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Indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro

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Academic year: 2022

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Commissione XI (Lavoro pubblico e privato)

Indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro

Memoria della Banca d’Italia

Camera dei Deputati Roma, 23 luglio 2021

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Tutti gli episodi recessivi tendono a colpire più duramente le persone con un basso livello di competenze, poca esperienza lavorativa, o in cerca di un impiego; le caratteristiche peculiari della crisi connessa con la pandemia di Covid-19 hanno reso le conseguenze ancora più avverse per i segmenti più deboli della forza lavoro. Nell’immediato, la marcata espansione di bilancio ha permesso di limitare le ricadute negative sul reddito disponibile delle famiglie e sulla sua distribuzione. Alcuni degli effetti della pandemia potranno continuare a manifestarsi anche nel medio periodo; se non contrastati, potrebbero aumentare le disuguaglianze.

1. Pandemia e disuguaglianze nel mercato del lavoro

Nel confronto con le due recessioni precedenti (la Grande recessione globale e la crisi europea dei debiti sovrani) la composizione settoriale del calo dell’occupazione durante la crisi pandemica è stata decisamente squilibrata verso i settori a basso salario. Il calo dell’attività e della domanda connesso con le misure di distanziamento sociale e con i timori di contagio ha interessato in modo particolare i settori dei servizi di cura della persona, il turismo, le attività ricreative e i trasporti. Si tratta di comparti caratterizzati da una minore produttività e che richiedono minori competenze ai lavoratori impiegati;

di conseguenza offrono carriere meno stabili e retribuzioni più basse.

Le possibilità di lavorare a distanza sono state maggiori per le occupazioni del terziario avanzato, caratterizzate invece da retribuzioni più alte e posizioni lavorative stabili. Secondo i risultati di una ricerca che ha riguardato i lavoratori europei e statunitensi la quota di impieghi telelavorabili è tre volte più elevata nel quinto più alto della distribuzione salariale che in quello più basso1.

In Italia, prima della pandemia, il lavoro a distanza era meno diffuso che negli altri paesi avanzati. Nel 2020 si è registrata una crescita molto marcata in tutti i settori; nei comparti dell’informazione e comunicazione e

1 Basso, G., T. Boeri, A. Caiumi, M. Paccagnella (2021) The New Hazardous Jobs and Worker Reallocation, OECD WP, 246.

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delle attività finanziarie e assicurative, il lavoro agile ha interessato più della metà dei lavoratori (Figura 1). Dopo il forte aumento registrato all’inizio della pandemia, la quota di lavoratori a distanza – mediamente più alta tra le donne e tra gli individui più istruiti – è rimasta elevata anche nei periodi di diminuzione dei contagi e di riapertura delle scuole (Figura 2), facendo ipotizzare che la quota di lavoratori da remoto possa restare su livelli di gran lunga superiori a quelli osservati nel 2019 anche dopo la piena ripresa dell’attività. I lavoratori da remoto hanno potuto lavorare più ore (6 per cento) rispetto ai colleghi in presenza con caratteristiche simili; ciò ha permesso loro di percepire retribuzioni più elevate, anche perché sono stati meno coinvolti dal collocamento in Cassa Integrazione Guadagni2. Anche la probabilità di cercare un nuovo impiego o quella, percepita, di poter perdere quello attuale entro i sei mesi successivi sono state significativamente inferiori per i lavoratori da remoto.

Infine la crisi ha avuto ripercussioni più marcate sull’occupazione autonoma e su quella dipendente a termine, che su quella dipendente a tempo indeterminato. Secondo i conti nazionali nel primo trimestre del 2021 il numero di occupati autonomi era del 5 per cento inferiore rispetto a un anno prima, accelerando una tendenza in atto da tempo. Il calo tra i dipendenti è stato più contenuto (-2,1 per cento) e si è concentrato nella componente a tempo determinato, in cui maggiore è l’incidenza di giovani, donne e stranieri.

Le posizioni a tempo indeterminato sono state maggiormente tutelate dal potenziamento degli schemi di integrazione salariale, la cui copertura è stata resa temporaneamente universale e priva di costi per i datori di lavoro, e dall’introduzione del blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo3; la riduzione dell’input di lavoro ha pertanto riguardato prevalentemente le ore lavorate per addetto (-8,2 per cento nel 2020).

