MUSEI L’uso dell’energia nei musei e nelle aree archeologiche ILLUMINATI
Istituto di Studi e Analisi Economica
Massimo Misiti, Responsabile ricerca, Centro Studi Civita “G. Imperatori”
All’indagine hanno collaborato:
Ilaria Basili, Rachele Mannocchi, Centro Studi Civita “G. Imperatori”
Coordinamento editoriale:
L. Maria Rita Delli Quadri, Responsabile Centro Studi “G. Imperatori”
Un particolare ringraziamento va a:
Vincenzo Naso, con Fabrizio Giamminuti, Facoltà di Ingegneria, Università di Roma “La Sapienza“
Carlo Lannutti, con Federica Cerroni, Facoltà di Architettura Università di Roma “La Sapienza”
Claudio Margottini, Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, Università di Modena e Reggio Emilia
Francesco Caroleo consulente legale, Sopaf Daniele Muneroni, Chief Financial Officer, Sopaf
Si ringraziano, infine, i musei italiani e stranieri contattati per la realizzazione della nostra indagine
Illustrazione della copertina Orsola Damiani
Progetto grafico e impaginazione Carlo Giuli
Introduzioni
Politiche e prospettive Antonia Pasqua Recchia Stefano Saglia
Presentazione della ricerca Annalisa Cicerchia
I temi
L’uso appropriato dell’energia nei musei e nelle aree archeologiche, Annalisa Cicerchia
Il forum di esperti, Massimo Negri, L. Maria Rita Delli Quadri Guida pratica all’impronta ambientale, Maurice Davies Energia nei musei, Carla Balocco
Esperienze a confronto
Cambiare e sostenere il cambiamento, Massimo Misiti, Ilaria Basili I musei italiani, Annalisa Cicerchia
Il Poldi Pezzoli di Milano
La Galleria Comunale d’Arte di Cagliari La Fondazione Forma di Milano Il Museion di Bolzano
La Sala Nervi in Vaticano Il Museo Explora di Roma
Il progetto pilota “E.C.H. - Energy for Cultural Heritage”, Andrea Pessina
Gli strumenti finanziari, Daniele Muneroni
Appendice: Un panorama della normativa, a cura di Massimo Misiti, Ilaria Basili
indice
pag. 5
pag. 10 pag. 14
pag. 20
pag. 26 pag. 35 pag. 39 pag. 46
pag. 70 pag. 81 pag. 88 pag. 91 pag. 95 pag. 97 pag. 99 pag. 102 pag. 104
pag. 110 pag. 115
opaf, società di investimenti con un vasto portafoglio di iniziative, tra cui quelle mirate al settore eolico e fotovoltaico, condivide l’esigenza, generalmente avvertita, di dotare gli edifici pubblici e, in modo più particolare, quelli destinati a conservare il patrimo- nio culturale italiano, di sistemi di energia pulita. In questo modo, anche attraverso la strut- tura di incentivi che il governo ha predisposto, si favorirebbero la creazione di nuovi fondi di reddito e occasioni di economie che, in un momento di austerità come quello attuale, sono di particolare interesse e importanza per la tutela e la valorizzazione dei nostri beni cul- turali, perno fondamentale su cui poggia in buona parte il sistema turistico nazionale.
Il sistema di incentivi che il governo italiano, con lungimiranza e competenza, ha posto in essere per favorire lo sviluppo dell’energia alternativa in modo particolare per quanto ri- guarda il settore fotovoltaico, gioca un ruolo fondamentale in questo senso.
La normativa introdotta dal nuovo Conto Energia, che andrà in vigore a partire dall’anno 2011, consentirà un modo molto più razionale e attraverso una allocazione diversificata degli in- centivi il miglior utilizzo del suolo delle superfici del Paese indirizzando quindi gli investimenti verso impianti meno invasivi e a maggior valore aggiunto, ciò anche al fine di favorire la creazione di una filiera industriale italiana che si sostituisca in parte alla struttura attuale.
La sfida risiede nel coniugare il rispetto architettonico e ambientale di edifici e di
luoghi storici con impianti di produzione di energia che ancora oggi hanno caratteristiche che le rendono assai visibili per non dire intrusivi e comunque avulsi dal contesto in cui sono collocati. Aggiungo a ciò che il costo iniziale di impianti è pur sempre elevato e, comunque, fuori dalla portata degli Enti.
Da qui la necessità di aprire un esame congiunto esteso alle Istituzioni Pubbliche Centrali e Locali, agli Istituti Bancari e alle aziende per costruire dei modelli di collaborazione che, su base di project financing e di sponsorizzazioni, consentano l’utilizzo dell’energia pulita da parte degli enti, senza che questi debbano assorbire gli investimenti.
Utile, in questo senso, sarebbe verificare se gli istituiti museali possano disporre di capacità giuridica per diventare soggetti produttori di energia sia attraverso il cosiddetto scambio sul posto, sia utilizzando il Conto Energia.
Si potrebbe, poi, prevedere, soprattutto al fine di preservare intatta la struttura architettonica, l’ot- tenimento da parte del Comune di appartenenza di aree in comodato che diventino per- tinenziali all’istituto o al sito archeologico sul quale installare impianti il cui utilizzo di energia ed eventualmente i relativi ricavi siano a beneficio dell’ente o del sito stesso.
Un altro elemento da prendere infine in considerazione potrebbe essere l’inserimento degli Enti dipendenti dal Ministero dei Beni Culturali tra quelli previsti dal Conto Energia che be- neficiano di incentivi particolarmente attraenti.
Ovviamente per una logica perequazione questo extra incentivo dovrebbe tener conto delle diverse situazioni di irraggiamento che si producono nel nostro Paese.
Un primo esperimento in tal senso potrebbe essere rappresentato da quello, in parte già avviato con la collaborazione del Soprintendente per i beni archeologici dell’Abruzzo nel Museo Archeologico Nazionale la Civitella di Chieti, complesso dotato di grande classico, e che, oltre ad assolvere le funzioni proprie di una sede museale rappresenta per la città di introduzione
S
Chieti un polo culturale di grande importanza. Si tratterebbe solo del primo passo di un programma ambizioso.
Noi ci auguriamo che attraverso questo processo si possano ottenere tre sostanziali risultati:
1) la riduzione dell’inquinamento atmosferico derivante dall’utilizzo di energia pulita in so- stituzione dell’energia convenzionale;
2) la riduzione dei costi di gestione dei musei di cui l’energia costituisce una voce molto significativa;
3) la creazione di una fonte addizionale di ricavi mediante l’accesso degli enti appartenenti al Ministero dei Beni Culturali al Conto Energia e allo cambio sul posto già previsti dal legislatore nel caso di altri enti pubblici come ad esempio i comuni.
Giorgio Magnoni
VicePresidente e AD di SOPAF SpA, Presidente di SPF ENERGY SpA
idea di approfondire il tema dell’uso dell’energia nei musei, presente già da diverso tempo nell’Associazione Civita, ha potuto concretizzarsi grazie ad una comunione di intenti con la nostra associata Sopaf, attraverso la realizzazione di un progetto che prevedeva la conduzione dell’indagine oggetto di questa pubblicazione e l’organizzazione di un convegno pubblico, finalizzati ad un primo tentativo di razionalizzare e dare evidenza ad alcuni elementi essenziali per una gestione appropriata delle risorse energetiche all’interno degli spazi museali.
Quell’idea traeva le sue origini da diversi stimoli esterni e da alcune riflessioni interne, connaturate alla missione di Civita. Da una parte, quindi, c’era e c’è una forte sollecitazione da parte dell’opinione pubblica a partire da un ampio scenario nazionale e internazionale che impone la necessità di individuare forme di sostenibilità e risparmio energetici, prima ancora che per i vincoli imposti dalla normativa comunitaria, per un forte obbligo morale verso l’intero Pianeta.
Per questo principale obiettivo, ma anche per la conseguente opportunità di contenimento dei costi di gestione, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha manifestato interesse rispetto a que- sti temi, nello specifico ambito dei consumi energetici dovuti alla Cultura, in particolare attribuibili al funzionamento dei musei e delle aree archeologiche, che doverosamente abbiamo registrato.
D’altra parte, questi temi riflettono alcune fra le principali finalità di Civita:
la tutela dell’ambiente, inteso anche nell’accezione per cui si inserisce a pieno titolo nel Codice Urbani; l’applicazione delle tecnologie innovative al settore dei beni culturali, cui abbiamo dedicato, nel corso degli anni, ricerche, pubblicazioni e progetti; la collaborazione tra amministrazione pubblica e imprese in funzione di un dialogo che, in diverse occasioni, ha potuto trasformarsi nella concretezza di in- terventi come quello che, a valle di questo progetto, sarà realizzato presso la Civitella di Chieti da Sopaf, con l’installazione di un impianto fotovoltaico.
