• Non ci sono risultati.

CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE Commento di Confindustria sulle principali novità

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE Commento di Confindustria sulle principali novità"

Copied!
9
0
0

Testo completo

(1)

CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE Commento di Confindustria sulle principali novità

Il 23 dicembre 2004 il Consiglio dei Ministri ha approvato, nella seduta n. 186, il Codice della proprietà industriale (Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante "Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273").

Il Codice è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 del 4 marzo 2005, Suppl.

Ordinario n. 28 (v. nostra News del 7 marzo 2005) ed entrerà in vigore il 19 marzo 2005.

Con l'approvazione del Codice il Governo ha dato attuazione alla delega contenuta nell'art.

15 della legge n. 273/2002, recante "Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza". L'art. 15, nel delegare il Governo ad adottare un testo unico in materia di proprietà industriale, indicava una serie di criteri direttivi, tra i quali: la necessità di ripartire la materia per settori omogenei; di adeguarla alla disciplina internazionale e comunitaria; di rivedere ed armonizzare la protezione del diritto d'autore sui disegni e modelli con la tutela della proprietà industriale; di introdurre adeguamenti alle moderne tecnologie informatiche; di riordinare e potenziare l'ufficio preposto alla gestione della proprietà industriale.

La Confindustria ha preso attivamente parte all'iter legislativo che ha portato all'approvazione del Codice, fornendo alla Commissione ministeriale spunti ed indicazioni sia di carattere generale sulla sistematizzazione della materia, che su specifici argomenti.

1. L'ambito di applicazione del Codice.

La struttura del Codice ricalca quella dell'Accordo Trips (Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights), firmato nell'ambito dei negoziati Gatt (Uruguay Round) il 14 aprile 1994 ed attuato in Italia con il D. Lgs. n. 198/1996 (v. nostra Circolare n. 14092). Il Codice, infatti, è suddiviso in Libri, dedicati rispettivamente: ai principi generali applicabili a tutti i diritti di proprietà industriale; alla disciplina sostanziale dei vari diritti esclusivi; alla tutela giurisdizionale; alle procedure amministrative; alle istituzioni e risorse per la gestione della proprietà industriale.

Il Codice - che si sostituisce, abrogandole, a 39 leggi speciali in materia di proprietà industriale, oltre che a numerose disposizioni regolamentari - si applica a tutti i diritti di proprietà industriale: marchi ed indicazioni geografiche, brevetti, disegni e modelli, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, varietà vegetali e segreti industriali.

Il Codice non si applica invece al diritto d'autore, materia non contemplata dalla legge delega perchè riservata alla competenza del Ministero dei Beni e le Attività Culturali e non al Ministero delle Attività Produttive (Ministero presso il quale è stata istituita la Commissione di esperti per la redazione del Codice).

Il Codice, inoltre, non contiene norme in materia di protezione delle invenzioni biotecnologiche. Nonostante l'esigenza, specificata nella stessa delega, di adeguare la normativa italiana alle regole comunitarie ed internazionali, il legislatore delegato ha deciso di non recepire le disposizioni comunitarie contenute nella Direttiva CE n. 98/44 relativa alla tutela giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ancora non attuata nel nostro Paese nonostante le indicazioni della Corte di Giustizia UE. La mancata attuazione della direttiva, fortemente criticata dalla Confindustria, è stata motivata con l'esistenza di una autonoma proposta di legge delega, presentata il 2 aprile 2003 ed attualmente pendente in Parlamento (cfr. § 9.1 della Relazione illustrativa del Codice), che testimonierebbe la

(2)

volontà del legislatore di procedere in separata sede con riguardo alla specifica regolamentazione delle invenzioni biotecnologiche.

Infine, contrariamente a quanto inizialmente proposto nelle prime versioni del Codice, non è stata introdotta una disciplina ad hoc dei nomi a dominio Internet. I nomi a dominio, come vedremo, sono stati infatti menzionati tra i segni distintivi nell'ambito della Sezione I del Capo II del Codice, dedicata ai marchi di impresa. Questa scelta va accolta favorevolmente in quanto coerente con la natura di tali nomi, che costituiscono dei veri e propri segni distintivi - alla stessa stregua di marchi, ditta, insegna, ecc. - quando siano utilizzati nell'ambito delle attività di impresa.

