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APPENDICE 1 TRATTAMENTO DELL’ARGILLA NANOFIL SE3000

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APPENDICE 1

TRATTAMENTO DELL’ARGILLA NANOFIL SE3000

In questa appendice è riportato lo studio fatto sull’argilla Nanofil SE3000 per individuare il tipo di modificante organico in essa contenuto (Capitolo 2.1), in quanto dai risultati riportati nel Paragrafo 3.3.1 era stato osservato per questa argilla un comportamento simile a quello delle argille contenenti il modificante oraganico 2M2HT.

Lo spettro FTIR della SE3000 è stato confrontato con quello della 20A, in Figura A.1.1. La differenza principale tra i due spettri è rappresentata dalla presenza nello spettro della SE3000 dei due picchi a circa 1245 e 1740 cm-1.

500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 Numero d'onda (cm-1) T ran sm itta nz a 20A SE3000 1150 1350 1550 1750 a b c d 1740 1245

Fig. A.1.1 - Spettri FTIR della 20A e del SE3000. L’inserto mostra la regione tra 1150 e 1800 cm-1 degli spettri FTIR di: a) 20A , b) residuo dell’estrazione della SE3000 con cloroformio, c) del materiale organico estratto dalla SE3000 con THF

(curva c), d) EVA con il 14 in peso di vinilacetato.

Per cercare di estrarre il composto organico non legato da questa argilla, questa è stata trattata con diversi solventi: alcool etilico, cloroformio e tetraidrofurano, utilizzando la stessa procedura descritta nel Capitolo 2.3. L’alcool etilico, che era stato usato per l’estrazione della 15A (vedi Capitolo 2.3) non è risultato idoneo per l’estrazione della SE3000; si riesce, invece, ad avere una buona estrazione con cloroformio, ma una buona percentuale di argilla, circa il 20%, rimane in sospensione e risulta difficile, al termine della centrifugazione, recuperarla completamente. Dalla analisi TGA del residuo si è trovato un contenuto organico pari al 32.3%, mentre lo spettro IR (curva b nell’inserto di Fig. A.1.1) mostra la completa scomparsa dei due picchi a 1245 e 1740, dimostrando così la perfetta

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similitudine strutturale con la Cloisite 20A. Il tetraidrofurano (THF) consente di ottenere un’estrazione intermedia rispetto a quelle sopra descritte e permette di estrarre il materiale organico discretamente puro, recuperandolo per evaporazione della soluzione chiara ottenuta dalla filtrazione.

L’inserto di Fig. A.1.1 illustra la regione tra 1150 e 1800 cm-1 degli spettri FTIR

della 20A (curva a), del residuo dell’estrazione con cloroformio (curva b) e del materiale organico recuperato dalla soluzione di THF (curva c). Questi spettri dimostrano che i due picchi della SE3000 a 1245 e 1740 cm-1 sono dovuti appunto al composto organico non legato e che questo è diverso dal tensioattivo organico usato per la modifica della MMT per scambio ionico. L’analogia tra gli spettri FITR dell’estratto in THF (curva c in Fig. A 1.1) e quello relativo al campione di EVA14 (curva d) suggerisce che i due materiali potrebbero avere una struttura chimica simile. Sulla base della similitudine già sottolineata degli spettri a) e b) nell’inserto di Fig. A.1.1 e di quella degli spettri ai raggi-X del nanocomposito EAA1/SE3000 (vedi Fig. 3.23) con quelli contenenti argille organicamente modificate con 2M2HT (vedi Fig. 3.18 e 3.19), sembra lecito concludere che per la modifica di queste argille sono stati usati gli stessi ioni di ammonio quaternario e che le argille differiscono per la sostanza organica utilizzata per espandere ulteriormente le loro strutture: eccesso di modificante organico per la 6A e per la 15A e un polimero a basso peso molecolare con una struttura molto simile all’EVA per la SE3000. È stato anche preparato un nanocomposito di EAA1 con 5 phr del residuo dell’estrazione della SE3000 con cloroformio e si è trovato che lo spettro ai raggi-X di questo materiale coincideva esattamente con il rispettivo nanocomposito EAA1/SE3000, mostrato in Fig. 3.23. Questa prova conferma definitivamente che il composto organico non legato presente nella SE3000 non sembra avere alcuna utilità pratica in vista della preparazione di nanocompositi a base di EAA1.

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APPENDICE 2

ORIENTAZIONE INDOTTA DALL’ARGILLA

Nei Capitoli 3.2 e 3.3 abbiamo descritto spettri WAXD di nanocompositi in cui le intensità relative dei picchi caratteristici della struttura cristallina della matrice polimerica utilizzata, corrispondenti ai riflessi 110 e 200 tipici della cella cristallina ortorombica del polietilene, variavano con la concentrazione dell’argilla.

Questo effetto dovuto alla presenza dell’argilla ci ha portato ad effettuare uno studio più approfondito sull’argomento, per capire quale fosse il ruolo del silicato lamellare e se c’è un legame tra il rapporto delle intensità dei picchi della cella cristallina e la morfologia del nanocomposito.

