• Non ci sono risultati.

Orienta il futuro. I laureati ed il lavoro in Toscana. Ricerca IRPET

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Orienta il futuro. I laureati ed il lavoro in Toscana. Ricerca IRPET"

Copied!
41
0
0

Testo completo

(1)

Orienta il futuro

I laureati ed il lavoro

in Toscana

(2)

RICONOSCIMENTI

Il presente lavoro è stato svolto nell’ambito delle attività istituzionali condotte dall’Area di ricerca istruzione, lavoro e welfare. Hanno partecipato: Nicola Sciclone (coordinamento e cap.1), Natalia Faraoni (capp. 2, 3, 4, 5), Silvia Duranti (cap. 4) e Donatella Marinari (elaborazioni statistiche )

(3)

Indice

1.

OBIETTIVI 5

2.

IL SISTEMA PRODUTTIVO REGIONALE 7

2.1 I caratteri originari dello sviluppo socio-economico della Toscana 7 2.2 I principali cambiamenti intervenuti nello sviluppo socio-economico della Toscana 8

2.3 La Toscana e la crisi 8

2.4 La Toscana e le Toscane 11

Box 1: Dove sono localizzate le imprese strategiche della Toscana? 15 3.

I LAUREATI IN TOSCANA 19

3.1 Una fotografia d’insieme 19

3.2 Laurearsi conviene? 21

3.3 Cosa fanno i laureati? 22

3.4 Per quali lauree è più bassa la disoccupazione? 23

3.5 Quali lauree scelgono i toscani? 24

4.

LA DOMANDA DI LAUREATI DA PARTE DELLE IMPRESE TOSCANE 27

4.1 Quante imprese e istituzioni assumono laureati? 27

4.2 Quanti laureati assumono le imprese e le istituzioni? 28

4.3 Quali settori assumono i laureati e con quali contratti? 29 4.4 Quali figure e competenze terziarie chiede il sistema produttivo? 30 5.

CONSIDERAZIONE CONCLUSIVE 37

6.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 41

(4)
(5)

1.

OBIETTIVI

1.

Questo documento si propone di aiutare i giovani che stanno ultimando la formazione di secondo grado a fare una scelta consapevole del successivo, eventuale, percorso di studio terziario, al fine di influenzarne positivamente il futuro lavorativo.

2.

Chi decide di iscriversi a un corso universitario infatti deve avere la possibilità di essere informato su quali siano, date le caratteristiche del sistema produttivo, le possibilità di impiego nella nostra regione. Ciò significa conoscere, per quanto possibile, quali siano le opportunità che i corsi di laurea assicurano in termini occupazionali, quali siano le professioni più richieste, quanto e se l’investimento formativo sia utile per le imprese e quali siano le competenze che sono più apprezzate nel mondo del lavoro. Rispondere a queste domande non è banale per due principali ragioni.

3.

Il contesto produttivo è infatti in continuo e rapido divenire, è mutevole nel tempo, e con esso lo sono anche le esigenze e i fabbisogni formativi domandati da chi decide di assumere i giovani.

Inoltre, i processi di cambiamento e riorganizzazione del sistema produttivo accelerati dalla recessione e le politiche del rigore e dei tagli alla spesa pubblica degli ultimi decenni stanno significativamente modificando la cornice delle opportunità di lavoro, con effetti ancora incerti.

Il bacino delle opportunità offerto dal pubblico impiego si è ad esempio nel tempo ristretto, la crisi economica ha colpito soprattutto il mondo dell’edilizia e della manifattura, mentre il terziario, pur nelle molteplici sue declinazioni, è attualmente il settore a più alto grado di assorbimento di lavoro.

Siamo poi di fronte a un cambiamento profondo nell’assetto dei sistemi produttivi che alcuni autori definiscono quarta rivoluzione industriale, era digitale, Industria o Impresa 4.0. Per dare un’idea dell’incertezza del futuro dovuta alla complessità dei processi di cambiamento e alla velocità con cui essi si muovono su scala mondiale, basta citare l’affermazione contenuta nel recente rapporto del World Economic Forum intitolato The future of Job (WEF 2016): il 65%

dei bambini che oggi vanno a scuola, una volta diplomati o laureati, svolgeranno dei lavori che adesso ancora non esistono e che possiamo solo provare a immaginare.

4.

Inoltre, il contesto produttivo è anche molto eterogeneo, e ogni sua tipizzazione in un numero ridotto di fatti stilizzati, facilmente interpretabili, sia per quanto riguarda le caratteristiche (ad esempio, chi assume i laureati?) che i comportamenti (ad esempio, con quali contratti e con quali impieghi sono utilizzati i laureati?), rischia di fornire un quadro semplicistico e non fedele del funzionamento complessivo del mercato del lavoro.

5.

Ma il rischio che corriamo, ovvero produrre informazioni a rapida obsolescenza e troppo schematiche, è meno grave di quello in cui si incorre trascurando il tema: come noto, nel nostro paese, esiste infatti un problema di difficile transizione dei giovani dal mondo dell’istruzione al

(6)

mercato del lavoro che, indipendentemente dal ciclo economico, rende complicata la combinazione fra domanda e offerta. A questo problema può essere imputato, secondo le nostre stime, circa il 36% della disoccupazione giovanile toscana. In altre parole, 36 disoccupati su 100 in Toscana – e circa 40 ogni 100 in Italia – dipendono dal cattivo collegamento fra istituzioni formative e mercato del lavoro.

6.

Questo divario si traduce nel paradosso della coesistenza di alti livelli di disoccupazione giovanile e imprese che cercano lavoratori ma non trovano competenze e conoscenze adeguate alle loro esigenze. Se è vero infatti che l’istruzione ha una funzione civica, sociale e culturale, è altrettanto vero che delle richieste del mondo del lavoro occorre tenere conto per non disattendere le aspettative rispetto alla costruzione di un futuro autonomo per i propri figli che le famiglie nutrono nei confronti della scuola e dell’università.

7.

Orientare i giovani e le loro famiglie diviene quindi essenziale affinché sia possibile coniugare per ogni studente, domani futuro lavoratore, la propria abilità, la personale inclinazione, la specifica passione, con la vocazione produttiva e le specializzazioni territoriali della nostra regione. Laurearsi è un buon investimento, ma i vantaggi di possedere una laurea non sono immediati (serve tempo), non sono omogenei per tipo di laurea conseguita (non tutti i corsi di laurea offrono le stesse possibilità nel mercato del lavoro), non sono distribuiti uniformemente nel territorio e nei settori economici. Conoscere le opportunità offerte dal nostro territorio può quindi essere di aiuto ad imboccare il percorso di studi che più si confà alle proprie aspirazioni e interessi, ma che è anche particolarmente richiesto dal mercato del lavoro.

8.

Per questi motivi è importante che si diffonda una maggiore consapevolezza – costruita sulla base dell’analisi dei dati disponibili e del confronto tra le istituzioni scolastiche e universitarie, le imprese toscane e gli enti pubblici – delle buone ragioni per proseguire gli studi, delle opportunità offerte dalle Università toscane e delle possibilità presenti nel mercato del lavoro regionale. Questo è l’obiettivo generale del presente Rapporto, che è diviso in tre sezioni.

