• Non ci sono risultati.

Faccini et al.,2015)

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Faccini et al.,2015)"

Copied!
77
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA Scuola di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Scienze Geologiche

CONTRIBUTO ALLA SPERIMENTAZIONE DEL SISTEMA DI ALLERTAMENTO DI FRANA PLUVIO-INDOTTE

(SARF) E ALLESTIMENTO DEL MODELLO DI

PREVISIONE BASATO SU SCENARI DI PERICOLOSITA’

GEO-IDROLOGICA

RELATORI: Prof. Francesco Faccini

Ing. Francesco Silvestro (CIMA Research Foundation) Dott. Geol. Monica Solimano (ARPAL)

CORRELATORE: Prof. Gabriele Ferretti CANDIDATO: Andrea Giola

Anno accademico 2019/2020

(2)

INDICE

1 INTRODUZIONE………..….3

2 AREA DI STUDIO: BACINO T.IMPERO………...………..6

2.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO………...……….6

2.2 INQUADRAMENTO GEOLOGICO……….………..7

2.3 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO………..……….10

3 AREA DI STUDIO: BACINO T.PORA……….12

3.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO………..12

3.2 INQUADRAMENTO GEOLOGICO……….13

3.3 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO………...………16

4 INQUADRAMENTO CLIMATICO REGIONE LIGURIA………...……….17

5 CARTA DI SUSCETTIBILITA’ AL DISSESTO: STATO DELL’ARTE…...…20

5.1 PROCESSO DI GERARCHIA ANALITICA (AHP)………..……….23

6 SOGLIE PLUVIOMETRICHE: STATO DELL’ARTE…………...………26

6.1 SOGLIE PLUVIOMETRICHE BASATE SULL’EVENTO METEO INNESCANTE………...………..……….28

6.2 SOGLIE PLUVIOMETRICHE BASATE SULLA PIOGGIA ANTECEDENTI………..31

7 SISTEMA DI ALLERTAMENTO REGIONALE PER IL POSSIBILE INNESCO DI FRANE INDOTTE DA PIOGGIA IN LIGURIA (SARF)…...32

(3)

7.1 SOGLIE PLUVIOMETRICHE PER LA REGIONE LIGURIA…….………..32

7.2 INFRASTRUTTURA SISTEMA SARF……….………...….35

8 ELABORAZIONE DELLA CARTA DI SUSCETTIBILITA’ AL DISSESTO………....………39

8.1 LIVELLI INFORMATIVI DI INPUT……….………39

8.1.1 FATTORI PREDISPONENTI……….………39

8.1.2 CARTA INVENTARIO DELLE FRANE………..…………44

8.2 APPLICAZIONE METODOLOGIA AHP………..………44

8.3 ELABORAZIONE IN AMBIENTE GIS………...………….47

9 ELABORAZIONE SOGLIE PLUVIOMETRICHE …………...……….…….51

9.1 RACCOLTA DATI DI FRANA ED EVENTI NON INNESCANTI………51

9.2 DATI PLUVIOMETRICI……….53

9.3 COSTRUZIONE DELLE SOGLIE PLUVIOMETRICHE D’INNESCO….56 10 DATI DEL MODELLO SARF………..……60

11 DISCUSSIONI……….………62

12 CONCLUSIONI………..………74

ALLEGATI………..……….………...………I BIBLIOGRAFIA……….………..1

SITOGRAFIA………..………..………8

(4)

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

Ogni anno in Italia, si manifestano eventi metereologici, differenti per durata ed intensità, in grado di innescare processi naturali quali frane superficiali e profonde sui versanti, colate fangoso-detritiche lungo le aste torrentizie e piene con esondazioni sui fondivalle principali. Le statistiche prodotte negli ultimi anni, mostrano come l’Italia, con 620.808 frane che coprono un’area di circa 23.700 km2, pari al 7,9% dell’intero territorio nazionale, è uno dei Paesi europei maggiormente interessati da fenomeni franosi (Trigila et al.,2018).

Nello specifico, la regione Liguria, è particolarmente soggetta al dissesto idrogeologico: frane superficiali e piene improvvise (flash floods) che a loro volta producono un notevole trasporto di sedimenti e detriti lungo i torrenti e i fiumi, sono abbastanza comuni ed avvengono ogni anno, in particolare nel periodo tardo estivo-autunnale in diverse parti della regione (Cignetti et al., 2019;

Salvati et al., 2010; Faccini et al.,2015). La genesi di tali eventi, nel territorio ligure, è favorita dalla combinazione di fattori naturali, quali precipitazioni brevi ed intense, ridotta estensione dei bacini idrografici con rapidi tempi di corrivazione ed elevata acclività dei versanti, associati ad un’errata pianificazione urbanistica e gestione del territorio. Le principali cause di dissesto dovute ad effetti antropici sono da ricercarsi nell’eccessiva e scorretta urbanizzazione, nell’abbandono delle sistemazioni idraulico-forestali, nel disboscamento, negli incendi boschivi e nelle tecniche agroalimentari inadeguate (Rago, 2012). Complessivamente, in Liguria, dal 1970 gli eventi franosi generati da precipitazioni, hanno provocato 16 vittime e hanno causato danni a proprietà private e pubbliche (Roccati et al., 2018).

Negli ultimi decenni, i continui miglioramenti in campo tecnologico hanno consentito di definire una nuova politica di gestione del rischio idrogeologico, che vede nella previsione e nella prevenzione due misure strutturali tese alla sua mitigazione. Si è assistito ad un progressivo sviluppo sia in ambito nazionale che internazionale, di studi volti alla creazione di efficaci sistemi di

(5)

allertamento (early warning) basati sulle precipitazioni, utili per la pianificazione e la gestione territoriale.

In termini analitici, il rischio idrogeologico, può essere espresso dalla seguente formula:

Rischio = pericolosità (P) x vulnerabilità (V) x valore esposto (E)

Questi tre parametri esprimono rispettivamente: P la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un dato periodo di tempo ed in una data area; V la predisposizione di un’area ad essere soggetta a tali fenomeni; E l’entità degli elementi di valore, che rappresentano i beni a rischio in caso di evento.

Tale formula, lega intrinsecamente i concetti di previsione e di prevenzione, ovvero l’insieme di azioni che agiscono sui fattori che costituiscono il rischio.

Infatti, l’attività di previsione, è finalizzata a comprendere quali sono i fenomeni attesi entro un prefissato orizzonte temporale, le aree vulnerabili e il rischio al quale sono sottoposte le persone ed i beni in esse presenti.