2. Le modifiche alla disciplina vigente.

Il legislatore delegato, così come previsto dalla legge delega, ha scelto di non incidere sulla sostanza della disciplina vigente, apportando ad essa soltanto le modifiche ritenute strettamente necessarie per garantire la coerenza sistematica del Codice, nonché quelle richieste per adeguare la normativa italiana alla legislazione comunitaria ed internazionale ancora non attuata.

Nella presente Circolare ci limiteremo pertanto a dare conto e commentare le principali differenze rispetto alla precedente disciplina, senza diffonderci sugli aspetti della normativa che non hanno subito innovazioni.

Quanto al raffronto tra le vecchie disposizioni contenute nelle leggi speciali sui singoli diritti di proprietà industriale e le nuove norme del Codice, si rinvia alla Relazione illustrativa del Codice, che contiene utili indicazioni.

2.1. I princìpi generali (Capo I).

Il Capo I del Codice raggruppa i princìpi generali sulla proprietà industriale, princìpi che in precedenza venivano definiti dalle varie leggi speciali con riguardo ad ogni specifico diritto di proprietà industriale.

L'art. 1, in particolare, definisce l'ambito dei diritti di proprietà industriale , elencando sia i diritti c.d. "titolati", cioè quelli che sorgono a seguito di procedure di registrazione/brevettazione e che sono quindi incorporati in un titolo di protezione, come ad esempio i marchi, i brevetti, i disegni e modelli, ecc., che quelli "non titolati", come i segni distintivi diversi dal marchio registrato (es. il marchio di fatto), le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine e le informazioni segrete (la Relazione al Codice si diffonde sul significato di diritti "non titolati" ai §§ 7 e 12).

L'art. 2 stabilisce le modalità di costituzione di entrambe le categorie di diritti, precisando che i diritti "titolati" si acquistano mediante brevettazione o registrazione (co. 2 e 3), attività amministrative aventi natura costitutiva (co. 5), mentre i diritti "non titolati" sono protetti quando ricorrono i presupposti previsti dalla legge (co. 4), ma in assenza di una previa attività di registrazione o brevettazione.

L'art. 3 regola il trattamento dello straniero, stabilendo al primo comma che ai cittadini dei paesi facenti parte della Convenzione di Unione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio e della Convenzione UPOV per la tutela delle varietà vegetali è accordato lo stesso trattamento previsto per il cittadino italiano. Quanto ai cittadini degli Stati non facenti parte di tali Convenzioni, il secondo comma stabilisce il principio della reciprocità di trattamento, prevedendo che a tali soggetti sia accordato lo stesso trattamento previsto per i cittadini italiani soltanto a condizione che il loro paese di origine accordi agli italiani reciprocità di trattamento.

(3)

L'art. 4 disciplina la rivendicazione di priorità, già prevista dalle leggi sui marchi, brevetti, modelli e varietà vegetali, che consente a chi abbia depositato una domanda di brevetto, marchio, modello o varietà vegetale in uno Stato facente parte di una convenzione internazionale che riconosca il diritto di priorità, di depositare una domanda per lo stesso titolo di proprietà industriale in un altro Stato appartenente alla medesima convenzione (co. 1) entro i dodici mesi (per brevetti, modelli di utilità e varietà vegetali) o i sei mesi (per marchi e disegni) successivi (co. 2). Gli effetti del deposito successivamente effettuato decorrono dalla data di presentazione della prima domanda.

L'art. 5 regola, senza discostarsi da quanto precedentemente previsto, la disciplina dell'esaurimento dei diritti di proprietà industriale. La teoria dell'esaurimento è stata elaborata dalla dottrina prima e, successivamente, dalla giurisprudenza comunitaria, che ritenevano contrario alle finalità del mercato comune che il titolare di diritti paralleli di brevetto o di marchio in diversi Stati membri dell'UE potesse ripartire il mercato comunitario in compartimenti stagni grazie alla valenza territoriale di tali diritti.

La Corte di Giustizia, in particolare, ha individuato negli artt. 28 e 30 del Trattato la base giuridica che le consentiva di impedire che i titolari di diritti di proprietà industriale potessero servirsi di tali diritti allo scopo di ostacolare il commercio fra Stati membri.