Sono stati studiati [67, 68] i compositi, preparati per miscelazione nel fuso, a matrice HDPE (microcompositi) (Cap. 3.1) e HDMA (nanocompositi) (Cap. 3.2) con la Cloisite® 15A. I campioni, stampati per pressofusione in dischetti di 2 mm di spessore e 20 mm di diametro e in film di spessori 45 e 90 µm, sono stati caratterizzati morfologicamente, oltre che con l’analisi WAXD e la micrografia POM, anche con le analisi ai raggi X in trasmissione e a bassi angoli (SAXS) condotte presso il Politecnico di Milano.

Come abbiamo visto nei Par. 3.1.2 e 3.2.2 la cristallizzazione osservata al POM evidenzia la presenza degli sferuliti tipici dell’HDPE e dei polietileni funzionalizzati, non è stato però possibile individuare se le lamelle di argilla stanno dentro o fuori gli sferuliti. Dai dati riportati in Tab. A.2.1 si vede che per entrambi i polimeri l’aggiunta dell’argilla porta ad una diminuzione significativa del raggio medio degli sferuliti che può essere attribuito ad un effetto nucleante dell’argilla stessa.

Sample Rsph, µm Tc, oC HDPE 7.6 122.7 HDPE/15A (5%) 4.5 123.3 HDPE-g-MA 7.1 119.0 HDPE-g-MA/15A(5wt%) 4.4 123.0 HDPE-g-MA/15A(10wt%) 4.3 121.0

Tab. A.2.1 – Raggio sferulito medio e temperatura di cristallizzazione di HDPE e HDMA con diverso contenuto di 15A, cristallizzati dal fuso raffreddando a 1°C/min

In Fig. A.2.1 sono riportati gli spettri ai raggi X in riflessione dei dischetti stampati per pressofusione. Le curve riportate suggeriscono un’orientazione preferenziale della matrice polietilenica. Per i polimeri puri il rapporto tra le intensità I110/I200 dei

riflessi a 2θ=21.5 e 23.8° è di circa 3.2. Nel caso dei nanocompositi HDMA con il 5 e il 10% in peso di argilla questo rapporto diminuisce drasticamente a circa 1.0 e 0.2 (curve d,e di Fig. A.2.1) suggerendo che la concentrazione di lamelle esfoliate influenza fortemente l’orientazione della matrice polimerica. Effetti simili , ma più blandi, sono stati osservati nei nanocompositi temprati (curva f di Fig. A.2.1), in cui il rapporto I110/I200≅1.0.

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0 5 10 15 20 25 30 2θ (deg) Inte nsi tà rel ati va (u.a .) a) b) c) d) e) f)

Fig A.2.1 – Raggi X in riflessione dei dischetti stampati per pressofusione e raffreddati lentamente: a) HDPE, b) HDPE + 5% 15A, c) HDMA, d) HDMA + 5%

15A , e) HDMA + 10% 15A. Per confronto la curva f) rappresenta il campione HDMA + 10% 15A temprato

Il microcomposito costituito da HDPE con il 5% in peso di 15A mostra anch’esso un rapporto I110/I200≅2 inferiore a quello della matrice HDPE suggerendo che anche

in questo caso c’è una certa orientazione dovuta alla presenza dell’argilla, anche se l’effetto è meno marcato rispetto a quello osservato per il nanocomposito. Questo modo di orientarsi della matrice HDPE è molto simile a quello riportato in letteratura [76, 77] per film di PE, cristallizzati dal fuso, di spessore <3 µm. In Fig. A.2.2 sono riportati gli spettri ai raggi X-2D in trasmissione del film di 90µm di spessore e del dischetto stampato del nanocomposito a base di HDMA con il 10% di 15A.

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Fig. A.2.2 – Raggi X bidimensionali in trasmissione di a) dischetto di 2 mm e b) film di 90 µm di campioni HDMA con il 10% in peso di 15A stampati per compressione

e raffreddati lentamente. Le curve 1 e 2 di c) sono le scansioni equatoriali di a) e b) e sono confrontabili con quelli ottenuti in riflessione

Dalla Fig. A.2.2 si vede che il film mostra un grado di orientazione maggiore; comunque, per entrambi i campioni, il riflesso 200 del polietilene mostra un massimo nella direzione equatoriale che corrisponde alla normale alla superficie. Ciò indica che il vettore a del reticolo cristallino del polietilene è orientato nella stessa direzione, ovvero perpendicolarmente alla superficie dei campioni stampati per pressofusione.

La Fig. A.2.2 c mostra le curve ricavate dall’integrazione lungo l’equatore a 2θ costante delle immagini 2D riportate in Fig.A.2.2a e b, queste tracce dovrebbero essere confrontabili con gli spettri in riflessione di Fig. A.2.1. Sorprendentemente la traccia 2 del film spesso 90 µm è molto simile alla traccia e) di Fig. A.2.1 che si riferisce al dischetto stampato di 2 mm. Dato che i raggi X in riflessione mostrano il comportamento degli strati superficiali del campione analizzato, questa osservazione indica che nei dischetti stampati gli strati superficiali sono molto più orientati che nell’interno, indicando anche che l’orientazione è in un certo grado influenzata dai processi che avvengono sulla superficie del campione.