Le misure di prevenzione, invece, sono rivolte a ridurre al minimo il rischio nelle aree vulnerabili attraverso interventi strutturali che mirano ad abbassare la pericolosità dell’evento meteorologico (argini, vasche di laminazione, consolidamento dei versanti, ect.), e/o interventi non strutturali finalizzati alla riduzione del danno attraverso la realizzazione di sistemi di allertamento e reti di monitoraggio.

Proprio nell’ambito delle attività di previsione e prevenzione, si colloca la tematica oggetto della presente tesi. Essa, infatti, ha come obiettivo quello di fornire un contributo meteo-idrologico e geomorfologico alla sperimentazione del Sistema di Allertamento Regionale di frane pluvio-indotte (SARF) tramite la definizione di soglie pluviometriche e carte di suscettibilità da frana in aree limitate ai bacini idrografici del T.Pora e T.Impero (zona di allertamento A), situati nella riviera ligure di Ponente. In particolare, saranno calcolate le probabilità di accadimento di frana sulla base del superamento di soglie pluviometriche, sviluppate a partire dalla raccolta di informazioni di frane superficiali contenute in cataloghi di vari enti pubblici e privati (ARPAL, ANAS, Vigili del Fuoco, RFI, fonti cronachistiche), che nel corso del periodo

(6)

2000-2020 hanno interessato le aree di studio. Per la loro elaborazione, sono stati utilizzati due differenti approcci empirici che prendono in considerazione la cumulata di pioggia (C) e la durata d’evento (D).

Le carte di suscettibilità al dissesto, invece, sono state elaborate attraverso il processo di gerarchia analitica (AHP) ovvero un metodo di analisi multicriteriale, sulla base dei fattori geo-ambientali (detti predisponenti) ritenuti favorevoli all’origine e allo sviluppo dell’instabilità.

(7)

CAPITOLO 2

AREA DI STUDIO: BACINO T.IMPERO

2.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO

Il Torrente Impero è localizzato nella Liguria occidentale, in provincia di Imperia e ricade nei territori comunali di Aurigo, Borgomaro, Caravonica, Cesio, Chiusanico, Chiusavecchia, Imperia, Lucinasco e Pontedassio.

L’impero, insieme ai rii minori, definisce l’ambito di bacino regionale n°6, con un’estensione pari a circa 96 Kmq che confina a nord con il bacino del torrente Arroscia, a sud con il Mar Ligure, ad est con i bacini dei torrenti San Pietro, Cervo e Merula, ad ovest con i bacini dei torrenti Argentina, Caramagna e Prino (Figura 2.1).

Figura 2.1: inquadramento geografico del bacino idrografico del Torrente Impero (stralcio Google cn.

Satellite)

I confini del bacino imbrifero del torrente Impero definiscono l’intera area del comprensorio, concluso sul mare, nel tratto tra il capo Berta e la Punta delle

(8)

Forche Vecchie che è localizzata in posizione intermedia tra gli insediamenti di Oneglia e di Porto Maurizio.

L’orientamento dell’asse della valle, disposto da nord-ovest a sud-est, è pressoché rettilineo da Oneglia fino a S. Lazzano Reale, dove piega invece ad occidente, in direzione del Monte Grande, zona più elevata della valle e dove nasce il torrente, definendo quella parte di bacino storicamente chiamata valle del Maro e comprendente i comuni di Borgomaro, Aurigo e Caravonica. La valle di Oneglia, nome originario della parte media e bassa del comprensorio, è orientata perpendicolarmente alla costa e mantiene il parallelismo delle altre valli del litorale da Diano fino a Ventimiglia. La valle del Maro, invece, si dispone sulla direttrice parallela alla Valle Arroscia, secondo l’orientamento da est ad ovest coincidente con quello dell’alto corso del Tanaro.

I principali nodi orografici sono il Monte Grande (m 1.418), dove si incontrano i crinali delle Valli Argentina, Arroscia e Impero; la Croce di passo del Maro (m 1.110) verso la valle del Prino nel comprensorio di Porto Maurizio; il Monte Arosio (m 812) verso la valle di Andora, il Pizzo d’Evigno (m 989) verso le valli di Diano. I valichi più importanti ruotando lungo i confini dell’Impero in senso orario, sono: Colla Amadeo (m 237), Colla Bassa (m 454), passo Acquarone (m 708), passo delle Ville (m 703), passo del Maro (m 1.064) colle d’Oggia (m 1.187), passo S. Bernardo di Conio (m 984), colle di S. Bartolomeo (m 620), passo Grillarine (m 431), colle della Costa (m 311), colle del Ros (Martini et al., 2017).

2.2 INQUADRAMENTO GEOLOGICO

Il bacino del torrente Impero è situato nelle Alpi Liguri, che costituiscono la terminazione sud-orientale delle Alpi Occidentali Italiane; sono costituite da un complesso impilamento di unità tettonico-metamorfiche, le cui caratteristiche strutturali e stratigrafiche riflettono l’evoluzione geodinamica di questo settore di catena alpina. La genesi delle Alpi Liguri ha inizio in età triassico-giurassico:

a seguito di fasi di rifting, si apre l’Oceano Ligure-Piemontese tra la placca europea e la placca adriatica. A partire dal Cretaceo, invece il movimento relativo tra le due placche si inverte e inizia una fase di convergenza in cui si ha subduzione della litosfera oceanica. Questa fase porta alla chiusura dell’antico

(9)

bacino oceanico, con conseguente collisione continentale ed esumazione delle unità portate in subduzione.

Nel bacino oggetto di studio, affiorano formazioni riguardanti il dominio paleogeografico Piemontese-Ligure, in particolare torbiditi appartenenti al Flysch ad Elmintoidi della Liguria Occidentale dell’Unità di Sanremo-Monte Saccarello e dell’Unità Moglio-Testico. In discordanza sui flysch sono presenti depositi pliocenici non sempre ben differenziabili dai contigui depositi quaternari (Martini et al., 2017).

Come descritto nel Piano di Bacino stralcio per la tutela del rischio idrogeologico del torrente Impero (2017), vengono riportate le differenti unità stratigrafiche rappresentanti le unità metamorfiche, i depositi pliocenici e quaternari.

DEPOSITI QUATERNARI

I depositi quaternari sono rappresentati esclusivamente dalle alluvioni, riscontrabili in abbondanza lungo il corso dell’asta principale del Torrente Impero, soprattutto nella parte terminale, dall’abitato di Chiusavecchia alla foce.

Esse sono rappresentate da:

• Alluvioni mobili attuali: depositi eterogenici ed eteromètrici con prevalenza di ghiaie a clasti arrotondati quasi esclusivamente di origine flyschoide, sebbene non manchino clasti appartenenti alle formazioni plioceniche.