Trattandosi, poi, di un tema attinente alla vita e alla funzione del Museo, in quanto sede fisica di forti signi- ficati simbolici e culturali, con tutte le implicazioni sociali che ha avuto e deve continuare ad avere, quello di Musei illuminati non poteva non coinvolgere un soggetto come Civita, da sempre attenta a realizzare studi ed iniziative concrete finalizzate all’innovazione nei beni culturali.
Al di là del problema rilevante, della riduzione del consumo di CO2 da parte dei musei e delle soluzioni, più o meno innovative, che questo volume presenta, la riflessione arriva a toccare ambiti urgenti e nevralgici nella gestione museale: dalla funzione che si deve attribuire al Museo nel XXI secolo, e che ne determina i consumi energetici (a questo proposito interessante può risultare la lettura di quanto emerso dal Forum tra esperti realizzato a Civita lo scorso mese di giugno, oggetto di un capitolo in questo stesso volume); - fino all’opportunità, valutata in vari contesti e a livelli diversi, di dotare il museo di una propria natura giuridica che gli permetta di acquisire maggiore autonomia e autodeterminazione.
Una sfida, dunque, articolata e complessa, che abbiamo voluto affrontare senza la pretesa di realizzare una ricerca scientifica, quanto piuttosto nell’ottica di elaborare una rassegna di riflessioni, casi e soluzioni tec- nologiche, consapevoli dello stato ancora piuttosto embrionale del dibattito e delle soluzioni finora individuate nel nostro Paese, a partire dalla normativa in materia, le cui vastità e complessità sono ben rese dall’ap- pendice a questo volume.
Come in diverse parti di questo libro si sostiene, spesso già solo pochi interventi mirati si rivelano determi- nanti perché siano possibili le grandi trasformazioni del futuro.
Albino Ruberti
introduzione
L’
Politiche e prospettive
Nell’ambito di una problematica così complessa e dai molteplici risvolti, l’aspetto che mi preme approfondire è far comprendere se nel Ministero per i beni e le attività culturali si abbia consapevolezza del problema del consumo energetico all’interno dei musei o anche - volendo estendere l’oggetto dell’indagine al patrimonio culturale tout court - dei cosiddetti luoghi della cultura, archivi e biblioteche, del Ministero per i beni e le atti- vità culturali.
Esiste non solo una cognizione, ma anche una strategia ed è, dunque, opportuno iniziare a parlare di numeri.
Il nostro patrimonio culturale (musei ed aree archeologiche), gestito dallo Stato, ammonta a 403 unità aperte al pubblico, più un certo numero di luoghi non aperti al pubblico (in restauro o non attivi); il patrimonio immobiliare gestito dal MiBAC, invece, è ben più vasto: un censimento di 1.060 immobili, tra musei, archivi, biblioteche ed uffici del Mi- nistero. A questi dati corrispondono 6.000.000 di mc di immobili e 571.000 mq di sole superfici museali, senza dimenticare le aree archeologiche aperte al pubblico che rappresentano una minima parte del patrimonio archeologico italiano di 15.600.000 mq, ovvero 1.500 ettari.
Di fronte a un tale patrimonio immobiliare e ai numeri che ne derivano, il tema della bolletta energetica riveste una importanza fondamentale.
All’interno del nostro bilancio vi sono capitoli dedicati ai consumi energetici che rientrano nell’ambito di una categoria che, dal punto di vista economico-finanziario, viene definita dei “consumi intermedi”, dedicati all’acquisto di beni e servizi per il funzionamento. Inoltre, l’ammontare complessivo per la gestione ed il funzionamento di tutto questo patrimonio è di 111.000.000 di euro ma, nel caso del nostro Ministero, si verifica un fatto contradditto- rio. In tutti gli stati di previsione dei Ministeri, così come in tutte le linee di spesa della Pubblica Amministrazione, vi è sempre la forzatura di utilizzare i fondi di investi- mento dedicati ai lavori a favore delle spese correnti, perché i loro capitoli non sono mai suf- ficienti.
Un fenomeno che, in parte, accade anche da noi nonostante si verifichi tuttavia, anche un
Il consumo energetico in musei e aree archeologiche:
le strategie del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
caso inverso: da un lato, utilizziamo fondi di investimento per la gestione corrente, dall’al- tro, una parte di questi milioni per i cosiddetti “consumi intermedi” la impieghiamo per la manutenzione straordinaria. Pertanto, la somma che complessivamente spendiamo per la gestione, tra cui quella dei consumi non solo energetici ma anche di altro genere, è molto più bassa ed è in sofferenza.
La qualità di questi servizi, supportati da consumi così bassi, presenta, quindi, un delta di crescita potenziale molto alto. Il calcolo che abbiamo effettuato, non considerando solo i capitoli delle spese energetiche, è di circa 25.000.000 di euro.
Per fare un esempio, la somma della bolletta telefonica, fino a due anni fa, ammontava a circa 9.000.000 di euro, abbattuta, grazie all’uso della tecnologia VoIP, a circa 5.800.000 euro per tutti gli istituti del Ministero, centro e territorio.
La consapevolezza del problema, quindi, esiste e stiamo cercando di individuare una strate- gia.
Una delle strade da percorrere è esprimere in modo aggregato, seppure nello specifico dei dettagli, un fabbisogno non solo di energia ma di soluzioni adeguate, a volte, assenti sul mercato e non accontentarsi di essere dei fruitori, o peggio, clienti di un mercato in rapida evoluzione e crescita; una necessità, di tecnologie mature da applicare, ma anche di nuove ricerche applicate a tali tecnologie che, forse, necessitano di ulteriori stimoli per dare migliori risultati.
L’altra strada da osservare, sul piano nazionale ed europeo, la disponibilità delle fonti di finanziamento e, contestualmente, individuare i passi operativi necessari ad attivare queste fonti a livello europeo; in particolare, recepire i fabbisogni di ricerca che emergono dall’in- terno, rappresentarli in ambito comunitario e determinare scelte strategiche di orienta- mento di fondi, come avviene nell’VIII Programma Quadro di ricerca che, attualmente, si comincia a delineare.
A questo proposito, nell’analisi dei fabbisogni di ricerca applicata alla conservazione e alla gestione innovativa del patrimonio culturale italiano, lo scorso anno, è stato proposta dall’Italia, alla Commissione e poi al Consiglio Europeo, la tematica del patrimonio culturale, nell’ambito di quelle iniziative denominate joint program initiatives: inizia- tive di programmazione congiunta che mirano ad individuare nella ricerca quelle che sono le priorità dei vari stati membri.
Pertanto, su proposta italiana, abbiamo raccolto il consenso di 14 stati – tra cui Spagna, politiche e prospettive
Francia, Polonia, Germania, Inghilterra ecc. – nell’individuare, tra le questioni prioritarie, il tema della conservazione del patrimonio culturale. Per sottolineare il peso di tale decisione, basti pensare che le altre tematiche selezionate sono state la salute e l’alimentazione.
Nel corso dell’ultimo anno, come Direzione Generale che si occupa sia dell’innovazione che di una migliore organizzazione generale delle strutture del Ministero, nonché del bilancio, abbiamo esaminato quali possano essere le fonti di finanziamento disponibili.
Da quest’osservazione sono emerse alcune possibilità, diverse da quelle che pur risiedono nei piani operativi regionali o interregionali in cui sono presenti sia la linea del risparmio energetico che quella relativa alla produzione energetica con fonti alternative.
Non tutte le Regioni, nei rispettivi piani operativi, hanno individuato come beneficiari di que- sti interventi gli enti pubblici come, ad esempio, musei, biblioteche ed archivi.
In quest’ambito, infatti, la sensibilità delle regioni è molto diversificata e, in generale, piuttosto bassa. In particolare per quel che riguarda quelle appartenenti all’obiettivo Convergenza, l’incidenza dei consumi interni lordi del Mezzogiorno (tutte le 8 regioni) sulle fonti rinnovabili è del 9 %, l’incidenza delle 4 regioni dell’obiettivo Convergenza è del 7%, mentre la media nazionale è del 14 %. A livello delle amministrazioni centrali, abbiamo cercato di stringere un’alleanza con il Ministero dell’Ambiente e tutela del Territorio poiché titolare, quest’ultimo, di una linea di finanziamento del programma operativo interregionale energie rinnovabili e risparmio energetico di edifici e monumenti, ed un’apprezzabile disponibilità finanziaria del Ministero verrà, infatti, utilizzata proprio per l’efficientamento energetico.