9.

La prima sezione descrive il sistema produttivo regionale, nelle sue principali articolazioni settoriali e territoriali. La seconda effettua una fotografia del posizionamento dei laureati nel mercato del lavoro toscano. La terza sezione, dopo le prime due di contesto, entra più specificatamente nel tema, analizzando la domanda di laureati che è possibile desumere da due distinte basi informative: una di natura amministrativa, relativa ai flussi delle comunicazioni obbligatorie che i datori di lavoro comunicano ai Centri per l’impiego, e l’altra di natura completamente diversa e riconducibile ai cd. big data, che riguarda le posizioni di lavoro ricercate, e non necessariamente coperte, dalle aziende sul web. Nell’insieme il materiale raccolto fornisce un quadro conoscitivo utile per farsi una idea del nostro mercato del lavoro, e di come si collocano, e/o come potrebbero in futuro collocarsi in quel contesto i giovani neolaureati.

(7)

2.

IL SISTEMA PRODUTTIVO REGIONALE

2.1

I caratteri originari dello sviluppo socio-economico della Toscana

I caratteri contemporanei dello sviluppo economico e sociale della Toscana traggono la loro origine da due processi, entrambi caratterizzati dall’affermazione della componente urbana su quella rurale-agricola, affermatisi a partire dal secondo dopoguerra: quello di

“industrializzazione leggera”, che ha dominato la trasformazione recente più significativa della nostra regione rispetto al contesto nazionale e quello turistico, articolato nel turismo tipico delle città d’arte e in quello legato alle dotazioni naturali (mare, campagna, montagna), a cui si può aggiungere, in pochi casi, l’insediamento di poli industriali di grandi dimensioni e di matrice pubblica.

Principalmente al primo processo si deve il carattere esportatore dell’economia regionale, basato sulla produzione specializzata di beni di consumo – il cosiddetto Made in Italy – e su una struttura produttiva caratterizzata da dimensioni aziendali medio-piccole. Il secondo processo vede invece, una costante affermazione della vocazione turistica, affiancata dalla più generale terziarizzazione dell’economia, mentre l’industria pesante e di base ha perduto il peso che aveva, attraversando una profonda ristrutturazione.

Ulteriore caratteristica dello sviluppo della Toscana è che questi processi sono territorialmente concentrati: lungo la valle dell’Arno e le principali autostrade e superstrade l’industrializzazione leggera nei settori del Made in Italy; lungo la costa, invece, l’area turistico- industriale, sebbene la componente turistica risulti più diffusa.

A completare il quadro le città capoluogo di provincia (soprattutto Firenze, Pisa e Siena) con un’economia mista, in cui si concentrano i servizi alle imprese e alle persone e le funzioni amministrative, e le aree rurali e/o interne, sostanzialmente marginali rispetto alle conseguenze dell’industrializzazione leggera e dello sviluppo urbano. In sintesi, quindi, si possono così identificare quattro aree tipologiche dello sviluppo regionale del dopoguerra: campagna urbanizzata – principale sede dell’industrializzazione leggera –, aree urbane, aree turistico- industriali, campagna (come idealtipo residuale).

Di questo processo di sviluppo di tipo essenzialmente spontaneo e privatistico, a cui l’ente pubblico ha risposto con opere di urbanizzazione diffusa, condizionate dall’espansione dei contesti insediativi a esso collegati, Giacomo Becattini identifica già negli anni Settanta del Novecento i possibili effetti perversi per i destini del sistema socioeconomico regionale:

“Ma persino nel caso che le condizioni esterne e interne dell’industria toscana permangano favorevoli al tipo di sviluppo fin qui realizzato, vi è motivo di pensare che il processo di espansione di queste zone non potrà svolgersi senza grosse difficoltà, non fosse altro per il fatto che il processo di promozione sociale ivi operante tende a produrre, mediante un sistema scolastico sempre più anacronistico e inefficiente, un’offerta di lavoro inadatta alle necessità dell’industrializzazione leggera. I figli degli operai e dei piccoli imprenditori, che si diplomano o laureano, non rimpiazzano i genitori nei loro ruoli produttivi, ma premono per occupazioni che nella campagna urbanizzata e nelle aree turistico-industriali sono presenti in misura esigua. Si ha così un processo che richiama alcuni aspetti del dualismo classico: le migliori energie intellettuali della campagna urbanizzata e delle aree turistico- industriali vengono convogliate verso le aree urbane, mentre la massa dei diplomati e

(8)

laureati resta nel luogo di origine a premere per impieghi nel terziario pubblico e privato che finiscono, di fatto, col caricare il processo produttivo di nuovi oneri. Questa contraddizione non è esclusiva dei due ambienti prodotti dalla industrializzazione leggera, ma gioca in essi un ruolo particolarmente importante, interferendo nel processo di riproduzione della forza-lavoro e delle capacità imprenditoriali necessario per mandare avanti quella formula industriale.” (Becattini 1975, p.183)

2.2

I principali cambiamenti intervenuti nello sviluppo socio-economico della Toscana

Le quattro aree tipologiche delle sviluppo postbellico toscano mantengono la loro capacità interpretativa ancora oggi, sebbene gli anni trascorsi abbiano contribuito a modificarne il profilo e a intensificarne i collegamenti e le relazioni reciproche.

Nel medio periodo la Toscana ha subito un processo di contrazione del peso dell’industria e in particolare della manifattura, che negli anni del boom economico impiegava più della metà degli addetti totali.

Tra i servizi troviamo una quota consistente di servizi tradizionali e alla persona (fruiti da residenti, users e turisti), ma anche quelli alla produzione sono significativamente aumentati. Le aree dell’industrializzazione pesante e di base sono entrate in una profonda crisi, fino alla chiusura di alcuni insediamenti storici, mentre l’industrializzazione leggera del Made in Italy ha vissuto fortune alterne, dipendenti dall’andamento dei mercati internazionali, riuscendo in certi casi virtuosi a trasformarsi e riprodursi, perdendo invece in altri la sfida della globalizzazione.

A queste si sono aggiunti stabilimenti di imprese multinazionali di medio-grandi dimensioni (nella farmaceutica, nella moda, nella fabbricazione di macchinari), che hanno oggi un impatto decisivo sulla produzione di ricchezza e di occupazione. Il turismo ha continuato a crescere e a modificarsi nelle sue forme e le principali realtà urbane hanno consolidato il proprio ruolo di traino, soprattutto se inserite in quella campagna urbanizzata protagonista del primo sviluppo industriale, saldando intorno a sé le aree di industrializzazione leggera più reattive ai processi di cambiamento.

Nonostante queste profonde trasformazioni i capisaldi interpretativi della crescita regionale rimangono le aree a industrializzazione leggera e i centri urbani, luoghi della produzione i primi e dell’innovazione economica e sociale i secondi, caratterizzati da una molteplicità di funzioni.

