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NUZZACI STRADE SRL R

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Academic year: 2022

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(1)

REGIONE

BASILICATA PROVINCIA

DI MATERA COMUNE DI MATERA

PIATTAFORMA DI MESSA IN RISERVA (R13) DI

RIFIUTI INERTI “LE FERLE”

Comune di Matera

ELABORATO

R

DESCRIZIONE ELABORATO

DATA Novembre

RELAZIONE PER LA VALUTAZIONE DI

2019

INCIDENZA

PROPONENTE:

NUZZACI STRADE SRL

Sede Legale: Via la Martella, 96 – 75100 MATERA P.IVA 00489690776 Tel: +39. 0835 261624 Fax: +39.0835 261784 e.mail: info@nuzzacistrade.it

PROGETTAZIONE:

C/da Scorzone s.v. Bufalara – 75012 Bernalda (MT) CF/P.IVA 01285800775

e-mail: technoproject.ee@gmail.com

COMMESSA

GRUPPO DI LAVORO

Dott.Ing.Rocco PANDOLFO

Iscritto al n. 775 Ordine degli Ingegneri della Provincia di Matera

EMISSIONE DATA REDATTO VERIFICATO APPROVATO NOTE

0.0 07/11/2019 RP RP RP

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1 SOMMARIO

1. PREMESSA pag. 2

2. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO “ 5

2.1 Normativa comunitaria “ 5

2.2 Normativa nazionale “ 5

2.3 Normativa regionale “ 6

3. DESCRIZIONE DELLA PIATTAFORMA DI MESSA IN RISERVA “ 7

3.1 Generalità “ 7

3.2 Opere infrastrutturali “ 9

3.2.1 Viabilità “ 9

3.2.2 Impianti “ 9

3.2.3 Illuminazione e recinzione dell’area “ 9

3.3 Descrizione delle attività lavorative “ 10

4. INQUADRAMENTO DELL’AREA IN ESAME “ 10

4.1 Generalità e inquadramento urbanistico “ 10 4.1.1 Parco Regionale Archeologico Storico Naturale Chiese Rupestri

del Materano “ 11

4.1.2 Assetto normativo generale dell’area Parco – Norme di tutela “ 14 4.2 Elementi di geologia, morfologia ed idrogeologia dell’area “ 15

4.3 Cenni di climatologia “ 16

5. DIMENSIONI E/O AMBITO DI RIFERIMENTO “ 19

5.1 Ambito di riferimento “ 19

5.2 Strade e infrastrutture “ 20

5.3 Produzione rifiuti “ 21

5.4 Uso risorse naturali “ 21

5.4.1 Acqua “ 21

5.5 Inquinamento e disturbi ambientali “ 21

5.5.1 Aria “ 21

5.5.2 Rumori e vibrazioni “ 23

6. DESCRIZIONE DEL SITO NATURA 2000 E DELL’AMBIENTE

NATURALE DIRETTAMENTE INTERESSATO “ 25

6.1 Specie e tipi di habitat di interesse comunitario presenti nel sito “ 26

7. TIPOLOGIE AMBIENTALI E DI VEGETAZIONE “ 29

7.1 Descrizione generale dell’area “ 29

7.2 Pseudosteppa “ 29

7.2.1 Indicatori dello stato di conservazione “ 30

7.2.2 Possibili minacce “ 30 7.2.3 Indicazioni per la gestione “ 31

7.3 Macchia mediterranea “ 31

7.4 Gariga “ 31

7.5 Coltivi “ 32

7.6 Fauna “ 32

7.6.1 Informazioni sullo status legale e status ecologico delle specie faunistiche presenti nel sic-zps gravine di matera (cod.it9220135) “ 34 8. ANALISI DELLE INCIDENZE “ 37

8.1 Incidenze sulla vegetazione “ 37

8.2 Incidenze sulla fauna “ 38

9. CONNESSIONI ECOLOGICHE “ 39

10.DESCRIZIONE DELLE MISURE DI MITIGAZIONE E ATTENUAZIONE CHE SI INTENDONO ADOTTARE PER RIDURRE O ELIMINARE LE INCIDENZE SULLE COMPONENTI AMBIENTALI ALLO SCOPO DI GARANTIRE LA COERENZA GLOBALE CON I SITI DI RETE

"NATURA 2000" “ 39

11.NOTE CONCLUSIVE “ 40

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1. PREMESSA

Nell'ambito della procedura di rinnovo dell’iscrizione al registro per le procedure semplificate della Provincia di Matera (n.146), pratica SUAP Prot. N°00236430757-15112018-0441, per la piattaforma di messa in riserva (R13) di proprietà della ditta NUZZACI STRADE SRL, sita in località

“Le Ferle” in agro del Comune di Matera, è stato eseguito uno Studio per la Valutazione di Incidenza relativa all’area che è interessata dall’attività di messa in riserva di rifiuti speciali non pericolosi, che è stato esteso anche alle zone limitrofe.

In particolare la zona ricade in prossimità del confine del Parco Regionale della Murgia Materana, all’interno del sito Natura 2000 individuato come Sito di Importanza Comunitaria (SIC direttiva 92/43/CEE) e Zona a Protezione Speciale (ZPS direttiva 74/409/CEE) denominata

“Gravina di Matera” con Cod. IT9220135.

Per favorire una migliore gestione del patrimonio naturale, l'UE ha adottato una politica di conservazione della natura sul proprio territorio al fine di prevedere e prevenire le cause della riduzione o perdita della biodiversità. La "Strategia comunitaria per la diversità biologica" mira ad integrare le problematiche della biodiversità nelle principali politiche settoriali quali:

agricoltura, turismo, pesca, politiche regionali e pianificazione del territorio, energia e trasporti. Nella strategia peraltro viene sottolineato come siano importanti:

– la completa attuazione delle direttive "Habitat" e "Uccelli selvatici";

– l'istituzione e l'attuazione della rete comunitaria NATURA 2000,

Lo scopo della direttiva "Habitat" è quello di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatica nel territorio comunitario.

Gli Stati Membri hanno provveduto a individuare e proporre i Siti di Importanza Comunitaria (SIC), intesi come aree destinate a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale e seminaturale o le specie della flora e della fauna selvatica.

Attualmente la Rete Natura 2000 è composta da due tipi di aree:

- Zone di Protezione Speciale (ZPS), previste dalla Direttiva "Uccelli";

- Siti di Importanza Comunitaria proposti dagli Stati Membri (SIC).

In Italia il progetto "Bioitaly " ha provveduto ad individuare su tutti i territori regionali le Zone di protezione Speciale (ZPS) e i proposti Siti di Importanza Comunitaria (SIC) che contribuiranno alla Rete Natura 2000. La presente relazione ha l'obiettivo di valutare le possibili incidenze ambientali provocate dalle attività di messa in riserva sul Sito Natura 2000, ed è stata redatta in conformità a quanto previsto dal D.P.R. 357/97 (allegato G) e dal D.P.R. 120/03 (art. 6).

La tipologia degli elaborati richiesti per la Valutazione di Incidenza è riportata nell'allegato G al DPR 357/97 ed è di seguito descritta.

Le caratteristiche dei progetti debbono essere descritte con riferimento in particolare alle tipologie delle azioni e/o opere:

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– alle dimensioni e/o ambito di riferimento;

– alla complementarietà con altri piani e/o progetti;

– all'uso delle risorse naturali;

– alla produzione di rifiuti;

– all'inquinamento e disturbi ambientali;

– al rischio di incidenti per quanto riguarda, le sostanze e le tecnologie utilizzate.

