CAPITOLO 2
Definizione
Il piede diabetico viene definito, nel documento di Consenso Internazionale, come “una condizione di infezione, ulcerazione e/o distruzione di tessuti profondi associate ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori”. Volendo però estendere la definizione anche a quei pazienti che, pur essendo diabetici, non presentano ulcerazioni, ma risultano essere comunque a rischio di sviluppare un’ulcera, allora la definizione di piede diabetico più adatta sarebbe quella che lo definisce come un “piede con alterazioni anatomo-funzionali determinate dall’arteriopatia occlusiva periferica e/o dalla neuropatia diabetica”.
Per piede diabetico si intende quindi l’insieme delle alterazioni del piede che risultano dalla presenza delle complicanze croniche della malattia quali la neuropatia e la vasculopatia periferica, alle quali l’alterata biomeccanica o l’intervento di cause esterne, aggiungono il rischio di sviluppo di lesioni che possono anche esitare in quadri molto gravi.
Epidemiologia
Il piede diabetico è una sindrome clinica caratteristica del diabete, e la sua incidenza è sempre di più in espansione, e legata comunque all’aumento di quella del diabete mellito, e sebbene svariate complicanze come cardiopatie, insufficienza renale e cecità, colpiscono seriamente e anche dal punto di vista economico gli individui affetti da diabete, le complicanze che interessano il piede sono quelle che fanno pagare il tributo maggiore.
Nel paziente diabetico la malattia del piede è la complicanza che più frequentemente comporta ospedalizzazione. L’85% di tutte le amputazioni
delle estremità inferiori legate al diabete è conseguenza di ulcere del piede. Molti individui affetti da diabete perdono la sensibilità a livello dei piedi, possono sviluppare deformazioni e non rendersi conto di ripetuti microtraumi o di lesioni della cute del piede. Le lesioni del piede variano anche in ragione delle condizioni socio-economiche, degli standard di cura del piede e della qualità delle calzature. Calzature non idonee o addirittura assenza di queste, costituiscono la causa maggiore di ulcerazioni traumatiche del piede.
Fisiopatologia
Le lesioni a livello podalico nel diabetico sono più frequenti che nel non diabetico. Queste lesioni vanno anche considerate fra le complicanze maggiormente invalidanti, proprio a causa della loro possibile evoluzione verso stadi patologici di tale gravità da rendere necessari gli interventi chirurgici. Ci sono condizioni eziologiche, patogenetiche e fisiopatologiche che portano al peggioramento delle lesioni del piede, di cui alcune sono esclusive del diabete, altre invece influenzate dal controllo della patologia. Queste condizioni sono riconducibili a due fattori eziologici primari: la
polineuropatia diabetica e la arteriopatia ostruttiva atero-arterio-sclerotica. La
prima è una complicanza che comporta lo svilupparsi di lesioni specifiche come, ulcere plantari, l’osteoartropatia neuropatica e l’edema neuropatico; la seconda ha una prevalenza molto elevata nel diabetico e presenta caratteristiche che si traducono in lesioni ischemiche del piede che risultano essere particolarmente gravi e invalidanti. La presenza di infezione va a complicare il quadro di lesioni neuropatiche e/o vascolari conferendogli maggiore gravità, e rientra tra le cause maggiori di amputazione.
È documentato che le ulcere del piede precedono l’85% di tutte le amputazioni legate al diabete. Molto spesso l’amputazione viene praticata a
causa di una combinazione di infezione profonda e di ischemia che hanno aggravato il quadro clinico 11.
In presenza di una lesione ulcerativo-necrotica il primo obiettivo deve essere quello di evitare che essa evolva ulteriormente e che giunga a livelli di gravità tali da richiedere l’amputazione dell’arto o di parte di esso. È importante che ci sia quindi:
una corretta indagine anamnestica che permetta di acquisire informazioni in relazione a precedenti lesioni del piede e all’eventuale azione di agenti lesivi che hanno portato alla loro comparsa;
un attento esame obiettivo che porti a riconoscere la presenza o meno di limitazioni della mobilità articolare, deformazioni ossee, presenza di ipercheratosi, contaminazione batterica;
indagini strumentali volte a valutare la presenza e l’entità della compromissione neurologica e ischemica degli arti inferiori ed in particolare del piede in cui ha sede la lesione.
