Capitolo 2
Chimica
e
processi
industriali
dei
prodotti
vernicianti
2.1 Classificazione dei prodotti vernicianti
Si definisce come prodotto verniciante [1]: “una miscela di prodotti chimici che, applicata in più mani, mediante una sequenza ben definita di operazioni, forma una pellicola solida dotata di resistenza meccanica e chimica tale da proteggere il supporto dall’aggressione degli agenti fisici e chimici presenti nell’ambiente e dotata di caratteristiche tali, per quanto riguarda il colore, l’aspetto, il tatto e l’uniformità, da mutare l’aspetto estetico del manufatto verniciato”. Sono prodotti liquidi o in polvere capaci di formare un film solido, continuo e aderente quando applicati come strato sottile sulla superficie dì un substrato. L'impiego delle vernici ha scopi protettivi e/o decorativi, mira a fornire alle varie superfici particolari proprietà di lucentezza, durezza, resistenza all'abrasione, resistenza chimica.
I substrati che più generalmente sono sottoposti al trattamento di verniciatura sono costituiti da metalli, superfici esterne ed interne di abitazioni, legno, materie plastiche, carta. La principale classificazione dei prodotti vernicianti è basata sulle proprietà ottiche che assume la miscela dopo che è stata distribuita sul substrato, in particolare si parla di:
• Pitture (paints): prodotti contenenti pigmenti che danno origine a film non trasparenti che mascherano il supporto.
• Smalti (enamels): sono una sottoclasse di pitture di superficie, particolarmente lisce, lucide e dure, che formano una pellicola particolarmente brillante
• Vernici (varnishes): comprendono prodotti non pigmentati, che forniscono film trasparenti e lasciano visibile il supporto stesso, esaltandone l'aspetto. Spesso il termine vernice acquisisce un significato più generale indicando anche prodotti pigmentati.
Un'altra importante classificazione si basa sulla tecnologia con cui viene creato il prodotto verniciante:
• prodotti tradizionali: rappresentano la tecnologia originaria, arricchita con tutti i miglioramenti che la ricerca ha apportato, sia in termini di prestazioni che in termini di applicazione. Hanno una presenza ancora molto rilevante (tranne i prodotti vernicianti nitroderivati, che sono quasi completamente scomparsi). Inoltre occupano una posizione dominante laddove le altre tecnologie non apportano sufficienti vantaggi o dove queste ultime non sono applicabili (ad esempio macchine agricole, trasporti pesanti, macchine utensili, macchinari di produzione ecc.). Nell’ambito dei prodotti tradizionali meritano un cenno particolare i prodotti per coil coating e per can coating (o litolatta). I primi sono destinati alla verniciatura di nastri metallici, che scorrono ad alta velocità mentre un sistema di rulli provvede a spalmare sulla loro superficie un determinato spessore di prodotto, quest’ultimo viene reticolato successivamente a temperature molto elevate e in tempi brevissimi. I secondi invece sono destinati alla verniciatura interna ed esterna di barattoli, lattine, scatole, tubetti, stagnati o in alluminio
• prodotti ad alto solido , in cui il residuo secco(ottenuto dopo l’evaporazione del solvente) è più elevato rispetto ai prodotti tradizionali (70-75% rispetto al peso della soluzione di partenza), con lo scopo di disperdere meno solvente nell’ambiente e ridurre i costi di trasporto e applicazione. Sono destinati prevalentemente alla verniciatura industriale a spruzzo, sia dei metalli che del legno, si trovano attualmente nella fase di sviluppo o di maturità, a seconda del campo in cui sono applicati
• prodotti all’acqua, suddivisi a loro volta in idrosolubili (se l’acqua costituisce praticamente tutta la fase volatile e fa da solvente al legante) e idrodiluibili (quando la fase volatile del prodotto è costituita invece da solventi organici, e l’acqua si aggiunge solo al momento dell’applicazione in sostituzione del
normale diluente organico). La finalità di questi prodotti è evidentemente quella di ridurre le emissioni di solvente nell’ambiente e nello stesso tempo eliminare sostanze nocive ed odori sgradevoli durante l’uso. Si possono utilizzare con spruzzatori, anche se si preferisce applicarli tramite immersione (il manufatto viene inserito in una vasca contenente il prodotto e ne emerge ricoperto dal prodotto liquido; segue una fase di gocciolamento e poi la reticolazione in forno) o tramite elettroforesi (il manufatto viene immerso nella vasca, che contiene il prodotto come mezzo elettrolitico, esso è collegato al polo negativo di un generatore di corrente continua, mentre l’altro polo è collegato all’ elettrodi, situati sui lati della vasca). La verniciatura, nel secondo caso, è di fatto un’elettrodeposizione e il manufatto emerge dalla vasca ricoperto in tutti i suoi punti da uno strato uniforme di prodotto elettrocoagulato, che diventerà poi un film mediante reticolazione in forno. Nel campo dei prodotti all’acqua rientrano anche le emulsioni acquose, acriliche e viniliche, su cui si basano le pitture murali per l’ uso domestico e per l’edilizia.
• prodotti in polvere: in cui non sono presenti solventi, questi prodotti sono l’optimum da un punto di vista dell’impatto sull’ambiente e dell’igiene sul lavoro. Hanno ottime prestazioni, soprattutto protettive. Si trovano nella fase di maturità, e a meno di innovazioni, la loro crescita sta raggiungendo il massimo tetto di espansione.
L’esigenza di ricoprire i più svariati oggetti destinati agli usi più diversi, di tutte le forme e dimensioni, ha fatto sì che si sviluppasse una articolatissima tipologia di prodotti vernicianti. E’ sorta quindi la necessità di distinguere questi prodotti, oltre che per le caratteristiche descritte in precedenza, anche secondo altre classificazioni a seconda:
• della loro posizione all’interno del ciclo di verniciatura (isolanti, primer di aderenza, antiruggini, fondi, stucchi, smalti ecc.)
• della destinazione d’uso (carrozzeria, casa, industria del legno, edilizia, anticorrosione, marina, nautica, industria meccanica ecc.)
• del tipo di essiccamento subito (aria o forno)
• del tipo di applicazione (pennello, rullo, spruzzo, spruzzo elettrostatico, elettroforesi, immersione)
• dello stato fisico in cui si presentano: prodotti vernicianti in polvere e prodotti vernicianti liquidi
• del tipo di solvente: prodotti all’acqua (idrosolubili o idrodiluibili) e prodotti al solvente
• del tipo di resina che compare nella loro composizione (alchidiche, epossidiche, acriliche, viniliche, poliesteriche, poliuretaniche)
Nella pratica si utilizzano più classificazioni contemporaneamente per descrivere un certo prodotto. Ad esempio si dice: “smalto poliacrilico per carrozzeria”, si utilizza perciò la posizione nel ciclo di verniciatura (smalto), il tipo di resina che costituisce il legante (poliacrilico) e la destinazione d’uso (carrozzeria).
2.2 Composizione dei prodotti vernicianti
Di seguito saranno descritti i componenti principali su cui si basa un generico prodotto verniciante, successivamente sarà effettuata la descrizione particolareggiata dei prodotti vernicianti a base acquosa, visto che questo lavoro di tesi è incentrato in questo ambito. Sostanzialmente un prodotto verniciante [1] è costituito da una miscela di quattro tipi di materie prime:
• un legante polimerico o un suo precursore
• un mezzo solvente e/o disperdente
• un pigmento ed eventualmente delle cariche
• additivi vari
2.2.1 Le resine
La base polimerica costituisce il componente essenziale e indispensabile del sistema verniciante per la sua natura macromolecolare [1]. Essa ha lo scopo di formare un film continuo ed aderente al substrato, in grado di inglobare e legare i vari componenti solidi del sistema (pigmenti, additivi) in un insieme con particolari caratteristiche chimiche, fisiche e
meccaniche. Ad esempio, resine acriliche o poliesteriche conferiscono particolari capacità di conservare la brillantezza ed il colore, mentre resine epossidiche vengono utilizzate per garantire elevate resistenze agli agenti chimici.
