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La riforma del sistema delle Camere di commercio - La proposta di CNA (pdf)

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La riforma del sistema delle Camere di Commercio La proposta di CNA

1. Premessa

Nell’ambito dell’ampio processo di riforme istituzionali avviato in sede Governativa e Parlamentare, un tema di fondamentale interesse per tutte le imprese del nostro Paese riguarda la riforma del sistema delle Camere di Commercio.

L’esigenza dell’avvio di un innovativo e coraggioso processo di autoriforma è già da tempo fortemente presente sia all’interno del mondo camerale che in quello delle principali associazioni di rappresentanza imprenditoriale, e riguarda obiettivi largamente condivisibili quali l’adeguamento della mission dell’istituto camerale, il miglioramento della qualità e dell’efficacia delle funzioni espletate, l’efficientamento delle strutture e dei modelli organizzativi, la maggiore trasparenza dei meccanismi di governance.

2. Le proposte per la riforma dell’Assemblea di Unioncamere

Il 29. 4. 2014 l’Assemblea di Uniocamere ha approvato un progetto di riforma del Sistema Camerale fondato su alcune dimensioni chiave:

- la riattualizzazione della mission camerale, garantendo maggiore efficienza grazie ad economie di scala e di specializzazione a livello regionale e nazionale, senza prescindere dal presidio territoriale;

- la concentrazione della promozione economica su grandi progetti strategici per il Paese condivisi con il Governo;

- la disponibilità ad assumere nuove funzioni di interesse per le imprese, anche nell’ambito del processo di riforma istituzionale in corso che riguarda Province e Città Metropolitane;

- l’introduzione di nuovi meccanismi e regole per l’efficientamento organizzativo: criteri per l’equilibrio economico finanziario delle Camere, introduzione dei costi standard, superamento dell’attuale fondo perequativo, riorganizzazione e riduzione delle aziende speciali;

- il superamento della conflittualità legata alla definizione della governance, anche valutando l’elezione diretta degli organi da parte delle imprese.

Inoltre l’Assemblea ha deliberato di impegnare Unioncamere sul raggiungimento entro il 2014 di quegli obiettivi di “autoriforma” che possono essere perseguiti a legislazione invariata (superamento del fondo di perequazione, introduzione costi standard, funzioni in forma associata, riduzione delle aziende speciali, realizzazione di un piano di dismissioni delle partecipazioni societarie delle Camere, fusione delle società controllate da Unioncamere, accorpamenti volontari tra Camere di Commercio).

Il progetto di riforma avviato da Unioncamere costituisce dunque il punto di riferimento principale della presente proposta di CNA.

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3. La salvaguardia dello status di “Autonomia Funzionale”

Anche se nel documento Unioncamere si ribadisce che le Camere di Commercio devono rimanere “Enti Pubblici, autogovernati e finanziati dalle imprese” ed ancora “soggetto intermedio che collega e mette in rete Imprese, Mercato e Pubblica Amministrazione”, non è irrilevante ribadire e sottolineare che lo status giuridico più idoneo a tali condivisibili scopi è quello attuale che riconosce le Camere di Commercio come Autonomie Funzionali.

Infatti le Camere di Commercio sono istituzioni pubbliche locali, non territoriali, dotate di autonomia funzionale, che svolgono funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese sulla base del principio di sussidiarietà (art. 118 della Costituzione). Pertanto le Camere non sono solo un soggetto amministrativo ma l’istituzione portante della coesione economica e sociale di un territorio ed espressione di reale democrazia economica.

Il mantenimento di tale impostazione permette inoltre di tenere distinto il tema della riforma del Sistema Camerale da quello relativo all’organizzazione periferica dello Stato, in particolar modo delle Province, e di formulare ipotesi di ridefinizione delle circoscrizioni territoriali di riferimento per le Camere di Commercio fondate su criteri di accorpamento tra Camere che permettano di coniugare l’efficientamento della gestione e la qualificazione delle funzioni con il presidio territoriale.

4. Le funzioni camerali

Oggi le Camere di Commercio esercitano potenzialmente cinque tipologie di funzioni:

a) funzioni certificative (Registro Imprese, Albi e Ruoli, Registro Protesti, etc)

b) funzioni di regolazione dei mercati (clausole vessatorie, contratti tipo, borse merci e prezzi, servizi ispettivi, etc)

c) funzioni di giustizia alternativa (arbitrato e conciliazione)

d) funzioni di promozione economica delle imprese e del territorio (direttamente o tramite Aziende Speciali o tramite partecipazioni societarie)

e) funzioni di statistica, studi e informazione economica

Nella proposta di Unioncamere, viene sostanzialmente ribadita la qualità e la rilevanza delle funzioni certificative, di regolazione, di giustizia alternativa, di informazione economica.

Le novità vengono prospettate sul piano della promozione dello sviluppo economico, su due piani.