Secondo la Corte, quindi, la prima messa in commercio del prodotto da parte del titolare del diritto di proprietà intellettuale o con il suo consenso esaurirebbe il diritto del titolare a controllarne l'ulteriore circolazione. Corollario di detto principio è l'assunto che chiunque acquisti un prodotto dal titolare del brevetto o del marchio, o con il suo consenso, può poi liberamente esportarlo da uno Stato membro all'altro senza che sia necessaria alcuna specifica autorizzazione da parte di detto titolare. Il principio vale anche nei casi in cui il titolare del diritto abbia concesso, nel Paese di destinazione, a terzi esclusivisti la commercializzazione del prodotto.

La teoria dell'esaurimento, recepita in varie direttive comunitarie in tema di proprietà intellettuale, si applica soltanto alle importazioni parallele realizzate all'interno dell'UE e non invece a quelle da e verso paesi extracomunitari. A questo proposito si ricorda che vi sono stati alcuni tentativi volti ad estendere tale principio a livello mondiale, tentativi rimasti però infruttuosi.

L'art. 6 disciplina l'istituto della comunione, precedentemente previsto per le sole invenzioni industriali e adesso esteso a tutti i diritti di proprietà industriale. La norma stabilisce che quando un diritto di proprietà industriale appartenga a più soggetti, ad esso si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni del codice civile in tema di comunione.

2.2. I diritti di proprietà industriale (Capo II).

2.2.1. I diritti "non titolati" di proprietà industriale (Sezione II e Sezione VII).

Rispetto alla disciplina precedente vengono espressamente disciplinati a livello normativo, assumendo così valenza di veri e propri diritti di proprietà industriale, sia le indicazioni geografiche che i segreti industriali.

Questa scelta corrisponde in parte al dettato dell'Accordo Trips, che contiene norme specifiche sia sulle indicazioni geografiche che sui segreti industriali. Tuttavia, mentre le norme di tale Accordo rinviano alla disciplina sulla concorrenza sleale quanto alla protezione di tali diritti, il legislatore del Codice ha scelto di applicare la protezione propria (e più incisiva: si pensi alle norme in tema di misure cautelari) dei diritti di proprietà industriale registrati o brevettati, nonostante, come si è visto, i diritti di cui alle Sezioni II e VII non sorgano a seguito di brevettazione o registrazione.

(4)

Quanto alla disciplina sostanziale di questi diritti, le norme sulle indicazioni geografiche sono contenute nella Sezione II agli artt. 29 e 30, che, fatta salva la tutela apprestata dagli artt. 2598 e segg. del codice civile e dalle convenzioni internazionali, dispongono, come accennato, l'applicazione delle norme del Capo III del Codice in tema di tutela giurisdizionale (art. 30, co. 2). Questa previsione va integrata con l'art. 4, co. 49, della Legge Finanziaria per il 2004, che include tra le indicazioni geografiche anche l'indicazione "Made in Italy". La norma, in particolare, vieta l'uso ingannevole di tale indicazione realizzato tramite la sua apposizione su merci o prodotti non originari dall'Italia.

La disciplina delle informazioni segrete è invece contenuta nella Sezione VII agli artt. 98 e 99, che subordinano l'applicazione della protezione alla ricorrenza di tre requisiti: la segretezza; il valore economico; l'adozione di misure volte a mantenere tali info rmazioni segrete (art. 98, co. 1, lett. a, b, c).

2.2.2. I marchi di impresa (Sezione I).

La disciplina dei marchi di impresa è rimasta sostanzialmente immutata rispetto a quanto previsto dalla legga marchi (RD n. 929/1942). Il legislatore del Codice ha, infatti, apportato soltanto alcune limitate modifiche.

In primo luogo è stata eliminata la possibilità, riconosciuta invece dall'art. 5, co. 2, della vecchia legge marchi, di apportare al marchio modifiche nei caratteri non distintivi tali da non alterare sostanzialmente l'identità del marchio inizialmente registrato.