Le resine sono polimeri generalmente solubili nei comuni solventi organici o in acqua. Si possono distinguere in due classi fondamentali:
• polimeri termoplastici: dopo l’applicazione non vanno incontro a cambiamenti a livello molecolare
• polimeri termoindurenti: polimeri che vengono reticolati dopo il processo di posa, durante l’essiccamento
La prima classe comprende polimeri con peso molecolare relativamente elevato ( maggiore di 5∙105 g/mole), che possono essere impiegati in soluzione in opportuni solventi oppure in sospensione, quest’ ultima generalmente acquosa. La formazione del film con questi polimeri avviene per semplice evaporazione del solvente o del mezzo disperdente e successiva coalescenza delle particelle polimeriche. Pertanto con questi sistemi il peso molecolare del polimero rimane costante prima e dopo l'applicazione. Un problema connesso con l'impiego dei polimeri in soluzione è costituito dall'elevata viscosità delle soluzioni stesse, per cui è necessario usare una quantità rilevante di solvente per fluidificare il sistema. Le proprietà del film ottenuto dipenderanno unicamente dalla struttura chimica, dalla sua massa molecolare e dalle forze di valenza secondarie, che legano le catene polimeriche.
La seconda classe di polimeri è quella di gran lunga più importante e comprende polimeri a peso molecolare inferiore a 2∙104 g/mole, contenenti però gruppi funzionali reattivi. Questi polimeri dopo l'evaporazione del solvente sono trasformati in un film con elevate proprietà meccaniche attraverso una reazione chimica di reticolazione, che avviene in genere ad alte temperature (cottura in forno) oppure, in presenza di opportuni catalizzatori, anche a temperatura ambiente. In questo caso le soluzioni di polimero con bassa massa molecolare possono contenere un elevato tenore in solido senza far aumentare eccessivamente la viscosità, con conseguente riduzione di solventi.
In questo caso le proprietà fisiche, chimiche e tecnologiche del film dipenderanno sia dalla struttura chimica del polimero, sia dalla struttura del reticolo finale ottenuto, cioè dalla densità di reticolazione.
Le caratteristiche più importanti di un polimero per un impiego nel campo delle vernici comprendono:
• Temperature di transizione vetrosa (Tg), del polimero allo stato finale dopo
l'applicazione e l’indurimento. Essa ha una importanza fondamentale e influenza quasi tutte le proprietà del film. Allo scopo di ottenere il miglior compromesso tra proprietà diverse quali la durezza, l’adesione, la flessibilità e la resistenza all'urto, è opportuno che il polimero sia formulato in modo da avere un valore della Tg, prossimo alla temperatura ambiente. La Tg del
polimero potrà essere diminuita con l'impiego di plastificanti opportuni, sia aggiunti fisicamente nella miscela (plastificanti esterni) sia legati chimicamente al polimero (plastificanti interni).
• Caratteristiche di solubilità e di compatibilità: i polimeri devono essere sciolti in opportuni solventi e, quando si impiegano miscele di polimeri, essi devono essere tra di loro compatibili, cioè dare origine ad un sistema omogeneo. Il parametro fondamentale in questo caso è il parametro di solubilità; infatti secondo la teoria di Hildebrand vi sarà buona miscibilità e compatibilità tra polimeri e solventi se essi hanno valori simili del parametro di solubilità.
• Presenza di gruppi polari e di gruppi funzionali reattivi: i gruppi polari presenti sono importanti perché migliorano l'adesione al substrato. I gruppi funzionali reattivi permettono la successiva reticolazione del polimero.
Le più importanti tipologie di resine usate per la produzione di prodotti vernicianti sono le seguenti: • resine alchiliche • resine acriliche • resine epossidiche • resine poliesteriche • resine poliuretaniche
Le resine alchiliche sono prodotti di condensazione di acidi bicarbossilici con alcoli polifunzionali modificati per esterificazione con acidi grassi. I polialcoli impiegati sono in genere: glicerina, trimetilol-propano e pentaeritrite.
Gli acidi bicarbossilici sono: anidride ftalica, acido isoftalico, anidride tetraidro o tetra-cloroftalica, anidride trimetillitica, acido adipico, acido “dimero” (ottenuto per reazione di Diels-Alder dall'acido linoleico).
Gli acidi grassi o oli impiegati sono di 3 tipi: oli siccativi (lino, legno, oiticica, pesce), oli semisiccativi (soia, ricino disidratato, tallolio), oli non siccativi, cioè saturi (cocco, ricino, palma). Essi variano dai C12 ai C18, e il loro grado di siccatività è connesso al
numero e al tipo di insaturazioni presenti nella molecola. La presenza di doppi legami coniugati aumenta la velocità di reticolazione.
Le resine con contenuto in oli compreso tra il 30% e il 50% circa possono essere inoltre sottoposte a reazioni di modificazione, in cui al polimero vengono connessi sostituenti diversi rispetto al polimero base, che conferiscono caratteristiche addizionali al prodotto di reazione.
Le molte combinazioni possibili, qualitative e quantitative, dei prodotti di partenza, danno luogo ad una gamma amplissima di resine: ne consegue una grande versatilità applicativa. Inoltre hanno un costo molto contenuto, per cui costituiscono il tipo di polimero più impiegato nel campo dei prodotti vernicianti, specialmente in applicazioni correlate all’industria meccanica.
Le resine acriliche derivano da reazioni di polimerizzazione di svariati monomeri acrilici e presentano caratteristiche diverse a seconda dei monomeri di partenza. Appartengono alla categoria dei polimeri di poliaddizione e sono ottenute per polimerizzazione radicalica di monomeri acrilici o metacrilici. Quelli più impiegati sono: metacrilato di metile, etile, n-butile, acrilato di etile.
Le proprietà di queste resine si possono modificare copolimerizzando opportunamente i vari monomeri in modo da ottenere copolimeri con caratteristiche prefissate per le diverse applicazioni.
La grande diffusione delle resine acriliche è dovuta sia alla loro versatilità che alle eccezionali caratteristiche di resistenza agli agenti chimici, alle radiazioni UV e all'acqua, superiori a quelle delle resine alchidiche. Per questi motivi sono prodotti di grande pregio, specialmente le acriliche a forno, e sono ampiamente usate nel settore automobilistico e degli elettrodomestici.