La marcata differenziazione degli effetti della crisi sulle diverse tipologie di impiego si è riflessa sulle aspettative dei lavoratori riguardo la probabilità di perdere il proprio lavoro. Secondo l’Indagine Straordinaria sulle Famiglie (ISF), condotta dalla Banca d’Italia tra novembre 2020 e aprile 2021, tale

2 Depalo, D. e F. Giorgi (2021) Il lavoro da remoto in Italia durante la pandemia: i lavoratori del settore privato, “Nota Covid-19”, Banca d’Italia.

3 I licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, anche detti “economici”, sono cessazioni del rapporto di impiego promosse dal datore di lavoro per ragioni inerenti all'attività produttiva; non dipendono pertanto dalla condotta del lavoratore. Per un’analisi degli effetti del blocco, cfr. Viviano, E. (2020) Alcune stime preliminari degli effetti delle misure di sostegno sul mercato del lavoro, “Nota Covid-19”, Banca d’Italia, e le successive valutazioni nella Relazione Annuale sul 2020 della Banca d’Italia.

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probabilità, riferita ai dodici mesi successivi alla raccolta dell’informazione, è stata considerata molto elevata dai dipendenti a tempo determinato (40 per cento) e meno da autonomi e dipendenti a tempo indeterminato (20 e 15 per cento, rispettivamente; Figura 3).

La combinazione di tutti i fattori sopra considerati ha generato una marcata divaricazione nelle dinamiche occupazionali, che sono risultate nettamente più sfavorevoli per i giovani, i meno istruiti e gli immigrati:

nell’ultimo trimestre del 2020, rispetto a un anno prima, il calo del tasso di occupazione è stato pari a 2,9 punti percentuali per i lavoratori con meno di 35 anni e a 0,6 per gli altri; ha raggiunto 1,1 punti per quelli non laureati, contro 0,3 per i laureati; si è attestato a 3,5 punti tra i cittadini stranieri e a 0,5 per quelli italiani (Tavola 1). L’occupazione femminile, più concentrata in impieghi precari, si è contratta in modo più marcato rispetto a quella degli uomini nelle fasi più acute della crisi, recuperando poi nelle fasi di ripresa.

L’offerta di lavoro si è ridotta in modo simile per entrambi i sessi. Tuttavia, tra le donne inattive, è aumentato significativamente (90.000 unità) il numero di quelle che dichiarano di non poter accettare un impiego a causa della gestione dei carichi familiari, incrementati durante la pandemia.

2. Le ripercussioni sui redditi familiari

Il reddito lordo delle famiglie si è ridotto del 2,8 per cento nel 2020 (Tavola 2); al significativo calo (-8,4 per cento) dei redditi da lavoro, che rappresentano i quattro quinti del totale, si è sommato quello, meno marcato, dei redditi netti da proprietà (-2,9 per cento). Il calo dei redditi familiari sarebbe stato di 4 punti superiore in assenza dei trasferimenti, di cui, secondo i dati dell’ISF, hanno beneficiato quattro nuclei su dieci nei primi tredici mesi di pandemia.

Gli effetti eterogenei della pandemia sul mercato del lavoro hanno alimentato le disuguaglianze di reddito tra i nuclei familiari; tale tendenza, tuttavia, è stata contrastata dal sistema di ammortizzatori sociali, per il quale sono state stanziate ingenti risorse addizionali (28,4 miliardi, pari al 1,7 per cento del PIL nel 20204) al fine di estenderne temporaneamente sia i margini di utilizzo sia la copertura a categorie altrimenti prive di protezione.

4 L’ammontare riguarda le sole misure di sostegno dei lavoratori e non quelle destinate ai nuclei familiari in difficoltà, come ad esempio il Reddito di emergenza.

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Simulazioni relative al primo semestre del 20205 e al solo reddito da lavoro6 indicano che senza gli ammortizzatori sociali7 le perdite medie di reddito equivalente8 sarebbero state particolarmente elevate per i nuclei che prima della pandemia appartenevano al quinto più povero della distribuzione (quasi il 15 per cento, contro circa il 9 per i nuclei del quinto più alto; Figura 4). Circa una famiglia su quattro avrebbe avuto perdite di reddito superiori al 15 per cento; la quota sarebbe stata massima (33 per cento) tra le famiglie con redditi medio-bassi e più contenuta, ma comunque superiore al 15 per cento, in tutte le altre (Figura 5).