Le interferenze di piani e progetti debbono essere descritte con riferimento al sistema ambientale considerando:

– componenti abiotiche;

– componenti biotiche;

– connessioni ecologiche.

Le interferenze debbono tener conto della qualità, della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona e della capacità di carico dell'ambiente naturale.

Nella presente relazione per la Valutazione di Incidenza l'approccio metodologico seguito per l'individuazione e la quantificazione delle incidenze è quello indicato nei documenti ufficiali elaborati dalla Commissione UE - DG Ambiente.

In particolare i documenti di riferimento sono stati: "La gestione dei siti della rete Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell'art. 6 della Direttiva Habitat 92/43/CEE" (Aprile 2000) e la

"Guida metodologica alle disposizioni dell'articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva "Habitat"

92/43/CEE" (Novembre 2001).

Sono stati valutati:

– la possibilità o meno di impatti, anche cumulativi, su di un ecosistema rientrante tra quelli sensibili;

– il possibile degrado del sistema e possibili impatti sulle componenti ambientali;

– le possibili perturbazioni con riguardo alle specie animali e vegetali prioritarie;

– le possibili misure mitigative degli impatti.

Orientativamente, gli aspetti che sono stati valutati si sono riferiti alle seguenti indicazioni.

a) Con riferimento all'ubicazione sono state valutate e verificate:

– le caratteristiche fisiche, naturali e antropizzate del luogo ove si colloca l'intervento;

– gli usi territoriali;

– le disposizioni date dalla pianificazione territoriale;

– gli elementi importanti dal punto di vista conservativo, paesaggistico, storico, culturale o agricolo;

– gli effetti combinati con altre fonti di disturbo presenti sul territorio.

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b) Con riferimento alle potenziali fonti di impatto sono stati valutati e verificati:

– scarichi, rifiuti solidi, sottoprodotti, emissioni, rumori;

– le caratteristiche di accesso e traffico;

c) Con riferimento all'habitat e alle specie sono stati valutati e verificati:

– gli habitat della rete Natura 2000 interessati;

– potenziale influenza sull'area SIC;

– le specie animali e vegetali prioritarie presenti;

– livello di importanza ai fini della rete Natura 2000;

– possibili motivi di perturbazione sulle specie floristiche e/o faunistiche presenti;

d) Con riferimento alle modalità di mitigazione e di controllo sono state valutate e verificate:

– le misure per ridurre, evitare o mitigare eventuali effetti negativi significativi.

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2. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

Di seguito è riportato il quadro normativo di riferimento per il comparto Fauna, Flora ed ecosistemi naturali, facendo specifico richiamo al sistema della Rete Natura 2000 costituita dai proposti Siti di Importanza Comunitaria e dalle Zone di Protezione Speciale.

2.1 Normativa comunitaria

La Direttiva 79/409/CEE, cosiddetta “Direttiva Uccelli Selvatici" concernente la conservazione degli uccelli selvatici, fissa che gli Stati membri, compatibilmente con le loro esigenze economiche, mantengano in un adeguato livello di conservazione le popolazioni delle specie ornitologiche. In particolare per le specie elencate nell'Allegato l sono previste misure speciali di conservazione, per quanto riguarda l'habitat, al fine di garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione.

L'art. 4 disciplina la designazione (numero e superficie) di Zone di Protezione Speciale (ZPS) da parte degli Stati Membri, ovvero dei territori più idonei alla conservazione delle suddette specie.

Complementare alla "Direttiva Uccelli Selvatici" è la Direttiva 92/43/CEE, cosiddetta "Direttiva Habitat" relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna.

Tale direttiva, adottata nello stesso anno dal vertice di Rio de Janeiro sull'ambiente e lo sviluppo sostenibile, rappresenta il principale atto legislativo comunitario a favore della conservazione della biodiversità sul territorio europeo. La direttiva, infatti, disciplina le procedure per la realizzazione dei progetti di rete Natura 2000, i cui aspetti innovativi sono la definizione e la realizzazione di strategie comuni per la tutela dei Siti costituenti la rete (ossia i pSIC e le ZPS). Agli articoli 6 e 7 stabilisce, inoltre, che qualsiasi piano o progetto, che possa avere incidenze sui Siti Natura 2000, sia sottoposto ad opportuna Valutazione delle possibili Incidenze rispetto agli obiettivi di conservazione del sito.

2.2 Normativa nazionale

Lo stato italiano ha recepito la "Direttiva Habitat"con il D.P.R. n. 357 dell'8 settembre 1997 e, dando seguito a tale atto, le Regioni hanno designato le Zone di Protezione Speciale ed hanno proposto come Siti di Importanza Comunitaria i siti individuati nel loro territorio sulla scorta degli Allegati A e B dello stesso D.P.R.. L'elenco dei pSIC e delle ZPS, individuate ai sensi delle direttive 92143/CEE e 791409/CEE è stato approvato con il D.M. Ambiente 3 aprile 2000, mentre il D.P.R. 357/97, all'art. 5 disciplina la procedura di Valutazione di Incidenza (VI) e nell'allegato G definisce i contenuti della relazione per la VI.

Il recente D.P.R. n.120 del 12 marzo 2003 costituisce il regolamento recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 357/97. Esso adegua la normativa nazionale alle disposizioni comunitarie

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tenuto conto di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea contro lo Stato Italiano, per la non corretta trasposizione nella normativa nazionale della direttiva Habitat.

L’art. n.6 del D.P.R. 120/03 stabilisce che gli studi volti ad individuare e valutare le incidenze sui Siti Natura 2000, siano svolti secondo gli indirizzi dello stesso Allegato G al precedente D.P.R. 357/97.

2.3 Normativa regionale

La Regione Basilicata con la L.r. n.28 del 28/06/94 “Individuazione, classificazione, istituzione, tutela e gestione delle aree naturali protette in Basilicata” si è adeguata al dettato della legge n.394/91 “Legge quadro sulle aree protette”.

Per le aree regionali protette, all’interno delle quali sono individuati la maggior parte dei siti di importanza comunitaria, la Regione Basilicata garantisce il recepimento degli obiettivi della Direttiva Habitat e della Direttiva Uccelli. In particolare la Regione con la legge n.2 del 9/01/95

“Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” ha adeguato la propria normativa alla Legge 157 del 11/02/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” con la quale lo Stato Italiano ha recepito la Direttiva Uccelli. Nell’area in oggetto, per le specie di particolare importanza biogeografia rare, endemiche, vulnerabili, a rischio, si fa riferimento a quelle presenti nelle liste delle specie protette nazionali e regionali riportate dal D.G.R. della Regione Basilicata del 18/03/2005.

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3. DESCRIZIONE DELLA PIATTAFORMA DI MESSA IN RISERVA

3.1 Generalità

La ditta NUZZACI STRADE S.r.l. è titolare di una piattaforma per la messa in riserva (R13) di rifiuti speciali non pericolosi, regolarmente autorizzata secondo le procedure semplificate (n.146), dall’Ufficio Ambiente della Provincia di Matera con Determinazione n.1286 del 23 maggio 2013.

L’area interessata dall’attività di messa in riserva, di una superficie complessiva di 8.000 mq è completamente recintata, e risulta pavimentata con conglomerato bituminoso per circa 7.500 mq.

All’interno dell’area sono state realizzate n.2 vasche di accumulo di circa 30 mc, per la raccolta e il successivo trattamento delle acque meteoriche di prima pioggia.

