• Non ci sono risultati.

L’INIZIO E LA FINE: ARREPHORIA E PROTELEIA CAPITOLO V

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L’INIZIO E LA FINE: ARREPHORIA E PROTELEIA CAPITOLO V"

Copied!
19
0
0

Testo completo

(1)

1

CAPITOLO V

L’INIZIO E LA FINE: ARREPHORIA E PROTELEIA

Si è già osservato il rapporto che Artemide intrattiene singolarmente con Atena e Afrodite. Il rituale delle arrefore sull’Acropoli ateniese vedeva coinvolte in primo luogo Atena e, in secondo luogo, Afrodite. Questo rituale rappresentava l’inizio del percorso educativo delle bambine, marcando l’ingresso nella fase adolescenziale, allo stesso modo del koureion per i ragazzi durante le Apaturie, e precedeva quello nel dominio di Artemi-de, con l’aiuto della quale affrontavano la pubertà.

Per le bambine, il rituale dell’arkteia coincideva con la fase della pubertà, durante la quale erano preparate al loro futuro ruolo in società. In quanto rito di passaggio, presenta alcuni aspetti analoghi all’arreforia, come la reclusione per un certo periodo di tempo in un luo-go isolato, i limiti d’età, certe norme da rispettare (come l’alimentazione o un abito parti-colare) e concorre, come tutti i rituali iniziatici, alla morte rituale delle fanciulle, che ab-bandonavano la condizione precedente per rinascere come individui nuovi.

Artemide, Atena e Afrodite erano presenti anche alla fine, durante i sacrifici e le offerte della proteleia. Si trattava, infatti, del sacrificio compiuto dalle ragazze prima del giorno delle nozze, per compiere il quale si recavano sull’Acropoli, probabilmente accompagnate dalla famiglia, per sacrificare alla dea (Atena o Artemide). Come indica la parola stessa, la proteleia precedeva il matrimonio (telos) attraverso il quale la giovane donna raggiun-geva il compimento individuale1. Il sacrificio (thusia), che lì si compiva, permetteva ad ogni ragazza di intraprendere quel passaggio, rappresentato a livello selettivo da arreforia e arkteia, che conduceva all’integrazione nella società civilizzata.

1

Suda s.v. Προτέλεια e s.v. Προτέλειον in cui il matrimonio (gamos) è chiamato anche telos. Sul significato di telein si veda BURKERT 2002 pp.22 e sgg. e Cap. II.

(2)

2

V.1 L’ARREPHORIA: UN «RITE D’ADOLESCENCE»2

L’unica fonte disponibile sul rituale che ogni anno svolgevano le arrefore è costi-tuita da Pausania (1, 27, 3), il cui passo però ha suscitato non poche perplessità. Subito dopo aver descritto il recinto sacro di Pandroso, il periegeta espone ciò che accadeva di notte sull’Acropoli: due parthenoi ricevevano una cesta dalla sacerdotessa di Atena Po-lias, il cui contenuto non era noto né alle une né all’altra, che avevano il compito di porta-re attraverso un passaggio sotterraneo naturale (κάθοδος ὑπόγαιος αὐηομάηη), fino al san-tuario di Afrodite detta nei giardini (καλοσμένης ἐν Κήποις). Lì le fanciulle depositavano il loro fardello e ne prendevano un altro, ugualmente ben coperto, che portavano sull’Acropoli, dopo di che erano congedate.

Le indicazioni topografiche fornite da Pausania non sono così precise come potrebbero apparire a una prima lettura del testo. Infatti, se è possibile affermare che il punto di par-tenza della passeggiata notturna fosse l’Acropoli, la destinazione non era nota con altret-tanta certezza nemmeno all’autore stesso. L’uso di ou porro dà un’indicazione generica su dove fossero dirette: secondo l’ipotesi più accreditata questa locuzione non si riferireb-be al genitivo che lo precede (ηῆς καλοσμένης ἐν Κήποις Ἀθροδίηης) ma avrebriferireb-be un va-lore avverbiale, identificando così la loro meta nel santuario di Afrodite nei giardini non lontano dall’Acropoli3. Poiché questo peribolos, specifica Pausania, si trovava en te polei non poteva trattarsi del santuario nell’Ilisso, fuori le mura, di cui aveva già parlato in pre-cedenza (1, 19, 2): è un santuario infatti troppo distante per le bambine che trasportavano di notte il proprio fagotto. Invece il “passaggio sotterraneo naturale” che conduceva le ar-refore verso il basso è stato identificato in una faglia nella roccia, il cui uso risale al XIII secolo a.C. L’inizio di questa discesa si trova proprio nel recinto accanto all’Arrephoreion, dove le parthenoi risiedevano per qualche tempo: il rituale sfruttava quindi un antico percorso miceneo, formato da otto rampe di scale in legno e pietra che permetteva di collegare la sommità dell’Acropoli con le pendici settentrionali, poiché era unito all’esterno con la ex grotta di Aglauro4. Il santuario di Afrodite en kepois è stato

2

Così è stato definito da CALAME 1977 p.238.

3

La traduzione sarebbe così: “vi è in città, non lontano, un recinto di Afrodite detta nei giardini”. Su questa ipotesi si veda BURKERT 1975 pp.26-27; CALAME 1977 pp.237-239; PARKE 1977 pp.141-143; SIMON 1983 pp.40-41; CALAME 1992 pp.134-138.

4

(3)

3

dentificato in una grotta non distante, dove da una serie di ritrovamenti e iscrizioni si è appurato che lì aveva sede un culto dedicato ad Afrodite ed Eros5.

FIGURA 1. ACROPOLI ATENIESE NEL II SECOLO a.C. (Travlos 1971)

In particolare è possibile osservare il Pandroseion (5); l’Arrehoreion (6); santuario di Afrodite Pa n-demos (9); la ex grotta di Aglauro (Kourotropheion?; 14); grotta di Aglauro (12); santuario di Afr

o-dite ed Eros (13); santuario della Ninfa (18).

Un’altra interpretazione, invece, ugualmente molto soddisfacente, segue alla lette-ra il testo di Pausania riferendo ou porro al peribolos di Afrodite nei giardini: in tal modo la destinazione del percorso delle arrefore non sarebbe resa esplicitamente. È probabile, quindi, che la meta possa essere identificata in una delle numerose grotte che costellano la parete settentrionale dell’Acropoli e non lontano dal santuario di Afrodite ed Eros.

5

Sugli scavi condotti lungo le pendici nord e il santuario di Afrodite ed Eros si vedano i resoconti di scavo di BRONEER, Eros and Aphrodite on the North Slope of the Acropolis in Athens, Hesperia, 1932; Id.

tions on the North Slope of the Acropolis in Athens 1931-1932, Hesperia, 1933, pp.333-338; Id., Excava-tions on the North Slope of the Acropolis in Athens 1933-1934, Hesperia, 1935, pp.119, 125-132.

(4)

4

troppo molti dei culti che si praticavano all’interno di questi piccoli santuari naturali re-stano anonimi. L’ipotesi più convincente è che le arrefore depositassero il loro fardello alla fine della loro discesa notturna, quindi nella ex grotta di Aglauro. Pausania, inoltre, pone l’accento sulla discesa delle ragazze e sul fatto che il recinto, dove depositavano la loro cesta, comunicasse direttamente con il sentiero naturale: questa descrizione si adatta pienamente alla conformazione dell’Acropoli e all’uso dell’antica scala interna di epoca micenea6.