Le aree a specializzazione turistica contribuiscono alla creazione di lavoro e ricchezza con un diverso ruolo che attinge, in maniera più o meno diffusa, alla rendita costituita dal patrimonio paesaggistico e culturale.

Due sono dunque le lenti, tra loro intrecciate, attraverso cui è possibile leggere i caratteri dell’attuale sviluppo economico regionale contemporaneo: l’evoluzione delle quattro aree tipologiche già individuate da Giacomo Becattini e l’accelerazione che la crisi ha imposto agli squilibri già presenti, spiazzando i comportamenti degli attori pubblici e privati.

2.3

La Toscana e la crisi

Le branche di attività che più hanno risentito della recente crisi economica sono state la manifattura e le costruzioni. Si è così verificata una consistente perdita di valore aggiunto e di

(9)

unità di lavoro rispetto ai servizi, che invece hanno seguito un andamento crescente più regolare (Graf. 1).

Grafico 1

VALORE AGGIUNTO E UNITÀ DI LAVORO NEL 2014 (2008=100)

Nota: L’agricoltura comprende caccia e pesca. I servizi alle imprese sono calcolati come somma delle voci “trasporti e magazzinaggio”, “servizi di informazione e comunicazione”, “attività finanziarie e assicurative”, “attività professionali, scientifiche e tecniche”, “amministrazione e servizi di supporto”, i servizi al consumatore sono calcolati come somma delle voci “commercio all’ingrosso e al dettaglio”, “riparazione di autoveicoli e motocicli”; “servizi di alloggio e di ristorazione”; “attività immobiliari”, i servizi sociali sono calcolati come somma delle voci “amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria”, “istruzione”, “sanità e assistenza sociale”.

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT, Conti territoriali

Rispetto al 2008, in generale, il valore aggiunto torna negli ultimi anni a crescere in tutti i servizi e nell’agricoltura, mentre ancora non si palesa la ripresa occupazionale, fatta eccezione per i servizi sociali che hanno un peso significativo anche sul totale delle unità di lavoro e l’agricoltura, il cui contributo in termini assoluti rimane però marginale. I livelli attuali di manifattura e servizi, sia in valore aggiunto che soprattutto in unità di lavoro, risultano ancora più bassi di quelli del 2008.

Guardando ai dati Asia sulle imprese presenti in Toscana, tra 2008 e 2015 sono andate perse oltre 15mila unità locali e 100mila addetti. Dal punto di vista della composizione settoriale, la crisi economica ha contribuito ad assottigliare ulteriormente la base manifatturiera regionale, sia in termini di unità locali (dal 12,2% all’11,3%), che di addetti (dal 24,9% al 23,8%). Il processo di deindustrializzazione non è nuovo e, anzi, pare aver addirittura rallentato negli ultimi anni rispetto alla dinamica pre-crisi. Inoltre, adottando una visione più ampia della base manifatturiera che includa l’industria in senso stretto e i servizi alle imprese, si nota che l’incidenza di questa in termini di addetti (48,1%) e unità locali (39,8%) è rimasta stabile tra 2008 e 2015, con una crescita del peso dei KIBS (Knowledge Intensive Business Services).

Quanto ai settori più strettamente manifatturieri, il quadro vede uno svuotamento in termini di addetti di quelli a medio-bassa tecnologia (es., petrolchimica, gomma e plastica, siderurgia; da 24,8% a 22,2%), a fronte della crescita di quelli ad alta tecnologia (farmaceutica, meccanica di precisione, aerospazio; da 4,1% a 4,9%) e, soprattutto, di quelli a bassa tecnologia (es.:

agroalimentare, moda, carta; da 55,3% a 57,2%), nei quali sono comprese le tipiche produzioni del Made in Italy (IRPET, 2018b).

102,24 80,32

91,10

105,98

111,15 105,26

98,81

101,63 85,10

76,42

98,19 98,16

102,29 86,87

Agricoltura Costruzioni Industria manifatturiera Serivzi alle imprese Servizi al consumatore Servizi sociali Manifattura e servizi imprese

Unità di lavoro Valore aggiunto

(10)

Grafico 2

OCCUPATI PER QUALIFICA PROFESSIONALE. VARIAZIONI

Fonte: elaborazioni IRPET su dati Istat FCFL ISTAT

Un indicatore di rilievo per comprendere l’andamento dell’economia toscana rispetto alla crisi è costituito dalle esportazioni. La regione ha mostrato infatti una forte capacità di export, che si è rivelata fondamentale nella seconda fase di contrazione del mercato interno, fungendo da traino per l’economia toscana. Dal 2008 al 2015 le esportazioni sono cresciute del 30% e sono riconducibili quasi totalmente a prodotti manifatturieri (IRPET, 2015b e 2016). La manifattura ha quindi contratto visibilmente la propria base occupazionale, stringendo però un legame stretto con i servizi alle imprese, in cui si è riversata una quota significativa di occupazione, anche se diversa dal punto di vista delle competenze richieste, ma rimane una base solida dell’economia regionale, in grado di competere sui mercati internazionali. Quello che non vediamo ancora bene con i dati statici disponibili è il processo di ristrutturazione e di selezione che ha indubbiamente attraversato la manifattura negli ultimi decenni, anche a seguito della diffusione delle tecnologie digitali e della ricollocazione mondiale delle catene del valore. In ogni caso la manifattura costituisce ancora la colonna vertebrale dell’economia regionale per vari motivi: la capacità di produrre ricchezza, soprattutto vendendo all’estero i proprio prodotti;

la capacità di produrre lavoro di qualità, soprattutto se confrontata con il mondo dei servizi; il forte legame con una circolazione di conoscenze materiali e immateriali, in parte non standardizzate, in grado di fare da traino allo sviluppo della capacità innovativa e dei servizi avanzati.

15,7%

-12,3%

8,1%

24,4%

-14,5%

0,8%

29,0%

10,1%

-2,0%

-2,7%

5,0%

-6,1%

9,4%

4,9%

-20% -10% 0% 10% 20% 30%

Professioni intellettuali, scientifiche e a elevata specializzazione Professioni tecniche Professioni esecutive nel lavoro d'ufficio Professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi Artigiani, operai specializzati e agricoltori Conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili e conducenti di veicoli Professioni non qualificate

2014/2015 2015/2008

(11)

2.4

La Toscana e le Toscane

La Toscana presenta un profilo territoriale economicamente differenziato, che vale la pena analizzare in relazione alle quattro aree idealtipiche prima descritte e considerando come unità di analisi i Sistemi Locali del Lavoro 2011 (SLL) elaborati da ISTAT1.

