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CAPITOLO 1

GLI AGGREGATI RICICLATI DA ATTIVITA’ DI

COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE

1.1 Considerazioni generali

In questi ultimi anni la crescente attenzione alle problematiche ambientali ha reso sempre più difficoltoso il prelievo da cave naturali degli inerti e, nel contempo, sempre più restrittiva la regolamentazione per la gestione delle discariche di rifiuti. Per tale motivo gli aggregati riciclati da attività di costruzione e demolizione, la cui produzione annua in Italia può essere stimata in diverse decine di milioni di tonnellate, stanno rapidamente diventando un materiale di grande interesse per le costruzioni civili. Questo è essenzialmente dovuto al fatto che in generale negli anni trascorsi si è sempre più incentivato l’utilizzo delle risorse naturali, pensando di poter disporre di una riserva illimitata di materie prime, senza considerare invece che i rifiuti derivanti dalle attività di costruzione e demolizione potessero rappresentare un effettivo problema di smaltimento. E’ chiaro come questo comportamento oggi non sia più sostenibile, in quanto:

• La domanda di aggregati ha generato forti impatti sul territorio a causa di una attività estrattiva che con molta difficoltà riesce ad essere pianificata e regolamentata;

• Il notevole quantitativo di rifiuti proveniente dal settore edile ha generato una domanda di impianti di smaltimento difficile da soddisfare ed ha comportato inoltre il frequente abbandono in discariche abusive;

• L’utilizzo della discarica deve essere considerato come ultima soluzione, privilegiando tutte le azioni possibili per recuperare risorse disponibili dalla gestione dei rifiuti stessi.

Si è quindi giunti alla consapevolezza che lo smaltimento in discarica ai livelli attuali è un’opzione difficilmente sostenibile per il futuro, e per tale motivo si cerca

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di limitarlo attraverso l’adozione di opportuni strumenti politici ed economici. Sviluppare e approfondire la strada del riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione risulta quindi essere una questione estremamente importante.

Dal punto di vista ambientale infatti il riutilizzo degli scarti edilizi oltre che a ridurre gli spazi da destinare alle discariche autorizzate permette anche un notevole risparmio dei materiali tradizionali di cava, mentre dal punto di vista economico l’impiego dei materiali riciclati al posto dei materiali vergini, i quali stanno raggiungendo costi estremamente elevati, risulta essere anno dopo anno una soluzione estremamente vantaggiosa.

Tuttavia nonostante gli impianti riescano ormai da tempo a produrre materiale di ottima qualità e si sia dimostrato tramite indagini di laboratorio ed in sito che i materiali riciclati da costruzione e demolizione risultino impiegabili con piena soddisfazione nell’ambito della realizzazione di molteplici progetti di ingegneria civile, la diffusione delle tecniche di riciclaggio è stata ostacolata in passato dall’atteggiamento conservatore dei progettisti e costruttori che in alcuni casi ancora oggi sussiste e dal quadro normativo precedente. Oggi invece, ad esempio con la circolare n. 5205 del 15/07/2005 la quale impone l’obbligo di copertura del trenta percento del fabbisogno annuale con aggregati riciclati, si dimostra come dal punto legislativo vi sia il massimo interesse a promuovere attività di riciclaggio. Relativamente invece all’aspetto tecnico si può affermare che la quasi totalità dei capitolati circolanti sul nostro territorio richiede che vengano utilizzate esclusivamente materie prime naturali, e tutt’oggi vi è ancora carenza di norme atte a definire le caratteristiche degli aggregati riciclati, di indicazioni per un loro corretto utilizzo tecnico e di procedure normalizzate per la determinazione dei loro requisiti prestazionali. Come detto precedentemente un ulteriore ostacolo all’utilizzo degli aggregati riciclati è dato dall’atteggiamento conservatore che in alcuni casi si riscontra nei progettisti, stazioni appaltanti e direzioni lavori, che preferiscono, rispetto ai materiali riciclati, fare riferimento all’impiego esclusivo dei materiali tradizionali ben più collaudati. Per tali motivi al fine di sviluppare maggiormente l’impiego degli aggregati da attività di costruzione e demolizione è necessario che vi sia da una parte un preciso inquadramento normativo e che dall’altra vi siano strumenti tecnici (capitolati) che non discrimino i materiali in base alla loro origine, ma dettino caratteristiche prestazionali.