Secondo quest’ultima ipotesi, però, rimarrebbe da chiarire quale culto avesse sede nel

pe-ribolos descritto da Pausania, e per far questo è necessario riportarsi al mito eziologico,

riconosciuto nel racconto delle tre figlie di Cecrope, primo re mitico dell’Attica, metà uomo e metà serpente. Le tre sorelle, Aglauro, Pandroso ed Erse, ricevettero da Atena una cesta da sorvegliare con l’assoluto divieto di aprirla. Due di loro però, mosse da curiosità, disobbedirono al suo volere e ne scoprirono il contenuto: ne uscì un serpente che proteg-geva il bambino Erittonio, nato dalla Terra e dal seme di Efesto dopo che costui aveva tentato di violare la verginità di Atena. Le sorelle, in preda alla follia suscitata dalla colle-ra di Atena, si gettarono giù dalle pendici settentrionali dell’Acropoli, andando incontro alla morte7.

Le due arrephoroi ripercorrevano simbolicamente la stessa discesa dalla sommità dell’Acropoli, dove trovava posto, all’interno dell’Eretteo, il culto di Pandroso, l’unica figlia ad aver obbedito alla richiesta della dea. Sulle pendici dell’Acropoli invece, nel punto dove le due sorelle avevano trovato la morte, dovevano trovarsi i loro luoghi di cul-to: nella grotta lungo il fianco orientale è stato riconosciuto il santuario di Aglauro, in cui prestavano giuramento gli efebi. Il santuario di Erse non è stato identificato con certezza, anche se è possibile presumere che non fosse troppo distante da quello di Aglauro e di Pandroso. È stato perciò ipotizzato che il culto di Erse avesse luogo nella grotta posta in corrispondenza dell’arrephorion e in precedenza identificata come grotta di Aglauro:

6

Secondo questa ipotesi la traduzione del testo sarebbe: “vi è in città un recinto non lontano dall’Afrodite

detta nei giardini”. Sull’ipotesi avanzata da Pirenne-Delforge e qui riproposta si veda Id. 1994 pp.54-60 e

CALAME 2010 pp.250-253. Analogamente Pierre Brulé ritiene che le arrefore dovessero recarsi nel

Kouro-tropheion, dedicato ad Erse, che però andrebbe cercato in direzione dell’Ilisso (non lontano dal santuario

di Afrodite nei giardini): Id. 1987 pp.93-95.

7

Sul mito delle figlie di Cecrope si veda Eur. Ione, 20-26; 268-274; Paus. 1, 18, 2; Ib. 1, 27, 2 in cui riporta che la sola Pandroso rimase fedele al volere di Atena; analogamente in Apollod. Bibl., 3, 14, 6. Cfr. BUR-KERT 1975 pp.35-37.

(5)

5

condo un’altra ipotesi, cui sopra si è accennato, era questo il peribolos descritto da Pausa-nia, dove le arrefore depositavano la loro cesta per poi prenderne un’altra ben coperta8. La scelta di Erse in realtà non è casuale e ben si adatta all’interpretazione del rituale (infra parag. V.1.1): il significato di erse (ἕρζη), rugiada, richiama l’importanza della fertilità in generale, sia della terra, in quanto indispensabile per la crescita delle piante e dei frutti, sia umana, dal momento che Erittonio stesso, nel mito delle Cecropidi, è nato dalla

rugia-da di Efesto9. Inoltre Erse era nota soprattutto come Kourotrophos, un termine che sottin-tende l’importanza della crescita di una nuova progenie10.

V.1.1. UN’INTERPRETAZIONE DEL RITUALE

Attraverso il collegamento con la figura di Afrodite ed Erse, il rituale introduceva le fanciulle nel dominio della loro futura sessualità. Il mito forniva, però, un altro inse-gnamento alle ragazze, e cioè che sarebbero state introdotte in questo dominio nei tempi e nei modi giusti, invece Aglauro ed Erse sarebbero state punite da Atena perché venute a conoscenza del segreto della procreazione anzitempo. Ciò è rappresentato nel mito dall’infante Erittonio e dal serpente, un animale che è espressione del potere generatore della vita11. Inoltre, il bambino è frutto di un tentativo di violenza nei confronti di una

parthenos, la dea Atena, mostrando quindi alle arrefore le conseguenze di una sessualità

8

. Le tre sorelle erano quindi legate ai riti di iniziazione della gioventù ateniese: Aglauro era presente per ciò che riguarda la componente maschile, mentre Pandroso ed Erse per la componente femminile attra-verso l’arreforia. Ciò è dimostrato anche dal fatto che sono attestate alcune iscrizioni da parte di ex-arrefore dedicate a Pandroso ed Atena: IG II2 3315, 3472, 3488. Non ad Erse, perché Pandroso rappresen-ta il modello di comporrappresen-tamento ideale per le parthenoi stesse, oltre ad essere anche un epiteto della dea (schol. Ar. Lys. 439).

9 Droson Hephaistoio: Call. Hec., fr. 260, 19. Erse deriverebbe dalla radice arrhe (da cui in attico deriva

an-che drosos) con il significato di umidità e fertilità: cfr. BURKERT 1975 p.42; SIMON 1983 pp.44-46; CALAME 2010 p.252. Anche il nome Pandroso, tutta rugiada, fa riferimento a questa idea di fertilità espressa attra-verso la rugiada e l’acqua. Il sostantivo erse è usato nell’Odissea per indicare i cuccioli di animali: Od. IX, 222. Cfr. Hsch. s.v. ἕρςαι.

10

Alcune fonti letterarie ed epigrafiche riportano più frequentemente Kourotrophos associato a Pandroso e Aglauro, e non il nome di Erse: cfr. BRULE’ 1987 pp.38-39.

11

BURKERT 1975 p.41. Lo studioso inoltre segnala numerosi esempi in cui serpente e bambino si trovano spesso associati in diverse varianti che vanno dall’identificazione, all’assistenza fino all’uccisione dell’uno o dell’altro (Ib. n.27). Sul serpente cfr. BODSON 1978 pp.70, e 80-82 in rapporto al mito di Erittonio. Il ser-pente rappresenta anche la duplice natura di Atena come dea kourotrophos che si prende cura del piccolo Erittonio, e allo stesso tempo come colei che con la sua aeghis (raffigurata con numerosi serpenti nelle e-stremità) suscita la paura nei cuori delle ragazze appena sposate: cfr. Suda s.v. Αἰγίσ.

(6)

6

negativa quando “non è addomesticata, quando non è ancora acculturata dal

matrimo-nio.”12 È a questo che alludeva il divieto di aprire la cesta e il non conoscerne il contenuto sia da parte della sacerdotessa di Atena che delle arrefore: si trattava di un divieto di natu-ra sessuale, che doveva suscitare sgomento al punto da natu-rasentare la follia (come per le Cecropidi) nel caso in cui fosse infranto.

Il terrore che colse le due sorelle non può definirsi lo stesso della ragazza il giorno delle nozze, in cui avveniva l’incontro con l’altro sesso, con ciò che è diverso da sé: nel primo caso, la paura porta all’autodistruzione, poiché Aglauro ed Erse non erano preparate alla scoperta, mentre nel secondo caso la giovane, che durante la sua crescita si era posta sotto la protezione di Atena e Artemide, accettava questo incontro, legittimato dal matrimonio, da cui aveva origine una nuova vita13.