Diagnosi di Neuropatia
La diagnosi di neuropatia diabetica non è sempre agevole, soprattutto all’esordio della complicanza. D’altro canto, riconoscere i pazienti diabetici affetti da neuropatia è importante ai fini della prevenzione del piede diabetico neuropatico. Nella Consensus Conference di San Antonio sono stati definiti i parametri che devono essere esaminati per porre diagnosi di neuropatia diabetica 12:
Sintomi
Esame obiettivo
Test quantitativi della sensibilità
Test per il sistema nervoso vegetativo Elettrofisiologia
I sintomi di neuropatia periferica dovrebbero essere valutati mediante l’uso di questionari validati e bisognerebbe evitare di rilevare solo i sintomi riferiti spontaneamente dal paziente. L’esame clinico deve valutare i riflessi achilleo e rotuleo, il trofismo e la forza dei muscoli distali degli arti e le diverse forme di sensibilità cutanea. Al fine della valutazione della forza muscolare possono essere fatte eseguire al paziente delle semplici manovre come camminare sui talloni e sulla punta dei piedi, ovvero estendere e flettere l’alluce contro resistenza. Per lo studio della sensibilità cutanea possono essere utilizzati il diapason (128 Hz), un batuffolo di cotone, il monofilamento di Semmes-Weistein (10 g), una barra con le estremità costituite da materiali diversi ed un ago 33. Questi semplici e per nulla costosi strumenti servono per esaminare rispettivamente la sensibilità vibratoria, tattile superficiale, tattile puntoria, termica e dolorosa 13.
L’esame (semi) quantitativo della sensibilità cutanea nella maggioranza dei casi si basa sulla valutazione della soglia di sensibilità vibratoria (VPT —
vibration perception threshold) vista la disponibilità di strumenti a basso costo
e semplici da usare 36-38-39. Gli strumenti più frequentemente adottati (biotesiometro e neurotesiometro) utilizzano una sonda che viene appoggiata sulla punta dell’alluce e sul malleolo laterale, la cui ampiezza di vibrazione viene fatta aumentare fino a che il paziente inizia ad avvertire la sensazione vibratoria. La VPT cresce con l’età per cui è necessario disporre di valori di riferimento standardizzati per età al fine di una corretta interpretazione dei risultati.
La valutazione della disfunzione della componente autonomica del sistema nervoso periferico non è basata sulla ricerca dei sintomi, in quanto essi sono aspecifici, ma su alcuni test strumentali che consentono di svelare le
anomalie funzionali del sistema nervoso vegetativo e sull’esclusione di altre possibili cause di malattia. I test che esplorano la funzionalità del sistema nervoso vegetativo sono basati sulle variazioni della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca ad alcune semplici manovre, ed hanno la caratteristica di essere semplici nell’esecuzione, non invasivi e ampiamente standardizzati.
Le indagini elettrofisiologiche sono un ausilio diagnostico fondamentale nel caso delle mononeuropatie diabetiche e delle neuropatie da compressione.
Diagnosi dell’Infezione
La diagnosi di natura, e spesso anche di sede dell’infezione nel piede diabetico, risulta frequentemente problematica 51-52. Infatti, sia i segni locali della flogosi, sia quelli sistemici sono spesso poco evidenti a causa della ridotta capacità del paziente a sviluppare un’adeguata risposta all’aggressione infettiva .
L’approccio diagnostico al piede infetto dovrebbe comunque essere orientato secondo i fondamenti della semeiotica fisica, sostenuta da esami ematochimici, colturali e strumentali mirati, soprattutto per chiarire la localizzazione e l’estensione del processo infettivo.
L’esame obiettivo del piede dovrebbe valutare la presenza di febbre, edema, eritema, aumento di temperatura locale e dolorabilità 49. Si dovrebbe ricercare sempre la porta di ingresso dell’infezione e verificare la presenza di tramiti fistolosi. L’esame obiettivo dovrebbe inoltre evidenziare la diffusione prossimale dell’infezione, verificare anche con la spremitura l’eventuale presenza di pus o di gas e si dovrebbe concludere con l’esplorazione della lesione con sonda smussa: l’esposizione del piano osseo nel contesto della lesione è infatti significativamente correlata con la presenza di osteomielite.
