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Academic year: 2022

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LA STAGIONE

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Amity Gaige

LA SPOSA DEL MARE

Traduzione di Laura Noulian

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Le citazioni seguenti sono state tutte tradotte da Laura Noulian: p. 18, Walt Whitman, Il canto di me stesso, da Foglie d’erba; pp. 40, 317, 318, 320, Kenneth Patchen; pp. 49, 53, 335, 339, Anne Sexton, La doppia immagine; p. 329, Anne Sexton, Moglie e marito.

© 2020 Amity Gaige

© 2021 Enne Enne Editore, Milano www.nneditore.it

Titolo originale:

Sea Wife

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A Tim e a mia madre, Austra

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Dove comincia un errore? Ultimamente questa doman- da così semplice ha preso a sembrarmi difficile. Anzi, im- possibile. Un errore ha le sue radici sia nel tempo sia nello spazio: nel modo di ragionare di una persona e nel luogo in cui si trova. L’errore si situa precisamente nel punto d’in- tersezione fra queste due dimensioni, che sono, in termini nautici, le sue coordinate.

Il mio errore comincia con la barca? O addirittura col mio matrimonio? No, non credo. Deve avere le sue radici in una qualche mia innocente esperienza, che ho dimenticato di de- cifrare, e il cui mistero mi ha silenziosamente dominato. Per esempio, ricordo me stessa a dodici anni, in piedi accanto al blu accecante della piscina di un motel della catena Howard Johnson, che guardo di là da una tenda socchiusa un lui e una lei che si spogliano a vicenda, mentre mio padre è nella hall a discutere del conto. Avrei dovuto guardare altrove? L’errore di valutazione forse si verificò ancora prima, quando all’asilo, seduta su una stuoia, nella chiara luce del sole, mi protesi verso il bambino seduto accanto a me, accettando il suo bisbiglio in- sistente? Sento ancora la rugiada del suo respiro nell’orecchio.

E adesso sono seduta in un armadio a muro.

L’armadio a muro di Michael.

Mi spiego meglio.

Mi ci sono trasferita un paio di giorni fa. Ero alla ricerca di qualcosa di Michael, e ho scoperto che il pavimento di moquette è molto morbido e che dalle ante a persiana, che

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si aprono a soffietto, la luce del sole filtra meravigliosamen- te. Mi sento tranquilla qui dentro.

Nascondersi negli armadi è un vizio dei bambini, lo so.

Quando ero piccola mi nascondevo sempre nell’armadio di mia madre. Conteneva eleganti capi in seta e lana che lei non indossava mai. Amavo avvicinare al mio corpo quei tessuti, o infilarmi le scarpe con i tacchi alti, come se salissi su una pedana, facendo le prove del mio futuro. E non ho me ne vergognai mai.

Di sicuro esiste un qualche collegamento fra l’ave re cer- cato rifugio nell’armadio di mia madre tanto tempo fa, e il nascondermi ora in quello di Michael, tuttavia questa intui- zione non mi è affatto d’aiuto.

A volte la vita ti scrive semplicemente minuscole, terribili poesie.

Non sono sicura di riuscire a sopravvivere a questa giornata.

Cioè, non sono sicura di volerlo.

Uscire, andare fuori, esige preparazione e autocontrollo.

Se dovessi uscire, se dovessi ricominciare ad andare in giro e a vedere gente e a fare la spesa e così via, qualcuno inevita- bilmente mi chiederebbe: Vorresti non essere mai partita? Aspet- tandosi che io risponda: Sì, il nostro viaggio è stato un errore.

Forse sperando che risponda così.

Tuttavia, dire sì alla barca è stato il mio più chiaro atto di lealtà verso mio marito.

Non posso permettermi di pentirmene.

Se lo facessi, mi resterebbero solo le mie numerose slealtà.

17 gennaio, ore 10.15. DIARIO DI BORDO DELLO YACHT JULIET. Da El Porvenir, direzione Cayos Limones. 09° 33.5’ N 078° 56.98’  O. Vento NO 10 nodi. Onde 60-120 cm. NOTE E OSSERVAZIONI: Siamo a 102 miglia nautiche ENE da Panama

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City, prendendo i venti dominanti nel territorio autonomo delle Isole di San Blas. La costa è ancora visibile alle nostre spalle, ma davanti a noi c’è soltanto acqua. Nient’altro che acqua. È in questo momento che mi rendo conto che l’oceano è uno solo.

Una grande madre oceano. Sì, ci sono le baie e i mari e gli stretti.

Ma queste sono soltanto parole. Suddivisioni artificiali. Appena sei qui fuori, vedi un’unica e ininterrotta landa acquatica.

Non si può avere una sensazione del genere sulla terraferma.

(Almeno, non nel nostro paese).

Che sensazione incredibile! I marinai non sono riusciti a de- scriverla per generazioni, quindi che possibilità ho di riuscirci io?

Io, Michael Partlow. Il Michael Partlow che non saprebbe dire nean che il titolo di una sola poesia. Ma si può chiedere a mia moglie, lei ha la testa piena di poesie.

La prima volta che l’ho visto, ho pensato: Non sposerò mai un tipo così. Troppo pignolo. Troppo convenzionale. Nessun senso dell’umorismo! Ma mi sbagliavo. Il matrimonio e i bambini e la routine hanno reso Michael mostruosamente divertente. E più passava il tempo, più lui diventava spiritoso, mentre io, che ero stata quella spiritosa, lo diventavo sempre meno.

Quando vivevamo in barca, c’era questa canottiera da allenamento a cui Michael era superstiziosamente attac- cato. Il ricordo della canottiera mi fa scoppiare a ridere.

Quando navighi nei climi caldi, cominci a vestirti il meno possibile. E i bambini a bordo si conciano come dei malati di mente: gonnellini hawaiani e abiti da flamenco con gli stivaloni di gomma, visiere per saldatori e collane di con- chiglie: souvenir dei luoghi in cui sono stati. Ignoro da dove arrivasse la canottiera di Michael. Da Panama? Era bianca, con un giromanica smisurato. Quando era sulla terraferma, raggiante, con la faccia da ragazzino e i capelli non lavati,

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sembrava l’allievo di una scuola privata che si era perduto durante un’escursione una ventina di anni prima.

L’equipaggio della nostra imbarcazione è in forma e di buonu- more. Il nostromo Sybil Partlow (anni sette) è nel pozzetto, seduta in grembo al primo ufficiale, Juliet Partlow. Il mozzo George “Pa- sticcio” Partlow (anni due e mezzo) sta facendo del suo meglio per restare in piedi nel piccolo moto ondoso. È senza mutande e aspetta che il primo ufficiale gli dia il permesso di fare pipì fuo- ribordo. Il suo vocabolario, benché sviluppato con un leggero ri- tardo, è totalmente nautico. Va barca, va pesce. Abbiamo appena ricevuto la visita di una grossissima tartaruga marina! È emersa a babordo, la testa sembrava un periscopio. Sybil dice che è una spia. Ogni volta che Sybil dice qualcosa di carino, mi chiede di annotarlo. Quella tartaruga è una spia, scrivilo sul tuo libro, papà.

Prego? faccio io. Dici a me? Come mi devi chiamare quando siamo in viaggio, nostromo?

Ride. Okay, scrivilo sul tuo libro, capitano.

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