Tecnici, esperti e rappresentanti delle imprese stanno lavorando in tal senso, per individuare, data la particolarità dei nostri beni artistici e culturali, soluzioni apposite per ogni tipologia di patrimonio; a tal fine, è necessario un supporto di diagnosi energetica e di progettualità molto più ampio rispetto all’applicazione di queste stesse procedure di finanziamento in tipologie di edifici pubblici quali scuole, carceri ed ospedali.
Grazie ai fondi europei per lo sviluppo regionale, cercheremo di arrivare a questi risultati di abbattimento del consumo energetico, tenendo sempre conto della compatibilità quale elemento fondamentale, dal momento che tali edifici vantano un elevato pregio architetto- nico ed artistico, e proveremo ad acquisire, sia come pubblica amministrazione ma anche come cittadini, un modello di comportamento energetico virtuoso che, ancora, non abbiamo percepito.
Oltre che con il Ministero dell’Ambiente, abbiamo avviato – con qualche difficoltà in più – un altro accordo di programma con il Ministero dello Sviluppo Economico e con la Direzione Generale per l’Energia Nucleare, l’Energia Rinnovabile e l’Efficienza Energetica che presenta una linea di finanziamento incentrata sulla medesima proposta operativa ma volta alla produzione energetica.
Il tema dell’impatto, sia architettonico che paesaggistico, non può non essere affrontato:
una delle prime linee da seguire, in questo caso, è l’onestà intellettuale e ne stiamo ampiamente discutendo anche nei livelli scientifici più alti, dai comitati di settore al Consiglio superiore dei beni culturali.
Stiamo vivendo un’obsolescenza accelerata di tutte le soluzioni tecnologiche che, come è accaduto nel campo dei telefoni cellulari dieci anni fa, ci condurrà, nel tempo, a soluzioni di fotovoltaico da impiegare su vasta scala data la tipologia di patrimonio da gestire.
Grazie a nostri beni culturali – per i quali la comunità nazionale paga le tasse per illuminarli e tenerli aperti - l’Italia presenta percentuali di PIL che continuano a crescere; il turismo culturale, infatti, nel corso dell’ultimo anno è in forte crescita e, anche il nostro Paese, sta raggiungendo risultati interessanti di crescita di consumi e di incoming anche dall’Estero.
Antonia Pasqua Recchia
Direttore Generale Innovazione Ministero Beni e Attività Culturali politiche e prospettive
Agiamo, in un settore apparentemente solo tecnico e specialistico, sulla base ed a seguito di attese, speranze e intatta passione.
Senza passione, lo sappiamo, sono, nel proprio modello mentale, i saccenti e i pedanti: ad assiduis non fit passio. Abbiamo maturato invece, un’idea del sapere non tradizionale, dove conta, attraverso ogni forma di indagine e di scoperta, la complessità.
E, in più, lavoriamo informando, perché riteniamo che l’informazione sia il primo passo della formazione e dell’azione.
Siamo, anche, convinti che etica, tecnologia e ricerca debbano saper dialogare fra loro:
specie nel nostro Paese, dove - in più - non possono che incontrare (e concretamente rispettare) la tradizione e la storia.
In Italia, infatti, gli orizzonti dell’uomo, quelli della tecnica e gli orizzonti delle idee si intersecano e producono continue nuove condizioni d’arte e di scienza, ponendo le basi per una possibile, inedita, doppia spinta allo sviluppo. Diventano cioè possibili nuovi scenari, che offrono incredibili prospettive ed opportunità, delineando un quadro futuro non solo plausibile ma anche auspicabile e concreto.
La ricerca che premia le idee - e che anela al perduto coraggio ed alla creatività - può (deve) porre al centro del suo discorso la qualità della vita in tutti i suoi aspetti e il piacere, prezioso, della condivisione. La “sostenibilità” (presente, a torto o a ragione, in ogni attuale strate- gia) non può assumere identità e carattere solo nel settore energetico - che è quello che più direttamente ci riguarda - o in quelli vicini, ma deve necessariamente rapportarsi con una vasta integrazione comunicativa, informatica e storica. Governo della ragione e go- verno delle speranze possono convivere, diventare un governo esercitato mediante il dia- logo. Energia ed evoluzione, economia ecologica e progresso, sono solo diversi aspetti di un’unica scommessa sull’uomo e dell’ineludibile dovere politico di indirizzare le scelte.
Forse gli stessi indicatori economici, da soli e senza “valori aggiunti”, senza mediare la memoria, non possono più bastare, anzi, secondo alcuni, sembrano incitare alla crescita nell’insostenibile consumo di risorse non rinnovabili. Forse è da queste condizioni che possono prodursi le staminali per una mutazione utile a raggiungere un linguaggio comune, per un futuro consapevole.
Per quanto attiene le decisioni che riguardano la politica energetica e, nello specifico, quelle
Innovazione e cultura, per vincere le sfide di oggi
che si riferiscono alle fonti rinnovabili, ci è apparso importante ritornare a regole certe, evitando anche la sola sensazione che possa essere oltrepassata la “giusta misura”.
Esattamente come prescriveva l’Oracolo di Delfi, il cui motto era medén àgen, nulla di troppo.
Dobbiamo ricordare sempre che siamo in un Paese unico e diverso da tutti gli altri, dove il principale plusvalore è costituito dalla memoria.
In cui il paesaggio costituisce la rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, il risultato di secoli di armonica interazione fra uomo e natura. In cui gli spazi sono zippati di attrazioni e sollecitazioni: ma anche di relazioni ed occasioni.
È per questo Paese e per la sua specificità che il Ministero dello Sviluppo Economico ha di recente individuato - attraverso un provvedimento forte e - delle innovative “linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.
Per attribuire rinnovata concretezza alla grande sfida dell’efficienza energetica. Infatti, le
“linee” sono state elaborate di concerto con altri due Ministeri, quello dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e quello per i Beni e le Attività Culturali: e costituiscono, nella loro articolazione, un non consueto punto di incontro - atteso per ben sette anni- fra com- piti istituzionali diversi e a volte ritenuti (e questo è il punto!) fra loro concorrenti se non con- trastanti. Operano fra sviluppo e salvaguardia, fra applicazione di nuove tecnologie e ricaduta di quelle tecnologie su paesaggio e patrimonio storico-artistico.
E un’intera parte delle “linee guida” è specificamente dedicata all’Inserimento degli Impianti nel Paesaggio e sul Territorio.
Energia, tecnologia (con l’adeguato necessario design), salvaguardia e conservazione: l’obiet- tivo è mettere a sistema tutto questo, semplificando le procedure, chiarendo il regime giuri- dico delle autorizzazioni, ma tenendo salda l’attenzione e “tirando le fila” dei diversi aspetti attraverso una forma importante ma non rigida di coordinamento. Esplorando i mec- canismi delle norme e della creatività e mettendo al centro di tutto la “dimensione del fare”.
Il settore, fondamentale per il destino delle generazioni future, è attraversato anche da una domanda di responsabilità che ha rappresentato e rappresenta una nuova sfida per i cittadini ed i decisori politici. Attraverso le “linee guida”, lo Stato - in controtendenza rispetto ad altri momenti di marcato e necessario regionalismo - si è riappropriato della
“funzione di indirizzo”, verso le Regioni e gli Enti locali, su questioni delicate e complesse - oltre che fra loro interconnesse - quali la conservazione da un lato e la politica energetica dall’altro. Si fa, con un “semplice” decreto, un viaggio nella modernità, nella convinzione che è ormai cambiato il mondo attraverso i suoi simboli.
Era essenziale, nell’attuale momento storico, che lo Stato fornisse un indirizzo univoco su come affrontare e gestire tali questioni, tenendo conto della assoluta specificità italiana
politiche e prospettive
nel settore, quella che non sempre le pur calibrate direttive dell’ Unione Europea riescono a focalizzare nella sua natura e in tutte le conseguenze che, a cascata, ne derivano.
Era il momento di cercare di fare chiarezza, di ricostruire regole e di tornare a riflettere sui punti chiave della modernità.
Attualmente, stiamo attraversando un momento di euforia generale nel settore dell’installa- zione di fonti rinnovabili.
L’Unione Europea, infatti, ha varato un pacchetto clima-energia volto a raggiungere gli obiettivi già fissati per l’anno 2020: la riduzione del 20% delle emissioni di gas a effetto serra, portando al 20% il risparmio energetico ed aumentando al 20% il consumo di fonti rinnovabili.