Contestualmente all’esame obiettivo dovrebbe essere prelevato del materiale per l’esame colturale; laddove non sia possibile il prelievo per aspirazione di materiale purulento, è preferibile eseguire prelievo con tampone dal fondo della lesione dopo curettage, in modo da allontanare eventuali contaminanti. Il materiale così prelevato dovrebbe essere inviato al laboratorio per la semina al più presto possibile. La coltura del materiale dovrebbe essere eseguita su diversi terreni in modo da poter isolare i positivi, i Gram-negativi ed eventuali anaerobi, oltre ai miceti .
Diagnosi di Vasculopatia
Per una prima valutazione della vasculopatia è sufficiente eseguire la palpazione dei polsi periferici, pedidia e tibiale posteriore, e la misurazione della pressione sistolica alla caviglia con Doppler ad onda continua. Inoltre è possibile calcolare il rapporto pressorio caviglia/braccio; un indice caviglia/braccio (ABI) <0,85 è indicativo di vasculopatia periferica. Tuttavia, l’acquisizione della pressione assoluta alla caviglia o dell’indice caviglia-braccio (ABI) è nei diabetici meno fattibile rispetto ai non diabetici: la presenza di calcificazioni della media (sclerosi di Monckeberg) sovrastima i valori pressori alla caviglia in un’alta percentuale di diabetici con ulcera al piede. Identiche considerazioni, anche se le calcificazioni al dito sono meno frequenti, sono valide per la rilevazione della pressione al dito, con in più la difficoltà di dover disporre di una cuffia specifica.
L’ossimetria transcutanea (TcPO2) misura l’ossigenazione cutanea in condizioni di vasodilatazione termica indotta costante (t=420). Esso esprime un dato funzionale complessivo dell’irrorazione del piede, indicativa della gravità dell’ipossia tissutale, sia che derivi da un deficit micro che macrocircolatorio o da ambedue. Più alto è il valore ossimetrico che si ha o
che si ottiene, più certa e rapida sarà la guarigione. La presenza di edema o flogosi rende inattendibile la misurazione ossimetrica.
L’Eco-Doppler fornisce insieme due tipi di informazioni, una morfologica sul tipo di ostruzioni presenti, stenosi o occlusioni, e sulla loro localizzazione prossimale o distale, ed una funzionale sulle caratteristiche del flusso fornita dal segnale Doppler pulsato (variazione del picco sistolico pari o superiore al 100% in corrispondenza di una stenosi >50%). È comunque una metodica operatore-dipendente e perde di accuratezza in modo particolare nello studio dell’arteria peroniera, ed è incapace di valutare le arterie proprie del piede. La presenza di calcificazioni è un ostacolo anche per questa tecnica, che consente di valutare la suscettibilità ad una rivascolarizzazione endoluminale con un’accuratezza che va dall’84% al 94%.
L’arteriografia è lo strumento diagnostico gold standard, che risponde appieno anche nei diabetici alla necessità di una precisa definizione dell’esistenza, estensione, localizzazione e morfologia delle lesioni arteriose. E’ l’unico mezzo diagnostico atto a definire i margini terapeutici ricostruttivi di una arteriopatia distale.
Attualmente sono considerate indagini vascolari di eccellenza immagini ottenute con angio-TC o angio-RM: tuttavia l’alto costo e la scarsa accessibilità della strumentazione non rendono al momento proponibile tale metodica per un uso routinario.
Molto spesso la sola valutazione clinica della lesione può da sola fornire preziose indicazioni sulla procedura che dovrà essere seguita per gli approfondimenti diagnostici, e informazioni inerenti alla prognosi e al tipo di trattamento più adeguato da attuarsi.
PIEDE NEUROPATICO
Da un punto di vista clinico, questa tipologia di piede può presentarsi senza lesione o con lesioni tipiche che sono: ulcere plantari, l’osteoartropatia e l’edema neuropatico.
Il piede neuropatico ha la cute di colorito normale o lievemente pigmentata; spesso la disidratazione cutanea determina la comparsa di fissurazioni e gli annessi possono essere distrofici; la temperatura è normale, anche se in realtà, per la compromissione della componente simpatica, può risultare calda al termo tatto. A differenza del piede ischemico , i polsi arteriosi sono palpabili e scoccanti. Sono presenti iperestesie o ipoestesie, riduzione della sensibilità tattile, termica, dolorifica e vibratoria.
