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LEGANTI, MALTE E CALCESTRUZZI

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Academic year: 2022

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IL PERCORSO

4.1 I leganti 4.2 Le malte 4.3 L’intonaco 4.4 Il calcestruzzo

4.5 Il calcestruzzo armato CONTENUTI DIGITALI

INTEGRATIVI VIDEO

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FOTOGALLERY

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LEGANTI, MALTE E CALCESTRUZZI

4

UNITÀ

(2)

ottengono le boiacche. Con l’aggiunta di sabbia si ottengono le malte, mentre con l’aggiunta di sabbia e ghiaia si ottengono i calcestruzzi o conglomerati [figura 1].

I leganti possono essere:



Qleganti aerei, se i loro impasti fanno presa e induriscono soltanto in presenza dell’aria;



Qleganti idraulici, se i loro impasti fanno presa e induriscono sia all’aria sia se immersi permanentemente nell’acqua.

4.1 I leganti

I leganti sono materiali ottenuti dalla cottura di alcuni tipi di roccia. Opportunamente preparati e mescolati con acqua, essi generano un impasto plastico capace di indurire, aderendo alle superfici con le quali viene a contatto, attraverso reazioni chimiche irreversibili.

I leganti possono essere gessi, calci o cementi e sono di norma impiegati con l’aggiunta di sabbia, o di sabbia e ghiaia di va- ria granulometria, dando origine a prodotti di fondamentale importanza per la costruzione. Dal solo impasto con acqua si

Prodotti ottenuti dagli impasti con legante

1

BOIACCHE CALCESTRUZZI O

CONGLOMERATI MALTE

PER SAPERNE

DI PIÙ

Un processo chimico fondamentale:

la presa e l’indurimento

La pasta ottenuta mescolando il legante con l’acqua conserva, per un certo tempo, la sua plasticità, per poi indurire perdendo la possibilità di essere ulteriormente modellata, fino a raggiungere, in un tempo più o meno lungo, la resistenza definitiva.

La fase iniziale di questo processo, che si definisce presa, dura pochi minuti per alcuni leganti o alcune ore per altri. Al termine della presa l’impasto ha perso quasi completamente la sua lavo- rabilità.

Alla presa segue la fase di indurimento che, per la maggior parte dei leganti, si protrae per varie settimane e, in alcuni casi, per mesi e anni. Durante la fase di indurimento si completano le complesse reazioni chimiche tra il legante e l’acqua.

La resistenza a compressione aumenta con grande rapidità nei primi giorni di indurimento; nei giorni successivi essa continua a crescere, ma sempre più lentamente, fino a raggiungere il suo va- lore massimo. Per esempio, ai fini del controllo della resistenza del cemento si considera di solito come valore finale quello raggiunto dopo 28 giorni, perché a quel termine il cemento ha pressoché acquistato la resistenza definitiva [figura 2].

52,5 50

42,5 40

32,5 30

20 16 10

0 2 7 28 giorni

cemento classe 52,5

cemento classe 42,5

cemento classe 32,5

resistenza a compressione [N/mm2]

2 Diagramma della variazione nel tempo del- la resistenza a compressione di cementi di tre classi di resistenza diverse

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do appena addensato sugli oggetti da riprodurre, in modo da ottenerne la matrice;



Qil gesso per manufatti: viene impiegato nella produzione di pannelli per controsoffitti, di lastre di cartongesso e di bloc- chi per tramezzi;



Qla scagliola: ha caratteristiche migliori del gesso da muro e tempi di presa più lunghi, che ne facilitano l’impiego per in- tonaci e stucchi. La scagliola e il gesso a presa rapida sono normalmente venduti in sacchi da 25 kg, in sacconi (big- bags) oppure sfusi. In cantiere devono essere accuratamente protetti dall’umidità fino al loro impiego;



Ql’anidrite: ha tempi di presa piuttosto lunghi e viene utilizzata per realizzare i sottofondi dei pavimenti in materiale plastico;



Qil gesso composto: ottenuto con l’aggiunta di altri materiali (gesso sabbiato, gesso alla calce, gesso con fibre di legno, gesso alla vermiculite).