Un obiettivo, nel suo insieme, con evidenza ben difficilmente raggiungibile dal nostro Paese, sia perché densamente popolato sia per la propria oggettiva (e necessariamente frenante, ai fini numerici che l’UE si propone) bellezza. La direzione, però, è presa ed è quella di un’edilizia e di una vita sempre più bio ed ecologicamente sostenibile: fra l’altro, un grande business che creerà migliaia di posti di lavoro.
Nonostante gli impedimenti e le obiettive difficoltà, cerchiamo - con fiducia e determinazione - di portare avanti il nostro dovere di governo responsabile, anche attivando altre proce- dure, anche con accordi con Paesi esteri.
A questo scopo, abbiamo aperto una porta sul Mediterraneo impegnandoci nello sviluppo delle fonti rinnovabili in alcuni Paesi - quali Tunisia, Egitto e Serbia - in cui esistono, sia per l’energia eolica che per quella solare, condizioni generali e climatiche dalle enormi potenzialità.
Non impegnando solo il territorio italiano per questo genere di attività, sarà infatti possi- bile per il nostro Paese raggiungere gli “obiettivi europei” con maggiore facilità e tempe- stività, e sempre nell’interesse collettivo.
Le istituzioni possono fare molto e un confronto aperto tra il Ministero dello Sviluppo Econo- mico e quello per i Beni e le Attività Culturali risulta certamente utile anche in merito ad un ul- teriore degli “altri 20” (un numero forse scaramanticamente ricorrente) che l’Europa si impone, ovvero la riduzione, negli usi finali, dell’energia spesa nei nostri consumi. Una priorità della politica energetica, questa, utile a consentire il miglioramento dell’impatto ambientale delle attività umane senza in alcun modo diminuire gli standard di vita o solo im- maginare una società più povera. Una priorità che presuppone di puntare adeguatamente su qualificate forme di sperimentazione e sulla ricerca, volano non trascurabile di sviluppo eco- nomico.
Sono, d’altro canto, le stesse “linee guida” che, in definiti punti della parte quarta, dopo aver sollecitato progettazioni “legate alla specificità dell’area”, invitano alla “ricerca ed alla spe-
rimentazione innovativa” proprio per i contesti storici, naturali e paesaggistici.
Attribuiscono quindi alla ricerca di settore, nella sua ancora in buona parte inesplorata specificità, importanza e compiti di rilievo nazionale.
Propongono di diventare tutti gladiatori nell’arena di una strategia unitaria e condivisa per trovare le soluzioni migliori per progettare la ripresa, attraverso ricerca e sviluppo.
L’opportunità - anzi, la necessità - di impiegare le migliori tecnologie in tutti gli ambiti possibili, attraverso una ricerca che premi le idee, induce ad un immediato riferimento al settore mu- seale, sia per l’inestimabile ricchezza del patrimonio che vi è custodito, che non può e non deve correre alcun rischio, sia perché, così, la spinosa questione dei (limitati) fondi pubblici potrà trovarvi una prima ed efficace soluzione. Una soluzione certamente vincente se si riu- scirà ad armonizzare l’aspetto ingegneristico con quello imprescindibile della salva- guardia (e della valorizzazione).
La “bolletta energetica” delle ca. 4500 strutture museali italiane è, notoriamente, cospi- cua, spesso drammaticamente superiore alle disponibilità e tende rapidamente a peggiorare, per un insieme di motivi concorrenti che producono, già oggi, sale chiuse e luci spente, pur fra proiettori spot e faretti.
Le condizioni di conservazione delle opere, il necessario confort per visitatori e personale addetto, le attrezzature, gli impianti etc. rappresentano altrettante condizioni da mantenere:
anzi da migliorare, se si vuole tenere il “sistema Italia” attrattivo, accogliente, in grado di dare una mano significativa, come è opportuno e necessario, all’offerta turistica.
Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali possiede certamente dati numerici e conosci- tivi che illustrano nel dettaglio la situazione attuale e quella in prospettiva. Contemporanea- mente, il Ministero dello Sviluppo Economico è oggi disponibile e pronto a sviluppare con la comunità culturale italiana alcuni progetti sperimentali, che siano innovativi ma anche ca- librati e rispettosi, che tengano conto della specificità di singole realtà, articolandosi su episodi opportunamente diversificati, perché non possiamo non tener conto che ogni si- tuazione ha una sua peculiare vocazione che va assecondata e seguita.
Ci sono tutte le condizioni per affrontare una forma di sperimentazione organica e comune che abbia tutti i caratteri dell’innovazione e dello sviluppo, collocandosi tra passato e fu- turo. I finanziamenti europei sono finalmente disponibili, così come gli interventi tecno- logici rispettosi -dal più elementare, come la sostituzione delle lampade tradizionali con quelle a risparmio energetico, fino alla gestione, attraverso l’informatica, dei flussi di energia minuto per minuto tanto in un polo museale che in un’abitazione - mentre è invece ne- cessario sviluppare un più forte e significativo impegno nei confronti degli Enti Locali e
politiche e prospettive
delle Regioni.
Spesso, ci troviamo ad indire bandi ai quali, inevitabilmente, partecipano le grandi imprese e non le realtà culturali, mentre potrebbero essere indirizzati anche a queste ultime e riscuo- tere il loro interesse.
Altro fronte che richiede un impegno maggiore da parte di tutti è quello della certificazione energetica che, acquisendo sempre maggiore importanza nella valorizzazione di tutti gli immobili, andrà appositamente studiata anche per gli edifici storici e, appunto, per i musei nella loro imprescindibile specificità.
Grazie alle risorse europee, che sia il Ministero dello Sviluppo Economico che quello per l’Ambiente hanno a disposizione, tanto per le regioni del Mezzogiorno che per quelle del Nord, ed alla disponibilità collaborativa delle grandi compagnie energetiche - disponibili, si può ragionevolmente ritenere, anche ad “adottare” almeno alcune realtà museali - una soluzione positiva può essere, senza alcun dubbio, individuata. Con l’azione congiunta e coordinata di quello che possiamo definire “un grande mosaico di forze”, perché ci sono, tutte insieme, l’alta tecnologia, la voglia d’impresa ed il coraggio della sfida.
I musei dovranno, certamente, fare la loro parte ed imparare a farsi pubblicità, ad attirare più persone come magneti, ad entrare in quella che è stata chiamata l’era dell’ipermuseo (ma anche del micromuseo alla Pamuk) attraverso possibili calibrati progetti sperimentali. Evi- tando di essere contenitori effimeri e costosi in un periodo in cui la tempesta è globale e sem- bra pronta ad abbattersi su qualunque seducente promessa. Ma conservando la libertà (rispettosa) di crearsi un proprio percorso, un proprio dialogo fra umanesimo e scienza, con il lavoro, l’ingegno, attraverso quel labor che, secondo gli antichi, come l’amore, era capace di vincere tutte le difficoltà.
Stefano Saglia
Sottosegretario Ministero dello Sviluppo Economico
Presentazione della ricerca
Nel nostro Paese ci sono più di 4.500 musei, piccoli e grandi, statali e comunali, pri- vati ed ecclesiastici. Molti di essi custodiscono autentici tesori d’arte e di storia.
Molti sono splendidi e gestiti con le tecnologie più moderne, molti sono quasi abbandonati e chiusi per la maggior parte del tempo. Alcuni attirano ogni anno folle im- ponenti di visitatori, altri sono quasi sconosciuti. Alcuni hanno un significato pro- fondo per la comunità locale, altri sono territorio quasi esclusivo di turisti stranieri.
Quasi tutti i musei sono centri di ricerca, di studio, di attenta custodia, documenta- zione, restauro, conservazione e tutela. Alcuni hanno costi elevatissimi e impiegano un numero ingente di addetti di varia specializzazione, altri operano al minimo degli or- ganici e con spesa molto modesta. I meccanismi della loro gestione finanziaria sono molto diversi fra loro: a volte si tratta di realtà dotate di autonomia, a volte di vere e proprie imprese culturali, a volte di voci all’interno di bilanci pubblici più vasti, di comuni o dell’amministrazione centrale.
In ogni caso, essi sono la porta e la memoria dei nostri territori, luoghi eminenti della nostra cultura, chiave di accesso a innumerevoli storie, esperienze, conoscenze, manufatti. Per funzionare, tutti gli oltre 4.500 musei d’Italia prelevano qualche tipo di risorse dall’ambiente naturale e in esso rilasciano emissioni e rifiuti.
Hanno bisogno di energia per essere illuminati, climatizzati, per mantenere le proprie collezioni in condizioni ottimali, per far lavorare i macchinari dei loro laboratori e dei loro sistemi di sicurezza.