Sono localizzati all’interno dell’alveo attivo dei torrenti e quindi, soggetti a rimodellamento continuo (erosione e rideposizione).

• Alluvioni terrazzate recenti: depositi eterogenici ed eteromètrici scarsamente diagenizzati, con granulometria variabile dal ciottolo sino al blocco in matrice sabbiosa. Rappresentano alluvioni ormai estranee alla dinamica attiva dei corsi d’acqua e possono presentare una leggera cementificazione negli intervalli inferiori (Olocene inferiore– Pleistocene).

• Alluvioni terrazzate antiche: depositi eterogenici ed eteromètrici spesso con un buon grado di costipazione (almeno negli intervalli inferiori) con granulometria ampiamente variabile. Si tratta delle alluvioni più antiche,

(10)

poggianti direttamente sul substrato flyschoide, da cui derivano per erosione ad opera dell’azione dei corsi d’acqua post-glaciali. La granulometria è decisamente variabile anche in virtù della loro

“sovrapposizione” con coltri di versante più o meno estese che ne hanno alterato o del tutto coperto l’affioramento. L’età dei livelli inferiori delle alluvioni dovrebbe riferirsi al Pleistocene inferiore.

DEPOSITI PLIOCENICI

Si tratta di terreni trasgressivi sul substrato flyschoide che affiorano in lembi di limitata estensione e potenza mai superiore ai 100-150 metri nella bassa valle del torrente Impero.

• Conglomerati di M.Villa: stratigraficamente si trovano al tetto della serie, hanno granulometria variabile e presentano clasti generalmente arrotondati, ben cementati, con abbondante matrice sabbiosa. Vi si trovano sovente clasti di chiara origine flyschoide che testimoniano un’intensa attività erosiva dovuta al sollevamento generalizzato della costa ligure. Si possono datare al Pliocene medio.

• Argille di Ortovero: argille più o meno marnose e argille sabbiose mal stratificate, spesso ricche in microfossili, di colore dal grigio-azzurro se fresche al bianco-giallastro se alterate. Si possono datare al Pliocene inferiore.

UNITA’ MOGLIO-TESTICO

• Formazione di Testico: presente solo nell’area alta in esame, è costituita da torbiditi marnoso-arenacee depositatesi in una piana sottomarina fortemente influenzata da conoidi limitrofi, di cui riceveva, probabilmente, sporadici influssi. Questa formazione è suddivisa da Boni e Vanossi (1972) in due elementi, dei quali l’inferiore (il Membro di Pieve di Teco) costituito da torbiditi marnoso-arenacee ed il superiore (il

(11)

Membro di Cesio) che affiora maggiormente, da torbiditi pelitico-arenacee o solo arenacee (Marini & Terranova, 1985).

UNITA’ DI SANREMO-MONTE SACCARELLO

• Flysch di Sanremo: è il prodotto di depositi torbiditici all’interno di un bacino di sedimentazione profonda qual era l’Oceano Piemontese-Ligure.

In particolare, nell’area in esame affiora la litofacies “H1” (série à dominate calcaire, Boni & Vanossi), una torbidite monotona e potente costituita talora dalle tipiche facies ad elmintoidi essenzialmente calcareo-marnose ed intervallate da calcisiltite, peliti a base calcareo-arenacea quarzosa.

Questa formazione è la più diffusa nel bacino.

• Formazione di S. Bartolomeo affiora nella zona medio-alta del bacino, si tratta di un deposito di torbida di piana bacinale a basso tasso di accumulo. Seguendo la suddivisione in litozone di Di Giulio e Galbiati (1985), nell’area in esame affiorano la Litozona tipo Argille a Palombini, costituita da calcari micritici, calcari marnosi e arenacei alternatesi con marne e argilliti e siltiti fini, e la Litozona a peliti manganesifiere, formata da alternanze ritmiche di argilliti grigio-verdastre e subordinate siltiti in strati sottili, con diffuse spalmature di ossidi metallici e di areniti fini e finissime.

2.3 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO

Gli aspetti e le forme della morfologia del bacino in esame sono strettamente dipendenti dall’assetto tettonico-strutturale, dalla litologia e dalle condizioni climatiche. E’ evidente, come l’andamento del tratto terminale dell’asta torrentizia, sia all’incirca parallelo a lineazioni di faglia NO-SE collegate ad un sollevamento della piattaforma continentale tra il Pliocene e il Quaternario. Al contrario, l’asta della Valle del Maro e tutti gli affluenti dell’asta principale dell’Impero nel suo tratto terminale, hanno un andamento E-O legato ad un innalzamento generalizzato della parte di territorio emersa ed un abbassamento

(12)

progressivo della zona a mare durante il Quaternario inferiore (Martini et al., 2017).

Tenendo in considerazione la litologia, le successioni flyschoidi assumono morfologie differenti in funzione della loro composizione. I flysch a prevalenza calcarea o arenacea, sono soggetti a fenomeni di erosione selettiva lungo gli intervalli marnosi e argillosi che, possono funzionare, da superfici di scollamento per i sovrastanti livelli competenti. Questi ultimi, formano spesso falesie o pendi molto acclivi che rispondono in maniera rigida agli stress tettonici, si fratturano e creano condizioni favorevoli all’instaurarsi di fenomeni di crollo. Il flysch argillitico invece, ha un comportamento differente, le risposte agli stress tettonici sono di tipo duttile con fenomeni plicativi intensi ad ogni scala. Per questo motivo mancano pareti subverticali e i caratteri geomorfologici di superficie sono caratterizzati da forme blande e declivi arrotondati. Una stessa giacitura, a seguito dell’elevato ripiegamento prodotto da deformazioni duttili, può portare a caratteri geomorfologici diametralmente opposti in un medesimo versante, passando da una situazione stabile (reggipoggio) ad una meno stabile (franapoggio). Inoltre, sono presenti estesi fenomeni di erosione superficiale dovuti alla scarsa infiltrazione delle acque meteoriche e di ruscellamento, che favoriscono l’instaurarsi di frane di scivolamento e scorrimento.

(13)

CAPITOLO 3

AREA DI STUDIO: BACINO T.PORA

3.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO

Il bacino idrografico del Torrente Pora è localizzato nella Riviera Ligure di Ponente, in provincia di Savona e attraversa i territori amministrativi dei comuni di Finale Ligure, Orco Feglino, Rialto e Calice Ligure (Figura 3.1)

Figura 3.1: Inquadramento geografico del bacino idrografico del torrente Pora (stralcio Google.cn Satellite)

Il torrente Pora insieme ai rii minori, definisce l’ambito di bacino regionale n°10 con un’estensione di circa 58 Kmq e confina a Nord con i bacini del fiume Bormida di Mallare e del fiume Bormida di Pallare, a sud-ovest con quelli dei torrenti Maremola e Bottasana, ad est con il torrente Sciusa e in minima parte con quello del torrente Quiliano.