La loro grande inerzia chimica è connessa sia alla stabilità della catena polimerica a base di legami C - C sia alla struttura specifica acrilica o metacrilica. Spesso le resine acriliche contengono quantità variabili (fino ad un massimo del 25%) di co-monomeri
contenenti sostituenti reattivi (OH, COOH) aventi lo scopo sia di migliorare l'adesione sul substrato che di permettere di reticolare il film di prodotto dopo l'applicazione. Le resine acriliche si possono suddividere in due grandi categorie: resine acriliche termoplastiche e termoindurenti. Le prime sono impiegate in soluzione e seccano all'aria per semplice evaporazione del solvente. In genere sono prodotti con peso molecolare variabile da 0,5 a 1∙105 g/mole. I prodotti a più basso peso molecolare resistono meno all'invecchiamento, quelli a più alto peso molecolare presentano problemi di applicazione a causa dell'elevata viscosità delle soluzioni in cui sono disciolti. Si ottengono per polimerizzazione radicalica in soluzione, in genere in solventi aromatici (xileni), in presenza di perossidi (ad esempio perossido di benzoile). Il polimero può essere additivato con un plastificante, oppure, più spesso, si ricorre ad una plastificazione interna con un co-monomero avente temperatura di transizione vetrosa più bassa. Spesso si introduce anche un terzo monomero per migliorare le proprietà meccaniche. La terna di monomeri più impiegati è costituita da metacrilato di metile, acrilato di etile e metacrilato di etile. Trovano largo utilizzo nel settore automobilistico, dove hanno sostituito le resine nitrocellulosiche per le superiori caratteristiche di durezza, brillantezza, ritenzione del colore e resistenza all'invecchiamento. Il loro difetto è l’elevata viscosità e quindi il basso contenuto in solido e il conseguente basso potere coprente dei prodotti pigmentati; inoltre impiegano solventi costosi e inquinanti per cui il loro uso è attualmente limitato. Si può anche utilizzare come solvente e co-monomero lo stirene, riducendo i costi di produzione.
Le resine acriliche termoindurenti differiscono da quelle termoplastiche per la loro composizione e per il loro peso molecolare. Infatti quest’ultimo è compreso tra 5 e 10∙103 g/mole. I vantaggi delle resine acriliche termoindurenti sono: migliore compatibilità con gli altri tipi di resine, più alto contenuto in solido, elevata durezza, migliore brillantezza e migliore aspetto del film dopo reticolazione, migliore resistenza agli agenti chimici e minore rammollimento ad alta temperatura, rispetto alle termoplastiche. La loro resistenza all'invecchiamento e la flessibilità , se opportunamente formulate, possono raggiungere i risultati ottenibili con le resine acriliche termoplastiche.
La maggior parte delle resine acriliche termoindurenti si prepara per polimerizzazione radicalica con solventi aromatici (xileni). Il peso molecolare finale è regolato variando la concentrazione del monomero, la temperatura e tramite l’uso di agenti trasferitoii di catena. La temperatura di transizione vetrosa della resina è variata tramite la
copolimerizzazione del metacrilato di metile con monomeri acrilici più “molli” quali acrilato di butile e di 2-etil-esile.
Le resine epossidiche derivano dalla policondensazione tra bisfenolo A ed epicloridrina, con vari pesi molecolari possibili, a seconda della particolare resina da realizzare. Hanno elevate caratteristiche di adesione, resistenza chimica e protezione dalla corrosione.
Per questa tipologia di polimero solitamente si usa un’unità di misura della massa chiamata equivalente epossidico (grammi di resina che contengono un grammo equivalente di gruppo epossidico) tenendo presente che, in genere, sono presenti due gruppi epossìdici alle estremità della molecola. L'equivalente epossidico è importante in quanto definisce lo stato fisico e il tipo di reattività della molecola. Resine con equivalente epossidico fino a 300 sono liquide e la loro reattività è essenzialmente connessa con la presenza di un alta concentrazione di gruppi epossidici. Le resine con equivalente epossidico superiore a 300 sono solide e la loro reattività è connessa anche alla presenza di gruppi ossidrilici secondari, che diventano preponderanti all'aumentare del peso molecolare.
Le vernici epossidiche si possono suddividere in due tipi: reticolabili a temperatura ambiente e reticolabili ad alta temperatura.
Il primo tipo comprende le resine epossidiche bicomponenti, che sono reticolate a temperatura ambiente per reazione del sostituente epossido con poliammine o poliammidi. Le prime forniscono una migliore resistenza chimica, mentre le seconde permettono di ottenere un film con migliore flessibilità e resistenza all' acqua. Per la produzione di queste resine si usano componenti con “equivalente epossidico” compreso fra 180 e 400. Esse hanno costituito il primo tipo di vernici commerciali reticolabili a temperatura ambiente con proprietà meccaniche e di resistenza chimica simili a quelle delle vernici a forno. I due componenti sono mescolati al momento dell'uso e, dopo la miscelazione, hanno un limitato tempo di impiego (pot life) variabile da alcune ore a pochi giorni. Questi tipi di vernici sono ampiamente usati nell'industria pesante: impianti chimici, rivestimento di cisterne, vernici marine. Possono essere usate per il rivestimento esterno di condutture e oleodotti mescolandole con catrame.
Il secondo tipo di prodotti comprende le resine epossidiche reticolate termicamente per reazione anche dei gruppi -OH secondari con composti contenenti gruppi carbossilici o con anidridi acide, oppure con resine melamminiche, ureiche o fenoliche. Si impiegano
resine solide con equivalente epossidico oltre il 900, le quali contengono un forte eccesso di gruppi -OH secondari rispetto ai gruppi epossidici.
La reticolazione insieme a resine fenoliche è impiegata per la verniciatura di contenitori di bevande e in generale nel campo alimentare, verniciatura interna di condotte e tubazioni. La reticolazione insieme a resine amminiche fornisce un prodotto con minore resistenza chimica ma un migliore aspetto dopo l’ applicazione, inoltre esse reticolano a temperature inferiori. Sono usate per la verniciatura di elettrodomestici, barattoli, mobili per laboratori e per ospedali. I solventi per queste resine sono i chetoni, gli eteri e gli esteri.
Si possono citare ancora due altri tipi di resine epossidiche chiamate: “essiccanti all'aria”. Per ottenere il primo prodotto si fanno reagire epossi-esteri, con equivalente epossidico uguale a 700 circa, con acidi grassi insaturi. L'acido grasso reagisce con l'anello epossidico e, a temperatura più alta, con i gruppi -OH presenti, che vengono esterificati. I prodotti che si ottengono reticolano all'aria per ossidazione dell'acido grasso insaturo con l’ossigeno. Sono usati per la verniciatura di pavimenti, la decorazione di metalli e la manutenzione d'impianti.
Il secondo tipo di resine epossidiche utilizza componenenti con peso molecolare molto elevato (maggiore di 5∙104 g/mole) non reticolati chimicamente, essi formano un film flessibile e termoplastico per semplice evaporazione del solvente. Presentano buone caratteristiche di adesione e resistenza chimica e sono impiegate come vernici di fondo per metalli.
Le resine epossidiche sotto l'azione combinata delle radiazioni UV e dell'ossigeno atmosferico tendono ad ingiallire e ad opacizzare, in condizioni atmosferiche spinte, si può avere anche infragilimento e successivo “sfarinamento” del film. Per questo non sono consigliate per applicazioni di finitura all'esterno, in cui è richiesto il mantenimento del colore e della brillantezza.
Le resine poliesteriche sono chimicamente simili alle alchidiche, ma non subiscono modificazioni con olio. Si ottengono per policondensazione di un glicole con un acido bicarbossilico saturo e uno insaturo (ad esempio acido maleico) e vengono usate disciolte in un monomero reattivo, come lo stirene. La reazione di reticolazione è di tipo radicalico, coinvolge sia i doppi legami presenti nel poliestere che il monomero reattivo, il quale entra a far parte del reticolo tridimensionale.
Hanno prestazioni protettive superiori alle alchidiche, e hanno la stessa versatilità applicativa, si posizionano quindi, in termini di caratteristiche, costo e prestazioni tra le alchidiche e le acriliche.
Con le resine poliesteriche è possibile ottenere prodotti vernicianti con un residuo secco tra i più elevati, superiore al 70% dopo l’applicazione.