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Al fine di incentivare lo sviluppo della cultura del riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione in alcuni Paesi sono state attuate opportune scelte di carattere politico-economico (piani di gestione dei rifiuti, fissazioni di obiettivi di riciclaggio, sostegno dei nuovi mercati, etc.), che come risulta dalla Tabella 1.1 [1] hanno generato una percentuale media di recupero estremamente più elevata rispetto a quella relativa ai Paesi in cui mancano interventi specifici di questo tipo.

Tabella 1.1: Produzione di rifiuti da costruzione e demolizione nei Paesi Membri e relative percentuali di riciclaggio e conferimento in discarica [1]

Stato membro

Produzione di C&D (in migliaia di tonnellate)

% materiale riciclato % materiale conferito in discarica Germania 59 17 83 Gran Bretagna 30 45 55 Francia 24 15 85 ITALIA 20 9 91 Spagna 13 <5 >95 Olanda 11 90 10 Belgio 7 87 13 Austria 5 41 59 Portogallo 3 <5 >95 Danimarca 3 81 19 Grecia 2 <5 >95 Svezia 2 21 79 Finlandia 1 45 55 Irlanda 1 <5 >95 Lussemburgo - - -

L’Olanda risulta essere il paese in cui si ha la maggiore percentuale di materiale riciclato e tale risultato è strettamente relazionato alla natura stessa del territorio dove, a differenza di altri paesi europei ed in particolare l’Italia, si registra scarsa disponibilità di spazi da destinare a discarica ma soprattutto carenza di inerti naturali. Per tale motivo il governo Olandese, al fine di salvaguardare sia l’ambiente che le risorse naturali, ha adottato misure politiche ed economiche orientate a scoraggiare il conferimento in discarica dei rifiuti inerti e allo stesso tempo incentivare il recupero ed il riciclaggio degli scarti edilizi.

1.2 Caratteristiche compositive

Affinché il materiale di risulta possa essere convenientemente avviato al reimpiego occorre che questo sia sottoposto ad un “trattamento”, ovvero ad una serie

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di operazioni che possono essere definite come processi successivi, finalizzati tutti all’aumento della qualità del prodotto stesso e del suo valore economico.

In Italia, tra gli impianti fissi esistenti, in grado di produrre materiali riciclati omogeneizzati di buona qualità, la tecnologia R.O.S.E (recupero omogeneizzato scarti edilizi) è tra le più avanzate e all’avanguardia nella ricerca innovativa, in quanto è stata concepita con criteri di sviluppo evolutivo e tecnologico che prevedono un aggiornamento continuo. Dal punto di vista funzionale il processo si sviluppa nei seguenti punti:

• controllo visivo

• stoccaggio a terra di cumuli • frantumazione

• selezione

• omogeneizzazione.

Il controllo visivo, effettuato anche con telecamere, consente di ottenere risultati migliori in termini di qualità del prodotto finale, riuscendo infatti a minimizzare i problemi nelle fasi successive. La disposizione in cumuli dalle caratteristiche omogenee permette una gestione oculata del materiale, in quanto alimentando il frantoio con le diverse tecnologie di inerte si consente alla miscela realizzata di avere caratteristiche costanti per granulometria e consistenza meccanica. La frantumazione invece viene realizzata principalmente da un mulino che in base alla regolazione delle corazze mobili e alla velocità del rotore garantisce in uscita la pezzatura media voluta. La selezione invece, grazie a deferrizzatori magnetici, impianti di abbattimento polveri, di ventilazione e vibrovagli, permette di ottenere un prodotto caratterizzato dal fuso granulometrico di appartenenza e dall’assenza di materiali indesiderati, risultando così essere la fase più importante per garantire la qualità del prodotto. Infine, a mezzo di nastri trasportatori si procede ad un opportuna omogeneizzazione e miscelazione del materiale lavorato ed al suo stoccaggio in cumuli [2].