PRODOTTI DI GESSO PER L’EDILIZIA

I più comuni prodotti per l’edilizia a base di gesso sono:



Qi blocchi di gesso per tramezzi, posati in opera attraverso l’ap- plicazione di appositi collanti stesi sulle superfici di contatto;



Qi pannelli per rivestimenti, posati in opera con tecniche e con superfici a vista diverse;



Qi pannelli per controsoffitti, costituiti da un impasto di ges- so e fibre vegetali e sagomati in modo da facilitare il fissag- gio a profilati metallici e ganci sospesi al solaio;



Qle lastre di cartongesso, costituite da uno strato interno di gesso rivestito esternamente da fogli di cartone ad alta resi- stenza allo strappo. Sono comunemente usate per realizzare pareti interne e controsoffitti.

Il gesso è il prodotto risultante dalla cottura e dalla macina- zione della pietra da gesso ed è costituito da una polvere bianca e untuosa, che al tatto dà una sensazione di umido.

Al momento dell’impiego, il gesso riassorbe rapidamente l’ac- qua con la quale viene mescolato e si indurisce, iniziando la presa in pochi minuti e completandola in meno di un’ora (sal- vo alcuni tipi che hanno un tempo di presa più lungo e sono utilizzati per impieghi particolari). Al termine del processo di presa, il gesso ha riacquistato il grado di idratazione iniziale reintegrando l’acqua persa durante la cottura.

A presa completata l’impasto di gesso presenta un aumento di volume rispetto alla sua massa iniziale, che risulta vantaggioso tanto nell’esecuzione di intonaci e rasature (perché compensa le eventuali fessurazioni dovute a ritiri delle malte di sotto- fondo) quanto nel confezionamento di oggetti per stampaggio in serie (perché favorisce la perfetta aderenza alle pareti dello stampo e, di conseguenza, la fedele riproduzione di matrici anche molto complesse).

4.1.1 Il gesso

UN PO’

DI STORIA

Le origini del gesso

Le prime notizie sul gesso risalgono al 300 a.C., a opera del greco Teofrasto che nei suoi scritti cita la selenite (pietra della luna), avvisando di non manipolarne l’impasto durante la presa, a causa del forte calore che sprigiona.

Il gesso era però già conosciuto e impiegato dagli antichi Egizi, da solo o mescolato con calce: esso è stato rinvenuto, tra l’altro, nella Piramide di Cheope (2500 a.C.), sotto forma di malta.

I Romani chiamarono questo materiale selenites o gypsum e lo usarono soprattutto per farne calchi o stucchi. L’architetto romano Vitruvio, vissuto nel I secolo a.C., nella sua opera intito- lata De Architectura, che costituisce uno dei più importanti do- cumenti delle tecniche costruttive romane, distingue gli stucchi in opus marmoratum, a base di calce e polvere di marmo, e in opus albarium, a base di gesso.

PER SAPERNE

DI PIÙ

Incompatibilità tra gesso e altri materiali

Il gesso e le malte di gesso non devono mai essere posti a contatto con parti metalliche, poiché possono provocare ag- gressioni chimiche dannosissime. A causa della loro igrosco- picità più o meno marcata, i prodotti a base di gesso tendono inoltre a rigonfiarsi e a deteriorarsi se impiegati in ambienti umi- di o all’esterno.

igroscopicità

Attitudine di un materiale ad assorbire il vapore d’acqua dell’at- mosfera.

stucco

Particolare tipo di boiacca di gesso ottenuta aggiungendo col- lanti, eventuali pigmenti e altri additivi, al fine di rallentare la presa e migliorare la resistenza. Viene impiegato soprattutto per lavori di decorazione (cornici, rosoni ecc.).

pietra da gesso

Roccia sedimentaria di deposito chimico molto diffusa in natu- ra, costituita essenzialmente di solfato di calcio biidrato che con la cottura si trasforma in solfato di calcio emidrato (CaSO4⭈1/2 H2O) o in anidrite (CaSO4).

matrice

Forma entro la quale vengono riprodotti uno o più oggetti uguali.

