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Le clausole vessatorie

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Le clausole vessatorie

written by Edizioni Simone | 28/06/2016

Le clausole vessatorie sono quelle clausole che apportano notevole vantaggio ad una parte contrattuale a svantaggio dell’altra; per questo motivo la legge prevede forti limiti all’inserimento di tali disposizioni nei contratti.

Le clausole vessatorie sono quelle disposizioni contrattuali che avvantaggiano in modo considerevole una parte, penalizzando fortemente l’altra.

Inizialmente, la normativa codicistica degli artt. 1341 e 1342 c.c. prevedeva, a favore della parte svantaggiata dall’apposizione delle predette clausole, una tutela generale solo in materia di contratti predisposti unilateralmente dal contraente

“forte” inserite nei moduli standard di contratto o nelle condizioni generali di contratto da esso predisposte. Detta normativa richiedeva l’apposizione, da parte del contraente che non aveva predisposto la clausola, di una seconda firma di approvazione delle clausole cd. vessatorie, in modo che su di esse fosse richiamata la sua attenzione.

Successivamente questa disciplina veniva integrata, ampliando la tutela del consumatore, con l’emanazione di due importanti atti legislativi: il d.lgs. n. 50 del 1992 (relativamente ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali), conseguente all’emanazione da parte dell’UE della direttiva 85/57, ratificata dalla legge comunitaria n. 428 del 1990, e la legge n. 52/1996, emanata in attuazione

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della direttiva 1993/13/CE (sulle clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori), che novellava il codice civile, inserendo un nuovo capo, il Capo XIV del Libro Quarto del codice civile, artt. 1469-bis e ss., contenente una disciplina più rigorosa a salvaguardia dei contratti tra consumatore e professionista.

Recentemente la materia è stata ancora modificata, con l’entrata in vigore del cd.

codice del consumo (d.lgs. n. 206 del 6 settembre 2005), che ha, tra l’altro, modificato e parzialmente abrogato il capo inserito nel Codice nel 1996.

Attualmente le clausole vessatorie sono disciplinate dal codice del consumo, che assicura la tutela del consumatore in maniera più efficace: alcune clausole, infatti, a prescindere dalla buona fede del venditore al momento della conclusione del contratto, sono automaticamente considerate nulle, cioè come se non fossero mai state apposte nel contratto.

Il codice del consumo, all’art. 3, definisce “consumatore” la persona che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta e come “professionista” la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che agisce nell’ambito della sua attività imprenditoriale o professionale. La norma equipara professionista ed imprenditore, in quanto entrambi svolgono abitualmente un’attività professionale che determina una dimestichezza nella sua attività tale da porli in condizione di approfittare dell’inesperienza contrattuale della controparte.

Il legislatore ha previsto una serie di ipotesi in cui viene riportato il contenuto di clausole molto diffuse sul mercato e che ritiene vessatorie. Nella normativa, all’art. 33, comma 1, è previsto che nel contratto stipulato tra consumatore e professionista si considerino vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinino a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Quali sono le clausole vessatorie

Alcuni tipi di clausole sono considerate vessatorie sino a prova contraria.

Si tratta delle clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:

escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o dando alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;

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escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;

escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;

prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;

consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;

imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;

riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;

consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;

stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;

prevedere l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;

consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;

stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;

consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del

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servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;

riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto;

limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;

limitare o escludere l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore;

consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo;

sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;

stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;

prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore.

È fatto salvo il disposto dell’art. 1355 c.c.

Quali clausole non sono vessatorie?

L’art. 34 del codice del consumo enumera, poi, una serie di clausole che non sono mai da ritenersi vessatorie, ossia:

le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in Convenzioni Internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione Europea o l’Unione Europea;

le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa

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individuale.

Moduli o formulari

Al riguardo occorre precisare che, nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari, incombe sul professionista l’onere di provare che le clausole, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposte, siano state oggetto di specifica trattativa con il consumatore.

Le clausole che si presumono sempre nulle

Vi sono infine clausole che, quantunque oggetto di trattativa, hanno oggetto o effetto tali da renderle comunque nulle, senza possibilità di fornire prova contraria.