All’interno del mito ritorna l’elemento centrale del rituale svolto dalle arrefore, in altre parole una cesta il cui contenuto doveva rimanere segreto. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che il nome stesso, arrefora, derivasse dal contenitore che trasportavano e quindi significasse “colei che porta l’arrichos”, un cesto di vimini, in analogia con altri composti desinenti in –phoros come ad esempio kanephora è colei che porta il kanoun, il cesto sacrificale14. In tal modo si spiega sia l’alternanza di arrephoria ed errephoria,

12 VERNANT 2001 p.134. Si veda inoltre Ib. pp.133-136; CALAME 1977 pp.189, 239; BRULE’ 1987

pp.300-303, 344-346. Si veda inoltre lo Ione euripideo, che “rivive di continuo il mito delle Cecropidi” (BURKERT 1975 p.46), dove Creusa, figlia di Eretteo, soccombe all’amore di Apollo, unendosi a lui illegittimamente, fuori dal matrimonio. Da questa unione virginale nasce Ione, abbandonato alla nascita (sulle pendici set-tentrionali dell’Acropoli dove fu concepito). Quest’unione conduce Creusa a un futuro sterile e senza figli (vv. 452-491 in cui il Coro prega sia Atena sia Artemide, le due dee vergini, per assicurare a Creusa una prole numerosa).

13

Sulla paura suscitata dalle nozze si veda ad esempio Call. Delo, 296-297 in cui il canto dell’Imeneo turba il cuore delle giovani prima del matrimonio; in Anth. Pal. 9, 245 il primo giorno delle nozze (intese come una sottomissione al giogo di Afrodite, πρωτόηυγα Κφπριν) è descritto come un giorno di terrore per le vergini (ξυνὸν παρκενικαῖςι φόβον).

14

L’ipotesi è stata espressa per la prima volta da Robertson N., The Riddle of the Arrephoria at Athens, HSPH, 87, 1983, pp.241-288 e ripresa da BRULE’ 1987 pp.88-89; PIRENNE-DELFORGE 1994 p.53. Sull’arrichos cfr. inoltre Ar. Av., 1309.

(7)

7

siderati come equivalenti e variazioni fonetiche della stessa parola arrichos15, sia la diffu-sione dell’arreforia in altri ambienti cultuali come quello di Demetra e Kore oppure nelle Epidaurie, durante le quali l’arrefora era semplicemente colei che trasportava panieri o cesti di vimini16. Su quale fosse il contenuto di queste ceste è possibile avanzare soltanto qualche ipotesi, tra cui quella più plausibile è che si trattasse dell’anastatos, il pane lievi-tato preparato appositamente per le arrefore in forme allusive alla fertilità e alla sessualità, aspetti a cui fa riferimento anche il mito eziologico. Le forme potevano essere quelle di serpenti e di phalloi, presagio di quello che sarebbe stato il loro futuro di donne, mogli e madri ideali17.

Pausania inoltre riferisce di un altro fagotto, ben avvolto in panni (ἐγκεκαλσμμένον), di cui anche in questo caso non si conosce il contenuto: forse qualcosa che riproduceva la sagoma di un infante, come il piccolo Erittonio, simbolo della rinascita delle parthenoi e del loro ingresso definitivo in una nuova classe d’età18. Il rito assumeva quindi anche una valenza propiziatoria assicurando alle ragazze un futuro fertile che garantisse alla città di Atene di prosperare e di mantenere il controllo del proprio territorio, così come il mito di Erittonio - Eretteo, futuro re dell’Attica, confermava l’autoctonia degli ateniesi19. Quest’ultimo aspetto kourotrophico ben si addice all’ipotesi interpretativa, sopra riporta-ta, riguardante la meta delle arrefore: infatti, le ragazze avrebbero abbandonato le proba-bili forme falliche per accogliere l’immagine di un infante, custodita appunto nella grotta di Erse (e non nel santuario di Afrodite nei giardini), nota anche come Kourotrophos.

15 Nelle fonti sia letterarie che epigrafiche si ritrovano entrambi i termini in particolare dall’epoca

ellenisti-ca: ersephoria è interpretato dagli autori antichi (Et. Mag. 149, 13; Hsch. s.v. Ἐρρθφόροι; schol. Ar. Lys. 642; Suda s.v. Ἀρρθφορία) come derivante da un culto in onore di Erse, per la quale si svolgeva anche una processione (Suda: Ἕρςῃ ἐπόμπευον). Per un’analisi delle due forme coesistenti cfr. BRULE’ 1987 pp.80-81.

16

BURKERT 1975 pp.29-30; cfr. inoltre Anecd. Bekk. 1, 202 s.v. Ἀρρθφορία: ἑορτι Διονφςου.

17

Anastatos: Ath. 3, 114a; Suda s.v. Ἀνάςτατοι. Al contenuto delle ceste, serpenti e phalloi, fa riferimento anche lo schol. Luc. Dial. Meretr., 2, 1 e Clem. Alex. Protr., 2, 17.

18

Su questo secondo fagotto si veda BURKERT 1975 p.53; PIRENNE-DELFORGE 1994 p.53.

19

Gli ateniesi erano anche noti come Ἐρεχκείδαισ, discendenti di Eretteo il re nato dalla Terra: cfr. Eur.

Io-ne, 24; Id. Hypp., 151; Id. Suppl., 387, 681, 702; sul rapporto tra autoctonia e il mito di Eretteo si veda

CA-LAME 2010 p.253. Ogni bambino alla nascita riceveva un bracciale con serpenti d’oro con cui si ribadiva la sua appartenenza alla terra ateniese: cfr. BODSON 1975 pp.79-80.

(8)

8

V.2. ARTEMIDE E AFRODITE NELL’ARREFORIA

Le arrefore, così come le arktoi, non erano del tutto estranee all’influenza di Afro-dite. La scelta dell’abito, il suo colore, i gioielli sembrano presagire quello che sarà il prossimo incontro delle parthenoi con la divinità. Non si trattava di un incontro diretto perché sarebbe stato prematuro e avrebbe portato a spiacevoli conseguenze, come esem-plificato dal mito eziologico sulle Cecropidi. Inoltre Afrodite era una divinità temuta poi-ché incarnava il potere dell’amore, che se non controllato poteva raggiungere forme e-streme, distruggere gli uomini e sottomettere anche gli dei. L’influenza di Afrodite sull’uomo riflette il timore che quest’ultimo provava nei confronti della sessualità femmi-nile, così come si evince dal mito della sua nascita dalla castrazione di Urano20, ma la sua

presenza costante durante il ciclo educativo, arkteia e arreforia, era necessaria per educare le ragazze a una sessualità “giusta”, che assolvesse allo scopo principale di procreare dei figli, assicurando così la continuità della famiglia e la prosperità della polis. Per questo motivo Afrodite era affiancata da Atena, una dea vergine nata soltanto dal padre Zeus e priva di una madre, in cui quindi il ruolo procreatore della donna sembra sottomesso alla volontà dell’uomo: la funzione di Atena è di rendere civilizzata e acculturata la sfera del piacere e dell’eros, necessario soltanto ai fini delle nascite.