I materiali che pervengono all’impianto sono quelli generati nelle diverse fasi del processo edilizio. Grandi quantità di rifiuti vengono prodotti durante la costruzione, la ricostruzione, la demolizione di edifici, murature, grandi strutture civili, palificazioni, fognature, sovrastrutture stradali. Tuttavia per quanto concerne la composizione dei rifiuti stessi, quelli derivanti dalla costruzione presentano delle

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differenze rispetto a quelli ottenuti dalla demolizione. I rifiuti ottenuti dalla costruzione infatti vengono prodotti durante fasi temporali diverse, ovvero il trasporto, lo stoccaggio e la posa in opera, e una delle principali caratteristiche risulta essere la loro eterogeneità. Questi infatti sono costituiti da:

Rif. D.M. 5/2/98

• legno 9.1

• materie plastiche 6.1

• metalli 3.1

• carta, scatole,contenitori 1.1

• materiali sintetici, isolanti 6.2

• elementi in calcestruzzo 7.1 • mattoni, piastrelle 7.1 • bitume 7.6 • polveri 6.2-7.10 • terreno di scavo 7.31 • vetro 2.1

I materiali ottenuti dalla demolizione invece risultano essere molto più omogenei, con il vantaggio per quest’ultimi di essere più facilmente riutilizzati nel processo di riciclaggio, e generalmente sono costituiti da:

• laterizi 7.1

• calcestruzzo 7.1

• conglomerato bituminoso 7.6

In realtà è possibile che all’interno di tali rifiuti vi siano anche altri materiali, ma le rispettive percentuali generalmente sono estremamente basse rispetto alle tre componenti principali elencate precedentemente. La composizione dei rifiuti da C&D inoltre può variare molto a seconda del luogo in cui vengono prodotti, del livello di industrializzazione e delle tecniche costruttive [3]. Questo aspetto viene evidenziato nella Tabella 1.2 nella quale viene mostrata la produzione ed i componenti dei materiali da C&D prodotti in alcuni paesi Europei ed in U.S.A nel 1993.

La composizione del materiale in arrivo all’impianto risulta essere estremamente importante al fine di poter stabilire sia metodi che tecniche di trattamento del rifiuto, in maniera da poter eliminare la presenza di materiali nocivi e poter conferire al

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prodotto un adeguato comportamento meccanico. In base a quanto detto precedentemente si possono definire delle “componenti tipiche” indicate nella Tabella 1.3, le quali, anche se ciascuna in proporzioni ben diverse, comunemente vanno a costituire il materiale da C&D.

Tabella 1.2: Produzione di materiali da C&D in alcuni Stati D’Europa ed in U.S.A [3]

Materiali DANIMARCA GERMANIA ITALIA U.S.A.

Calcestruzzo 83,3% 10% 77%

Calcestruzzo con acciaio 40% 20%

Laterizi 47% 50% 4,5%

Conglomerato bituminoso 5%

Roccia e terreno di scavo 6%-10%

Legno 12,5% 7% 11%

Carta e scatole 0,2% 0,6%-4%

Materie plastiche 0,4% 4% 0,3%

Metalli 2,5% 3% 3,2%

Altro 0,6% 2% 1%-4% 4%

Tabella 1.3: Componenti tipiche dei rifiuti da C&D

Terreno e materiale roccioso Ghiaia e materiale da riempimento Calcestruzzo

Conglomerati bituminosi Mattoni, piastrelle, tegole Legno

Intonaco, pannelli in gesso e altre finiture interne Plastiche

Metalli Vetro

Elementi architettonici

Rifiuti vari (imballaggi, carta, cartoni, contenitori, etc.)