I rifiuti messi in riserva derivano quasi esclusivamente dalle attività di scavo e demolizioni associate alle commesse attive della ditta NUZZACI STRADE S.r.l.. I rifiuti, previa caratterizzazione , vengono trasferiti presso la piattaforma e messi in riserva in cumuli, divisi per singola tipologia di codice CE. I rifiuti, cosi stoccati, vengo coperti con teli in polietilene per evitare la diffusione di polveri nelle aree circostanti.

I rifiuti così stoccati sono successivamente trasferiti presso impianti autorizzati alle attività di recupero mediante frantumazione (R5) per essere successivamente riutilizzati secondo quanto previsto dal DM 05/02/1998 e s.m.i.

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8 Fig.1 – Planimetria dell’area

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3.2 Opere infrastrutturali

3.2.1 Viabilità

Per l’accesso all’area si utilizzerà la prospiciente Strada Provinciale per Ginosa.

3.2.2 Impianti

- vasche di raccolta delle acque di prima pioggia con i relativi sistemi di canalizzazione delle acque.

3.2.3 Illuminazione e recinzione dell’area

Impiego dell’illuminazione notturna ed insegne luminose solo in misura strettamente necessaria in quanto costituisce motivo di forte disturbo e danno per la fauna notturna e migratoria.

A tale scopo è necessario adottare misure di mitigazione che prevedono l’utilizzo di lampade schermate con reti che diminuiscano i danni per l’entomofauna notturna (Lepidotteri, Coleotteri ed Imenotteri) attratta dalla forte luce e adottare fari direzionati solo sulle zone da illuminare (piazzale di lavoro, uffici, ecc.). L’intera area è completamente recintata per impedire situazioni di pericolo sia per gli uomini che per gli animali.

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3.3 Descrizione delle attività lavorative

Le linee organizzative dell'attività estrattiva prevedono un organigramma efficace e razionale imperniato su figure professionali esperte dinamiche e motivate nel lavoro. In sostanza, l'organico aziendale, oltre che dal titolare, sarà composto da n. 4 unità lavorative, ognuno con mansioni specifiche. Si precisa che, preliminarmente, l'Azienda ottempera a quanto previsto dalle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro "D.lgs. 81/2008 e s.m.i". Dal punto di vista operativo, ogni addetto ha funzioni e compiti specifici, che sinteticamente, si riportano nel seguito:

Datore di lavoro/Legale Rappresentante: ottempera agli impegni contabili e amministrativi, verifica la funzionalità e I'efficienza delle attrezzature e degli impianti, pianifica il lavoro, trattiene i rapporti commerciali con i clienti, provvede alla consegna delle commesse;

Impiegato: opera in ufficio, provvede alla pesa dei materiali e alla contabilità in generale (emanazione bolle, fatture);

Escavatorista: opera nella piattaforma, provvede a stoccare i rifiuti inerti in cumuli, per poter essere successivamente avviati ad idonei impianti di frantumazione/recupero;

Palista/autista: opera nella piattaforma provvedendo alla movimentazione dei materiali stoccati presso la piattaforma;

Operaio generico: addetto alla pulizia della piattaforma (diserbo dalle erbe infestanti,etc.)

4 INQUADRAMENTO DELL’AREA IN ESAME

4.1 Generalità e inquadramento urbanistico

L’area in oggetto, posta sul lato sud del rilievo collinare di Murgia Terlecchia, a circa 9.00 km dal centro abitato di Matera, ricade nel foglio n.201 “MATERA” dell’IGM, I Quadrante, NO, tavoletta “LATERZA.

Fig. 2 – Stralcio della Tavoletta 1:25.000

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L’area intorno al sito in oggetto risulta in parte antropizzata per la presenza di coltivi ed attività zootecniche. L’intera zona in oggetto è prossima ad un’importante area protetta (Parco Regionale Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano), di cui di seguito se ne descrivono i principali elementi.

4.1.1 Parco Regionale Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano

L’intervento in progetto ricade in agro del Comune di Matera in loc. “Le Ferle”, in un’area confinante con il Parco Regionale della Murgia Materana. Il Parco è stato istituito il 4 aprile del 1990 con la L.R. n. 3, mentre l’istituzione dell’Ente di Gestione è avvenuta successivamente con la L.R.

n.2 del 07 gennaio 1998. In ultimo è stato approvato il Piano Regolatore del Parco con Delibera del Consiglio Regionale n.927 del 15/02/2005. La zonizzazione del Parco è stata definita sulla base di una scala di valori che tiene conto delle qualità geomorfologiche, naturalistiche, paesaggistiche, antropiche caratterizzanti il territorio del Parco, avendo quale elemento e/o criterio basilare di riferimento, trattandosi di zonizzazione a carattere prevalentemente naturalistico-ambientale, le connotazioni geomorfologiche e naturalistiche fondamentali:

Riserva integrale:

Le “Forre” della Gravina con relativa vegetazione rupestre ed igrofila, aree di nidificazione di rapaci e strutture dell’habitat rupestre;

Protezione integrale:

Gli altipiani e i terrazzi murgiani, nella loro specifica caratterizzazione a gariga-steppa o con copertura vegetale a macchia o bosco antropico, caratterizzate da pascoli con annesse strutture di servizi (cisterne, masserie ecc..)

Zone di protezione:

I coltivi e le aree comunque dissodate, occupate da aziende rurali tuttora in attività e le aree a macchia-gariga fortemente degradate per pressione antropica (zootecnica, estrazione materiali lapidei).

Nel seguito si riporta una carta schematica della zonizzazione del parco (Fig. 3) ed una carta di sintesi della vegetazione dell’area Parco della Murgia Materana (Fig. 4).

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Fig. 3 – Zonizzazione schematica area Parco

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Fig. 4 - Carta di sintesi della vegetazione

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4.1.2 Assetto normativo generale dell’area Parco - Norme di tutela

Conformemente alle prescrizioni delle vigenti leggi (L.R. 11/90, 28/94, L. n. 394/91), le “zone omogenee” individuate sono soggette alle seguenti normative di tutela:

Zona riserva integrale

Nella zona di riserva integrale l’ambiente va conservato e ricostituito nella sua integrità: è prescritta pertanto la conservazione e tutela di tutti gli elementi costituenti l’ambiente (geografici, paesaggistici, vegetazionali, faunistici, storico/antropici ecc…). Non è pertanto consentito il pascolo, lo sfruttamento forestale, agricolo e minerario, gli scavi, i sondaggi, terrazzamenti e costruzioni di qualsiasi genere, qualsiasi lavoro che comporti modifiche all’aspetto del terreno e della vegetazione, qualsiasi atto che provochi turbamento alla fauna ed alla flora e/o introduzione di nuove specie di vegetali o di animali. Non è consentita alcuna trasformazione d’uso del suolo e degli eventuali manufatti che vi insistono. Sono consentiti solo interventi di

“mantenimento” e “restauro” delle componenti ambientali ed antropiche, da condurre su esplicita autorizzazione dell’Ente Parco.

Zone di riserva generale

Nelle zone di riserva generale l’ambiente va conservato nei suoi aspetti naturalistici e storico/antropici. Non sono pertanto consentite trasformazioni dell’uso del suolo, quali i disboscamenti, gli spietramenti, l’estendimento degli eventuali coltivi esistenti, mentre sono consentite le attività agro-silvo-pastorali preesistenti. Non è consentito costruire nuove opere edilizie: fatte salve quelle scaturenti da necessità di conservazione attiva e gestione dei manufatti preesistenti storicizzati (jazzi, masserie, casini ecc…).

Zone di protezione

Nelle zone di protezione l’ambiente va salvaguardato nelle sue componenti fondamentali e ricondotto, ove possibile, alle sue connotazioni originarie e comunque non contrastati con le stesse. Sono consentite le attività agro-silvo-pastorali e di trasformazione d’uso del suolo.

