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Crisi economica, migrazioni e nuova architettura finanziaria globale

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Academic year: 2022

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Introduzione 3

Interdipendenza e migrazioni transnazionali 6

Barbara Ghiringhelli

Crisi economica mondiale e migrazione 9

Stefano Manservisi

L’impatto della crisi economica globale sui migranti e le migrazioni 15 OIM con un’introduzione di Luca Dall’Oglio

Globalizzazione sviluppo e migrazioni 27

S.E. Mons. Antonio Maria Vegliò

Una risposta pastorale al fenomeno migratorio nell’era della globalizzazione. A cinque anni dalla

Erga Migrantes Caritas Christi 32

S.E. Mons. Agostino Marchetto

Dalla crisi all’opportunità prospettive di sviluppo 39 per una nuova finanza globale

CIDSE/FOCSIV

Dal nord Uganda la voglia di ricominciare 76

Elisabetta Bozzarelli

Un Futuro Giovane per ridurre l’emigrazione e 78 favorire l’imprenditoria giovanile

Alessia Russo, Federico Lagi PRIMO PIANO

DOSSIER

Sommario

Crisi economica, migrazioni e nuova architettura finanziaria globale

CONTRIBUTI DAL SUD

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L’approccio della ONG CISV per il co-sviluppo: 82 collaborare e rafforzare le associazioni dei migranti

senegalesi per le iniziative di solidarietà nel Paese di origine Simona Guida, Simone Pettorruso

Seminario su migrazioni e crisi economica 89

Superare la crisi. Un patto globale per l’occupazione 97

Global forum on Migration and development 110

DOCUMENTI

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Introduzione

La crisi economica ha colpito violentemente sia i Paesi del Nord che quelli dei Sud del mondo, ma è ormai evidente come siano questi ultimi ad esserne maggiormente danneggiati, date le loro più fragili economie, spesso dipendenti dai mercati occidentali.

Il recente rapporto speciale, elaborato dalla Banca Mondiale in vista del vertice del G20 di Pittsburgh, lancia dei dati allarmanti.

Secondo le stime dell’istituto, entro la fine del 2010, a causa della crisi, 89 milioni di persone in più scenderanno sotto la soglia di “povertà estrema”, ovvero entreranno nel novero di coloro che vivono con meno di 1,25 dollari al mese.

Le esportazioni dei Paesi più poveri dovrebbero diminuire tra il 5 e il 10%; le rimesse degli immigrati verso i loro paesi di origine tra il 5 e il 7%; i flussi privati di capitale dai 21,4 miliardi del 2008 a 13 miliardi. Da qui l’ap- pello ai grandi di non abbandonare i paesi più poveri che potrebbero vedersi decurtati 11,6 miliardi di dollari per riuscire a mantenere le spese in settori sociali di base come l’istruzione e la sanità. E i due terzi di questo fabbisogno riguarda paesi dell’Africa sub-sahariana.

Un primo dato allarmante e al tempo stesso indicatore evidente delle tragiche conseguenze di siffatto scenario, è quello registrato dalla FAO che, con il suo Rapporto annuale 2009, denuncia come per la prima volta in 40 anni il numero degli affamati ha superato il miliardo di persone.

A completare il quadro di uno scenario in netta evoluzione verso il peg- gio, si aggiungono le cifre delle stime riferite ai flussi di risorse umane: l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite stima in oltre 40 milioni i rifugiati che nel mondo fuggono da guerre, catastrofi naturali o dalla sistema- tica violazione dei diritti umani fondamentali; mentre l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni delle Nazioni Unite stima che, nel 2050, i rifu- giati ambientali potrebbero raggiungere i 250 milioni.

È una crisi che poteva essere evitata? Per noi sì, perché è il risultato di politiche e di prassi economiche e finanziarie che, insieme a molte altre ONG e Organizzazioni di società civile, denunciamo ormai da anni, e delle

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quali anche qualche economista volenteroso aveva previsto gli effetti dram- matici in particolare sui Paesi poveri.

L’attuale crisi, che ricordiamo ancora una volta essere multidimensionale riguardando l’alimentazione, il clima e l’ambiente, l’economia e la finanza internazionali, ci mostra chiaramente i pericoli di un mondo sempre più in- tegrato, ma privo di regole globali. Ciò ribadito, e volendoci qui concentrare sulla sua dimensione economico-finanziaria, va rimarcato che anche se parti- ta dagli Stati Uniti con i prestiti sub-prime, la crisi ha ormai coinvolto l’in- tero pianeta. Le persone prive di tutele nei Paesi in via di Sviluppo rischiano di soffrirne di più mentre la mancanza di una governance economica mon- diale si riflette nelle risposte isolate ed inadeguate all’instabilità finanziaria prevalse finora.

Finché non si procede a strutturare una nuova architettura economica e finanziaria, saremo, e soprattutto i Paesi più poveri saranno, esposti a situa- zioni nelle quali, ad una velocità impressionante, si bruciano capitali che po- trebbero essere investiti nei servizi di base, educazione e sanità in testa, e più in generale nei programmi di lotta alla povertà.

Purtroppo, come affermato in uno dei documenti pubblicati in questo numero, il ruolo dell’ONU nell’affrontare la governance economica, e in particolare la presente crisi finanziaria, è stato tutt’altro che determinante.

L’unico risultato ottenuto nella Conferenza internazionale di revisione sul fi- nanziamento allo sviluppo, tenutasi a Doha nel novembre 2008, è stata la convocazione di una ulteriore conferenza di Alto Livello, anch’essa conclu- sasi senza i risultati auspicati.

I dubbi sulla capacità reale e sul ruolo effettivo dell’ONU nel gestire le questioni economiche globali sono soprattutto evidenziati dal Nord del mondo. Essi derivano dallo spostamento di enfasi politica, e dal conseguente dirottamento di risorse effettuato da questi paesi a favore delle istituzioni fi- nanziarie internazionali.

Inoltre, la funzione di controllo che dovrebbero esercitare le istituzioni finanziarie internazionali circa il rispetto degli accordi e delle consuetudini sociali ed economiche internazionali da parte del sistema resta problematica, sia per l’assenza di volontà politica, sia per carenze interne che ne limitano l’efficacia. Una loro riforma, da noi chiesta e proposta da tempo, assume ca- rattere di priorità assoluta.

Questa situazione consente la sopravvivenza di giurisdizioni segrete che ostacolano direttamente lo sviluppo consentendo una fuga di risorse che po- trebbero significativamente contribuire ad incrementare le risorse economi- che dei loro Paesi di origine. A questo riguardo, l’ONU ha calcolato che i trasferimenti netti dai Paesi in via di Sviluppo hanno raggiunto un picco di 658 miliardi di dollari nel 2006. La libertà giuridica di cui godono i paradisi fiscali fa da schermo alle ricchezze sottratte da dittatori, governanti, funzio- nari ed imprenditori, che spesso si nascondono dietro la segretezza o la non trasparenza di banche, titoli, fondi ed altri strumenti finanziari che favorisco- no l’anonimato.

La portata globale della crisi richiede una risposta globale. Una risposta che deve basarsi su una profonda riflessione circa la disuguaglianza e la natu- ra insostenibile degli attuali modelli di crescita, del diverso valore attribuito ai vari modelli di produzione e degli schemi di consumo altamente disomo- genei tra le diverse fasce di consumatori e tra singoli paesi.

È necessario creare un nuovo modello globale di sviluppo che sia al servi- zio del benessere di tutti, a partire dai più vulnerabili; che riconosca come le Sergio Marelli

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risorse del pianeta sono limitate e quindi da utilizzarsi con responsabilità e con attenzione; che tenga ben presente l’impatto delle nostre azioni sulle ge- nerazioni future. Le risorse naturali sono patrimonio di tutti gli esseri umani e la ricchezza generata dal loro uso deve essere, di conseguenza, equamente distribuita. Il modello di sviluppo globale che occorre promuovere e perse- guire, deve necessariamente riconoscere l’urgenza di questo compito per ri- spondere efficacemente alle sfide poste dai cambiamenti climatici, dalla po- vertà dilagante e dell’ineguaglianza crescente nel mondo.

Ne siamo convinti sul piano etico e morale: oggi, nessuno tra coloro i quali detengono potere decisionale può esimersi dall’agire responsabilmente dentro il contesto del mondo interdipendente. “Ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale” (Benedetto XVI - Caritas in Veritatae, par.37).

