1.4 LA STORIA DEGLI STRUMENTI URBANISTICI
Nel 1927, in analogia con la situazione delle altre città italiane, anche l’Ufficio Tecnico Comunale di Livorno redige un piano regolatore, che, sebbene non venga adottato dall’amministrazione comunale, due anni dopo, viene esposto alla prima mostra nazionale dei Piani Regolatori Generali, tenuta a Roma.
Figura. 1.5 Planimetria del Piano Regolatore Generale del 1927
Questo piano, pur non essendo mai entrato in vigore, condiziona profondamente la crescita e lo sviluppo della città, rendendo possibile il riassetto urbanistico, dettato dalla politica di intervento del regime fascista e necessario per garantire la salute pubblica in seguito delle epidemie di colera del 1904 e del 1911. Il progetto di riorganizzazione della città prevede, in primo luogo,
infatti, demolite la parte meno recente della Venezia Nuova, la zona intorno al Duomo e Via Cairoli. In seguito a tali cambiamenti si delinea, inoltre, una divisione in settori della città legata alla condizione sociale degli abitanti, a nord vengono raggruppate le classi lavoratrici e a sud le famiglie altolocate, mentre la parte centrale viene destinata alla funzione direzionale.
Il centro di Livorno assume, quindi, un ruolo completamente nuovo diventando il fulcro direzionale della città in cui si assiste a operazioni di investimento fondiario da parte di istituti di credito e alla costruzione di nuove opere pubbliche.
In seguito allo spostamento a nord della città delle residenze operaie nasce e si sviluppa del sobborgo di Torretta, seguito da un successivo ampliamento realizzato dall’Istituto Case Popolari, con la nascita dei quartieri Filzi (detto Shangay, 1930) e Barriera Garibaldi (1933).
IL PIANO DI RICOSTRUZIONE E IL PRG DEL 1961
Alla fine della seconda guerra mondiale il centro, la zona industriale e il porto, della città di Livorno risultano fortemente danneggiati dai bombardamenti e la popolazione si trova ad affrontare una situazione di forte precarietà per gli abitanti rimasti senza casa. Al fine di risolvere questa situazione il comune interviene su diversi fronti elaborando un Piano di Ricostruzione, lavorando per la stesura del Piano Regolatore Generale e costruendo nuovi quartieri per accogliere le famiglie temporaneamente ricoverate in baracche periferiche. Mancano però le premesse per una ricostruzione studiata a salvaguardia dell’identità storica della città, il comune mira, infatti, al risanamento degli edifici meno danneggiati, ma allo stesso tempo demolisce quelli parzialmente recuperabili.
La redazione del Piano di Ricostruzione viene assegnata dal Ministero all’ing. Carlo Roccatelli, che si ispira ai progetti del Piacentini che prevedono sventramenti, raddrizzamenti e ampliamenti degli edifici. Allo stesso tempo, però, l’attività di riedificazione della città, viene lasciata all’iniziativa di privati, con il risultato di un intensivo utilizzo del suolo.
Nel 1942, in seguito alla stesura della legge 1150, il Comune è obbligato a dotarsi di un Piano Regolatore Generale. La stesura definitiva avviene, dopo varie modifiche, nel 1958 sotto la
Questo piano non prevede particolari espansioni del tessuto urbano, ma, mirando allo svuotamento accelerato dagli eventi bellici posti nel cuore della città, prevede un decentramento nelle periferie di servizi come scuole, centri civici, mercati rionali e attrezzature sportive.