Le simulazioni mostrano che:

• in assenza di ammortizzatori, la disuguaglianza del reddito da lavoro equivalente, misurata dall’indice di Gini, sarebbe salita al 38,8 per cento, dal 34,8 nella media del 2019, trainata dall’aumento del numero delle famiglie prive di reddito. L’incremento della disuguaglianza sarebbe stato significativamente maggiore di quello osservato nell’intero arco delle due precedenti recessioni (3,1 punti percentuali tra il 2009 e il 2014).

• gli ammortizzatori sociali ordinari avrebbero ridotto gli effetti distributivi della pandemia, senza tuttavia annullarli: l’impatto della crisi sarebbe rimasto relativamente più forte per i nuclei più poveri e l’indice di Gini sarebbe stato pari a 35,7 per cento.

• i sussidi straordinari introdotti con i decreti “cura Italia” e “rilancio”

avrebbero completamente compensato questo residuo aumento della disuguaglianza, favorendo in modo preponderante i nuclei familiari collocati

5 Carta, F. e M. De Philippis (2021), The impact of the COVID-19 shock on labour income inequality:

Evidence from Italy. Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 606, 2021. L’analisi riguarda i nuclei con persona di riferimento in età da lavoro e che non percepiscono redditi da pensione.

6 La misura di reddito da lavoro riferita al quarto trimestre del 2019 è ottenuta seguendo la metodologia sviluppata in F. Carta, Timely indicators for inequality and poverty using the Italian Labour Force Survey, Social Indicators Research, 149, 2019, pp. 41-65, pubblicato anche in Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 503, 2019. In particolare la stima si avvale dell’informazione, disponibile nell’RFL, sulle retribuzioni mensili nette per i lavoratori dipendenti e sulle ore lavorate degli occupati;

il dato per gli autonomi è invece ottenuto mediante imputazione.

7 L’esercizio considera solo gli ammortizzatori sociali (indennità di disoccupazione, cassaintegrazione guadagni, ulteriori indennità per lavoratori autonomi e stagionali), ma non gli strumenti rivolti al contrasto della povertà (Reddito di cittadinanza, Reddito di emergenza).

8 Il reddito equivalente è pari al rapporto tra il reddito da lavoro complessivamente percepito da un nucleo familiare e un coefficiente che tiene conto del numero di componenti del nucleo stesso (si attribuisce valore 1 alla persona di riferimento, 0,5 ai familiari con almeno 14 anni, 0,3 a quelli con meno di 14 anni).

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nel primo quinto della distribuzione del reddito da lavoro equivalente nel 2019. Includendo questi trasferimenti il reddito equivalente sarebbe calato meno nelle famiglie che prima della pandemia erano nel quinto più povero (2,1 per cento) che in quello con redditi più elevati (5,3 per cento). Una volta che si tenga conto del mutamento delle posizioni relative delle famiglie lungo la distribuzione dei redditi, l’indice di Gini sarebbe rimasto sostanzialmente analogo a quello osservato nel 2019; anche la quota di individui che vivono in nuclei senza reddito sarebbe rimasta su livelli simili a quelli pre-pandemia.

Sebbene l’indice di Gini calcolato sui redditi inclusivi degli ammortizzatori ordinari e straordinari rimanga stabile sul livello pre-pandemia, per diversi nuclei si verificano comunque variazioni della posizione reddituale relativa dovute alla diversa entità dei trattamenti in rapporto alla perdita subita (cfr. la Figura 6, che mostra la mobilità tra quinti di reddito). La presenza di indennizzi in cifra fissa per i lavoratori autonomi tende a far migliorare la posizione relativa dei nuclei che prima della pandemia avevano redditi medio-bassi; la stessa tendenza si osserva anche per i lavoratori dipendenti, ma è meno marcata dato che per loro gli ammortizzatori sono proporzionali alla retribuzione perduta fino al raggiungimento di determinate soglie.