Alcuni autori [2] ritengono che la diversità esistente tra gli aggregati riciclati e le terre naturali sia data principalmente dalla presenza di componenti non litoidi, dalla forma dei grani costituenti l’aggregato, dalla disomogeneità costituzionale del materiale stesso e da una possibile incostanza nel tempo relativamente alla composizione del prodotto in uscita dagli impianti di riciclaggio, fenomeno ormai pressoché inesistente per gli impianti fissi, ma possibile per gli impianti mobili.

Relativamente alla presenza di componenti non litoidi gli elementi estranei ed indesiderati possono essere suddivisi in tre grandi sottocategorie: inquinanti, deperibili, non inquinanti e non deperibili. I primi sono costituiti essenzialmente da metalli inquinanti, vernici, acidi, veleni e simili e fortunatamente sono presenti in

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modeste quantità. Le preoccupazioni a riguardo non sono di carattere tecnico ma ambientale ed è per tale motivo che il materiale deve essere sottoposto alle prescrizioni del complesso normativo cosiddetto “Ronchi” in quanto la loro presenza potrebbe essere esclusa a priori solamente nel caso di demolizione selettiva e rigorosamente controllata. I deperibili invece sono costituiti da legno, carta, fibre tessili, residui alimentari. La presenza di questi elementi può anche essere consistente nei rifiuti da C&D nel caso in cui questi non siano trattati con procedure specifiche di separazione e allontanamento. In questo caso il problema risulta essere di tipo tecnico, in quanto il volume occupato inizialmente dai suddetti materiali si trasforma in vuoti a seguito della degradazione delle sostanze organiche in essi contenute, rendendo cosi il materiale maggiormente deformabile nel tempo. In questa categoria vanno compresi anche elementi plastici cavi come canalette o corrugati, i quali possono presentare lo stesso tipo di problema nel caso in cui il vuoto “interno” rimanga tale dopo il costipamento e quindi accessibile alle particelle più fini in un secondo tempo. All’ultimo gruppo infine appartengono vetro, plastica non cavi e i metalli ferrosi. Gli elementi metallici ferrosi, se compatibili con la legislazione ambientale e di dimensioni tali da non provocare disturbo nel corso del costipamento, non risultano negativi dal punto di vista tecnico, inoltre essendo facilmente separabili è possibile mantenere un limite normativo molto cautelativo. In tale limite devono rientrare, insieme ai metalli ferrosi, le plastiche, le gomme e gli altri metalli, quali l’alluminio, il rame, etc., da ritenersi elementi estranei ed indesiderabili anche indipendentemente dalle prescrizioni ambientali. Il vetro infine non pone problemi tecnici specifici e può essere considerato equivalente ai materiali litoidi di caratteristiche simili. L’unica preoccupazione risulta essere la ridotta rugosità superficiale la quale potrebbe ridurre l’attrito interno della miscela. Per tale motivo la percentuale in massa di questo materiale deve essere contenuta in un determinato limite.

Le caratteristiche di forma dei grani invece possono influenzare la costipabilità della miscela e ridurre di conseguenza la portanza. Occorre infatti osservare che i materiali di riciclaggio, per la loro stessa provenienza, possono contenere elementi piatti, come ad esempio elementi di mattoni forati, di pavimenti e di rivestimenti. E’ opportuno infatti che questi elementi non siano prevalenti, ma anzi siano

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convenientemente dispersi nella massa, in modo da evitare durante la posa in opera la formazione di vespai e di zone non omogeneamente costipate.

Relativamente alla disomogeneità costituzionale possiamo affermare che la parte grossa del materiale derivante dalle demolizioni edilizie è costituita tipicamente da grani litici o da frammenti di laterizi ricoperti parzialmente da malte o da intonaci, presentando così nel contempo nuclei compatti e parti friabili, facilmente separabili per azione d’urto o sfregamento. Questo risulta essere un aspetto di sostanziale differenza rispetto ai materiali naturali di uso comune, i quali sono interamente costituiti da grani omogenei.