2.4.1 Guardando alle specializzazioni produttive

Le aree dell’industrializzazione leggera si distribuiscono lungo le principali vie di comunicazione della Valle dell’Arno e possono essere in maggioranza ricondotte alla manifattura del Made in Italy. Oltre al tipo di prodotto che rientra nella categoria “beni di consumo” orientati all’esportazione, queste imprese sono accomunate dalla prevalenza di piccole dimensioni, dall’appartenenza a una stessa filiera2, dall’essere localizzate in specifici territori. Esse si configurano, in casi particolari, come veri e propri sistemi distrettuali, caratterizzati da legami di subfornitura, da rapporti interimpresa consolidati, sia di tipo formale che informale, dal senso di appartenenza a una stessa comunità.

Dal punto di vista storico, la loro affermazione affonda le radici negli anni successivi al boom economico, con un exploit negli anni settanta e ottanta, per lo più con modalità spontanee, trainate dalla domanda estera, alla cui affermazione anche le istituzioni locali e le associazioni di categoria e dei lavoratori hanno contribuito significativamente. Sono noti i distretti di Prato (tessile e maglieria e confezioni), di Santa Croce sull’Arno (lavorazione del cuoio e della pelle), di Arezzo (gioielleria). In altri casi, anche se non si può precisamente parlare di distretti, ci troviamo ugualmente in presenza di sistemi di imprese organizzati intorno a una produzione definita e altamente specializzati, dove l’insediamento è ben visibile dal punto di vista geografico, gran parte della popolazione locale vi trova occupazione diretta o indiretta, attirando anche persone da fuori: le cartiere di Capannori, la florovivaistica di Pistoia e Pescia, il marmo di Carrara, la nautica di Viareggio (Fig. 3).

In Toscana troviamo poi alcune grandi imprese che contribuiscono in modo non marginale alla creazione di lavoro e ricchezza nella regione, direttamente e indirettamente attraverso l’attivazione di un proprio indotto. Secondo ASIA 20153 le unità locali con più di 249 addetti sono 160, di cui 54 classificate come manifatturiere. Il loro peso sul totale regionale in termini di addetti è quasi del 7% che sale al 10% considerando solo la manifattura4. I settori di appartenenza delle grandi imprese, che hanno in alcuni casi il profilo di multinazionali, sono in parte diversi da quelli tipici dell’industrializzazione leggera: fatta eccezione per le grandi firme della moda (come per esempio Ferragamo, Prada, Gucci) troviamo la farmaceutica (come per Eli Lilly, GSK Vaccines), la chimica (per esempio la Solvay), la fabbricazione di macchinari o apparecchiature (per esempio Perini o Nuovo Pignone), la fabbricazione di mezzi di trasporto (per esempio Piaggio o Trigano).

 

1 I sistemi locali del lavoro (SLL) sono una griglia territoriale i cui confini, indipendentemente dall’articolazione amministrativa del territorio, sono definiti utilizzando i flussi degli spostamenti giornalieri casa/lavoro (pendolarismo) rilevati in occasione dei Censimenti generali della popolazione e delle abitazioni, cosicché ogni sistema locale rappresenta il luogo in cui la popolazione esercita la maggior parte delle relazioni sociali ed economiche (https://www.istat.it/it/informazioni-territoriali-e- cartografiche/sistemi-locali-del-lavoro).

2 Per filiera si intende l’intero processo di produzione e vendita di un bene o servizio, dal reperimento della materia prima alla commercializzazione. È un concetto alternativo a quello di settore basato sulle caratteristiche del prodotto, che permette di cogliere i legami e le relazioni tra imprese che, pur appartenendo a una classificazione settoriale diversa, concorrono in via reale o teorica, alla produzione e gestione dello stesso bene o servizio.

3 Il Registro statistico delle Unità Locali di ISTAT.

4 Questo è un conteggio minimo del loro impatto in termini di addetti, perché non tiene conto della capacità di attivazione di lavoro indiretta, né di altre unità locali di più piccole dimensioni al di fuori dei SLL.

(12)

Figura 3 LE SPE

Fonte: e

La aree d subito territo Co dell’e oggi iperm

In dimin delle pubb ammi delle centra ammo perce

 

5 http://

3

ECIALIZZAZIONI D

elaborazioni IRPET

a loro localiz dell’industria o profonde c orio.

ome accenn economia ha

è molto più mercati, socie n Italia anche nuito la prop assunzioni.

lica sono di inistrazioni

figure “non ali (escluse ontava nel 2 entuale media

/dati.statistiche-pa

EL SISTEMA PRO

T su dati ISTAT

zzazione è va alizzazione l crisi di ristru nato, rispet a mutato le c

facile trovar età di servizi e il settore pu pria capacità

Dal 1990 a iminuite di è significativ

dipendenti”, scuola e 2011 al 19, a era rispetti

a.it/Index.aspx

ODUTTIVO TOSCA

aria: alcune leggera, altre utturazione n tto a qualc

caratteristich re imprese c , banche.

ubblico, che di assorbime al 2013, infa

quasi mezz vamente cre , con contratt

sanità) l’inc 6% e dei “n vamente del

ANO PER SLL

imprese si tr e ancora lung negli ultimi che decenni he del sistem con un nume

rimane un b ento, a causa atti, le unità zo milione ( esciuto il pe ti flessibili. S cidenza med non dipende

9% e del 12

rovano nei si go la costa, anni, ridime io fa, il p ma produttivo ero elevato d bacino impor a dei tagli al di lavoro o (Graf. 4). In so dei dipen Secondo i da dia di dipe enti” al 12%

2,1%.

istemi locali anche se que ensionando i

processo di o, non solo di addetti pro

rtante di occu lla spesa pub occupate nel noltre, anche ndenti a tem ati Istat5, nell ndenti a te

%, mentre ne

urbani, altre este ultime, h il loro impat i terziarizza regionale, p oprio nel terz

upazione, ha bblica e del b ll’amministra e nelle pubb mpo determin

le amministra empo determ egli enti loc

e nelle hanno tto sul azione

er cui ziario:

a assai blocco azione bliche nato e

azioni minato cali la

(13)

Grafico 4

UNITÀ DI LAVORO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE (MEDIA ANNUA IN MIGLIAIA). ITALIA. 1990-2013

Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT

Dal punto di vista territoriale i servizi si concentrano ovviamente nelle aree urbane, che hanno aumentato la propria capacità di attrazione per motivi di studio e di lavoro, rispetto ai territori limitrofi e non solo. In Toscana i principali centri urbani sono rappresentati dai SLL di Firenze, Pisa e Siena. In essi non solo si concentrano imprese terziarie, università e centri di ricerca, funzioni politiche e istituzionali, ma anche unità locali di importanti imprese manifatturiere: 16 su le 54 aziende prima menzionate hanno sede in una delle tre città capoluogo, che diventano 91, quindi poco più della metà, se aggiungiamo anche le unità locali appartenenti ai settori dei servizi. La natura di queste aree urbane non è quindi soltanto terziaria, ma esse mantengono un importante cuore manifatturiero che trae vantaggio proprio dall’eterogeneità delle funzioni qui presenti, nonché dalla proiezione internazionale della loro immagine.