Ne siamo convinti, e con questo speriamo di convincere anche i meno sensibili, anche sul piano dell’interesse egoistico e particolare: nulla potrà impedire alla forza della disperazione e alla assenza di prospettiva di obbliga- re le persone a fuggire da situazioni senza né presente né futuro. I rischi per la sicurezza della convivenza umana, i costi che si dovranno sostenere per fronteggiare un flusso crescente di migrazioni, il prezzo che si dovrà pagare se questa situazione non verrà presa per tempo saranno molto superiori alle ri- sorse allocate preventivamente e forse addirittura insostenibili se non già dal punto di vista economico, di certo da quello sociale.

Come ancora afferma Papa Benedetto XVI nella Caritas in Veritatae al paragrafo 62 parlando del fenomeno migratorio: “Possiamo dire che siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimi- rante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato”.

In questo numero tentiamo di dare risposte su come strutturare questo nuovo modello, a partire dalla riforma della governance mondiale, per arri- vare ai micro progetti che, applicando logiche finanziarie sane e gestibili dal- le comunità in cui i progetti operano, riescono ad innescare processi produt- tivi virtuosi che al valore economico della produzione associano un alto valore umano ed ambientale.

Sono alcune tra le tante idee, proposte e soprattutto esperienze che il mondo delle ONG e della FOCSIV in particolare, ha maturato nel corso di mezzo secolo di condivisione e di servizio ai poveri della terra. Sono risposte e proposte che offriamo ai nostri lettori, fiduciosi nel loro appoggio alla no- stra incessante azione di pressione sui decisori della politica nazionale ed in- ternazionale ai quali vogliamo inviare, anche attraverso questo numero della Rivista, un messaggio tanto semplice quanto efficace: i poveri non sono par- te del problema, ma della soluzione.

Sergio Marelli Direttore Generale Volontari nel mondo - FOCSIV

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L’attenzione al rapporto tra migrazioni e sviluppo ha conosciuto negli ul- timi anni una nuova stagione, dando vita a un dibattito, perlopiù in ambito internazionale, quanto mai attuale. Così da più parti - organismi internazio- nali, Chiesa, ONG, centri di ricerca, think tanks - è riconosciuto quanto la governance della mobilità umana sia da considerarsi elemento importante delle politiche di sostegno allo sviluppo dei Sud del mondo. Lontano il tem- po in cui il nesso migrazione e sviluppo veniva trovato esclusivamente nel- l’essere le migrazioni conseguenza di un deficit di sviluppo dei paesi di origi- ne, è attribuito oggi a tale legame anche un risvolto positivo: la migrazione non è solo ostacolo, ma anche risorsa per lo sviluppo.

La crescente interdipendenza finanziaria, economica, politica, legale, cul- turale e non ultimo demografica delle diverse regioni del mondo troverebbe, infatti, un’evidenza specifica nel fenomeno delle migrazioni internazionali che sono al tempo stesso generate e generatrici di intrecci sovranazionali.

Tale legame - quello tra migrazione e sviluppo - è complesso, articolato, caratterizzato da aspetti controversi e da tendenze opposte. La sua rilevanza è in aumento soprattutto con il superamento della concezione bipolare delle migrazioni e la cresciuta attenzione al paradigma transnazionalista. Certa- mente fenomeno già conosciuto nel passato, “nella sua accezione di processo di attraversamento e frantumazione di confini nazionali, il transnazionalismo non sembra costituire un fenomeno interamente nuovo, (mentre)… nuove sono le congiunture e i mutamenti contemporanei in cui prende forma…

L’intensità degli scambi, le nuove modalità delle transazioni, e la moltepli- cità delle attività sostenute attraverso le frontiere sono quindi alcuni dei caratteri che renderebbero il transnazionalismo contemporaneo un fenome- no nuovo (Portes, Guarnizo and Landolt 1999:219)1”. A questo è da collega- re un ruolo di primo piano dei migranti: “la compressione spazio-tempo

P R I M O P I A N O

La migrazione come risorsa per lo sviluppo

Barbara Ghiringhelli

Interdipendenza e migrazioni transnazionali

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1 Portes, A., Luis E. Guarnizo and P. Landolt. 1999. “The Study of Transnationalism: Pitfal- ls and Promises of an Emergent Social Field,” Ethnic and Racial Studies, 22 (2): 217-237.

* Consulente area migra- zioni e sviluppo Volontari nel mondo - FOCSIV

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(Harvey 1989)2resa possibile dalle nuove tecnologie di comunicazione e di trasporto (Hannerz 19963) è un elemento fondamentale che rende i legami transnazionali più intensi, mentre le strategie economiche post-industriali, il sistema flessibile di accumulazione e gli effetti della nuova organizzazione del capitale nel globo fanno della migrazione transnazionale un fenomeno speci- ficamente figlio dell’epoca post-industriale e post-moderna. (Harvey 19894) Epoca in cui, donne e uomini migranti sono centrali nella riorganizzazione globale dell’economia e nella crisi dei welfare che l’accompagna (Gledhill 19985)”. (Ruba Salih, 2004)6

Il paradigma transnazionale andrebbe così a evidenziare il legame tra mi- grazione e sviluppo e il ruolo potenziale del migrante quale protagonista del progresso della società. Scompaiono dall’analisi le categorie di emigrato-im- migrato per essere sostituite da quella di “trasmigrante”, dal momento che il punto di vista dell’osservatore scientifico e del migrante stesso non si situano più su una delle due sponte della migrazione, ma tra entrambe, creando una partecipazione simultanea a due o più contesti sociali, economici, politici e culturali, facilitata anche dal possibile frequente pendolarismo. Tale posizio- ne, se da un lato rende il migrante attore imprescindibile dei meccanismi re- lativi allo sviluppo umano, dall’altro richiede una maggiore attenzione alla debolezza della sua posizione, nella misura in cui risulta essere particolarmen- te e direttamente esposto alle diverse crisi - finanziaria, economica, sociale - locali, nazionali e internazionali così come particolarmente “dipendente” dal- le politiche locali e globali che riguardano la gestione della mobilità umana.

Se pensiamo che i contributi del presente volume ben illustrano tale si- tuazione, allo scenario prodotto dalla crisi economica e finanziaria globale ri- spetto alla situazione dei migranti, è evidente la loro debolezza. I lavoratori migranti sono, più degli altri, colpiti dalla crisi occupazionale e dalla crisi so- ciale ad essa collegata. Non pochi esperti, nel corso dell’attuale crisi, hanno espresso preoccupazione circa la scarsa tutela dei diritti dei migranti. Hanno evidenziato la necessità del diritto di non discriminazione nei confronti dei lavoratori nazionali in merito alla perdita del lavoro e alla diminuzione dei salari e delle garanzie sociali, situazioni che colpirebbero negativamente non solo i singoli migranti, ma che andrebbero anche a indebolire le comunità di origine e di accoglienza. Esse generano nelle prime una significativa diminu- zione delle rimesse, un venir meno degli investimenti e una migrazione di ri- torno non preparata alla partenza e senza spazi di accoglienza a destinazione, capace di alimentare una crisi di ordine sociale; nelle seconde, una preoccu- pante instabilità sociale legata alla non tutela e non protezione dei diritti di persone facenti parte della comunità, con i risvolti negativi che tale condi- zione può generare. Ne sono testimonianza i crescenti episodi di razzismo e xenofobia registrati nelle diverse realtà nazionali, come quelli di sfruttamen- to nel mondo del lavoro e di incremento del lavoro irregolare.

La figura del trasmigrante

Crisi economica e tutela dei diritti dei migranti

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2 Harvey, D, 1989, The condition of Postmodernity, Oxford, Basil Blackwell.

3 Hannerz, U.; 1996, Cosmopolitans and Locals in World Culture; transnational Connec- tions: Culture, People, Places; London; Routledge.

4 Harvey, D, 1989, The condition of Postmodernity, Oxford, Basil Blackwell.

5 Gledhill, J., 1998a, Thinking about Staes, Subalterns and Power Relations in a World of Flows. Paper presented at the ICCCR International Conference on Transnationalism, Manchester, 16th-18thMay 1998.

6 Ruba S., 2004, Conferenza Università di Bologna, www.sissco.it (Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea).