TIPI DI GESSO

I principali tipi di gesso impiegati in edilizia sono:



Qil gesso a presa rapida (o gesso da muro): si usa in tutte quelle operazioni che richiedono una rapida presa e non esi- gono grandi resistenze meccaniche: per esempio, per fissare i tubi protettivi e le cassette di derivazione degli impianti elettrici nelle tracce delle murature. Viene anche usato dai modellisti, che lo colano sotto forma di pasta allo stato flui-

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La calce aerea è il legante più antico, già usato dalle civiltà pre- ellenistiche. Il suo nome deriva dall’attitudine a fare presa sol- tanto all’aria, a differenza delle calci idrauliche e dei cementi, che induriscono anche se immersi in acqua.

La calce aerea è costituita di calcare, carbonato di calcio (CaCO3), che attraverso trasformazioni chimiche prodotte dalla sua cottura in forni alla temperatura di circa 900 °C (cal- cinazione) diventa calce viva (ossido di calcio, CaO).

Per poter essere impiegata in edilizia la calce viva deve essere trasformata in calce spenta (idrossido di calcio, Ca(OH)2), me- diante l’aggiunta di acqua.

4.1.2 La calce aerea

PER SAPERNE

DI PIÙ

I calcinaroli

Se la calce viene utilizzata a stagionatura incompleta, l’idrata- zione continua all’interno del materiale in opera, provocando rigonfiamenti. Sono tipici degli intonaci realizzati con calce aerea non perfettamente spenta i cosiddetti calcinaroli, co- stituiti di granuli chiari di calce idrata visibili sul fondo di piccoli crateri nell’intonaco, dovuti al sollevamento e al distacco della malta che ricopre il granulo che si è idratato dopo l’applica- zione dell’intonaco.

manufatti anodizzati

Manufatti sottoposti a ossidazione anodica, che consiste nel trattare il materiale grezzo con lavorazioni superficiali prelimi- nari e nel sottoporlo a processi elettrolitici che ne ricoprono la superficie con uno strato di ossido trasparente.

resa delle calci

Quantità (in m3) di grassello che si forma con 1 t di calce aerea dopo lo spegnimento.

Il ciclo vitale della calce

Durante l’indurimento, la calce spenta si asciuga e acquisisce biossido di carbonio (o anidride carbonica) dall’aria, trasforman- dosi nuovamente in carbonato di calcio, attraverso un processo che si chiama carbonatazione. Dunque, a conclusione del suo ciclo vitale, il materiale torna ad assumere la stessa natura chi- mica della materia prima [figura 3]. La calce rappresenta perciò un interessante caso di prodotto il cui uso non comporta alcuna alterazione della sua struttura chimica originaria.

Architettura SOSTENIBILE

Il Dur

A A

Il ciclo della calce

3

CALCARE CaCO3

CALCE SPENTA Ca(OH)2

CALCE VIVA CaO cottura ~ 900 °C

libera CO2

carbonatazione libera H2O assorbe CO2

spegnimento aggiunta H2O PER SAPERNE

DI PIÙ

Incompatibilità tra calci aeree e altri materiali La calce aerea, e le malte che ne derivano, aggrediscono gli elementi metallici che reagiscono con l’idrossido di calcio, come il piombo, l’acciaio zincato e i manufatti anodizzati. Il con- tatto va dunque evitato proteggendo con fasciature o altri siste- mi tali parti metalliche (per esempio le tubazioni).

SPEGNIMENTO DELLA CALCE VIVA E FORMAZIONE DEL GRASSELLO

Lo spegnimento della calce viva è un’operazione che in pas- sato avveniva in cantiere, mentre ora viene effettuata negli im- pianti di produzione, dove è possibile procedere con tecniche industrializzate che garantiscono un’elevata e costante qualità del prodotto.

La calce viva, immessa in apposite vasche, assorbe l’acqua con cui viene irrorata, gonfiandosi e screpolandosi per reazione chimica con forte produzione di calore, raggiungendo tempe- rature che superano i 100 °C.

