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STORIA DEL COMPLESSO SCOLASTICO IN PIAZZA S. MARIA FORISPORTAM

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STORIA DEL COMPLESSO SCOLASTICO

IN PIAZZA S. MARIA FORISPORTAM

INTRODUZIONE

«. . . questa chiesa, come chiaramente lo dimostra il titolo, fu un tempo

fuori dalle porte della città, ma vi rimase poi inclusa in prossimità della Porta S. Gervasio, allorché si costruì la seconda cinta muraria nel XIII secolo. Nel 1512 si raccolse presso la medesima una comunità di Canonici Lateranensi della Congregazione detta del Salvatore, che venne colpita dalla soppressione e quindi ripristinata regnando i Borboni». Con

queste parole il Bongi descrive, nel IV volume dell’Inventario dell’Archivio di Stato di Lucca, l’edificio di S. Maria Forisportam, conosciuta a Lucca anche come S. Maria Bianca. E’ da qui è iniziata una ricerca storica non facile, perché molti documenti che riguardavano la Chiesa e il monastero sono andati perduti, probabilmente all’epoca della soppressione delle Corporazioni Religiose.

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LE ORIGINI DELLA CHIESA

Il complesso ecclesiastico di S. Maria Forisportam nasce con la Chiesa, prima del decimo secolo, che, come tutti i primi templi cristiani, aveva forma basilicale. L’interno misurava circa 10m in larghezza e 27m in lunghezza ed aveva un unico ingresso centrale sulla facciata. Il tetto era a due falde coperto in tegoli in cotto, sorretto da capriate in legno.

PRIMO AMPLIAMENTO

Questa costruzione subì nel decimo secolo notevoli variazioni in grandezza ed abbellimenti tanto da raggiungere la lunghezza di 34m e larghezza di 23m. Le navate laterali furono divise dalla maggiore con una

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serie di colonne e furono aperti due nuovi ingressi sulla facciata principale.

SECONDO AMPLIAMENTO

La Chiesa venne nuovamente ingrandita tra la fine dell’undicesimo secolo e l’inizio del dodicesimo grazie alle donazioni effettuate da molti cittadini. L’abside fu portata più avanti con l’aggiunta di quattro archi impostati su tre nuove colonne nei due lati della navata maggiore. I primi tre su colonne circolari di raggio, uguale ai precedenti, di 2.10m, mentre il quarto, appoggiato sull’ultima colonna e il nuovo pilastro a croce latina, più alto degli altri di raggio di 2.24m. Questi nuovi pilastri a croce sosteneva il grande arco trionfale, che attraverso la tribuna, si adagiava sopra la lesena ai lati dell’abside. L’altezza della chiesa risultava 15.50m dal piano del pavimento alle catene del tetto, come dimostrano gli antichi fori contenitori delle testate delle travature in legno, riempiti in muratura quando nel XVI secolo fu smontato il tetto per dare agio al nuovo rialzamento della nave maggiore. Sempre in questo periodo si costruirono la crociera, il transetto e la cripta che era sostenuta da una doppia fila di colonnine che dividevano il seminterrato in tre navatelle.

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TERZO AMPLIAMENTO

La Chiesa di S. Maria Forisportam fu ceduta nel 1488 ai canonici Lateranensi del Salvatore, i quali ottenutone il possesso, nel 1512, da Papa Giulio II, si rivolsero al Consiglio della Repubblica lucchese, esponendo di averla trovata «pressoché diroccata ed in tal stato di degradazione da

essere vietato il celebrarsi i divini uffici». Vennero così i soccorsi da parte

della Repubblica di Lucca, che accordo un sussidio per tre anni e si ebbero ancora donazioni e contributi dai privati cittadini, come risulta da numerosi atti conservati nell’Archivio di Stato di Lucca.

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Con queste offerte si rialzarono, in muratura di mattoni, i muri della navata centrale, della crociera e dell’abside e si costruirono le volte per nascondere le travature del tetto, portato più in alto.

IL MONASTERO E IL CHIOSTRO

Come presso altre chiese lucchesi dello stesso periodo, anche questa presentava monasteri con chiostri, il maggiore dei quali all’entrata occidentale da Piazza S. Maria Forisportam, mentre il minore nella parte orientale verso l’abside.

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Il primo, con un armonioso porticato a quattro bracci, è databile tra il XV e il XVI secolo; comunicava con la sala Capitolare, con i refettori, e

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con altri servizi, mediante due portali con belle mostreggiature in pietra tuttora esistenti nel braccio di levante. Il portale maggiore è ornato con rosette incise nella pietra, l’altro è in pietra liscia senza alcun ornamento.