Sono altresì consentite costruzioni e trasformazioni edilizie, rivolte specificatamente alla valorizzazione dei fini istitutivi del Parco. Nell’ambito della zonazione e classificazione di cui sopra, il Piano individua una serie di norme di tutela ad indirizzo naturalistico ambientale, di seguito citate:

1. norme di tutela paesaggistica;

2. norme sul recupero ambientale delle aree;

3. norme per la tutela della flora;

4. norme di protezione della fauna;

5. norme di carattere agro-pastorale;

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6. norme per la tutela delle acque.

4.2 Elementi di geologia, morfologia ed idrogeologia dell’area

Geologicamente la zona si colloca nella zona marginale dell’Avampaese Murgiano. I rilievi di superficie hanno consentito di ricostruire l’assetto geologico (vedi carta e relazione geologica in allegato) che, in accordo con i dati riportati in letteratura, risulta costituito da un basamento calcareo dolomitico di età Cretacea (Calcare di Altamura) su cui giacciono, con contatto trasgressivo, calcareniti organogene (Calcarenite di Gravina) ed in successione il primo termine dei depositi della Fossa Bradanica (Argille Subappennine). I depositi sedimentari rilevati nell’area in studio sono rappresentati esclusivamente dai termini calcarei che vengono di seguito brevemente descritti.

Calcare di Altamura

Questa formazione affiora su una ampia area nella parte orientale della città di Matera e costituisce la Murgia di Matera e di Laterza. Il Calcare di Altamura è in gran prevalenza costituito da strati e banchi biostromali a Rudiste, in genere di tipo finemente calcarenitico ed in qualche caso ad aspetto ceroide. A vari livelli compaiono anche strati di calcari brecciformi cementati da una matrice ferruginosa, nonché letti di depositi residuali e di crostoni calcarei rossastri, generalmente spessi alcuni centimetri. Al letto e verso il tetto si ha una certa prevalenza di banchi e strati di calcari dolomitici di colore grigio scuro. L’età della parte affiorante del calcare è sicuramente senoniana. I sedimenti si sarebbero deposti su fondali marini poco profondi ed i livelli di brecce e di crostoni, fanno pensare che la sedimentazione sia stata frequentemente interrotta da lacune di breve durata, in qualche caso con episodi di temporanea emersione. Lo spessore di questi sedimenti è dell’ordine di 300-400 metri.

Trasgressive, con discordanza angolare, poggiano sui Calcari di Altamura le Calcareniti di Gravina appresso descritte.

Elementi morfologici

L’area in studio è posta in posizione più o meno baricentrica rispetto agli abitati di Matera, Laterza e Ginosa, in un contesto i cui caratteri morfologici sono evidentemente correlabili alla natura del substrato calcareo. Nelle Murge in generale, ma anche nel particolare caso in esame, il rilievo ha forma prevalentemente tabulare, con lievi ondulazioni dovute alle pieghe a largo raggio di curvatura che interessano gli strati calcarei, le cui quote si mantengono generalmente al di sotto dei 500 m, con un massimo di 519 m misurati sul Piano di Trasano- Conca d’Aglio, ad ovest dell’area in studio. Le brusche e talora nette variazioni di quota, di solito

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non superiori ad una decina di metri, che talvolta possono osservarsi nella piatta morfologia dell’altopiano murgiano, sono dovuti alla presenza di faglie che hanno dislocato a gradoni i calcari verso occidente. E’ possibile osservare in prossimità dei rilievi morfologicamente più elevati antichi orli di terrazzi marini, individuati da piccoli salti di quota non attribuibili a faglie o ad altri processi morfogenetici e confermate dalla ricostruzione di antiche linee di costa individuabili grazie alle particolari associazioni fossilifere riscontrate nei calcari.

Uno di tali orli borda la parte orientale dell’altopiano di Murgia Terlecchia, che è il rilievo alla base del quale sarà impiantata l’attività estrattiva e sulla cui sommità, verso ovest, ha sede il Centro di Geodesia Spaziale (vedi cartografia allegata). I caratteri carsici di superficie, pur essendo l’area caratterizzata dalla esclusiva presenza di affioramenti di rocce calcaree, non sono certo fra i più evidenti e tipici, fatta eccezione per alcune forme superficiali di dissoluzione dei calcari (impronte o Trittkarren), creste aguzze e vacuoli, piccoli campi carreggiati ed alcune doline di medie dimensioni poste a nord-ovest dell’area del lotto (vedi cartografia e documentazione fotografica allegati). L’evoluzione geomorfologica, quindi, date le caratteristiche litologiche e strutturali del sito, è molto lenta ed è legata prevalentemente al fenomeno di dissoluzione chimica dei calcari e solo in maniera più marginale è imputabile agli interventi antropici.

Elementi di idrogeologia

La mancanza di sorgenti e di corsi d’acqua a carattere perenne è evidentemente dovuta, oltre che a fattori climatici, ai caratteri geologico- litologici dell’area.

I calcari che costituiscono gran parte delle Murge sono, a seconda dei luoghi, più o meno permeabili per fessurazione e carsismo (vedi Carta della Permeabilità), per cui l’infiltrazione e la circolazione delle acque in profondità può prodursi sia in maniera concentrata che diffusa, mentre solo dopo forti piogge le acque possono scorrere in superficie per brevi periodi, generalmente incanalate lungo le “lame”. All’interno della formazione dei Calcari di Altamura non si rinviene, almeno nella situazione locale, una falda superficiale, mentre è presente la falda profonda, il cui regime non è molto variabile in quanto non è legato direttamente alle precipitazioni meteoriche. La falda profonda defluisce verso il mare in direzione N-NE secondo direttrici preferenziali caratterizzate da parametri idrodinamici complessi. La sua profondità è tale da poter ritenere che il suo regime e la sua alimentazione non possano subire alcuna interferenza dall’attività estrattiva che si andrà ad impiantare.

4.3 Cenni di climatologia

Il clima dell’area interessata in generale ha carattere sostanzialmente "mediterraneo" con estati calde ed asciutte e inverni miti e relativamente umidi mentre per le due stagioni di passaggio si osserva un autunno stabile e piuttosto mite e piovoso rispetto alla primavera.

Il tepore degli inverni, le precipitazioni scarse, la ventosità e lo splendore e la luminosità del

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cielo anche nel cuore dell'inverno sono le caratteristiche climatiche comuni un po' a tutta la Murgia. I venti umidi provengono da sud-est (scirocco) e da sud-ovest (libeccio), ma non mancano le giornate invernali in cui i venti di nord e nord-est, gelidi, secchi e violenti, investono le località della Murgia provocando bruschi abbassamenti di temperatura. La tramontana e lo scirocco, nel loro alternarsi, sono a loro volta importanti fattori per la vegetazione. La prima con effetti piuttosto negativi per il disseccamento delle gemme, il secondo in generale positivo perché apportatore di umidità. Fenomeno molto comune sono diventate le nebbie soprattutto nella stagione autunno-invernale e che durante i periodi di siccità si configurano come vere e proprie piogge occulte. La neve è abbastanza rara e comunque effimera.

L'influenza del clima atlantico con i suoi periodi di piogge si fa sentire soprattutto nel semestre ottobre-marzo. La grande eterogeneità di ambienti, nonché l'asprezza del profilo orografico del territorio murgiano, determinano notevoli differenze di temperature e di umidità, sia per le diverse esposizioni dei pianori e dei versanti delle gravine, sia per i giochi di correnti locali nelle gravine, tali da creare diversi tipi di sottoclimi e microclimi. Tutto questo non fa altro che sottoporre gli apparati biologici delle piante a severi adattamenti che selezionano e creano polimorfismo nelle piante che interessano l'habitus, le dimensioni, la tormentosità, le varie forme pulvinate, reptanti ecc..