Il T. Pora nasce nel comune di Rialto dalla confluenza del Rio Rivarese con il Rio Peccione ad una quota di circa 1000 m s.l.m ed è caratterizzato dalla presenza di due affluenti principali: Rio Carbuta, che confluisce nell’asta principale

(14)

all’altezza del centro abitato del comune di Calice Ligure e Torrente Aquila che confluisce immediatamente sotto l’insediamento di Finalborgo. Il bacino idrografico, può essere ulteriormente suddiviso in due sottobacini, che corrispondono al torrente Pora e al torrente Aquila, da un articolato spartiacque

con andamento NNO-SSE che divide nella parte mediana l’intero bacino.

Lo spartiacque, in senso orario, segue i crinali di Torre di Bastia, (321 m), Bric Castellino (275.5 m), Monte Collarina (604 m), Piano dei Buoi (685 m), Bric Gettina (1025 m), Bricco della Guardia (980 m), Colle del Melogno (1125 m), Bricco dei Prati (1016.9 m), Monte Alto (1049.5 m), Bric Chioggia (1040.7 m), Piano dei Corsi (1019.4 m), Bric del Borro (998.4 m), Bric Praboè (891.2 m), Monte Alto (955.8 m), Croce del Salvo (533.2 m), Bric Grimaldo (435.7 m), S. Lorenzo (360 m), Bric Spaventaggi (335 m), Bric Vareggina (300 m) (Oliveri et al., 2017).

3.2 INQUADRAMENTO GEOLOGICO

Il bacino del Torrente Pora è situato nelle Alpi Liguri, terminazione sud-orientale delle Alpi Occidentali Italiane. In esso, affiorano litotipi relativi a formazioni geologiche di età ed evoluzione molto diversa, differentemente coinvolte nelle fasi deformative che caratterizzano l’orogenesi alpina e gli eventi successivi.

Diversamente dal torrente Impero, le unità litostratigrafiche che caratterizzano il bacino, appartengono al Dominio paleogeografico Brianzonese Ligure, alle coperture tardo-orogene e a depositi quaternari di varia origine presenti lungo le coste, gli altopiani e i fondovalle principali (Oliveri et al., 2017).

Come descritto nel Piano di Bacino Stralcio per la tutela del rischio idrogeologico del torrente Pora (2017), vengono riportate le formazioni affioranti nell’areale d’interesse.

DEPOSITI QUATERNARI

• Alluvioni recenti ed attuali: depositi formati sia da sedimenti a granulometria medio-grossolana, sia da sedimenti fini limosi. Si distribuiscono sul tratto terminale dei principali tributari nella porzione

(15)

di piana più prossima alla linea di costa. Spesso sono terrazzate ma, la loro continuità è interrotta dagli effetti dell’antropizzazione.

COPERTURE TARDO- OROGENE

• Calcare di Finale (Pietra di Finale) ( Miocene inferiore- medio?): calcari vacuolari bioclastici a coralli e codiacee, di colore bianco, rosato o rossastro, con intercalazione di arenarie in strati e lenti, massicci nella parte superiore, ben stratificati in quella inferiore (Dallagiovanna G. et al, 2011).

• Complesso di base del Calcare di Finale Ligure (Oligocene superiore? – Miocene Inferiore): sabbie quarzose grossolane, brecce monogeniche dolomitiche, conglomerati alternati a sabbie, marne più o meno argillose di colore grigio-giallastro (Dallagiovanna G. et al, 2011). In particolare, nell’area d’interesse gli affioramenti sono caratterizzati da sedimenti terrigeni argilloso-marnosi, sabbiosi e brecce sabbiose.

DOMINIO BRIANZONESE LIGURE

Costituisce il prolungamento verso SE, dal Colle di Tenda fino al mare, del Brianzonese classico e, come quest’ultimo, rappresenta un complesso di unità tettoniche che si ritiene provengano dalla porzione del paleocontinente europeo più prossima al margine esterno. Considerando la serie stratigrafica del Dominio, si distinguono tre parti: basamento cristallino (non affiorante nel bacino), tegumento permo-carbonifero e copertura meso-cenozoica.

COPERTURA MESO-CENOZOICA

• Calcari di Val Tanarello (Giurassico Superiore ): calcari marmorei, marmi grigi e caratteristiche facies nodulari rosate e verdine (Dallagiovanna G. et al., 2011). Affiorano solo nella parte sud-occidentale del bacino al contatto con le Dolomie di S.Pietro ai Monti.

(16)

• Dolomie di S.Pietro ai Monti (Anisico-Ladinico): affiorano nella parte centrale del bacino dell’Aquila e sono caratterizzate nella porzione inferiore (Anisica), da alternanza di termini calcarei e dolomitici con intercalazioni di brecce legate a trasgressioni tidali. Nella porzione superiore (Ladinica), da dolomie scure con intercalazioni calcaree in strati e banchi, e orizzonti di brecce autoclastiche (Dallagiovanna G. et al., 2011).

• Quarziti di Ponte di Nava (Scitico): strati e banchi di quarzoareniti bianche e/o verdi, spesso a grana grossa, talora con caratteristiche concentrazioni ematiche rossastre nodulari e sottili intercalazioni di peliti (Dallagiovanna G. et al., 2011).

TEGUMENTO PERMO-CARBONIFERO

• Formazione di Eze (Permiano Inferiore): è costituita da lave andesitico- trachiandesistiche, sino a andesiti basaltiche, da prasiniti e da brecce vulcaniche anche grossolane, di colore verde, spesso con patina di alterazione ferruginosa (Dallagiovanna G. et al., 2011). Questi litotipi si sono formati durante l’attività magmatica permiana e si trovano intercalati all’interno dei metasedimenti quarzo-micacei o dei porfidi.

• Porfiroidi del Melogno (Permiano Inferiore): derivano da estese effusioni ignimbritiche acide a composizione da riolitica a riodacitica d’età Permiana, interessate da metamorfismo Alpino di bassa temperatura (scisti verdi) e localmente di bassa temperatura e alta pressione (facies di transizione scisti verdi-scisti blu). Nella maggior parte degli affioramenti, i porfiroidi si presentano scistosi e con tessitura a bande millimetriche alternativamente biancastre (albite) e verdastre (sericite prevalente) con fenocristalli subcentimetrici di quarzo e K-feldspato.