La componente sensitiva interessata dalla neuropatia si caratterizza per la sua progressiva evolutività e per il coinvolgimento della sensibilità vibratoria prima, dolorifica poi, fino alla completa anestesia del piede. La compromissione delle fibre di grosso calibro porta alla diminuzione della sensibilità tattile e propriocettiva, mentre la compromissione delle fibre di piccolo calibro riduce la sensibilità dolorifica e termica (Tabella 1). Nei pazienti diabetici i primi disturbi si percepiscono a livello delle dita dei piedi, e poi si estendono progressivamente al corpo del piede fino alla gamba con una distribuzione che viene definita “a calzino” 33.
T abella 1:c arat t eri stic he del l e fibre nervos e i n rel azi one al l a f unzi one svol t a.
SENSI BILIT À T IPO DI FI BR A A FFER ENT E
Pr opr iocettiva A (grandi f ibr e mieliniche)
Tattile A (grandi f ibr e mieliniche)
D olor ifica (dolor e cut aneo) A(piccole f ibre mieliniche) D olor ifica (dolor e vi scer al e) C (f ibre- ami elin ic h e)
Ter mica (c aldo) C (f ibre- ami elin ic h e)
Ter mica (fr edd o) A(piccole f ibre mieliniche)
Il dolore neuropatico è prevalentemente notturno e regredisce con la deambulazione, e talvolta risulta essere urente e lancinante, configurando il quadro della neuropatia dolorosa.
La neuropatia motoria svolge un ruolo importante nello sviluppo di deformità del piede. Si può sviluppare un valgismo dell’alluce e dita a martello, che pur non essendo deformità caratteristiche della neuropatia, risultano comunque al quanto pericolose in quanto sede potenziale di lesione. Conseguentemente la cute diventa sede di carichi pressori, sia per la perdita della funzionalità delle dita, sia per lo spostamento in avanti del cuscinetto adiposo, il quale perde la sua funzione di ammortizzamento 31-32.
Un paziente affetto da piede neuropatico può andare incontro ad ulcerazione attraverso due meccanismi:
il primo è collegato con l’alterata biomeccanica durante il passo conseguente alla neuropatia autonomica, che associata alla perdita di sensibilità consente traumatismi ripetuti in zone sottoposte ad un ipercarico. I tessuti cercano di difendersi da questi carichi eccessivi, attuando meccanismi protettivi riconosciuti nelle ipercheratosi, che all’inizio rappresentano un semplice meccanismo difensivo e che, a lungo andare nel tempo, diventano il contesto adatto allo sviluppo di ulcerazioni;
il secondo meccanismo è legato all’insensibilità verso agenti lesivi esogeni, come per esempio un corpo estraneo nella calzatura. Anche una calzatura non adeguata può essere considerata come causa di lesioni.
La neuropatia distale comporta un interessamento anche della componente nervosa autonomica; la compromissione del simpatico, oltre che interessare la cute, portando ad una maggiore secchezza cutanea con vulnerabilità, cioè una cute predisposta allo sviluppo di fissurazioni, soprattutto in regione calcaneare, porta anche ad un’alterazione della vasocostrizione posturale, che normalmente evita l’elevazione della pressione idrostatica del microcircolo. Inoltre si verifica un’apertura degli shunts artero-venosi, con passaggio di sangue dal territorio arterioso a quello venoso.
L’ulcera neuropatica è la manifestazione
più caratteristica del piede neuropatico. È localizzata principalmente a livello plantare, in corrispondenza di una delle teste metatarsali. Ogni regione sottoposta a sovraccarico può essere però sede di ulcerazioni, come la superficie dorsale delle dita deformate ad artiglio per esempio 30.
L’ulcera neuropatica è costantemente circondata da tessuto calloso, e di solito è singola e ha la caratteristica di essere scarsamente dolente.
Questo è il motivo per cui viene diagnosticata tardivamente con conseguente rischio di sviluppare un’infezione a causa della mancata tempestività terapeutica.
