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Figura 2.2: La rampa esistente La zona del giardino di pertinenza alle abitazioni private, in passato del Monastero della SS

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2.1 LA NECESSITÁ DI UN NUOVO INTERVENTO

L’area dell’intervento, posta alla fine di via Cesare Battisti, quando ormai dal centro si è giunti in prossimità delle mura del centro storico. Il suo giardino è contenuto da mura risalenti al 1100 che delimitano ancora oggi il centro storico, mentre sulla parte più alta del lotto sorgeva il monastero agostiniano risalente al 1300 e tristemente sventrato dalle bombe tedesche durante la ritirata della seconda guerra mondiale. Vicino alla rampa che porta all’ex fortilizio di San Martino, sono situati anche Porta Faognana e l’ex chiesa di San Martino.

Figura 2.1: Vista d’insieme dell’area

Il monastero, il suo giardino e la chiesa facevano un tempo parte di un unico complesso architettonico, mentre ora sono rispettivamente adibiti a complesso ricettivo, pertinenza di residenze private e sala convegni.

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L’area pur non essendo particolarmente degradata, necessita di un intervento finalizzato in primo luogo a suturare una vecchia ferita urbana ed a creare un museo di storia della città, per valorizzare gli spazi e rispettando le attuali destinazioni d’uso. Inoltre, viste le dimensioni ridotte ed il particolare contesto ambientale, il progetto mirerà a liberare gli spazi piuttosto che a saturarli con una semplice costruzione.

Figura 2.2: La rampa esistente

La zona del giardino di pertinenza alle abitazioni private, in passato del Monastero della SS. Annunziata, si presenta ancora oggi come uno spazio raccolto. Il salto di quota dal punto di arrivo ed i filari di cipressi lungo il muro storico isolano il giardino dai rumori della città.

Trovandosi immersi nel verde si intuisce come sia importante

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preservare questa zona da eventuali interventi invasivi. Sarà invece molto importante che il museo si relazioni all’area verde.

Figura 2.3: Il giardino esistente

Si è così optato per una soluzione ipogea, un’architettura dove la luce viene catturata e guidata negli ambienti interni, dove la rimodulazione del terreno rimane finalizzata ad una felice contaminazione tra edificio e paesaggio.

2.2 LO SPAZIO IPOGEO

L’ipogeo è un tema che è sempre stato presente nella storia dell’architettura. Dalle grotte dell’uomo primitivo alle metropolitane moderne, l’uomo ha sempre ricavato spazi nel sottosuolo.

Abitualmente si pensa all’architettura ipogea come un tema minore.

Un’architettura arrendevole, nascosta, dove all’idea di buio si

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associano spazi claustrofobici. Dire ciò è un’affermazione sbagliata perché l’architettura sotterranea è un’architettura di luce. Dove quest’ultima viene catturata e guidata negli ambienti interni. Dove fessure e spaccature svelano un mondo sotterraneo.

Hans Hollein asserisce che si può costruire scendendo in profondità e comunque ricavare ambienti illuminati da luci zenitali che tolgano al visitatore la sensazione dell’oscurità. Afferma come sia possibile organizzare la compenetrazione di ambienti scuri illuminati artificialmente, spazi illuminati da luci zenitali combinata con quella artificiale e zone illuminate naturalmente attraverso le facciate.

Figura 2.4: F. Cellini; schizzo del progetto di riqualificazione delle Latomie dei Cappuccini, Siracusa 2006

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Costruire un edificio ipogeo non vuol dire nascondere la sua volumetria, ma rimodulare il terreno. Attraverso le operazioni compiute sul suolo si ottiene una contaminazione tra edificio e paesaggio. Non più due entità distinte dove l’uno fa da sfondo all’altro, ma l’annullamento delle due categorie grazie alla loro fusione.

Quindi l’architettura si compone con il paesaggio. Uno dei due potrà dominare sull’altro, ma comunque tenderanno a restare un’unica entità. Per comprendere questo concetto i Morphosis ricorrono ad una metafora; quella del surfista contrapposta allo sciatore. Mentre il primo è costretto a interagire costantemente con le onde e vi si deve adattare, entrare in relazione con il loro incessante mutare, il secondo si confronta in modo meno avvincente con un suolo statico, dove riesce a malapena a scalfirne la superficie.