I risultati delle simulazioni indicano che nello scenario senza ammortizzatori il calo del reddito da lavoro medio nel primo semestre del 2020 avrebbe riguardato soprattutto i lavoratori occupati a tempo determinato e quelli autonomi. Nello scenario che considera i soli ammortizzatori ordinari la perdita per i dipendenti sarebbe stata significativamente minore, principalmente grazie alla disponibilità del sussidio di disoccupazione, mentre sarebbe rimasta invariata quella per gli autonomi, in gran parte non tutelati da questi ammortizzatori. Nel terzo scenario, infine, l’effetto dei nuovi strumenti introdotti dai decreti “cura Italia” e “rilancio” sarebbe particolarmente elevato per i lavoratori indipendenti, beneficiari di sussidi specifici.

Il deterioramento delle condizioni economiche e la maggiore incertezza hanno contribuito per circa due terzi al calo senza precedenti dei consumi delle famiglie (10,7 per cento nel 2020)9; la restante parte è attribuibile alla

9 Ercolani, V., E. Guglielminetti e C. Rondinelli, Fears for the future: saving dynamics after the Covid-19 outbreak, Banca d’Italia, “Note Covid-19”; Guglielminetti, E. e C. Rondinelli, “Consumption and saving patterns in Italy during Covid-19”, Questioni di Economia e Finanza, 620, 2021.

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compressione di alcune spese dovuta alla riduzione dei contatti sociali per via della peculiare natura sanitaria della crisi.

In queste condizioni eccezionali l’interpretazione dell’indicatore di povertà assoluta, basato sulla spesa per consumi, richiede cautela. La quota di famiglie in questa condizione – ossia quelle le cui spese sono inferiori a una soglia prefissata pari al valore di un paniere di beni e servizi ritenuti socialmente essenziali – è salita di 1,3 punti percentuali al 7,7 per cento, raggiungendo il valore massimo dall’inizio della serie storica nel 200510. Tuttavia, alcune famiglie potrebbero esser rimaste al di sotto di tale soglia per la decisione, forzata o meno, di non effettuare alcune spese a causa della condizione sanitaria, indipendentemente dalle disponibilità economiche11.

Allo stesso tempo l’incidenza della povertà relativa12 è scesa al 10,1 per cento dall’11,4 del 2019, in quanto la soglia di povertà basata sulla spesa media è diminuita avendo le famiglie meno abbienti ridotto la propria spesa, già schiacciata sui consumi essenziali, meno di quanto fatto dalle famiglie più benestanti.

3. Le tendenze di medio periodo

Sebbene nel breve periodo la decisa espansione di bilancio sia stata efficace nel limitare le ripercussioni della crisi sul livello e sulla distribuzione del reddito disponibile, le aspettative delle famiglie – in particolare di quelle già in difficoltà prima della pandemia – rimangono caute. Secondo i risultati dell’ISF nell’aprile scorso circa un sesto dei nuclei familiari prevedeva una flessione del reddito nella media del 2021; la quota era pari al 22 per cento tra quelli che dichiaravano di essere in difficoltà economiche già prima dell’emergenza sanitaria.

10 Istat (2021), Le statistiche Istat sulla povertà. L’incidenza è cresciuta sia tra le famiglie composte da soli italiani (6,0 per cento da 4,9) sia, in misura particolarmente marcata, tra quelle dove almeno un componente ha origine straniera (25,3 per cento da 22,0). Queste ultime sono penalizzate dai requisiti stringenti di durata della residenza per l’accesso al Reddito di cittadinanza, cfr. Curci, N., G. Grasso, P. Recchia e M. Savegnago (2020), Anti-poverty measures in Italy: a microsimulation analysis. Banca d’Italia, Temi di Discussione, 1298.

11 Rosolia, A. Le misure di povertà durante la pandemia, lavoce.info, 15 marzo 2021.

12 Per una famiglia di due componenti, la soglia di povertà relativa è pari alla spesa media per persona nel Paese. Per famiglie di ampiezza diversa, il valore della soglia si ottiene applicando un’opportuna scala di equivalenza.