Le resine poliuretaniche trovano largo impiego per la loro capacità di fornire film flessibili, tenaci, con buona resistenza all'attacco chimico e all’abrasione. La reazione di produzione avviene generalmente tra polieteri o poliesteri terminati con gruppi -OH e poliisocianati. I sistemi poliuretanici ottenibili sono classificabili in monocomponente e bicomponente. I primi si dividono in tre categorie:
• Sistemi non reticolabili privi di gruppi isocianici liberi. Sono preparati per reazione tra poliesteri o polieteri lineari (peso molecolare tra 1 - 2∙102 g/mole) con un eccesso di diisocianato. Gli oligomeri ottenuti vengono poi fatti polimerizzare, mediante un glicole o una diammina, fino ad arrivare a un peso molecolare di 6 - 12∙104 g/mole. Vengono impiegati per verniciare supporti in pelle e supporti elastici.
• Sistemi siccativi; si tratta delle resine alchidiche uretaniche e degli oli uretanici già discussi precedentemente
• Sistemi bloccati: sono ottenuti per reazione di un poliisocianato con un composto ossidrilato mono-funzionale. Il prodotto risultante è stabile a temperatura ambiente, ma a 160-180°C si decompone rigenerando il poliisocianato di partenza che può reagire con un composto reticolante. Sono impiegati nelle pitture in polvere e nelle vernici elettroisolanti; come agente reticolante si usa il caprolattame. Sono anche impiegati gli uretodioni (isocianati sotto forma di dimeri) che manifestano l’azione di decomposizione a circa 150°C
I sistemi bicomponenti sono costituiti da un poliisocianato e da una resina poliossidrilica, la loro miscelazione innesca la reazione di reticolazione che porta alla formazione di uretani. Si impiegano generalmente dei triisocianati, insieme a trimetilolpropano, o biureti dell'esametilendiisocianato, con acqua e poliesteri o polieteri polifunzionali con peso molecolare di circa 5 - 6∙103 g/mole.
Poiché la componente poliuretanica non viene quasi mai modificata nella formulazione della pittura, le proprietà del prodotto finale vengono variate agendo sulla struttura della resina ossidrilata. Per abbreviare il tempo di polimerizzazione si impiegano quantità catalitiche di ammine terziarie con i poliisocianati aromatici e di sali metallici se si lavora con gli alifatici. La reticolazione di queste resine avviene tra la temperatura ambiente e i 70°C.
A questa categoria appartengono gran parte delle vernici per la finitura di mobili in legno, degli smalti per macchine utensili e per la carrozzeria di veicoli industriali.
La caratteristica comune a tutti i prodotti vernicianti a base uretanica è quella di fornire film con elevate proprietà di adesione, durezza e brillantezza. La loro resistenza agli agenti chimici è paragonabile solo a quella delle resine epossidiche, rispetto alle quali hanno il vantaggio di mantenere a lungo invariate le caratteristiche estetiche (non ingialliscono), specialmente impiegando i diisocianati alifatici. Esse sono probabilmente le più flessibili dal punto di vista applicativo per l'ampio spettro di proprietà e la capacità di essere formulate per vari impieghi specifici e con diverse tecnologie di applicazione.
2.2.2 I solventi
Il mezzo solvente o disperdente ha la funzione di fluidificare il sistema e renderne possibile l'applicazione sul substrato [1]. Successivamente viene allontanato dal sistema per evaporazione.
Come solventi si possono impiegare diversi composti organici e l'acqua, mentre come mezzo disperdente si usa generalmente l'acqua insieme a solventi polari. Questi componenti sono ovviamente assenti nelle vernici in polvere e dalle vernici composte solamente da solido. Le caratteristiche che il solvente deve possedere sono le seguenti:
• deve tenere in soluzione la resina (o le resine), ricercando l’equilibrio ottimale tra stabilità, concentrazione e viscosità della soluzione
• dopo l’applicazione, deve evaporare gradualmente dal corpo del film, in tempi sufficientemente rapidi per evitare “colature”, ma non troppo rapidamente in modo da consentire una buona applicazione ed evitare il brusco raffreddamento del film o innescare movimenti tumultuosi al suo interno. Altrimenti si avrebbe la formazione di condense sulla superficie o la formazione di crateri
• durante l’evaporazione dei solventi non si deve verificare che la resina, progressivamente privata del suo solvente, precipiti nella soluzione
E’ in atto una chiara tendenza nell'industria delle pitture e vernici a ridurre l'impiego di solventi organici o a sostituirli con l'acqua come mezzo disperdente. Questo fatto è dovuto sia all'alto costo dei solventi stessi, sia al fatto che, nella fase di evaporazione, questi ultimi inquinano l'ambiente, a meno di ricorrere a costose apparecchiature per recuperarli o eliminarli. Il contenuto di sostanze volatili organiche emesse dalle pitture viene indicato come quantità di VOC (volatiles organic compound ). Mediamente la sua concentrazione è di 420g/l per le pitture comuni.
Le pitture che hanno basso o nullo contenuto di VOC dunque riscontrano una preferenza sempre più rilevante; le principali categorie sono riportate di seguito:
• pitture in polvere
• pitture ad alto residuo solido
• pitture all'acqua
• vernici induribili mediante radiazioni UV
2.2.3 I pigmenti
I pigmenti sono prodotti solidi impiegati in forma di polvere di opportuna granulometria, insolubili nel mezzo verniciante [1]. La loro funzione è duplice: dare una colorazione al prodotto verniciante e conferire la capacità di nascondere il substrato su cui il sistema è applicato.
Sono composti organici o inorganici, (ossidi, cromati, ferrocianuri, ftalocianine, toluidine, azoici, ecc.). I pigmenti inorganici offrono solitamente ottime prestazioni, si disperdono con grande facilità e sono interamente insolubili. I pigmenti organici, invece, si lasciano preferire per la gamma molto estesa di tonalità e per la nitidezza del colore, ciò nonostante in questo caso se vengono applicati all' esterno, o in sistemi fortemente acidi o basici avviene la distruzione dei gruppi cromofori. I pigmenti sono sempre presenti come fase dispersa (eccezione fatta per le finiture trasparenti).
Un tipo particolare di pigmenti sono i coloranti, sono composti organici solubili, che impartiscono colore ma lasciano inalterata la trasparenza propria del film, si utilizzano perciò nelle finiture trasparenti colorate.
Pigmenti e coloranti costituiscono spesso la parte più costosa della formulazione. Generalmente sono impiegati in polvere e sono composti da particelle relativamente grandi. Gli agglomerati e gli aggregati devono quindi subire un trattamento meccanico di macinazione per essere finemente dispersi ed esercitare al massimo il loro potere coprente Da un punto di vista fisico, la particella di pigmento dispersa nel film di prodotto essiccato rappresenta un punto di discontinuità del film stesso, quindi ne indebolisce le caratteristiche di resistenza, sia meccaniche che chimiche. Esiste, infatti, una concentrazione critica di pigmento (CPVC, Critical Pigment Volume Concentration) al di là della quale il film perde completamente la sua continuità con un decadimento drastico di tutte le sue caratteristiche. Un pigmento è tanto più pregiato quanto maggiore è la sua resistenza alla luce; naturalmente il costo varia in proporzione, e a volte raggiunge livelli proibitivi, centinaia di volte superiore alla media. La scelta di un pigmento, quindi, passa per la ricerca di un equilibrio ottimale tra colore, conservazione nel tempo, potere coprente e costo.
2.2.4 Le cariche
Le cariche sono costituite da prodotti meno costosi dei pigmenti e permettono di migliorare le caratteristiche estetiche e reologiche del sistema e/o di ridurre la quantità necessaria di pigmento [1].
Si compongono solitamente di sali inorganici insolubili (silicati, solfati, carbonati ecc.) di costo modesto e granulometria compresa tra 1 e 30 µm. Non impartiscono né colore né potere coprente, e costituiscono la parte più povera della formula.