Ed è proprio questo aspetto della varia e composita realtà museale italiana che rappresenta l’oggetto del presente studio: una prima ricognizione sullo stato dell’arte, sulla percezione della dimensione ambientale ed energetica dei musei – che, in Italia, sono per la grandissima parte ospitati in edifici di costruzione storica, se non antica – e sulle aree archeologiche e sulla presenza di sperimentazioni di carattere strutturale, funzionale e gestionale finalizzate alla riduzione dei consumi, all’aumento dell’effi- cienza, alla ricerca di soluzioni innovative e a basso impatto. L’iniziativa di Civita ha qualche precedente.
Nel corso degli anni Novanta, negli Usa, in Canada, in Australia e in Nuova Zelanda, e
Presentazione della ricerca
nei paesi scandinavi, per iniziativa di un piccolo numero di musei scientifici e per ragazzi, si avviò una sperimentazione di modalità di costruzione e di gestione soste- nibile, ovvero caratterizzata da un impatto ambientale ridotto in termini di materiali consumati, emissioni e rifiuti generati e fabbisogno energetico. Negli ultimi dieci anni, sono almeno venti, nei soli Stati Uniti, i musei che hanno costruito un nuovo edificio
“verde”, oppure hanno rinnovato una struttura preesistente con elementi sostenibili.
Altri sono intervenuti invece sulla gestione e sul funzionamento.
Dieci anni dopo, anche nell’ambito dell’Unione Europea veniva avviato un progetto quinquennale su vasta scala, volto in particolare a individuare procedimenti innovativi per migliorare l’efficienza energetica dei musei. Derivato da due esperienze precedenti, focalizzate sui musei archeologici nel Mediterraneo (una rappresentata dal Programma Joule III, e l’altra dal Progetto SAVE II, entrambi promossi della Commissione Eu- ropea), il programma Museums – Energy efficiency and sustainability in retrofitted and new museum buildings, è stato condotto nell’ambito del V Programma Quadro, nel settore ENERGY, fra il 2000 e il 2004 e ha coinvolto otto musei - uno di nuova co- struzione, gli altri riconvertiti - in sette paesi: Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Regno Unito, Slovenia e Svezia1.
Dell’esperienza di Museums, che ha prodotto il primo manuale per la sostenibilità e l’efficienza energetica dei musei, si parlerà oltre in questo rapporto.
Qui è invece importante sottolineare alcune grandi questioni di fondo, esplorate per la prima volta con quell’esperimento, che sono tuttora alla base della riflessione e che hanno fondato anche il presente studio. Le motivazioni alla base di questo complesso fenomeno, che genera attività di ricerca e sperimentazione, sono molteplici e le questioni affrontate sono particolarmente complesse.
In estrema sintesi, come si vedrà in modo articolato nelle diverse parti di questa relazione, l’obiettivo della sostenibilità e della efficienza energetica dei musei deve essere raggiunto nel rispetto di due vincoli fondamentali:
- il comfort e il benessere degli utilizzatori (addetti e pubblico);
- il mantenimento di condizioni ottimali (temperatura, umidità, stabilità, esposizione alla luce, isolamento rispetto ad agenti patogeni, ecc.) per la conservazione delle collezioni.
Ai fini di questo studio, come anche, a suo tempo, del progetto Museums, è stata presentazione della ricerca
posta la definizione di museo prodotta dall’ICOM nel 20012:
"Il museo è un istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le te- stimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone ai fini di studio, educazione e diletto".
Se si confronta questa definizione con l’accezione originale delle realtà museali, nate come collezioni riservate agli studiosi e agli eruditi, o come Wunderkammer colme di tesori preziosi e a volte bizzarri rivolte all’esclusivo piacere dei loro proprietari e di circoli ristrettissimi di eletti (Cicerchia, 2009), si può ben comprendere quanto la funzione di queste istituzioni si sia trasformata e quanto si siano accresciute le attese sociali su di essi.
Il loro pubblico, attuale e potenziale, si è immensamente esteso, dando vita, nei casi più popolari, a veri e propri fenomeni di congestione.
Questa dinamica della domanda, che, naturalmente, è tutt’altro che omogenea, ge- nera a sua volta nuove pressioni di tipo ambientale e produce fabbisogni energetici nuovi e crescenti, che riguardano l’illuminazione, la climatizzazione, la tutela dei ma- nufatti, il monitoraggio e la sicurezza, e così via.
Le trasformazioni in atto si riverberano anche sulla dimensione ambientale ed energetica degli edifici museali, i quali giungono ad assumere un ruolo di rilievo nelle strategie per la sostenibilità ambientale di scala urbana, locale e, come si vedrà, anche nazionale.
I tratti principali di questa progressiva assunzione di rilevanza sono, essenzialmente:
- il carattere intrinsecamente pubblico, in quanto aperti e rivolti al pubblico, degli edifici museali e la loro speciale segnatura sociale, quali edifici eccellenti, eminenti, simbolici, significativi e rappresentativi della comunità, non da ultimo, per la percezione del tutto particolare che essi suscitano nei turisti;
- l’elevata e crescente valenza culturale ed educativa dei musei, che genera com- prensibili attese circa l’esemplarità della loro gestione, inclusi gli aspetti che ri-
2 Estratto dallo Statuto dell’ICOM (Articolo 2. Definizioni), adottato dalla 16a Assemblea generale dell’ICOM (L’Aja, Paesi Bassi, 5 settembre 1989) e modificato dalla 18a Assemblea generale dell’ICOM (Stavanger, Norvegia, 7 luglio 1995) nonché dalla 20a Assemblea generale
(Barcellona, Spagna, 6 luglio 2001).
guardano gli impatti ambientali,
- la natura propria del museo, come istituzione di ricerca e sperimentazione, che può e deve estendersi ai modi di essere illuminato, climatizzato, sorvegliato e fatto funzionare, secondo modalità innovative che siano di stimolo ed esempio per la collettività.
A questi tratti può essere aggiunto un ulteriore elemento, che merita adeguata attenzione, tenuto conto della crisi economica che attraversa l’Europa.
La crisi colpisce, in maniera particolarmente severa, la finanza pubblica, con tagli alla spesa culturale che in Italia – dove la mano pubblica non è mai stata particolarmente generosa – hanno largamente superato il 60% della spesa corrente in pochi anni.
Da tempo, per giunta, le bollette energetiche costituiscono un fattore di grande preoccupazione per soprintendenti e direttori di musei, dal momento che esse costituiscono, dopo quella per il personale, la loro più importante uscita fissa.
Anche per questo appare utile interrogarsi su forme di risparmio, siano esse generate da una più alta efficienza o dal ricorso a fonti energetiche meno costose o addirittura autoprodotte.
Lo studio promosso da Civita affronta alcune aree tematiche principali.
La prima riguarda l’attualità delle questioni che si pongono con maggiore urgenza ai tecnici e agli operatori museali, con specifico riferimento alla situazione e al quadro operativo italiano. La seconda area è data dalle strategie internazionali, dalle esperienze e dalle buone pratiche realizzate all’estero e nel nostro paese negli ultimi anni, raccolte direttamente sul campo o dalla letteratura tecnica.
La terza area è dedicata a una rassegna sintetica delle più interessanti applicazioni tecnologiche per il risparmio energetico nei musei.
Un’area è poi dedicata agli strumenti finanziari per la riconversione delle strutture esistenti con finalità di efficienza energetica, mentre un’appendice rimanda normativa.
Alla realizzazione dell’indagine ha collaborato il Centro Studi dell’Associazione Civita (Massimo Misiti con Ilaria Basili, Rachele Mannocchi, Anita Fiorino), cui va un sentito ringraziamento.
Annalisa Cicerchia
Capo Unità di Progetto "Ambiente, cultura territorio" Istituto di Studi e Analisi Economica presentazione della ricerca
Riferimenti
Bernstein, F. A. (2007). From Michigan: A clean-running museum, The New York Times, Wednesday, March 28, 2007, H 18.
Cicerchia A. (2009), Risorse culturali e turismo sostenibile, Franco Angeli, Milano.
Link, T. (2006), Models of sustainability: Museums, citizenship, and common wealth.
Museums & social issues, vol.1, no. 2, Fall 2006, pp. 173-190.
Pappas C. (2007), Eco-friendly exhibiting,
http://www.exhibitoronline.com/exhibitormagazine/article.asp?ID=1186, March 2007.
Worts, D. (2006), Fostering a culture of sustainability.
Museums & social issues, vol.1, no. 2, Fall 2006, pp. 151-172.
Wylie, E. & Brohpy, S.S. (2008), The greener good: The enviro-active museum.