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Barbara Ghiringhelli

La necessità di un rapporto positivo tra migrazioni e sviluppo

Nuove politiche migratorie

È evidente che la relazione tra migrazione e sviluppo è condizionata da una molteplicità di fattori: le caratteristiche economiche, politiche e sociali dei paesi di partenza e di destinazione; le caratteristiche dei migranti, le loro strategie migratorie, il loro livello di coinvolgimento in pratiche transnazio- nali; le politiche migratorie e i programmi di accompagnamento e di soste- gno al rientro, sia quelle dei paesi di origine sia quelle dei paesi di destinazio- ne; le politiche di promozione dello sviluppo e, come specifica Zanfrini (2007:2147), “non ultimo il livello di coerenza tra i progetti individuali, le ri- sorse accessibili, le politiche promosse dai vari attori.”

“Virtually any policy can have some impact on the movement of people”(Skel- don, 2007)8, e ciò richiede una necessaria coerenza nella pratica politica e le- gislativa, cioè nella promulgazione di leggi e nella elaborazione di strategie politiche atte a promuovere il rapporto positivo tra migrazioni e sviluppo, capaci di considerare i benefici che le migrazioni possono apportare sia alla crescita economica, sia allo sviluppo sociale dei paesi di origine e di destina- zione, ad esempio grazie al fenomeno delle rimesse o tramite gli effetti positi- vi della diaspora (es. trasferimento di competenze, migrazioni di ritorno, investimenti).

Riconosciute nella loro natura di “fatto sociale totale” profondamente in- terconnesso con le dinamiche di cambiamento delle società d’origine e di destinazione, le migrazioni si collocano dunque al crocevia delle varie di- mensioni chiamate in causa dal ripensamento dei modelli di sviluppo sia per i paesi del Nord che per i paesi dei Sud del mondo. L’abbandono di una con- cezione bilaterale delle migrazioni dovrebbe così costituire, secondo i pro- nunciamenti dell’Unione Europea e delle maggiori Agenzie internazionali, il principio cardine sul quale impostare la nuova governance del fenomeno, va- lorizzandone il potenziale non solo per le economie dei paesi di destinazione, ma altresì per quelle delle nazioni d’origine.

Raggiungere tale livello di consapevolezza e darne concretezza richiede lo sviluppo di politiche migratorie capaci di produrre garanzia di diritti e di do- veri, ma anche di integrazione, cooperazione, partecipazione e valorizzazione dei migranti in quanto risorsa. Se è vero che tra i letterati, gli esperti e i ri- cercatori la relazione tra le migrazioni e la cooperazione allo sviluppo sta oc- cupando un posto sempre più significativo nelle riflessioni, nelle ricerche e nelle iniziative9, ancora grande è il passo che deve essere fatto in ordine al concreto riconoscimento della funzione dei migranti quali “agenti di svilup- po”. Occorre quindi oggi coniugare la lettura del quadro fenomeologico a progettazioni concrete capaci di valorizzare e capitalizzare il legame multidi- mensionale tra migrazione e sviluppo. Riconoscendo ancora i forti squilibri - economici, sociali, ecc. - che sono all’origine di buona parte della mobilità umana, è importante non perdere di vista l’obiettivo di rendere la gestione della mobilità umana un’importante occasione di innovazione, cambiamento e sviluppo dei paesi di partenza.

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7 Zanfrini, L., 2007, Sociologia delle migrazioni, Editori Laterza, Roma.

8 Skeldon R., 2007, On migration and the policy process, working paper n° T20, Sussex Cen- tre for Migration Research, August 2007, pag. 4.

9 Per maggiori informazioni si veda: www.international.metropolis.net.

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I più colpiti nel mercato del lavoro

L’attuale crisi economica mondiale lancia sfide in diversi ambiti d’inter- vento dell’Unione, non da ultima la gestione della migrazione. Nel 2008, ri- spondendo in maniera strategica e incisiva alla crisi finanziaria, l’UE ha fatto fronte nell’immediato ai problemi del settore finanziario, senza poter tuttavia arginare le profonde ripercussioni socioeconomiche della crisi sul tessuto so- ciale europeo. Per quanto la crisi non sia ancora pienamente conosciuta nel- la sua dimensione socioeconomica, è inopinabile che essa colpisce partico- larmente le comunità migranti, incidendo sulla percezione dell’immigrato all’interno dell’Unione. Il presente articolo esamina le sfide che si pongono all’Unione in questo ambito specifico e delinea alcuni tratti principali del- l’attuale approccio dell’UE in materia di gestione della migrazione, sullo sfondo della crisi economica mondiale.

1. LA CRISI

1.1. La crisi dell’occupazione1

Nel primo trimestre del 2009 l’economia dell’Unione ha subito una con- trazione del 4,5% rispetto all’anno precedente. Nel secondo trimestre la ten- denza depressionaria è andata diminuendo e il PIL (Prodotto Interno Lordo) si è ridotto appena dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti. La disoccupa- zione all’interno dell’UE colpisce complessivamente 22 milioni di persone ed è diminuito il numero di posti vacanti, per quanto rimanga ancora elevato.

Se le ultime prospettive economiche mondiali dell’FMI (Fondo Monetario Internazionale) confermano, da un lato, un calo moderato dell’attività eco- nomica in Europa, dall’altro ammoniscono che nel prossimo periodo la ripre- sa si annuncia limitata. La disoccupazione continuerà a registrare tassi eleva- ti per qualche tempo e questo aumento potrebbe diventare in parte strutturale. Nella zona euro, il tasso di disoccupazione, stimato al 10% nel 2009, dovrebbe attestarsi attorno al 12% entro il 2011.

L’aumento della disoccupazione colpisce maggiormente le fasce giovanili, gli uomini e gli immigrati, con tassi particolarmente elevati proprio per que- st’ultima categoria. I cittadini dei paesi terzi residenti nell’Unione sono il

Crisi economica mondiale e migrazione

Stefano Manservisi*

* Direttore generale per lo sviluppo - Commis- sione europea

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1 Monthly monitor on the EU employment situation and social outlook, Commissione europea, ottobre 2009.

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1

Stefano Manservisi

gruppo più vulnerabile sul mercato del lavoro. Negli ultimi anni il tasso di disoccupazione degli immigrati ha registrato almeno 7 punti percentuali in più rispetto a quello dei cittadini europei e nell’ultimo trimestre del 2008 lo scarto ha raggiunto gli 8,5 punti percentuali.

Nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione, la recessione è co- minciata tecnicamente nel primo trimestre del 2009, anche se le previsioni differiscono da un paese all’altro. Nel gruppo degli Stati membri più grandi, il secondo trimestre ha registrato un’ulteriore flessione economica in Italia, Spagna e Regno Unito, a fronte di un inizio di ripresa in Francia e Germania.

In Italia, tra luglio 2008 e luglio 2009, il numero delle persone in cerca di lavoro è schizzato da 137.000 a 1,84 milioni. Con un tasso di occupazione attorno al 58%, l’Italia registra attualmente il livello di attività più basso del- l’Unione. La crisi colpisce in particolare il lavoro temporaneo. Nel marzo 2009, l’Italia aveva perso 261.000 posti di lavoro temporanei e atipici. Seb- bene la recessione stia rallentando anche in Italia, le previsioni dell’Employ- ment Outlook 2009 dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Svi- luppo Economico) mostrano un peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro, con tassi di disoccupazione in continua progressione, anche a fronte di una ripresa della produzione.

La rapida crescita del numero di disoccupati è comprovata dall’aumento delle domande di sussidio di disoccupazione, mentre sono più numerosi colo- ro che non possono beneficiarne perché sprovvisti dei requisiti necessari.

1.2. Ripercussioni sugli immigrati

A fronte della contrazione del mercato del lavoro, diminuisce la doman- da di lavoratori stranieri, sia altamente che scarsamente qualificati. La crisi tende a colpire maggiormente i lavoratori stranieri, che risultano sovrarap- presentati nei settori sensibili alla congiuntura negativa, come l’edilizia.

Spesso assunti con contratti di lavoro a tempo determinato o part-time, più facilmente revocabili, gli immigrati possono diventare peraltro facile preda di discriminazioni e/o sfruttamento da parte dei datori di lavoro. Questa ca- tegoria di lavoratori assiste più facilmente a un deterioramento delle proprie condizioni socioeconomiche generali; essi si vedono, pertanto, spesso co- stretti a ridurre le spese e a inviare meno soldi a casa. Questa categoria è tan- to più vulnerabile in quanto non beneficia degli ammortizzatori sociali o dei sussidi di disoccupazione. La diminuzione dei posti di lavoro e il deteriora- mento delle condizioni lavorative degli immigrati possono avere inoltre con- seguenze negative sulle lavoratrici (sovrarappresentate nei settori informali, scarsamente qualificati e non regolamentati).

