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Documento di ricerca n. 131-bis

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Documento di ricerca n. 131-bis

TEMATICHE DI INDIPENDENZA RELATIVE AI SERVIZI DIVERSI DALLA REVISIONE: SERVIZI RELATIVI AL SISTEMA DI CONTROLLO INTERNO

SERVIZI DI IMPLEMENTAZIONE DELLE DISPOSIZIONI INTRODOTTE DAL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2001, N. 231

1. SCOPO DEL DOCUMENTO

Il presente documento deve essere letto nel quadro di riferimento delineato dal Documento di ricerca n. 131 intitolato “Tematiche di indipendenza relative ai servizi diversi dalla revisione:

servizi relativi al sistema di controllo interno - Principi generali” e della terminologia ivi utilizzata.

Il documento si riferisce alle società soggette al D. Lgs. 58/1998 (di seguito anche “TUF”). Per le entità non soggette alla norma richiamata si rimanda al documento “Principi sull’Indipendenza del Revisore” emanato dai Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri e raccomandato dalla Consob.

Il presente documento, dopo aver svolto una prima panoramica della tipologia di servizi che potrebbero essere richiesti ad uno specialista esterno da una società al fine di supportarla nell’adempimento, sulla base di quanto indicato dalle principali Linee Guida delle Associazioni di categoria, delle attività necessarie per adempiere a quanto previsto dal D.Lgs. 231/2001, si propone l’obiettivo di definire quali di questi servizi diversi dalla revisione possono essere svolti dal Revisore per conto del Soggetto sottoposto a revisione o di sue Consociate.

Si precisa che nel prosieguo del documento è stata utilizzata la terminologia inglese comunemente utilizzata dalla prassi professionale internazionale nella definizione di alcune fasi operative che caratterizzano i progetti di valutazione e adeguamento del sistema di controllo interno contabile- amministrativo, senza procedere alla traduzione in italiano dei relativi termini.

2. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300” ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità in sede penale degli enti, che si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto illecito.

L’ampliamento della responsabilità mira a coinvolgere nella punizione di taluni illeciti penali il patrimonio degli enti e, in definitiva, gli interessi economici dei soci, i quali, fino all’entrata in vigore della legge in esame, non pativano conseguenze dalla realizzazione di reati commessi, con vantaggio della società, da amministratori e/o dipendenti. Il principio di personalità della responsabilità penale li lasciava, infatti, indenni da conseguenze sanzionatorie, diverse dall’eventuale risarcimento del danno, se ed in quanto esistente. Sul piano delle conseguenze penali, infatti, soltanto gli artt. 196 e 197 cod. pen. prevedevano (e prevedono tuttora) un’obbligazione civile per il pagamento di multe o ammende inflitte, ma solo in caso d’insolvibilità dell’autore materiale del fatto. L’innovazione normativa, perciò, è di non poco momento, in quanto né l’ente,

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né i soci delle società o associazioni possono dirsi estranei al procedimento penale per reati commessi a vantaggio o nell’interesse dell’ente. Ciò, ovviamente, determina un interesse di quei soggetti (soci, associati, ecc.) che partecipano alle vicende patrimoniali dell’ente, al controllo della regolarità e della legalità dell’operato sociale.

Sotto il profilo dei soggetti destinatari, la legge indica “gli enti forniti di personalità giuridica, le società fornite di personalità giuridica e le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica” (art. 1, co. 2). Il quadro descrittivo è completato dall’indicazione, a carattere negativo, dei soggetti a cui non si applica la legge, vale a dire “lo Stato, gli enti pubblici territoriali nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale” (art. 1, co. 3).

L’ambito di applicazione della norma è molto ampio e non sempre è identificabile con certezza la linea di confine, specialmente per gli enti che operano nel settore pubblico. È indubbia, in proposito, la soggezione alla disciplina in argomento delle società di diritto privato che esercitino un pubblico servizio (in base a concessione, ecc.). Nei loro riguardi – come, del resto, nei confronti degli enti pubblici economici – la problematica della responsabilità riguarda, tra le altre comuni a tutti i destinatari della legge, anche le ipotesi di corruzione sia attiva che passiva.