Per conferma, i film dei nanocompositi e dei microcompositi sono stati analizzati in un diffrattometro che permette di registrare gli spettri in temperatura. I campioni sono stati fusi a 140° e 160° C e ricristallizzati in condizioni di quiescienza con un

1 2 10 15 20 25 2θ(o ) In te nsity (a u)

10

15

20

25

2

θ

(deg)

I(u.a.)

a)

b)

c)

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raffreddamento di 10°C/min. Gli spettri ricavati riportati in Fig. A.2.3 mostrano che l’orientazione del polimero ricristallizzato è minore di quella registrata prima della fusione sia a 140 che a 160°C.

a b c d

5

10

15

20

25

2

θ

(deg)

I(u.a.)

Fig. A.2.3 – Raggi X dei campioni stampati per pressofusione in dischetti di 2 mm di spessore: HDMA con 10% di 15A a) dopo fusione a 140° o 160°C e raffreddamento a 10°C/min, b) prima della procedura di fusione-ricristallizzazione;

HDPE con 10% di 15A c) dopo fusione a 140° o 160°C e raffreddamento a 10°C/min, b) prima della procedura di fusione-ricristallizzazione

Questa piccola perdita di orientazione, che sembra più marcata per il microcomposito con HDPE, sembra dipendere dalla velocità di raffreddamento: la stessa procedura ripetuta con velocità di raffreddamento di 1°C/min mostra una perdita di orientazione trascurabile. Ciò dimostra che in questo caso lo sforzo applicato durante il processo di stampaggio ha solo un impatto marginale nell’orientazione della matrice HDPE.

É stato in seguito studiata anche l’orientazione delle lamine di argilla nei diversi campioni. La via più semplice è stata evidentemente quella di studiare i microcompositi HDPE con il 10% di 15A. Nella Fig. A.2.4a si vede chiaramente che il riflesso 001 dell’argilla è orientato lungo l’equatore, che corrisponde ad un’orientazione dei pacchetti con le lamelle disposte parallelamente alla superficie del dischetto stampato di 2 mm di spessore. Questa orientazione è confermata anche dall’immagine SAXS riportata in Fig. A.2.4.b.

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Fig. A.2.4 – Immagini dei raggi X 2D in trasmissione a) WAXS e b) SAXS dei dischetti di spessore 2mm a base di HDPE con il 10% di 15A. I campioni sono

disposti in modo che la normale alla superficie di compressione coincida con l’equatore nelle immagini 2D

Comunque anche nel caso dei nanocompositi esfoliati, in cui il riflesso ai raggi X dovuto all’argilla non è visibile, (Fig.A.2.2 a e b ) la forte stringa simmetrica lungo l’equatore che parte dal centro dell’immagine indica che le lamelle di argilla sono ancora preferenzialmente orientate parallelamente alla superficie di stampaggio. Si può quindi proporre un modello che consente di razionalizzare i vari fenomeni di orientazione preferenziale nei compositi.

Durante il processo di stampaggio, per l’interazione tra lamelle d’argilla e superficie e/o per il flusso del fuso polimerico associato, le lamelle d’argilla acquistano una forte orientazione preferenziale, parallela al piano di stampaggio. Il grado d’orientazione dell’argilla dipenderà da vari fattori (cinetici, geometrici, etc.).

Tuttavia la cristallizzazione successiva del polimero avviene in stato confinato tra le lamelle d’argilla (vedi Fig. A.2.5). Gli sferuliti, di HDPE nel nostro caso, saranno quasi-bidimensionali: perpendicolarmente alle lamelle d’argilla le dimensioni saranno molto più piccole che parallelamente. Poiché gli sferuliti di PE crescono in direzione radiale, che coincide con l’asse cristallografico b, ne consegue che questo asse deve essere orientato preferenzialmente nel piano di stampaggio. Il fatto che l’asse a sia orientato invece perpendicolarmente alla suddetta superficie suggerisce inoltre che le lamelle cristalline di PE si propaghino in direzioni parallele ai piani delle lamelle d’argilla, ma preferenzialmente di taglio, cioè con l’asse c parallelo al piano delle lamelle stesse.

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Fig. A.2.5 – Modello strutturale dei compositi PE/argilla ottenuti per miscelazione nel fuso e poi stampati per pressofusione: gli sferuliti di PE a le lamelle di argilla

orientate sono mostrate insieme ai vettori della cella cristallina ortorombica del polietilene. L’inserto mostra un’immagine ingrandita con i bordi delle lamelle di PE

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APPENDICE 3 [78]

PROVE IN SOLUZIONE E MISCELE DI POLVERI

La preparazione di nanocompositi a matrice polietilenica con la tecnica dell’intercalazione in soluzione, come descritto nel Capitolo 1, è stata riportata in letteratura in due soli lavori scientifici [16, 18]. Nel lavoro di Jeon et. al [16] è illustrata la preparazione di un composito HDPE/argilla che, all’analisi XRD dimostra una espansione della distanza interlamellare di soli 0.12 nm, che sembra troppo piccola per poter essere considerata come indicativa di intercalazione. Nel lavoro di Qiu et al [18] sono stati invece descritti nanocompositi LLDPE/argilla, ottenuti per precipitazione in etanolo, caratterizzati da morfologia intercalata (con una espansione degli spazi interlamellari di circa 1.0 nm).