Numerosi indicatori rivelano la tendenza delle società europee alla chiu- sura su se stesse e la loro crescente riluttanza ad accogliere nuovi immigrati.

Sono in aumento atteggiamenti protezionistici, reazioni xenofobe e la corsa al capro espiatorio, come dimostrano le recenti elezioni al Parlamento euro- peo (e ai parlamenti nazionali).

È probabile inoltre che la crisi produrrà un aumento del numero d’immi- grati irregolari sul territorio dell’Unione: molti di coloro che perdono il posto di lavoro potrebbero infatti decidere di rimanere nell’UE pur non essendo più in possesso di regolare permesso; con meno opportunità di essere assunti rego- larmente, sotto la pressione di obblighi familiari (tra cui la necessità di conti- nuare a mandare soldi a casa) molti si troveranno obbligati a ricorrere al lavo- ro in nero. In effetti, in mancanza di assistenza, gli immigrati sono spesso obbligati a trovare un nuovo impiego in particolare se devono escludere un ri- torno temporaneo in patria a causa delle difficoltà di rivenire in Europa una

Le condizioni dei lavoratori stranieri

Protezionismo e chiusura

L’irregolarità di

chi resta e i

nuovi arrivi

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volta superata la crisi. D’altra parte si potrebbe arguire che il deteriorarsi delle condizioni economiche nell’UE dovrebbe diminuirne l’attrattiva per l’immi- grazione irregolare. Considerato tuttavia che la crisi ha ripercussioni altret- tanto gravi anche nei paesi in via di sviluppo, e che le informazioni sulle realtà europee risultano spesso inaccessibili o distorte, la pressione migratoria non accenna a diminuire. Nel 2008 e nel 2009 è rimasto elevato il numero di immigrati illegali che attraversano le frontiere marittime a sud dell’Unione e con esso, sfortunatamente, il numero di vittime, morti e dispersi.

1.3. Ripercussioni sui paesi in via di sviluppo2

La crisi economica mondiale investe ovviamente anche le economie e le società dei paesi di origine degli immigrati. Tra i paesi maggiormente colpiti figurano, in particolare, quelli estremamente dipendenti dai flussi di capitali privati, soprattutto dagli investimenti esteri diretti. Sono ugualmente colpiti, ma in maniera più lieve, anche quei paesi in via di sviluppo che dipendono fortemente dalle rimesse degli immigrati. Stando alle stime della Banca mon- diale, i flussi di capitali verso i paesi in via di sviluppo passeranno da 1.000 miliardi di dollari USA nel 2007 a circa 600 miliardi di dollari nel 2009.

Secondo i dati più recenti, i flussi delle rimesse ufficialmente dichiarate verso i paesi in via di sviluppo hanno raggiunto, nel 2008, i 338 miliardi di dollari USA. Sulla base dei dati mensili e semestrali pubblicati da alcune banche centrali ed in linea con le prospettive economiche globali della Ban- ca mondiale per il 2009, si possono stimare i flussi delle rimesse verso i paesi in via di sviluppo a 317 miliardi di dollari USA, ovvero un calo del 6,1%.

Questa riduzione relativamente modesta è spiegata dal fatto che, a fronte di condizioni lavorative peggiori, gli immigrati residenti preferiscono rimanere, e continuano a inviare soldi alla famiglia tagliando sulle loro spese di sussi- stenza3, piuttosto che rientrare nel paese d’origine.

Nei paesi in via di sviluppo la crisi ha peraltro notevoli ripercussioni so- ciali. Il numero di disoccupati e di lavoratori poveri aumenta in modo espo- nenziale, soprattutto nelle aree urbane, mentre, a fronte dell’aumento degli squilibri delle finanze pubbliche, diventa sempre più difficile mantenere il li- vello della spesa sociale, provvedere alla manutenzione delle infrastrutture pubbliche e continuare a finanziare gli ammortizzatori sociali.

In alcuni paesi di emigrazione è inoltre probabile che la crisi abbia serie implicazioni sotto il profilo politico e della sicurezza. L’aumento della po- vertà e delle tensioni sociali potrebbe esacerbare divergenze politiche laten- ti, radicalizzando il confronto politico e dando vita a scontri civili tra etnie desiderose di monopolizzare il potere e accaparrarsi le risorse. Per effetto del- la crisi, potrebbero pertanto aumentare significativamente i flussi di migranti e rifugiati, sia su scala interna che regionale, con un conseguente aumento della pressione migratoria verso l’Unione europea.

2. LA RISPOSTA DELL’UE

In risposta alla crisi economica e ai suoi specifici effetti sulla migrazione, la Commissione europea ha proposto e varato una serie di iniziative e di pro- grammi di sostegno.

Riduzione di capitali e rimesse

Conseguenze sociali della crisi

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2 Comunicazione della Commissione “Aiutare i paesi in via di sviluppo nel far fronte alla cri- si”, 8 aprile 2009.

3 Migration and Development Brief, Banca mondiale, novembre 2009.

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Stefano Manservisi

2.1. Garantire il livello di attività4

Tenuto conto della gravità della crisi dell’occupazione, l’Unione punta evidentemente a lottare, in via prioritaria, contro la disoccupazione e a pre- parare il mercato del lavoro europeo alla ripresa creando posti di lavoro, pro- muovendo la mobilità e la riqualificazione professionale, rispondendo alle esigenze del mercato del lavoro e favorendo un più largo accesso all’impiego.

Per questo la Commissione agevola l’accesso ai fondi europei che permetto- no di aiutare la formazione e la riqualificazione (retraining) dei lavoratori li- cenziati e a favorire la loro ricerca di un nuovo impiego. In particolare, l’UE è intenta ad accelerare il versamento di 1,8 miliardi di euro stanziati in favo- re del Fondo sociale europeo, che interviene ogni giorno a sostegno di milio- ni di lavoratori. La Commissione si sta inoltre muovendo per favorire un più largo impiego del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione.

Nell’intento di offrire nuove opportunità ai disoccupati e di avviare al- l’imprenditoria alcuni tra i gruppi più sfavoriti d’Europa, la Commissione ha peraltro proposto un nuovo strumento di microfinanziamento per l’occupa- zione volto a facilitare lo sviluppo della micro-impresa. L’iniziativa, varata in comune con le istituzioni finanziarie internazionali, beneficia di 100 milioni di euro riassegnati dall’attuale bilancio, e potrebbe raccogliere fondi per oltre 500 milioni di euro.

Si tratta di iniziative e programmi di sostegno di portata generale che, anche se non destinati specificatamente agli immigrati, potranno beneficiare direttamente o indirettamente anche la popolazione migrante.

2.2. Mantenere un approccio positivo all’immigrazione legale

Prima della crisi, gli immigrati hanno contribuito in maniera significati- va alla crescita economica e occupazionale generale dell’Unione. Non di- mentichiamo che, dal 2000, la manodopera immigrata ha rappresentato cir- ca un quarto dei nuovi posti di lavoro e tutto ciò in un contesto nel quale la carenza di manodopera, dovuta all’invecchiamento della popolazione euro- pea, è un fenomeno destinato a protrarsi anche oltre gli effetti immediati della crisi in corso.

Sebbene la crisi abbia attenuato, nel breve periodo, la mancanza di ma- nodopera e di personale qualificato, il mercato continuerà a richiedere non solo personale altamente qualificato con particolari requisiti, ma anche per- sonale meno qualificato disposto a svolgere lavori più usuranti e solitamente meno remunerativi; occorrerà quindi continuare a favorire l’immigrazione legale tramite politiche adeguate.

Al livello europeo, la mobilità dei lavoratori, come strumento in grado di soddisfare con flessibilità le necessità del mercato del lavoro negli Stati membri dell’Unione, non è di per sé sufficiente a colmare il divario tra offer- ta e domanda. L’immigrazione dai paesi terzi è destinata a svolgere un ruolo di compensazione e di integrazione. Affinché l’Europa possa cogliere le op- portunità che si presenteranno con la ripresa economica, far fronte alle con- seguenze della crisi in termini di occupazione e gestire le previsioni di lungo periodo, è pertanto essenziale continuare a promuovere l’immigrazione eco- nomica e a migliorare l’incontro tra domanda e offerta. Sulla base di queste considerazioni, l’UE continuerà a sviluppare un quadro comune europeo

Interventi a favore dell’occupazione

Il contributo degli immigrati

Mobilità e immigrazione

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4 Comunicazione della Commissione “Un impegno comune per l’occupazione, 3 giugno 2009.