Il chiostro ad oriente, benché non sia stato possibile reperire alcuna notizia, secondo lo storico Giorgio Giorgi doveva comunicare con i locali riservati al Capo della Comunità, alla Biblioteca e alle stanze di studio.

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Il Chiostro attuale è costituito da quattro pilastri d’angolo alti m. 2,90 della sezione approssimativa di m. 0,39 x 0,39 e da 20 colonne alte m. 2,95 dal diametro medio di m. 0,35, disposte cinque per ogni lato, unite fra loro e posate su un muretto coperto da spessi lastroni in pietra arenaria che svolgono la funzione di sedile; su ogni lato, al centro, vi è un’apertura per scendere attraverso un gradino nel cortile. I capitelli dei pilastri sono ornati sotto l’abaco di testine finissime e rosette (ne troviamo di simili all’interno della Chiesa), mentre le colonne di ordine ionico hanno nella parte superiore del fusto le solite rosette, e i capitelli portano ornamenti di soggetto diverso di gusto romanico. Gli archi esterni girano tra pilastri e colonne, mentre le volte a crociera nell’interno del portico, poggiano sul muro di perimetro. La pietra usata, per i pilastri e per le colonne, è arenaria grigio verde.

Sopra il braccio di settentrione vi era, in antico, un altro porticato sovrapposto, sostenuto dalle solite cinque colonne in pietra arenaria alte m. 2,40. Questo porticato, in un tempo non databile, fu chiuso per ricavarne degli ambienti, quindi tra le colonne fu elevato un muro con comuni infissi per finestre; all’esterno, le colonne che sorreggevano il porticato sono, nella parte nord, scoperte.

Sopra gli altri tre bracci erano state fabbricate subito in

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origine delle stanze, forse per uso di camere per i Canonici.

Sotto il braccio di settentrione, ai piedi del muro della chiesa, nel periodo medievale si usava seppellire, come è testimoniato dalle diverse epigrafi scolpite nel paramento del muro laterale della Chiesa; nel cortile, dove oggi prospera la centenaria magnolia, vi era un pozzo circolare i marmo di cui si sono perse le tracce.

Il monastero, soppresso e indemaniato nel 1808 durante il Principato, venne restituito ai Canonici Regolari Lateranensi con l’avvento del Ducato Borbonico, ma nell’anno 1866, in virtù della legge 7 luglio, per la soppressione degli Ordini, fu nuovamente incorporato e con atto del Notaio Matteucci del 31 ottobre 1868 ceduto al Comune. Nell’atto che elenca le cessioni di stabili alla Comunità di Lucca si legge «… 5) Il

fabbricato dell’ex convento di S. Maria Forisportam, con annesso orto, esclusa la parte del fabbricato che forma l’abitazione dei Curati…».

Evidentemente i religiosi già ridotti numericamente si erano già ritirati nella parte orientale del convento.

Ceduto il Monastero al Comune di Lucca, venne dapprima destinato a sede dell’Istituto Musicale Lucchese e poi a Scuola elementare.

L’ISTITUTO MUSICALE

L’Istituto musicale, istituito con Decreto del Duca Carlo Ludovico di Borbone in data 8 Dicembre 1818, intendeva riunire e riformare le costituzioni musicali lucchesi, assegnandoli come sede una parte dell’ex Convento dei Canonici Regolari Lateranensi, con ingresso dalla Piazza di S. Maria Forisportam. A dirigere la scuola fu chiamato, nel 1838, il Maestro Giovanni Pacini che aveva già aperto un Liceo Musicale.

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Caduta Lucca sotto il Governo Granducale, Leopoldo II di Toscana, con Decreto del 6 Agosto 1849, confermava il Pacini alla direzione dell’Istituto; ma con successivo decreto del11 settembre dello stesso anno, chiamava il maestro alla Scuola di Firenze e trasformava l’istituto di Lucca in una Sezione dipendente dall’Istituto Fiorentino.

Dopo l’unità d’Italia, Lucca riebbe il suo Istituto Musicale. In seguito alla morte del Pacini, il Consiglio Comunale di Lucca, con deliberazione n° 265 del 30 Dicembre 1867 per onorare la memoria del maestro, gli intitolava la Scuola. Più tardi, con delibera N° 1725 del 13 ottobre 1902, la Giunta Comunale concedeva all’Istituto Musicale Pacini l’uso del primo piano del Teatro del Giglio ed ebbe quindi luogo il trasloco delle Scuole Comunali al piano superiore di Piazza S. Maria Forisportam dalla vecchia residenza di Via S. Girolamo.