Per quanto riguarda l’incostanza temporale sulla composizione del prodotto in uscita dagli impianti di riciclaggio può accadere che nell’utilizzare un impianto mobile, in occasione di afflussi consistenti di materiale provenienti da uno stesso luogo o appartenenti alla stessa tipologia, il prodotto finale si presenti molto “omogeneo” dal punto di vista costitutivo, scostandosi però da quella che potrebbe essere una media di riferimento del materiale fino al momento utilizzato. Ciò permetterebbe il conseguente rischio di avere comportamenti differenti di zone contigue nell’opera realizzata. Tale inconveniente può spesso verificarsi appunto quando la frantumazione avviene negli impianti mobili, senza adottare le necessarie precauzioni nel dosaggio degli afflussi che invece dovrebbe avvenire tramite stoccaggio e successivo prelievo da cumuli differenziati per tipologia di materiale [4].

Da queste considerazioni si deduce che il trattamento in impianto del materiale da C&D risulta estremamente importante e che si debba ricorrere ad una tecnologia evoluta e possibilmente controllata in modo automatico, al fine di garantire un riutilizzo del materiale privo di problemi, sia dal punto di vista prestazionale che ambientale, liberando così l’inerte dalle sostanze estranee ed inquinanti, come metalli, plastica, carta, legno e tutti gli altri elementi non idonei. Per tali motivi gli impianti fissi, in base a quanto detto precedentemente, risultano certamente i più idonei al fine di limitare le differenze tra aggregati riciclati e materiali naturali e allo stesso tempo ottenere un prodotto di maggiore qualità.

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1.3 Quadro normativo di riferimento

L’interesse da parte della Comunità Europea riguardo alla gestione dei rifiuti nasce intorno alla metà degli anni ’70 in cui, con la direttiva 75/442 CEE e le successive 78/319 CEE, 84/631 CEE, 91/156 CEE e 90/639 CEE, si avvia un programma politico i cui principali obiettivi risultano essere l’incremento della prevenzione e della riduzione dei rifiuti attraverso lo sviluppo di tecnologie pulite, nonché l’introduzione sul mercato di prodotti riutilizzati o riciclati. E’ invece il 1992 l’anno in cui il problema relativo ai rifiuti da costruzione e demolizione acquista una certa importanza, in quanto per la loro rilevanza ambientale ed in funzione dei quantitativi prodotti, vengono inclusi tra i flussi di rifiuti considerati prioritari e venne istituito, per il loro studio, uno specifico gruppo di lavoro, Construction and Demolition Waste Project Group. Ad esso appartenevano rappresentanti degli stati membri, delle associazioni operanti nel settore ed esperti in materia, i quali concretizzarono il loro lavoro durato circa due anni in due documenti, il documento “Informazione” e il documento “Raccomandazioni”. Mentre il documento “Informazione” fornisce un quadro completo della situazione attuale in materia di rifiuti da costruzione e demolizione, il documento “Raccomandazioni”, partendo dalle proposte formulate nel lavoro di gruppo, suggerisce una serie di provvedimenti e di azioni in modo da indirizzare i Paesi che li recepiranno verso un notevole sviluppo del riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione. Si deve precisare che tali documenti non hanno alcun valore legislativo, ma al contrario rappresentano un valido supporto tecnico utile alla stesura di una normativa che regolamenti in maniera efficiente il settore stesso dandogli inoltre un forte impulso.

Ogni stato membro pertanto, perseguendo gli obiettivi dettati dalla Comunità Europea, ha adottato diversi strumenti politico-economici, i quali hanno portato al conseguimento di diversi risultati nel riciclaggio di rifiuti da costruzione e demolizione. L’evoluzione della legislazione europea si concretizza in Italia con la legge quadro D.Lgs. 22/97 [5] (noto come “Decreto Ronchi”) il quale recepisce appunto le direttive 91/156 CEE sui rifiuti, 91/689 CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62 CEE sugli imballaggi e pertanto, adeguandosi alla strategia comunitaria, introduce nella gestione dei rifiuti italiana le seguenti priorità:

• prevenzione; • recupero;

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• smaltimento.