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sotto forma di un sistema di ammissione flessibile, che risponda al bisogno di mobilità ed in sintonia con le necessità dei mercati del lavoro nazionali.

2.3. Favorire una maggiore integrazione degli immigrati residenti nell’Unione La riduzione delle opportunità di lavoro e la tentazione sempre più forte di vedere negli immigrati il capro espiatorio, fanno dell’integrazione una pro- blematica aperta. Per una completa integrazione delle comunità migranti è necessario un impegno più profondo da parte delle autorità nazionali, degli enti regionali e locali, delle comunità d’accoglienza e degli immigrati stessi.

Le realtà politiche, le prassi e le esperienze sono differenti a seconda de- gli Stati membri dell’UE. Le comunità migranti presentano caratteristiche diverse da uno Stato membro all’altro e queste differenze generano diversi approcci politici e orientamenti dell’opinione pubblica nei riguardi dell’ac- coglienza e dell’integrazione degli immigrati. Conscia di questa situazione, l’Unione non intende adottare, in materia di integrazione, una linea politica universale valida per tutti. Tuttavia, è utile definire un quadro di riferimento e prassi comuni (i cosiddetti “moduli europei”) che consentano di facilitare il processo di integrazione, in particolare dei nuovi arrivati, e che contempli- no elementi essenziali quali tirocini introduttivi e corsi di lingua, un profon- do impegno da parte della società d’accoglienza e la partecipazione attiva de- gli immigrati a tutti gli aspetti della vita collettiva.

È inoltre necessario un approccio equo, chiaro e trasparente , rispettoso degli individui. A tal fine, occorrerà porre l’accento su quegli strumenti che garantiscono in modo uniforme pari diritti tra immigrati e cittadini europei.

Oltre ad essere una delle cause principali d’immigrazione, il ricongiungi- mento familiare rende conto di buona parte dell’immigrazione legale. Parten- do da un’ampia consultazione, la Commissione intende adoperarsi per un’ulte- riore armonizzazione degli ordinamenti nazionali che garantisca una gestione efficace dell’afflusso di immigrati per motivi di riunificazione familiare.

2.4. Sviluppare il nesso tra migrazione e sviluppo

Continuare ed ampliare il sostegno ai paesi in via di sviluppo perché pos- sano far fronte alla crisi è un obiettivo intrinseco delle politiche estere e di sviluppo dell’UE, ma è anche funzionale alle politiche migratorie dell’Unio- ne perché consente di alleviare la pressione migratoria in quei paesi.

In fatto di aiuti allo sviluppo, l’UE rimane di gran lunga il più grande donatore mondiale e così sarà per i prossimi anni (malgrado le prestazioni insoddisfacenti di alcuni Stati membri). Le politiche dell’Unione in materia di sviluppo sono intese a favorire la riduzione della povertà e la stabilità eco- nomica e politica nel mondo. Nel 2009-2010 la Commissione ha destinato ai paesi ACP (Africa, Caraibi, Pacifico) maggiormente colpiti dalla crisi al- meno 500 milioni di euro dal 10° FES (Fondo Europeo di Sviluppo) per mantenere il livello di spesa nei settori prioritari, quali i settori sociali. Que- sti finanziamenti sono erogati, nella misura del possibile, sotto forma di so- stegno al bilancio sulla base di parametri quali la perdita prevista di proventi da esportazioni, la diminuzione delle rimesse e i flussi finanziari.

Rivolgendosi a quei paesi dove la crisi ha prodotto un flusso di ritorno dei lavoratori emigrati, la Commissione ha chiesto, in particolare, di facilita- re il rapido reinserimento degli emigrati nel mercato del lavoro. In collabora- zione con i paesi terzi, la Commissione continuerà ad agevolare la migrazione di ritorno e la migrazione circolare. Insieme agli Stati membri dell’Unione,

Gestione armonica del ricongiungimento

Aiuti europei

allo sviluppo

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Stefano Manservisi

la Commissione cercherà inoltre di intervenire a favore del rientro e del reinserimento, affrontando questioni quali la trasferibilità dei diritti pensio- nistici, l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e una maggiore coerenza tra politiche di migrazione e sviluppo.

2.5. Ridurre l’immigrazione illegale

Nei primi mesi di quest’anno, in occasione della riunione ministeriale del G8, i ministri della Giustizia e dell’Interno hanno espresso preoccupazio- ne per l’attuale crisi finanziaria internazionale, che rischia di accrescere la pressione migratoria verso i paesi maggiormente industrializzati. Per far fron- te a questa situazione, i ministri hanno espresso la necessità di rafforzare la cooperazione internazionale, prestando particolare attenzione ai paesi di ori- gine e di transito dei flussi migratori irregolari.

L’Unione europea è in procinto di prendere decisioni in merito alla ge- stione dei flussi di immigrazione illegale nell’area mediterranea. Lungi dal- l’essere visto come un problema squisitamente italiano o di altri paesi del Mediterraneo, il fenomeno costituisce una sfida per l’intera Unione, una sfi- da a fronte della quale sono necessarie risposte urgenti, nel rispetto dei diritti umani, dei nostri obblighi internazionali e del principio di solidarietà tra gli Stati membri. Le azioni dell’Unione saranno inoltre condotte in un’ottica di collaborazione con i paesi terzi, come richiesto dall’approccio globale UE in materia di migrazione. L’UE è impegnata a intensificare la collaborazione con l’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees) volta a garantire il diritto di asilo politico al di fuori del territorio europeo, in parti- colare nella regione nordafricana. La capacità operativa dell’agenzia Frontex sarà potenziata e, se necessario, verranno rafforzati gli accordi di riammissio- ne. L’Unione intensificherà inoltre la collaborazione con i paesi di origine e di transito, specie del Nord Africa.

Per evitare l’immigrazione irregolare e gli abusi da parte dei datori di la- voro, la direttiva che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impie- gano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente sanziona per l’appunto il datore di lavoro e non l’immigrato. Assieme alla direttiva recante norme comuni per le procedure di rimpatrio, adottata alla fine del 2008, l’UE vanta strumenti sempre più mirati alla lotta contro l’immigrazione illegale.

CONCLUSIONI

Il protezionismo non è la risposta giusta alla crisi. Basta guardare alle pre- cedenti crisi economiche per capire che la mobilità delle persone si verifica anche al di fuori dei periodi di prosperità. L’apertura dei mercati ai beni e al- le persone è un fattore di stimolo per una ripresa rapida. La crisi non ha mes- so fine all’invecchiamento della popolazione europea: oggi, come in passato, l’Unione ha bisogno di lavoratori stranieri per sostenere la crescita

economica.

Oggi più che mai, la politica di cooperazione allo sviluppo dell’UE svolge un ruolo fondamentale perché consente di attutire le conseguenze della crisi nei paesi in via di sviluppo e di contenere la riduzione dei flussi esterni, pri- mi tra tutti i flussi delle rimesse. La politica di sviluppo dell’Unione conti- nua, inoltre, a sostenere l’approccio dell’UE al problema della migrazione: un approccio ispirato all’idea che la migrazione debba porsi come scelta e non come necessità.

La collaborazione

in risposta alle

migrazioni illegali

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Queste settimane sono state caratterizzate da numerosi momenti di rifles- sione e di approfondimento in merito alle conseguenze causate dalla crisi economico-finanziaria sulle migrazioni internazionali e ai loro effetti sullo sviluppo socio-economico delle popolazioni interessate. La pubblicazione nei giorni scorsi delllo Human Development Report 2009 dell’United Nations De- velopment Program, interamente dedicato al tema “mobilità umana e svilup- po”, offre ulteriori opportunità di dibattito. Appare, dunque, molto tempesti- va l’iniziativa di “Volontari e Terzo Mondo” che dedica uno spazio a tale questione.