E' stato poi precisato, con riguardo ai marchi che godono di rinomanza, che la tutela ad essi accordata si applica altresì nei confronti di marchi simili che contraddistinguono anche prodotti o servizi non affini (art. 12, co. 1, lett. g). La precedente norma (art. 17, co. 1, lett.

h) della legge marchi limitava invece la tutela ai soli marchi dotati di rinomanza e non invece ai marchi simili. L' interpretazione estesiva adottata dal legislatore del Codice, già affermata dalla dottrina e dalla giurisprudenza italiana, era stata di recente avallata anche dalla Corte di Giustizia UE (v. la sentenza n. C-292/2000 nel caso Davidoff).

Rispetto alla disciplina precedente il Codice ha, poi, incluso tra i segni distintivi i nomi a dominio Internet. L'art. 12 del Codice, relativo alla novità del marchio, stabilisce, infatti, al co. 1, lett. c), che non sono nuovi, e quindi non possono essere registrati come marchi, i segni "(...) identici o simili a un segno già noto come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale, adottato da altri (...)". Da ciò si desume che i nomi a dominio aziendali costituiscono segni distintivi alla stessa stregua di quelli tradizionalmente disciplinati dalla legge: ditta, denominazione o ragione sociale e insegna.

A conferma di questa interpretazione si veda anche l'art. 22 che stabilisce il principio dell'unitarietà dei segni distintivi, secondo il quale: "E' vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale un segno uguale o simile all'altrui marchio se, a causa dell'identità o dell'affinità tra l'attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni." (co. 1).

Ai nomi a dominio si applica la tutela giurisdizionale generalmente applicabile ai marchi: si vedano gli artt. 118, co. 6, in tema di rivendicazione, e 133 sulla tutela cautelare.

(5)

2.2.3. I disegni e modelli (Sezione III).

La disciplina dei disegni e modelli riproduce quasi integralmente le norme della legge sui modelli industriali (RD n. 1411/1940), così come novellata dal D. Lgs. n. 95/2001 di attuazione della Direttiva CE n. 98/71.

Le sole novità riguardano la norma sulle registrazioni multiple (art. 39), dalla quale è stato eliminato il limite massimo di 100 disegni o modelli registrabili con un'unica domanda, previsto, invece, dal vecchio art. 6 della legge modelli, e l'introduzione di una norma, l'art.

44, co. 2, che impegna il Ministero per i beni e le attività culturali a comunicare, con scadenza periodica, all'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) i dati relativi alle opere del disegno industriale depositate nel Registro pubblico generale delle opere protette ai sensi dell'art. 103 della legge sul diritto d'autore (l. n. 633/1941). In particolare, con riguardo a quest'ultima disposizione, i dati che andranno comunicati saranno quelli relativi al titolo, alla descrizione dell'oggetto ed all'autore, al nome, al domicilio del titolare dei diritti, alla data della pubblicazione, nonché ad ogni altra annotazione o trascrizione. L'art. 44 prevede poi al terzo comma che tali dati vengano pubblicati sul bollettino ufficiale dell'UIBM.

Questa norma - che trae origine dall'art. 17 della l. n. 273/2002, adesso abrogato, che prevedeva l'obbligo di denuncia ex art. 28 della legge sul diritto d'autore per poter beneficiare del copyright sul design - ha lo scopo di rendere possibile a tutte le imprese di verificare l'esistenza di diritti esclusivi di terzi su determinate opere. Come noto, infatti, il diritto d'autore nasce al momento della creazione dell'opera senza bisogno di particolari formalità costitutive (es. brevettazione o registrazione, necessarie invece per la tutela delle invenzioni, dei modelli o dei marchi). Il deposito di cui all'art. 103 della legge sul diritto d'autore ha una funzione di pubblicità-notizia, in quanto fa fede, fino a prova contraria, dell'esistenza dell'opera e della sua pubblicazione.

Il Codice, inoltre, recependo all'art. 44, co. 1, il terzo comma dell'art. 17 della l. n.

273/2002, ha abbreviato la durata della protezione di diritto d'autore, portandola da settanta a nni a venticinque anni dalla morte dell'autore.

È stata infine riprodotta tra le disposizioni transitorie del Codice una norma, l'art. 239, già prevista dall'art. 25-bis del D. Lgs. n. 95/2001, che posterga l'entrata in vigore della protezione di diritto d'autore per dieci anni a partire dal 19 aprile 2001. La norma specifica, inoltre, rispetto a quanto previsto dal decreto 95, che la protezione per diritto d'autore non può essere fatta valere non solo quando il disegno o modello sono stati oggetto di un brevetto scaduto ma anche quando essi non sono stati oggetto di alcun brevetto.