A causa della diffusa ventosità presente un po' in tutte le stagioni, la forma pulvinata è il tipo di adattamento più diffuso ed interessa piante quali il lentisco, l'euforbia spinosa, il timo arbustivo, la santoreggia montana, l'elicriso italico ecc.. Dai dati dell'Ufficio Idrografico dello Stato relativi ai periodi 1931-41 e 1951-69 si ricava che le precipitazioni sono mediamente pari a 588,3 mm e distribuite in 75,3 giorni piovosi, con due picchi stagionali: uno nel mese di novembre con mm 74,9 di pioggia ed uno nel mese di gennaio con 62,3 mm di pioggia.

Durante l'estate (eccezion fatta per alcuni scrosci improvvisi, di breve durata e a carattere temporalesco), le precipitazioni sono quasi inesistenti, risultando di appena 28,5 mm.

Il valore della temperatura media del trentennio considerato è di 15,0 °C, con una media massima di 25,3 °C nel mese di luglio e una media minima di 6,5 °C registrata nel mese di gennaio. Dall’elaborazione dei dati relativi ai valori medi delle temperature e delle precipitazioni del trentennio considerato, è stato ricavato il diagramma ombrotermico secondo Bagnouls e Gaussen (Fig. 5). Dall’osservazione del grafico si evince l'impronta tipicamente mediterranea del clima della Murgia Materana, con un lungo periodo secco che mostra una durata di quattro mesi e va all'incirca dalla prima decade di giugno fino a circa metà settembre.

Normalmente il massimo di temperatura si ha in luglio, il minimo in gennaio, mentre il massimo di piovosità è in novembre, con un minimo in luglio e agosto. Questo andamento climatico è in pieno accordo con l’elevata presenza di una vegetazione di tipo sclerofillico, dato il periodo di aridità estivo, con larga presenza di specie più mesofile, giustificate dalla presenza di inverni più freschi ed estati meno aride rispetto alla condizione tipica della fascia di vegetazione termofila costiera.

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50 45 40 35 30 25 20 15 10 5

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gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic

Temperature medie (C°) Precipitazioni medie (mm)

Fig. 5 – Diagramma ombrotermico (climogramma)

Fig. 6 – Variazioni della temperatura minime e massime mensili

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5 DIMENSIONI E/O AMBITO DI RIFERIMENTO

5.1 Ambito di riferimento

L’intervento in progetto ricade in agro del Comune di Matera, in prossimità del confine del Parco della Murgia Materna in C.da Le Ferle. Riguardo alla tipologia dell’area interessata dal progetto e con riferimento alla Tav. n. 4 allegata, si evidenza che la zona su cui sarà impiantata l’attività estrattiva, fatta eccezione per la presenza del Centro di Geodesia, è sostanzialmente interessata da aree naturali di pseudosteppa a pascolo e da aree ad uso agricolo di tipo seminativo. L’analisi dell’uso del suolo, realizzata con rilievi diretti ed osservazione di foto aeree (Ministero Ambiente anno 2006), ha evidenziato che le principali attività antropiche in aree esterne al Parco sono rappresentate da quella agricola, ed alcune attività di tipo artigianale.

L’area interessata dall’attività nel complesso occupa una superficie di circa 7.500 m2, all’interno dell’area SIC/ZPS “Gravina di Matera” cod. IT9220135 che ha una superficie complessiva di 5.674 ha.

Il progetto incide sulla superficie dell’area SIC/ZPS per lo 0.000132%.

Fig. 7 – Foto aerea dell’area con il limite dell’area SIC/ZPS (in giallo). La freccia indica l’area di intervento C/da Scorzone s.v. Bufalara – 75012 Bernalda (MT)

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5.2 Strade e infrastrutture

Per quanto concerne la rete viaria, l’asse più importante per raggiungere la zona in oggetto è rappresentata dalla S.S. 7 – via Appia e dalla Strada Provinciale per Ginosa che scorre lungo il confine regionale tra Basilicata e Puglia.

Fig. 8 - Stralcio carta stradale

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5.3 Produzione rifiuti

Obiettivo dell'analisi di questo fattore ambientale è l'individuazione e la caratterizzazione della possibile produzione dei rifiuti e del relativo sistema di raccolta, recupero, riciclaggio e smaltimento. Per il tipo di attività prevista (sola messa in riserva) non si prevede di produrre alcuna tipologia di rifiuti diversa da quelli già presenti nella piattaforma, da destinare a siti successivi di trattamento e recupero. Inoltre altra tipologia di rifiuti deriverà dalla manutenzione dei mezzi meccanici e delle attrezzature adoperate per le varie fasi di lavoro ma, poichè la manutenzione e riparazione dei suddetti mezzi e attrezzature (sostituzione olio, batterie, filtri, pneumatici, ecc..) sarà affidata esclusivamente a soggetti esterni, a cui compete l'obbligo del corretto smaltimento dei rifiuti, si dichiara che l'attività produttiva non darà origine ad alcuna tipologia di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi.

5.4 Uso risorse naturali 5.4.1 Acqua

L’approvvigionamento della risorsa acqua avverrà attraverso il trasporto in cantiere con autobotti che provvederanno a creare una riserva di acqua da utilizzare sia per bagnare i cumuli dei rifiuti inerti, che per i servizi igienici che per l’irrigazione delle aree verdi e del piazzale soprattutto nel periodo estivo per evitare il sollevamento delle polveri. Ad esclusione dei servizi igienici, come acqua per l’irrigazione e per mantenere umide le piste di lavoro e transito dei mezzi meccanici potrà essere utilizzata l’acqua che sarà stoccata nelle cisterne per la raccolta delle acque di prima pioggia, dopo il necessario ciclo di disoleatura e chiarificazione.

5.5 Inquinamento e disturbi ambientali

Oltre alle considerazioni sopra riportate circa la produzione dei rifiuti e all'uso delle risorse naturali, possibili disturbi ambientali e fonti di inquinamento che potrebbero derivare dalla realizzazione dell'attività in oggetto sono riconducibili fondamentalmente alle seguenti componenti:

– Aria;

– Rumore e Vibrazioni;

– Acqua e Paesaggio.

5.5.1 Aria

L'approccio dello studio del potenziale inquinamento atmosferico segue i passi dello schema generale di azione di ogni inquinante: l'emissione da una fonte, il trasporto, la diluizione e la reattività nell'ambiente e infine gli effetti esercitati sul bersaglio, sia vivente che non vivente.

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FONTE ATMOSFERA BERSAGLIO

- quantità emesse - trasporto -effetti su:

- caratteristiche fisiche e - diluizione uomo

chimiche delle emissioni - reattività animali

- produzione di vegetali

inquinanti secondari materiali

- effetti sul clima

Partendo dunque da questo schema, si individuano nel seguito gli elementi da prendere in considerazione per la caratterizzazione della componente, individuando i seguenti impatti attesi:

a) emissioni di polveri;

b) emissioni in atmosfera da flusso veicolare dei mezzi di cantiere ed in minima parte da flusso veicolare delle autovetture private dei dipendenti.