Appare evidente che siamo ancora lungi dall’aver raggiunto una totale comprensione della materia e gli effetti della crisi finanziaria sulle migrazioni internazionali rimangono difficili da definire a livello globale. Ciò è dovuto, da una lato, alla complessità del fenomeno migratorio stesso e dall’altro alla notevole eterogeneità con cui si manifesta la recessione internazionale nei diversi paesi. Questo mix provoca importanti differenze da paese a paese, e tra i diversi settori occupazionali all’interno degli stessi paesi; variazioni che impediscono semplici generalizzazioni, e la cui analisi richiederebbe un am- pio corredo di dati socio economici che spesso non sono, o non sono ancora, disponibili. Ci troviamo così al cospetto di situazioni apparentemente con- traddittorie che rischiano di indurci a conclusioni affrettate o ingannevoli.

Per attenuare, almeno in parte, queste difficoltà conoscitive e appoggian- dosi alla propria rete di uffici nazionali presenti in gran parte del mondo, l’OIM (International Organization for Migration), sta conducendo da alcuni mesi uno sforzo di monitoraggio sistematico della crisi economico-finanziaria sui flussi migratori e sui migranti. L’analisi si è focalizzata su tre aree princi- pali: 1) le rimesse internazionali; 2) le politiche dei flussi e la gestione delle migrazioni; 3) le condizioni dei migranti nei paesi d’accoglienza e i processi di integrazione.

Per quanto riguarda le rimesse finanziare, le stime più recenti della Banca Mondiale (Dilip Ratha, Nov 2009) indicano che i flussi (attraverso i canali ufficiali) verso i paesi in via di sviluppo hanno raggiunto nel 2008 circa 338 miliardi di dollari. Di fronte alla crisi, questa cifra tenderebbe a decrescere e ad assestarsi intorno ai 317 miliardi nel 2009; un declino importante,

L’impatto della crisi economica globale sui migranti e le

migrazioni

Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM)

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dunque, di circa il 6 per cento, ma sicuramente inferiore di vari punti per- centuale rispetto alle previsioni iniziali. Questi dati aggregati diventano mol- to più significativi se si prendono in considerazione le specificità regionali e nazionali. Così, se l’incremento delle rimesse in alcuni paesi (Pakistan + 24%) è per certi versi sorprendente, altri paesi, ad esempio il Tagikistan, registrano una riduzione dei flussi finanziari sino al 30 per cento, nella prima metà del 2009 con un impatto drammatico per un paese nel quale il 50% del PIL è composto da rimesse. Quindi, se in generale il declino di questi flussi è inferiore alle previsioni, la situazione, in alcuni paesi dell’America Latina, dei Caraibi, e dell’Asia centrale avrà profonde ripercussioni sui livelli di vita di quelle popolazioni che solo attraverso le rimesse riescono a combattere la povertà.

Del tutto simile la situazione dei flussi migratori, che rimangono caratte- rizzati da una grande variabilità regionale e nazionale. Ciononostante, lo

“stock” migratorio non pare essere stato modificato dalle crisi, in quanto il numero dei migranti che ritornano nei propri paesi d’origine rimane statisti- camente trascurabile. Questo dato è molto rilevante e sembra caratterizzare anche quei paesi che avevano avviato politiche d’incentivo alle migrazioni di ritorno. Si osserva invece una certa diminuzione nei nuovi flussi, diminu- zione che comunque non impedirà una crescita, sia pur modesta, del numero globale di migranti internazionali che si stima raggiungerà i 214 milioni il prossimo anno. Ma, anche qui, le differenze regionali prevalgono e alcuni paesi, per esempio i produttori di petrolio del Golfo, hanno assistito ad un notevole incremento del numero dei lavoratori immigrati, grazie alle impor- tanti riserve valutarie e ai piani di sviluppo delle infrastrutture a lungo ter- mine che li rendono poco, o per nulla, vulnerabili agli effetti della crisi. Sa- ranno, dunque, sopratutto alcuni paesi esportatori di manodopera del sud-est asiatico a registrare le minori flessioni.

La terza area di analisi è, forse, quella che a medio termine pone gli in- terrogativi più urgenti sugli effetti causati dall’impatto della recessione sullo sviluppo umano e sociale delle popolazioni migranti e delle comunità di ac- coglienza. Si è, infatti, notevolmente accresciuta nell’opinione pubblica dei paesi di immigrazione la percezione della necessità di ridurre il numero dei migranti, mentre si sono fatte più difficili le condizioni di vita e di lavoro di queste popolazioni. La vulnerabilità dei migranti internazionali alla crisi è ri- conducibile a tre principali fattori: impiego in settori economici più sensibili ai cicli economici; modalità contrattuali meno sicure della popolazione au- toctona; ed esposizione a licenziamenti selettivi che prediligono la manodo- pera immigrata. Questa vulnerabilità sociale accompagnata da una percezio- ne della presenza degli immigrati di tipo competitivo, contribuisce al sorgere di fenomeni d’intolleranza e discriminazione, e/o all’ accettazione passiva di una forzosa convivenza con quella che si potrebbe strutturare come una “per- manent underclass”. Proprio per questo, le raccomandazioni che emergono in maniera più convincente dal “policy brief” suggeriscono che, proprio per- ché ci si trova in una fase di recessione è necessario mantenere, se non in- tensificare, le politiche pubbliche a favore dei programmi d’integrazione.

Luca Dall’Oglio Permanent Observer to the United Nations International Organization for Migration (IOM) OIM

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POLICY BRIEF

Sommario

La crisi finanziaria globale, che è iniziata nella seconda metà del 2008, ha portato una recessione nell’economia globale (ed è divenuta rapidamente una profonda recessione economica). Tuttavia, la gravità, la portata e la du- rata della crisi economica restano di difficile previsione e il suo impatto è probabile che vari a seconda del paese, della regione geografica e del settore all’interno del mercato del lavoro.

Durante la recessione economica, i lavoratori migranti sono tra le cate- gorie di lavoratori più vulnerabili, in termini di perdita del posto di lavoro e di condizioni lavorative. Mentre alcuni potrebbero scegliere di tornare a ca- sa, le politiche che tendono unicamente a rinviare a casa i lavoratori mi- granti non sono la soluzione, e potrebbero potenzialmente avere conseguen- ze disastrose per lo sviluppo, considerati i flussi di rimesse - stimati attorno ai 283 miliardi di dollari americani neiPaesi in via di Sviluppo - e i livelli di di- soccupazione, ormai elevati anche nei Paesi in via di Sviluppo. Gli appelli lanciati nei paesi di destinazione per la riduzione delle migrazioni si basano sulla falsa convinzione che “i migranti rubano il lavoro” o “sono concorrenti sul piano dei benefici del welfare” quando invece la maggioranza dei migran- ti crea attività economiche del lavoro.

La mobilità umana, come registrato nel World Migration Report del 2008 della OIM (International Organization for Migration),1 rende le economie più dinamiche e più efficienti. Le migrazioni possono anche essere una forza positiva per alleviare diversi aspetti della crisi economica e, potenzialmente danno un importante contributo per il superamento della recessione. Il ten- tativo di combattere la crisi economica semplicemente riducendo le migra- zioni può addirittura peggiorare la situazione. Ciononostante molti paesi di destinazione hanno bloccato o imposto restrizioni ai nuovi ingressi di mi- granti per lavoro e i paesi di origine danno già esperienza di flussi di rientro che possono trasformarsi in instabilità economica e sociale.

Altri possibili effetti includono la riduzione dei flussi migratori per lavoro e, nel medio periodo, un incremento della migrazione illegale e del traffico di esseri umani anche sebbene ci siano numerose prove del fatto che i flussi di migranti irregolari, in realtà, sono diminuiti a seguito della crisi. Quindi, sono necessarie politiche migratorie flessibili, coerenti e inclusive, così come una rafforzata cooperazione internazionale, al fine di massimizzare i benefici delle migrazioni, tutelare i migranti e tenere conto delle loro necessità all’in- terno delle misure che affrontano la crisi.

L’impatto della crisi finanziaria sui migranti e sulle migrazioni: i segnali evidenti fino ad oggi

I seguenti effetti negativi della crisi economica globale sui migranti e sulle migrazioni possono già essere osservati. È importante notare, tuttavia, che sono ancora limitate le prove empiriche concrete a sostegno di molte di queste os- servazioni, e che tali evidenze sono particolarmente assenti quando si tratta di affrontare l’impatto differenziato della crisi sugli uomini e le donne migranti.

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1 OIM 2008.