Allo scopo di confrontare le morfologie ottenibili con questa tecnica con quelle dei nanocompositi preparati con la consueta procedura di miscelazione nel fuso, alcuni dei compositi studiati e descritti nel Capitolo 3, sono stati preparati anche in soluzione e per stampaggio diretto della miscela delle polveri.

In particolare abbiamo preso in considerazione i nanocompositi EAA1/15A 100/10 e EAA2/15A 100/5. Le prove in soluzione sono state condotte mescolando la soluzione del polimero in xilene con una sospensione dell’argilla nello stesso solvente, in condizioni di temperatura e di agitazione appropriate, e la miscela è stata poi precipitata in un adatto non-solvente (acetone o esano). La polvere ottenuta, dopo essiccamento sotto vuoto a temperatura ambiente, è stata compressa e stampata a 190°C e raffreddata lentamente, in modo da ottenere i consueti dischetti per l’analisi XRD. Questa procedura è del tutto analoga a quella riportata anche nei due lavori sopra indicati, nei quali le polveri ottenute per precipitazione sono state sempre stampate a caldo prima dell’analisi XRD: In Fig. A.3.1 sono riportati i risultati ottenuti per il composito EAA1/15A 100/10. Le curve a) e b) sono rispettivamente i diffrattogrammi della 15A e della 20A. Lo spettro XRD del nanocomposito ottenuto per miscelazione nel fuso, riportato per confronto, è rappresentato dalla curva c). Ricordiamo che, per miscelazione nel fuso, le catene di EAA1 si intercalano nelle gallerie dell’argilla e la spaziatura basale passa da 3.24 a 4.2-4.3 nm. La morfologia (almeno per quanto concerne gli spettri XRD) del campione ottenuto in soluzione dopo precipitazione in acetone, essiccazione a freddo e stampaggio a 190°C (curva d), è del tutto analoga a quella del nanocomposito preparato nel fuso. Al contrario, lo spettro WAXD del campione di polveri essiccato a freddo e compresso a freddo è completamente diverso (curva e).

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0 5 10 15 20 25 30 2θ (deg) In te ns ità re la tiv a (u .a .) a) b) c) d) e) f)

Fig. A.3.1 - Spettri XRD di: a) 15A; b) 20A; c) EAA1/15A 100/10 per miscelazione nel fuso; d) EAA1/15A 100/10 polveri da soluzione xilene/acetone stampate a 190°C; e) EAA1/15A 100/10 polveri da soluzione xilene/acetone compresse a

freddo; f)EAA1/15A 100/5 miscela delle polveri stampate a 190°C

Come possiamo osservare, lo spettro indica che non si è verificata intercalazione e che; l’unico cambiamento indotto dalla dissoluzione e successiva precipitazione del polimero e dell’argilla è l’estrazione dell’eccesso di tensioattivo organico utilizzato per la modifica, contenuto nella 15A. Il picco basale dell’argilla si trova infatti spostato nella posizione caratteristica dell’argilla 20A. L’intercalazione delle catene di EAA1 all’interno delle gallerie dell’argilla (che dopo il trattamento in soluzione è stata trasformata nella 20A) avverrebbe quindi solo al momento dello stampaggio a caldo per la preparazione del dischetto da utilizzare per l’analisi XRD. Questo risultato, del tutto inatteso, riveste una certa importanza dal momento che, in tutti i lavori pubblicati in letteratura sulla preparazione di nanocompositi in soluzione, con

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precipitazione o per evaporazione del solvente, sono stati sempre analizzati ai raggi-X dopo stampaggio a caldo.

Questi risultati indicano anche che il processo di intercalazione è cineticamente molto veloce dato che avviene in pochi minuti, anche in assenza di sforzi di taglio, durante la fase di stampaggio della miscela delle polveri di polimero e argilla recuperate dalla prova in soluzione. La rapidità del processo di intercalazione è stata ulteriormente confermata stampando le polveri ad una temperatura molto più bassa (120°C invece che 190°C), di poco superiore alla temperatura di fusione di EAA1; tale trattamento comporta una permanenza molto più breve della miscela allo stato fuso. Lo spettro XRD ottenuto è analogo a quello registrato per il campione stampato a 190°C.

Per verificare che non si avessero fenomeni di de-intercalazione del polimero al momento della precipitazione della soluzione in acetone, a causa della eventuale eccessiva affinità di questo non-solvente polare con la superficie delle lamelle di argilla, in una prova la miscela polimero-argilla è stata recuperata direttamente per evaporazione dello xilene. Lo spettro XRD di questo campione (non mostrato) conferma che il trattamento non causa intercalazione ed evidenzia invece che la sola dissoluzione in xilene e successiva evaporazione, non causa l’estrazione dell’eccesso di tensioattivo organico dell’argilla 15A.