Nell’allegato 1 è riportata una breve panoramica della norma con particolare riferimento all’indicazione delle tipologie di reati ad oggi disciplinati dal decreto e dalle sanzioni ad essi collegate.

È opportuno precisare che la legge prevede l’adozione del Modello previsto dal decreto in termini di facoltatività e non di obbligatorietà1

3. IDENTIFICAZIONE DEI PRINCIPALI SERVIZI DIVERSI DALLA REVISIONE CHE POSSONO ESSERE RICHIESTI AD UNO SPECIALISTA ESTERNO

. La mancata adozione non è soggetta, perciò, ad alcuna sanzione, ma espone l’ente alla responsabilità per gli illeciti realizzati da amministratori e dipendenti. Pertanto, nonostante la ricordata facoltatività del comportamento, di fatto l’adozione del modello diviene obbligatoria se si vuole beneficiare dell’esimente. Facilita l’applicazione dell’esimente, soprattutto in termini probatori, la documentazione scritta dei passi compiuti per la costruzione del Modello.

I principali servizi diversi dalla revisione che potrebbero essere richiesti ad uno specialista esterno da un Soggetto sottoposto a revisione o da una sua Consociata in relazione ad un progetto relativo al D.Lgs. 231/2001 si possono articolare, anche in base a quanto indicato nell’art.6, comma 2 del decreto stesso, indicativamente, nei seguenti filoni di attività:

- l’identificazione dei rischi: ossia l’analisi del contesto aziendale per evidenziare dove (in quale area/settore di attività) e secondo quali modalità si possono verificare eventi pregiudizievoli per gli obiettivi indicati dal D. Lgs. 231/2001;

- la valutazione del sistema di controllo: ovvero la valutazione del sistema esistente all’interno del ente e l’identificazione di possibili aspetti di miglioramento

- l’adeguamento del sistema di controllo: in termini di capacità di contrastare efficacemente, cioè ridurre ad un livello accettabile, i rischi identificati.

1 In alcuni settori è stato reso obbligatorio da regolamenti.

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La realizzazione delle tre fasi sopra descritte si può realizzare tramite l’esecuzione di una serie di attività così suddivisibili:

i. Inventariazione degli ambiti aziendali di attività

Compimento di una analisi della realtà aziendale con l’obiettivo di individuare le aree che risultano essere potenzialmente interessate dalle possibili casistiche di reato.

Nell'ambito di questo procedimento di analisi dei processi/funzioni a rischio, è opportuno identificare i soggetti interessati dall'attività di monitoraggio.

Ogni azienda/settore presenta i propri specifici ambiti di rischiosità che possono essere individuati soltanto tramite una puntuale analisi interna. Una posizione di evidente rilievo rivestono ovunque i processi dell’area finanziaria e la norma li evidenzia con una trattazione separata richiedendo particolare attenzione all’analisi di tali processi che dovrebbero comunque emergere come di sicura rilevanza.

ii. Analisi dei rischi potenziali

L’analisi dei rischi potenziali deve aver riguardo alle possibili modalità attuative dei reati nelle diverse aree aziendali (individuate secondo il processo di cui al punto precedente).

L’analisi, propedeutica ad una corretta progettazione delle misure preventive, deve sfociare in una rappresentazione esaustiva di come le fattispecie di reato possono essere attuate rispetto al contesto operativo interno ed esterno in cui opera l’azienda.

A questo proposito è utile tenere conto sia della storia dell’ente, cioè delle sue vicende passate, che delle caratteristiche degli altri soggetti operanti nel medesimo settore ed, in particolare, degli eventuali illeciti da questi commessi nello stesso ramo di attività.

iii. Valutazione del sistema di controlli preventivi esistente

Le attività precedentemente descritte si completano con una valutazione del sistema di controlli preventivi esistente al fine di identificare eventuali aspetti di miglioramento, qualora lo stesso si riveli carente, ovvero con l’identificazione della necessità di creare ex novo alcune componenti quando l’ente ne sia sprovvisto.

