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2. IL RISCHIO SISMICO

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Academic year: 2021

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2. IL RISCHIO SISMICO

Il rischio sismico è il risultato dell'interazione tra il fenomeno naturale e le principali caratteristiche della comunità esposta. È definito come l'insieme dei possibili effetti che un terremoto di riferimento può produrre in un determinato intervallo di tempo, in una determinata area, in relazione alla sua probabilità di accadimento ed al relativo grado di intensità (severità del terremoto).

Da alcune statistiche svolte sui principali terremoti nel mondo è stato rilevato che circa il 25 % dei morti causati da un evento sismico sono dovuti a danni agli elementi non strutturali degli edifici (caduta di tramezzi, vetrate, cornicioni, tegole, ecc.) e a fenomeni indotti dal terremoto2.

La determinazione del rischio è legata a tre fattori principali:

Pericolosità: esprime la probabilità che, in un certo intervallo di tempo, un'area

sia interessata da terremoti che possono produrre danni. Dipende dal tipo di terremoto, dalla distanza tra l'epicentro3 e la località interessata nonché dalle condizioni geomorfologiche. La pericolosità è indipendente e prescinde da ciò che l'uomo ha costruito. Gli studi di pericolosità sismica sono stati impiegati, soprattutto negli ultimi anni, nelle analisi territoriali e regionali finalizzate a zonazioni (pericolosità di base per la classificazione sismica) e microzonazioni (pericolosità locale).

Esposizione: è una misura dell'importanza dell'oggetto esposto al rischio in

relazione alle principali caratteristiche dell'ambiente costruito. Consiste nell'individuazione, sia come numero che come valore, degli elementi componenti il territorio o la città, il cui stato, comportamento e sviluppo può venire alterato dall'evento sismico.

Vulnerabilità: consiste nella valutazione della possibilità che persone, edifici o

attività subiscano danni al verificarsi dell'evento sismico. Misura da una parte la perdita o la riduzione di efficienza, dall'altra la capacità residua a svolgere ed assicurare le funzioni che il sistema territoriale nel suo complesso esprime in

2 Fonte: http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/ 3

Punto della superficie terrestre posto sulla verticale condotta dall'ipocentro (punto nel quale ha avuto origine il terremoto al disotto della crosta terrestre).

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condizioni normali. Ad esempio nel caso degli edifici la vulnerabilità dipende dai materiali, dalle caratteristiche costruttive e dallo stato di manutenzione ed esprime la loro resistenza al sisma.

L’Italia ha una pericolosità sismica medio - alta (per frequenza e intensità dei fenomeni), una vulnerabilità molto elevata (per fragilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi) e un’esposizione altissima (per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale unico al mondo). 2.1 Sismicità in Italia

L’Italia è uno dei Paesi a maggior rischio sismico del Mediterraneo a causa della sua particolare posizione geografica: è infatti situata nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica (Fig. 2.1). La sismicità più elevata si concentra nella parte centro - meridionale della Penisola, lungo la dorsale appenninica (Val di Magra, Mugello, Val Tiberina, Val Nerina, Aquilano, Fucino, Valle del Liri, Beneventano, Irpinia), in Calabria e Sicilia e in alcune aree settentrionali, come il Friuli, parte del Veneto e la Liguria occidentale. Solo la Sardegna non risente particolarmente di eventi sismici.

Negli ultimi 2500 anni in Italia sono stati registrati più di 30.000 eventi sismici di media e forte intensità. Solo nel XX secolo, ben 7 terremoti hanno avuto una magnitudo4 uguale o superiore a 6.5 (con effetti classificabili tra il X e XI grado Mercalli5).

Fig. 2.1 Movimento delle placche tettoniche Euroasiatica e Africana

4 È l’unità di misura dell'energia meccanica prodotta da una scossa sismica. 5

La scala Mercalli è una scala che misura l'intensità di un terremoto tramite gli effetti che esso produce su persone, cose e manufatti.

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La struttura tettonica del bacino mediterraneo comporta che in corrispondenza del Mar Egeo e anche del Mar Tirreno, la zolla africana scivoli sotto quella euroasiatica (margine in subduzione); in questo modo la zona dell’arco calabro risulta una zona altamente sismica in quanto in quel punto la zolla africana spinge la Calabria verso Nord. L’Italia è soggetta ad una flessione che tende la zona del Mar Tirreno e comprime la zona friulana e la Slovenia.