2.2.4. Le invenzioni (Sezione IV).

La disciplina dei brevetti per invenzioni ha subito alcune modifiche rispetto a quanto previsto dalla legge invenzioni (RD n. 1127/1939).

Una prima novità attiene al recepimento all'art. 61, co. 4 e 5, dell'art. 8 del decreto legge n.

63/2002 (convertito con la legge n. 112/2002) relativo ai certificati complementari di protezione (CCP). La norma prevede al quarto comma l'abbreviazione della durata del CCP pari a sei mesi per ogni anno solare a partire dal 1° gennaio 2004 fino a che la durata del CCP corrisponda alla durata prevista dal regolamento comunitario n. 1768/1992 (15 anni). Il comma 5 consente inoltre alle aziende che intendano produrre specialità farmaceutiche al di fuori della copertura brevettuale di avviare la procedura di registrazione del prodotto contenente il principio attivo un anno prima della scadenza del CCP.

(6)

La disciplina dei CCP è completata dalla norma dell'art. 81 che regola il regime delle licenze volontarie sui principi attivi mediate dal Ministero delle Attività Produttive. La norma, in particolare, consente ai soggetti terzi che intendano produrre per l'esportazione principi attivi coperti da CCP di avviare con i titolari di tali certificati una procedura per il rilascio di licenze volontarie non esclusive a titolo oneroso. La procedura, che ha carattere amministrativo, si svolge presso il Ministero delle Attività Produttive. Le licenze concesse cessano di avere effetto allo scadere del CCP cui fanno riferimento.

Anche la disciplina delle invenzioni dei dipendenti e delle invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca è stata oggetto di revisione.

Quanto alle invenzioni dei dipendenti, l'art. 64 del Codice ha avuto un iter contrastato.

Inizialmente la Commissione ministeriale incaricata di redigere il Codice aveva proposto di sostituire le due fattispecie relative alle invenzioni di servizio ed alle invenzioni di azienda con un'unica ipotesi, caratterizzata dal fatto che l'invenzione fosse stata realizzata nell'esecuzione o nell'adempimento di un contratto o rapporto di lavoro o impiego. In questa ipotesi i diritti patrimoniali sarebbero spettati al datore di lavoro, mentre all'inventore dipendente avrebbe dovuto essere sempre e comunque corrisposto un equo premio. La disciplina delle invenzioni occasionali sarebbe invece rimasta immutata.

Questo approccio, fortemente criticato dalla Confindustria, è stato opportunamente abbandonato. Nella versione approvata del Codice l'art. 64 riproduce pertanto la vecchia disciplina degli artt. 23 e 24 della Legge Invenzioni.

Il Codice modifica invece con l'art. 65 la disciplina delle invenzioni realizzate da ricercatori pubblici, introdotta con la l. n. 383/2001 (art. 7, che aggiungeva un nuovo articolo, il 24-bis, alla Legge Invenzioni). Anche questa norma è stata oggetto di un percorso travagliato. Nella versione originaria la norma ribaltava l'impostazione dell'art. 7 della legge n. 383/2001, riconoscendo all'università o ente pubblico di ricerca il diritto di chiedere il brevetto per l'invenzione, da esercitare entro sei mesi dal momento in cui l'inventore comunicava l'ottenimento della sua invenzione. All'inventore spettava, invece, oltre al diritto morale, il diritto a percepire almeno il 30% dei profitti derivanti dallo sfruttamento dell'invenzione. La norma prevedeva inoltre, per il caso di inerzia dell'università, che se l'università non avesse brevettato l'invenzione entro 6 mesi dalla comunicazione del suo ottenimento da parte del ricercatore, tale facoltàsarebbe stata attribuita al ricercatore. Infine, se l'università aveva depositato una domanda di brevetto, ma non aveva iniziato entro tre anni lo sfruttamento dell'invenzione, il diritto di sfruttare (gratuitamente) l'invenzione tornava al ricercatore. La norma riconosceva poi un diritto di prelazione al ricercatore in relazione all'acquisto del brevetto, nel caso l'università o l'ente di ricerca, dopo l'ottenimento del brevetto, avessero deciso di venderlo sul mercato.