2.4.2 Guardando alle specializzazioni dei territori

Un punto di forza della regione in termini di produzione di ricchezza e occupazione, e una direttrice di sviluppo delle aree idealtipiche prima discusse, è individuabile allorché si allarghi il campo visivo, superando il singolo SLL e analizzando le contiguità e le connessioni tra sistemi locali. In questo senso, le principali aree a industrializzazione leggera e i centri urbani di Firenze e di Pisa, a uno sguardo d’insieme, sono andati saldandosi e intensificando le loro relazioni. La Valle dell’Arno, intesa come area vasta attraversata dalle principali autostrade e superstrade della regione, concentra in sé le attività manifatturiere che fanno riferimento alle differenti vocazioni produttive localmente concentrate appena descritte; ma qui si trovano anche i principali centri urbani, con forte potere d’attrazione rispetto all’esterno, per le attività produttive e per i consumi. É quindi la Toscana centrale a trainare lo sviluppo regionale in termini di produzione di ricchezza e di addetti, nonché di apertura internazionale. Rispetto al 2008, è infatti cresciuto il peso di questa macroarea sia in termini di export (dal 71% al 75%) che di addetti (dal 63% al 65%) (Tab. 5).

3.300 3.400 3.500 3.600 3.700 3.800 3.900

1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

(14)

Tabella 5

CONTRIBUTO DELLE DIVERSE AGGLOMERAZIONI TERRITORIALI REGIONALI ALLA CRESCITA ECONOMICA Export (2008, 2013) e Addetti (2008, 2015)

Export Addetti

2008 2013 2008 2015

Valle dell’Arno 70,8% 74,9% 62,7% 64,5%

Sistema moda 52,9% 59,9% 44,3% 46,3%

Distretti ISTAT 40,8% 42,8% 37,1% 37,1%

Grandi aree urbane 31,2% 30,4% 30,3% 31,7%

Costa 18,3% 14,3% 23,9% 22,7%

Aree rurali 8,4% 8,6% 13,3% 12,6%

Toscana del Sud 1,9% 2,3% 7,7% 7,3%

Nota: Le aree sono definite come sommatoria geografica dei SLL e non sono mutualmente esclusive, nel senso che un SLL può appartenere a più di un’area. La “Valle dell’Arno” è composta dai SLL di LUCCA, VIAREGGIO, PISTOIA, EMPOLI, FIRENZE, PISA, PONTEDERA, SAN MINIATO, AREZZO, MONTEVARCHI, PRATO (11 SLL); il “Sistema moda” è composto dai SLL di EMPOLI, FIRENZE, SAN MINIATO, AREZZO, MONTEVARCHI, PRATO (6 SLL); i “Distretti”, così come classificati da ISTAT sono i SLL di LUCCA, MONTECATINI-TERME, PISTOIA, BORGO SAN LORENZO, CASTELFIORENTINO, EMPOLI, FIRENZUOLA, SAN MINIATO, AREZZO, BIBBIENA, SANSEPOLCRO, PIANCASTAGNAIO, POGGIBONSI, SINALUNGA, PRATO (15 SLL); le “grandi aree urbane” sono composte dai SLL di FIRENZE, PISA, SIENA (3 SLL); la “Costa” è composta dai SLL di CARRARA, MASSA, PIETRASANTA, VIAREGGIO, CASTAGNETO CARDUCCI, CECINA, LIVORNO, PIOMBINO, ROSIGNANO MARITTIMO, PISA, GROSSETO, MANCIANO, MONTE ARGENTARIO, ORBETELLO (14 SLL); le “Aree rurali” sono composte dai SLL di BARGA, CASTELNUOVO DI GARFAGNANA, SAN MARCELLO PISTOIESE, FIRENZUOLA, BIBBIENA, CORTONA, SANSEPOLCRO, MONTALCINO, MONTEPULCIANO, PIANCASTAGNAIO, POGGIBONSI, SINALUNGA, CASTEL DEL PIANO, FOLLONICA, GROSSETO, MANCIANO, MONTE ARGENTARIO, ORBETELLO, PITIGLIANO (11 SLL); la “Toscana del Sud” è composta dai SLL di CORTONA, CHIUSI, MONTEPULCIANO, PIANCASTAGNAIO, SINALUNGA, CASTEL DEL PIANO, FOLLONICA, GROSSETO, MANCIANO, MONTE ARGENTARIO, ORBETELLO, PITIGLIANO (12 SLL).

Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT, Conti territoriali e Asia

Questo aspetto è confermato dai dati sul pendolarismo per motivi di studio e di lavoro: più del 60% delle persone che ogni giorno si sposta in Toscana lo fa all’interno della Valle dell’Arno o dai SLL toscani ad essa esterni verso questa zona (Tab. 6).

Tabella 6

PENDOLARISMO PER MOTIVI DI STUDIO E DI LAVORO RISPETTO ALLA VALLE DELL'ARNO

Stima Valori %

Movimenti esterni 644.171 35,6

Entrate 67.584 3,7

Uscite 32.007 1,8

Movimenti interni 1.067.740 58,9

TOTALE 1.811.502 100,0

Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT, Matrice pendolarismo 2011

In contrapposizione alla densità della Valle dell’Arno, troviamo il sud della Toscana, che nella nostra classificazione6 è composto da 12 SLL – uno in più rispetto alla Valle dell’Arno –, in parte coincidenti con le aree rurali. Considerata come un’unica macroarea, la Toscana del sud appare geograficamente tanto vasta quanto marginale dal punto di vista della capacità di esportazione e della percentuale di addetti. Qui la vocazione produttiva è principalmente agricola, per questo non conteggiata dai dati del censimento dell’Industria e dei servizi7. Secondo alcune stime IRPET, circa il 30% degli occupati in agricoltura si trova nei sistemi locali della Toscana meridionale; a esso si accompagna un 14% di addetti nell’industria alimentare. Un’altra componente delle attività economiche locali è rappresentata dal turismo. La struttura occupazionale della Toscana del Sud appare quindi significativamente diversa da quella della Valle dell’Arno, anche per l’esiguità dei movimenti interni ai SLL meridionali (7,9% del totale) e delle uscite verso l’esterno (0,7%) (Tab. 7).

 

6 Si veda la nota in figura 3.

7 Dal conteggio degli addetti da Censimento dell’industria e dei servizi infatti, così come da Asia sono esclusi i lavoratori agricoli.

(15)

Tabella 7

PENDOLARISMO PER MOTIVI DI STUDIO E DI LAVORO RISPETTO ALLA TOSCANA DEL SUD

Stima Valori %

Movimenti esterni 1.651.351 91,2

Entrate 4.505 0,2

Uscite 12.721 0,7

Movimenti interni 142.925 7,9

TOTALE 1.811.502 100

Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT, Matrice pendolarismo 2011

Le aree rurali non si esauriscono però con la Toscana del Sud, ma si collocano anche in altre parti della regione, come illustrato dalla figura 3.

La costa appare più in difficoltà dal punto di vista produttivo a causa della crisi delle grandi imprese nei settori di base e di aziende orientate prevalentemente al mercato interno, dove si registrano recessione e calo dei consumi, sebbene negli anni sia cresciuto il peso della componente turistica.