Museum, January/February 2008;
http://www.calmuseums.info/gmi/Resources.html
I temi
In un articolo pubblicato su Museum Practice1e riferito in modo particolare alle soluzioni per l’illuminazione delle esposizioni di oggetti d’arte e storici, Paul Ruffles propone una interessante messa a fuoco dell’oggetto di riflessione.
Egli suggerisce di considerare la questione energetica, piuttosto che come riduzione dei consumi o risparmio tout court, in chiave di uso appropriato. In altri termini, lo sforzo di analisi e di intervento razionalizzatore non andrebbe portato tanto sulla diminuzione del- l’impatto ambientale dei musei, quanto piuttosto sulla combinazione del massimo delle spe- cifiche prestazioni museali con il minimo impatto ambientale.
E’ proprio questo il nodo, ed è anche il motivo per cui la questione energetica dei musei (e, sebbene in forma leggermente diversa, anche delle aree archeologiche), non si presta a soluzioni facili, né immediate o uguali per tutti.
Ogni edifico museale – di antica, vecchia o recente costruzione, o, addirittura, in via di progettazione – presenta caratteristiche tecniche e strutturali proprie e uniche e si colloca in un’area dotata a sua volta di caratteristiche specifiche sotto il profilo urbanistico, geografico, climatico e tecnologico. Inoltre, le sue funzioni culturali, le collezioni che custodisce, gli oggetti che espone, i servizi che offre, la composizione e le esigenze del suo pubblico, sono tutti motivi di ulteriore specificità. Questo fatto rende in qualche modo ogni museo un caso a sè stante, e porterebbe a escludere la possibilità di ricercare orientamenti generali per conseguire l’ottimalità nella gestione energetica.
Tuttavia, l’analisi delle funzioni di base di questo tipo di spazio porta a individuare una serie di componenti comuni a tutti i “contenitori culturali” e di definirne, almeno in modo orientativo, il profilo energetico, inteso come organizzazione tendenziale della domanda di luce, di climatizzazione, di alimentazione delle apparecchiature.
1. Funzioni museali e usi dell’energia 1.1. Le aree non aperte al pubblico
La prima componente sulla quale è utile riflettere da un punto di vista dell’uso appro-
L’uso appropriato dell’energia nei musei e nelle aree archeologiche
1 Numero 14, primavera 2000.
priato dell’energia è l’area non aperta al pubblico, che può essere distinta ulteriormente in una parte destinata a funzioni amministrative e di servizio non specializzato (pulizie, spogliatoi o toilette del personale, etc.) e in una parte, altamente specializzata, dove vengono svolte le attività di ricerca, di catalogazione, conservazione, ecc. La parte amministrativa e di servizio è, tra tutte, quella che offre in genere la maggiore possibilità di risparmio energetico e di razionalizzazione. E tuttavia, spesso, la cronica mancanza di fi- nanziamenti adeguati lascia proprio queste zone con dotazioni per l’illuminazione e per la climatizzazione vecchie e inefficienti, che, non solo comportano consumi molto maggiori, ma anche prestazioni al di sotto degli standard attuali di salute e di sicurezza.
Zone back of the house utilizzate di continuo (postazioni di lavoro stabili, locali di servizio, etc.) e zone che invece, sono in attività solo occasionalmente presentano esigenze di funzionamento molto diverse. In questo caso (e in altri) è molto importante che la progettazione ex novo o il retrofitting consentano di gestire in maniera differenziata gli impianti e i punti luce e di controllo termico che servono ambienti di diverse modalità di impiego, accenden- doli e spegnendoli, aumentandone o diminuendone la potenza, o di utilizzare sensori di pre- senza che consentano di spegnere luci o macchinari dopo un periodo stabilito.
1.2. Le aree pubbliche
Questa categoria comprende biglietterie, bookshop, caffetterie, guardaroba, servizi igienici, zone di passaggio e auditorium o sale per conferenze. L’illuminazione e la climatizza- zione devono consentire il massimo comfort (fungendo, a seconda dei casi, anche da zona di acclimatamento graduale per chi viene dall’esterno), garantire il decoro dell’isti- tuzione e, nelle zone a più marcata destinazione commerciale, anche rappresentare un fattore di attrazione. Nel bookshop e nella caffetteria è possibile prevedere una completa ces- sazione del consumo energetico nelle ore di chiusura, mentre le parti non occupate di con- tinuo, come le toilette e le sale per conferenze o gli spazi per le attività didattiche possono essere dotati di sensori di presenza e di dispositivi di spegnimento automatico temporiz- zato.
1.3. Le aree espositive
Le aree espositive sono il cuore strategico del museo, della galleria o del sito archeologico.
È la loro presenza che motiva l’arrivo dei visitatori.
Qui, il requisito di base da rispettare – insieme al conseguimento degli standard climatici per la conservazione degli oggetti e per il comfort di operatori e visitatori – è l’illuminazione L’uso appropriato dell’energia nei musei e nelle aree archeologiche I temi
completa e perfetta di tutti gli oggetti, delle gallerie e delle teche. Il clima e la luce delle aree espositive dovrebbero essere al centro di una progettazione (o di una ri-progettazione) mirata e attenta a evitare ogni eccesso (i casi di illuminazione ridondante ed eccessiva sono più frequenti di quanto non si sia inclini a pensare) che possa risultare in contra- sto con le esigenze della conservazione.
Il risparmio energetico, in questi spazi, non deve mai essere conseguito al prezzo della ri- duzione del livello dell’illuminazione e della climatizzazione. Spesso, la questione cru- ciale è costituita dall’età degli impianti esistenti e dalla loro efficienza in rapporto alle caratteristiche di isolamento e di illuminazione naturale dell’edificio o del sito.
C’è infatti anche da considerare il rapporto fra luce solare, negli ambienti che ne ricevono in modo adeguato, e uso razionale dell’illuminazione elettrica, così come la possibilità di mi- tigare sbalzi climatici indesiderati attraverso interventi esterni o interni di tipo strutturale o d’arredo che consentano, ad esempio, di ombreggiare o isolare le strutture.
L’illuminazione ha anche un impatto energetico di diverso tipo, dovuto al suo effetto di- retto sulla temperatura e quindi sul carico di calore complessivo che è necessario abbattere attraverso i dispositivi di raffrescamento. Pertanto, qualora si riesca a ottimizzare l’illumi- nazione riducendone gli eccessi, si otterrebbe nello stesso tempo una temperatura am- bientale più bassa e una minore necessità di raffrescamento.
Negli spazi espositivi, la progettazione dell’illuminazione deve tenere conto della differenza fra strutture e supporti fissi e mobili. Luci e clima possono anche essere programmati per una prestazione differenziata fra orari di visita e orari di chiusura, con notevoli vantaggi, tanto in termini di risparmio energetico e finanziario, quanto di conservazione.
1.4. Teche e vetrine
Molte teche sono fornite dai produttori con un proprio sistema di illuminazione incorpo- rato, di norma lampade standard a fluorescenza, che, se certamente conveniente e fa- cile da utilizzare, spesso non valorizza adeguatamente gli oggetti in mostra. Le modifiche di questi apparati standard sono indubbiamente costose, ma possono, nello stesso tempo, migliorare la resa espositiva e consentire una riduzione dei consumi energetici.
1.5. Esterni
L’illuminazione dell’esterno di un museo o di una galleria ha funzioni, non solo di segnala- zione, ma anche di valorizzazione del loro contesto urbanistico. Non è indispensabile, per essere efficaci, illuminare l’intero edificio. Al contrario, mettere in risalto dettagli, uti- lizzare il colore o proiezioni in movimento possono avere un impatto comunicativo supe-
riore. In questo, lo studio dei tempi può garantire il massimo effetto con il minimo uso di energia e di spesa. Le luci possono infatti essere accese solo nei fine settimana o nell’alta stagione turistica, assumere un carattere speciale nel corso di eventi o di manifestazioni di rilievo, per generare sorpresa e richiamare l’attenzione.
2. Piani di azione
Negli ultimi tempi, la sensibilità per le tematiche ambientali ha indotto alcune organiz- zazioni che riuniscono musei di diverso tipo a dotarsi di veri e propri piani di azione per ri- durre al minimo gli impatti negativi sull’ambiente e la generazione di rifiuti e per usare le risorse e l’energia in maniera responsabile.