Il codice del consumo disciplina le clausole vessatorie fino a prova contraria: in questi casi la legge dà per presunta, salva la prova contraria da parte del professionista, l’esistenza del “significativo squilibrio” degli obblighi contrattuali a carico del consumatore. Il professionista dovrà dimostrare, secondo le disposizioni che regolano l’accertamento della vessatorietà di cui all’art. 34 del codice del consumo (si dovrà fare riferimento alla natura del bene o del servizio oggetto del contratto, alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione e a tutte le altre clausole del regolamento pattizio), che la clausola non crea uno squilibrio significativo fra le posizioni giuridiche dei contraenti, ovvero che è stata oggetto di un’apposita trattativa con il consumatore.

Le clausole a vessatorietà assoluta, individuate dall’art. 36 del codice del consumo, sono quelle che hanno per oggetto o per effetto:

di escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;

di escludere o di limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di inadempimento inesatto da parte del professionista;

di prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non

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ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

In queste ipotesi, pertanto, non è prevista la possibilità di prova contraria, essendo clausole con siffatto contenuto assolutamente nulle e si hanno per non apposte.

La nullità delle clausole vessatorie

La nullità delle clausole vessatorie opera solo a vantaggio del consumatore e può anche essere rilevata d’ufficio dal giudice. Le altre clausole del contratto restano valide.

Per quanto riguarda l’accertamento della vessatorietà delle clausole, l’art. 34 del codice del consumo individua alcuni criteri per la valutazione del carattere abusivo di una clausola: la vessatorietà di una clausola deve essere valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione, nonché alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.

Al contrario, la valutazione della vessatorietà non deve riguardare la determinazione dell’oggetto del contratto, né l’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile.

La ratio di quest’ultima disposizione è dovuta al fatto che tanto l’oggetto quanto l’adeguatezza del corrispettivo rientrano nell’autonomia contrattuale.

Class Action

Un ultimo accenno merita il fatto che il codice del consumo ha introdotto, con l’art.

37, la facoltà per le associazioni rappresentative dei consumatori, le associazioni rappresentative dei professionisti e le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, di richiedere al giudice competente che inibisca l’uso delle condizioni di cui sia accertata l’abusività.

I soggetti contro cui può essere esperita tale azione inibitoria sono i professionisti e le loro associazioni.

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Le clausole vessatorie nel codice civile

Occorre a questo punto precisare che quanto sopra esposto riguarda soltanto, come evidenziato, i contratti conclusi tra il professionista e il consumatore.

Per quanto concerne, invece, i contratti conclusi tra privati, o comunque tra soggetti di pari forza contrattuale, resta applicabile esclusivamente la normativa del codice civile.

Soltanto laddove una delle parti si traduca nei fatti in parte “forte”, per avere predisposto unilateralmente le condizioni generali di contratto ovvero in quanto si avvale di moduli o formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali (come accade ad esempio quando il professionista stipula un contratto con una compagnia assicurativa), il soggetto “debole” sarà tutelato dalla previsione normativa che richiede una specifica approvazione per iscritto delle condizioni più penalizzanti, pena l’inefficacia delle stesse.

Ai fini della validità ed efficacia della clausola vessatoria, è sufficiente il solo

«richiamo al numero» della stessa: non c’è quindi bisogno di riportarne anche il contenuto. Inoltre, la Cassazione ha escluso la validità «di un mero richiamo cumulativo, a clausole vessatorie e non, ma soltanto se si esaurisca nella mera indicazione del numero e non anche, benché sommariamente, del contenuto».

In altri termini: non integra il requisito della specifica approvazione per iscritto, richiesto dal secondo comma dell’articolo 1341 del codice civile, il richiamo in blocco, e quindi la sottoscrizione indiscriminata, di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio.

Infatti, tale modalità di approvazione della condizione vessatoria rende oggettivamente difficoltosa la percezione della stessa, e dunque non garantisce

«l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole» (così il tribunale di Reggio Emilia, giudice Gianluigi Morlini, sentenza 623/2018 del 24 aprile 2018).

Tuttavia, il richiamo cumulativo delle condizioni (vessatorie e non) e la loro sottoscrizione supera il vaglio di legittimità quando non si limiti al richiamo numerico, ma indichi, anche solo sommariamente (o sotto forma di rubrica), l’oggetto della clausola: in questo caso, infatti, la tecnica redazionale è idonea a evidenziare il significato delle singole clausole specificamente approvate.

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