In tutti i casi si tratta di tipologie di impatti che, data la tipologia di attività in esame, si svilupperanno per tutta la durata di esercizio della piattaforma

a) Emissioni di polveri

Gli impatti sull'aria connessi all’attività estrattiva sono dovuti principalmente alle emissioni di polveri e sono collegati in generale alle lavorazioni relative alle attività di movimentazione dei materiali, di selezione e stoccaggio del materiale conferito

Gli impatti sulla componente aria riguardano le seguenti emissioni:

Movimentazione terre aree di scavo e di cantiere: PTS.

Macchine operatrici di cantiere : NOX, PM, COVNM, CO, SO2.

b) Emissioni in atmosfera da flusso veicolare dei mezzi di cantiere e dei mezzi privati L'analisi dell'impatto sull'inquinamento atmosferico generato dalla presenza di flusso veicolare dovuto alla circolazione dei mezzi di cantiere è quella tipica degli inquinanti a breve raggio.

Tecnicamente vengono definiti inquinanti a breve raggio quei composti ed elementi che, fuoriusciti dagli scappamenti dei motori, causano effetti limitati nello spazio e nel tempo; essi comprendono, principalmente l'ossido di carbonio, i composti del piombo, gli idrocarburi e le polveri. Gli inquinanti a lungo raggio sono invece quelli il cui effetto dannoso viene a realizzarsi grazie ad una diffusione atmosferica su larga scala ed una serie di complessi fenomeni chimico- fisici che ne alterano le caratteristiche iniziali; essi comprendono fra l'altro, l'anidride solforosa e l'anidride solforica, gli ossidi di azoto e i gas di effetto serra (in primis l'anidride carbonica).

Gli impatti sulla componente aria dovuti al flusso veicolare riguardano le seguenti emissioni:

NOX, PM, COVNM, CO, SO2

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È bene però sottolineare che si tratta di un impatto che, seppure di durata di alcuni anni pari ai tempi di utilizzo della piattaforma, è da ritenersi temporaneo e, quindi, reversibile.

L'analisi dell'impatto sull'inquinamento atmosferico generato dalla presenza di flusso veicolare dei mezzi privati che saranno presenti sull’area è analoga a quella sopra descritta per la tipologia di inquinanti. Si distingue dalla precedente per il minore inquinamento prodotto dalle normali autovetture rispetto ai mezzi di cantiere, ed è anch’essa limitata nel tempo alla fase di utilizzo della piattaforma.

5.5.2 Rumore e vibrazioni

L'impatto acustico derivante dalla realizzazione dell’intervento in oggetto sarà anch’esso concentrato nel periodo di utilizzo della piattaforma.

Normativa di riferimento e zonizzazione

La normativa di riferimento in materia è costituita dalla Legge del 26 Ottobre 1995 n. 447

"Legge quadro sull'inquinamento acustico" e dal D.P.C.M. 14/11/97 "Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore" . Inoltre, nel caso in cui i comuni non abbiano provveduto alla classificazione del proprio territorio nelle sei classi di appartenenza, si applicano i limiti di cui all’art. 6, comma 1 del D.P.C.M. 1° Marzo 1991:

Zonizzazione Limite Diurno Leq

(A)

Limite Notturno Leq (A)

Tutto il Territorio Nazionale 70 60

Zona A (decreto ministeriale n. 1444/68) (*) 65 55

Zona B (decreto ministeriale n. 1444/68) (*) 60 50

Zona esclusivamente Industriale (decreto

ministeriale n. 1444/68) (*) 70 70

(*)Zone di cui all’art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444

Il comune di Matera non ha ancora provveduto alla classificazione dell’area nelle sei classi di appartenenza, e pertanto si applicano i seguenti limiti:

Zonizzazione Limite Diurno Leq

(A)

Limite Notturno Leq (A)

Tutto il Territorio Nazionale 70 60

Caratterizzato il territorio dal punto di vista acustico, è possibile effettuare una previsione dell'inquinamento acustico indotto dal nuovo intervento, individuando le possibili fonti di inquinamento. A tale proposito si evidenzia che, data la tipologia di attività, le possibili fonti di inquinamento acustico sono sicuramente limitate quotidianamente alla sola fase diurna e

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possono essere ricondotte esclusivamente alle varie fasi di lavorazione dell’attività estrattiva. In relazione alle operazione di cantiere, le attività che costituiscono possibili fonti di inquinamento acustico sono schematizzate nella tabella seguente:

MACCHINE Contributo al rumore di

estrazione (%)

Scavatrici, ruspe spalatrici 27.0

Autocarri ed autovetture 15.0

Compressori 10.0

Generatori 3.0

Martelli pneumatici, attrezzi pneumatici perforatrici 15.0

Come per tutte le attività legate alla fase di attività, si tratta di impatti reversibili, in quanto strettamente legati al periodo della durata dei lavori.

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6 DESCRIZIONE DEL SITO NATURA 2000 E DELL’AMBIENTE NATURALE DIRETTAMENTE INTERESSATO

Sito Bioitaly: Gravine di Matera Comune/i: Matera, Montescaglioso IT9220135 tipo: C; SIC, ZPS

Superficie: 5674 ha

I siti Bioitaly comprendono aree naturali e seminaturali della Rete Natura 2000 per le quali è riconosciuto un elevato valore biologico e naturalistico. Queste aree sono state individuate allo scopo di conservare la biodiversità degli habitat, della flora e della fauna attraverso l’istituzione di Zone a Protezione Speciale (ZPS) secondo la Direttiva CEE “Uccelli” (79/409 Cee) e Siti di Importanza Comunitaria (SIC) secondo la Direttiva CEE “Habitat” (92/43 Cee).

Le zone ZPS sono a protezione speciale per l’ornitofauna in quanto territori di riproduzione, muta, svernamento e stazioni sulle rotte migratorie. Le zone SIC sono destinate alla conservazione e ripristino degli habitat (92/43 Cee, allegato I) e alla tutela delle specie a rischio, rare e vulnerabili, della flora e fauna selvatiche (92/43 Cee, allegati II e IV).

Descrizione generale: Tavolato carbonatico con presenza di forre e gravine di origine carsica e tettonica, sul cui fondo scorrono corsi d’acqua a prevalente flusso stagionale. Ambienti rupestri, macchia mediterranea e formazioni forestali residue di caducifoglie e sempreverdi, si alternano a pascoli aridi e terreni agricoli ottenuti dallo spietramento di superfici sommitali subpianeggianti. Sito di importanza floro-faunistica per la presenza di numerose specie rare ed a carattere endemico.

Impatti ed attività: Attività antropiche diffuse e non controllate quali cave, discariche abusive, spietramento, abusivismo e speculazione edilizia, provocano condizioni di degrado generalizzato.

Stato di Protezione: Parco Regionale.

Problematiche di conservazione: Mancanza di dati ambientali di base ed assenza di progetti di conservazione con pericolo di dilatazione incontrollata delle attività antropiche ed alterazione irreversibile del microclima delle gravine.

Significatività del sito: Canyon di roccia calcarea scavato in un altopiano, le gravine presentano grotte, elementi vegetazionali e faunistici unici che un tempo abitavano i territori circostanti.

Sito significativo per la presenza di rapaci: il lanario (Falco biarmicus), il grillaio (F.

naumanni), il falco pellegrino (F. peregrinus), il capovaccaio (Neophron percnopterus).

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Gestione del sito: Fondamentale è la raccolta di dati ambientali di base per poter elaborare dei progetti di conservazione. La chiusura delle fessure nei muri, buche e aperture di soffitte con la ristrutturazione dei Sassi preclude gradualmente al grillaio la possibilità di trovare siti idonei alla nidificazione. E’ possibile intervenire con un appropriato regolamento edilizio e, in parte, con nidi artificiali in legno e terracotta.