Quando è stata aggiunta la quantità d’acqua sufficiente per il completo spegnimento, l’impasto assume l’aspetto di una pol- tiglia lattiginosa (latte di calce). Lasciato raffreddare e sedi- mentare si trasforma in una massa bianca, plastica e untuosa, che prende il nome di grassello, la cui parte più superficiale, dopo che le eventuali impurità sono sedimentate, è la più pura e pregiata.

Lo spegnimento è un’operazione importante e delicata, che si conclude quando si è completata l’idratazione degli ossidi presenti nella calce, lasciata stagionare in apposite vasche.

CALCI GRASSE E CALCI MAGRE

Si dicono calci grasse quelle più pregiate, con resa superiore a 2,5 m3 di grassello per tonnellata di calce viva. Esse hanno un potere legante più elevato e tempi di presa più brevi.

Si dicono calci magre quelle che hanno una resa più bassa e che si spengono sviluppando una minore quantità di calore.

4.1 I leganti

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La calce idraulica è un legante che, a differenza della calce aerea, fa presa e indurisce anche quando il suo impasto è im- merso nell’acqua.

La calce idraulica è ricavata dalla calcinazione delle marne o da miscele di calcare e argilla, opportunamente dosate. Nel primo caso si ottengono prodotti di colore biancastro, nel se- condo prodotti di colore scuro.

Esistono anche calci idrauliche ottenute additivando la calce aerea con tufo pozzolanico o con loppa basica granulata di altoforno.

Il processo di presa e indurimento delle calci idrauliche non avviene solo per carbonatazione, come quello delle calci aeree, ma anche attraverso complesse reazioni chimiche, che confe- riscono al prodotto finale una resistenza meccanica assai mag- giore di quella delle calci aeree.

4.1.3 La calce idraulica

UN PO’

DI STORIA

La calce idraulica

Una calce dotata di buone caratteristiche idrauliche era già impie- gata a Gerusalemme, dove nel X secolo a.C., durante il regno di Salomone, furono costruite delle cisterne per l’acqua le cui pareti erano intonacate con malte di calce spenta mescolata a polvere di mattone cotto.

In epoca romana la preparazione della calce idraulica era affidata alla corporazione dei Calcis coctores. La preparazione del mate- riale avveniva secondo tecniche scrupolose, utilizzando un forno da calce (fornax calcaria) che consentiva di ottenere prodotti di eccellente qualità.

4 Pittura murale della tomba di Trebius Iustus a Roma che mostra la costruzione di un edificio di mattoni con l’utilizzo della calce idraulica.

PER SAPERNE

DI PIÙ

Modalità e condizioni di fornitura dei leganti idraulici Le norme prescrivono che i cementi, gli agglomeranti cemen- tizi e le calci idrauliche in polvere siano forniti sfusi, oppure in sacchi sigillati, in imballaggi speciali a chiusura automatica a valvola, che non possano essere aperti senza lacerazione.

I sacchi devono pesare 25 kg ed essere chiusi con legame munito di sigillo, portante impresso il nome della ditta fabbricante e del relativo stabilimento, nonché la specie del legante. A essi deve essere inoltre fissato un cartellino indicante la qualità del legante, lo stabilimento produttore, la quantità d’acqua per la malta nor- male, le resistenze minime a flessione e a compressione dopo 28 giorni di stagionatura dei provini.

Se i leganti sono forniti in imballaggi speciali a chiusura auto- matica a valvola, le indicazioni di cui sopra devono essere stam- pate a grandi caratteri sugli imballaggi stessi.

In passato si usavano i sacchi da 50 kg che sono stati sostituiti da quelli da 25 kg per aderire alle disposizioni a tutela della salute dei lavoratori.

marna

Roccia sedimentaria detritica costituita da carbonato di calcio e argille in proporzioni simili.

pozzolana

Roccia sedimentaria prodotta dalla sedimentazione di ma- teriali eruttati dai vulcani (roccia piroclastica), ricca di silice (SiO2)e minerali contenenti alluminio. Le pozzolane prendo- no il nome da un tufo vulcanico, molto reattivo, che abbonda nella zona di Pozzuoli (NA), nota per fenomeni di vulcanesi- mo secondario (pozzolana flegrea) e in vaste aree del Lazio (pozzolana viterbese). Le proprietà della pozzolana erano già note ai Romani, che la utilizzarono per realizzare malte di ottima qualità.

loppa

Prodotto della fusione delle scorie del minerale ferroso.