Il sistema di controlli preventivi dovrà essere tale da garantire che i rischi di commissione dei reati, secondo le modalità individuate e documentate nella fase precedente, siano ridotti ad un livello accettabile.

iv. Adeguamento del sistema di controlli preventivi

Nel caso in cui dalle attività sub iii. emergessero aspetti di miglioramento relativamente a controlli preventivi non perfettamente definiti (o applicati) ovvero non presenti, lo stesso sistema dei controlli dovrà essere sottoposto ad un adeguamento.

Si tratta, in sostanza, di progettare/adeguare quelli che il D. Lgs. 231/2001 definisce

“specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire”.

Di seguito sono elencate quelle che generalmente vengono ritenute le componenti (i protocolli) di un sistema di controllo preventivo, che dovranno essere attuate a livello aziendale per garantire l’efficacia del modello.

• Codice etico con riferimento ai reati considerati. L’adozione di principi etici in relazione ai comportamenti che possono integrare le fattispecie di reato previste dal D. Lgs. 231/2001 costituisce la base su cui impiantare il sistema di controllo preventivo.

• Sistema organizzativo sufficientemente formalizzato e chiaro, soprattutto per quanto attiene all’attribuzione di responsabilità, alle linee di dipendenza gerarchica ed alla descrizione dei compiti, con specifica previsione di principi di controllo quali, ad esempio, la contrapposizione di funzioni.

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• Procedure manuali ed informatiche (sistemi informativi) tali da regolamentare lo svolgimento delle attività prevedendo gli opportuni punti di controllo. Una particolare efficacia preventiva riveste lo strumento di controllo rappresentato dalla separazione di compiti fra coloro che svolgono fasi (attività) cruciali di un processo a rischio.

• Poteri autorizzativi e di firma, assegnati in coerenza con le responsabilità organizzative e gestionali definite, prevedendo, ove possibile, una puntuale indicazione delle soglie di approvazione delle spese.

• Sistema di controllo di gestione in grado di fornire tempestiva segnalazione dell’esistenza e dell’insorgere di situazioni di criticità generale e/o particolare. Funzionale a questo è la definizione di opportuni indicatori per le singole tipologie di rischio rilevato ed i processi di risk assessment interni alle singole funzioni aziendali.

• Comunicazione al personale e sua formazione. Requisiti importanti del Modello ai fini del suo buon funzionamento devono riguardare, per quanto attiene alla comunicazione, sia il codice etico sia gli altri strumenti quali i poteri autorizzativi, le linee di dipendenza gerarchica, le procedure, i flussi di informazione e tutto quanto contribuisca a dare trasparenza nell’operare quotidiano. Accanto alla comunicazione, deve essere sviluppato un adeguato programma di formazione rivolto al personale delle aree a rischio, appropriatamente tarato in funzione dei livelli dei destinatari, che illustri le ragioni di opportunità, oltre che giuridiche, che ispirano le regole e la loro portata concreta.

In generale, le fasi operative che complessivamente contraddistinguono i progetti di valutazione e adeguamento del sistema di controllo interno possono essere sintetizzate nel framework sotto indicato:

4. I PASSI OPERATIVI

Le fasi operative descritte comportano, normalmente, lo svolgimento delle attività di seguito indicate da parte di un apposito Gruppo di Lavoro creato dal Soggetto sottoposto a revisione che può essere assistito da specialisti esterni.

A) Inventariazione degli ambiti aziendali di attività

- analisi del quadro normativo e degli ambiti di applicazione alla realtà aziendale,

- individuazione delle aree potenzialmente esposte al rischio di commissione dei reati (revisione periodica esaustiva della realtà aziendale con l’obiettivo di individuare le aree che risultano interessate dalle potenziali casistiche di reato),

- identificazione dei soggetti interessati dall'attività di monitoraggio delle aree di cui sopra, - individuazione dei principali processi aziendali interessati alle attività a rischio di cui sopra, - sviluppo del piano di attività relativo alle fasi successive.