In primo luogo concentrando le competenze di promozione sull’accesso al credito per le piccole e medie imprese, sull’internazionalizzazione in raccordo con il MISE, sull’assistenza alle nuove imprese, sui servizi per l’alternanza scuola-lavoro e l’orientamento.

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In secondo luogo, sulla disponibilità del Sistema Camerale ad essere assegnatario di nuove funzioni, da concertare con il Governo, derivanti anche dalla riforma di Province e Città Metropolitane: Turismo, Trasporto, Ambiente, Agricoltura, Mercato del Lavoro.

Tale impostazione è in larga parte condivisibile, tenendo tuttavia conto di alcuni aspetti:

1. ogni funzione ha indicatori di efficacia ed efficienza estremamente variabili all’interno del Sistema Camerale e di conseguenza la progettazione della nuova organizzazione delle Camere dovrebbe ricercare economie di scala e di specializzazione su ogni tipologia di funzione, e non concentrarsi esclusivamente o prevalentemente su quelle di promozione economica: anzi, le funzioni certificative, di regolazione e di informazione economica sono quelle dove più facilmente possono essere costruite le necessarie economie;

2. ugualmente, anche le funzioni gestionali interne alle Camere (anche sul piano della condivisione dei ruoli dirigenziali ed apicali) si prestano a rilevanti processi di efficientamento tramite economie di scala;

3. la concentrazione delle attività promozionali e delle risorse economiche delle Camere su priorità strategiche decise nell’ambito della politica economica nazionale è un obiettivo fortemente condivisibile, tenendo altresì conto del fatto che le funzioni da attivare dovrebbero rispettare il principio di sussidiarietà e non andare a sovrapporsi ad attività e servizi già esistenti sul mercato, proprio al fine di concentrare le risorse economiche solo laddove sono realmente utili e maggiormente produttive.

5. Un Sistema Camerale a “geometria variabile”

A parere di Cna il Sistema Camerale dovrebbe essere riprogettato come un “sistema a geometria variabile”

dove tramite la definizione di parametri oggettivi (legati sia a costi standard che a criteri di customer care) si definiscano gli “ambiti ottimali” di presidio delle diverse funzioni e di erogazione dei servizi alle imprese.

Il processo deve essere dunque tanto di efficientamento che di qualificazione.

Sarebbe infatti un errore definire un modello di riforma eccessivamente rigido e “neo-centralistico” che, non tenendo conto di fattori quali le risorse economiche disponibili, la numerosità e la ricchezza delle imprese sul territorio, la presenza di competenze ed esperienze di successo interne alle singole Camere, battezzasse sempre e comunque un singolo livello (provinciale, regionale o nazionale) per presidiare una funzione (vedi ad esempio la proposta Unioncamere di creazione di “aziende speciali regionali” per l’internazionalizzazione: in alcuni contesti la stessa dimensione regionale potrebbe risultare insufficiente e meno convincente di aziende interregionali, in altri contesti territoriali la costruzione di strutture intercamerali accomunate da logiche distrettuali e produttive potrebbe fornire la soluzione più virtuosa).

Per questi motivi gli “ambiti ottimali” permetterebbero, per ciascuna attività, di collocare la responsabilità di presidio di ogni funzione e servizio nella maniera più efficace ed efficiente, al tempo stesso ricercando il massimo del collegamento con le caratteristiche sociali ed economiche dei territori.

Pertanto la nostra proposta prevede:

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1. accorpamenti di Camere di Commercio che non rispettino determinati parametri da stabilirsi (es:

numero delle imprese iscritte, parametri di bilancio), in ogni caso sulla base di un rigoroso processo di accorpamenti tesi alla significativa riduzione del numero delle Camere di Commercio;

2. gestione associata di determinate funzioni e servizi a livelli intercamerali o, alternativamente, di sistemi camerali regionali o interregionali;

3. delega, laddove giustificato dal calcolo e dalla definizione degli ambiti ottimali di intervento, di specifiche funzioni ai livelli di Unioncamere Regionali e Nazionale;

6. Aziende speciali e partecipazioni societarie

Appare fortemente condivisibile l’obiettivo di una forte diminuzione del numero delle aziende speciali promosse dalle Camere di Commercio.

Tuttavia tale obiettivo corre il rischio di generare risultati poco significativi se condotto solo tramite fusioni ed accorpamenti delle aziende speciali esistenti. Al contrario occorre un piano puntuale di analisi ed intervento, che preveda anzitutto la soppressione delle aziende speciali con connotati evidenti di antieconomicità e insostenibilità.

Diverso è il ragionamento relativo alla costruzione, prevista da Unioncamere, di un piano di dismissione delle società partecipate dalle Camere: le partecipazioni societarie che detengono quote di asset infrastrutturali di rilevanza nazionale od internazionale (come Fiere, Porti, Aeroporti) e che sono spesso componenti decisivi della competitività di ampie aree territoriali, possono costituire elementi di forza e prestigio del Sistema Camerale del tutto coerenti con la sua missione. Occorre dunque grande prudenza, anche al fine di non produrre svalutazioni di tali asset o danno patrimoniali ad altri soci.