L’IDRAULICITÀ

La proprietà di fare presa anche in acqua si chiama idraulici- tà. Essa è tanto più marcata quanto maggiore è la percentuale di argilla, ma dipende anche dalla temperatura di cottura.

Si definisce indice di idraulicità I il rapporto tra le percentua- li in peso dell’argilla e del calcare.

La temperatura di cottura delle calci ha grande influenza sulla loro idraulicità: infatti, se le marne fossero cotte a temperature non superiori a 800-900 °C, il prodotto risultante non si disco- sterebbe molto da una calce aerea, poiché a quelle temperature non sarebbero avvenute reazioni tra i componenti dell’argilla, che richiedono temperature intorno a 1000 °C.

(6)

4.1.4 Il cemento

Il cemento è un legante idraulico che, mescolato con acqua, forma un impasto nel quale si producono reazioni chimiche e processi di idratazione capaci di sviluppare i fenomeni di pre- sa e indurimento e di raggiungere, anche nel caso di completa immersione in acqua, le caratteristiche di resistenza meccani- ca e di stabilità prestabilite.

Esso è costituito da piccolissimi granuli (praticamente una polvere) di materiali differenti, ma di composizione statistica- mente omogenea, ottenuta grazie a particolari procedimenti di macinazione e omogeneizzazione.

Le norme classificano i cementi nei seguenti tipi:



Qcementi comuni, sono quelli di più consueto impiego in edilizia, il più diffuso dei quali è il cemento Portland. Sono alla base della fabbricazione del calcestruzzo e, in maniera minore, dei prodotti per l’edilizia a base di cemento, come tegole di cemento e lastre, tubi e giunti di fibrocemento, un materiale ottenuto dall’impasto con acqua e vari tipi di fibre;



Qcemento alluminoso, è un particolare tipo di cemento che non può essere impiegato per realizzare opere strutturali;



Qcementi per sbarramenti di ritenuta, sono quelli che, du- rante la presa, sviluppano minore calore rispetto ai cementi comuni rendendoli più adatti all’esecuzione di grandi getti;



Qcementi speciali, sono i cementi bianchi, cementi ferrici, cementi ferrici pozzolanici ecc. Sono utilizzati per risolvere particolari problemi costruttivi.

LA PRODUZIONE DEL CEMENTO

La produzione del cemento avviene in impianti altamente au- tomatizzati con elevata capacità produttiva. Le materie prime, miscelate e macinate, formano il cosiddetto crudo, che viene

sottoposto a cottura in forni rotanti costituiti da lunghi cilindri disposti con l’asse leggermente inclinato rispetto all’orizzontale [figura 5]. Il crudo viene introdotto all’estremità a monte del ci- lindro e lo percorre lentamente, spinto verso il basso dall’incli- nazione e dalla rotazione del cilindro, incontrando temperature che dai 1000 °C iniziali crescono progressivamente fino a 1400- 1500 °C, man mano che si avvicinano ai bruciatori installati a valle. Le elevate temperature provocano la cottura, che compor- ta la parziale fusione della miscela cruda (clinkerizzazione) e la formazione di composti chimici, prevalentemente costituti da silicati di calcio, che attivano le proprietà idrauliche.

Il prodotto della cottura è il clinker, che, raffreddato con aria all’uscita dal forno, assume l’aspetto di granuli tondeggianti di diverse dimensioni.

Il clinker viene infine ridotto in polvere finissima mediante ma- cinazione e miscelato con altri costituenti, in modo da ottenere cementi con caratteristiche diverse. Per esempio, aumentando la finezza di macinazione si ottiene generalmente un prodotto che offre un indurimento più rapido degli impasti, ma anche un più elevato riscaldamento iniziale e un maggiore ritiro, che può causare fessurazioni durante la maturazione dei getti.