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Alcuni degli effetti della pandemia potranno continuare a manifestarsi anche nel medio periodo, probabilmente aumentando le disuguaglianze13. Il maggior ricorso al telelavoro e, più in generale, l’accresciuto ruolo delle interazioni online rispetto a quelle in presenza, rappresentano cambiamenti strutturali presenti in nuce che hanno subìto una brusca accelerazione durante la pandemia. Tali cambiamenti avranno ricadute di ampia portata sulla domanda di lavoro nei diversi settori e, all’interno di ciascun settore, tra diverse mansioni, combinandosi con i fattori di cambiamento strutturale operanti già prima della pandemia (progresso tecnologico, globalizzazione).

I lavoratori con minore capitale umano potrebbero essere più esposti alle conseguenze di tali cambiamenti perché meno in grado di ricollocarsi nel mercato del lavoro, soprattutto nel caso in cui si realizzi una estesa ricomposizione settoriale14. Il calo del numero degli occupati avvenuto nel corso del 2020 ha già riguardato in modo particolare le persone con basse competenze e il tasso di disoccupazione è diminuito solo per effetto di una riduzione ancor più significativa della loro offerta di lavoro.

I dati più recenti lasciano intravedere tuttavia segnali positivi. Il robusto recupero dell’occupazione dipendente iniziato nella tarda primavera15 (Figura 7) è stato trainato dalla ripresa dei settori che più hanno sofferto durante la crisi (commercio e turismo) e che impiegano normalmente lavoratori a più bassa qualifica. Con il consolidarsi della ripresa, l’aumento delle opportunità di impiego potrà ridurre il rischio che periodi di inattività prolungati possano innescare un circolo vizioso che alimenta lo scoraggiamento e comprime l’offerta di lavoro in modo persistente. Il potenziamento delle politiche attive, previsto dal PNRR, dovrà accompagnare la ricollocazione dei lavoratori dai settori destinati a ridimensionarsi, verso quelli in espansione.

Un altro aspetto critico è legato agli effetti della crisi da Covid-19 sui più giovani: episodi di non occupazione comportano la perdita di formazione sul posto di lavoro, un ingrediente centrale per la crescita professionale all’inizio della carriera lavorativa. A questo si aggiunge il rischio che l’utilizzo diffuso della didattica a distanza possa aver danneggiato in modo particolare gli

13 Stantcheva, S. (2021), Inequalities in times of a pandemic, Economic Policy, in corso di pubblicazione.

14 G. Basso, A. Grompone e F. Modena, The (little) reallocation potential of workers most hit by the Covid-19 crisis, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 597, 2021.

15 Banca d’Italia e Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Il mercato del lavoro: dati e analisi. Le Comunicazioni obbligatorie, 4, 2021.

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studenti provenienti da contesti più svantaggiati, con ridotte possibilità di sopperire alle mancate ore di istruzione formale.

Secondo i risultati di un’analisi recente16 condotta sui dati ISF relativi a marzo 2021, tra i genitori degli alunni iscritti alle scuole elementari e medie il tempo dedicato all’aiuto dei figli è aumentato in modo simile, indipendentemente dal contesto socio-economico della famiglia; il supporto agli studenti più grandi è stato fornito in misura maggiore dai genitori con titoli di studio superiori (Figura 8).

Le ricadute sugli apprendimenti sono state tangibili, come evidenziano i risultati dei test INVALSI per l’anno scolastico 2020-2117. Mentre la protratta sospensione della didattica in presenza non ha avuto conseguenze particolarmente negative sugli apprendimenti degli alunni della scuola primaria, nelle scuole medie e superiori è invece aumentata la quota di studenti che non possiede un livello adeguato di competenze in italiano e matematica; l’incremento è stato maggiore tra gli studenti che provengono da contesti familiari svantaggiati.

Infine, la crisi pandemica ha reso evidente la frammentazione del nostro sistema di welfare, frutto della stratificazione di provvedimenti normativi disorganici. In assenza di massicci interventi straordinari, alcune categorie di lavoratori non avrebbero avuto accesso a nessuna forma di sostegno.

Il maggiore utilizzo del telelavoro renderà in futuro sempre meno delineati i confini tra le prestazioni di lavoro dipendente, dotate di ammortizzatori parametrati alla retribuzione e alla durata della prestazione lavorativa, e quelle di lavoro autonomo, per le quali le protezioni ordinarie sono inferiori o assenti (un’assenza che riflette anche le difficoltà oggettive che possono ostacolare la verifica della sussistenza delle condizioni che dovrebbero consentire l’accesso a forme di protezione per questa categoria di lavoratori).