Le funzioni che le cariche possono svolgere in un prodotto verniciante sono le seguenti
• impartire opacità
• aumentare la permeabilità al vapore del film secco
• facilitare la carteggiatura degli stucchi e dei prodotti di riempimento
• impedire la formazione in barattolo di sedimenti duri, difficili da disperdere nuovamente
• migliorare la resistenza all'esterno
• favorire una migliore distribuzione nel film delle particelle di pigmento, aumentandone il potere coprente
Talvolta le cariche sono utilizzate anche per ridurre il costo del prodotto verniciante.
Le più importanti sono: il carbonato di calcio, il caolino, il talco, la mica, il quarzo, il solfato di bario.
Nei fondi, negli stucchi e talvolta nelle finiture, svolgono una importante funzione di “riempimento” e facilitano le operazioni di livellamento e di carteggiatura.
2.2.5 Gli additivi
Sono prodotti di varia natura che impartiscono ai prodotti vernicianti, durante la lavorazione e l’applicazione, o ai film dopo l’essiccazione, particolari caratteristiche (ad esempio, possono agire sulla tensione superficiale, sull’aspetto del film, sulla sua “scivolosità” al tatto) [1]. Gli additivi sono molto numerosi e vengono classificati a seconda dell’azione che esercitano, si dividono in:
• antipelle – fanno si che l’essiccazione del film avvenga omogeneamente in tutto il suo spessore e non solo in superficie; se ciò avvenisse, si creerebbe in superficie una pellicola secca, la “pelle”, che galleggerebbe sul resto del film ancora liquido.
• anti-ingiallenti - assorbono le radiazioni UV, evitando che esse vadano a degradare e quindi far ingiallire il film
• acceleranti - accelerano l’essiccazione ad aria, catalizzando la reazione con l’ossigeno
• anti-sedimentanti - aiutano a tenere in sospensione le particelle di pigmenti e cariche, evitando o rallentando la loro sedimentazione
• plastificanti - aumentano l’elasticità della pellicola secca
• distendenti - procurano una superficie distesa ed omogenea del film, evitando che si formi in modo eccessivo un aspetto frastagliato.
• anti-schiumanti – limitano la formazione e la ritenzione di bolle nel prodotto verniciante
• antibatterici – evitano gli attacchi batterici, che potrebbero degradare le proprietà del prodotto verniciante
• modificatori reologici – variano la viscosità e in generale il comportamento reologico
L’efficacia degli additivi varia in funzione della quantità utilizzata, con un massimo dell’efficacia che corrisponde ad una percentuale ben precisa (di solito sono presenti in percentuali molto basse, mai superiori al 3-4%, spesso dell’ordine dei ppm) e della natura del prodotto.
2.3 Pitture all’acqua
L'acqua, rispetto agli altri solventi, ha degli alti valori di tensione superficiale e di calore latente d’evaporazione. La molecola d’acqua è molto polare, in grado di sciogliere polimeri derivanti da monomeri polari.
Le pitture all'acqua si possono suddividere in tre gruppi in funzione della caratteristica fisica della pittura: soluzione, dispersione colloidale ed emulsione. Le pitture all’ acqua possono anche essere classificate in funzione della matrice polimerica utilizzata o della metodologia di sintesi.
Esse possono essere formulate, con polimeri termoplastici o con materiale termoindurente, in questo ultimo campo lo sviluppo industriale è notevole.
Le pitture all’acqua idrosolubili sono costituite da polimeri ricchi di gruppi carbossilici che si sciolgono in acqua per neutralizzazione con ammine e riprecipitano per evaporazione delle stesse. Normalmente Sono composte da resine alchiliche modificate con resine ureiche o poliestere/poliisocianiche, parzialmente salificate. Le soluzioni acquose di polimeri formano film facilmente per semplice evaporazione dell'acqua.
Nelle pitture all’acqua idrodiluibili. Sono indicate come dispersioni o emulsioni in funzione delle dimensioni delle particelle di polimero e possono essere monocomposte o bicomposte. Le dispersioni colloidali contengono il polimero nella pittura sotto forma di particelle colloidali con dimensioni inferiori a 0,1 mm, mentre le emulsioni sono costituite da particelle con dimensioni maggiori di 0,1 mm.
Le pitture all’acqua hanno una limitata quantità di solvente, sono inodori ed ininfiammabili. Hanno veloce essiccamento, lungo pot-life, buona flessibilità e caratteristiche applicative dei
film a basso spessore. Sono difficilmente applicabili alle basse temperature e a umidità elevata, per la cattiva evaporazione dell’acqua. Anche il film secco, che rimane sul substrato, rimane sensibile all’ acqua.
Le formulazioni sono più complesse perché richiedono l'impiego di regolatori della tensione superficiale e di agenti antischiume.
Pur con i vari limiti e problemi connessi al loro impiego, le vernici all'acqua trovano ampio e crescente impiego nel settore edile e anche in alcuni tipi di vernici industriali.
I processi di formazione ed essiccamento del film sono più difficoltosi per le pitture in emulsione e dispersioni colloidali che per quelle in soluzione. Inizialmente l'essiccazione è controllata dalla diffusione dell'acqua in fase vapore e dipende quindi dall'umidità relativa dell'ambiente. Con il proseguimento dell’evaporazione, le particelle del polimero, i pigmenti e gli altri componenti della pittura vengono a contatto tra di loro. Per formare un film continuo le particelle del polimero devono deformarsi rispetto alla loro forma sferica, coalescere ed avvolgere le particelle del pigmento. Affinchè avvenga ciò il polimero deve deformarsi facilmente; questo dipende dalla sua viscosità intrinseca, in particolare al momento del processo di coalescenza, e quindi dalla formulazione iniziale della pittura.
Poiché sia la viscosità del polimero, sia l'efficacia dei solventi sono dipendenti dalla temperatura, ne consegue che la filmazione delle emulsioni è fortemente dipendente dalla temperatura. Vi è una temperatura minima (MFFT, Minimum film formation temperature) a cui avviene la formazione del film, sotto la quale le particelle del polimero non coalescono e non inglobano il pigmento. Si può assumere, con buona approssimazione, la MFFT uguale alla temperatura di transizione vetrosa del polimero.
Le pitture all’acqua in emulsione comprendono i prodotti di omo- e co-polimerizzazione in emulsione acquosa di monomeri vinilici. I principali tipi di polimeri impiegati sono: omopolimeri dell'acetato di vinile, additivati di plastificanti opportuni, copolimeri dell'acetato di vinile con acrilati, maleati, estere vinilico dell'acido versatico, copolimeri di esteri acrilici o metacrilici fra di loro o con stirene, copolimeri stirene - butadiene.
I prodotti a base di poliacetato di vinile e suoi copolimeri sono molto impiegati nel settore delle vernici per edilizia e costituiscono i leganti primari per vernici all'acqua da interno. Vengono utilizzati anche nel settore del legno e dei metalli. Le caratteristiche finali del prodotto sono buone: il film è flessibile, durevole, aderisce bene, secca rapidamente e conserva il colore.
I prodotti a base di sospensioni di polimeri acrilici presentano proprietà superiori di resistenza alle radiazioni UV e all'idrolisi e sono preferiti in impieghi per ambienti esterni.
Le resine a base poliuretanica hanno eccellente resistenza ai solventi, all'abrasione, sono tenaci e flessibili.
Le resine epossidiche offrono i benefici già indicati in precedenza.