• Scisti di Gorra (Permiano Inferiore): formazione metamorfica di origine sedimentaria costituita da quarzoscisti, scisti quarzo-sericitici e cloritici, di colore da grigio chiaro a biancastro, talora con grossi fenocristalli di K-

(17)

feldspato, a verde specie in prossimità delle lave e piroclastiti andesitiche (Dallagiovanna G. et al., 2011).

• Formazione di Murialdo (Permiano Inferiore): metasedimenti fini rappresentati da filladi grafitiche nerastre in associazione con quarzoscisti, scisti quarzo-micacei, scisti clorito-albitici e scisti a cloritoide.

3.3 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO

Dal punto di vista morfologico, il bacino del torrente Pora, presenta aspetti assai diversificati determinati dagli effetti indotti dalle condizioni tettonico-strutturali, dalla litologia e dalle condizioni climatiche.

Le aree con substrato metamorfico affiorante o subaffiorante (copertura medio- sottile), presentano una scarsa vegetazione, favorendo un ruscellamento diffuso determinando la formazione di accumuli di materiali detritici e argillosi alla base dei versanti. Nella porzione centro-meridionale del bacino, contraddistinta da rocce della formazione miocenica della Pietra del Finale, si individuano rilievi tabulari tipo “mesa”, derivanti da un unico altopiano carsico successivamente inciso dall’impostarsi del reticolo idrografico superficiale, caratterizzati da scarpate verticali o subverticali ai piedi delle quali si trovano potenti accumuli di falda, talvolta cementati prodottisi per crolli di roccia e detriti. All’interno di questi rilievi isolati pianeggianti, si è sviluppato un carsismo molto spinto che ha lasciato numerosi esempi di macroforme carsiche, quali cavità ipogee, valli fossili, cockpit, doline di dissoluzione e di crollo (Oliveri et al., 2017). La zona del medio fondovalle, è caratterizzata da erosione connessa al ruscellamento concentrato lungo gli alvei dei torrenti, le cui acque perdono velocità con la diminuzione dell’acclività, depositando sedimenti solo nella parte terminale delle aste torrentizie.

I movimenti franosi, sono diffusi maggiormente nelle rocce metamorfiche e carbonatiche, risultando meno rilevanti nei substrati dolomitici e in generale nelle rocce con buone caratteristiche geomeccaniche e non interessate da fenomeni di tettonizzazione. Altri fattori influenti nella morfologia e nei dissesti dei versanti sono l’attività antropica e lo smaltimento delle acque superficiali.

(18)

CAPITOLO 4

INQUADRAMENTO CLIMATICO REGIONE LIGURIA

La Regione Liguria è caratterizzata da condizioni climatiche differenti a seconda dell’altitudine, della distanza dal mare e dell’assetto morfologico del territorio.

Essa, infatti, presenta una forma ad arco, si affaccia su un mare decisamente caldo rispetto alla sua latitudine relativamente elevata e, al contempo, è protetta dalle correnti d’aria fredda provenienti dal settentrione dalla presenza di massicci rilievi montuosi, appartenenti alla catena appenninica ad eccezione della parte occidentale della regione dove si trovano le Alpi Liguri. Ciò fa sì che lungo la costa il clima sia di tipo mediterraneo, con inverni miti e piovosi ed estati calde e siccitose, mentre nell’entroterra sia di tipo semi-continentale, con temperature invernali più rigide ed estati piuttosto calde, seppure con forte escursione termica (www.agriligurianet.it). Oltre a ciò, è possibile andare ad identificare condizioni microclimatiche differenti tra le due riviere. Le coste dell’imperiese e del ponente savonese presentano una piovosità moderata (700-900 mm annui), dovuta al fatto che queste aree si trovano sottovento rispetto alle correnti umide sud-occidentali e meridionali, e temperature invernali costantemente miti, grazie alla protezione dei rilievi montuosi delle Alpi Liguri. Le coste da Savona a La Spezia possono conoscere d’inverno periodi un po’ più rigidi, perché meno efficacemente protette dall’azione dei venti settentrionali, e in genere la piovosità cresce da Savona verso Est, con medie che si portano rapidamente attorno ai 1100-1200 mm annui e con punti di oltre 1400 mm in alcune aree del settore centro-orientale del Golfo di Genova e nel settore più interno del Golfo della Spezia (www.agriligurianet.it).

Negli ultimi decenni, specifiche indagini hanno evidenziato sia per l’Italia che per la Liguria, un’elevata sensibilità ai cambiamenti climatici. Relativamente alle precipitazioni, si individua una leggera riduzione della piovosità annuale (figura 4.1) ed una significativa riduzione dei giorni piovosi con conseguente aumento dell’intensità di precipitazione (figura 4.2).

(19)

Figura 4.1: Precipitazione cumulata annuale, Genova (Onorato, 2019)

Figura 4.2: a) andamento del numero di giorni piovosi negli anni compresi tra 1880-2000 b) millimetri di pioggia per giorno piovoso negli anni compresi tra 1880-2000 (Onorato,2019).

Questa evoluzione del clima, è particolarmente rilevante in Liguria sia per quanto riguarda l’incidenza degli eventi franosi, che per la presenza di bacini idrografici generalmente piccoli e a risposta rapida, che sebbene siano sottoposti anche a periodi prolungati di siccità, possono essere soggetti a piene improvvise (Onorato, 2019). Fenomeni estremi (flash floods, burrasche, mareggiate) responsabili di dissesto idrogeologico, colpiscono principalmente nel periodo

(20)

fine estivo-autunnale e sono legati al contrasto tra diverse masse d’aria che s’innescano nell’ambito di intense ciclogenesi.

Per quanto concerne i bacini idrografici in esame, i dati climatologici di dettaglio, sono estrapolati dalle stazioni metereologiche di Imperia per il torrente Impero (tabella 4.1) e dalla stazione di Alassio per il torrente Pora (tabella 4.2).

Mese (1961-2010)

Prec. Cumulata media (mm)

Temp. Max. media (gradi °C)

Temp. Min. media (gradi °C)

Gennaio 72.9 12.5 7.1

Febbraio 62.4 12.8 7.2

Marzo 54 14.7 8.9

Aprile 63 17.0 11.1

Maggio 43.2 20.7 14.6

Giugno 31.7 24.1 17.8

Luglio 12.7 26.9 20.5

Agosto 28.1 27.1 20.7

Settembre 58 24.2 18.0

Ottobre 96.5 20.5 14.7

Novembre 104.2 16.2 10.6

Dicembre 71 13.5 8.0

Tabella 4.1: dati climatologici mensili di precipitazione cumulata media (Prec. Cumulata media), temperatura massima media (Temp. max. media) e temperatura minima media (Temp. min. media) per il

periodo compreso tra 1961-2010 per la Stazione di Imperia.