Il D.Lgs 22/97 prevede che, ai fini di una corretta gestione dei rifiuti, oltre ad adottare iniziative dirette a favorirne la prevenzione e la riduzione della pericolosità, sia favorita anche la riduzione dello smaltimento dei rifiuti stessi attraverso il reimpiego ed il riciclaggio e altre forme di recupero per ottenerne materia prima. Al Capo IV del decreto viene invece definito l’iter da seguire per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti e le autorizzazioni necessarie per la realizzazione di impianti di ricerca e sperimentazione. Negli art. 31 e 33 sono definite le procedure semplificate per l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti.

In merito a ciò è stato emanato successivamente il Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998 [6], con il quale si stabilisce che le attività e i procedimenti tesi al riciclaggio ed al recupero di tali materiali devono garantire materie prime, o materie prime secondarie con caratteristiche merceologiche conformi alla normativa di settore e nelle forme usualmente commercializzate. Inoltre i rifiuti provenienti dal recupero e dal riciclaggio non devono presentare caratteristiche di pericolo superiori a quelle dei prodotti e delle materie derivanti dall’utilizzo di materie prime vergini.

In attuazione dell’art. 22 del D.Lgs del 5/2/97 n. 22 il quale prevede la predisposizione delle Regioni del Piano di gestione dei rifiuti, la regione Toscana ha provveduto ad elaborare il Piano Regionale e contestualmente con specifiche indicazioni contenute nella L.R. 18 maggio 1998 n. 25 [7] ha voluto sviluppare e dare profilo alle disposizioni già contenute nel Decreto Ronchi in merito alle misure e azioni da adottare per promuovere l’espansione e incentivare i mercati del recupero. E’ doveroso segnalare che nell’ambito della presente legge è stato previsto che in atti successivi la Giunta Regionale dovesse provvedere alla determinazione di norme e condizioni tali che nei capitolati per appalti pubblici di opere, di forniture e di servizi, potesse essere favorito l’uso di residui recuperabili.

In merito a ciò con il decreto della Giunta Regionale n. 265 del 28 luglio 1998 [8] vengono definite le clausole che devono essere obbligatoriamente riportate nei bandi di gara per la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico finanziate in tutto o in parte dalla Regione. Ovvero:

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a) le offerte dei concorrenti devono prevedere l’impiego di una percentuale minima dei materiali di recupero (materiali da costruzione e demolizione) pari al 15% dei materiali da costruzione o da riempimento da utilizzare; b) l’utilizzo dei materiali di cui al punto precedente, in misura superiore alla

suddetta percentuale minima, costituisca uno dei parametri per l’individuazione dell’’offerta più vantaggiosa;

c) che a parità di condizione debba preferirsi l’offerta che proponga la più alta percentuale di impiego dei materiali suddetti.

La conferma che la seconda metà del 1998 sia stata per la Regione Toscana un periodo estremamente felice in tema di riciclaggio si ha quando il 3 novembre viene emanata la legge n. 78 [9], con la quale si disciplina l’attività estrattiva ed il riutilizzo dei “residui assimilabili” a quelli dell’attività estrattiva derivanti da “altre attività”. Tale legge ha una valenza politica enorme poiché entra in merito alle strategie territoriali sulla gestione generale degli inerti, ma soprattutto mette sullo stesso piano, per la prima volta anche dal punto di vista normativo-pianificatorio, i materiali convenzionali con i materiali suscettibili di riutilizzo provenienti da altre attività.