Dal punto di vista produttivo, la Toscana appare quindi una regione plurispecializzata, punteggiata di agglomerazioni di imprese con specifiche vocazioni produttive localizzate. Negli anni il fulcro delle attività economiche, rappresentato dall’industrializzazione leggera e dai centri urbani della Valle dell’Arno si è saldato, andando a costituire il motore della crescita. La Toscana del Sud mantiene una propria specificità riscontrabile nella vocazione agricola e turistica, mentre la costa ha forse subito in questi decenni l’impatto più forte, perdendo alcune importanti grandi imprese, elemento che ha accentuato il peso della componente turistica e di terziario tradizionale.

Box 1

Dove sono localizzate le imprese strategiche della Toscana?

Qui di seguito sono geograficamente referenziate le imprese agricole e manifatturiere (nel complesso e quelle più dinamiche) toscane appartenenti ai principali settori strategici del nostro sistema produttivo.

MODA: CONCERIA E CUOIFICI MODA: PELLETTERIA

(16)

MODA: TESSILE MODA: MAGLIERIA E CONFEZIONI

MODA: ORIFICERIA NAUTICA

CARTA MECCANICA

(17)

ICT LOGISTICA

MARMO CHIMICA FARMACEUTICA

AGRIBUSINESS

(18)
(19)

3.

I LAUREATI IN TOSCANA

3.1

Una fotografia d’insieme

Una volta tracciato a grandi linee il profilo economico della Toscana, concentriamoci sui laureati residenti in regione – in particolare su quelli appartenenti alle fasce di età più giovani –, al fine di tracciarne un profilo relativo a: le figure professionali più richieste, i settori economici di riferimento, le differenze dovute al tipo di laurea e al genere. Un’interpretazione della loro situazione lavorativa estrapolabile dai dati disponibili ci servirà come spunto per evidenziare le eventuali direzioni verso le quali si è mosso il nostro mercato del lavoro negli anni più recenti.

La Toscana, riflettendo una condizione comune al resto del Paese, parte da un posizione arretrata rispetto alla media europea, per quanto riguarda il peso dei laureati sia tra le nuove generazioni che nel totale della popolazione. La situazione è migliorata negli ultimi anni, ma non in misura tale da colmare i divari con il resto d’Europa (Graf. 8).

Grafico 8

QUOTA DI LAUREATI 25-64 ANNI E 30-34 ANNI IN TOSCANA E IN EUROPA. 2013-2017

Fonte: elaborazioni IRPET su dati EUROSTAT

Nel mercato del lavoro italiano, inoltre, si rileva un minore impiego di laureati rispetto alle altre economie avanzate: mediamente in Europa gli occupati con titolo di studio terziario sono il 34% del totale, mentre in Italia si fermano al 22%; la situazione migliora nelle professioni ad alta qualifica8, dove la percentuale di laureati cresce, rimanendo però al di sotto del 50%.

 

8 Secondo la classificazione ISCO, le professioni ad alta qualifica sono quelle collocate nei gruppi 1,2 e 3: dirigenti, professionisti e tecnici.

17

23,1

27,9

35,9

17,4

24,8 28,5

36,3

19,3

29,8 29,2

37,0

20,3

29,2 29,7

37,3

20,7

28,3 30,5

38,2

25-64 anni 30-34 anni 25-64 anni 30-34 anni

Toscana Euro area (17 countries)

2013 2014 2015 2016 2017

(20)

Grafico 9

INCIDENZA DEI LAUREATI NEL MERCATO DEL LAVORO. 2017

Fonte: elaborazioni IRPET su dati EUROSTAT

Un dato allarmante riguarda inoltre la quota delle immatricolazioni dei giovani all’Università che, già di per sé bassa in confronto alla media europea, ha visto una diminuzione nel periodo 2008-2012, toccando il minimo proprio nel 2012 (45%) per poi tornare a salire. La crisi economica, le maggiori difficoltà delle famiglie, ma anche, probabilmente la convinzione che la laurea non costituisca più un investimento nel proprio futuro professionale, possono spiegare questo calo. La percezione diffusa che un elevato titolo di studio non rappresenti più una garanzia di mobilità sociale ascendente è in parte giustificata dai dati sul suo rendimento in termini salariali: sebbene un laureato italiano guadagni in media più di un diplomato (+21%), il vantaggio risulta molto minore rispetto ad altri Paesi europei, come la Gran Bretagna (+50%), la Francia (+46%), la Germania (+40%), la Spagna (+31%).

Grafico 10

POPOLAZIONE 18-20 ANNI, IMMATRICOLATI E TASSI DI IMMATRICOLAZIONE Indice 2005=100

Fonte: elaborazioni IRPET su dati Istat e MIUR-Cineca

Naturalmente questi dati medi non tengono conto del tipo di laurea conseguita, del lavoro e del salario percepito, del bagaglio di competenze, conoscenze e relazioni che un titolo di studio terziario può comportare. L’elevata istruzione rimane infatti uno strumento fondamentale per aumentare le opportunità e le aspettative personali. Numerose ricerche mostrano che questo vale ancora di più per le donne nel mondo del lavoro e non solo per l’ottenimento delle competenze richieste dal mercato. In primo luogo, una laurea dà la possibilità di conciliare meglio i tempi di

34%

64%

22%

49%

23%

52%

Laureati su occupati Laureati su occupati in professioni qualificate Eu Italia Toscana

75 80 85 90 95 100 105 110

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Immatricolati (residenti in Toscana) Popolazione 18-20 Tasso di immatricolazione

(21)

vita e di lavoro, poiché fornisce, tra l’altro, le credenziali di accesso al settore pubblico, il quale rimane, nonostante i blocchi generalizzati delle assunzioni, quello in cui le politiche per le pari opportunità sono più diffuse. In secondo luogo, legittima la partecipazione al mercato del lavoro in contesti in cui le norme tradizionali impongono ruoli femminili devoti alla famiglia, rendendola un’opzione possibile e desiderata, in grado inoltre di conferire autonomia finanziaria alla donna. Anche in Toscana le donne con maggiori difficoltà nel mercato del lavoro sono quelle con i livelli di istruzione più bassi.

Data tale premessa generale, che posiziona il caso toscano nel panorama europeo, è opportuno analizzare meglio i dati regionali, facendo riferimento all’indagine ISTAT sulle forze di lavoro9, per cogliere le caratteristiche attuali dei laureati.

3.2

Laurearsi conviene?

La percentuale di residenti toscani laureati sul totale della popolazione è passata dall’9% del 2004-2005 al 15% del 2015-2017. Tale percentuale cresce se si isolano gli occupati (dal 14% al 22%) e cresce ancora di più se ci concentriamo sugli occupati nella classe d’età 25-44 anni (dal 15% al 27%). Si noti inoltre che tra le laureate occupate nella stessa fascia d’età tale percentuale sale al 34%.