In questo quadro, l’Associazione fra i musei inglesi ha fatto circolare, nell’autunno del 2008, una proposta di piano in tre fasi, che comprende:
- nella prima fase: la fissazione di obiettivi quantitativi di riduzione dell’energia e la revisione del tipo di energia utilizzata; l’adozione di misure di riduzione degli usi e di standard di ma- teriali (ad esempio, carta) e di generazione di rifiuti e di modalità del loro smaltimento (riciclo, conferimento, ecc.);
- nella seconda fase, progressiva certificazione ambientale o selezione secondo cri- teri di sostenibilità di tutti gli acquisti e le forniture di diretta competenza del museo;
- nella terza fase, selezione secondo criteri ambientali di tutte le forniture e i materiali uti- lizzati da terzi per le attività del museo (dai detergenti all’organizzazione di eventi, ai trasporti di cose e di persone, ecc.).
L’approccio strategico consente di individuare i costi del processo di progressivo inverdi- mento dei musei e delle loro attività, di assegnare responsabilità e funzioni, di procedere gradualmente verso obiettivi stabiliti e verificati periodicamente.
È del tutto evidente che questo tipo di programmazione richiede una certa autonomia decisionale e amministrativa della struttura museale, per cui sarà frequente nelle realtà private e indipendenti, mentre andrà complicandosi nei musei di proprietà pubblica che di- pendono funzionalmente e amministrativamente – come accade nella grande maggioranza dei musei italiani – da unità composite e superiori, caratterizzate da sistemi decisionali com- plessi.
3. Soluzioni innovative
La sperimentazione di soluzioni innovative per l’ottimizzazione degli usi dell’energia nei musei, per ridurre il fabbisogno o per ridurre la produzione di CO2 e gli altri impatti ambientali può vantare una serie consistente di buone pratiche.
L’uso appropriato dell’energia nei musei e nelle aree archeologiche I temi
Queste esperienze sono andate costruendosi a partire dagli anni Novanta e hanno con- sentito di accumulare conoscenze e di selezionare formule sempre più efficienti e sempre più adatte alle specifiche esigenze degli istituti e delle aree archeologiche.
Alcune di queste buone pratiche sono fondate su scelte strutturali fatte al momento della costruzione di nuovi edifici museali. Altre rientrano nella categoria della riconversione, o retrofitting, perché consistono in interventi tecnologici o strutturali su edifici esistenti, a volte antichi. Alcune, senza modificare l’architettura e la struttura, hanno per oggetto la sostituzione di fonti convenzionali con fonti rinnovabili o a minore impatto. Altre, infine, pur con buoni risultati, si limitano a interventi di tipo gestionale.
Diffuso dal Museo Nazionale di Tecnologia di Berlino e riguardante la Germania2, da uno studio si osserva che il consumo energetico degli edifici museali (valore annuo per metro quadrato) è inferiore, a volte anche in modo consistente, rispetto a quello di scuole, ospedali, caserme dei vigili del fuoco, ecc. Il dato è coerente con quello che deriva per l’Italia da stime fatte da Civita, secondo le quali, appunto, i musei sono meno energivori di altri edi- fici pubblici.
Ciò non toglie, però, che i margini di intervento e di risparmio che si può far seguire a un retrofitting o a interventi di ottimizzazione gestionale, restino interessanti e consistenti.
Dai risultati del progetto Museums emerge chiaramente l’ammontare del risparmio che si è ottenuto negli otto istituti partecipanti. I valori vanno da un minimo del 40 per cento a un massimo del 723.
Nelle pagine che seguono, si propongo alcune esperienze significative di riorganizzazione di musei o di aree archeologiche all’insegna di un uso più efficiente e razionale dell’energia, in grado di contemperare le esigenze di qualità del servizio scientifico e culturale che è al centro della missione di queste realtà e il comfort per chi vi soggiorna con la necessità di ridurre sensibilmente i costi per la loro gestione e l’impegno ad alleggerire l’impronta ecologica (in termini di prelievo di risorse e di generazione di rifiuti e di emissioni).
3.1. Interventi di tipo end-of-pipe e gestionale
In molte esperienze recenti, la trasformazione degli usi dell’energia, soprattutto per illumi- nazione, è stata affidata a interventi leggeri, portati solo sulla componente finale, che non
2 Erol Bilecen, Head Client Services Sustainable Investment, Banca Sarasin, Sustainable energy use in museums and archaeological sites, Presentazione per il convegno Musei Illuminati, Civita, Roma, 23 settembre 2010
3 Erol Bilecen, cit.
hanno quindi implicato ristrutturazioni profonde degli ambienti, ma soltanto un diverso di- segno dei punti luce o l’adozione di lampade più efficienti.
Queste modificazioni hanno consentito di conseguire un netto miglioramento della qualità visiva degli ambienti.
3.1.1. L’Hermitage (S.Pietroburgo, Russia)
Il Museo Statale dell’Hermitage di San Pieroburgo rappresenta un esempio di inter- vento end of pipe, fondato su una collaborazione con i privati, che ha consentito un risparmio energetico notevole attraverso la sostituzione dei corpi illuminanti e la riorganizzazione delle fonti luminose.
Fra il 2009 e il 2010, il museo e la Philips hanno infatti dato vita a una serie di accordi per la riprogettazione dell’illuminazione interna ed esterna, la cui attuazione, già nel primo anno, ha consentito, non solo un miglioramento nettissimo dell’illuminazione, ma anche un ri- sparmio del 45% nel Palazzo Menshinkov, grazie all’adozione di lampadine a basso con- sumo. I progetti in corso di realizzazione riguardano, tra l’altro, l’impiego di proiettori LED nella Galleria Jordan e nel Palazzo d’Inverno, e un importante intervento esterno sulla co- lonna Aleksandriyskaya, che è il simbolo della città.
3.1.2. Museo di Banbury (Regno Unito)
Sebbene sia stato aperto nel 2002, questo museo, che attira 230.000 visitatori all’anno, aveva ricevuto una classificazione G nella valutazione delle prestazioni energetiche, ovvero il piazzamento più basso, indice di inefficienza. L’analisi svolta per la redazione del Carbon Trust Report, che viene offerta gratuitamente ai soggetti che pagano bollette annuali su- periori a 50.000 sterline, ha messo in evidenza come problema principale l’illuminazione (lampade alogene da 50 w nella galleria e negli spazi pubblici e scarso controllo delle mo- dalità di accensione e spegnimento). Ad oggi:
- LED da 1.5w hanno sostituito le alogene da 50 w nelle aree pubbliche non espositive;
- lampade a ioduri metallici da 35w hanno sostituito le alogene da 75 e 50w nella caffetteria e nei negozi;.
- sono in corso di istallazione sensori di presenza e solari, per lo spegnimento delle luci nel periodo di illuminazione esterna naturale elevata o di assenza di visitatori.
Secondo le stime, queste modificazioni riducono l’impronta di carbonio del Museo di 31 tonnellate l’anno e la spesa per elettricità di oltre 5.000 sterline. Inoltre, la ridotta esposizione alla luce, grazie allo spegnimento delle luci quando le gallerie non sono frequentate, sarà L’uso appropriato dell’energia nei musei e nelle aree archeologiche I temi
benefica per le collezioni.
3.2. Interventi di retrofitting
Il cosiddetto retrofitting consiste nella ristrutturazione parziale di edifici di antica costru- zione per migliorarne l’efficienza energetica. Di norma, questi interventi sono indirizzati a migliorare l’isolamento termico dei fabbricati, allo scopo di consentire il mantenimento di un comfort climatico ottimale per temperatura e livello di umidità.
3.2.1. Il Museo Bardini di Firenze
Uno dei due istituti italiani che hanno partecipato al progetto Museums, il Bardini è ospitato in un imponente palazzo di stile eclettico risalente al 1880, e si configura come il tipico museo italiano: edificio ad alto valore architettonico, situato in centro storico, bisognoso di interventi di restauro, manutenzione e recupero dei requisiti di comfort interno. Sebbene la collocazione e la struttura architettonica dell’edificio abbiano posto limiti significativi alle possibili azioni di modifica, il museo è stato oggetto di importanti interventi con lo scopo di migliorarne l’efficienza energetica. I principali problemi da risolvere sono stati il miglio- ramento del comfort termico e di quello visivo. Tra le azioni di recupero volte a miglio- rare il comportamento termico, c’è la riduzione delle dispersioni del rivestimento esterno attraverso l’incremento di isolamento ottenuto con l’uso di pannelli di sughero naturale nella copertura e la riduzione delle perdite di calore attraverso la sostituzione degli elementi trasparenti (finestre) con infissi a doppi vetri.
Particolare attenzione è stata poi riservata al tema dell’illuminazione naturale e artificiale dell’edificio. Trattandosi di un edificio storico adibito a spazio museale, i problemi legati al- l’illuminazione sono stati molteplici (sistemi di illuminazione artificiale obsoleti e feno- meni di abbagliamento da luce naturale causati delle finestre erroneamente posizionate).