Mese (1961-2010)

Prec. Cumulata media (mm)

Temp. Max. media (gradi °C)

Temp. Min. media (gradi °C)

Gennaio 77.7 11.8 8.2

Febbraio 61 12.4 8.4

Marzo 60.7 14.3 10.4

Aprile 76.8 16.8 12.9

Maggio 47.2 20.6 16.7

Giugno 30.9 24 20.2

Luglio 12 26.9 23.3

Agosto 30.7 27 23.3

Settembre 71.8 23.9 20.3

Ottobre 94 20.3 16.6

Novembre 101.7 15.6 11.9

Dicembre 81.1 12.7 9.1

Tabella 4.2: dati climatologici mensili di precipitazione cumulata media (Prec. Cumulata media), temperatura massima media (Temp. max. media) e temperatura minima media(Temp. min. media) per il

periodo compreso tra 1961-2010 per la Stazione di Alassio.

(21)

CAPITOLO 5

CARTA DI SUSCETTIBILTA’ AL DISSESTO: STATO DELL’ARTE

La suscettibilità da frana, descrive in termini qualitativi o quantitativi, la probabilità che una frana si verifichi in una data area sulla base di determinate condizioni ambientali (Rossi M. 2018), senza considerare la probabilità temporale e la magnitudo. In tal modo, le mappe che si ottengono, derivano dalla somma e dalle relazioni che intercorrono tra i vari fattori predisponenti che controllano la stabilità dei versanti. La loro affidabilità, dipende principalmente dalla quantità e qualità dei dati disponibili, dalla scala di lavoro e dalla metodologia applicata per l’analisi (Baeza & Corominas, 2001). Esse, sono propedeutiche alla zonazione della pericolosità e del rischio da frana, alla pianificazione e alla gestione territoriale, e sono integrabili nei sistemi di allertamento.

In letteratura, esistono diversi metodi per la realizzazione di carte di suscettività al dissesto, che possono essere raggruppati in (tabella 5.1) :

- Metodi basati sull’inventario delle frane: che rappresentano la fase iniziale di tutti gli altri metodi, in quanto forniscono l’elemento essenziale per l’analisi, ossia le frane, e sono usati anche per validare le mappe di suscettibilità ottenute.

- Metodi euristici si basano su un ragionamento per analogia, cioè sull’area di studio si esaminano aree geograficamente distinte, ma analoghe per assetto geologico, geomorfologico e climatico (Rago V.,2015). Esistono due approcci: diretto e indiretto: nel primo caso, si effettua una mappatura diretta del territorio in settori a diversi gradi di suscettibilità sulla base di mappe dettagliate (per esempio mappe geomorfologiche);

nel secondo, invece, si considera la combinazione qualitativa di fattori ritenuti importanti per spiegare la distribuzione e l’abbondanza della

(22)

franosità in un territorio (Reichenbach P. http://www.irpi.cnr.it/focus/suscettibi

lità-da-frana/). Pur rientrando tra i metodi qualitativi, l’approccio indiretto rappresenta l’anello di congiunzione con le tecniche di tipo quantitativo (Amadesi & Vianello, 1978). Rimane la soggettività nell’attribuire i pesi alle varie classi dei fattori predisponenti, ma il risultato finale è di tipo numerico, quindi ricostruibile e ben definito in ogni sua componente (Aleotti & Polloni, 2005). Tra i metodi indiretti, sono compresi la logica fuzzy (Pourghasemi et al., 2012; Ercanoglu &

Gokceoglu 2002,2004; Lee, 2007) e il processo di gerarchia analitica (AHP) (Puorghasemi et al., 2012; Komac 2006; Yoshimatsu & Abe, 2006;

Cingnetti et al.,2019).

- Metodi statistici, si basano sulla valutazione statistica delle combinazioni di fattori che hanno innescato frane in passato. Il risultato, esprimibile anche sotto forma di probabilità, è una classificazione del territorio in aree suscettibili e aree non suscettibili a produrre frane. Fanno parte di questo gruppo il metodo di statistica bivariata dell’indice di pericolosità (Carrara et al., 1995), il metodo di statistica multivariata della regressione logistica (Guzzetti et al., 1999; Chen & Wang, 2007) e le rete neurali artificiali (Rago et al., 2016).

- Metodi deterministici (fisicamente basati), richiedono l’applicazione di modelli di tipo meccanico-idrologici per la stabilità dei versanti (Simoni et al.,2008; Armas et al.,2014; Formetta et al., 2014) ). Necessitano di una conoscenza molto accurata su tipo di materiali coinvolti, forma del pendio, condizioni idrogeologiche, caratteristiche geo-meccaniche e geo- strutturali ecc. Pertanto, simili applicazioni, non risultano ragionevoli né sostenibili per ampi territori, ma adatte a contesti localizzati di rilevanza socio-economica.

(23)

METODO DIRETTO INDIRETTO QUALITATIVO QUANTITATIVO Metodo basato sulle

carte inventario ü ü

Metodo euristico

diretto ü ü

Metodo euristico

indiretto ü ü

Metodo statistico ü ü

Metodo

deterministico ü ü

Tabella 5.1: metodi per la valutazione della suscettibilità da frana (Rossi M., 2018)

Per la realizzazione di mappe della suscettibilità, è indispensabile scegliere l’unità cartografica di riferimento, ovvero una porzione di superficie terrestre caratterizzata da un insieme di condizioni del terreno che differiscono dalle unità adiacenti attraverso confini definibili (Rossi M., 2018). Le unità più utilizzate sono (tabella 5.2) (Rossi M., 2018):

- le unità geomorfologiche, basate sulle relazioni tra forme e processi geomorfologici di versante. Danno luogo a limiti morfologicamente riconoscibili sul terreno che riflettono differenze geologiche, pedologiche, geomorfologiche, idrologiche e di uso o copertura del suolo;

- le celle (pixel), comportano la suddivisione del territorio in una griglia regolare di dimensione e geometria predefinita;

- le condizioni uniche, sono ottenute dalla sovrapposizione e intersezione geometrica di diverse mappe tematiche ritenuti importanti per spiegare la distribuzione geografica e l’abbondanza delle frane;

- le unità di versante, ottenute suddividendo il territorio in unità idro- morfologiche elementari, delimitate da linee di drenaggio (impluvi) e spartiacque (displuvi);

(24)

- le unità amministrative, che utilizzano suddivisioni amministrative quali ad esempio le particelle catastali, i limiti comunali o provinciali.