6.1 Specie e tipi di habitat di interesse comunitario presenti nel sito Direttiva “Uccelli” 79/409/CEE; allegato 1 (12 specie):

Specie per cui sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat e per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione (79/409/CEE; allegato 1)

Alcedo atthis (Linnaeus, 1758) martin pescatore, Anthus campestris (Linnaeus, 1758) calandro, Bubo bubo (Linnaeus, 1758) gufo reale, Caprimulgus europaeus (Linnaeus, 1758) succiacapre, Circaetus gallicus (Gmelin, 1788) biancone, Columba livia (Gmelin, 1789) piccione selvatico, Coracias garrulus (Linnaeus, 1758) ghiandaia marina, Dendrocopos major (Linnaeus, 1758) picchio rosso maggiore, Falco biarmicus (Temminck, 1825) lanario, F. naumanni (Fleischer, 1818) falco grillaio, F. peregrinus (Tunstall, 1771) falco pellegrino, Lanius collurio (Linnaeus, 1758) averla piccola, Milvus migrans (Boddaert, 1783) nibbio bruno, Milvus milvus (Linnaeus, 1758) nibbio reale, Neophron percnopterus (Linnaeus, 1758) capovaccaio.

Direttiva “Habitat” 92/43/CEE; Allegato 1:

Tipi di habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali per la conservazione (92/43/CEE Allegato I);

gli habitat prioritari sono indicati con *; 6310 Dehesas con Quercus spp. sempreverde Habitat finora non segnalati

8210 Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica

3280 Fiumi mediterranei a flusso permanente con il Paspalon-Agrostidion e filari ripari di Salix e Populus alba.

* 6210 Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) con stupenda fioritura di orchidee

Specie animali e vegetali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali per la conservazione (92/43/CEE Allegato II)

Stipa austroitalica (Martinovsky), Barbastella barbastellus (Schreber, 1774) barbastello, Miniopterus schreibersii (Natter in Kuhl, 1819) miniottero, Myotis blythi (Tomes, 1857)

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vespertilio di Blith, Myotis capaccinii, (Bonaparte, 1837) vespertilio di Capaccini, Myotis myotis (Borkhansen, 1797) vespertilio maggiore, Bombina variegata (Linnaeus, 1758) ululone a ventre giallo, Triturus cristatus carnifex (Laurenti, 1768), Elaphe quatuorlineata (Lacépède, 1789) cervone, Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) testuggine d’acqua, Elaphe situla (Linnaeus, 1758) colubro leopardiano, Testudo hermanni (Gmelin, 1789) testuggine comune.

Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa (92/43/CEE Allegato IV);

*Barbastella barbastellus (Schreber, 1774) barbastello,* Miniopterus schreibersii (Natter in Kuhl, 1819) miniottero,*Myotis blythi (Tomes, 1857) vespertilio di Blith, *Myotis capaccinii (Bonaparte, 1837) vespertilio di Capaccini,*Myotis myotis (Borkhansen, 1797) vespertilio maggiore, *Bombina variegata (Linnaeus, 1758) ululone a ventre giallo, *Triturus cristatus carnifex (Laurenti, 1768), *Elaphe quatuorlineata (Lacépède,1789) cervone,

*Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) testuggine d’acqua, *Elaphe situla (Linnaeus, 1758) colubro leopardiano, *Testudo hermanni (Gmelin, 1789) testuggine comune, *Hystrix cristata, (Linnaeus, 1758) istrice, *Hyla arborea (Linnaeus, 1758) raganella, *Triturus italicus (Peracca, 1898) tritone italiano,

Specie di fauna di interesse comunitario presenti:

Alcedo atthis (Linnaeus, 1758) martin pescatore, Anthus campestris (Linnaeus, 1758) calandro, Apus apus (Linnaeus, 1758) rondone, Bubo bubo (Linnaeus, 1758) gufo reale, Buteo buteo (Linnaeus, 1758) poiana, Calandrella brachydactyla (Leisler, 1814) calandrella, Caprimulgus europaeus (Linnaeus, 1758) succiacapre, Circaetus gallicus (Gmelin, 1788) biancone, Columba livia (Gmelin, 1789) piccione selvatico, Coracias garrulus (Linnaeus, 1758) ghiandaia marina, Cuculus canorus (Linnaeus, 1758) cuculo, Dendrocopos major (Linnaeus, 1758) picchio rosso maggiore, Falco biarmicus (Temminck, 1825) lanario, F. naumanni (Fleischer, 1818) grillaio, F. peregrinus (Tunstall, 1771) pellegrino, Gallinula chloropus (Linnaeus, 1758) gallinella d’acqua, Hirundo rustica (Linnaeus, 1758) rondine, Lanius collurio Linnaeus, 1758 averla piccola, L. senator (Linnaeus, 1758) averla capirossa, Melanocorypha calandra (Linnaeus, 1766) calandra, Milvus migrans (Boddaert, 1783) nibbio bruno, M. milvus (Linnaeus, 1758) nibbio reale, Neophron percnopterus (Linnaeus, 1758) capovaccaio, Oriolus oriolus (Linnaeus, 1766) rigogolo, Otus scops (Linnaeus, 1758) assiolo, Picus viridis (Linnaeus, 1758) picchio verde, Sylvia melanocephala (Gmelin, 1789) occhiocotto.

Chirotteri

Barbastella barbastellus (Schreber, 1774) barbastello, Miniopterus schreibersii (Natter in Kuhl, 1819) miniottero, Myotis blythi (Tomes, 1857) vespertilio di Blith, Myotis capaccinii (Bonaparte, 1837) vespertilio di Capaccini, Myotis myotis (Borkhansen, 1797) vespertilio

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maggiore.

Anfibi

Bombina variegata (Linnaeus, 1758) ululone a ventre giallo, Triturus cristatus carnifex (Laurenti, 1768).

Rettili

Elaphe quatuorlineata (Lacépède, 1789) cervone, Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) testuggine d’acqua, Elaphe situla (Linnaeus, 1758) colubro leopardiano, Testudo hermanni (Gmelin, 1789) testuggine comune.

Altre specie importanti di fauna:

Hystrix cristata (Linnaeus, 1758) istrice, Lepus capensis (Linnaeus, 1758) lepre sarda, Martes foina (Erxleben, 1777) faina, Meles meles (Linnaeus, 1758) tasso, Mustela nivalis (Linnaeus, 1766) donnola, Hyla arborea (Linnaeus, 1758) raganella, Triturus italicus (Peracca, 1898) tritone italiano,

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7. TIPOLOGIE AMBIENTALI E DI VEGETAZIONE 7.1 Descrizione generale dell’area

La vegetazione naturale, nei dintorni dell’area, si presenta poco rappresentativa in quanto la zona è intensamente sottoposta a sfruttamento agro-zootecnico.

Lungo il perimetro dell’area, poche sono le zone in cui la vegetazione naturale, non ha subito, nel corso degli ultimi secoli, modificazioni dovute alla coltivazione e/o al pascolo del bestiame.