L’ulcera si sviluppa in un contesto in cui l’innervazione sensitiva, motoria e autonomica del piede è gravemente compromessa. In generale il piede si
presenta con cute secca e distrofica per la ridotta sudorazione e calda al termo-tatto per la denervazione simpatica. Oltre che ad un problema meccanico le ulcere podaliche su base neuropatica possono essere conseguenza dell’azione di agenti di natura chimica, come ad esempio cheratolitici, e fisica, come avviene nel caso di immersione dei piedi in acqua troppo calda, oppure il loro avvicinamento a fonti di calore. In questi casi la soluzione di continuo si verifica per un’azione diretta sulla cute a causa di questi agenti e quindi la sede dell’ulcera può anche essere diversa dalla superficie plantare.
PIEDE DI CHARCOT
È una complicanza del diabete mellito poco compresa e spesso tralasciata, in cui la probabilità di successo del trattamento è strettamente correlata alla completa conoscenza dei meccanismi patogenetici, della storia naturale e dei quadri anatomici della osteoartropatia neuropatica. Quando possibile devono essere attuate strategie dirette alla prevenzione e alla minimizzazione della deformità del piede, dell’instabilità delle articolazioni, dell’ulcerazione e dell’intervento chirurgico. La diagnosi precoce e il conseguente trattamento potranno avere dei risultati molto soddisfacenti. La chiave del trattamento è la prevenzione, evitando ulteriori traumi finché le ossa e i tessuti non sono risanati. Lo scopo del trattamento deve essere quello di ottenere stabilità del piede e di evitare una eccessiva pressione sulla cute delle prominenze ossee.
La fase acuta della neuro-artropatia di Charcot (NAC), spesso viene precipitata da traumi minori ed è caratterizzata da tumefazione, calore locale, eritema, versamento articolare, lassità dei legamenti e riassorbimento osseo. Il ruolo dei traumi nello sviluppo dell’osteoartropatia neuropatica in pazienti con un deficit neurologico sottostante è stato confermato da molti studi: Newman ha suggerito che alcune tra le alterazioni più precoci delle affezioni articolari a genesi neuropatica coinvolgono i tessuti molli 2.
Eichenholtz ha diviso il processo patologico, dal punto di vista osseo, in tre fasi distinte da un punto di vista radiografico: di sviluppo, coalescenza e
ricostruzione.
La fase di sviluppo rappresenta il periodo acuto, distruttivo, con formazione di
detriti ossei, edema dei tessuti molli, versamento articolare e frammentazione ossea. Questa fase di distruzione ossea e articolare si instaura con traumi di
minima entità ed è aggravata dalla continua deambulazione su un piede con una conclamata insensibilità.
La fase della coalescenza dell’osso si identifica per la riduzione della
sintomatologia che caratterizzava la prima fase, quindi una regressione dei segni di flogosi e dell’edema, con assorbimento dei detriti più piccoli e la consolidazione delle fratture.
La fase di ricostruzione è la fase finale nella quale avviene il rimodellamento
osseo nel tentativo di ripristinare la stabilità del piede, indipendentemente dall’entità della deformità. Se il trattamento protettivo è avvenuto correttamente e in tempo, l’architettura del piede può essere mantenuta inalterata.
L’avampiede è la sede più frequente di localizzazione dei quadri clinici della NAC, e si accompagna spesso ad una lesione ulcerativa plantare in corrispondenza delle teste metatarsali. Radiograficamente si apprezza un forte interessamento delle metatarso-falangee, con osteolisi delle teste metatarsali e manifestazioni a livello delle dita con riassorbimento osseo a livello delle diafisi donando loro il classico aspetto “a clessidra”.
Tabella 2: classificazione di sede della Neuroartropatia di Charcot (NAC) e relativo rischio amputativo
Modello Interessamento
osteo-articolare Sede di lesione ulcerativa Instabilità articolare Rischio di amputazione
Avampiede Artic. interfalangee
Falangi Artic. Metatarsofalangee Teste metatarsali Matatarso falangea Bassa Basso
Mesopiede 1 Articol.tarso metatarsali Cuneiforme
Cuboide Alta Alto Mesopiede 2 Articol.Navicolocuneiforme Articol. Talonavicolare Articol. Calcaneocuboidea Apice del dondolo (cuneiforme mediale, cuboide e scafoide) Alta Alto
Caviglia Artic. Caviglia Malleolo fibulare Altissima Altissimo
Retro piede Calcagno Calcagno Bassa Basso
Da Sanders e Frykberg modificata da Caravaggi
La NAC può essere fermata nella fase di sviluppo se viene diagnosticata prima che la malattia abbia avuto la possibilità di maturare. La diagnosi precoce avrebbe come risultato una minima distruzione e deformità dell’articolazione. Le lesioni spesso guariscono con la formazione di osso iperplastico denso, e la guarigione si contraddistingue per il graduale riassorbimento dei detriti ossei e dell’ematoma, con formazione di callo e la coalescenza e il riattacamento dei frammenti di osso o di cartilagine staccati.