UN PO’

DI STORIA

Cemento e calcestruzzo

Le attuali norme di legge impongono che il cemento e il cal- cestruzzo abbiano determinate caratteristiche di composizione e di resistenza: in questo senso essi sono dunque “materiali moderni”. In realtà, però, sia il cemento sia il calcestruzzo erano già noti e impiegati sin dall’antichità sia pure in condizioni diver- se e con prestazioni assai inferiori a quelle dei materiali attuali.

Il termine cemento deriva dal latino: Vitruvio chiamava saxum caementitium la muratura fatta con rottami di pietra “legati”

con calce.

L’indurimento idraulico

La conoscenza dei processi chimici che presiedono all’induri- mento idraulico risale soltanto alla seconda metà del Settecen- to quando Lavoisier, che fu l’autentico padre della chimica mo- derna, interpretò i fenomeni chimici secondo criteri razionali e quantitativi. Prima di allora prevaleva la teoria che le calci idrau- liche fossero elementi metallici che avevano perduto il flogisto (una sostanza che si riteneva essere presente in ogni fenomeno dal quale derivasse calore).

PER SAPERNE

DI PIÙ

Incompatibilità tra cemento e altri materiali

Le malte e i calcestruzzi cementizi non devono mai essere posti in opera a contatto con manufatti di piombo, poiché, in mancanza di un’adeguata protezione (fasciatura ecc.), tendono ad aggredirli. Per altro verso, è nota l’azione protettiva svilup- pata dai getti di calcestruzzo sulle armature d’acciaio inglobate al loro interno.

5 Forno rotante per la produzione dei cementi.

4.1 I leganti

VIDEO

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4.2 Le malte

4.2.1 Classificazione delle malte

Le malte confezionate con due o più leganti diversi sono chiamate malte composte o bastarde. Sono prodotti mol- to variabili secondo le quantità relative di leganti usate in funzione delle caratteristiche che si vogliono conferire alla malta.

Se ai componenti tipici delle malte vengono aggiunti degli ad- ditivi per rendere l’impasto adatto a impieghi particolari, si parla di malte additivate, anch’esse caratterizzate da proprietà variabili.

Le malte possono essere fornite direttamente con componenti e dosaggi controllati, costanti e idonei ai vari tipi di impiego.

Sono chiamate pronte all’uso le malte fornite sotto forma di miscela alla quale deve essere semplicemente aggiunta l’acqua e premiscelate quelle già preparate con acqua.

CLASSIFICAZIONE IN BASE AGLI IMPIEGHI In relazione ai loro impieghi, le malte possono essere:



Qmalte per muratura, impiegate per legare (o allettare) ele- menti di laterizio, di pietra o di altri materiali impiegati nella costruzione di murature, volte ecc.;



Qmalte per intonaci, adatte a formare strati di finitura a pro- tezione di superfici murarie;



Qmalte per sottofondi, per realizzare il piano di posa dei pa- vimenti e dei rivestimenti;



Qmalte speciali, destinate a impieghi particolari (con solida- menti, ripristini, applicazioni di alcuni tipi di rivestimenti e di intonaci, iniezioni nelle guaine dei cavi di precompressio- ne ecc.) [figura 6].

Si definisce malta l’impasto ottenuto mediante miscelazione omogenea di leganti, sabbia, acqua e di eventuali additivi, in proporzioni opportune a seconda degli impieghi previsti.

Le malte possono essere classificate in base ai componenti con i quali sono confezionate o in base ai loro impieghi.

CLASSIFICAZIONE IN BASE AI COMPONENTI

Le malte ottenute da leganti capaci di far presa solo in presen- za dell’aria si chiamano malte aeree. Queste malte possono essere:



Qmalte di calce spenta (o malte comuni), facilmente lavo- rabili e a elevato rendimento volumetrico, ma caratterizzate da limitata resistenza meccanica, lento indurimento, note- vole sensibilità al gelo e scarsa resistenza alle aggressioni chimiche portate da sali e composti organici (quando sono a contatto con il terreno), e perciò usate solo nelle murature interne non portanti;



Qmalte di gesso, dotate di minore resistenza delle malte co- muni e tempo di presa di pochi minuti, sono utilizzate prin- cipalmente per realizzare lo strato di finitura degli intonaci.