Le arrefore erano circondate da simboli che si riallacciavano all’eros e alla fecondità, co-me i serpenti e i phalloi in pasta di pane, la rugiada (nel noco-me di Erse e Pandroso) che rendeva la terra fertile e prospera, il percorso buio e sotterraneo che dovevano affrontare per raggiungere le pendici dell’Acropoli e quindi il santuario di Afrodite ed Eros, per li-berarsi del loro fardello. Afrodite, inoltre, fungeva da tramite tra le aree di culto dedicate alle due sorelle, Erse e Aglauro, che nel mito avevano svelato prematuramente il contenu-to della cesta a causa della loro curiosità. La contenu-topografia quindi riflette il rapporcontenu-to di Afro-dite con le vicissitudini delle Cecropidi: sulla sommità dell’Acropoli vi è Pandroso, che ha ricevuto da Atena l’onore di prendersi cura dell’olivo sacro nel recinto a lei dedicato (il Pandroseion), che rappresenta la prosperità della città di Atena e la sua ricchezza, e di-venta simbolo di valori civili. Sulle pendici settentrionali, predomina Afrodite con i culti

20

Su questo duplice aspetto di Afrodite, dea benigna ma allo stesso tempo pericolosa, si veda BLUNDELL 1995 pp.36-39. La tragedia euripidea di Ippolito raffigura Afrodite come una dea il cui potere è distruttivo e irresistibile contro chi le si oppone: si veda ad esempio Eur. Hipp., 359-361, 443-450.

(9)

9

associati alla fertilità e alla fecondità della terra21, cui appartengono anche i culti separati spazialmente delle due sorelle, ma uniti dalla scoperta dell’eros e della procreazione. Che il fianco nord dell’Acropoli fosse portatore di valori legati alla fertilità, si deduce dal-le fonti dal-letterarie e da alcuni ritrovamenti. Infatti, è in una grotta deldal-le pendici settentrio-nali che Euripide ambienta l’incontro d’amore tra Apollo e Creusa, che lì metterà al mon-do Ione (Eur. Ione, 10-13); nella Lysistrata (vv.910-911) uno dei personaggi, Mirrine, at-tira lì il suo sposo, consumato dal desiderio, per poi abbandonarlo. Nei pressi del santua-rio di Afrodite ed Eros sono stati rinvenuti alcuni phalloi in pietra a testimoniare la pre-senza di culti dedicati alla fertilità e alla vegetazione, cui fa riferimento anche l’appellativo en kepois ricordato da Pausania (Paus. 1, 27, 3) per Afrodite. La dea ha un legame speciale con i giardini poiché trasmettono i valori legati all’eros, alla seduzione e all’amore, come si evince dai numerosi esempi nel mito di situazioni amorose o rapimenti di giovani vergini avvenuti sullo sfondo di prati profumati e variegati di fiori22.

Infine alcune raffigurazioni ceramiche mettono in luce il rapporto di Afrodite con il mito delle Cecropidi e l’arreforia. Un cratere, proveniente dalla collezione Adolphseck, mostra la scoperta di Erittonio all’interno della cesta: a sinistra vi è una piccola figura ac-compagnata da Eros, interpretabile come Afrodite, che permette di leggere l’intera scena come una rivelazione della sessualità e di ciò che essa comporta, la procreazione23. Un

hydria della seconda metà del V secolo a.C., invece, mostra Afrodite assisa cui si

rivol-gono due ragazze, una delle quali sta per lanciare una palla: dalle fonti è noto che le arre-fore avevano uno spazio loro dedicato per questo gioco e la fanciulla ritratta nel vaso è stata interpretata come un’arrefora24. La palla è solitamente associata a situazioni

21 PIRENNE-DELFORGE 1994 p.57; HURWIT 1999 p.41, che ascrive ad Afrodite il predominio sulle pendici

dell’Acropoli, mentre la sommità appartiene ad Atena.

22

Sui ritrovamenti presso il santuario di Afrodite ed Eros si vedano i resoconti di scavo di BRONEER 1933 p.346; Id. 1935 pp.119, 125-126. Sul significato legato ai giardini e ai prati cfr. CALAME 1992 pp.120-126; GIUMAN 2002 pp.94-96.

23

Su questa scena si veda PIRENNE-DELFORGE 1994 p.59, con relativa bibliografia.

24

Su questa interpretazione si veda SIMON 1983 p.42; PIRENNE-DELFORGE 1994 p.59. Sul gioco della palla per le arrefore cfr. Plut. Vit. X Orat., 839c; si veda inoltre CALAME 1977 p.237 che associa al gioco della palla anche delle danze corali. Dagli scavi è emerso un recinto rettangolare, a fianco della cosiddetta Casa delle arrefore, interpretato come sphairistra, il luogo in cui si esercitavano con la palla: sugli scavi si veda STEVENS 1936 p.490. La palla, inoltre, era uno dei doni offerti ad Artemide dalle parthenoi poco prima del-le nozze, per simbodel-leggiare il passaggio dall’infanzia all’età adulta: per queste offerte si veda Cap. II.

(10)

10

li e talvolta assume anche significati erotici: in altre scene, dove alcuni giovani giocano con una palla, sono presenti anche eroti, mentre in questo caso la presenza di Afrodite po-trebbe ricondurre l’intera scena all’influenza dell’eros25.

V.3 ARREPHORIA E ARKTEIA A CONFRONTO

L’intervento di Atena nell’iniziazione femminile dell’arreforia preparava le ze al loro prossimo incontro con Artemide. Le arrefore, infatti, erano due o quattro ragaz-ze dai sette agli undici anni, scelte in rappresentanza di tutta la loro classe d’età che anda-va incontro all’adolescenza. Il passaggio alla pubertà avvenianda-va invece con il rituale dell’arkteia nel santuario extra-urbano di Brauron.

Alcuni versi della Lysistrata di Aristofane aiutano a comprendere i diversi passaggi che si concludono quando la ragazza, divenuta pais kale, bella e alta, è pronte alle nozze; il coro espone, nei noti versi 640-646, la splendida educazione che le è stata impartita26:

“Quando ho compiuto sette anni sono stata subito arrefora, a dieci anni ho macinato il grano (ἀλεηρὶς) per la nostra patrona (ηἀρτηγέηι), poi indossando (κᾆη᾽ ἔτοσζα) la veste color del croco, sono stata orsa alle Brauronie, infine quando sono diventata una bella ragazza (παῖς καλὴ) ho fatto la canefora portando una collana di fichi secchi.” (Trad. Perusino F., 2002)

Il raggiungimento della piena maturazione sessuale era simboleggiato dalla collana di fi-fichi secchi con cui le ragazze mostravano ai maschi il loro nuovo stato di donne, pronte al matrimonio cioè all’incontro amoroso che esso comportava27. La ragazza a quel punto aveva già superato due tappe fondamentali del suo percorso iniziatico, rappresentate dall’arreforia e l’arkteia. L’aver macinato il grano e la caneforia potevano essere interpre-tati come servizi sacri resi in onore di Atena.

Atena, attraverso il servizio svolto sull’Acropoli, assumeva il proprio ruolo di divinità ci-vica e urbana con cui si prendeva cura anche della parte femminile della società, poiché le

25

PERLMAN 1983 p.122; PIRENNE-DELFORGE 1994 p.59 n.239.