Prospetto prima dei lavori d’ampliamento

Con Delibera del 3 marzo 1922, il Consiglio Comunale decideva la data per la posa della prima pietra di quel grande fabbricato, dedicato poi alla

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memoria del poeta Giovanni Pascoli, in aggiunta ai vecchi locali provenienti dall’ex monastero.

L’AMPLIAMENTO DELLA SCUOLA

Da alcune Relazioni dell’Ufficio Tecnico del Comune di Lucca dei primi anni del 1900 emerge che le scuole elementari maschili della città avevano sede parte nel fabbricato comunale di S. Maria Forisportam, e parte nel Palazzo Lombardi, in Via S. Donnino, fornendo otto aule il primo e cinque il secondo. Entrambi gli edifici «non costruiti allo scopo, poco

rispondevano alle esigenze didattiche ed igieniche, talché si riconobbe la necessità di provvedere ad una buona e radicale sistemazione delle scuole in città.» Tale provvedimento doveva studiare anche l’assetto delle scuole

elementari femminili, delle scuole tecniche e delle Normali, che furono sistemate nei locali di S. Nicolao. Contemporaneamente il proprietario del Palazzo Lombardi non rinnovò il contratto d’affitto, per cui il comune dovette far fronte ad un ulteriore deficit di spazi scolastici. Per risolvere il problema furono fatte diverse proposte, tra le quali quella che riscontrò più favori fu quella che riguardava i locali di Piazza S. Maria Forisportam:

«Nel fabbricato suddetto esistono attualmente (1909 N.d.T.) otto aule, quasi tutte esposte a mezzogiorno, in ottime condizioni di cubatura, spettando ad ogni alunno, collocandone 60 per aula, dai 6 ai 7 metri cubi d’aria. [. . .] Gli annessi alla scuola, specialmente al piano terreno, che contiene sei aule, sono assai vasti e facilmente riconducibili a nuovi sistemi. Ha nell’interno un bel cortile con ampi porticati [. . .] Dalle piante del fabbricato attuale si può vedere come dal lato di levante esista un assai vasto appezzamento di terreno, attiguo al fabbricato, attualmente tenuto in affitto dai Frati di S. Maria Bianca. Tale terreno si presta ad un ampliamento di fabbricazione, ricavandovi otto nuove aule, sei per

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sessanta alunni e due per cinquanta, quattro al piano terreno e quattro al secondo. Nella parte di ponente sul giardino prospiciente il fabbricato, possono ricavarsi altre due aule, nelle medesime condizioni di cubatura ed esposte come le altre, a mezzogiorno.»

Planimetria generale del centro storico di Lucca nel 1923- in giallo la zona di intervento

Il progetto di ampliamento fu così realizzato come proposto dall’Ingegnere Capo dell’Ufficio Tecnico D. Benedetti e si compose di quattro categorie di lavori:

1. sistemazione del fabbricato esistente 2. ampliamento

3. impianti sanitari ed accessori 4. riscaldamento e ventilazione

Le nuove costruzioni si sviluppano ai due lati di ponente e levante della parte esistente, quasi a costituire un edificio a corte;

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- la prima con un avancorpo che conteneva due aule (una per piano) raggiungibile mediante un ampio corridoio

- la seconda che si allungava anche verso nord e andava ad occupare l’orto che era affittato ai Frati

In questo modo il prospetto sulla Via del Giardino Botanico, reso uniforme nella sua architettura adottando le stesse linee e i motivi del precedente, risultava solo leggermente asimmetrico ma andava ad interrompere la monotonia di un fabbricato così lungo (circa 80m) introducendo due aggetti che ne facevano risaltare le diverse parti.

Nella prima categoria di lavori, oltre alla sistemazione degli impianti, dei locali igienici e degli infissi troviamo la costruzione di vespai di 20 cm,

«opportunamente ventilati», rialzando il pavimento che risultava

sopraelevato da terra di 80cm e la demolizione della casa del custode. Per quanto riguardo l’ampliamento, nella parte di ponente per ricavare un corridoio che permettesse di raggiungere la nuova aula ne fu traslata, avvicinandola al muro di cinta una esistente (segnata nei disegni col n° 21); nella nuova furono aperte finestre esposte a sud, mentre in quella esistente, ritenendo che il muro vicino potesse oscurarla e considerando che era esposta ad ovest, ne furono aperte ben tre di 1,4m x 3m. Analoghi interventi furono fatti al piano primo.

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Progetto del piano terra della parte di ponente - situazione prima(basso) e dopo l’intervento (alto)

Nella parte di destra una larga galleria centrale fu costruita per permettere l’accesso a sud di tre nuove aule (n° 9, 10, 11 nella figura sotto), a nord

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l’accesso ad un’altra aula con le finestre ad est e ai locali igienici, mentre in fondo troviamo le scale che portano al piano superiore che fu sistemato nello stesso modo.