Le malte ottenute da leganti capaci di far presa anche se im- mersi in acqua si chiamano malte idrauliche. A seconda del legante usato possono essere:



Qmalte di calce idraulica, più resistenti rispetto alle malte aeree, a indurimento avvenuto risultano piuttosto porose e sono più permeabili all’aria ma meno resistenti al gelo;



Qmalte idrauliche plastiche, confezionate con un legante idraulico plastico e caratterizzate da buona plasticità, rite- nuta dell’acqua e lavorabilità;



Qmalte cementizie, dotate di resistenza meccanica, imper- meabilità e durata maggiori di tutte le altre malte.

PER SAPERNE

DI PIÙ

Le malte assolvono ruoli di fondamentale importanza nel pro- cesso costruttivo. A esse è affidato il compito di collegare gli elementi che costituiscono le murature, trasmettendo i carichi da ogni cor so di laterizi o di pietre a quello sottostante, attraver- so i cosiddetti letti di malta, dal cui spessore e dalle cui caratte- ristiche dipende buona parte della resistenza della costruzione.

La caratteristica di ancorarsi saldamente alle murature e di rag- giungere, a indurimento avvenuto, una notevole resistenza, co- stituisce una peculiarità fondamentale della malta, che la rende idonea a realizzare l’intonaco, che è la più antica e ancor oggi molto diffusa tecnica di finitura della muratura, sia all’esterno sia all’interno degli edifici. A que sti impieghi tradizionali pre- valentemente affidati alle malte di calce e di cemento, si sono di recente affiancate nuove applicazioni (di giun zione, di im- permeabilizzazione ecc.), spesso utilizzando malte formate da

leganti a base di resine e speciali additivi. 6 Un esempio di utilizzo di malte speciali: malta da iniezione applicata per il consolidamento di una muratura.

FOTOGALLERY -FHBOUJFNBMUF

(8)

4.2.2 Le malte per murature

Ogni tipo di malta può essere impiegato per la costruzione di murature, purché le sue caratteristiche di resistenza mec- canica, di lavorabilità e di idraulicità siano commisurate alle specifiche esigenze.

Le malte di gesso, spesso additivate con particolari adesivi, sono impiegate esclusivamente per legare blocchi e pannelli di gesso o di altri materiali leggeri per costruzione di pareti interne [figura 7].

PER SAPERNE

DI PIÙ

Spessore dei giunti di malta

Lo spessore dei giunti di malta tra i corsi orizzontali di laterizi non deve superare i 15 mm ed è ottimale quando è compreso tra 8 e 10 mm. Alcuni manuali consigliavano in passato spes- sori ancora minori per ridurre il calo, cioè l’assestamento della muratura dovuto alla compressione dei giunti di malta, che si manifesta man mano che procede la costruzione dell’edificio.

Accorgimenti per la posa

Per evitare che le reazioni chimiche che stanno alla base della presa e dell’indurimento della malta siano compromesse da un troppo rapido assorbimento dell’acqua da parte dei manufatti con cui viene a contatto, è buona norma bagnare abbondan- temente i mattoni e le pietre prima di metterli in opera e la superficie dei muri prima di applicare l’intonaco.

In presenza di temperature estive elevate è opportuno aumen- tare leggermente la quantità d’acqua per il confezionamento della malta.

Durante la stagione fredda, un moderato aumento della tempe- ratura dell’acqua favorisce l’inizio della presa.

Resistenza delle malte

La resistenza delle malte usate nelle murature portanti in matto- ni e blocchi deve essere proporzionata a quella dei laterizi, poi- ché è irrazionale e antieconomico impiegare laterizi di elevata resistenza con malte scadenti, o viceversa.