Per adattarsi a questi cambiamenti, il sistema di protezione sociale dovrà essere razionalizzato e reso più inclusivo, facendo anche leva su una gestione integrata delle basi dati al fine di individuare in modo efficiente le persone ritenute meritevoli di sostegno.

16 Bovini, G. e M. De Philippis (2021) Alcune evidenze sulla modalità di svolgimento della didattica a distanza e sugli effetti per le famiglie italiane, “Nota Covid-19”, Banca d’Italia.

17 INVALSI (2021), Rilevazioni Nazionali degli apprendimenti 2020-21.

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FIGURE E TAVOLE

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Figura 1

Quota dei dipendenti in telelavoro per settore

(valori percentuali)

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

2019 2020 2019 2020 2019 2020 2019 2020 2019 2020 2019 2020 2019 2020 2019 2020 2019 2020 Industria in

senso stretto Costruzioni Commercio Alberghi e

ristorazione Trasporti e

logistica Informazione e

comunicazione Finanza e

asicurazione Immobiliare e servizi per le imprese

Altri servizi, servizi alle

persone No Telelavoro Telelavoro

Fonte: elaborazioni su dati Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro.

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Figura 2

Utilizzo del lavoro a distanza nel 2020 per tipologia di lavoratore

(valori percentuali rispetto al numero di dipendenti totali in ciascuna tipologia)

(a) genere (b) livello di istruzione

0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0 12,0 14,0 16,0 18,0

1° trim. 2° trim. 3° trim. 4° trim.

2020 uomini donne

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 45,0

1° trim. 2° trim. 3° trim. 4° trim.

2020

laurea diploma di scuola superiore licenza media

Fonte: elaborazioni su dati Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro.

Figura 3

Probabilità attesa di perdere l’impiego dopo 12 mesi

(valori percentuali)

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

Dipendenti T. Ind. Dipendenti T. Det. Indipendenti Novembre 2020 Febbraio 2021 Aprile 2021

Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Indagine Straordinaria sulle famiglie, edizioni 3, 4 e 5.

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Figura 4

Perdite di reddito da lavoro nel primo semestre del 2020 rispetto al quarto trimestre del 2019;

famiglie, per quinti del reddito da lavoro equivalente pre-pandemia

(variazioni percentuali)

-16 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2

0 1 2 3 4 5

senza ammortizzatori ammortizzatori ordinari

ammortizzatori ordinari e straordinari Covid-19

Fonte: elaborazioni su dati Rilevazione sulle forze di lavoro. Il grafico riporta le perdite percentuali medie stimate del reddito da lavoro per le famiglie con almeno una persona occupata nel quarto trimestre del 2019; le famiglie sono distinte per quinti del reddito da lavoro equivalente pre-pandemia (quarto trimestre del 2019).

Figura 5

Quota di nuclei con perdite di reddito di lavoro equivalente superiori al 15 per cento nel primo semestre del 2020 rispetto al quarto trimestre

del 2019 per quinti del reddito da lavoro equivalente pre-pandemia

(variazioni percentuali)

0 5 10 15 20 25 30 35

1 2 3 4 5

Senza ammortizzatori Ammortizzatori ordinari Ammortizzatori ordinari e straordinari covid

Fonte: elaborazioni su dati Rilevazione sulle forze di lavoro. Il grafico riporta la quota dei nuclei con perdite del reddito da lavoro equivalente superiori al 15 per cento; le famiglie sono distinte per quinti del reddito da lavoro equivalente pre-pandemia (quarto trimestre del 2019).

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Figura 6

Probabilità di transizione dei nuclei familiari tra quinti della distribuzione del reddito di lavoro equivalente; periodo compreso tra il quarto trimestre

del 2019 e il primo semestre del 2020

1 2 3 4 5

1 2 3 4 5

Quinto con ammortizzatori ordinari e straordinari

Quinto prima della pandemia Dipendenti Autonomi Fonte: elaborazioni su dati Rilevazione sulle forze di lavoro. Sono esclusi i nuclei familiari senza redditi da lavoro o che hanno redditi sia di lavoro dipendente sia di lavoro autonomo. L’ampiezza della bolla è proporzionale alla probabilità di trovarsi nel primo semestre del 2020 nel quinto di reddito di lavoro equivalente, inclusivo di ammortizzatori ordinari e straordinari (asse delle ordinate) per ciascun quinto della distribuzione del reddito equivalente nel quarto trimestre del 2019 (asse delle ascisse).