Suggeriamo dunque la possibilità di distinguere tra “partecipazioni strategiche”, da salvaguardare, e altri tipi di partecipazioni societarie che possono invece essere opportunamente dismesse.

7. Il finanziamento del Sistema Camerale

Le Camere di Commercio sono enti finanziati autonomamente dalle imprese e che non gravano sulla spesa pubblica.

Appare del tutto conseguente al progetto di riforma che il fabbisogno finanziario del Sistema Camerale non sia più determinato dalla spesa storica ma dai meccanismi dei costi standard e dai piani di investimento sulle nuove funzioni strategiche.

In tale logica, il versamento del diritto annuale da parte delle imprese deve rimanere obbligatorio ma è ipotizzabile una sua ragionevole diminuzione in conseguenza dei risparmi derivanti dalla riforma.

È altresì assolutamente necessaria l’abolizione dei contributi alle Camere in rigidità di bilancio, mentre la costituzione di eventuali fondi di sviluppo destinate a finanziare i progetti strategici nell’ambito della nuova mission camerale dovrà fondarsi esclusivamente su criteri di merito, efficienza ed efficacia.

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5 8. La governance delle Camere di Commercio

Il sistema di governo delle Camere non costituisce una dimensione “sensibile” sul versante di una ipotetica spending review, in quanto molto è già stato fatto e già oggi il costo complessivo di funzionamento degli organi (indennità e gettoni) incide in maniera minimale sul bilancio camerale. Questa tendenza si rafforzerebbe ancor più in presenza di accorpamenti tra Camere.

In ogni caso, e come segno di responsabilità, il Sistema Camerale potrebbe procedere ad una ulteriore riduzione dei compensi fino ad arrivare anche ad una totale gratuità degli incarichi ricoperti, quantomeno a livello di Consiglio e di Giunta.

Tuttavia, sul piano della governance, le questioni più rilevanti riguardano:

a) la legittimazione degli organi;

b) la trasparenza e la correttezza delle procedure;

c) l’efficacia della funzione di governo.

Per quanto attiene alla legittimazione degli organi camerali, rispetto all’ipotesi di un meccanismo di elezione diretta che rafforzerebbe la figura del Presidente (procedura esistente anche in altri sistemi camerali in Europa), riteniamo che prevalgano di gran lunga gli svantaggi: la possibile “politicizzazione”

della competizione; l’entrata di soggetti non rappresentativi dell’economia territoriale; la distanza tra i

“programmi elettorali” e l’uso delle risorse economiche camerali; la stessa difficoltà a coinvolgere gli

“elettori”, anche ricorrendo a strumenti informatici, ed anzi correndo il rischio di segmentare e selezionare la base elettorale. Per tutti questi motivi l’ipotesi dell’elezione diretta non appare per noi convincente.

Nell’ambito delle procedure elettive, dovrebbero invece essere valutate misure atte a sancire con la necessaria cogenza la rotazione nel tempo degli incarichi e le condizioni di eleggibilità, a partire dalla definizione del numero massimo di due mandati consecutivi per il Presidente di Camera di Commercio.

Non riteniamo inoltre condivisibile la proposizione, ventilata da più parti, di un “vincolo di mandato” per i rappresentanti negli organismi camerali rispetto all’associazione designante. Riteniamo tale proposta eccessivamente corporativa. L’assenza di un vincolo di mandato continua a costituire un elemento imprescindibile di indipendenza di giudizio e di aderenza agli interessi generali all’interno di un istituto pubblico quale la Camera di Commercio.

Per quanto attiene alla trasparenza ed alla correttezza delle procedure elettive, occorre riconoscere che, seppure limitati per numero, i casi di procedure bloccate dai ricorsi o sfociate in commissariamenti, non concorrono certo a rafforzare l’immagine del sistema camerale. Da questo punto di vista possono essere auspicabili: la limitazione alle sole Confederazioni di livello e valenza nazionale nell’accesso alle procedure elettive, un’attività ispettiva più incisiva sui dati di rappresentatività, un sistema più ampio di sanzioni. In questo senso le ipotesi formulate da Unioncamere sono condivisibili.

Per quanto attiene infine all’efficacia della funzione di governo, la riduzione ulteriore del numero dei componenti gli organi collegiali (Consiglio e Giunta) ci trova in totale disaccordo: il peso economico degli

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organi (già oggi non significativo) può, volendo, essere ulteriormente ridotto o azzerato. Al contrario la presenza negli organi di un numero di componenti realmente rappresentativo dell’economia territoriale è garanzia di adesione agli interessi più ampi e generali del territorio, e non della singola associazione o settore economico, e di maggiore trasparenza e democraticità. La costruzione di esecutivi ristretti (come ad esempio nell’ipotesi di una giunta di quattro membri) andrebbe nella direzione contraria, a maggior ragione se legata alla definizione di un vincolo di mandato. In questo modo risulterebbe fortemente minato alle fondamenta lo spirito innovativo del processo di riforma camerale.

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