Le polveri recuperate quando si prepara il composito in soluzione sono molto fini e, molto probabilmente, miscelate intimamente. È anche probabile che il trattamento con solvente permetta una certa disgregazione delle particelle di argilla in aggregati di minori dimensioni o addirittura di cristalliti. L’intercalazione, al momento dello stampaggio, potrebbe quindi essere favorita, almeno in parte, proprio da questa elevata dispersione dell’argilla nel polimero. Per confronto, è stato preparato il nanocomposito EAA1/15A 100/5 per stampaggio di una miscela meccanica delle polveri, sia a 120 che a 190°C. La miscela, in questo caso, è stata ottenuta mescolando direttamente l’argilla tal quale con una polvere del polimero ottenuta sciogliendolo in xilene e precipitandolo in acetone oppure macinando i pellets. Questa ultima tecnica permette di ottenere una polvere piuttosto grossolana. La morfologia ai raggi-X per questi due campioni (vedi curva f come esempio) è perfettamente analoga a quella del campione ottenuto da soluzione per stampaggio delle polveri (curva d) ed a quella ottenuta per miscelazione nel fuso (curva c). Non si notano, inoltre, differenze significative stampando le polveri a 120 oppure a 190°C.

Le prove condotte per preparare il nanocomposito EAA2/15A 100/5 in soluzione o dalla miscela delle polveri confermano i risultati precedentemente descritti (Fig.A.3.2):

ƒ le polveri precipitate dalla soluzione xilenica in acetone e compresse a freddo dimostrano che questa procedura non porta ad intercalazione (curva d) e che si verifica solo l’estrazione dell’eccesso di modificante organico della 15A; ƒ il processo di intercalazione avviene solo al momento dello stampaggio delle

polveri a 190°C o a 120°C ed è particolarmente veloce (curva e);

ƒ la morfologia intercalata simile a quella del nanocomposito ottenuto per miscelazione nel fuso (curva c) si ottiene anche stampando direttamente la miscela meccanica delle polveri di polimero e argilla (curva f).

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Per questo tipo di nanocomposito abbiamo, infine, eseguito un’ultima prova in soluzione per valutare l’influenza del tipo di non-solvente utilizzato per la precipitazione.

A tale scopo abbiamo sciolto EAA2 e l’argilla 15A in xilene, ma abbiamo precipitato in esano, un non-solvente decisamente meno polare dell’acetone, che dovrebbe avere minore affinità per l’argilla. Lo spettro XRD delle polveri precipitate ed essiccate a freddo (curva g) dimostra che non si verifica nessuna intercalazione e che, utilizzando esano, non si ha neppure l’estrazione dell’eccesso di tensioattivo dalla 15A. L’intercalazione si verifica, anche in questo caso, solo dopo lo stampaggio delle polveri (curva h).

0 5 10 15 20 25 30 2θ (deg) In te n si tà rel ati va (u .a.) a b) c) d) e) f) g) h)

Fig.A.3.2 - Spettri XRD di: a) 15A; b) 20A. Le altre curve sono tutte relative al composito EAA2/15A 100/5: c) per miscelazione nel fuso; d) polveri da soluzione

xilene/acetone compresse a freddo; e) polveri da soluzione xilene/acetone stampate a 120°C; f) miscela delle polveri stampate a 120°C; g) polveri da soluzione xilene/esano compresse a freddo; h) polveri da soluzione xilene/esano

stampate a 120°C

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miscelazione nel fuso, un nanocomposito esfoliato (curva c). Se il composito viene preparato in soluzione xilenica, lo spettro XRD delle polveri precipitate in acetone, essiccate e compresse a freddo, indica che almeno una parte delle lamine di argilla si sono nuovamente riunite in pacchetti con una spaziatura tipica della 20A. Anche in questo caso, dunque, si è avuta l’estrazione dell’eccesso di tensioattivo dalla 15A (curva d). Stampando le stesse polveri a 190°C è invece possibile ottenere il nanocomposito esfoliato (curva e). Questi dati confermano che, anche per questa coppia polimero-argilla, la cinetica di intercalazione e, addirittura, di esfoliazione, è notevolmente veloce. L’unica importante differenza che si nota tra gli spettri XRD del nanocomposito ottenuto per miscelazione nel fuso (curva c) e per stampaggio delle polveri (curva e) è il rapporto tra le intensità I110/I200 dei picchi della matrice

polietilenica. Quando si prepara il dischetto per l’analisi ai raggi-X dal campione ottenuto in Brabender, il flusso applicato al materiale durante lo stampaggio provoca un’elevata orientazione delle lamelle di argilla parallelamente alla superficie di stampaggio e ciò obbliga la matrice polietilenica a cristallizzare in regioni confinate, con conseguente crescita bidimensionale degli sferuliti. Questo fenomeno già osservato per i campioni a matrice EAA a struttura mista esfoliata/intercalata, descritto nel Paragrafo 3.3.1, è ancora più evidente per questo campione che ha una morfologia altamente esfoliata. Questo stesso comportamento è poco evidente quando il nanocomposito è preparato a partire dalle polveri e ciò è ragionevole dal momento che, in questo caso, non abbiamo fenomeni di flusso durante lo stampaggio delle polveri precompresse a freddo e le lamelle di argilla, anche dopo il processo di esfoliazione, sono presumibilmente disperse in modo altamente disorientato nella matrice polimerica.