Figura 7 Attivazioni nette nel settore privato

(migliaia di unità)

gen. feb. mar. apr. mag. giu. -400

-200 0 200 400 600 800

-400 -200 0 200 400 600 800

2021 2020 2019

Fonte: Ministero del Lavoro – Banca d’Italia, Il mercato del lavoro: dati e analisi. Le Comunicazioni obbligatorie; 2021:4.

Per attivazione netta si intende il saldo tra attivazioni e cessazioni di rapporti di lavoro. Non sono inclusi nei dati i seguenti settori: agricoltura, silvicoltura e pesca, le attività dove i datori di lavoro sono famiglie/convivenze o organizzazioni extra-territoriali, le attività dell’Amministrazione pubblica, della difesa e dell’assicurazione sociale obbligatoria, le attività dove la quota di datori di lavoro pubblici è elevata. Si escludono infine i rapporti di lavoro la cui sede è all’estero.

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Figura 8 Quota di famiglie che dichiara di aver aumentato

il tempo dedicato ad aiutare i figli con lo studio durante i periodi di DaD (punti percentuali)

0 10 20 30 40 50 60 70

Primaria e secondaria inferiore

Secondaria superiore

Percentulae

Titolo di studio della persona di riferimento:

No diploma di secondaria superiore Diploma di secondaria superiore Titolo di istruzione terziaria

Nota: elaborazioni sui dati della seconda, terza e quarta edizione dell’Indagine straordinaria presso le famiglie italiane (ISF) condotte dalla Banca d’Italia rispettivamente tra fine agosto e inizio settembre 2020, alla fine di novembre 2020 e a marzo 2021.

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Tavola 1 I tassi di occupazione nel corso della pandemia

(Valori percentuali, differenza rispetto al periodo corrispondente del 2019)

T1-2020 T2-2020 T3-2020 T4-2020

Totale (15-64 anni) 0,3 -1,9 -1,4 -0,8

Per genere        

Uomini 0,5 -1,6 -1,2 -1,0

Donne 0,0 -2,2 -1,5 -0,7

Per cittadinanza        

Italiana 0,5 -1,5 -1,0 -0,5

Straniera -1,4 -5,5 -4,3 -3,5

Per titolo di studio        

Inferiore alla laurea 0,1 -2,0 -1,4 -1,1

Laurea 0,3 -2,0 -1,6 -0,3

Per età        

Meno di 35 anni -0,1 -3,1 -1,5 -2,9

35-64 anni 0,1 -1,8 -1,4 -0,6

Fonte: elaborazioni su dati Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro.

Tavola 2 Reddito lordo disponibile e propensione al risparmio delle famiglie (1)

VOCI

Peso in % del reddito lordo disponibile delle famiglie nel 2020

2018 2019 2020

    Variazioni percentuali

Redditi da lavoro dipendente 60,3 3,3 2,0 -6,9

Redditi da lavoro autonomo (2) 22,9 1,5 0,3 -12,2

Redditi netti da proprietà (3) 21,6 -0,4 -1,3 -2,9

Prestazioni sociali e altri trasferimenti netti 37,5 1,8 3,6 10,8

di cui: prestazioni sociali nette 2,1 3,5 9,6

Contributi sociali netti (-) 23,4 4,1 2,9 -5,4

di cui: a carico del datore di lavoro 4,9 2,7 -5,4

Imposte correnti sul reddito e patrimonio (-) 18,9 0,6 3,3 -2,2

Reddito lordo disponibile 100,0 1,9 0,9 -2,8

Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat e Banca d’Italia.

(1) I dati si riferiscono al settore delle famiglie consumatrici. – (2) Redditi misti e redditi prelevati dai membri delle quasi-società. – (3) Risultato lordo di gestione (prevalentemente redditi da locazione), rendite nette dei terreni e dei beni immateriali, interessi effettivi netti, dividendi e altri utili distribuiti dalle società.

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Grafica a cura della Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia

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