Con il Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 32/r del 17 luglio 2001 [10] si stabilisce che, fatto salvo quanto disposto dagli articoli 50 e 51 del D.Lgs 22/1997, è vietata l’immissione diretta nell’ambiente di rifiuti inerti, nonché il loro utilizzo, in assenza della previa effettuazione di idoneo trattamento negli appositi impianti. Perciò i rifiuti inerti non pericolosi da costruzione e demolizione, ai fini del riciclaggio, devono essere trattati in impianti fissi o mobili dotati delle tecnologie idonee ad assicurarne: la macinazione, la vagliatura, la selezione granulometrica ed infine la separazione delle frazioni indesiderate quali plastiche, metalli e simili.

Successivamente in ambito nazionale abbiamo la legge n. 448 del 28 dicembre 2001 [11], con la quale all’art. 52 si prevede che con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con l’attività dei Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, siano stabilite le metodologie di calcolo, nonché la definizione di materiale riciclato, al fine di consentire alle regioni di adottare le disposizioni necessarie a garantire che il 30% del fabbisogno annuale dei manufatti e beni siano realizzati con materiale riciclato.

Tale Decreto risulterà essere il n. 203 dell’ 8 maggio 2003 [12], con il quale si individuano le regole e le definizioni affinché le regioni adottino le disposizioni

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sopra menzionate le quali a loro volta saranno destinate agli enti pubblici ed alle società a prevalente capitale pubblico e di gestione dei servizi. Il Decreto inoltre introduce anche importanti definizioni, tra le quali:

• Materiale riciclato: un materiale che sia realizzato utilizzando rifiuti derivanti dal post-consumo nei limiti in peso imposti dalle tecnologie impiegate per la produzione del materiale medesimo;

• Manufatti e beni ottenuti con materiale riciclato: un manufatto o un bene realizzato con una prevalenza in peso di materiale riciclato;

• Categorie di prodotto: tipologie di manufatti e beni ottenuti con materiale riciclato;

Con il presente Decreto inoltre viene istituito il repertorio di riciclaggio (RR) il quale contiene:

• l’elenco dei materiali riciclati;

• l’elenco dei manufatti e beni in materiale riciclato, indicandone l’offerta, la disponibilità e la congruità del prezzo.

Il decreto stesso stabilisce le diverse modalità nel caso in cui un soggetto voglia richiedere l’iscrizione al repertorio di un materiale, oppure di un manufatto o un bene. Tale repertorio inoltre è tenuto e reso pubblico a cura dell’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti (ONR).

Durante questo periodo di tempo intanto la Regione Toscana, in applicazione a quanto previsto dal Decreto Ronchi aveva provveduto a redigere un accordo volontario tra i soggetti interessati a favorire il riutilizzo dei materiali da costruzione e demolizione (Regione, ARPAT, ARRR Spa, Province, Comuni, Associazioni di Categoria, gestori di impianti, Ordini Professionali, C.C.I.A.A.), concretizzatosi con il Decreto della Giunta Regionale Toscana n. 100 del 10 febbraio 2003 [13]. Tale accordo presenta i seguenti obbiettivi:

• la riduzione dei rifiuti prodotti e della loro pericolosità;

• l’incremento della frazione di rifiuti non pericolosi da costruzione e demolizione avviati a riutilizzo, riciclaggio e recupero;

• la diminuzione del quantitativo totale di rifiuti inerti non pericolosi da costruzione e demolizione avviati a discarica;

• la prevenzione dei fenomeni di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti inerti sul territorio;

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• la promozione dell’innovazione degli impianti con lo scopo di realizzare un progressivo miglioramento delle prestazioni tecniche e ambientali; • il miglioramento della qualità dei materiali inerti riciclati.