Figura. 1.6 Planimetria generale del PRG del 1957
Tra i principali obiettivi del nuovo piano regolare vi è la realizzazione di un grande asse viario (definita “tangenziale”), tangente ad est e a sud al centro ottocentesco, finalizzato al collegamento delle arterie principali della città quali il Viale degli Acquedotti, il lungomare e, con derivazione radiale, anche la strada di circonvallazione costruita a sud della città sopra il percorso della cinta doganale del 1887. Con la realizzazione della nuova tangenziale il comune cerca di decongestionare il centro, spostando le attività direzionali a sud, riqualificando i quartieri
ottocenteschi e conferendo una forma urbana alla vasta fascia di orti uniti alla città a seguito dell’espansione dei confini cittadini. Il piano prevede, inoltre, l’interruzione dell’espansione “a macchia d’olio” attraverso la costruzione di nuclei esterni presso i sobborghi agricoli di Salviano e Colline e nella campagna di Pian di Rota, la conservazione di aree lasciate a verde intorno all’anello ferroviario e la realizzazione, in una larga fascia agricola, di attrezzature sportive tese a separare Livorno e Ardenza.
Parallelamente alla stesura del Piano Regolatore Generale, il Comune si dedica, insieme all’Istituto Case Popolari, ad una fervente attività edilizia che non tiene conto delle possibili implicazioni urbanistiche. L’edilizia pubblica concentra la propria attenzione nei sobborghi di Colline (estensione dell’agglomerato preesistente in Via di Salviano), Coteto (antico villaggio della Cassa di Risparmio), Sorgenti e Corea (quartiere nato nell’area tra l’Aurelia e i cimiteri comunali), che entrano come stato di fatto nel PRG del ’58. Ultimo insediamento realizzato in questi anni, ma non previsto dal piano, è il quartiere La Rosa, che collega la città e l’Ardenza.
In questi anni nella progettazione e gestione del settore abitativo pubblico, il cui unico protagonista finora è stato l’Istituto Case Popolari, vengono coinvolti soggetti esterni come le cooperative e le imprese, che si adoperano a costruire le case, ma anche a
lottizzazione delle zone destinate ai Piani per l’Edilizia Economico Popolare. In un periodo in cui la popolazione subisce un notevole e continuo aumento con conseguente richiesta di abitazioni a buon mercato, gli interventi previsti dai PEEP si distinguono in quelli che mirano a un completamento degli insediamenti esistenti (La Rosa, Coteto, Stella, Bastia, Corea, Orosi) e quelli che individuano nuove aree di edificazione (Salviano, Venezia, Borgo Cappuccini, Villa Fabbricotti‐San Jacopo, Montenero, Antignano e Quercianella).
Figura. 1.7 Il Piano PEEP del 1963
IL PRG DEL 1980
Nata come una città compatta, omogenea, popolare, Livorno si presenta alla fine degli anni ’60 come una città caratterizzata da una evidente zonizzazione.
Le industrie sono concentrate nella parte settentrionale del territorio comunale e al limite di questa fascia si sviluppano i quartieri con forte connotazione popolare (Venezia, Filzi, Corea,
Sorgenti), in cui si riscontra un’alta carenza di servizi, dove il verde e gli spazi pubblici sono ridotti a limitate zone o relegati alle estremità. Le stesse carenze le ritroviamo nella fascia dei borghi (San Marco‐Pontino, Benci, Magenta, Borgo Cappuccini, San Jacopo), che costituiscono l’insieme dei quartieri sopravvissuti alla guerra e ai successivi interventi di risanamento del centro cittadino. Nelle aree delle ville a sud di tali borghi e lungo la costa sorgono invece i quartieri medi e ricchi, in cui sono ancora evidenti interruzioni nel tessuto urbano (tra Coteto e La Stella, tra Ardenza terra e Antignano centro).
È in questa situazione che si inserisce il nuovo Piano Regolatore Generale, redatto sotto la direzione dell’arch. Italo Insolera e approvato nel 1980, con l’obiettivo di limitare la nuova edificazione, puntando ad ottenere una città basata sulla qualità della vita e sul rinnovo urbano, intervenendo sia sui manufatti edilizi che sulla dotazione di servizi sociali.
Tra gli elaborati del Piano Regolatore è presente anche il piano PEEP, comprendente il PEEP originario redatto nel 1963 con le modifiche e varianti successive, oltre a una Variante Generale riguardante nuove aree vincolate per l’edilizia economica e popolare da aggiungere a quelle già comprese nel piano.