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Restrizioni sui nuovi ingressi di lavoratori migranti e rifiuto nel rinnovo dei permessi di lavoro

• In alcuni paesi dell’Est, del Sud est e dell’Asia centrale, sono stati blocca- ti tutti i nuovi ingressi di lavoratori stranieri. Dal febbraio 2009, il Go- verno della Repubblica di Corea ha bloccato la concessione di nuovi vi- sti per lavoratori temporanei migranti seguendo l’Employement Permit System e, nel gennaio 2008, le autorità della Malesia hanno congelato l’emissione di permessi per circa mezzo milione di persone, nella speranza che essi lasciassero il territorio e che i loro posti di lavoro fossero presi da cittadini Tailandesi. Inoltre, è stata posticipata la registrazione dei mi- granti irregolari pianificata per il 2009. In Kazakistan, le autorità hanno imposto una moratoria sull’ammissione di lavoratori non specializzati a partire dal 1 aprile 2009.

• Sono state adottate politiche migratorie più restrittive per proteggere il mercato del lavoro locale, quale risposta alla diminuzione di domanda di lavoratori stranieri. Ad esempio, in molti paesi di destinazione è già stata annunciata una riduzione del numero di migranti ammissibili per lavoro:

l’Australia intende limitare le ammissioni di lavoratori specializzati; l’Ita- lia, il Kazakistan e la Federazione Russa hanno ridotto i quantitativi delle loro rispettive quote; e la Gran Bretagna sta innalzando i requisiti scola- stici e finanziari per quei migranti che chiedono di entrare nel Paese per la prima volta nella categoria dei migranti altamente specializzati, così co- me per coloro che richiedono di passare a questa categoria da una diversa e ha rafforzato all’interno del mercato del lavoro locale, i test per i mi- granti che fanno richiesta per un lavoro qualificato.

• Le riduzioni dei flussi migratori regolari per lavoro sono stati letti come potenziale scelta dei migranti di rimanere a casa e superare la crisi nei propri Paesi. Ad esempio, i dati pubblicati dal Home Office inglese indi- cano una riduzione del 95% di lavoratori migranti arrivati in Gran Breta- gna dalla Polonia e da altri Paesi del Centro e dell’Est Europa, membri dell’UE, nell’ultimo quadrimestre del 2008 in confronto all’ultimo qua- drimestre del 2007.2

Impiego, lavoro e condizioni di vita

• La perdita di posti di lavoro continua, specialmente nei settori lavorativi sensibili ai cicli economici, come l’edile ed il manifatturiero; così come allo stesso modo nei servizi finanziari, vendita al dettaglio, servizi con- nessi ai trasporti e al turismo. La dispersione di posti di lavoro è stata de- nunciata in ogni parte del mondo e i tassi di disoccupazione degli stra- nieri sono anche cresciuti in alcuni paesi (ad es. in Spagna). In altri paesi (ad es. Malesia, Singapore), sono state adottate politiche che deliberata- mente incoraggiano i datori di lavoro a economizzare sui lavoratori mi- granti e/o a rimpiazzarli con disoccupati nazionali.

• In alcuni paesi è stata riportata una riduzione degli stipendi oppure il lo- ro mancato pagamento, la disponibilità di meno giorni lavorativi e possi- bilità di straordinari, vanno ad aggiungersi a condizioni scadenti sul OIM

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2 U.K. Home Office, Border Agency. 2009. Accession Monitoring Report (May 2004 - December 2008), p. 5, http:// www.ukba.homeoffice.gov.uk/sitecontent/documents/

aboutus/reports/accession_monitoring_report/.

Blocco degli ingressi ai lavoratori stranieri

Protezione del lavoro locale

Superare la crisi nei propri Paesi

Disoccupati migranti e nazionali

Il risparmio dei datori di lavoro a scapito dei

migranti

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posto di lavoro, che colpiscono in modo particolare i lavoratori migranti con più deboli posizioni contrattuali, come gli irregolari e i lavoratori a contratto temporaneo, quando i datori di lavoro e le società cercano di risparmiare. Denunce di simili pratiche sono evidenti in Malesia, Singa- pore e nella Federazione Russa.

• I migranti di nuovo arrivo o specifiche categorie di migranti, come i la- voratori temporanei, non hanno diritto a molti benefici sociali e quindi è probabile che rischino particolari privazioni dovute alla perdita di lavoro se non possono avere accesso a risorse alternative, sono impossibilitati o non vogliono ritornare in patria.

• Si sono verificati casi di discriminazione o di xenofobia contro i gli uo- mini e le donne migranti, i quali sono percepiti come coloro che prendo- no il lavoro locale in particolar modo nei settori a bassa specializzazione del mercato del lavoro (es. le proteste dei lavoratori locali, in Gran Bre- tagna, contro l’assunzione di lavoratori UE).

Ritorno e reintegrazione

• È stata registrata una crescita nei rimpatri dei migranti disoccupati nei paesi di origine (es. migranti dagli Stati del Golfo verso l’India e dalla Malesia all’Indonesia) dove essi sono anche probabilmente sottoposti a condizioni economiche inferiori (es. alta disoccupazione e povertà) e co- stituiscono un elemento potenzialmente dirompente per la stabilità eco- nomica e sociale in patria.

• C’è stata una significativa inversione nell’emigrazione interna tra campa- gna e città. In alcuni paesi come la Cina, dove si stima che dieci milioni di migranti siano ritornati ai loro villaggi a causa dei licenziamenti nel settore manifatturiero nei centri urbani, dovuti ad una grave caduta della domanda d’esportazioni.

• Alcuni governi europei (es. in repubblica Ceca e Spagna) hanno intro- dotto incentivi finanziari per incoraggiare il rimpatrio dei migranti disoc- cupati. Nella Repubblica Ceca, questa politica è stata rivolta ai lavorato- ri migranti nel settore edile, mentre in Spagna riguarda i migranti dai paesi non UE che hanno accordi bilaterali di previdenza sociale con la Spagna, che hanno i requisiti per il sussidio di disoccupazione. I lavorato- ri migranti idonei sono fruitori di una somma forfettaria per rimpatriare se accettano di non ritornare per un periodo di tre anni, però, da quando è stato introdotto nel novembre del 2008 c’è stato un tasso di produzione relativamente basso di fruizione di questo programma, con meno di 1.400 migranti idonei su 100.000 che hanno sottoscritto questo schema nei pri- mi mesi della sua operatività.3

• Ci sono anche riscontri di politiche tese ad accellerare l’espulsione di mi- granti irregolari (es. in Malesia).

• La migrazione volontaria di rientro, comunque, avviene con minore pro- babilità in quei paesi in cui (es. Stati membri dell’UE) i migranti godono di un soggiorno più sicuro e di un forte sistema di previdenza sociale, anzi, alcuni migranti disoccupati potrebbero cercare opportunità nel settore informale dell’economia e così incrementare il numero dei lavoratori mi- granti irregolari.

Privazione dei diritti sociali

Discriminazione e xenofobia

Rimpatri ed emigrazione

interna

Incentivi per il rimpatrio e

politiche di espulsione

Migrazione volontaria di rientro

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3 Papademetriou et al., 2009.

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• Risulta evidente che i migranti irregolari in alcuni paesi, come gli USA, non lasciano il paese, nonostante la scarsità opportunità di impiego do- vuta alle difficoltà e ai rischi connessi al rientro.

• Molti paesi di origine stanno iniziando ad istituire pacchetti di assistenza per migranti in rientro. Il Governo delle Filippine ha messo in atto di- verse misure per assistere i migranti. Ad esempio, il Philippine Overseas Employment Administration (POEA) sta fornendo assistenza legale ai la- voratori che hanno perso il posto e cercano di ottenere il rimborso spese di viaggio e collocamento da parte dei datori di lavoro e degli agenti di collocamento. Si è anche istituto un “help desk” nelle provincie per assi- stere i lavoratori migranti disoccupati in rientro (così come i lavoratori locali) nel trovare lavoro in patria (o all’estero) e per offrire consulenze sul lavoro autonomo. Nel Sud est asiatico, i Governi del Bangladesh e dello Sri Lanka stanno accuratamente monitorando la situazione che ri- guarda i loro connazionali all’estero.

Rimesse e loro impatto sui paesi di origine

• Si è registrato un calo dei flussi delle rimesse verso molti paesi d’origine in via di sviluppo (es. Marocco, Filippine, Sri Lanka e dagli USA ai paesi dell’America Latina e dei Caraibi - il 71 % di migranti ispanici verso gli USA registrano un calo delle rimesse inviate a casa nel 2008 rispetto agli anni precedenti)4poiché i migranti perdono il lavoro e i tassi di scambio sono instabili (vedi sotto), aumentando così la povertà e aggravando il gap di sviluppo.