Dopo una descrizione globale delle pittura all’acqua si passa ad analizzare le idropitture, visto che questo lavoro di tesi è incentrato sul loro studio. Le idropitture si compongono delle seguenti materie prime (esse vengono riportate secondo l’ordine di inserimento in una generica produzione):
• Acqua
• Agenti bagnanti e disperdenti
• Agenti preservanti e conservanti
• Pigmenti
• Addensanti Cellulosici o modificanti reologici
• Stabilizzatore di pH
• Agenti Antischiuma e Disperanti
• Cariche
• Agente coalescente
• Emulsioni
Qualsiasi buona formulazione di un prodotto verniciante inizia dall'analisi chimica dell’acqua, essendo la parte più consistente della soluzione.
Per tutte le acque che devono essere usate per scopi industriali, il problema della purificazione è di massima importanza. A questo scopo bisogna, innanzitutto, esaminare la durezza dell'acqua, ed eventualmente effettuare l’addolcimento, facendo precipitare i sali di calcio e magnesio ed eliminandoli dalla soluzione. Il secondo parametro da prendere in considerazione è l'acidità della soluzione, misurata dal pH. La terza caratteristica da considerare è il grado di contaminazione biologica dell’ acqua, poichè da esso dipende la quantità di agente preservante (antimuffe o biocida), che sarà necessario usare in modo che il prodotto verniciante si conservi al sicuro dall'insorgere di microrganismi.
Gli agenti preservanti e conservanti sono necessari, visto che i prodotti vernicianti, per la presenza di acqua, di sostanze organiche degradabili come gli addensanti e i tensioattivi e per il pH alcalino, rispondono ai requisiti necessari per la rapida crescita dei batteri. Si riesce a controllare la loro proliferazione con l'inserimento nella formulazione di sostanze biocide, sia
di tipo idrosolubile che di tipo insolubile all'acqua, che vengono classificati come biocidi preservanti.
Essi devono essere aggiunti dalle prime fasi della produzione, affinchè possano iniziare velocemente la loro funzione e impediscano il deterioramento biologico del prodotto verniciante una volta confezionato. Essi presentano un ampio spettro di azione, insieme ad una bassa tossicità ed a una elevata stabilità allo stoccaggio. Hanno inoltre la capacità di evitare la formazione di gas, di impedire il decadimento della viscosità, contrastano l’ eventuale variazione del colore e la stratificazione del sistema.
Gli agenti bagnanti e disperdenti sono necessari per esaltare le caratteristiche utili dei pigmenti. Nel corpo di un prodotto verniciante può succedere che le particelle di pigmento ricoperte dal legante, interagiscano fra loro, unendosi per dar luogo al fenomeno della flocculazione. Ciò viene evitato con questi agenti, composti generalmente da tensioattivi ionici e non-ionici, che abbassando la tensione superficiale e permettono una maggiore bagnabilità dei pigmenti.
Le funzionalità dei pigmenti sono state già discusse in precedenza in questo capitolo. Possono essere usati da soli o in miscela fra di loro e vengono aggiunti in questa fase, perché, essendo composti da particelle relativamente grandi, devono essere dispersi finemente, in modo da poter esercitare al massimo il loro potere coprente. Questa caratteristica dipende dalla quantità di luce che il pigmento lascia passare; essa aumenta al diminuire della dimensione delle particelle fino a un limite inferiore di 0,2 micron. Inoltre essa aumenta proporzionalmente alla quantità di pigmento presente nella formulazione fino ad un limite superiore, che non si può oltrepassare per non rendere difficoltosa l'applicazione del prodotto.
Gli addensanti più usati nelle pitture ad acqua sono:
• le argille (non rigonfiabili e rigonfiabili)
• i polisaccaridi (derivati cellulosici e Gomma/Xantano)
• i sintetici (poliuretanici e poliacrilici)
In particolare di seguito verranno descritti i derivati cellulosici, perchè più rilevanti ai fini di questo lavoro di tesi. Essi vengono usati per far variare la viscosità del sistema e renderla:
• sufficiente per una buona dispersione dei pigmenti durante la macinazione
• sufficiente per evitare la sedimentazione durante l'immagazzinamento, che consiste nella formazione di uno strato liquido sopra la pittura
• sufficiente per evitare il fenomeno della flocculazione già esaminato parlando degli agenti bagnanti
• che permetta una buona applicazione senza gocciolamenti, senza colature, con una distensione tale da consentire una buona copertura e un buon livellamento, regolando contemporaneamente il tempo di essiccazione del film
Gli addensanti cellulosici maggiormente usati nelle idropitture sono:
• Idrossetilcellulosa (HEC)
• Idrossipropilmetilcellulosa (HPMC)
• Carbossimetilcellulosa (CMC)
• Idrossietilcellulosa modificata (HMHEC)
• Etilidrossietilcellulosa (EHEC)
Il loro meccanismo addensante si basa sul fatto che le molecole, solvatate in soluzione, si distendono intersecandosi fra loro nei punti in cui si legano formando ponti idrogeno. Gli addensanti a basso peso molecolare hanno maggior resistenza al gocciolamento, mentre quelli a peso molecolare elevato sono più indicati per il livellamento del film.
Essi possono essere incorporati nella pittura nello stadio di macinazione del pigmento oppure nella fase di diluizione, per ottenere una regolazione finale della viscosità. Possono essere incorporati inoltre sotto forma di soluzione liquida oppure di polvere secca.
Gli agenti stabilizzatori di pH sono necessari visto che le pitture emulsionate presentano la loro migliore stabilità a un pH compreso fra 8 e 9.5, quindi alcalino. Inoltre, proprio per ottenere migliori caratteristiche di viscosità, si devono aggiungere gli addensanti cellulosici in un sistema leggermente acido e successivamente il pH deve essere regolato con gli stabilizzatori solamente dopo che le particelle sono state disperse. Solitamente si utilizzano idrossido di sodio (NaOH), idrossido d’ ammonio (NH4OH) oppure con ammoniaca (NH3).
Le idropitture devono contenere gli agenti bagnanti e disperdenti per la loro capacità di abbassare la tensione superficiale del sistema. Essi hanno come effetto secondario quello di trattenere l'aria inglobata dal prodotto durante il processo di dispersione. Anche i pigmenti trattengono dell’ aria interparticellare. Si instaura quindi un meccanismo fisico conosciuto con il nome di “schiuma stabilizzata”, che al momento dell'applicazione si localizza all'interfaccia film/aria, dando luogo a tipici difetti detti “crateri” e “punte di spillo”.
Per ridurre al minimo questo problema si usano gli agenti antischiuma, che distruggono la schiuma all'interfaccia con l’aria, sia durante la produzione, sia durante e dopo l'applicazione del film sul supporto murario. Le caratteristiche che deve possedere l’egente per avere il massimo della resa deschiumante sono bassa tensione superficiale, alta capacità di penetrazione e immiscibilità con il prodotto verniciante. Frequentemente si ricorre ad oli aromatici, alifatici e siliconici. Il tipo e la quantità dell'antischiuma richiesto dipendono dal tipo di polimero usato, dal pH a cui si sta operando, dalla quantità di pigmenti e di cariche usate, dal momento in cui viene introdotto nella formulazione e dalla velocità a cui si sta attuando la dispersione.
Esiste poi un altro gruppo di agenti che vengono raggruppati sotto il nome di disaeranti, che permettono all'aria inglobata di lasciare il film dopo l'applicazione. Essi agiscono rallentando il processo di evaporazione da una parte, e aumentando la velocità di risalita delle bolle dall'altra. La difficoltà è quella di trovare il giusto quantitativo di agente, che impedisca la stabilizzazione della schiuma, con conseguente veloce risalita delle bolle verso la superficie del film. Fra le sostanze più utili per ottenere questo risultato ci sono ancora una volta gli oli siliconici.
