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Una monumentale opera supera spazi e confini tradizionali

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15-12-2019

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ICA

Una monumentale opera supera spazi e confini tradizionali

Se la storia si apre alla diversità

Ermanno Bencivenga

U

na delle cose che ho sempre rimproverato al- la mia educazione licea- le, peraltro ottima, è che se ne usciva con un'illusione di completezza: avendo «fatto» la storia, e anche la storia della filo- sofia, dell'arte e di varie letteratu- re, si presumeva di avere il «qua- dro» della situazione, l'«idea ge- nerale» di tutto; quindi si poteva passare a occuparsi d'altro (di banche, di processi, di aziende...).

In realtà non era così: di queste storie si sapeva ben poco. Ma si era appreso un linguaggio; quello che circolava tra la maledetta

«classe dirigente» e permetteva a chi lo parlasse di ammiccare con aria d'intesa se nel discorso veni- vano fuori la battaglia di Lepanto, la dialettica hegeliana o i ritratti di Rembrandt. Poi magari questa stessa persona non avrebbe rico- nosciuto un Rembrandt in un museo, non sapeva dove fosse esattamente Lepanto o riduceva la dialettica hegeliana alla stanca e fallace formula tesi/antitesi/

sintesi; ma in gioco non era co- munque cultura, era una batteria di riferimenti con cui identificare i propri pari ed escludere gli igno- ranti del Nuovo o Nuovissimo Mondo i quali di Lepanto non co- noscevano il nome.

Con il tempo, la natura euro- centrica di quei riferimenti è stata messa in discussione, il mondo si è globalizzato ed è divenuto di moda evocare nomi e luoghi più esotici. Ci si è resi conto insomma che anche altri continenti aveva- no una loro storia, e arte e filoso- fia e letteratura; si è criticato il

«canone»; se ne sono costruite versioni più accoglienti. E in que- st'ottica che vedo inserita la Storia del mondo dall'anno a000 ai giorni nostri di Francesca Canale Cama, Amedeo Feniello e Luigi Mascilli

Migliorini, professori alle Univer- sità della Campania, dell'Aquila e L'Orientale di Napoli. Un libro per certi versi enorme, di oltre mille- trecento pagine, ma del tutto pro- porzionato se visto come manua- le per un liceo. Copre infatti, più o meno, gli ultimi tre anni del pro- gramma di storia, in modo corpo- so ma non fuori misura.

La pubblicità editoriale vorreb- be convincerci che il libro «mo- stra i fili e i legami nascosti che uniscono la storia degli uomini sulla terra» e «la costante inter- connessione che ci appare erro- neamente come la grande novità del solo nostro tempo». In realtà, di Marco Polo e della Via della seta si parlava anche nel mio manuale, mezzo secolo fa, e fili e legami qui non hanno un'evidenza molto maggiore. Il capitolo sulla Rivolu- zione francese, per dirne una (che comprende anche Napoleone e arriva fino al Congresso di Vien- na), è un resoconto chiaro e con- ciso (una ventina di pagine) di quanto avvenne allora in Europa, che avrebbe potuto figurare, sen- za variazioni, in un qualsiasi ma- nuale tradizionale, e lo stesso vale per il capitolo che si occupa del passaggio dal feudalesimo ai co- muni, o per quello sulla Grande guerra. (In tema di fili e legami, sarebbe stato carino spendere due parole sull'episodio narrato da Peter Weir in Gallipoli, quando nel 1915 soldati australiani si tro- varono a combattere in Turchia.

Nel film la storia è un po' roman- zata, ma l'insensatezza «globale»

dell'evento è significativa.) Quel che c'è di meno tradizio- nale, in questo libro, è il fatto che il capitolo sulla Rivoluzione fran- cese sia seguito da un altro sulla Rivoluzione americana e sulle guerre di liberazione nell'Ameri- ca latina, e da un altro sull'Africa, entrambi pure di una ventina di pagine; che di Africa si parli anche indipendentemente dalla colo

nizzazione europea (Iniziando con un lodevole «Troppo a lungo quella africana è stata considerata una storia che non esiste. Si sono accumulati stereotipi e pregiudi- zi»); che l'America venga raccon- tata anche prima della sua «sco- perta». L'Europa, ivi incluse le sue politiche imperialiste, occupa un migliaio delle pagine complessi- ve; ma le aperture al diverso sono certo da apprezzare.

Eppure la mia perplessità ri- mane la medesima che accompa- gnò la mia educazione liceale. Co- me si sconfigge l'autoreferenzia- lità di una finta cultura che si bea dell'illusoria completezza della sua conoscenza? Come visi intro- duce il sospetto che esistano me- todologie e punti di vista total- mente alieni, non assimilabili al suo sguardo d'aquila? Informan- dola dell'esistenza di urì regno del Congo creato a metà del XIV seco- lo, della presenza tolteca nello Yucatan fra il a000 e il 1200 o del regno cambogiano di Angkor (a partire dal IX secolo)? Ne dubito.

È «la storia» come narrazione unitaria che deve terminare: fran- tumarsi in storie solo rizomatica- mente connesse, in prospettive non riconducibili sotto un singolo tetto. Se questo è, a tutti gli effetti, un manuale, aspetto di vederne un altro che si accontenti di aprire qualche squarcio in tali prospetti- ve, che sappia guardare da lì e si fermi quando le sue capacità em- patiche si sono esaurite, lascian- doci il senso che c'è ancora un mondo di cose che non sappiamo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

19f#19 B g0R sdf Relc T f Francesca Canale Cama, Amedeo Feniello

e Luigi Mascilli Migliorini Laterza, Bari-Roma, pagg. XVIII+1291, 38

Si va oltre la visione eurocentrica, con l'inclusione di altri continenti e altre culture

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