Questa impostazione, accolta favorevolmente dal mondo delle imprese, è stata però abbandonata. L'art. 65 riproduce pertanto integralmente l'art. 24-bis della Legge Invenzioni, con l'aggiunta di un comma, il quinto, che stabilisce che: "Le disposizioni del presente articolo non si applicano nelle ipotesi di ricerche finanziate, in tutto o in parte, da soggetti privati, ovvero realizzate nell'ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dall'università, ente o amministrazione di appartenenza del ricercatore". Quest'ultima disposizione esonera dall'applicazione della disciplina, così come sollecitato dalla Confindustria, tutte le ricerche finanziate o cofinanziate dalle imprese.

Il Codice prevede poi una disciplina transitoria per tutte le invenzioni conseguite successivamente alla data di entrata in vigore dell'art. 24-bis della legge invenzioni,

(7)

stabilendo, all'art. 243, che "1. La disciplina di cui all'articolo 65 del presente codice si applica alle invenzioni conseguite successivamente alla data di entrata in vigore dell'articolo 24-bis del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127, introdotto con legge 18 ottobre 2001, n. 383, nonché a quelle conseguite successivamente alla data di entrata in vigore del presente codice ancorché in dipendenza di ricerche cominciate anteriormente".

La norma ha il vantaggio di regolare i rapporti sorti nella vigenza dell'art. 24-bis, stabilendo l'applicazione a questi di una norma più favorevole alle imprese.

Altra modifica riguarda il tema delle licenze obbligatorie di brevetto. E' stato precisato, all'art. 72, co. 3, che la licenza obbligatoria non può essere concessa quando risulti che il richiedente abbia contraffatto il brevetto in malafede.

Infine, in materia di decadenza del brevetto per mancato pagamento delle tasse, è stata regolata la c.d. pregiudiziale amministrativa. L'art. 75 ha specificato che la decadenza del brevetto è subordinata all'osservanza del procedimento amministrativo che si conclude con l'annotazione dell'avvenuta decadenza nel registro dei brevetti e con la pubblicazione nel bollettino della notizia della decadenza. Questa precisazione è stata sollecitata dagli ambienti professionali allo scopo di rendere certa la circostanza, pregiudiziale rispetto alla dichiarazione di decadenza, del mancato pagamento delle tasse.

2.3. La tutela giurisdizionale dei diritti di proprietà industriale (Capo III).

Il Codice della proprietà industriale innova significativamente sul fronte della tutela giurisdizionale, prevedendo una disciplina unica per tutti i diritti di proprietà industriale.

Mentre le leggi speciali precedentemente in vigore contenevano ognuna norme specifiche in tema di tutela giurisdizionale applicabili ai diversi titoli di proprietà industriale ed intellettuale, le regole sulla tutela giurisdizionale sono state, infatti, adesso inserite in un unico Capo del Codice: il III.

Questa unificazione ha comportato la necessità di coordinare le norme esistenti, il che ha richiesto alcune modifiche rispetto alla precedente disciplina, modifiche sulle quali ci soffermeremo nel seguito.

2.3.1. Le nuove norme di procedura (Sezione I).

Da un punto di vista generale, va innanzitutto segnalata la modifica delle norme di procedura.

Già la legge n. 273/2002, che conteneva la delega per la redazione del Codice, aveva disposto all'art. 16 l'istituzione di sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso alcuni Tribunali. Tale norma è stata recepita al comma 3 dell'art.

134 del Codice, che stabilisce che a tutte le controversie di cui al comma 1 siano devolute alla cognizione delle sezioni specializzate.

Il comma 1 menziona, in particolare, i "(...) procedimenti giudiziari in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale, con esclusione delle sole fattispecie che non interferiscono neppure indirettamente con l'esercizio dei diritti di proprietà industriale, nonchè in materia di illeciti afferenti l'esercizio di diritti di proprietà industriale ai sensi della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e degli articoli 81 e 82 del Trattato UE (...)".

Il terzo comma prevede inoltre che alle sezioni specializzate siano devolute altresì le controversie in tema di "indennità di espropriazione dei diritti di proprietà industriale (...)" .