8 Operazione di allettamento di mattoni con malta. Si noti il filo teso a fianco del corso di mattoni per controllare la regolarità della posa.

7 Posa di blocchi di gesso per pareti interne.

4.2 Le malte

Le malte di calce aerea erano molto comuni in passato. In particolare si usavano la cosiddetta malta forte (composta di una parte di calce magra e di tre parti di sabbia) per fondazio- ni, pilastri in muratura, volte e muri di sostegno, e la malta grassa (due parti di calce grassa con cinque parti di sabbia) per muri fuori terra.

Oggi le malte di calce aerea sono utilizzate soltanto nelle mu- rature interne non portanti, mentre per gli altri impieghi sono generalmente preferiti impasti con migliori caratteristiche, come le malte idrauliche e le malte composte, a base di ce- mento o di calce idraulica, che sono impiegate per ogni tipo di muratura esterna o interna [figura 8].

(9)

4.3 L’intonaco

L’intonaco ha la funzione di rendere regolari le superfici mu- rarie e di costituire, ove necessario, una protezione dagli agen- ti atmosferici.

CARATTERISTICHE DELL’INTONACO

Un buon intonaco deve avere le seguenti caratteristiche:



Qbuona aderenza e compatibilità con il supporto sottostante (di laterizi, di pietre, di calcestruzzo ecc.);



Qrispondenza alle esigenze di impermeabilità, di coibenza termica e acustica e di resistenza meccanica;



Qattitudine a consentire i processi di traspirazione attraverso le pareti perimetrali;



Qpossibilità di ottenere superfici piane e senza difetti (specie nell’intonaco a vista) e spigoli rettilinei.

TECNICHE PER LA STESURA DELL’INTONACO

Esistono numerose tecniche per la formazione dell’intonaco, ciascuna delle quali adatta alla specifica natura del supporto murario da intonacare e alle caratteristiche tecniche ed esteti- che che l’intonaco deve avere.

La tecnica più comune consiste nella stesura di due strati suc- cessivi, in modo da costituire:

1. il rinzaffo (o intonaco grezzo o rustico), che è uno stra- to di malta applicato a contatto con il supporto, in modo da formare una superficie sufficientemente regolare, ma grezza [figura 9];

2. lo strato di finitura (o stabilitura, o arricciatura), che è un secondo strato di malta, con caratteristiche diverse dal prece- dente, che viene steso sul rinzaffo sufficientemente indurito e forma la superficie finale.

9 Esercitazione di stesura del rinzaffo dell’intonaco, eseguita presso l’Ente Scuola CIPET, Torino. Il rinzaffo è lo strato dell’intonaco a contatto con la super- ficie di supporto.

PER SAPERNE

DI PIÙ

A indurimento avvenuto, l’intonaco ricopre la muratura con uno strato più o meno compatto, pesante, impermeabile e resistente, ancorato alla superficie retrostante.

Non tutte le superfici sono ugualmente idonee a ricevere l’intona- co e ogni situazione richiede la scelta dell’intonaco più indicato.

L’intonaco deve avere uno spessore contenuto, ma sufficiente a conferirgli la resistenza necessaria, e deve possedere il giusto gra- do di porosità, per consentire la traspirazione del muro.

La superficie da intonacare deve essere abbondantemente bagnata, per evitare che sottragga acqua alla malta. Inoltre, bisogna evitare di stendere l’intonaco nei periodi di gelo o di caldo eccessivo: se è indi- spensabile farlo, la muratura deve essere protetta dal gelo o dal soleg- giamento e la malta eventualmente additivata con prodotti specifici.

È bene che l’intonaco non sia soggetto a dilavamento e che, in ogni caso, il suo lembo superiore sia adeguatamente protetto [fi- gura 10].

10 È bene evitare di intonacare superfici orizzontali esposte agli agenti atmosferici, perché sono soggette a rapido degrado e a fessura- zione, fattori che determinano il rapido distacco dell’intonaco dal supporto (in alto). Per ovviare a tali inconvenienti occorre utilizzare una copertina di pro- tezione (in basso).

intonaco

formazione di fessura copertina di protezione

intonaco

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