Se confrontiamo i tassi di disoccupazione dei laureati con quelli di chi possiede un titolo di studio inferiore, si conferma l’affermazione che i primi risultino relativamente più avvantaggiati nel mercato del lavoro, in particolare negli anni a noi più vicini. In generale, i laureati sia uomini che donne mostrano tassi di disoccupazione più bassi, fatta eccezione per i più giovani.

La crisi però sembra aver mutato queste condizioni, avvantaggiando i titoli di studio più elevati, in particolare per le donne. Al netto delle maggiori difficoltà dei giovani nel mercato del lavoro, i tassi di disoccupazione crescono molto di più, negli anni a noi vicini, per chi ha un titolo di studio basso e, in seconda battuta, per i diplomati. In questo stesso lasso temporale, il tasso di disoccupazione delle giovani laureate tra i 25 e i 34 anni addirittura diminuisce.

 

9 Si utilizzerà in questo caso la rilevazione campionaria dell’ISTAT sulle forze di lavoro, che rappresenta la principale fonte di informazione statistica sul mercato del lavoro italiano.

(22)

Grafico 11

TASSI DI DISOCCUPAZIONE PER TITOLO DI STUDIO E GENERE IN TOSCANA. MEDIE 2004-2006 E 2015-2017

Fonte: elaborazioni IRPET su dati FCFL ISTAT

3.3

Cosa fanno i laureati?

In quali settori lavorano i laureati con meno di 45 anni rispetto ai non laureati appartenenti alla stessa fascia di età? La loro presenza si concentra nella sanità (16,8%) e nell’istruzione (13,3%), considerati i percorsi obbligati che tali attività prevedono. Seguono i settori legati alle libere professioni e ai servizi alle imprese (13%) ma anche al terziario a media ed elevata tecnologia (8,9%), a pari merito con il commercio (8%). Differente la composizione settoriale degli occupati sotto i 45 anni ma non laureati: qui è il commercio a prevalere nettamente (18%), seguito da alberghi e ristoranti. Il peso percentuale nell’industria in senso stretto (Made in Italy, industria a medio-alta tecnologia e altra industria) rimane più alto tra i non laureati sotto i 45 anni (24,2%), ma i laureati della stessa classe di età sono comunque il 13,4%.

3,9 2,1 2,5 4,1

1,4 2,3

10,5

1,7 1,4

14,0

10,2 8,0 9,6

5,4 5,7

10,5

3,3 3,3

0%

4%

8%

12%

16%

20%

25-34 35-44 45-54 25-34 35-44 45-54 25-34 35-44 45-54

INFERIORE DIPLOMA LAUREA

Uomini

2004-2006 2015-2017

10,1 10,0

6,4 5,9 5,8

3,3

11,5

3,4 2,4

19,4 17,0

10,4

14,0

7,3 7,4

10,6

5,2 4,3

0%

4%

8%

12%

16%

20%

25-34 35-44 45-54 25-34 35-44 45-54 25-34 35-44 45-54

INFERIORE DIPLOMA LAUREA

Donne

(23)

Grafico 12

DISTRIBUZIONE % NEI SETTORI ECONOMICI DEGLI OCCUPATI LAUREATI E NON CON MENO DI 45 ANNI. MEDIA 2015-2017

Fonte: elaborazioni IRPET su dati FCFL ISTAT

3.4

Per quali lauree è più bassa la disoccupazione?

Altre rilevanti differenze emergono guardando al tipo di laurea conseguito (Graf. 13). Tra i laureati disoccupati con meno di 45 anni di genere maschile prevalgono gli scienziati sociali, mentre tra le donne la percentuale più alta si ritrova tra le architette, seguite subito dopo dalle specializzate in agricoltura. Senza differenze di genere la classe di studi con la percentuale più bassa di laureati disoccupati è quella che raggruppa Ingegneria, ICT, matematica e statistica, che non raggiunge il 3%.

Grafico 13

TASSI DI DISOCCUPAZIONE PER GENERE E CAMPI DI LAUREA. ETÀ SOTTO I 45 ANNI. MEDIA 2015-2017

Nota: i campi di laurea sono una elaborazione IRPET a partire dall’International Standard Classification of Education (ISCED), classificazione internazionale standard dell'istruzione dall'UNESCO come sistema internazionale di classificazione dei corsi di studio e dei relativi titoli.

Fonte: elaborazioni IRPET su dati FCFL ISTAT

17%

13%

13%

9%

9%

7%

7%

5%

5%

4%

3%

3%

2%

2%

1%

0%

Sanità ed altri servizi sociali Istruzione Att. Immob., serv. alle … Servizi a medio-alta tecnologia

Commercio Industria a medio-alta … Altri servizi collettivi e personali

Attività finanziarie e … Amm. pubblica e difesa … Alberghi e ristoranti

Made in Italy Altra industria Trasporto e magazzinaggio Agricoltura, silvicoltura e pesca Costruzioni Servizi di informazione e …

Laureati meno di 45 anni

18%

11%

10%

9%

9%

8%

8%

7%

4%

4%

3%

3%

2%

2%

2%

0%

Commercio Alberghi e ristoranti Altri servizi collettivi e …

Costruzioni Industria a medio-alta …

Made in Italy Att. Immob., serv. alle …

Altra industria Trasporto e magazzinaggio Agricoltura, silvicoltura e … Sanità ed altri servizi sociali

Amm. pubblica e difesa … Servizi a medio-alta … Attività finanziarie e … Istruzione Servizi di informazione e …

NON Laureati meno di 45 anni

2,5%

2,8%

6,1%

6,1%

6,2%

6,3%

6,3%

6,4%

8,7%

9,0%

13,9%

Ingegneria, ICT, Mate…

Istruzione Salute e Benessere Legge Economia Architettura Studi umanistici e Arte tasso di … Agricoltura Scienze naturali Scienze sociali

Uomini

2,4%

5,4%

6,8%

7,5%

7,7%

8,9%

9,1%

9,1%

9,5%

10,6%

10,9%

Ingegneria, ICT, Matematica e … Salute e Benessere

Economia Istruzione tasso di disoccupazione laureate Scienze naturali Studi umanistici e Arte Scienze sociali Legge Agricoltura Architettura

Donne

(24)

3.5

Quali lauree scelgono i toscani?

Queste informazioni vanno collegate alla distribuzione dei laureati residenti in Toscana nei diversi campi di studio, per genere e per età (Tab. 14). Infatti, la maggioranza delle laureate toscane con meno di 45 anni si suddivide tra Studi umanistici e Arte (23%), Economia (16%) e Salute e Benessere (16%), mentre gli uomini condividono con l’altro genere l’interesse negli studi economici (20%), ma sono molto più numerosi in Ingegneria, ICT, Matematica e Statistica (23%) e in generale si distribuiscono più omogeneamente tra i vari settori.