In questo modo si mette in crisi la dialettica figura-sfondo per distendersi in orizzontale e incunearsi nel profondo. Un nuovo modo di pensare il suolo, dove si supera il concetto di basamento su cui far emergere l’architettura e si inizia a vedere il terreno come una superficie da tagliare, bucare, scavare, comprimere o sollevare.

Figura 2.5: R. Piano, Accademia di scienze della California, San Francisco 2008

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2.3 CASO DI STUDIO: IL LIVELLO SUPERIORE (Lv 0)

Percorrendo via Cesare Battisti dal centro verso le mura, l’area dell’intervento appare sullo sfondo della strada.

Figura 2.6: Via Cesare Battisti

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Giunti nei pressi del lotto lo spazio si dilata e sulla sinistra appare l’ex chiesa di San Martino, davanti Porta Faognana e sulla destra una ripida rampa permette di accedere al lotto.

Figura 2.7: L’attuale rampa che porta all’area di intervento. Sulla sinistra Porta Faognana e l’ex chiesa di San Martino adibita a sala convegni

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La zona di arrivo si presenta angusta, slegata dal contesto cittadino, mentre le recinzioni dell’albergo e delle abitazioni private occludono totalmente la vista del giardino sottostante.

Per poter dilatare gli spazi, allargare gli orizzonti e osservare il panorama, l’intervento mira a liberare l’area. Per raggiungere questo risultato la rampa di arrivo è stata abbassata di oltre un metro, ricavando una prima zona che avesse la funzione di filtro tra museo e contesto urbano.

Figura 2.8: Piano ribassato del livello della piazza

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Nel salto di quota tra questo livello e l’attuale piano di campagna è stata inserita una vetrata che permette di gettare un primo sguardo alle sale sottostanti.

Per dilatare il più possibile uno spazio già raccolto, al livello superiore, non è stato inserito alcun volume ad eccezione di una pensilina che protegge gli accessi verticali (ascensore e scale) che portano ai livelli inferiori del complesso espositivo. Questo per permettere di traguardare il verde del giardino su tutto il piano.

Tra la pensilina e la rampa è possibile notare il lucernario, che oltre ad avere la funzione di seduta, permette di osservare la sala sottostante.

Superata la copertura in acciaio si giunge ad una sorta di punto panoramico dal quale è possibile affacciarsi sulla corte posta a due livelli sottostanti, sul giardino e sulla campagna circostante.

Figura 2.9: Vista dell’entrata al museo al piano superiore (Lv 0)

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Figura 2.10: Pianta al livello della piazza (Lv 0)

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2.4 CASO DI STUDIO: IL GIARDINO (Lv -1)

Il livello intermedio del museo è posto mezzo metro sopra la quota del giardino e si caratterizza da due zone distinte. Una all’aperto che permette di accedere al giardino e l’altra scavata sotto la parte distrutta del monastero. Le due parti si affacciano sulla corte ricavata al piano inferiore.

Figura 2.11: Il giardino

Scendendo la prima rampa della scala dal livello superiore, si arriva ad un spazio all’aperto che permette di scegliere fra le tipologie di percorso: entrare nell’area bar (anticipato mentre si scende da una vetrata), proseguire con la seconda rampa della scala e giungere nella

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corte sottostante, oppure accedere sulla sinistra alla sala per esposizioni temporanee.

Figura 2.12: La sala esposizioni temporanee al piano intermedio (Lv -1)

Quest’ultima si lega alla sala sottostante, con la stessa destinazione d’uso, tramite un doppio volume. Il visitatore, affacciandosi può intuire come questa parte dell’edificio sia inserita parzialmente sotto il giardino. Intuizione che trova conferma, una volta all’esterno, nelle vetrate poste tra l’erba per illuminare gli ambienti. Aperture che diventeranno ben visibili col calare della notte, quando la luce artificiale

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degli ambienti sottostanti filtrerà in maniera puntuale ad illuminare il giardino.

