane l’innocenza non potrebbe più venire alla

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luce, ecco che in tal caso la versione del Macaire così come la prosa spagnola rimediano tramite la confessione di Macario prima di morire.

Un’altra figura importante nel racconto è il personaggio del nano. In alcune versioni della Chanson de la Reine Sibille la causa che scatena la condanna della regina è l’innamoramento del nano nei confronti di Sibilla e solo in un secondo momento emerge la colpa del maganzese Macario che vuole approfittare della regina per svergognare il re e per fargli credere che sua moglie abbia commesso adulterio. Nel

Cuento il nano agisce su istigazione del perfido Macaire e in

ogni caso viene descritto come una figura mostruosa, cattiva, ingannevole tanto che nell’immaginario popolare gli si conferiscono legami con il demonio e in tutte le versioni della Chanson de la Reine Sibille è connotato negativamente: esso si rivela quindi un personaggio insostituibile per caratterizzare il tradimento e renderlo più diffamatorio. Il “finto” adulterio scoperto da Carlomagno della Regina con un suo servitore, peraltro deforme, appare un delitto la cui unica pena è il rogo, in quanto sia la vergogna che la rabbia sono intensificate dall’amante deforme e anche socialmente inferiore. Eccone una breve descrizione:

El enano era tal que de mas laida catadura non saberia omne fablar. El era gordo e negro e beçudo / e auia la catadura muy mala / e los ojos pequennos e encouados / e la cabeça muy grande / e las narizes llanas / e las ventanas

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d’ellas muy anchas / e las orejas pequennas e los cabellos erizados e los braços / e | 124 vb | las manos vellosas commo osso e canos las piernas tuertas / los pies galindos e rresquebrados atal era el enano commo oydes10.

Un particolare approfondimento però va fatto in merito alla figura principale, la regina Sibilla che si presta a connotazioni leggendarie e mitiche. Donna innocente spesso esiliata in una foresta o in una terra lontana, accusata di adulterio è l’eroina che serve da modello ad altri testi, in particolar modo le due più celebri leggende del XII secolo:

Berta da li pe grandi e Tristan, anche se un altro riferimento

lo troviamo nella storia dell’età che antecede a Carlo Magno in particolare nella Cronaca di Fredegario la cui storia ha al suo centro Gundeberga che diversamente da Sibilla verrà accusata di tradimento e rinchiusa nella torre di un castello. Il misfatto di Gundeberga rimane in balìa della tradizione storica, il suo personaggio così come quello di Sibilla, è un personaggio incontestabilmente storico. Rimane comunque da ipotizzare che l’accusa di adulterio lanciata alla regina Sibilla ricondurrebbe più ad un romanzo, mentre invece quella di tradimento, nel caso di Gundeberga, si addice come storicamente verosimile.

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Sibilla, donna e regina si distingue per un carattere volitivo è sempre lei a decidere cosa fare, a dare ordine al fedele accompagnatore Auberi, al villano Barroquer e al figlio Louis, figlio al quale non rinuncia fin dal suo esilio ma anzi dimostra al suo confronto un grande attaccamento e lotta contro la morte, la penuria, la fame per darlo alla luce come si evince da questo passo:

| 129 vb | Toda la noche caualgo la mesquina por la floresta / que nunca quedo de andar. E tan grant pauor auia de Macaire que nunca le veno suenno al ojo. E yua dando a la mula / quanto podia / ca sienpre cuydaua del traidor que corria en pos ella / aquesto era en el tienpo de pascua de rresureçion / E quando veno la mannana / salio fuera del monte / E desque se vio en el llano començo a llorar mucho de los ojos e del coraçon / e dixo con muy gran coita /

- Ay Dios sennor / e para do yre11 /

La sua condizione di madre, di fondamentale importanza per la discendenza dinastica, si ricollega spesso al fatto che le grandi eroine, sono sempre madri di grandi re e lei rimane protagonista in tutto l’arco del racconto fino alla fine.