UNITA’

METODO EURISTIC DIRETTO O

ANALISI INVENTAR

I

METODO EURISTICO

INDIRETT O

METODO STATISTIC

O

METODO DETERMINISTIC

O

Celle/Pixel ü ü ü ü

Unità

geomorfologich

e ü ü

Condizioni

uniche ü ü

Unità di

versante ü

Unità

amministrative ü ü ü

Tabella 5.2: Unità cartografiche di riferimento per i diversi metodi per la valutazione della suscettibilità da frana (Rossi M., 2018; mod.)

5.1 PROCESSO DI GERARCHIA ANALITICA (AHP)

Il processo di gerarchia analitica (AHP), è una metodologia di analisi multicriteriale introdotta da Saaty nel 1980 (Saaty, 1980). L’obiettivo, è quello di dividere un problema complesso in parti elementari, analizzarle ed integrarle in modo logico per produrre una soluzione significativa (Malczewski, 1999).

Il metodo AHP è solitamente usato nei problemi decisionali (Saaty & Vargas, 2001), ma recentemente è applicato alla valutazione della suscettibilità da frana per definire i pesi di ciascun fattore predisponente (Puorghasemi et al., 2012;

Komac 2006; Yoshimatsu & Abe, 2006; Cingnetti et al.,2019). In particolare, i fattori in cui si è deciso di scomporre il problema, vengono disposti in ordine gerarchico e comparati attraverso la definizione di matrici di confronto a coppie. Per poter effettuare questo passaggio, è necessario disporre di una scala di numeri che quantifichi quanto un’alternativa sia migliore o dominante rispetto ad un’altra, secondo un determinato fattore di osservazione. Questa scala è fornita ad hoc dal teorema AHP ed è strutturata su 9 livelli di giudizio

(25)

che permettono di rendere le decisioni maggiormente consistenti e lineari (tabella 5.3).

INTENSITA’ DI

IMPORTANZA DEFINIZIONE SPIEGAZIONE

1 Stessa importanza Due elementi contribuiscono ugualmente all’obiettivo

3 Importanza moderata L’esperienza e il giudizio favoriscono debolmente un elemento all’altro

5 Importanza forte L’esperienza e il giudizio favoriscono fortemente un elemento all’altro

7 Importanza molto forte Un elemento è molto favorito rispetto all’altro, la sua prevalenza è dimostrata dalla pratica

9 Importanza estrema L’evidenza che favorisce un elemento all’altro è dell’ordine di affermazione più alto possibile

2,4,5,6,8 Valori intermedi Quando è necessario ricorrere ad un compromesso

Reciproci Opposti Utilizzati per il confronto inverso

Tabella 5.3: scala fondamentale di Saaty ( Saaty, 2000)

Infine, per calcolare il vettore di priorità, utilizzato per determinare i pesi dei fattori, è necessario da ciascuna matrice dei giudizi comparati, estrapolare il massimo autovalore (eigenvalue) e il relativo autovettore (eigenvector) (Kardi, 2006). Normalizzando l’autovettore, in modo che la somma dei suoi elementi sia pari a 1, si ottengono i pesi degli elementi confrontati tra loro.

Al fine di validare il risultato ottenuto, è importante capire se la matrice dei confronti a coppie è consistente o meno, ovvero si cerca di “misurare” se i giudizi soggettivi del decisore ad ogni confronto sono coerenti. Per effettuare questo controllo, bisogna definire per ogni matrice l’indice di consistenza (CI):

(26)

!!"# − #

# − 1

Dove ! è l’autovalore principale e N è la dimensione della matrice. Questo numero, che è nullo per decisori perfettamente consistenti e cresce all’aumentare delle contraddizioni, viene confrontato con un indice di consistenza casuale (RI), che si ottiene eseguendo la media dei valori dei CI di numerose matrici reciproche dello stesso ordine, create in modo casuale (tabella 5.4). Dal confronto tra i due indici, si ottiene il rapporto di consistenza (Consistency ratio-CR), che secondo la metodologia AHP deve essere uguale o inferiore al 10%. Valori superiori, potrebbero causare errori troppo grandi, tali da compromettere la validità del risultato finale.

n 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

RI 0 0 0.58 0.9 1.12 1.24 1.32 1.41 1.45 1.49

Tabella 5.4: Indice di consistenza casuale (RI) per matrici di ordine differente (Saaty,2000)

(27)

CAPITOLO 6

SOGLIE PLUVIOMETRICHE: STATO DELL’ ARTE

Come ampiamente riconosciuto in letteratura, il principale fattore d’innesco per le frane è rappresentato dalle precipitazioni (Glade et al., 2005, Sidle & Ochiai, 2006). Di conseguenza, molti autori hanno cercato di determinare delle soglie pluviometriche, ovvero il valore minimo o massimo di un certo parametro (ad esempio l’intensità o la durata della precipitazione) in grado di innescare un cambiamento nelle condizioni di stabilità di un versante (White et al.,1996).

Esse si distinguono in fisicamente basate e empiriche.

Le soglie fisicamente basate, prendono in considerazione gli aspetti idrologici, idrogeologici, morfologici e geotecnici del versante, tentando di riprodurre i fenomeni fisici che avvengono nel pendio e che ne determinano instabilità. In particolare, offrono la possibilità di analizzare gli effetti prodotti dalle piogge sulle pressioni interstiziali, sui moti di filtrazione e sulle modalità di deflusso idrico (Tarolli et al., 2006; Segoni et al., 2009; Capparelli & Versace, 2011), ma sono applicabili solo su aree limitate data la necessità di dettagliate informazioni spaziali difficili e onerose da acquisire su vaste aree.