Figura 2.13: E. Valero Ramos, Galleria privata a Sierra De Madrid, Spagna 2009

L’accorgimento di una soluzione ipogea ha preservato l’atmosfera raccolta del giardino e crea un rapporto di interdipendenza tra il costruito e la zona verde, dove l’uno trae forza dall’altro.

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Ritornando sui propri passi e accedendo al bar ci accorgiamo come l’ambiente, illuminato dalle ampie superfici vetrate, non è percepibile come uno spazio chiuso e buio, ma al contrario, il lucernario e la vetrata posta tra i piani della copertura permettono alla luce di filtrare nella sala. L’inserimento di un doppio volume col piano sottostante trasforma i due livelli in un unico spazio articolato e dinamico, riconducibile alla stessa destinazione di sala espositiva per le opere permanenti. Gli spazi espositivi sono identificati da una fascia in legno che delimita il loro percorso e permette una corretta illuminazione artificiale per le opere.

Figura 2.14: Il doppio volume nella sala esposizioni permanenti

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Figura 2.15: Pianta del livello intermedio (Lv -1)

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2.5 CASO DI STUDIO: IL MUSEO (Lv -2)

Il livello inferiore del museo presenta la quasi totalità della superficie espositiva. Già osservando la pianta si capisce che il piano presenta due zone distinte in aderenza della corte esterna. Due forme quasi rettangolari destinate alle esposizioni temporanee e permanenti.

Il terreno rimosso lascia spazio alle sale che traggono luce da vetrate in copertura o dalle aperture sulla corte adibita a prato e piantumata con alberature di cipresso.

Figura 2.16: La corte interna al livello inferiore

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Quest’ultima risulta il vero baricentro del museo e mitiga la sensazione di trovarsi sotto terra.

Sotto il giardino è posta una piccola sala conferenze che permette di allestire dibattiti sulle opere esposte, ma presenta lunghi periodi di inattività. Per questo motivo la sala è dotata di un ingresso autonomo.

Figura 2.17: Sala conferenze al livello inferiore

Entrando nel museo dalla corte è possibile iniziare i due percorsi espositivi. Di fronte al visitatore, sotto all’ex monastero, è possibile

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accedere alla mostra permanente superando la zona di accettazione e l’ascensore, dove l’ambiente si dilata grazie al doppio volume che mette in relazione la sala con il piano superiore.

Figura 2.18: Sala esposizioni permanenti

Pur essendo l’area che si spinge maggiormente sotto terra è sempre possibile ricavare uno scorcio dell’esterno grazie all’inserimento delle superfici vetrate nei punti più opportuni.

In mancanza di esposizioni temporanee, oppure per il loro allestimento, è possibile isolare l’ala del museo grazie ad un apposito scorrevole. Questo accorgimento permette di ridurre gli spazi dei depositi. Vantaggio rilevante per un piccolo museo.

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Figura 2.19: Nel museo è possibile isolare la sala esposizioni temporanee e la sala conferenze

Avere uno spazio flessibile e dinamico è un aspetto di grande interesse perché permette di ridurre i costi (soprattutto personale e luci artificiali) aumentando il livello di sicurezza contro i furti.

Nella sala per esposizioni temporanee è inserita una corte di dimensioni ridotte che ha la funzione di illuminare gli ambienti con luce diffusa e di partizionare l’ambiente. Ciò serve a mettere in evidenza che la parte terminale della sala si insinua sotto il giardino. La presenza dei lucernari in copertura permette un adeguato livello di luce diffusa, ma grazie alle dimensioni ridotte delle aperture sono impediti ingressi molesti di luce naturale diretta. Infatti la luce del sole potrebbe danneggia le opere esposte e non garantire un adeguato comfort osservando le opere (vedi capitoli 3 e 4).

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Figura 2.20: Sala esposizioni temporanee al livello inferiore

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Figura 1

Figura 2.21: Pianta del livello inferiore (Lv -2)

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