(8)

La competenza delle sezioni specializzate si estende a tutte le controversie attinenti i diritti disciplinati dal Codice, quindi i marchi, i disegni e modelli, le indicazioni geografiche e di origine, i segreti industriali, le topografie dei prodotti a semiconduttori, i brevetti per invenzione, i modelli di utilità, le varietà vegetali. La norma prevede, inoltre, che a tali sezioni siano devolute anche le controversie in materia di concorrenza sleale, escluse quelle che non interferiscono neanche indirettamente con l'esercizio dei diritti di proprietà industriale. A questo proposito si ritiene rientrino nella competenza delle sezioni specializzate le controversie sull'applicazione dei nn. 1 e 2 dell'art. 2598 cod. civ. relativi alla concorrenza sleale per confusione (si pensi alla confusione creata dall'uso di nomi e segni distintivi altrui, all'imitazione servile di un prodotto, piuttosto che alla denigrazione o comparazione, quando questa abbia ad oggetto ad esempio marchi o brevetti o, ancora, modelli altrui). Quanto al n. 3 dell'art. 2598 rientrano nella competenza delle sezioni specializzate alcune controversie relative alla concorrenza parassitaria o all'abuso di segreti o ancora alla concorrenza dell'ex dipendente o collaboratore o allo storno dei dipendenti, ma soltanto quando queste fattispecie implichino l'utilizzo abusivo di diritti di proprietà industriale.

La norma menziona inoltre le controversie in materia di illeciti afferenti l'esercizio i diritti di proprietà industriale ai sensi della legge n. 287/1990 e degli artt. 81 e 82 del Trattato UE quando queste siano devolute alla competenza del giudice ordinario. La legge n. 287/1990 e gli artt. 81 e 82 del Trattato UE contengono disposizioni in materia di concorrenza e, in particolare, sulle intese restrittive della concorrenza e sugli abusi di posizione dominante (la legge n. 287/1990 contiene altresì la disciplina delle operazioni di concentrazione, la quale non è però interessata dal provvedimento in esame).

Sono devolute alle sezioni specializzate anche le controversie relative all'applicazione degli artt. 64 e 65, in materia di invenzioni dei dipendenti, che la vecchia legge brevetti attribuiva invece alla competenza del giudice del lavoro (co. 3).

A tutte le menzionate controversie la no rma prevede (co. 1) l'applicazione del nuovo rito societario, introdotto e disciplinato dal D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5.

Questa previsione mira a rendere più rapida la definizione delle controversie affidate alla competenza delle sezioni specializzate. Come noto, il rito societario prevede una concentrazione dei procedimenti ed una riduzione dei termini processuali.

E' infine previsto che le nuove norme sul rito societario entrino in vigore sei mesi dopo l'entrata in vigore del Codice (art. 245, co. 1).

2.3.2. Disposizioni processuali (Sezione I).

Il Codice introduce alcune importanti novità in materia di azioni a tutela dei diritti di proprietà industriale.

Con riguardo all'azione di rivendicazione a tutela dell'appartenenza, l'art. 118 prevede che non siano rivendicabili i diritti di proprietà industriale non incorporati in un titolo costitutivo perché per essi non è configurabile l'intestazione o il trasferimento in capo all'avente diritto. Secondo questa formulazione l'azione non dovrebbe applicarsi ai c.d.

diritti non titolati di proprietà industriale di cui abbiamo detto al § 2.2.1. della presente Circolare. Lo stesso legislatore non esclude tuttavia, come specificato dalla Relazione (§

14), un'applicazione analogica dell'art. 118.

Il Codice contempla, inoltre, all'art. 119 un'unica disciplina dell'azione a tutela della paternità per tutti i diritti di proprietà industriale.

(9)

L'art. 120 prevede uguali criteri di collegamento ai fini della giurisdizione e della competenza per tutte le azioni in materia di proprietà industriale i cui titoli sono concessi o in corso di concessione. In particolare, la norma stabilisce che tali azioni si propongono davanti all'autorità giudiziaria italiana, qualunque sia la cittadinanza, il domicilio o la residenza delle parti (co. 1). Il co. 2 specifica poi che il giudice italiano competente è quello del luogo di residenza o domicilio del convenuto. Nei casi in cui il convenuto non sia domiciliato nè abbia la residenza in Italia, il giudice competente sarà quello di Roma. La norma attribuisce alle apposite sezioni specializzate dei Tribunali istituite con il D. Lgs. n.

