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IL RUOLO DEL VETERINARIO

NELLA GESTIONE DELLA CRISI BSE

Maria Caramelli, Cristiana Maurella, Giuseppe Ru

Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta

SORVEGLIANZA DELLA BSE IN ITALIA

D

a quando è stato implementato il sistema di sorveglianza della BSE in Italia ad oggi, si è assistito alla comparsa della malattia, al suo incremento e al suo successivo decremento. Si è passati nel corso di questi quasi cinque anni da una prevalenza annuale di 1.07 casi per 10.000 test rapidi effettuati (2001) ad una di 0.16 casi per i primi 8 mesi del 2005. Sicuramente tale calo è da attribuire alla buona strutturazione dell’attività di sorveglianza in questi anni, oltre che naturalmente alla quasi scomparsa della principale fonte di esposizione alla malattia, i mangimi contenenti proteine animali infette. Fino a oggi, e con l’eccezione di qualche temporaneo cambiamento, il target verso cui era indirizzata l’attività di sorveglianza attiva (identificazione di casi di malattia attraverso l’esame diagnostico di laboratorio post mortem) consisteva in bovini di età superiore ai 30 mesi se regolarmente macellati e in animali superiori ai 24 mesi se facenti parte di una categoria considerata a rischio (morti, macellati d’urgenza, macellati per differita).

Questo sistema è riuscito da una parte a fornire indicazioni di carattere epidemiologico relativamente alla diffusione geografica della malattia, della sua evoluzione temporale e delle categorie animali soggette a maggior rischio, dall’altra e di conseguenza alla prima a fornire strumenti per valutare l’efficacia della misure via via applicate.

Il miglioramento della situazione in Italia è comune alla gran parte dei paesi europei ragione per cui è oggi possibile prendere in considerazione una modifica dell’attuale sistema di sorveglianza complessivo; in particolare ciò potrebbe realizzarsi nel breve e medio periodo attraverso una revisione dei criteri da adottare nelle tre principali attività in cui è stato finora suddiviso l’intero sistema.

Più precisamente, per quanto riguarda la sorveglianza in senso stretto, si può suggerire l’innalzamento dell’età degli animali regolarmente macellati da sottoporre a test sulla base della distribuzione dei tempi di incubazione della malattia (solo raramente la malattia è in grado di manifestarsi in capi al di sotto dei 42-48 mesi di età); la stessa attività routinaria si potrebbe concentrare sulle categorie di rischio non senza

l’adozione di misure parallele studiate per evitare vie di fuga (ad esempio mantenendo un campione casuale di regolarmente macellati per dissuadere chi volesse deviare verso questa categoria animali potenzialmente ammalati).

Per ciò che concerne il materiale specifico a rischio (SRM), sicuramente si può considerare la sua eliminazione la misura più incisiva nella lotta alla BSE.

Il miglioramento dell’andamento della malattia consente oggi (sempre sulla base di fondamenti scientifici) di innalzare l’età dei bovini dai quali eliminare obbligatoriamente la colonna vertebrale. Per gli altri organi a rischio non vi sono al momento basi scientifiche per intervenire su una modifica dell’attuale lista. Meno permissiva può permettersi di essere la nuova pianificazione nei confronti dei divieti relativi ai mangimi.

Ciò è motivato sia da ragioni di ordine tecnico (il metodo microscopico mal si adatta alla definizione di soglie di tipo quantitativo) sia di ordine generale per la mancanza di informazioni relative alla pericolosità di frazioni anche modeste di ingredienti infetti.

Nella sua ultima parte il nuovo piano per le TSE (Transmissible Spongiform Encephalopathies) proposto dalla Commissione Europea prende in considerazione la possibilità di procrastinare l’abbattimento dei bovini appartenenti alla coorte di nascita dei casi di malattia, ipotesi dalla quale gli autori si sentono di dissentire sia per motivi sanitari che per ragioni di natura commerciale.

I vantaggi mediatici connessi ad una politica improntata sulla sicurezza alimentare di massima tutela del consumatore sono molto più remunerativi dell’evitare l’abbattimento di alcuni bovini nei pochi focolai che si individuano nel nostro paese.

Tutta la revisione del sistema di sorveglianza porterebbe necessariamente alla formulazione di nuovi criteri per la categorizzazione dei Paesi Membri: a Maggio 2005 si è raggiunto un accordo di massima, da attuare entro il Luglio 2007, che prevede il passaggio dalle cinque vecchie categorie a tre nuove più elastiche per ciò che riguarda la possibilità di commercializzazione tra Stati membri.

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