26

Il passo qui riportato riprende la lettura proposta recentemente da Franca Perusino (Id. 2002) la quale critica l’ipotesi di Sourvinou-Inwood (cfr. SOURVINOU-INWOOD 1971) che adotta il manoscritto R (dove si legge καταχζουςα al posto di κᾆτ᾽ ἔχουςα) intervenendo pesantemente sul testo al fine di conciliare il li-mite d’età di dieci anni con l’essere stata arktos.

27

(11)

11

parthenoi sarebbero diventate le madri dei futuri cittadini ateniesi. Le arrefore erano

edu-cate ad assumere il ruolo che le spettava in maniera esemplare: durante il rituale notturno esorcizzavano gli aspetti negativi di una sessualità prematura e come tale pericolosa. Ol-tre a questo primo approccio alla sfera dell’eros, le ragazze erano “iniziate” agli erga

gu-naikon indispensabili per divenire mogli ergatides, operose. L’attività manuale per

eccel-lenza della donna era la tessitura: essere arrefora significava avere anche il privilegio di iniziare, durante le Chalkeia, la tessitura del peplo di Atena, che le sarebbe stato offerto durante le Panatenee, sotto la supervisione della sacerdotessa della dea28. L’abilità nell’uso del telaio e la capacità di saper realizzare lavori di notevole qualità erano alcuni degli aspetti che caratterizzavano la donna esemplare, la cui importanza era testimoniata dalle numerose offerte votive legate alla tessitura riscontrate nel santuario brauronio e al-trove29.

L’arkteia invece era un rito pro tou gamou, che preparava le fanciulle al matrimonio e ad affrontare quella maturazione biologica coincidente con le prime mestruazioni e, in ultima analisi, il matrimonio. È probabile, infatti, che il periodo di reclusione presso il santuario brauronio coincidesse con il sopraggiungere del menarca “which was perceived to be one

of the most important transitions in female life” 30, poiché rendeva una ragazza predispo-sta al concepimento e di conseguenza pronta al matrimonio. Dalle fonti antiche è noto che l’età della prima mestruazione fosse collocata attorno ai dodici - quattordici anni, quando iniziavano a manifestarsi i primi cambiamenti fisici cui le ragazze andavano incontro, ad esempio la crescita del seno o la statura31. Nell’arkteia si ha un riscontro diretto nelle raf-figurazioni ceramiche dei crateriscoi in cui alcune orsette sono mostrate mentre corrono nude: dalla fisionomia si nota che non sono ancora donne adulte o pienamente formate,

28 Suda s.v. Χαλκεῖα; Et. Mag. 149, 9.

29 Apprendere l’arte della tessitura dalle proprie madri era anche un modo con cui le ragazze più giovani

ricevevano un’educazione ai fini della loro futura vita domestica: sulla tessitura si veda Cap. IV parag. IV.1.3. Cfr. COLE 2004 p.220.

30

SOURVINOU-INWOOD 1988 p.25. Sul menarca cfr. KING 1983 pp.109-127; PARKER 1983 pp.100-103, sulle possibili implicazioni tra mestruazione e impurità; COLE 1985 pp.23-24; SOURVINOU-INWOOD 1988 pp.25-30; DOWDEN 1991 p.44; GIUMAN 1999 pp.112-113.

31

Arist. HA, 581 a-b fissa l’età attorno ai tredici anni, in concomitanza con la crescita del seno; Pl. Leg., 833 C-D da cui si ricava che tredici anni era l’età della pubertà; Hippoc. 30, 502; Soranus Gynae., 1, 20. In altri autori l’età del primo flusso mestruale si colloca attorno ai dodici anni: ciò si ricava dalla legge di Gortina (Iscr. Cret. IV 72 xii, 17-19) dove un’ereditiera può sposarsi a dodici anni, implica che l’età del menarca sia posta anche prima; cfr. inoltre per le fonti antiche PERLMAN 1983 pp.116-117.

(12)

12

ma la figura slanciata e un accenno al seno permettono di dedurre che si tratta di ragazze ormai prossime al menarca o già puberi32.

Se il limite più alto della prima mestruazione poteva essere attorno ai quattordici anni, l’età minima di ammissione al rituale è collocabile attorno ai dieci anni, come si deduce anche dal coro della Lysistrata, dove la protagonista dice di essere stata orsa alle Brauro-nie dopo aver macinato il grano per Atena (archegetis) a dieci anni33. Adottando un inter-vallo d’età compreso tra i 10 e i 14 anni non si distorce il senso del tormentato passo di Aristofane (dando così maggior credito ad un autore contemporaneo piuttosto che ad uno scoliasta tardo). Si comprende meglio anche l’espressione pro tou gamou, spesso riportata dalle fonti (cfr. Cap. II), in quanto l’arkteia era l’ultimo rituale prima del matrimonio e ne diventava prerequisito (ideologico) necessario affinché una ragazza potesse vivere legit-timamente con un uomo (ζσνοικίζεζθαι ἀνδρὶ)34. Anche la scelta del krokotos sembrereb-be essere in relazione con il sopraggiungere della prima mestruazione: l’associazione del colore rosso con il sangue mestruale richiama valori propiziatori legati al concepimento e alla fertilità35.

Durante il periodo di reclusione presso il santuario, qualche ragazza poteva andare incon-tro alle sue prime mestruazioni, a differenza di quelle più giovani che, al termine del

32

Come già Kahil (KAHIL 1977 pp.86, 97) aveva notato sui crateriscoi sembra siano rappresentati due gruppi di età, poiché alcune ragazze appaiono più grandi, con i seni già abbozzati, mentre altre sono raffi-gurate più piccole: secondo queste rappresentazioni la studiosa aveva ipotizzato un’età compresa tra gli otto e i tredici anni; così anche PERLMAN 1983 pp.115-130; MARINATOS 2002 pp.32-39; NIELSEN 2009 p.89. Si veda inoltre figg. 3a e b.

33 Non solo Lysistrata ma anche altre fonti riportano il decimo anno delle parthenoi inteso come dedica ad

Artemide: Harp. s.v. δεκατεφειν: “*…+ Il retore [Lisia] usava indifferentemente i verbi arkteusai (ἀρκτεῦςαι)

o dekateusai (δεκατεῦςαι) poiché erano le fanciulle di dieci anni a compiere l’arkteia (αἱ δεκετίδεσ

ἤρκτευον)”; Hsch. s.v. δεκατεφειν; cfr. Anecd. Bekk. I, 234-235 s.v. δεκατεφοντεσ; Et. Mag. Δεκατεφειν. È probabile che lo scoliasta abbia frainteso la comprensione di questo termine concludendo che l’età doves-se esdoves-sere strettamente tra i 5 e i 10 anni.

34

Espressione utilizzata in Suda s.v. ἄρκτοσ ἦ Βραυρονίοισ. Sul senso del verbo ςυνοικεῖν si veda VERNANT 1981 pp.52-53. L’età del matrimonio oscillava dai 14 ai 18 anni, quindi in un periodo di poco successivo all’arkteia e alla caneforia, riservata a coloro che avevano già raggiunto la maturazione sessuale ma non erano ancora sposate: sulle fonti letterarie riguardanti l’età matrimoniale si veda PERLMAN 1983 p.117 n.12; BLUNDELL 1995 pp.119-120 la quale riporta, tra le motivazioni per la scelta di una così giovane età, “the belief that women became wild and ungovernable at puberty” (p.120). Il medico del Corpus

Hippocra-ticum, nel passo già riportato (si veda supra Cap. II parag. II.3), consiglia alle parthenoi di sposarsi il prima

possibile per evitare i mali legati al menarca e da lui descritti.