Persistono però nelle immediate vicinanze dell’area, ex coltivi in cui si nota un’evoluzione della flora erbacea spontanea, con la presenza sporadica di esemplari arboreo-arbustivi di Perastro (pyrus amygdaliformis) e di Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus). La grande eterogeneità morfologica del territorio, determina insieme alle condizioni di esposizione, la presenza di diversi microclimi localizzati, i quali determinano la diversificazione delle tipologie vegetazionali e severi adattamenti delle specie che selezionano e creano polimorfismo nelle piante interessando l’habitus, le dimensioni, la tomentosità, le forme pulvinate, reptanti, ecc. Al fine di inquadrare dal punto di vista vegetazionale l'area di progetto, è stata cartografata un'area circostante il perimetro della piattaforma, per un raggio di un chilometro, rilevando la vegetazione presente ed associando il tipo di formazioni vegetazionali rilevate, agli habitat codificati nell'allegatto I della Direttiva 92/43 CEE “Habitat”. Di seguito vengono descritte le fisionomie di vegetazione rilevate. Nel caso in cui tali formazioni risultano codificate come habitat di interesse comunitario ai sensi dell'allegato I della Direttiva 92/43 CEE, viene riportata una dettagliata descrizione dell'habitat.

7.2 Pseudosteppa

Tali formazioni erbose presenti nel zona circostante lo sviluppo dell'area possono essere inquadrate nell'habitat Formazioni erbose secche della regione submediterranea orientale:

Codice 62A0: Formazioni erbose secche della regione submediterranea orientale (Scorzoneratalia villosae)

Praterie xeriche submediterranee ad impronta balcanica dell'ordine Scorzoneretalia villosae (=

Scorzonero-Chrysopogonetalia). L'habitat si rinviene nell'Italia nord-orientale (Friuli orientale, bordo meridionale delle Alpi, Lombardia orientale) e sud-orientale (Molise, Puglia e Basilicata).

Nell'Italia sud-orientale quest'ordine di vegetazione è rappresentato dall'alleanza Hippocrepido glaucae-Stipion austroitalicae Forte & Terzi 2005.

Tali formazioni in presenza di suoli più maturi arrivano a formare estese formazioni di ginepri;

qualora aumenti ulteriormente il livello trofico dei suoli si possono sviluppare localizzate formazioni a Prunus spinosa, come si può notare nell'area interessata dal progetto e precisamente lungo il canale di scolo che corre parallelamente alla strada provinciale. I contatti catenali dipendono dai processi di incarsimento di diversa intensità e da particolari morfotipi carsici quali doline, campi solcati, carreggiati carsici, ecc. per cui i contatti possono essere con cenosi dell’Alysso-Sedion albi (6110), o con pareti verticalizzate con microserie afferenti al

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Centaureo-Campanulion. Nell’Italia meridionale-orientale le comunità ad esso riferibili rientrano in un’alleanza endemica (Hippocrepido glaucae-Stipion austroitalicae) floristicamente ed ecologicamente ben differenziata che raggruppa praterie xeriche della classe Festuco- Brometea con accentuati caratteri di mediterraneità che, pur presentando affinità con quelle transadriatiche o nordadriatiche, da queste differiscono sia per un proprio contingente endemico e sia per la presenza di specie che qui paiono trovare il loro optimum sinecologico. Per questa peculiarità, ma anche perché in ampie aree soprattutto dell’Alta Murgia queste praterie rischiano di scomparire o comunque di essere fortemente ridotte, si ritiengono queste formazioni di rilevante interesse conservazionistico ai fini della corretta gestione del sito SIC-ZPS Gravine di Matera. I siti di queste tipologie sono dominati da vegetazione erbacea annuale. Tra le graminacee più frequenti si trovano Brachypodium ramosum, Brachypodium dystachium, Stipa sp. pl. e Vulpia sp. pl.; sono frequenti anche le leguminose (Scorpiurus muricatus, Coronilla scorpioides, Trifolium campestre, Medicago sp.pl.) e altre specie, come Reichardia picroides, Hypochoeris achyrophorus, Linum strictum, eccetera.

In questi siti, che sono legati alla presenza di affioramenti rocciosi carbonatici, si trova una vegetazione mediterranea erbacea terofitica, riferibile alla Thero-Brachypodietea ma anche alla Lygeo-Stipetea e alla Tuberarietea guttatae (Brachypodietalia distachi); spesso tali fitocenosi si presentano in contatto con ampelodesmeti e con cenosi camefitiche riferibili alla Rosmarinetea. I siti del gruppo sono interessati da clima tipicamente mediterraneo. La vegetazione è frequentemente interessata da episodi di disturbo, soprattutto costituiti da incendi.

7.1.1 Indicatori dello stato di conservazione Sono indicatori di uno stato di buona conservazione:

la ricchezza di specie;

la presenza di elementi seriali prossimi alla tappa matura;

un basso numero di specie cosmopolite (<10% della flora in un popolamento elementare);

un basso valore di copertura di specie nitrofile;

la presenza di Uccelli tipici di steppe aride, quali Coturnice e Calandra.

7.1.2 Possibili minacce

Localizzati fenomeni di degradazione del suolo per compattazione, dovuti a calpestio.

Localizzati fenomeni di degradazione del suolo per erosione (idrica incanalata).

Pascolo non controllato.

C/da Scorzone s.v. Bufalara – 75012 Bernalda (MT)

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Incendio.

7.1.3 Indicazioni per la gestione

Poiché si tratta di siti caratterizzati prevalentemente da fitocenosi a carattere secondario, nella maggior parte dei casi è auspicabile che vengano mantenuti i processi e gli usi che ne hanno determinato la presenza. Le zone con copertura vegetale di questo tipo, dovrebbero essere destinate all’evoluzione spontanea, verso termini più maturi delle diverse serie di vegetazione.

Per quanto riguarda il pascolo è essenziale che nel sito venga predisposto un piano di uso compatibile, capace d’integrare l’esigenza produttiva con la conservazione della biodiversità.

Nelle zone soggette a rischio di compattazione del suolo, occorre regolare opportunamente il traffico veicolare e pedonale e nelle zone interessate da fenomeni di erosione occorre ridurre al minimo le azioni che li possano innescare, come l’apertura di nuove strade.

7.2 Macchia mediterranea

Vegetazione semi-naturale a carattere arbustivo di tipo secondario, rappresentata da stadi poco evoluti di potenziali formazioni di macchia mediterranea più matura, con presenza di specie pioniere quali il Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus) e Perastro (Pirus spp.). Tali formazioni in lenta evoluzione, potrebbero portare all'affermarsi di matorral arborescenti di Ginepro, che costituiscono habitat di interesse comunitario ai sensi della Direttiva 92/43 codificato con il Codice 5210: “Matorral arborescenti di Juniperus spp.”.

Tale fisionomia di vegetazione è costituita da macchie di sclerofille sempreverdi mediterranee e submediterranee organizzate attorno a ginepri arborescenti. Sono costituite da specie arbustive che danno luogo a formazioni per lo più impenetrabili. Tali formazioni possono essere interpretate, come tappe mature in equilibrio con le condizioni edafiche particolarmente limitanti che non consentono l’evoluzione verso le formazioni forestali (matorral primario).

L’habitat è tipico dei substrati calcarei e si ritrova prevalentemente in aree ripide e rocciose del piano termomediterraneo. La specie caratterizzanti l'habitat 5210: “Matorral arborescenti di Juniperus spp.”, sono elencate di seguito:

Juniperus oxycedrus, J. phoenicea, Pistacia lentiscus, Rhamnus alaternus, Phillyrea latifolia, Myrtus communis, Lonicera implexa, Prasium majus, Smilax aspera, Rubia peregrina, Olea europaea var. sylvestris, Clematis flammula, C. cirrhosa, Euphorbia dendroides, Daphne gnidium, Chamaerops humilis, Helichrysum stoechas, Arisarum vulgare, Vincetoxicum hirundinaria, Brachypodium ramosum.

7.3 Gariga

La vegetazione a gariga che si rileva nel territorio in questione, comprende diverse tipologie di

C/da Scorzone s.v. Bufalara – 75012 Bernalda (MT)

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