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0 5 10 15 20 25 30 2θ (deg) Inten si tà rel ati va (u.a.) a) b) c) d) e)

Fig. A.3.3 - Spettri XRD di: a) 15A; b) 20A. Le altre curve sono tutte relative al composito HDMA/15A 100/5: c) per miscelazione nel fuso; d) polveri da soluzione

xilene/acetone compresse a freddo; e) polveri da soluzione xilene/acetone stampate a 190°C.

In Fig. A.3.4 sono mostrati gli spettri ai raggi X di nanocompositi EVA14/20A 100/5. Il trattamento in soluzione in questo caso è stato fatto in toluene e come non solvente è stato usato l’acetone; le polveri compresse sono state stampate a 100°C, temperatura superiore a quella di fusione dell’EVA.

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0 5 10 15 20 25 30 2θ (deg) Inte n si tà re la tiv a (u .a.) a) b) c) d) e)

Fig.A.3.4 - Spettri XRD di: a) 20A. Le altre curve sono tutte relative al composito EVA14/15A 100/5: b) per miscelazione nel fuso; c) polveri da soluzione toluene/acetone compresse a freddo; d) polveri da soluzione toluene/acetone

stampate a 100°C; e) miscela delle polveri stampate a 100°C..

Lo spettro XRD delle polveri ottenute da soluzione e compresse a freddo mostra un riflesso ad un angolo leggermente più alto di quello dell’argilla 20A; probabilmente, il trattamento in toluene provoca l’espulsione del leggero eccesso di modificante contenuto nella Cloisite® 20A, secondo il meccanismo già descritto per la Cloisite® 15A (vedi Paragrafo 2.5.1). Le polveri precipitate da soluzione (curva d) e la miscela delle polveri (curva e) stampate a 100°C mostrano una morfologia intercalata simile a quella del nanocomposito ottenuto per miscelazione nel fuso (curva b).

Il risultato ottenuto conferma che anche l’intercalazione di EVA nelle gallerie della Cloisite® 20A è molto veloce ed avviene in modo praticamente completo anche

durante la fusione effettuata in assenza di sforzi di taglio. Da questo punto di vista, dunque, il comportamento dei copolimeri EVA si presenta del tutto simile a quello dei copolimeri etilene–acido acrilico.

Per capire meglio il grado di dispersione delle lamelle di argilla nella matrice polimerica, i nanocompositi a base di EAA con la 15A, ottenuti con le tre tecniche di miscelazione nel fuso, fusione statica delle polveri da soluzione e fusione statica

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della miscela meccanica delle polveri, sono stati caratterizzati anche con le microscopie POM, SEM e TEM.

In Fig. A.3.5 sono riportate le micrografie SEM dei dischetti ottenuti dalle polveri da soluzione toluene/esano e dalla miscela meccanica delle polveri, prima e dopo lo stampaggio statico a 120°C. Nell’immagine riportata in Fig. A.3.5.b le particelle di argilla sono ben visibili come agglomerati micrometrici, mentre non possono essere identificate nella Fig. A.3.5.a. Questo risultato può essere dovuto al trattamento in soluzione che riesce a disgregare le particelle di argilla in piccoli tattoidi non visibili al SEM. Nell’immagine riportata in Fig A.3.5.d si nota la presenza di grandi agglomerati di argilla, che non sono però rilevabili ai raggi X. Da queste immagini si può concludere che la fusione statica delle polveri ottenute da soluzione dà nanocompositi con morfologia simile a quella degli stessi ottenuti per miscelazione nel fuso; mentre dalla miscela delle polveri si ottengono dei microcompositi convenzionali, anche se con struttura intercalata dei pacchetti di lamelle di argilla.

50 µm 50 µm 50 µm 50 µm a) b) c) d)

Fig. A.3.5 – Micrografie SEM degli stampi dei nanocompositi EAA2 con 11phr di 15A: a) polveri da soluzione toluene/esano stampate a freddo; b) miscela meccanica delle polveri stampate a freddo; c) polveri da soluzione toluene/esano

stampate a 120°C senza shear; d) miscela meccanica delle polveri stampata a 120°C senza shear

100 µm

100 µm

100 µm

(17)

Nella Fig. A.3.6 sono riportate le micrografie ottiche dei film di EAA2 con 5phr di 20A a 120°C. Le immagini riportate confermano le conclusioni tratte dalle immagini SEM.

Le stesse conclusioni possono essere tratte anche dalle micrografie TEM riportate in Fig. A.3.7. L’immagine riportata in Fig. A.3.7a mostra la morfologia mista intercalata-esfoliata caratteristica dei nanocompositi ottenuti dai copolimeri EAA per miscelazione nel fuso. Nel caso della fusione statica delle polveri ottenute da soluzione la dispersione delle lamelle di argilla non è così buona sia su scala micrometrica (b), che su scala nanometrica (c). Nell’immagine (d) c’è la conferma che siamo davanti ad un microcomposito, in cui sono visibili grossi agglomerati di lamelle di argilla, anche se intercalati come è evidenziato dai raggi X.