35

Nel Corpus Hippocraticum l’uso dello zafferano, insieme con altre sostanze, è frequentemente associato a problemi ginecologici: cfr. CALAME 2002 pp.59-60; GIUMAN 2002 pp.99-100.

(13)

13

ale, non avevano ancora raggiunto la piena maturità biologica. Ciò spiegherebbe la diffe-renza d’età delle ragazze che corrono nude sui crateriscoi, dopo essersi svestite del

kroko-tos, poiché alcune sono raffigurate più piccole in altezza o hanno ancora un seno piatto36. Non è noto né da fonti letterarie né archeologiche quanto tempo le arktoi risiedes-sero a Brauron, perciò è possibile avanzare soltanto qualche ipotesi. È poco probabile che il periodo di permanenza si estendesse nell’intervallo tra due feste Brauronie, ovvero quattro anni, in quanto apparirebbe una reclusione eccessivamente lunga, lontano dalla famiglia e dalla polis. Inoltre ciò comporterebbe per le ragazze quattordicenni una con-clusione del rituale in età ormai “avanzata” per il matrimonio, tra i 18-19 anni. È necessa-rio, infatti, ricordare che il coro della Lysistrata (vv.640-646, si veda supra), dopo l’arkteia, menziona la caneforia come rito prematrimoniale, e per tale motivo una ragazza avrebbe dovuto avere il tempo per poter partecipare anche a questo incarico. L’ipotesi più accreditata è che le orsette risiedessero per un anno circa presso il santuario, un periodo molto simile all’arreforia, che durava dal mese di Pianopsione, durante il quale due di lo-ro iniziavano la tessitura del peplo di Atena, e terminava in Scilo-roforione, durante il quale si svolgeva la festa dell’arreforia37. A riprova della loro permanenza a Brauron vi sono le diverse strutture emerse durante gli scavi e gli edifici citati dall’iscrizione dei Nomoteti, che riflettono un’articolazione complessa dell’area sacra: tra questi ultimi, ad esempio, vi è l’amphipoleion a due piani, in cui è probabile risiedessero le arktoi38.

Il periodo della prima mestruazione andava protetto in maniera speciale, ponendo-si sotto la custodia di Artemide, una dea che apparteneva al mondo selvaggio. Infatti il menarca, così come il primo atto sessuale e il parto, erano momenti nel ciclo di vita di una donna marcati dal sangue, come una ferita inflitta dalla dea stessa che presiedeva su questi confini. Queste fasi potevano rappresentare una minaccia per la stabilità della polis, lasciando emergere il carattere “selvaggio” e ferino in contrasto con la natura civilizzata e

36

Sui segni iconografici dell’età cfr. SOURVINOU-INWOOD 1988 pp.33-39.

37

Su Sciroforione come mese dell’arreforia si veda Etym. Magn. 149, 13, cfr. inoltre BURKERT 1975 n.8. La maggior parte degli studiosi è concorde nel considerare un anno come un intervallo di tempo plausibile per l’arkteia: si veda MONTEPAONE 1979 p.360; SOURVINOU-INWOOD 1988 pp.21-23; DOWDEN 1991 p.45; GIUMAN 1999 p.116; PARKER 2005 p.232 in analogia con riti iniziatici analoghi che si svolgevano a Corinto e Locri.

38

(14)

14

addomesticata dell’uomo39. Atena quindi introduceva le ragazze ad una sessualità control-lata, riconosciuta dall’istituzione matrimoniale, mentre Artemide le addomesticava facen-do sì che diventassero come delle puledre facen-docili e mansuete per accettare pienamente le nozze e di conseguenza l’autorità e il controllo del futuro sposo40.

Durante la fase della pubertà ritornava il pericolo di soccombere ad impulsi esterni e pre-maturi41: le ragazze che erano state arrefore avevano appreso l’importanza di non essere troppo curiose come le Cecropidi, ma era durante questa fase di passaggio che raggiunge-vano l’acme della loro bellezza. Alcuni racconti mitici riferiscono che le fanciulle talvolta venivano rapite mentre compivano riti in onore di Artemide, ovvero nel momento in cui avevano raggiunto la piena maturità fisica riconoscibile dall’essere diventate belle e attra-enti42. La loro bellezza poteva suscitare il desiderio maschile, che era lecito soltanto se avveniva nei limiti di un’unione civile riconosciuta e solo quando la ragazza era pronta a integrarsi nella società: è a questo che fa riferimento il coro della Lysistrata, dove la fan-ciulla sfila davanti alla cittadinanza, durante la caneforia, tutta agghindata per mostrare il suo fascino43.

Bellezza e fascino della seduzione sono doni di Afrodite, la quale, come già osservato (supra parag. IV.2), si prende cura del lato amoroso del matrimonio che, se pur non ne costituisce una componente imprescindibile, è comunque augurabile e necessario ai fini della riproduzione dell’oikos. Numerosi sono i gioielli e gli specchi rinvenuti a Brauron

39

BLUNDELL 1995 p.45. Si veda inoltre VERNANT 2001 p.137. La sposa, infatti, poteva abbandonarsi com-pletamente a Eros e al piacere sessuale ricadendo nel dominio della seduzione amorosa di Afrodite: ren-dendo assoluto il piacere, si rischiava di andare incontro ad un futuro privo di frutti maturi, e il matrimonio perdeva il suo scopo principale, generare figli legittimi (cfr. VERNANT 1981 pp.141-142).

40 Sulla metafora delle parthenoi come puledre da aggiogare cfr. Cap. II.

41 Si veda a tal proposito Arist. HA, 581 b, 11-16 in cui afferma che è proprio in questo periodo che le

ra-gazze devono essere sorvegliate maggiormente, perché è durante la fase puberale che il desiderio amoro-so scorre più irruento e quelle che non gli resistono si abbandoneranno ad esamoro-so per il resto della loro vita.

42

Il. XVI, 180-83, Polimela rapita mentre danzava per Artemide; Od. VI, 102-109, in cui Nausicaa è parago-nata per bellezza e statura ad Artemide; Hym. Hom. 5, 116-120 la fanciulla di Otreo rapita mentre danzava con altre fanciulle pronte alle nozze; Hdt. 4, 145 e 6, 138 i Pelasgi rapiscono le donne riunite a Brauron per celebrare la dea; Philoch. FGrHist 328 F100-101, canefore a Brauron rapite dai Pelasgi; Paus. 4, 4, 2 in cui le parthenoi, recatesi al santuario di Artemide Limnatis per celebrare la dea, furono violentate dagli uomi-ni Messeuomi-ni (il tempio si trovava infatti al confine tra Sparta e Messeuomi-nia); Ap. Rhod. 1, 211-215, Orythia ra-pita mentre danzava. Inseguimento, rapimento e violenza sono una metafora dell’addomesticamento cui mira il matrimonio attraverso l’imposizione del giogo di Eros: cfr. CALAME 1992 pp.93-94.

43

Era questa una delle poche occasioni in cui le ragazze potevano sfilare in pubblico, truccate e acconcia-te, perché non ancora sposate. Cfr. BRULE’ 1987 p.302.