Il miglioramento dell’efficienza energetica è stato ottenuto riducendo il surriscaldamento pro- dotto dai vecchi impianti di illuminazione artificiale e incrementando, ottimizzandolo, il sistema di illuminazione naturale. Gli interventi principali si sono concentrati al primo piano del museo, destinato ad ospitare opere particolarmente sensibili alla luce quali tappeti, arazzi e pitture. Le pareti interne erano rivestite con un intonaco color crema, che è stato sosti- tuito da un intonaco di colore azzurro, con un coefficiente di riflessione minore.
Inoltre, si è provveduto ad una pesante schermatura delle finestre, utilizzando vetri che li- mitano la penetrazione dei raggi solari, particolarmente dannosi per le opere.
3.2.2. Il Museo Pompeo Aria di Marzabotto
Gli interventi che hanno interessato il Museo Nazionale di Marzabotto, anch’esso incluso nel progetto Museums, riguardano in particolare la ristrutturazione di un’ala dello stabile che è stata trasformata da deposito a spazio espositivo.
Il controllo del clima interno è stato ottenuto mediante la corretta combinazione dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento attivi e passivi. Gli interventi si sono concentrati su:
- Controllo termico
Sono state applicate tecniche passive al fine di ridurre le perdite di calore attraverso l'involu- cro esterno durante l’inverno e controllare l’accesso dei raggi solari in estate. Nella nuova sala espositiva questa strategia è stata applicata mediante il corretto posizionamento, di- mensionamento e orientamento delle vetrate.
Le pareti sono spesse e permettono di mantenere un buon isolamento termico.
- Ventilazione
In questo edificio sono state utilizzate tecniche che permettono di sfruttare la ventila- zione notturna per rinfrescare l’edificio durante i mesi estivi, consentendo di ridurre al mi- mino l’utilizzo dei condizionatori. La ventilazione durante la notte, quando la temperatura dell'aria è più bassa, viene perciò utilizzata per “memorizzare freschezza" attraverso l’isola- mento termico.
- Illuminazione artificiale
Sulla facciata a sud un dispositivo di ombreggiatura esterna regola la luce interiore. Il disposi- tivo di protezione solare protegge il vetro dalle radiazioni nella stagione estiva, mentre in inverno il sistema permette il controllo della luce naturale.
Le lampade negli spazi di circolazione sono controllate da sensori di illuminamento che re- golano la luce artificiale in base alla disponibilità luce naturale, dei sensori ad infrarossi, inol- tre, consentono l’accensione della luce solo in presenza di persone. La selezione delle tecnologie utilizzate, così come dei materiali, ha considerato le conseguenze ambientali associate con l'acquisizione, il trasporto e la fabbricazione dei materiali. Sono stati quindi presi in esame i materiali prodotti a livello locale e quei materiali che potrebbero essere riutilizzati o riciclati al termine del loro utilizzo al fine di ridurre il trasporto, l'uso dell'energia e più in generale l’impatto ambientale.
3.3. Gli edifici museali di nuova costruzione e le fonti rinnovabili
In molti musei, di costruzione recente e meno recente, si ricorre alle energie rinnovabili.
In particolare, come si vedrà anche nel capitolo dedicato all’esperienza italiana (Musei Explora e A come Ambiente), è frequente l’uso di pannelli fotovoltaici.
L’uso appropriato dell’energia nei musei e nelle aree archeologiche I temi
2.3.1. Wadi al Hitan (Egitto)
WądĨ al-HĨtąn (letteralmente, valle delle balene) è un sito paleontologico che si trova nel go- vernatorato del Fayyum, nel deserto occidentale dell'Egitto.
Il sito è stata dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità tra i Beni Naturali nel luglio 2005. Le strutture ed il museo a cielo aperto sono stati costruiti nel 2007 ed inaugurate uf- ficialmente nel 2008.
La proprietà del museo copre, secondo la scheda Unesco, 20.015 ha, mentre la buffer zone misura 5.885 ha. Il numero medio annuo di visitatori è stimato tra i 12.000 ed i 13.000.
Gli edifici aperti al pubblico (biglietteria, caffetteria e giftshop, due WC) e l’edificio per la sorveglianza, sono potenzialmente tutti serviti da pannelli solari.
In occasione del sopralluogo (giugno 2010), nei bagni non c’era luce ed è stato riferito che la caffetteria non aveva la possibilità di collegare un frigo perché i pannelli non lo avrebbero sostenuto.
2.3.2. California Academy of Sciences, San Francisco, USA
La nuova sede della California Academy of Sciences ha ottenuto la certificazione di museo più verde del mondo.
Realizzato in 10 anni e costato 500 milioni di dollari, l’edificio – di Renzo Piano - è coperto da un tetto vivente di 2,5 acri, coperto da vegetazione locale (1,7 milioni di piante), isolato attraverso una intercapedine di tessuto jeans riciclato triturato, un baldacchino solare attorno al tetto contiene 60.000 celle solari.
Nel 2008, l’edificio ha ottenuto il premio Platino del Leadership in Energy and Environmental Design (LEED). La realizzazione di pareti di vetro a basso contenuto di vetro consente che il 90% degli ambienti sia illuminato prevalentemente con luce naturale. Il riscaldamento è realizzato da pavimenti radianti.
Il forum di esperti
Molti musei sviluppano programmi intensi di sensibilizzazione del pubblico a proposito dei temi ambientali, del destino del pianeta, di un uso responsabile delle risorse naturali, etc. Si tratta essenzialmente di iniziative divulgative e didattiche che vanno dalla semplice distribuzione di materiale illustrativo sui comportamenti energetici virtuosi, all’organizzazione di laboratori e/o eventi espositivi sul tema, fino all’incentivo di buone pratiche ambientali, quali il piantare alberi o usare dispositivi per il riciclaggio dei rifiuti. Questi programmi sono posti in essere non necessariamente da musei di storia naturale o da science centre, e sovente troviamo richiami di questa natura nei contesti disciplinari più disparati. Si tratta di iniziative encomiabili, ovviamente.
Più complesso e articolato è però il caso in cui il museo voglia, in prima persona, comportarsi in maniera sostenibile cioè ispirare la propria azione e gestire le proprie strutture con particolare attenzione al risparmio energetico, per esempio.
E non solo per un orientamento genericamente ambientalista, ma anche sulla spinta della crescente necessità di individuare soluzioni sostenibili dal punto di vista economico, a fronte delle contrazioni delle risorse economiche destinate al funzionamento dei musei, un po’ ovunque nel mondo (non ultime le polemiche inglesi sulla possibile “dissoluzione” di Museums Libraries Archives Council nell’Arts Council oppure i tagli ai salari dei dipendenti dei musei statali in molti paesi europei). Emerge il tema del museo energeticamente virtuoso, non solo per convinzione, ma anche per necessità.
Tema complicato che non si può affrontare semplicemente dal punto di vista tecnologico soprattutto in paesi, come l’Italia, dove moltissimi musei sono ospitati in edifici storici, sottoposti a forti vincoli da parte delle amministrazioni direttamente competenti, il che di per sé, costituisce spesso un limite alle possibi- lità di intervento, in particolar modo in termini di innovazione tecnologica e installazione di impianti per la produzione di energia alternativa, per non dire dei vincoli strutturali e della necessità di rispettare le stratificazioni storiche della struttura e della “pelle” degli edifici.
Su questo tema il 16 giugno 2010 l’Associazione Civita ha riunito un ristretto, ma articolato gruppo di esperti, tra cui, oltre a chi scrive, il professor Vincenzo Naso e l’ingegner Fabrizio Giamminuti della Facoltà di Ingegneria dell’Università “La Sapienza” di Roma, il professor Carlo Lannutti e l’architetto Federica Cerroni, della Facoltà di Architettura della stessa Università, il professor Claudio Mayottini della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università di Modena e Reggio Emilia, l’avvocato Francesco Caroleo e il dottor Daniele Muneroni, ri- spettivamente consulente legale e Chief Financial Officer della società di investi- menti Sopaf, promotrice di questa iniziativa e di altre che Civita ha condotto su questo stesso tema.
Dal Forum sono emerse alcune indicazioni utili, crediamo, per quei musei che vogliano contribuire alla sostenibilità propria e del Paese, poggiando su alcune considerazioni di carattere generale, di cui, la prima, e più evidente, è che i musei sono grandi consumatori di energia, forse uno dei maggiori tra le strutture di pub- blica utilità, malgrado il fatto che solo un 3-5% dei circa 40mila musei europei su- peri i tremila metri quadri di superficie espositiva.