Sebbene sia stata cacciata via dal regno, rimane da sola dopo la morte del fedele Auberi a causa del traditore Macario, e da sola rimane decisa senza lasciarsi prendere dallo sconforto affronta qualsiasi penuria, rinuncia ai suoi

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abiti ricchi pur di sopravvivere e avere la sua giusta ricompensa:

Desque la rreyna desperto e sse bestio e aparejo e abrio la puerta e llamo a Barroquer / e dixo-le /

- Yo he grant pauor del rrey. E ssy el sopier que yo aqui sso fazer-me ha matar por su bravura /

- Duenna dixo Barroquer / non temades / ca si Carlos agora aqui llegase / ante me yo dexaria matar / que uos dexar mal traer / avnque cuydase y ser todo desfecho / mas aued en Dios buena esperança / Ca de mannana moueremos de aqui / ssyn mas tardar /

- Barroquer dixo la duenna agora me entendet yo sso prennada para çedo commo yo cuydo / E por Dios fazet en manera que nos vamos / E dat esta mi mula con su guarnimento por dineros / que despendamos por las tierras por do fuermos. E conprad-me vn palafren rrefez en que yo vaya /

- Sennora dixo Barroquer / commo uos mandardes.

E vendio luego la mula / con aquella rrica silla que traya / E dieron el manto de la rreyna por vn palafren / en que ella fuese / e conpro-le vn tabardo / E espedieron-sse del huesped que los comendo | 131 vb | a Dios / E caualgo con ellos vna pieça / desi espedio-se d’ellos / ora los guye nuestro sennor12 :/

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Perché la regina non ha colpe, non ha commesso adulterio, e lo stesso re Carlo che l’ha condannata all’esilio piangerà per lei. Tuttavia la sua immagine è molto più determinante rispetto a quella di un marito tradito e per tale motivo non può permettersi un perdono che lo farebbe sembrare un re debole agli occhi del popolo, che al contrario si schiera dalla parte della regina. Eppure lei non può dimostrare di essere stata ingannata, se non grazie ai sospetti del galgo nei confronti del maganzese Macario verrà “assolta” da tale accusa, e in un secondo momento grazie all’aiuto di Barroquer, del padre Riccardo imperatore di Costantinopoli, dell’eremita nonché zio e perfino del Papa avrà la sua legittima ricompensa. Eccone qui un breve passo:

- Sennor dixo la rreyna / por Dios merçet / e do yra esta catiua quando se de vos partier / que yo no se camino nin ssendero / e que sera de mi cuerpo catiuo e de la criatura que trayo en mi13/.

Mucho fue coitado con grant pesar Auberi quando sse sentio llagado / ca la sangre se le yua tan fieramente que todo ende era sangriento e goteua en tierra / Quando aquello vio la rreyna dio vn grito con pauor e dixo /

- Ssanta Maria sennora acorred-me.

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E dio de las correas a la mula / e metio-se por el monte / e començo de fuyr quanto la mula podia andar14.

Anche la componente del parto in condizioni disagiate ad esempio, rappresenta un elemento rilevante perché permette di collegarci a motivi di origine religioso; esso infatti riconduce alle vicende della Vergina Maria, vergine che la regina invocherà più volte in suo aiuto, prima del parto durante il suo viaggio da sola, e dopo il parto fino a che non le venga fatta giustizia, come dimostra il seguente passo:

- Santa María / virgen gloriosa e madre que en ty troxiste tu fijo / e tu padre / quando veno el mundo saluar / Sennora catad-me de vuestros piadosos ojos / e saluad mi alma / ca el cuerpo en grant peligro esta15./

In un contesto come questo, la figura femminile assume connotazioni non indifferenti come due facce di una stessa medaglia: da un lato personaggio importante, moglie del re Carlomagno di Roma, donna virtuosa e di splendida bellezza di cui tutti sono invidiosi, dall’altro donna colpevole di un peccato irremissibile il cui unico prezzo da pagare è la vita, a tal punto la domanda sorgerebbe spontanea: chi è Sibilla? È

14 Ivi, cap. XI, p. 41. 15 Ivi, cap. VI, p. 38.

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