PIEDE INFETTO
L’infezione del piede nel diabetico, anche se non comporta la formazione di ulcera, può andare a complicare una situazione ulcerativa preesistente, rappresentando una delle principali cause di amputazione nei pazienti diabetici.
Non sempre risulta facile la salvaguardia di un arto in presenza di infezione dei tessuti molli e/o dell’osso. L’infezione viene definita come la conseguenza di una proliferazione dei batteri nei tessuti tale da determinare una reazione infiammatoria. Anche la localizzazione della flogosi aiuta a comprendere che tipo di infezione abbiamo di fronte, a seconda che sia profonda o superficiale, localizzata o estesa con interessamento sistemico. Ogni volta che si presenta una lesione di continuo della cute, il paziente risulta essere a rischio di sviluppare un’infezione. Il processo flogistico può instaurarsi sia su un’ulcera ischemica, neuropatica o neuro-ischemica, indipendentemente dagli eventi patogenetici che l’hanno determinata. Tuttavia con l’instaurarsi di un processo infettivo, la prognosi e l’evoluzione di una lesione ulcerativa cambiano profondamente soprattutto di fronte ad un deficit del circolo periferico. L’ischemia infatti rende più difficile l’afflusso di leucociti e di farmaci antibiotici nel distretto interessato, con scarsi risultati del trattamento. Se l’ischemia rende più grave l’infezione, questa a sua volta può svolgere un ruolo preminente nello sviluppo e nell’aggravamento delle lesioni ischemiche del piede. Infatti c’è una maggiore richiesta di ossigeno da parte dei tessuti infetti a causa del loro aumentato metabolismo; si crea edema nei tessuti infetti che esercita un’azione compressiva, e si verifica la trombosi di vasi arteriosi ad opera delle endotossine batteriche. Tutti questi meccanismi possono condurre alla formazione di una condizione patologica chiamata “Sindrome delle dita blu”, che si manifesta a seguito di infezioni a livello dell’avampiede, che vanno a complicare la situazione di lesioni interdigitali.
Infatti se si occlude una delle due arterie terminali di un dito, si porta al processo conseguente di necrosi del dito stesso.
A seguito dell’infezione, i processi necrotici possono estendersi e approfondirsi con rapidità, rendendo alla fine inevitabile l’amputazione.
Le lesioni cutanee necrotizzanti sono infezioni gravi e progressive, con presenza di alta tossicità sistemica e mortalità. Queste si manifestano in tre forme:
1. Cellulite necrotizzante: interessa il tessuto sottocutaneo e quello adiposo, progredendo profondamente, risparmiando in parte la cute. Compaiono edema, dolore, e rossore; l’edema si aggrava, la cute diventa sempre più cianotica, finché non si arriva alla necrosi.
2. Fascite necrotizzante: interessa anche le strutture muscolari e provoca necrosi estesa di interi settori muscolari. I pazienti presentano febbre, stato tossico, e spesso cheto acidosi. C’è la presenza di piccole ulcere con drenaggio siero-ematico maleodorante.
3. Cellulite crepitante non clostridica: è un’infezione caratterizzata dalla presenza di gas nei tessuti, con una secrezione scura e odore fetido.
OSTEOMIELITE
Costituisce una delle più gravi complicanze del piede diabetico infetto. In genere insorge per contiguità dai tessuti molli infetti. Interessa con maggior frequenza i capi metatarsali e le falangi, ma può diffondersi ad ogni osso del piede. Va sempre sospettata in presenza di un’ulcera con spiccata dolorabilità. Non sempre i segni locali dell’infiammazione ci fanno presagire un’osteomielite, ma la manovra del “probe to bone”, che permette di
spicillare l’osso presente sul fondo di una lesione ulcerativa, è molto suggestiva di osteomielite 59.