(15)

15

che attestano questo momento, probabilmente appartenuti a donne già sposate o, forse, in procinto di sposarsi, anche se non è da escludere che i monili, spesso in oro, potessero es-sere indossati anche dalle arktoi. Infatti, si ha notizia di ornamenti d’oro (τρύζια) portati dalle arrefore, fanciulle che per età erano più piccole delle orsette, e dedicati alla dea dopo il loro servizio44. Il perché questi gioielli fossero consacrati alla dea non è del tutto chiaro, ma Parke ha ipotizzato che in questo modo si scoraggiavano le ragazze dal portare troppi gioielli o ornamenti45. Le medesime fonti riportano anche che le arrefore indossavano un abito bianco (λεσκήν ἐζθῆηα), così come le arktoi portavano il krokotos. Se quest’ultimo richiamava, attraverso l’associazione con il suo colore e il fiore, una sessualità adulta, il colore bianco, invece, rappresentava un’altra qualità estetica: il biancore della pelle, qua-lità tipica delle donne esemplari e pudiche, che raramente lasciavano le proprie dimore (paterne o del marito) se non accompagnate e il cui compito principale era accudire la ca-sa46. L’abito bianco sembra alludere anche alla loro futura condizione di recluse: con l’ingresso nella fase adolescenziale, infatti, le ragazze avrebbero avuto sempre meno oc-casioni di stare all’esterno, poiché iniziava il loro “apprendistato” per diventare donne di buona fama, la cui condotta avrebbe donato lustro alla futura famiglia. Indossare la veste bianca e il krokotos significava per le parthenoi essere educate alla ζωθροζύνη, la virtù dell’autocontrollo dei sensi e del comportamento per essere allo stesso tempo pudiche, moderate, discrete, temperate e modeste. Le donne dovevano quindi limitare gli eccessi, sia assumendosi le proprie responsabilità negli affari domestici, sia per quanto riguardava la componete “sessuale” del matrimonio, per portare avanti la discendenza del proprio sposo e la stabilità della polis stessa. Seguendo le parole di Vernant, la gyne gamete si si-tua a metà tra due poli opposti: da un lato Artemide, nell’essere troppo pudica e casta fino al rifiuto estremo di ogni contatto con l’uomo; dall’altro lato Afrodite, nel dedicarsi ec-cessivamente al piacere e al desiderio dell’eros47.

44

Harp. s.v. ἀρρθφορεῖν; Etym. Magn. 149, 18; Anecd. Bekk. 1, 202.

45

PARKE 1977 pp.142-143.

46

Con l’avvicinarsi della pubertà le ragazze venivano sempre più allontanate da spazi condivisi con altri ra-gazzi, passando la maggior parte del tempo in casa, sotto la guida delle proprie madri: per la segregazione delle ragazze non ancora sposate cfr. BLUNDELL 1995 p.132; per le donne sposate invece cfr. Ib. pp.135-137. Sul significato del colore bianco della pelle cfr. BRULE’ 1987 p.316.

47

VERNANT 1981 p.144. Si veda inoltre Demosth. 59, 122 nell’orazione contro Neera ben si evince quale fosse il ruolo della gyne gamete: “le cortigiane le abbiamo per il piacere, le concubine per le cure di tutti i

(16)

16

V.4 PROTELEIA: UN SACRIFICIO PRO TOU GAMOU

Se l’arkteia e l’arreforia sono considerati riti di iniziazione elitari, cioè destinati al-le ragazze di buona famiglia e rappresentativi della propria classe d’età, la proteal-leia pote-va essere affrontata da tutte le famiglie, così che ogni parthenos avesse la possibilità di essere iniziata al matrimonio. Si tratta, infatti, di “un rito di passaggio, molto ridotto”48, la cui componente dominante era il sacrificio. Come si deduce anche dalla parola stessa, la proteleia avveniva prima del matrimonio (telos) che costituiva per una ragazza la con-clusione del proprio percorso di sviluppo49. Una volta divenuta matura, cioè pronta per produrre i suoi frutti, lasciava la propria casa, accompagnata dalla famiglia, per recarsi sull’Acropoli e offrire il proprio sacrificio ηὴν θεὸν50. La proteleia quindi prevedeva una fase di separazione, rappresentata dall’allontanamento dall’oikos paterno; un periodo di margine sull’Acropoli, luogo di segregazione delle arrefore, dove la fanciulla era presen-tata alla dea; ed infine l’aggregazione, il ritorno nella società come individuo nuovo.

Le fonti non specificano a quale divinità erano rivolte queste offerte, ad eccezione di Polluce che cita Artemide e le Moire: è probabile quindi che si trattasse sia di Atena, divinità principale dell’Acropoli, che di Artemide, entrambe coinvolte nel ciclo di educa-zione delle parthenoi51. Il sacrificio siglava il passaggio della giovane dallo stato di

par-thenos a quello di nymphe pronta per essere integrata nel tessuto sociale: è ciò che a

Brau-ron accadeva con il sacrificio sostitutivo di una capra, immolata a conclusione del ritua-le52. Sull’Acropoli quindi la ragazza raggiungeva un duplice obiettivo: da un lato accetta-va il ruolo di moglie e madre attraverso l’istituzione civile del matrimonio, riconosciuta

48 BURKERT 2002 p.25. 49 Si veda supra n.1.

50 Phot. s.v. Προτέλεια (=Suda s.v. Προτέλεια); Hsch. s.v. γάμων ἔκθ specifica che la proteleia poteva

esse-re composta anche da aparchai, cioè offerte di primizie oppuesse-re ciocche di capelli (per quest’offerta si veda Cap. II), il cui taglio simboleggiava l’ingresso nel nuovo stato di adulto; Anecd. Bekk. 1, 293; Harp. s.v. Προτέλεια.

51

Polluce 3, 38; Eur. IA, 433 in cui Ifigenia si reca fino ad Aulide per sacrificare ad Artemide (Ἀρτζμιδι προτελίηουςι τὴν νεάνιδα). Si veda inoltre BRULE’ 1987 pp.317-318 che identifica le Moire con le Cecropi-di. Ma il sacrificio poteva essere rivolto ad altre divinità legate alle nozze ad esempio Era con l’epiteto di

Teleia (Polluce 3, 38); ad Haliartos in Beozia ricevono la proteleia le Ninfe (Plut. Mor., 772b).

52

Sul sacrificio sostitutivo della capra si veda Cap. II. Anche per l’arreforia probabilmente avveniva un sacrificio sostitutivo di capre: secondo l’ipotesi di BURKERT 1981 p.119 il passo di Varrone (De Re Rustica 1, 2, 20), in cui soltanto una volta all’anno avveniva sull’Acropoli un sacrificio necessario di capre, sarebbe da relazionare alla conclusione dell’arreforia.