B) Analisi dei rischi potenziali

- analisi storica dell’ente (vicende passate, delle caratteristiche degli altri soggetti operanti nel medesimo settore ed, in particolare, degli eventuali illeciti da questi commessi nello stesso ramo di attività),

MONITORAGGIO DEL

MODELLO ORGANISMO

DI

VIGILANZA ADEGUAMENTO

DEL SISTEMA DEI CONTROLLI PREVENTIVI VALUTAZIONE

DEL SISTEMA DEI CONTROLLI PREVENTIVI ANALISI DEI

RISCHI POTENZIALI INVENTARIAZIONE

AMBITI DI ATTIVITA’

REDAZIONE DEL MODELLO

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- individuazione e rappresentazione esaustiva di come le fattispecie di reato possano essere attuate rispetto al contesto operativo interno ed esterno in cui opera l’azienda,

- definizione di un action plan relativo alle attività di mappatura ed analisi dei processi e dei controlli da svolgere.

C) Analisi del sistema di controlli preventivi.

- Inventariazione e raccolta della documentazione relativa ai processi ed alle attività individuati (procedure, disposizioni organizzative, audit report ecc.),

- schedulazione delle interviste con i responsabili delle aree/processi individuati come rilevanti,

- analisi delle procedure/disposizioni organizzative/policy in essere, - predisposizione di specifiche check list per la valutazione dei controlli, - svolgimento delle interviste,

- formalizzazione delle interviste e conferma dei relativi contenuti con gli intervistati, - individuazione e analisi dei rischi e dei controlli di processo ed informatici,

- individuazione di eventuali carenze nei controlli e mappatura dei processi rilevanti riferiti alle aree di rischio individuate,

- formulazione di suggerimenti relativamente agli aspetti “essenziali” del Modello organizzativo (Codice Etico, procedure manuali ed informatiche, poteri autorizzativi e di firma, sistema di controllo di gestione, ecc.).

D) Remediation plan ed adeguamento del sistema di controlli preventivi - definizione di un action plan e delle azioni da intraprendere,

- attuazione delle azioni definite nell’action plan,

- revisione della corretta e completa attuazione delle azioni di adeguamento definite nell’action plan,

- attività di comunicazione al personale e sua formazione specifica sul Modello.

E) Organismo di Vigilanza

- analisi della struttura organizzativa della Società e degli organi esistenti per verificarne la compatibilità con i requisiti richiesti dal decreto,

- suggerimenti relativi a possibili soluzioni per la composizione dell’Organismo di Vigilanza, - supporto nell’individuare i possibili ruoli e le responsabilità dell’Organismo di Vigilanza, - formulazione di suggerimenti utili ad impostare i flussi informativi dalle funzioni aziendali

all’Organismo di Vigilanza e dall’Organismo di Vigilanza agli altri organi aziendali.

F) Redazione del Modello di Organizzazione, gestione e controllo - redazione del Modello di Organizzazione, gestione e controllo, - redazione del regolamento dell’Organismo di Vigilanza.

G) Monitoraggio del Modello

- supporto nella predisposizione di un piano periodico di verifiche, - predisposizione degli audit program relativi ai singoli test,

- predisposizione della lista della documentazione primaria necessaria ed invio ai responsabili di processo,

- assistenza nello svolgimento di alcune verifiche previste dal Piano;

- analisi delle criticità emerse e sintesi degli ulteriori punti di miglioramento individuati (formulazione di suggerimenti per il miglioramento del SCI).

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5. IL COINVOLGIMENTO DI SPECIALISTI ESTERNI ED IL RUOLO DEL REVISORE E/O DELLE ENTITÀ ADERENTI ALLA SUA RETE

Al fine di definire la portata degli eventuali servizi diversi dalla revisione che il Revisore e/o la Rete possono svolgere con riferimento agli ambiti sopra descritti, appare opportuno applicare il framework metodologico descritto al paragrafo 5 del Documento di ricerca n. 131.