Le funzioni che le cariche svolgono in un prodotto verniciante sono le seguenti:
• Impartiscono opacità
• Aumentano la permeabilità al vapore del film
• Facilitano la carteggiatura degli stucchi
• Impediscono la formazione dopo il confezionamento di sedimenti duri
• Impediscono particolari effetti estetici sgraditi
• Migliorano la resistenza all' ambiente esterno
• Favoriscono una migliore distribuzione delle particelle di pigmento, aumentandone il potere coprente (Extender)
• Riducono il costo del prodotto
Nel caso delle idropitture in cui si usano i cosiddetti leganti (resine) in emulsione è necessario l'uso di un agente coalescente, cioè di un prodotto (della famiglia degli alcoli, dei glicoli o degli eteri-glicoli) che faciliti e migliori la formazione del film, favorendo la coalescenza. Praticamente mentre l'acqua comincia ad evaporare, le particelle di resina tendono ad avvicinarsi le une alle altre. La tensione superficiale nel liquido rimasto fra particelle adiacenti aumenta, per cui inizia un processo di modifica strutturale della superficie delle
particelle stesse che vengono spinte, sempre di più, le une contro le altre fino ad incastrarsi completamente. L’acqua non riesce più a separare le particelle una volta che si sono saldate; il processo di essiccazione per coalescenza è quindi irreversibile.
I leganti in emulsione (resine) sono i componenti fondamentali dei prodotti vernicianti poichè ne determinano le caratteristiche e la qualità. Sono già state descritte nelle parti precedenti di tale capitolo.
2.4 Descrizione dell’impianto di produzione Materis Paints Italia
di Porcari
Di seguito verrà descritto l’impianto di produzione Materis Paints Italia di Porcari; successivamente la trattazione verrà focalizzata sul reparto di produzione pitture a base acquosa, per analizzare in maniera dettagliata il processo di produzione, di controllo qualità e di stoccaggio per questa tipologia di prodotti vernicianti. Per quanto riguarda la parte dello stabilimento adibita alla produzione e al confezionamento, esso è suddiviso nelle seguenti aree:
• stoccaggio materie prime
• area coloranti
• area solvente (suddivisa in tintometro, macinazioni e dispersioni)
• area idropitture
• area smalti ad acqua
• aree di confezionamento dei prodotti
Lo stoccaggio delle materie prime si compone di varie zone: quello che raccoglie la gran parte di esse è un capannone, disposto circa al centro dell’impianto. Due grandi silos per la conservazione delle resine sono disposti all’esterno, all’estremità sud-occidentale. Sono presenti degli stoccaggi interni, nella parte sud dell’ impianto, adibita alla produzione di idropitture. Infine sono presenti altri depositi, principalmente per gli imballaggi del confezionamento sempre nella zona sud e precisamente tra il reparto confezionamento dei prodotti a solvente e quello di confezionamento dei prodotti all’acqua. Di seguito sono riportate le piante di tutte gli stoccaggi elencati sopra.
Figura 2.1: Vista in pianta del capannone adibito a stoccaggio
Figura 2.2: Vista in pianta dei silos esterni per l’immagazzinamento delle resine
Figura 2.3: Vista in pianta degli stoccaggi interni nella zona di produzione delle idropitture
L’area coloranti è situata nella parte sud-ovest dell’impianto, nello stesso capannone occupato anche dall’area di produzione idropitture e dall’area degli smalti all’acqua. La produzione di coloranti a base acquosa avviene in macchine a vasca mobile di capacità 800 – 1000 L, in cui il carico della materie prime avviene o attraverso collettori situati in reparto o con introduzione diretta da parte dell’operatore. Essa consiste di una dispersione preventiva e di una successiva macinazione della durata di 12 - 36 ore. In seguito la vasca viene avvicinata ai collettori che portano al confezionamento.
Figura 2.5: Vista in pianta dell’area coloranti
L’area dei prodotti a solvente è situata nella zona sud-est dello stabilimento, in un capannone condiviso anche con il relativo reparto di confezionamento.
L’area di produzione delle idropitture è ubicata nella parte sud-ovest dell’impianto.
Figura 2.7: Vista in pianta dell’area di produzione delle pitture ad acqua
L’area degli smalti ad acqua è situata nella zona sud-ovest dell’impianto, tra l’area di produzione idropitture e quella di produzione dei coloranti. La produzione di smalti a base acqua avviene in macchine di capacità da 2 -8 m3, in cui il carico della materie prime avviene sia manualmente che attraverso tubazioni collegate direttamente ai vessel. I batch vengono trasferiti in stoccaggi agitati pronti per l’eventuale messa in tinta. La colorazione degli smalti avviene prelevando quantità predeterminate di semilavorati bianchi o trasparenti e aggiungendo ad essi adeguate quantità di paste coloranti in dispersori a vasca mobile di volume compreso tra gli 800 – 1000 L. In seguito la vasca viene avvicinata ai collettori che portano al confezionamento.
Vi sono varie zone adibite al confezionamento dei prodotti; il primo motivo è la distribuzione dei siti di produzione, che sono disposti in varie parti dell’impianto. Il secondo motivo è che l’aumento di produzione degli ultimi anni ha reso necessario il potenziamento anche del sistema di confezionamento. Sono presenti tre zone per i prodotti ad acqua, posizionate tutte nei pressi della relativa zona di produzione. Un'altra zona è presente accanto all’ area di produzione dei prodotti a solvente e ha lo scopo di confezionarli. Le linee per idropittura sono semiautomatiche, ciascuna delle quali provvista di linea trasporto barattoli e impianto di pallettizzazione automatica.
Figura 2.10: Vista in pianta della seconda zona di confezionamento dei prodotti ad acqua
Figura 2.11: Vista in pianta della terza zona di confezionamento dei prodotti ad acqua
Il ciclo di lavorazione delle idropitture e delle basi prevede l'adduzione delle materie prime impiegate mediante un sistema automatico gestito da un controllore a logica programmabile (PLC, Programmable Logic Controller), situato in una postazione di controllo sul soppalco dell’impianto. Il prelievo delle materie prime avviene mediante pompe, coclee e tubazioni dai vari serbatoi di stoccaggio esterni ed interni, nonché dai silos di stoccaggio polveri situati in prossimità del fabbricato nella zona adiacente all’autostrada. In aggiunta alle materie prime convogliate in maniera automatica, sono tuttora presenti limitate quantità di alcune sostanze, la cui movimentazione avviene manualmente mediante prelievo diretto dai luoghi di stoccaggio in quantità predeterminate. La preparazione dei prodotti è costituita dalle seguenti fasi principali:
• Prelievo delle materie prime dagli stoccaggi ed invio ai dispersori
• Omogeneizzazione delle materie prime mediante i dispersori
• Controllo e collaudo del composto in relazione alle caratteristiche fisiche e chimiche necessarie
• Trasferimento all'impianto di confezionamento se si tratta di prodotto finito, oppure a deposito nei serbatoi interni se si tratta di semilavorato.
Quest’area si compone di 4 dispersori, ognuno dei quali può contenere 5 m3 di prodotto liquido. I tipici componenti di una pittura ad acqua e l’ordine di inserimento nel dispersore sono già stati descritti nel paragrafo 2.3. A scopo indicativo si riporta nella seguente figura il diagramma di Gantt per la produzione di una generica pittura all’acqua. Sull’ asse delle ascisse è riportato il tempo in minuti.
Durante la dispersione avvengono parecchi processi: il bagnamento della superficie delle particelle solide da parte dei liquidi; l'eliminazione dell'aria negli agglomerati dei pigmenti; la disgregazione meccanica delle particelle associate e la stabilizzazione delle particelle più piccole che si sono formate, per prevenire la flocculazione.