168/2003 la competenza in materia di diritti di proprietà industriale (co. 4).

Unica è anche la disciplina della ripartizione dell'onere della prova nel giudizio di nullità o di decadenza del titolo di proprietà industriale e nel giudizio di contraffazione (art. 121).

In particolare, è previsto che l'onere di provare la nullità o la decadenza del titolo di proprietà industriale incomba a chi impugna il titolo. L'onere di provare la contraffazione incombe invece al titolare del diritto (co. 1).

In tema di azioni dirette ad ottenere la dichiarazione di decadenza o di nullità di un titolo di proprietà industriale è stata mantenuta la legittimazione attiva del Pubblico Ministero, già prevista dalle precedenti leggi speciali, ma è stata esclusa l'obbligatorietà del suo intervento nelle controversie fra privati (art. 122, co. 1). L'art. 123 ha previsto l'efficacia erga omnes della sentenza dichiarativa della nullità o della decadenza.

2.3.3. Misure contro la pirateria (Sezione II).

Il Codice prevede agli artt. 144 ss. una serie di misure per contrastare le attività di pirateria e contraffazione. Tali norme non introducono novità significative in quanto riproducono quanto già previsto dagli artt. 72 ss. della Legge Finanziaria per il 2004.

2.4. Istituzioni e risorse per la gestione della proprietà industriale (Capo VII).

Altra innovazione apportata al sistema della gestione della proprietà industriale riguarda l'ampliamento delle risorse di cui può avvalersi l'Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali. L'art. 224, co. 1, stabilisce, infatti, in tema di risorse finanziarie, che l'UIBM assolva ai propri compiti ed al finanziamento della ricerca di anteriorità anche tramite i corrispettivi direttamente riscossi per i servizi resi in materia di proprietà industriale. Inoltre, è stabilito al terzo comma che l'UIBM possa provvedere all'assolvimento dei propri compiti anche con i versamenti ed i rimborsi evetualmente effettuati da organismi internazionali di proprietà industriale ai quali l'Italia partecipa e con ogni altro provento derivante dalla sua attività.

La norma è migliorativa rispetto al sistema attuale, ma tuttavia non introduce il principio dell'autonomia patrimoniale e finanziaria dell'Ufficio, a lungo sostenuto dalla Confindustria, secondo il quale l'UIBM dovrebbe finanziarsi mediante le tasse riscosse in occasione della concessione e del mantenimento dei diritti di proprietà industriale, principio che in una versione precedente del Codice era stato in parte accolto.

* * * * *

Il Codice contiene, infine, norme dedicate alle modalità di acquisto e mantenimento dei diritti di proprietà industriale ed alle relative procedure, alle procedure speciali ed all'ordinamento professionale. Tali norme non introducono novità significative e sostanziali rispetto alla disciplina precedente.

Riferimenti

Documenti correlati

gli oggetti della brevettazione; ii requisiti di novità, requisiti di novità, attività inventiva e sufficiente descrizione; il attività inventiva e sufficiente descrizione; il

Con tale esercizio la Commissione intende valutare se le norme sugli aiuti di Stato siano ancora "idonee allo scopo" tenendo conto degli obiettivi generali SAM, degli

L'età dei metalli è il periodo storico in cui gli uomini iniziarono la lavorazione dei metalli per costruire i primi utensili, abbandonando progressivamente l'utilizzo della

leggiante una piccola dinamo, avvisò ad inserire nella linea elettrica un quid regolatore dell’energia. Egli ricorse a delle bacinelle elettrolitiche che furono intercalate fra

Con legge n. 160 del 27.12.2019, meglio conosciuta come “Finanziaria 2020” il legislatore ha introdotto numerose novità di carattere fiscale, introducendo alcune

[r]

Le nuove disposizioni in materia di IRPEF sono già applicabili in sede di effettuazione delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e assimilati relativi al periodo

• Per acquisire validità, il brevetto EU concesso deve essere validato, attraverso una procedura di registrazione in ciascuno degli stati di interesse.. La domanda PCT