2.2 Classificazione sismica in Italia

Per ridurre gli effetti del terremoto, gli enti responsabili in materia di evento sismico (INGV e Protezione Civile) si sono concentrati sulla classificazione del territorio, in base all’intensità e alla frequenza dei terremoti del passato, e sull’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche. Le Norme tecniche per le costruzioni , vigenti con il D.M. 14 Gennaio 2008, si allineano alle più moderne normative a livello europeo (Eurocodici); la differenza sostanziale tra le NTC2008 e le norme tradizionali, quale era il D.M. 16 Gennaio 1996, è che in esse è abbandonato il carattere convenzionale e prescrittivo a favore di una impostazione esplicitamente prestazionale; nella quale gli obiettivi della progettazione che la norma prefigge vengono dichiarati, ed i metodi utilizzati allo scopo (procedure di analisi strutturale e di dimensionamento degli elementi) vengono singolarmente giustificati. Il punto cardine dell’approccio prestazionale delle NTC2008 è che un edificio deve riuscire sopportare senza gravi danni i terremoti meno forti e senza crollare i terremoti più forti, salvaguardando prima di tutto le vite umane.

Sino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche a diversa severità, la normativa di riferimento era il D.M. 16 Gennaio 1996

Nel 2003, con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 Marzo, sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (per strutture ordinarie 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo. Il territorio italiano viene quindi suddiviso in

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quattro zone a pericolosità sismica decrescente, ciascuna contrassegnata da un diverso valore del parametro ag6 (zona 1, zona 2, zona 3, zona 4), come riportato in Tabella 2.I.

Tabella 2.I Valori di ag

Zona ag

1 0,35 g

2 0,25 g

3 0,15 g

4 0,05 g

Un aggiornamento dello studio di pericolosità di riferimento nazionale (Gruppo di Lavoro, 2004), previsto dall’ O.P.C.M. 3274/03, è stato adottato con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28 Aprile 2006.

Il nuovo studio di pericolosità, allegato all’ O.P.C.M. n. 3519, ha fornito alle Regioni uno strumento aggiornato per la classificazione del proprio territorio, introducendo degli intervalli di accelerazione (ag), con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni, da

attribuire alle 4 zone sismiche:

Zona ag

1 ag > 0,25 g

2 0,15 g < ag ≤ 0,25 g

3 0,05 g < ag ≤ 0,25 g

4 ag ≤ 0,05 g

Dal 1 Luglio 2009 con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, per ogni costruzione ci si deve riferire ad una accelerazione di riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area di progetto (Fig. 2.2) e in funzione della vita nominale dell’opera. Il valore di pericolosità di base, è definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali.

6 Accelerazione orizzontale massima su suolo rigido e pianeggiante, che ha una probabilità del 10% di essere superata in un arco di 50 anni. Riferendosi a suolo rigido è dunque importante sempre riferire tale accelerazioni alla quota delle fondazioni.

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Fig. 2.2 Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale (la freccia indica la posizione del Comune di

Villafranca in Lunigiana)

2.3 Classificazione sismica in Toscana

La classificazione sismica attuale della Regione Toscana è approvata con Deliberazione di G.R. del 19.06.2006, n. 431. Tale delibera recepisce l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28.04.2006.

La Regione Toscana ha inoltre individuato delle zone a maggior rischio sismico con deliberazione di G.R.T. del 26.11.2007, n. 841 per 81 comuni, nei quali è massima la priorità per lo svolgimento delle attività di prevenzione sismica previste nei programmi regionali (Fig. 2.3).

Il comune di Villafranca in Lunigiana, classificato come sismico fin dal 1927, è oggi classificato in zona 2, ossia sismicità medio – alta; con la delibera del 26.11.2007 è stato inserito nell’elenco dei Comuni a maggior rischio sismico della Toscana (Fig. 2.4).

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Fig. 2.3 Classificazione sismica della Toscana con indicazione delle zone classificate a maggior rischio

sismico (la freccia indica la posizione del Comune di Villafranca in Lunigiana)

a) b)

Fig. 2.4 a) mappa della pericolosità sismica della Lunigiana (il pallino rosso indica la posizione del Comune

di Villafranca in Lunigiana) b) tabella con i valori di ag (evidenziato il valore rispettivo al Comune di Villafranca in Lunigiana)

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2.4 Sismicità in Lunigiana

La Lunigiana, al pari della Garfagnana, del Mugello, del Valdarno Superiore, dell'Alta Val Tiberina, della Val di Chiana, costituisce una depressione tettonica bordata da faglie dirette7, allungata e originatasi in seguito ai movimenti distensivi che hanno interessato il margine occidentale dell'Appennino Settentrionale in conseguenza dell'apertura del bacino tirrenico. Tali processi distensivi, a larga scala, furono instaurati dalla convergenza della placca africana contro quella europea; questo processo perdura tutt'oggi e determina una rotazione in senso antiorario della penisola italica.