In tale procedura è fondamentale un grado di miscelamento elevato, che viene mantenuto tramite l’uso di giranti di tipologia Cowles, indicate per dispersioni molto viscose, ad elevate velocità di rotazione e per una produzione discontinua in lotti. Tre dei dispersori hanno due giranti, montate sullo stesso albero, invece il quarto ne ha una sola. Quest’ ultimo sopperisce a tale mancanza con il fatto che l’albero può muoversi lungo l’asse del serbatoio durante la dispersione. Tutti i dispersori sono provvisti di raschiaparete, per eliminare le polveri che si addensano alle pareti durante la loro carica. Nella figura seguente è riportato una vista interna del dispersore dotato di albero mobile, in cui si può vedere la girante Cowles e il raschiaparete.
Figura 2.14 Vista interna di dispersore
Le giranti possono raggiungere una velocità di rotazione di 600 - 700 rpm.
Il calore, dovuto all’attrito tra il fluido e la girante, viene smaltito in maniera molto difficoltosa. Ciò comporta un aumento di temperatura della soluzione, che comunque non può mai superare i 40°C. Infatti se al momento dell’ inserimento della resina (verso la fine della dispersione) la temperatura supera tale limite si verificherà la coagulazione di questo componente, con conseguente inutilizzabilità di tutto il batch.
Dopo la fase di dispersione la soluzione viene mandata ad uno stoccaggio agitato, tramite un sistema di tubazioni, movimentandola con pompe a diaframma. La capacità dello stoccaggio è di 15 m3, quindi è adatto a ricevere tre batch; il contenuto dello stoccaggio viene agitato dal momento del trasferimento del primo di essi fino oltre il termine dell’inserimento del terzo, in
modo da ottenere un’ omogeneizzazione adeguata. Alla fine la temperatura dello sfuso è circa 30 - 35°C. Il vessel di stoccaggio ha una corpo centrale cilindrico e dei fondi bombati con una forma simile a una calotta sferica. Un disegno costruttivo semplificato del vessel è riportato in allegato, mentre nella seguente tabella sono riportate le sue dimensioni principali
Diametro del vessel 2800 mm
Altezza della parte cilindrica 2000 mm
Altezza del fondo 550 mm
Volume massimo di liquido 15 m3
Tabella 2.1: Principali dimensioni del vessel degli stoccaggi agitati
Sono presenti due tipologie di stoccaggi agitati, che differiscono per la tipologia di girante montata sull’albero e per la motorizzazione inserita. La prima è la configurazione storicamente presente nell’impianto: si compone di una motorizzazione da 22 kW senza inverter, dunque non è possibile far variare la velocità di rotazione della girante a seconda delle necessità, che è sempre 80 rpm, sia quando il serbatoio è vuoto (a scarico), che quando è pieno (a carico). Le giranti presenti in questa configurazione sono due eliche tripala. Sebbene abbiano un profilo non riscontrato nei tipici impeller descritti in letteratura, qualitativamente sono molto simili alle giranti commerciali “lightnin A310”. Sono disposte lungo l’albero, una molto vicina al fondo bombato del serbatoio, l’altra poco oltre la metà del serbatoio partendo dal basso. Nella figura seguente è riportata una vista interna di questo stoccaggio agitato.
Il diametro della girante è di 1900 mm.
La seconda tipologia di vessel agitato è un’innovazione apportata nello scorso anno, sulla base di una configurazione già esistente in un altro stabilimento Materis Paints Italia, situato presso Casavatore in provincia di Napoli. Si compone di una motorizzazione da 37 kW con inverter, quindi c’è la possibilità di far variare la velocità di rotazione durante il miscelamento. La potenza superiore, disponibile in questo caso, è giustificata dal fatto che le giranti assorbono più potenza rispetto al caso precedente per movimentare il fluido. Il range di velocità è compreso tra 50 e 100 rpm, anche se essa è subordinata a un limite sull’intensità di corrente elettrica che fluisce nel circuito: il sistema viene automaticamente fermato se quest’ultima supera i 70 A circa, a valle dell’inverter. Dunque a seconda del riempimento dello stoccaggio non sarà sempre possibile campionare tutto l’intervallo di velocità. In questa configurazione è stata inserita una tipologia di giranti, che non ritrova alcun riscontro in letteratura, usualmente nell’impianto viene chiamata ad “albero di Natale”. Si compone di otto pale disposte lungo l’altezza del vessel, le prime cinque hanno la stessa dimensione, mentre le ultime tre vanno decrescendo in lunghezza man mano che ci si avvicina al fondo, per motivi di ingombro nel serbatoio. Nella figura seguente è riportata una vista di tale tipologia di stoccaggio agitato.
Figura 2.16: Vista di stoccaggio agitato con la configurazione ad albero di Natale
Una vista della generica pala è riportata nella figura seguente, insieme ad un particolare che chiarisce il suo montaggio sull’ albero. Nella tabella successiva sono raccolte tutte le dimensioni, che descrivono geometricamente le varie tipologie di pala
Figura 2.17: Particolare del montaggio di una generica pala sull’ albero, per la girante albero di Natale
Figura 2.18: Varie viste di una pala che compone la girante albero di Natale, con evidenziate le dimensioni principali 1 (mm) 2 (mm) 3 (mm) 4 (mm) 5 (mm) Pala A 80 120 1522 30 70 Pala B 80 120 1327 30 70 Pala C 80 120 1007 30 70 Pala D 80 120 583 30 70
Tabella 2.2: Dimensioni delle varie tipologie di pala, che compongono la girante albero di Natale. Le lettere A, B, C, D indicano le varie tipologie di pala in ordine decrescente di lunghezza
Dopo aver parlato degli stoccaggi agitati si può tornare alla descrizione delle fasi del processo produttivo. A seguito dell’omogeneizzazione dei tre lotti da 5 m3 è necessario il prelievo di un campione dallo stoccaggio, per effettuare il controllo qualità e quindi poter accertare la rispondenza o meno ai parametri di accettabilità.
Gli esami che vengono effettuati nel laboratorio di controllo qualità valutano se il campione possiede determinate caratteristiche di viscosità, densità e pH. Se queste proprietà fisiche sono accettabili il prodotto può essere confezionato e viene dunque mandato alla relativa sezione tramite il sistema di tubazioni. Se il campione non è rispondente alle caratteristiche desiderate, nello stoccaggio agitato deve essere introdotta una correzione sotto forma di agente addensante/diluente, o come soluzione di NaOH per far variare il pH.
Tutte le tipologie di correzioni hanno proprietà fisiche assimilabili a quelle dell’acqua. Quando la quantità da inserire è ridotta (1 – 2 per mille in volume rispetto al volume di liquido nel vessel) viene introdotta attraverso il boccaporto posto sulla calotta superiore del serbatoio, in un tempo trascurabile rispetto al tempo globale di agitazione. Invece quando la quantità di correzione è più rilevante viene inserita dal bocchello da cui normalmente esce la miscela, posto sul fondo dello stoccaggio, con l’ausilio delle pompe a diaframma.
Il problema dell’attuale sistema di agitazione è che non permette una rapida omogeneizzazione dei lotti, né un rapido inglobamento delle correzioni. Questo lavoro di tesi si occuperà di analizzare questa problematica. Innanzi tutto sarà effettuata la valutazione delle prestazioni attuali di miscelazione negli stoccaggi agitati; successivamente si valuteranno i miglioramenti possibili delle performance per le due tipologie di stoccaggio agitato. Ciò tramite l’analisi del grado e del tempo di miscelamento del sistema, in modo da valutare gli interventi più efficaci in termini di costi / benefici.