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ISSN 1824 - 2049 http://jcom.sissa.it/

JCOM 3 (2), June 2004

Libertà vo cercando

Pietro Greco

ICS - Innovations in the Communication of Science, SISSA, Trieste, Italy

Keywords: Riviste scientifiche, open access Section: Editorial

The free information works. La libertà d’informazione funziona. Nel senso, letterale, che gli

“Open Access Journals”, le riviste scientifiche che garantiscono la gratuità e, quindi, la libertà d’accesso, riescono a garantire anche la medesima qualità – se non addirittura una migliore qualità – rispetto alle riviste classiche, quelle che possono essere consultate solo da chi accetta di pagare un costo, sia esso il prezzo di copertina o di un abbonamento.

La notizia (noi la consideriamo una bella notizia) ci è stata data nelle scorse settimane da James Testa e Marie E. McVeigh. 1 I due ricercatori della Thomson-ISI hanno preso in esame 148 diverse riviste di diverse scienze naturali recensite dall’ISI, che in nulla si differenziano dalle altre riviste scientifiche se non per il fatto di essere “open access”, possono cioè essere lette, scaricate dalla rete, copiate, stampate e distribuite in maniera del tutto gratuita. Queste riviste sono elettroniche e regolarmente sottoposte a peer review.

Testa e McVeigh hanno misurato l’Impact Factor (IF) degli articoli pubblicati tra il 1999 e il 2002 da ciascuna di loro e hanno verificato che, in media, non è inferiore a quello delle riviste a pagamento. Anzi, negli anni più recenti, è persino superiore (anche se leggermente).

Abbiamo, dunque, la prova provata che the free information works. Che garantire la libertà di accesso all’informazione scientifica non ne mina in alcun modo la qualità.

Perché consideriamo bella questa notizia? Per almeno due motivi. Uno squisitamente economico. L’altro culturale.

Il motivo economico è che negli ultimi decenni il costo delle riviste scientifiche classiche è aumentato molto più dell’inflazione. 2 Ciò ha reso difficile a molte biblioteche rinnovare gli abbonamenti (o accenderne di nuovi) e ha impedito a troppi ricercatori, soprattutto nei paesi in via di sviluppo ma anche nei paesi sviluppati, la possibilità di consultare una parte rilevante della letteratura scientifica. In pratica il costo sempre più elevato delle riviste ha limitato la piena e totale libertà della comunicazione scientifica. Ciò non è un bene. Le riviste “open access” tendono a ripristinare una parte della libertà d’informazione perduta. E questo è un bene. Tanto più se lo fanno garantendo alti standard di qualità.

Il secondo motivo, dicevamo, è più profondo. E non meno importante. La scienza moderna è

nata, nel Seicento, rivendicando e praticando la piena libertà di comunicazione. Questo carattere

distintivo e niente affatto scontato della cultura scientifica sta subendo, negli ultimi lustri e ancor più

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JCOM 3 (2), June 2004 Greco

2 negli ultimi anni, attacchi, magari leggeri ma piuttosto velenosi, da più parti. Dal mondo dell’editoria, certo, a causa della politica dei prezzi crescenti di cui abbiamo detto. Ma anche da parte di quella

“scienza imprenditrice” che tende ad affermare, contemporaneamente, i suoi valori scientifici e i suoi valori imprenditoriali (la segretezza, più o meno parziale, è tra questi ultimi). Mentre, infine, troppi e troppo spesso in nome della sicurezza (un bene di grande valore) tendono a sacrificare la completa libertà d’informazione (un bene di valore almeno altrettanto grande).

Riteniamo sia un dovere anche nostro reagire, con grande serenità e pacatezza, a questi piccoli eppure velenosi attacchi. Per questo gioiamo pubblicamente quando la piena e totale libertà di comunicazione della scienza viene riaffermata. In fondo la democrazia della conoscenza è – e lo sarà sempre più in futuro – una delle componenti fondanti della democrazia tout court.

Notes and references

1

Testa J., McVeigh M. E. (2004). The Impact of Open Access Journals.

http://www.isinet.com/media/presentrep/acropdf/impact-oa-journals.pdf

2

Scanu M. (2003). Nella rete libera della scienza. JCOM 2 (4).

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