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I MATERIALI E LE TECNICHE DI COSTRUZIONE

Da quanto riportato nel Contratto di assegnazione dei lavori di ampliamento e dal relativo Capitolato speciale è possibile individuare quali dovrebbero essere stati i materiali e le tecniche costruttive usate per le strutture.

Secondo quello riportato nei documenti citati la muratura portante, per lo meno quella perimetrale, dovrebbe essere stata eseguita con «scelti

scapoli di cava a corsi regolari, ben connessa, con abbondante malta senza interstizi o discontinuità, senza ciottoli o altro materiale a spigoli arrotondati o a facce levigate.» Ogni settanta centimetri di altezza, il muro

dovrebbe essere stato spianato con un filare di mattoni. La muratura a faccia vista e il rivestimento di cortine di mattoni dovrebbe essere state realizzate sempre secondo quanto si legge «alternando in ogni filare a due

mattoni posti per piano con il lato più lungo sulla faccia vista, uno posto con il lato corto, in modo che il paramento venga strettamente connesso alla retrostante muratura. Questa dovrà tirarsi su insieme al paramento stesso dovrà essere ben stretta e rincalzata e dovrà avere i suoi ripiani come descritto in precedenza». Le murature interne dovrebbero essere

state realizzate in mattoni posti in modo che i giunti di malta siano alternati ed «abbiano una grossezza compresa tra i sei e gli otto

millimetri».

I tetti sono stati realizzati con travicelli in legno di abete di sezione quadrata di 8cm sopra i quali è poggiato «uno scempiato di pianelle (mezzane) in laterizio.» Sopra questi erano posati gli «embrici piani alla

marsigliese, con colmi ed altri pezzi speciali»; nella parte costituente la

gronda lo scempiato è sostituito con un tavolato di legno dello spessore di 3 cm. Questo impianto è sorretto da capriate in legno sempre di abete.

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Sezione longitudinale (est-ovest) I solai del primo piano della parte ampliata dovrebbero essere stati realizzati in ferro e laterizio forato secondo il sistema “Perret”; questa supposizione è sostenuta anche dalle sezioni, trasversale e longitudinale, nei disegni di progetto; sono, quindi composti da travetti in ferro a doppio T, posti ad un interasse massimo di 0,85 m, che sostengono due piani (uno di pavimento, l’altro di soffitto) di tavelle in laterizio forato.

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Il pavimento del piano terreno poggia invece su un ciottolato a secco di 35cm, ad eccezione della parte di levante sotto la quale si trovano i locali destinati all’impianto di riscaldamento e di areazione, dove si trovano solai in ferro come quelli del primo piano.

Figura 1 –Sezione longitudinale (dettaglio della parte ad est)

Per la parte di ponente, invece, se dalle sezioni del progetto di ampliamento si potrebbe presupporre che poggiasse su un ciottolato, sembra più plausibile l’ipotesi che sia sostenuta da un gattaiolato: considerazione che è avvalorata dal suono vuoto che il pavimento emette al calpestio e dalle bocchette di aerazione visibili esternamente al fabbricato.

Per la realizzazione del ciottolato, così si legge nel contratto di assegnazione dei lavori: «Fatto lo sbancamento si batterà il terreno su

tutta la estensione colla mazzeranga e si distenderà un primo strato di ghiaia viva, ben vagliata, che si batterà ed annaffierà ben bene; poi si stenderà un secondo strato di almeno 12 cm di rena; su questa rena ben

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compressa si pianteranno i ciottoli coll’asse maggiore verticale e colla testa più grossa a fior di terra.»

XIX SECOLO

Dal 1923 fino ad oggi l’edificio ha ospitato le scuole elementari. L’amministrazione ha continuamente curate la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’edificio. Lo dimostra anche il fatto del buono stato di conservazione delle facciate e delle finiture interne.

Il piano interrato sotto la scuola materna con l’indicazione dei muretti in corrispondenza dei tramezzi

Altri interventi invece sono stati di dubbia efficacia. Negli anni settanta e ottanta sono stati demoliti i due grandi muri che dividevano le attuali palestra e Sala auditorium Pacini in quattro aule. Privando il solaio in legno degli appoggi alle estremità, rompitrattandolo con delle travi IPE 330 in acciaio.

Nella scuola materna, come imposto da normativa, sono state inserite all’interno delle sezioni i servizi igienici di adeguata dimensione. I tramezzi che dividono i nuovi locali scaricano il loro peso sul solaio che è stato rinforzato con dei muretti in mattoni “doppio uni”.

Figura

Figura 1 –Sezione longitudinale (dettaglio della parte ad est)

Riferimenti

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