⇒ Con riferimento all’oggetto dei servizi diversi dalla revisione, si ritiene che gli stessi ricadano nella categoria di cui al punto b) del paragrafo 5: i prospettati servizi hanno per oggetto componenti o aree del SCI che sono rilevanti ai fini della revisione. Si ricorda, peraltro, la diversa attitudine ad essere soggetti a tale caratteristica che tali aree e componenti rappresentano nel Soggetto sottoposto a revisione e nelle relative Consociate.

⇒ Con riferimento alle modalità con le quali i servizi diversi dalla revisione possono essere resi, si ritiene che risultino applicabili, nella fattispecie, solo le modalità Advisory2

Tenuto conto delle caratteristiche e del framework sopra descritti, avuto riguardo alle salvaguardie da adottare per ricondurre entro un intervallo ragionevolmente accettabile le minacce per l’indipendenza del Revisore e con riferimento alla descrizione analitica dei possibili ambiti dei Servizi precedentemente fornita, è quindi da ritenersi che:

1 Il Revisore e la sua Rete possano partecipare alle attività relative alle fasi A (Inventariazione degli ambiti aziendali di attività) e B (Analisi dei rischi potenziali) descritte in precedenza, fornendo al Gruppo di Lavoro della Società un supporto metodologico e proponendo sintetiche raccomandazioni in ordine alle stesse. Poiché la responsabilità del progetto è esclusivamente dell’Alta Direzione, tale partecipazione non può assumere una pervasività tale da condizionare o in qualche modo influenzare le attività e le decisioni che verranno prese dal Gruppo di Lavoro bensì dovrà ispirarsi ai modelli tipici di settore (cd best practices) che verranno condivisi dal Revisore e/o dalla sua Rete al fine di fornire un collaudato quadro di riferimento al Gruppo di lavoro stesso. Nel valutare la pervasività dell’intervento, il Revisore e la sua Rete dovranno inoltre considerare il grado di autonomia e di conoscenza specifica della tematica in oggetto da parte del Gruppo di lavoro della società.

2. Con riferimento alla fase C (Valutazione del sistema dei controlli preventivi) , si ritiene che il Revisore e la sua Rete possano partecipare alle relative attività del Gruppo di Lavoro, ferma restando l’esclusiva responsabilità dell’Alta Direzione della Società in ordine alla documentazione dei processi, alla definizione degli eventuali gap individuati ed alla formulazione degli interventi utili al miglioramento del sistema dei controlli preventivi. In particolare nella formulazione del loro contributo al progetto, il Revisore e la sua Rete dovranno ispirarsi ai modelli tipici di settore (cd best practices) che verranno condivisi al fine di fornire un collaudato quadro di riferimento al Gruppo di lavoro stesso.

.

2 “Advisory” – In questo scenario il Soggetto sottoposto a revisione è parte attiva nel progetto, che gestisce e governa in tutte le sue varie fasi, dalla pianificazione all’esecuzione, attraverso un apposito gruppo di lavoro. I servizi diversi dalla revisione resi dallo specialista esterno sono limitati alla fornitura di assistenza di natura metodologica e tecnica al gruppo di lavoro della Società. La Società assume la responsabilità della definizione dei risultati delle analisi e delle azioni conseguenti, nonché dell’assunzione di tutte le decisioni attinenti il progetto . In tale scenario, in presenza delle condizioni più avanti descritte e avuto riguardo all’oggetto dei servizi diversi dalla revisione e alle conseguenti limitazioni e salvaguardie, il Revisore e/o la sua Rete possono prestare al Soggetto sottoposto a revisione servizi che si configurino o ricadano negli ambiti definiti di “Advisory”. In questa ipotesi, infatti, il Revisore e/o le entità della sua Rete mettono a disposizione della Società la propria esperienza professionale e le proprie conoscenze metodologiche relativamente alla rilevazione, documentazione e valutazione dei sistemi contabili e di controllo interno, senza tuttavia esercitare la gestione e/o il governo del progetto e, quindi, non partecipando al processo decisionale del soggetto sottoposto a revisione, che rimane di esclusiva competenza dell’Alta Direzione della Società.