100 nm a) 1.1 µm b) 100 nm c) 1.1 µm d)

Fig. A.3.7 – Micrografie TEM di nanocompositi EAA1 con 11 phr di 15A preparati da: a) miscelazione nel fuso; b) e c) fusione statica delle polveri da soluzione

(18)

APPENDICE 4

DEGRADAZIONE DELLA CLOISITE

®

30B

È stato riportato in letteratura [14, 54] che argille con una sola coda organofila come ad esempio la 30B e la 3MHT (quest’ultima è molto simile alla M3C18 da noi

usata) determinano uno spostamento significativo del picco di diffrazione basale verso valori di 2θ più grandi se miscelate con LLDPE o con ionomeri del PE e la ragione per cui questo si verifica non è stata compresa.

La prima interpretazione [80] in termini di degradazione, con perdita di modificante organico, dovuta alle alte temperature (250°C) utilizzate per preparare nanocompositi a base di poliammidi, è stata messa in discussione, in un secondo momento, quando lo stesso comportamento è stato osservato anche per preparazioni condotte a temperature più basse (200°C) [14].

La decomposizione termica degli ioni alchilammonio della 30B che avviene a temperature di 220-250°C, è stata studiata anche da Dharaiya e Jana [81]. Questi autori hanno trovato che lo spostamento del picco di diffrazione dei raggi-X verso valori angolari più grandi è accompagnato da una riduzione dell’altezza del picco di assorbimento dello spettro FTIR legato allo stretching degli ioni –OH nella regione 3000-3500 cm-1, e da una significativa diminuzione della polarità della superficie, così come evidenziato da misure di angolo di contatto 2θ.

Tidjani et al. [82] hanno trovato invece che lo spostamento del picco della 30B verso valori più alti si aveva solo se l’argilla era miscelata nel fuso con PP-g-MA in presenza di aria, mentre questo non si verificava in presenza di azoto, e l’effetto poteva essere quindi attribuito ad un processo di ossidazione.

Anche nel nostro caso si verifica uno spostamento del picco di diffrazione basale verso valori 2θ più grandi per i nanocompositi contenenti le argille 30B e M3C18

come mostrano i diffrattogrammi in Fig. A.4.1. Infatti la spaziatura d001 della 30B,

dopo miscelazione nel fuso con EAA1, diminuisce da 1.87 a 1.55 nm, e quella della M3C18 da 1.93 a 1.52 nm.

(19)

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 2θ (deg) Inten si tà rel ati va (u .a .) M3C18 EAA1/M3C18 30B EAA1/30B

Fig. A.4.1 - Raggi X dei compositi di EAA1 con 5 phr di 30B e M3C18,

paragonati con quelli delle argille.

Noi abbiamo eseguito i processi di intercalazione diretta dal fuso, come riportato nella parte sperimentale, insufflando azoto e le temperature a cui si lavorava erano piuttosto basse (120-150°C), anche se sono state usate temperature più alte (190°C) per lo stampaggio a compressione dei dischetti usati per l’analisi WAXD. Per vedere se quest’ultima elevata temperatura fosse responsabile dell’effetto sopra osservato, sono stati preparati due dischetti aggiuntivi per ciascuno dei nanocompositi EAA1/30B e EAA1/ M3C18 ottenuti stampando a 120°C invece che a

190°C sia i nanocompositi preparati con la procedura standard di miscelazione (120°C e 60 rpm) che secondo una procedura di miscelazione in condizioni più blande (100°C e 30 rpm). Entrambi i campioni di EAA1/30B mostrano spettri ai raggi-X molto simili a quello mostrato in Fig. A.4.1, perciò il collasso strutturale della 30B si verifica anche in condizioni blande di processo.

Al contrario, dall’analisi degli spettri ai raggi-X dei due campioni di EAA1/M3C18 si

può osservare che i picchi si trovano approssimativamente nella stessa posizione (2θ=4.6°) di quello dell’argilla tal quale; ciò indica che l’argilla M3C18 è

apprezzabilmente più stabile della 30B e subisce una diminuzione della spaziatura solo quando viene stampata per compressione a 190°C. La stabilità termica delle due argille è stata inoltre studiata trattando dei campioni vergini in stufa sotto vuoto a 160°C e 190°C (ovvero alle massime temperature che si possono raggiungere rispettivamente durante il processo di miscelazione nel fuso e lo stampaggio); questi campioni sono stati analizzati dopo diversi tempi di trattamento. In Fig. A.4.2 riportiamo i risultati relativi alla 30B.

(20)

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 2θ (deg) In te ns ità r el a tiv a (u .a .) 30B 160°C 1h 160°C 2h 160°C 3h 190°C 3h 190°C 2h 190°C 1h EAA1/30B d001 = 1.55 d001 = 1.84 nm

Fig. A.4.2 - Raggi X della argilla 30B tal quale e dei compositi EAA1/30B ottenuti in brabender e ricotti in stufa a 190°C e a 160°C con tempi differenti di trattamento.