Spesso l’evoluzione di un’osteomielite è subdola, per esempio in un caso di ulcera cronica che non tende a guarire, in un piede ben vascolarizzato, si deve pensare ad una sottostante osteomielite.
PIEDE ISCHEMICO
L’arteriopatia periferica può essere presente nel paziente diabetico ed essere asintomatica. Infatti, a causa della
coesistenza della neuropatia sensitiva, può mancare la claudicatio che è il sintomo più precoce di arteriopatia occlusiva 40-41. Diventa quindi necessario indagare
periodicamente anche in assenza di sintomi la presenza di arteriopatia occlusiva. Le lesioni ischemiche del piede sono una diretta conseguenza dell’arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori (AOP). Da un punto di vista istologico, il paziente diabetico è più predisposto alla presenza di AOP rispetto ad un non diabetico. Infatti, nel paziente diabetico le stenosi interessano entrambi gli arti, sono multi segmentali, colpiscono anche i circoli collaterali e coinvolgono preferenzialmente le arterie distali, come la tibiale anteriore e posteriore e l’interossea. Oltretutto nel diabetico la capacità di sviluppare circoli collaterali è più ridotta. In presenza di microangiopatia la ridotta pressione di perfusione determina una maldistribuzione del flusso micro circolatorio con deterioramento del microcircolo trofico cutaneo. L’infezione aggrava un’ischemia attraverso l’edema infiammatorio, la trombosi dei piccoli vasi, e l’aumentata richiesta di ossigeno. La neuropatia concomitante può aggravare un’ischemia poiché la compromissione della
sensibilità può ridurre o abolire il dolore e quindi non permette il riconoscimento delle lesioni.
Un piede ischemico si presenta con un aspetto atrofico, soprattutto dei tessuti molli sottocutanei; con colore pallido quando viene innalzato; la cute appare fredda, sottile e secca, per la riduzione delle ghiandole sebacee e sudoripare, desquamata e distrofica, con scomparsa di peli e riduzione di adipe sottocutaneo, e con fissurazioni sui talloni e nelle zone marginali. La temperatura è ridotta e i polsi periferici sono ridotti o quasi assenti.
Le unghie crescono lentamente, assumendo una conformazione irregolare, con superficie rugosa per disturbi della matrice 56.
Le lesioni ischemiche più frequenti sono:
lesioni periungueali: con tumefazione, arrossamento, ulcerazione dei tessuti con possibile fuoriuscita di liquido sieroso o siero-ematico;
ulcera ischemica: che è una soluzione di continuo della cute che interessa l’epidermide e una parte del derma sottostante. Le sedi caratteristiche sono il tallone, la punta e il dorso delle dita, gli spazi interdigitali, il margine interno ed esterno del piede oppure in corrispondenza delle metatarso-falangee;
gangrena: necrosi a tutto spessore che coinvolge cute e sottocute, ma a volte anche i tessuti muscolari e l’osso. Questa può essere sia secca che umida, dipende se si presenta la coesistenza di infezione oppure no. Nella secca abbiamo una mummificazione e disidratazione dei tessuti necrotici non ancora invasi appunto da agenti infettivi; la gangrena umida si produce per una necrobiosi dei tessuti sui quali si sviluppa un processo infettivo, e risulta essere molto più grave della gangrena secca sia per il processo di necrobiosi, sia per i cataboliti e le sostanze tossiche prodotte dai batteri che, se riassorbite, creano un interessamento sistemico con febbre, tossiemia e leucocitosi.
L’ulcera ischemica è di solito circoscritta, interessa principalmente cute e
sottocute, e raramente ha sede nella zona plantare del piede, potendo invece interessare qualsiasi altra regione del piede sottoposta al trauma delle calzature. Non è quasi mai circondata da callosità, e può presentare un margine ben delimitato, mentre il fondo è costituito per lo più da materiale necrotico, che può secernere un liquido siero-ematico. L’ulcera è tipicamente torbida, con scarsa tendenza allo sviluppo di tessuto di granulazione ed è fonte di vivo dolore soprattutto in assenza della componente neuropatica.