Al fine inoltre del raggiungimento di tali obbiettivi il Decreto stabilisce che i soggetti aderenti all’accordo, secondo chiaramente le proprie competenze, intraprendano le seguenti azioni:

• incentivazione della demolizione selettiva degli edifici utile a produrre frazioni di residui il più possibile omogenee per composizione;

• differenziazione dei rifiuti da costruzione all’origine, con la separazione dei rifiuti potenzialmente pericolosi e suddivisione in frazioni omogenee degli altri non pericolosi;

• adozione di accorgimenti e tecniche costruttive che implichino un minor ricorso a materie vergini e prevedano l’utilizzo di materiali provenienti dal riciclaggio;

• certificazione delle caratteristiche prestazionali dei materiali inerti provenienti da riciclaggio

• sviluppo del mercato dei materiali inerti riciclati di qualità garantita; • iniziative utili ad aumentare la quota di rifiuti conferiti ad idonei centri di

trattamento e riciclaggio, tramite la creazione di reti efficienti e diffuse di centri di raccolta e tramite il potenziamento della rete degli impianti di trattamento attivi;

• adozione di prescrizioni tecniche, voci di capitolato e prescrizioni contrattuali che prevedano l’uso di materiali riciclati in miscela o in sostituzione degli inerti naturali da costruzione, per tutti gli impieghi a cui questi ultimi si dimostrino idonei;

• controlli mirati a contrastare la non corretta gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione e l’impiego di rifiuti “tal quali” utilizzati impropriamente quali materiali da costruzione;

• iniziative di ricerca, sperimentazione, documentazione e formazione. E’ infine la circolare n. 5205 del 15/7/2005 [14] che ha la funzione di esplicare tutte le direttive contenute nel D.M. n. 203 dell’8 maggio 2003 relativamente all’operatività nel settore edile, stradale e ambientale. Tale circolare infatti stabilisce che sono ascrivibili nel repertorio di riciclaggio (RR):

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• A. aggregato riciclato risultante dal trattamento di rifiuti inorganici post-consumo derivanti dalla demolizione e dalla manutenzione, anche parziale, di opere edili e infrastrutturali;

• B. conglomerato bituminoso riciclato confezionato con rifiuti post consumo derivanti dalla scarifica della sovrastruttura stradale.

La circolare inoltre, relativamente all’aggregato riciclato stabilisce che il limite minimo di rifiuti inerti presenti all’interno sia del 60%, mentre relativamente al limite massimo la tecnologia di produzione non prevede alcun limite particolare, considerando quindi il limite massimo di rifiuti inerti pari al 100%.

Successivamente vengono definiti una serie di prodotti realizzati utilizzando rifiuti da costruzione e demolizione derivanti da post-consumo, indicando per ciascuno di essi le caratteristiche fisiche e prestazionali necessarie. Tali prodotti, iscrivibili nel repertorio di riciclaggio, vengono riportati in seguito:

• A.1 aggregato riciclato per la realizzazione del corpo dei rilevati di opere in terra dell’ingegneria civile;

• A.2 aggregato riciclato per la realizzazioni di sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di piazzali civili e industriali;

• A.3 aggregato riciclato per la realizzazione di strati di fondazione delle infrastrutture di trasporto e di piazzali civili e industriali;

• A.4 aggregato riciclato per la realizzazione di recuperi ambientali, riempimenti e colmate;

• A.5 aggregato riciclato per la realizzazione di strati accessori (aventi funzioni anticapillare, antigelo, drenante, etc.).

Tale circolare infine stabilisce che l’obbligo di copertura del 30% del fabbisogno annuale di aggregati riciclati, di cui all’articolo 3 del decreto ministeriale 8 maggio 2003, n. 203, si genera nel momento in cui i prodotti iscritti al repertorio del riciclaggio presentino, rispetto agli aggregati derivanti da materiali naturali, il medesimo uso e contestualmente prestazioni conformi all’utilizzo a cui sono destinati.

Figura

Tabella 1.1: Produzione di rifiuti da costruzione e demolizione nei Paesi Membri e relative  percentuali di riciclaggio e conferimento in discarica [1]
Tabella 1.2: Produzione di materiali da C&amp;D in alcuni Stati D’Europa ed in U.S.A [3]

Riferimenti

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