(17)

17

dalla polis e tutelata dalla dea poliade Atena. Dall’altro rivolgendosi ad Artemide (che sull’Acropoli aveva il suo santuario dedicato proprio ad Artemide Brauronia) proteggeva il suo futuro di madre assicurandosi la benevolenza della dea durante un’altra fase di pas-saggio critica, il parto, con cui la nymphe era definitivamente riconosciuta come gyne perché capace di generare una discendenza legittima. La proteleia aveva anche un altro scopo, quello di affrancarsi definitivamente dal dominio di Artemide poiché il matrimonio comportava la perdita della verginità e l’incontro con la sessualità adulta. Oltre ad Atena e Artemide un’altra divinità era solita ricevere offerte pre-matrimoniali: si tratta di Afrodite che insieme ad Eros presiedeva sulle diverse fasi del matrimonio53. In questo caso lo scopo era di propiziare la dea che patrocinava la fertilità e il desiderio amo-roso, entrambi presupposti necessari per la continuità della famiglia. Afrodite, infatti, era presente nel centro politico di Atene, l’Acropoli, poiché ne occupava le pendici con i san-tuari della Ninfa, di Afrodite ed Eros e di Pandemos; Atena e Artemide, le due dee eter-namente Parthenoi, invece ne occupavano la sommità.

Proteleia naon, “sacrificio propiziatore alle navi”, è stato definito da Eschilo il

sacrificio di Ifigenia54. Costei è un esempio di vergine sacrificata alla divinità prima di aver raggiunto il telos, il compimento pieno del proprio ciclo di vita, che per una donna significava divenire una gyne. Ifigenia però non muore, bensì rinasce come ancella al fianco di Artemide, rimanendo per sempre parthenos. La vergine non ancora sposata è scelta per essere consacrata ad Artemide al fine di ottenere la sua benevolenza e favorire,

53

Un’iscrizione (SEG 41, 182) riporta un thesauros composto da aparchai, del valore di una dracma, per Afrodite Ourania come proteleia per il matrimonio. Sul rapporto tra Afrodite e il matrimonio si veda Cap. IV parag. IV.2.1. La presenza costante di Eros durante la celebrazione del matrimonio è osservabile su di-verse raffigurazioni ceramiche che ne ritraggono alcuni momenti: la processione per il bagno rituale della sposa su di un loutrophos (Atene NM 1453; 430-420 a.C.), oppure l’ingresso nella nuova casa della sposa, dove ad accoglierla vi è la madre dello sposo ed Eros (Boston, Museum of Fine Arts, 3.802; 450-425 a.C.). Si veda inoltre CALAME 1992 pp.89-91.

54

Esch. Ag., 227. Altri riferimenti alla proteleia, come sacrificio propiziatorio prima delle nozze, e Ifigenia si veda Eur. IA, 433 (si veda supra n.51), 718 in cui Agamennone si accinge a compiere la proteleia, con rife-rimento ambiguo al sacrificio della figlia. Si veda Cap. III parag. III.3.

(18)

18

nel caso di Ifigenia, la spedizione verso Troia: il suo sacrificio diventa così la proteleia, un sacrificio che possa propiziare la dea, compiuto prima delle nozze infauste con Ade55. Il destino di Ifigenia appare, per certi aspetti, analogo a quello delle ragazze che si reca-vano sull’Acropoli prima del matrimonio, poiché in entrambi i casi si trattava di un sacri-ficio sostitutivo in cui alla vita della parthenos si sostituisce una vittima animale oppure delle primizie56. L’ambiguità tra matrimonio e sacrificio sottende l’intera opera dell’Ifigenia in Aulide di Euripide, dove i preparativi per le nozze alludono alla pratica sacrificale: entrambi generano un cambiamento e sanciscono il passaggio da uno stadio precedente ad uno nuovo57. Ai versi 673-675 Agamennone allude a un sacrificio da com-piere, in cui chiede alla figlia di stare vicina alle acque lustrali, necessarie sia alla sposa che alla vittima (così anche ai vv. 1111-1114, in cui compaiono anche grani d’orzo e vit-time animali), mentre il riferimento alla proteleia torna esplicitamente al verso 718 dove diventa il sacrificio che Agamennone sta per compiere, quello della figlia. Ifigenia è poi paragonata ad una giovenca maculata (vv. 1080-1088), adorna con corone, una metafora che come già osservato (cfr. Cap. II) si trova frequentemente associata alla giovane che sta per sposarsi e per ricevere il giogo del matrimonio.

Nonostante il sacrificio di Ifigenia rappresenti il sacrificio topico della vergine prima del matrimonio, il suo destino differisce da quello di ogni altra parthenos: infatti la sua parthenia rimarrà immutabile in eterno, al fianco di Artemide, mentre le giovani che si recavano sull’Acropoli avrebbero reciso ogni legame con questa condizione per diveni-re delle gynai con il matrimonio. Donando una parte di sé ad Atena, Artemide o Afrodite, attraverso offerte (una ciocca di capelli, le proprie vesti, i giocattoli della propria infanzia e altro ancora), si era pronti a sottomettersi al duplice giogo del matrimonio: da un lato vi era Eros, il desiderio amoroso e la scoperta di ciò che fino a quel momento era

55

La morte prematura delle parthenoi prima del matrimonio era immaginata come uno sposalizio con A-de, tant’è che rito funebre e matrimonio hanno diversi elementi in comune: la processione con cori, il la-mento, la preparazione della defunta, a cui è fatto indossare il velo nuziale, il loutrophoros che fa parte del suo corredo e diventa segnacolo funerario per chi muore celibe: SEAFORD 1987 pp.106-107; BLUNDELL 1995 p.123.

56

Tra i motivi del sacrificio di Ifigenia vi era proprio l’offerta di primizie da parte di Agamennone ad Arte-mide, del frutto più bello dell’anno, che però significava la propria figlia: cfr. Cap. III parag. III.1. Sull’offerta di primizie come proteleia si veda supra n.53.

57

Sul rapporto tra matrimonio e sacrificio si veda VERNANT 1981 p.143; SEAFORD 1987 pp.108-109; CA-LAME 1992 pp.110-114.

(19)

19

to arretos (ἄρρηηος), indicibile, qualcosa di cui non si poteva parlare; dall’altro lato il giogo rappresentava la sottomissione allo sposo e al proprio ruolo sociale di donna sposa-ta. La proteleia simboleggiava inoltre il primo passo verso un cambiamento sociale, rap-presentato dal matrimonio, e la fine di quel percorso di crescita che l’aveva preparata a quel momento.

Riferimenti

Documenti correlati

Not only OA can influence scientific and social institutions towards a more open and transparent model, but a more open paradigm in science and society can offer the

Concentrati sulla croce al centro e dopo alcuni secondi ti accorgerai che i cerchi rosa che girano sono in realtà VERDI!!. Concentrandoti sulla croce al centro vedrai che i cerchi

The prosecution of the Quattro Dossi project, which will certainly involve the expansion of the research on the site and the complete documentation and study of the carved rocks

proposito di applicare un nuovo progetto di comunicazione e promozione per il rilancio del turismo invernale nella città lagunare, attraverso una proposta nuova che

La procedura di applicazione della struttura consiste in tre fasi: nella prima fase si formano i gruppi base, che ricevono una macro-conse- gna, all’interno della quale ogni

A BSTRACT : Le Sezioni Unite della Cassazione tornano ad affrontare il delicato tema della genitorialità delle coppie dello stesso sesso, affermando la compatibilità con

Applicazioni cliniche di ScvO2 e SvO2 • Sepsi severa e shock settico – nelle prime 6 ore, il monitoraggio continuo della ScvO2 in aggiunta alla CVP e alla pressione arteriosa

Alcuni saggi recenti, ad esempio, intrecciano il confronto fra pratiche quotidiane e rappresentazioni, soprattutto tratte dalle fonti letterarie ed epigrafiche, giungendo anch’essi