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I suggerimenti eventualmente formulati riguardo agli aspetti essenziali del modello organizzativo non potranno quindi connaturarsi per pervasività o analiticità tali da costituire uno o più disegni alternativi del modello stesso, ma dovranno essere sufficientemente generali da permettere al Gruppo di Lavoro di poter identificare ed implementare modelli anche differenti tra loro.

In merito agli aspetti connessi con le procedure aziendali (manuali ed informatiche) si ritiene che il Revisore e la sua Rete possano partecipare alle attività di mappatura e rilevazione del processo “as is” con l’obiettivo di fornire alla Società l’elenco delle carenze emerse rispetto a benchmark di mercato e a modelli tipici di settore, sempre nell’ambito dei limiti e secondo le modalità già descritte nel presente paragrafo.

3. La fase D (Remediation Plan ed adeguamento del sistema dei controlli preventivi) comporta la scelta di quali e con quali modalità le azioni di rimedio ipotizzate debbano essere adottate, nonché l’implementazione delle stesse. E’ da ritenersi che una parte delle attività di questa fase comportino un significativo processo decisionale e, quindi, lo svolgimento di funzioni proprie del management, che possono risultare incompatibili con il ruolo del Revisore.

E’ da ritenere che permanga escluso il coinvolgimento del Revisore e della sua Rete nelle attività connesse alla comunicazione ed alla formazione specifica del personale, ad ogni livello, della Società, fatto salvo la partecipazione del Revisore e della sua Rete alle attività di formazione, nell’ambito di attività formative organizzate e gestite dalla Società e relative ad aspetti di carattere generale e/o di presentazione della normativa.

E’ da ritenersi parimenti esclusa la possibilità per Il Revisore e la sua Rete di partecipare alla definizione dell’ “action plan” relativo alle azioni da intraprendere in merito ai gap evidenziati mentre gli stessi potrebbero partecipare alle attività di aggiornamento della gap analisi e di aggiornamento dei suggerimenti, per quegli aspetti che dovessero risultare non ancora debitamente implementati.

Il Revisore e la sua Rete si ritiene invece non possano partecipare alle attività di redazione e definizione delle procedure dato il significativo processo decisionale che queste comportano, funzione proprie del management della società3

5. La fase F (Scrittura del modello di Organizzazione, gestione e controllo), è relativa alla redazione di un documento che, ancorché rappresenti la sintesi della situazione della Società in termini di Sistema di Controllo Interno finalizzato alla prevenzione dei reati di cui al Dlgs

.

4. La fase E (Organismo di vigilanza) comporta delle scelte (composizione dell’Organismo di Vigilanza) ed un momento decisionale fondamentali per la realizzazione di un Modello idoneo a consentire alla Società di poter godere dell’esimente nel caso di reati che coinvolgano la Società in fatti connessi al D.Lgs 231/01. Per queste ragioni si ritiene che il Revisore e la sua Rete non possano partecipare alle attività di decisione in merito alla composizione dell’Organismo di Vigilanza. Si ritiene invece che il Revisore e la sua Rete possano fornire alla Società indicazioni in merito a benchmark di mercato, riferimenti a best practice e suggerimenti per la definizione dei flussi informativi tra i vari organi di controllo.

3 Relativamente agli incarichi conferiti ai sensi dell’articolo 2409 – bis c.c., tale limitazione non sussiste e pertanto il Revisore e/o la sua Rete potranno essere coinvolti nell’attività di formazione, purché tale collaborazione rispetti il principio generale di indipendenza sancito dal Principio di Revisione n. 100.

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231/01, per la sua redazione comporta la necessità di operare scelte e decisioni proprie della direzione della Società.

E’ da ritenersi che le attività di questa fase comportino un significativo processo decisionale e, quindi, lo svolgimento di funzioni proprie della direzione, incompatibili con il ruolo del Revisore. Per tali motivi, tali attività non consentono il coinvolgimento del Revisore e della sua Rete, se non relativamente alla formulazione di suggerimenti relativi alla definizione delle macro caratteristiche che il documento stesso dovrebbe avere.