La Lunigiana è comunque una delle zone meglio conosciute ed è caratterizzata dalla presenza di faglie singole, associazioni di faglie e sistemi di faglie attive o ritenute attive, tutte prevalentemente con un andamento nordovest-sudest (Fig. 2.5).

Fig. 2.5 Carta delle faglie attive (rosso) e ritenute attive (blu) nell’Appennino Settentrionale

(la freccia indica la posizione del Comune di Villafranca in Lunigiana)

7 Faglia diretta: quando il tetto (massa rocciosa sovrastante il piano di faglia) scende rispetto al muro (massa sottostante al piano di faglia), solitamente tali faglie presentano un piano avente inclinazione elevata, attorno ai 60°.

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In questo settore, caratterizzato da elevata sismicità (l’ultimo evento è costituito dal terremoto di Fivizzano del 10/10/95, Magnitudo 5,04 – Profondità 7 Km), sono presenti faglie con un andamento NW – SE; in particolare ci sono faglie plurichilometriche che nel loro insieme costituiscono un'unica grande struttura tettonica distensiva morfogenetica comprendente due fosse tettoniche, quella della Val di Vara e quella della Val di Magra; tuttavia l’attività più recente sembra maggiormente concentrata nella fossa tettonica della Val di Magra.

Data l'elevata sismicità della Lunigiana il monitoraggio dell’attività sismica negli ultimi anni è stato intensificato con l’installazione di numerose stazioni sismiche appartenenti alla Rete Sismica dell’Italia Nord Occidentale (R.S.N.I. gestita dal Dip.Te.Ris. di Genova) ed alla Rete Sismica Nazionale Centralizzata (R.S.N.C. gestita dall’I.N.G.V. di Roma) (Fig. 2.6).

Fig. 2.6 Elenco delle stazioni sismometriche in Lunigiana

Questo puntuale sistema di stazioni permette la registrazione e la localizzazione di terremoti anche di bassa intensità e il calcolo dei parametri ipocentrali con errori molto contenuti. È stato quindi possibile stilare un catalogo completo dei terremoti avvenuti fino alla magnitudo 1,2, al fine di condurre studi avanzati sulle caratteristiche sismogenetiche dell'area.

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2.5 Storia dei terremoti in Lunigiana

Il terremoto più significativo dell’area della Lunigiana è quello registrato il 07/09/1920. La scossa del 7 Settembre, con epicentro stimato nel Comune di Casola in Lunigiana era stata preceduta il giorno precedente da alcune scosse minori, la più sensibile delle quali avvertita verso le ore 14,00 del giorno 6 Settembre, e fu seguita da molte altre per circa un anno fino all’Agosto del 1921.

L’area dei danni fu molto vasta e comprese la riviera ligure di levante, la Versilia, le zone montane del Parmense, del Modenese, del Pistoiese e la provincia di Pisa. L’area di risentimento si estese dalla Costa Azzurra al Friuli e, a Sud, a tutta la Toscana, all’Umbria ed alle Marche settentrionali. I centri urbani danneggiati furono quasi 500; in circa 70 vi furono crolli estesi a gran parte del patrimonio edilizio ed in altri 100 circa i danni e le lesioni furono estesi. Le località di Montecurto (Fivizzano) e Vigneta (Casola in Lunigiana), Villa Collemandina, furono distrutti quasi completamente.

Nella pagina seguente sono riportati i maggiori terremoti registrati in Lunigiana dal 1400 ad oggi.

Data Magnitudo Comune

07/05/1481 5,84 Comano 26/07/1790 5,03 Fosdinovo 14/02/1834 5,64 Pontremoli 20/04/1835 5,03 Pontremoli 11/04/1837 5,65 Minucciano 10/09/1878 4,98 Licciana Nardi 04/08/1902 5,17 Casola in L.na 04/12/1902 4,63 Casola in L.na 27/07/1903 5,15 Filattiera 07/09/1920 6,48 Casola in L.na 07/05/1921 5,03 Pontremoli 29/11/1921 4,81 Lusignana 18/11/1926 4,63 Bagnone 03/08/1928 4,63 Casola in L.na 25/01/1931 4,66 Fivizzano 03/08/1961 4,83 Casola in L.na. 10/10/1995 5,04 Fivizzano

Figura

Fig. 2.1 Movimento delle placche tettoniche Euroasiatica e Africana
Tabella 2.I Valori di a g
Fig. 2.2 Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale (la freccia indica la posizione del Comune di  Villafranca in Lunigiana)
Fig. 2.3 Classificazione sismica della Toscana con indicazione delle zone classificate a maggior rischio  sismico (la freccia indica la posizione del Comune di Villafranca in Lunigiana)
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