L’approccio empirico, maggiormente utilizzato nella determinazione di soglie, è basato su indagini di tipo statistico che tengono in considerazione dati storici relativi sia alle precipitazioni che alle frane nella zona esaminata. Tipicamente, sono rappresentate in un piano in funzione di due o più variabili pluviometriche (es. relazioni intensità-durata, precipitazioni cumulata-durata) e la loro affidabilità, è legata alla qualità e disponibilità dei dati di input. Nel caso in cui siano considerati solo gli eventi di pioggia innescanti, la maggior parte degli autori (tra cui Caine, 1980) definiscono la soglia come il limite inferiore degli eventi di pioggia sotto la quale non si hanno mai frane. Per Crozier (1999), invece, la soglia rappresenta il limite superiore, sopra al quale le frane avvengono sempre. Diversamente, se vengono considerati anche gli eventi non innescanti, la soglia rappresenta il miglior separatore delle due categorie di eventi. Recentemente, alcuni autori (come Guzzetti et al., 2007; Brunetti et

(28)

al.,2010; Saito et al.,2010) hanno criticato gli approcci sopracitati per la loro mancanza di oggettività e ripetibilità e hanno introdotto alcuni metodi statistici per la definizione di soglie. Un primo metodo si basa su un approccio probabilistico rigoroso (metodo di inferenza Bayesiana ) e può essere utilizzato per determinare la soglia I-D minima per l’innesco di frane ( Guzzetti et al., 2007; Brunetti et al.,2010). Brunetti et al. (2010) adottano anche un approccio

“frequentista” che si basa sull’analisi delle frequenze delle condizioni di pioggia che hanno determinato movimenti franosi, ed è quindi sensibile al grado di dispersione dei dati. Inoltre, permette di ottenere diverse soglie in funzione del livello di superamento, ben integrabili nei sistemi di allertamento.

Relativamente all’estensione areale, le soglie pluviometriche empiriche possono essere globali, regionali o locali. Quelle globali, definiscono un valore minimo di precipitazione universale sotto al quale le frane non avvengono mai indipendentemente dalle condizioni morfologiche, geologiche e di uso del suolo locali (Guzzetti et al.,2007). Di conseguenza, questa tipologia di soglia ha il vantaggio di poter essere usata per aree molto estese, ma proprio per questo le potenzialità applicative sono limitate in quanto tendono a generare un numero elevato di falsi allarmi. Le soglie regionali, sono valide per aree che si estendono da poche ad alcune migliaia di km2 caratterizzate da condizioni metereologiche, climatiche e fisiografiche simili (Guzzetti et al., 2007). Infine, quelle locali sono specifiche per una singola frana od un gruppo di frane, più in generale per aree con un’estensione variabile tra poche ed alcune centinaia di km2.

In letteratura, esistono numerose soglie pluviometriche empiriche, Guzzetti et al., (2007) hanno effettuato una revisione critica di quelle proposte tra il 1975 ed il 2005, Franceschini (2012) ha ampliato temporalmente l’analisi fino al 2011 e le ha suddivise tra quelle calcolate esclusivamente sulla base delle variabili di controllo che caratterizzano l’evento meteo innescante (le più diffuse in letteratura sono quelle sul piano I-D), e quelle che invece tengono in considerazione anche l’effetto delle piogge antecedenti. Sulla base di questa classificazione, si riporta nei capitoli successivi una rassegna di soglie pluviometriche empiriche.

(29)

6.1 SOGLIE BASATE SULL’EVENTO METEO INNESCANTE Questa tipologia di soglie è la più diffusa in letteratura e nel piano intensità- durata assume la generica forma:

! = # + & ∗ (!

in cui I è l’intensità media della pioggia, D è la durata e c, &, ) sono parametri.

Genericamente c risulta essere quasi sempre nullo e perciò la soglia pluviometrica è una semplice legge di potenza (che in un diagramma bilogaritmico è rappresentata da una retta con pendenza ) e intercetta &) (tabella 6.1).

# ESTENSIONE AREA TIPO

DI FRANA EQUAZIONE RANGE

1 G Mondo FS ,D I = 14.82 × D-0.39 0,167<D<500

2 G Mondo D I = 4.93 × D-0.496 0,1<D<100

3 G Mondo D I = 30.53 × D-0.57 0,5<D<12

4 G Mondo S I = 10.00 × D-0.77 0,1<D<1000

5 G Mondo FS I = 0.48 + 7.2 × D-1.00 0,1<D<1000

6 G Mondo D I = 7.00 × D-0.60 0,1<D<3

7 G Mondo FS, D I = 2.20 x D-0.44 0,1<D<1000

8 N Italia T I = 7.74 x D-0.64

I = 12.17 x D-0.64 I = 7.71 x D-0.55

0.2<D<1440 0.2<D<1440 0.2<D<1440

9 R Abruzzo (Italia) T

I = 4.23 x D-0.55 I = 5.94 x D-0.55 I = 5.54 x D-0.59

1<D<600 1<D<600 1<D<600 10 R Lombardia (Italia) FS, D I = 4.58 x D-0.42 1<D<91 11 R Abruzzo (Italia) FS, D I = 6.16 x D-0.58 1<D<600 12 R Calabria (Italia) FS, D I = 7.85 x D-0.57 2<D<1080 13 R Piemonte (Italia) FS I = 19.0 x D-0.50 4<D<150 14 R Campania (Italia) T I = 28.10 x D-0.74 1<D<600 15 R Alpi Nord -Orientali

(Italia) D I = 47.742 x D-0.507 0.1<D<24 16 L Valteliina, Lombardia

(Italia) S I = 44.668 x D-0.78 1<D<1000 17 L Val Bisagno, Genova

(Italia) T I =14.5 x D-0.525

I = 59.98 x D-0.525 4<D<10 10<D<24

18 L Alpi Apuane, Toscana

(Italia) FS

I = 26.871 x D-0.638 I =85.584 x D-0.781 I = 38.363 x D-0.743 I = 76.199 x D-0.692

0.1<D<35 0.1<D<35 0.1<D<12 0.1<D<12

19 L Valzangona,

Appennino Settentrionale (Italia)

FS I = 18.83 x D-0.59 24<D<3360

20 L Bacino Fiume

Entella,Liguria (Italia) FS I = (11.28 + 1.04) x D(-

0.60+0.02) 4<D<170

Riferimenti

Documenti correlati

Dato l’ingresso sinusoidale u(t) = sin(ωt) si dica come varia il fattore di amplificazione della risposta a regime2. Si dica per quale valore

[r]

[r]

Revisione del processo di comunicazione dei messaggi di allerta e promozione di una “cultura del rischio” (coinvolgimento degli enti locali e formazione dei cittadini stessi sui

PER QUANTO ESPOSTO NEL BOLLETTINO DI VIGILANZA METEOROLOGICA NAZIONALE DI OGGI, DOMENICA 10 MARZO 2019; SULLA BASE DELLA CONCERTAZIONE SINOTTICA ODIERNA NELL’AMBITO DEL GRUPPO

Indagine di mercato per acquisire manifestazioni di interesse a partecipare alla procedura pubblica di affidamento ex art. 61, Firenze – intende avviare, ai

Il Centro propone corsi di 1° livello e specialistico di 2° livello rivolti a quanti intendono operare con il proprio cane e corsi specialistici rivolti a tutti quei

File dati e formati di scambio nelle reti di monitoraggio geologico L.Lanteri - ARPA Piemonte. Necessità e caratteristiche della manutenzione delle reti di