6. La fase G (Monitoraggio del Modello) costituisce momento essenziale del processo finalizzato all’implementazione e mantenimento di un Modello efficace da parte della Società, e le relative attività sono pertanto di esclusiva responsabilità della stessa, tramite l’Organismo di Vigilanza appositamente costituito.

E’ quindi da ritenersi che il Revisore e la sua Rete possano partecipare a tali attività relativamente alla sotto-fase “assistenza nello svolgimento di alcune verifiche previste dal Piano”, a condizione che: (i) tale partecipazione abbia portata, estensione e pervasività limitate;

(ii) le procedure da svolgere, la loro portata ed estensione e le modalità da adottare per lo svolgimento delle stesse siano definite dall’Organismo di Vigilanza; (iii) le valutazioni da svolgere all’esito delle attività rimangano di esclusiva responsabilità dell’Organismo di Vigilanza.

Queste modalità di partecipazione alle attività in esame risultano infatti coerenti con la normativa vigente in relazione all’affidamento al Revisore e/o alle entità aderenti alla sua Rete di incarichi mirati allo svolgimento di specifiche attività di verifica e di analisi delle procedure che concorrono a formare il sistema amministrativo-contabile, a condizione che l’Organismo di Vigilanza (come organo indipendente di emanazione dell’Alta Direzione) mantenga la piena responsabilità della definizione del programma di lavoro e della valutazione dei risultati delle verifiche svolte.

DICEMBRE 2008

"I contenuti del presente documento, aggiornati alla data di elaborazione del documento stesso, riguardano tematiche di carattere generale, senza costituire assistenza e consulenza professionale per singole e concrete fattispecie. Tutti i diritti riservati."

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Allegato 1

1. Le tipologie di reati

Quanto alle tipologie di reati cui si applica la disciplina in esame, il legislatore delegato ha inizialmente optato per una scelta minimalista rispetto alle indicazioni contenute nella legge delega (l. n. 300/2000) evidenziando, nella relazione di accompagnamento al D. Lgs. n. 231/2001, la possibile e prevedibile estensione della disciplina in questione anche ad altre categorie di reati.

Tale previsione si è rilevata corretta alla luce dei successivi interventi normativi che hanno esteso il catalogo dei reati cui si applica la disciplina del decreto n. 231/2001, sintetizzabili, ad oggi in:

- Reati in danno della Pubblica Amministrazione

 art. 24 (Indebita percezione di erogazioni pubbliche, Truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico, Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, Frode informatica in danno dello Stato o di altro Ente Pubblico, Malversazione in danno dello Stato o di altro Ente Pubblico, Indebita percezione di contributi, finanziamenti o altre erogazioni in danno dello Stato o di un Ente Pubblico, Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche)

 art. 25 (Concussione, Corruzione per un atto d’ufficio, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, Corruzione in atti giudiziari, Istigazione alla corruzione, Peculato, concussione ed istigazione alla concussione di membri degli Organi delle Comunità Europee o di Stati Esteri),

- Reati “nummari” disciplinati dalla legge 23 novembre 2001, n. 409

 art. 25-bis (Falsità in monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate, Alterazione di monete, Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate, Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede, Falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati, Contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo, Fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla fabbricazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata, Uso di valori di bollo contraffatti o alterati)

- Reati “societari” introdotti dal D. Lgs. n. 61/2002 ed aggiornati con la Legge 262/05

 art. 25-ter (False comunicazioni sociali, False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori, Falso in prospetto, Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della società di revisione, Impedito controllo, Formazione fittizia del capitale, Indebita restituzione dei conferimenti, Illegale ripartizione degli utili e delle riserve, Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, Omessa comunicazione del conflitto d’ interessi, Operazioni in pregiudizio dei creditori, Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori, Indebita influenza sull’assemblea, Aggiotaggio, Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza)

- Reati aventi finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico in base alla legge di

“Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo fatta a New York il 9 dicembre 1999” ed introdotti con la Legge 7/2003

 art. 25-quater (Associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, Reato di assistenza agli associati, Arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale, Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale, Condotte con finalità di terrorismo).