• La Banca Mondiale ha osservato, nel marzo 2009, che le rimesse sono più elastiche alla recessione economica rispetto a molte altre categorie di risorse (es. affari, investimenti esteri diretti) che affluiscono verso i Paesi in via di Sviluppo. Nel 2009 si prevede che le rimesse calino del 5-8%, un declino più drastico rispetto alle proiezioni preventive della Banca Mondiale e che ora è probabile causino privazioni in molti paesi poveri.5 Tuttavia, queste stime sono basate sull’assunto che il numero dei migran- ti rimane abbastanza stabile, ma questi potrebbero modificarsi se la crisi risultasse più profonda e lunga del previsto ed i migranti iniziassero a tor- nare a casa.6

• I migranti potrebbero essere anche più riluttanti ad inviare soldi attraver- so i canali formali a causa di una mancanza di fiducia nella stabilità dei sistemi bancari.

• I cambiamenti dei tassi di scambio che colpiscono le valute nei paesi di destinazione (es. il dollaro statunitense, la Sterlina, il Rublo russo) stan- no impattando negativamente sul valore reale del denaro rimesso dalle famiglie migranti nei paesi di origine (es. Messico, Polonia, Tagikistan).

Migrazioni irregolari

• Ci sono prove di una riduzione dei flussi di migranti irregolari verso i paesi di destinazione, poiché i potenziali migranti sono informati dalla OIM

Pacchetti di assistenza per migranti in rientro

Calo dei flussi delle rimesse

Impatto negativo dei tassi di scambio

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4 Lopez e altri , 2009.

5 Ratha and Mohapatra, 2009.

6 Gómez and Hallet, 2008.

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rete migratoria che le opportunità di lavoro sono scarse. Ad esempio, l’ingresso di migranti irregolari negli Stati Uniti è diminuito dal 2005. Le stime dei migranti irregolari per il periodo di arrivo indicano che i nuovi arrivi annuali sono in media 500.000 in più del periodo 2005-2008, con meno migranti irregolari in arrivo dal 2007.7

• Nel medio periodo, tuttavia, con il potenziamento dl mercato informale dovuto al tentativo di rispariame dei datori di lavoro è possibile una cre- scita delle migrazioni irregolari. Poiché, i migranti disoccupati restano nei paesi di destinazione e cercano lavoro senza autorizzazione. Inoltre è possibile un aumento nel traffico degli esseri umani verso lavori forzati.

Questioni specifiche di genere

• Si prevede che la crisi impatterà diversamente sui lavoratori migranti maschi e femmine specialmente nei settori dell’economia colpiti e domi- nati da uno dei due sessi (edile, nei quali gli uomini predominano, e ma- nifatturiero - ad es. l’industria tessile - nel quale le donne sono sovrarap- presentate).

• La perdita di posti di lavoro e le condizioni disagiate dei lavoratori mi- granti probabilmente impattano in modo sproporzionato sulle donne mi- granti, le quali sono sovrarappresentate nei settori informali dell’econo- mia, poco specializzati e privi di regolamentazione (es. lavori domestici e assistenza).

• Per le donne, il rimpatrio potrebbe significare la perdita dell’indipenden- za economica acquisita con la migrazione e potrebbe incidere sul poten- ziale stravolgimento dei ruoli di genere che segue la migrazione.

• Le donne sono anche, spesso, le beneficiarie delle rimesse e per questo sa- ranno colpite negativamente se dovessero diminuire i flussi delle rimesse.

Contrariamente agli effetti largamente negativi della crisi economica sui mi- granti e sulle migrazioni nelle aree che abbiamo segnalato qui sopra sono sta- ti osservate anche le seguenti evoluzioni:

• Mentre le riduzioni negli obiettivi dei programmi di ammissione sono stati annunciati in alcuni specifici paesi di immigrazioni, non sono previ- sti grandi cambiamenti riguardo le considerazioni economiche e demo- grafiche di lungo termine che guidano tali programmi.

• In alcuni paesi sono anche stati presi in considerazione i fattori demogra- fici, all’interno di risposte politiche specifiche, nonostante le difficoltà economiche. Ad esempio, le autorità in Giappone stanno tentando di scoraggiare i giovani migranti disoccupati (brasiliani di origine giappone- se) dal lasciare il territorio.

• I progetti di grandi infrastrutture, che tradizionalmente forniscono op- portunità di occupazione ai lavoratori stranieri, stanno continuando in alcuni paesi (es. Arabia Saudita).

…. Ed è anche previsto che:

• In alcuni settori del mercato del lavoro nei paesi di destinazione è proba- bile che perduri la costante necessità di lavoratori migranti, in particolare

Crescita della migrazione irregolare

La crisi e le donne migranti

Evoluzioni positive

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7 Passel and D’Vera, 2008.

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nel settore sanitario, nei lavori domestici e di casa, e nel lavoro di assi- stenza (così come, in alcuni paesi, in agricoltura) lì dove la domanda di tali lavoratori è strutturale. Tuttavia, se la crisi porta ad un significativo livello di disoccupazione delle donne nei paesi di destinazione, questi po- trebbero smettere di assumere per l’aiuto assistenziale, così che le donne migranti avrebbero la possibilità di spostarsi da questo lavoro.

• Il volume delle rimesse verso i paesi di origine, colpiti negativamente dalla crisi, potrebbe oggi crescere così come il livello degli investimenti e degli scambi, poiché i migranti e i protagonisti della diaspora tentano di ridurre l’impatto negativo della crisi in patria inviando più denaro o rim- patriando i risparmi prima di quando pianificato.

Elementi per una risposta politica

Le precedenti recessioni economche sia a livello globale che regionale (es. la crisi petrolifera nei primi anni ‘70 e la crisi finanziaria dell’Asia del 1997) indicano che l’immigrazione non è solo un mero fenomeno ciclico che si verifica durante i periodi di prosperità, ma continua (e le migrazioni irre- golari potrebbero addirittura crescere) indipendentemente dalla crescita del- la disoccupazione, a causa del perdurare della domanda strutturale di lavoro in alcuni settori dell’economia. Tale domanda è, in parte, attribuibile a più ampie considerazioni demografiche - l’invecchiamento e la riduzione della popolazione in molte parti del mondo sviluppato, comparato con la crescita delle popolazioni in molte parti del mondo in via di sviluppo - così come per il fatto che, in molti paesi i lavoratori locali o mancano delle specializzazioni o sono restii a svolgere certi lavori a basso livello di specializzazione. La crisi finanziaria asiatica dimostra anche che mantenere i mercati aperti ai migran- ti e alle migrazioni è importante al fine di stimolare una ripresa economica più rapida, sebbene questa crisi sia stata ristretta ad una regione e dovrebbe essere distinta dalla crisi economica e finanziaria attuale, che ha un impatto globale. Ad esempio, durante la crisi finanziaria asiatica, le economie in quella regione sono state in grado di riprendersi in modo relativamente rapi- do grazie al reindirizzo delle esportazioni verso il Nord America e l’Europa, che oggi è meno probabile.

Pertanto, sono necessarie risposte flessibili, coerenti e globali, riguardo al largo spettro delle politiche migratorie, al fine di assicurare:

Non discriminazione, diritti dei migranti, impiego e integrazione.

• Gli immigrati non vengano stigmatizzati per la perdita del lavoro e siano protetti dalle discriminazioni e dalla xenofobia - ciò richiede anche mi- sure per informare la popolazione e accrescere la consapevolezza nei paesi di destinazione sui contributi positivi, economici e sociali, portati dai migranti.

• I diritti dei migranti siano effettivamente protetti, ad esempio in termini di lavoro e delle condizioni di vita, e nel caso di perdita del lavoro. In particolare, è necessario impedire la discriminazione riguardo al licenzia- mento dal posto di lavoro.

• Bisogna avere l’abitudine di formulare considerazioni specifiche riguardo il fenomeno delle stratificazioni multiple discriminatorie (ad es. donne migranti che sono discriminate come donne e come migranti).

• Le politiche attive del mercato del lavoro per stimolare l’impiego devono OIM

Precedenti storici e analisi attuale

Maggiore

informazione sui

contributi positivi

dei migranti

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