All’aumentare del tempo di trattamento la forma del picco varia e compare un nuovo picco di diffrazione centrato intorno a 2θ=5.8° (cioè nella posizione osservata per i nanocompositi a base di 30B), che gradualmente sostituisce quello dell’argilla vergine a 2θ=4.8°. Comunque, quando la 30B viene trattata termicamente in stufa sotto vuoto il processo di degradazione risulta molto più lento di quello osservato durante il processo di miscelazione nel fuso con EAA1. Infatti, dopo 3 ore a 160°C, il nuovo picco di diffrazione è visibile solo come spalla dalla parte dei valori angolari più alti del picco originale, e solo dopo 3 ore di trattamento a 190°C la forma del nuovo picco di diffrazione diventa effettivamente confrontabile con quello del composito EAA1/30B.

Sorprendentemente, comunque, la perdita in peso di quest’ultimo campione, misurata dalla TGA a 900°C, era più bassa solamente del 4% rispetto a quella della argilla originale e gli spettri FTIR rilevano solo una piccola riduzione dell’intensità del picco dello stretching degli ioni -OH a 3000-3500 cm-1.

Per l’argilla M3C18, al contrario, non viene osservato nessuno spostamento del

(21)

di collasso strutturale delle due argille, ma mostrano comunque che, ad una data temperatura, il processo è accelerato quando l’argilla è dispersa all’interno della matrice polimerica. Le micrografie TEM dei compositi EAA1/30B e EAA1/M3C18

mostrate in Figura 3.26b e 3.26c dimostrano che questi sono effettivamente dei microcompositi. In accordo con le osservazioni POM e SEM descritte del paragrafo 3.3.3, le micrografie TEM mostrano, infatti, un elevato numero di tattoidi e di aggregati di argilla di grandi dimensioni.

Questi risultati differiscono da quelli trovati da Shah e al. [54] per nanocompositi della 30B con uno ionomero dell’EMAA. Infatti, nonostante osservino uno spostamento del picco dei raggi X verso valori più bassi della spaziatura d, questi autori trovano una morfologia parzialmente esfoliata, rilevata dalle micrografie TEM; per i compositi simili a base di M3T e M3(HT) osservano invece una struttura

non esfoliata. Apparentemente sembra che i gruppi carbossilato dello ionomero polietilenico favoriscano le interazioni chimiche tra la 30B e la matrice polimerica più dei gruppi carbossilici liberi.

Nel tentativo di ottenere informazioni che permettessero di formulare ipotesi concrete sul comportamento della 30B, con riferimento al meccanismo delle ipotetiche reazioni di degradazione del tensioattivo ed alla loro dipendenza dalle condizioni operative impiegate per le operazioni di preparazione dei nanocompositi, l'argilla è stata sottoposta a trattamenti con solventi, anche a temperature relativamente elevate (ad es. 140°, in xilene) e per tempi lunghi, nel modo seguente. La 30B è stata sospesa in diversi solventi (toluene, xilene, cloroformio e etanolo), la soluzione è stata portata all’ebollizione (il toluene è stato portato fino a 70°C) e mantenuta a questa temperatura per circa un’ora. In seguito l’argilla è stata precipitata in etanolo, recuperata per filtrazione ed essiccata. In Fig A.4.3 sono riportati i risultati di questi trattamenti in soluzione.

(22)

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 2θ (deg) In te ns ità re la tiv a (u .a .) a) b) c) d) e)

Fig. A.4.3 - Spettri r-X di: a) C30B pura; b) C30B sospesa in toluene a 70°C e precipitata in etanolo; c) C30B sospesa in xilene a 140°C e precipitata in etanolo;

d) C30B sospesa in cloroformio a riflusso e precipitata in etanolo; e) C30B estratta con etanolo a riflusso

Come chiaramente dimostrato dagli spettri r-X in Fig. A.4.3, nessuno di questi trttamenti ha portato ad un apprezzabile spostamento del riflesso basale dell'argilla verso angoli maggiori.

Tutte le esperienze condotte fino ad oggi sembrano dunque indicare che le modificazioni subite dal tensioattivo presente nelle gallerie della 30B, che si manifestano attraverso lo spostamento del riflesso basale di questa argilla verso angoli maggiori, sono probabilmente causate, o almeno favorite, dalla interazione dell’argilla con alcuni polimeri all’atto della loro miscelazione allo stato fuso, piuttosto che dalla temperatura alla quale tale trattamento è condotto. Questo aspetto della ricerca forma l’oggetto di ulteriori studi in corso presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Università di Pisa.

Figura

Fig. A.1.1 - Spettri FTIR della 20A e del SE3000. L’inserto mostra la regione tra  1150 e 1800 cm -1 degli spettri FTIR di: a) 20A , b) residuo dell’estrazione della  SE3000 con cloroformio, c) del materiale organico estratto dalla SE3000 con THF
Tab. A.2.1 – Raggio sferulito medio e temperatura di cristallizzazione di HDPE e  HDMA con diverso contenuto di 15A, cristallizzati dal fuso raffreddando a 1°C/min
Fig A.2.1 – Raggi X in riflessione dei dischetti stampati per pressofusione e  raffreddati lentamente: a) HDPE, b) HDPE + 5% 15A, c) HDMA, d) HDMA + 5%
Fig. A.2.2 – Raggi X bidimensionali in trasmissione di a) dischetto di 2 mm e b) film  di 90  µm di campioni HDMA con il 10% in peso di 15A stampati per compressione
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