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- Reati di Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, introdotti dalla legge 7/06

 art. 25-quarter.1 (es. clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione), - Delitti contro la personalità individuale ai sensi della legge 228/03

 art. 25-quinquies (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, Prostituzione minorile, Pornografia minorile, Detenzione di materiale pornografico, Pornografia virtuale, Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, Tratta di persone, Acquisto e alienazione di schiavi)

- Reati di Market abuse, ai sensi della legge 62/05

 art. 25-sexies (abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato), - Reati “transnazionali” previsti dalla legge 146/06

 Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, Favoreggiamento personale, Associazione per delinquere, Associazione di tipo mafioso, Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, Traffico di migranti)

- Reati della relativi alla salute e sicurezza sul lavoro, introdotti dalla legge 123/07 e dal T.U.

81/08

 art. 25-septies (omicidio colposo, lesioni colpose gravi o gravissime)

- Reati in materia di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita

 art. 25-octies (ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita)

- Delitti informatici e trattamenti illecito dei dati, introdotti dalla legge 48/08 relativa alla

"Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001

 art. 24-bis (Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi, informatici o telematici, Diffusione di apparecchiature informatiche, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico, Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche, Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche, Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici, Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità, Danneggiamento di sistemi informatici o telematici, Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità, Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica, Documenti informatici)

- Reati di inquinamento provocati dalle navi, introdotti dal Dlgs 202/07

 Inquinamento doloso e colposo causati da versamento nelle acque di sostanze pericolose

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2. La condizione di applicazione (interesse o vantaggio)

È opportuno ricordare che la responsabilità dell’ente sorge soltanto in occasione della realizzazione di uno o più dei reati precedentemente indicati da parte di soggetti legati a vario titolo all’ente e solo nelle ipotesi che la condotta illecita sia stata realizzata nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso.

Dunque, non soltanto allorché il comportamento illecito abbia determinato un vantaggio, patrimoniale o meno, per l’ente, ma anche nell’ipotesi in cui, pur in assenza di tale concreto risultato, il fatto-reato trovi ragione nell’interesse dell’ente.

3. Le sanzioni

Le misure sanzionatorie previste dal DLgs. 231/01 a carico delle Società sono di quattro tipi e precisamente:

1) pecuniare: da un minimo di € 25.000 circa ad un massimo di € 1.550.000 circa, applicate in quote

2) interdittive: per un periodo non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni, dall’esercizio di: • un’attività, con la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni

funzionali allo svolgimento dell’attività medesima,

• contrattare con la Pubblica Amministrazione,

• ottenere agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale sospensione di quelli già concessi,

• pubblicizzare beni o servizi.

3) confisca del profitto, ad opera dell’Autorità Giudiziaria, del prezzo o del profitto generati dal reato,

4) pubblicazione della sentenza, che può affiancarsi, a discrezione del giudice, alla sanzione di natura interdittiva ed è effettuata a spese della Società, per una sola volta, per estratto o per intero, in uno o più giornali indicati dal Giudice e mediante affissione nel Comune dove si trova la sede principale della Società.

4. L’esimente

L’art. 6 del provvedimento in esame contempla tuttavia una forma di “esonero” da responsabilità dell’ente se si dimostra, in occasione di un procedimento penale per uno dei reati considerati, di aver adottato ed efficacemente attuato Modelli di organizzazione, gestione e controllo (di seguito Modello) idonei a prevenire la realizzazione degli illeciti penali considerati.

La norma stabilisce che le associazioni di categoria possono disegnare i codici di comportamento, sulla base dei quali i singoli Modelli dovranno essere redatti.

Il decreto richiede inoltre l’istituzione di un organo di controllo (Organismo di Vigilanza) interno all’ente con il compito di vigilare sull’efficacia reale del Modello.

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