Tabella 14

DISTRIBUZIONE DEI LAUREATI TOSCANI, NEI DIVERSI CAMPI DI STUDIO PER GENERE E CLASSI D’ETÀ Valori assoluti e %. Media 2015-2017

Donne sotto i 45 anni Uomini sotto i 45 anni 25-34 anni 35-44 anni

V.A. Comp. % V.A. Comp. % % uomini

occupati % donne

occupate % uomini

occupati % donne occupate

Istruzione 9.823 6,9 2.211 2,2 83,7 75,8 84,5 92,6

Studi umanistici e Arte 33.177 23,2 9.520 9,4 63,4 63,7 89,0 86,5

Scienze sociali 15.197 10,6 9.046 8,9 65,5 76,8 90,1 81,3

Economia 23.407 16,3 20.155 19,9 76,1 78,4 96,6 87,6

Legge 10.826 7,6 7.811 7,7 69,7 61,9 96,6 86,3

Architettura 5.464 3,8 5.026 5,0 71,8 71,5 95,2 82,5

Ingegneria, ICT, Matematica e Statistica 8.559 6,0 23.328 23,0 65,7 71,1 97,2 94,5

Agricoltura 3.163 2,2 2.833 2,8 73,7 41,7 93,3 90,6

Salute e Benessere 22.802 15,9 9.278 9,2 72,5 78,4 92,7 92,8

Scienze naturali 10.767 7,5 11.998 11,9 51,8 67,0 86,9 86,9

TOTALE LAUREATI 143.185 100 101.208 100 67,0 71,7 94,0 88,0

TOTALE NON LAUREATI 521.085 474.355 77,6 60,0 87,7 67,4

Nota: i campi di laurea sono una elaborazione IRPET a partire dall’International Standard Classification of Education (ISCED), classificazione internazionale standard dell'istruzione dall'UNESCO come sistema internazionale di classificazione dei corsi di studio e dei relativi titoli.

Fonte: elaborazioni IRPET su dati FCFL ISTAT

In effetti, negli ultimi anni è crescente l’enfasi sul ruolo delle materie scientifiche (STEM)10 e sulla rilevazione delle competenze di studenti e occupati in queste discipline, come volano per aumentare la produttività dei lavoratori, incrementando la competitività in campo scientifico e tecnologico. Tali sviluppi sono coerenti con l’idea di una società della conoscenza e soprattutto con i processi di digitalizzazione tipici della quarta rivoluzione industriale. Come descritto più avanti, anche in Toscana la richiesta di figure legate a tali competenze sembra in aumento, anche se il sistema produttivo italiano e regionale mostra ancora un ritardo da questo punto di vista, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta.

Distinguendo tra le diverse fasce di età, i laureati sotto i 24 anni (non riportati in dettaglio nella tabella) in grande maggioranza tendono a proseguire gli studi. Tra i diversi campi prescelti, quello che in questa fascia d’età ha la maggiore percentuale di occupati è relativo a Salute e Benessere, una specializzazione che sembrerebbe favorire un’entrata più precoce nel mercato del lavoro.

Per quanto riguarda le fasce di età centrali (sempre sotto i 45 anni), i laureati mostrano in generale percentuali di occupati nettamente superiori a quelle dei non laureati senza particolari differenze di genere, che risultano in ogni caso più sfumate anche distinguendo tra titoli di studio. Si noti inoltre che, in alcuni settori come Studi umanistici e Arte, Ingegneria, ICT, Matematica e Statistica e Scienze naturali, i 25-34enni si dichiarano ancora studenti in percentuali relativamente superiori, mentre i non laureati finiscono nelle file dei disoccupati e  

10 STEM è l’acronimo che indica le discipline relative a scienze (Science), tecnologia (Technologies), ingegneria (Engineering) e matematica (Mathematics).

(25)

degli inattivi. Per la fascia d’età 35-44, infine, gli occupati si attestano intorno a percentuali del 90% ben più elevate rispetto ai coetanei non laureati, in particolare nel caso delle donne (88%

vs 67%).

Vediamo, infine, in quale provincia risiede il maggior numero di occupati laureati (Tab. 15).

Sopra il valore regionale troviamo le province di Firenze, Siena e Pisa, con il capoluogo di regione che raggiunge quasi quota 30%. In coda ci sono le province di Grosseto e quella di Prato.

Tabella 15

DISTRIBUZIONE DEGLI OCCUPATI RESIDENTI, LAUREATI E NON, PER PROVINCIA. 2017 Valori assoluti e quota %

Occupati non laureati Occupati laureati Peso dei laureati occupati

Firenze 320.334 126.672 28,3%

Siena 88.054 27.701 23,9%

Pisa 142.304 43.698 23,5%

Livorno 104.144 30.895 22,9%

Pistoia 93.233 23.238 20,0%

Lucca 123.667 29.559 19,3%

Massa Carrara 58.622 13.444 18,7%

Arezzo 121.473 26.315 17,8%

Prato 90.242 19.217 17,6%

Grosseto 76.782 16.185 17,4%

TOSCANA 1.218.856 356.923 22,7%

Fonte: elaborazioni IRPET su dati FCFL ISTAT

(26)
(27)

4.

LA DOMANDA DI LAUREATI DA PARTE DELLE IMPRESE TOSCANE

Dopo aver delineato la fotografia dei laureati toscani e delle loro professioni, è possibile cambiare punto di vista e analizzare la domanda di laureati delle imprese con sede in regione, utilizzando le Comunicazioni obbligatorie che ogni datore che avvia, trasforma o cessa un contratto di lavoro è obbligato a inviare, mediante il sistema telematico della rete dei servizi per il lavoro11. Sono disponibili i dati completi a partire dal 2009, che risultano particolarmente utili al nostro fine, perché ci permettono di osservare l’andamento degli individui nel mercato del lavoro toscano distinguendo per titolo di studio.

4.1

Quante imprese e istituzioni assumono laureati?

I due principali datori di lavoro sono le e le istituzioni pubbliche. Di queste non tutte avviano almeno un laureato, anzi la percentuale varia molto tra istituzioni e imprese. Le istituzioni infatti, anche per la loro natura prevalentemente pubblica e per il tipo di servizi erogati (soprattutto salute e sanità), hanno stipulato almeno un contratto con un laureato circa nel 65%

dei casi. Delle imprese private invece solo l’11% assume figure con titolo di studio terziario.

Tabella 16

IMPRESE E ISTITUZIONI CHE HANNO ASSUNTO ALMENO UN LAUREATO PER ANNO. 2009-2017 Valori %

Imprese Istituzioni

2009 11,9 65,8

2010 11,5 67,4

2011 11,6 67,7

2012 11,3 63,3

2013 11,2 62,3

2014 11,1 64,1

2015 11,7 64,1

2016 10,8 65,5

2017 10,7 64,7

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL Regione Toscana

La quantità in termini assoluti per anno delle imprese che avviano almeno un laureato mostra il diverso peso di imprese e istituzioni e l’andamento decrescente, graduale ma costante, dal 2009 al 2014, la crescita del 2015, corrispondente alla possibilità per le sole imprese di usufruire delle detrazioni fiscali per l’assunzione con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, il nuovo calo nel 2016, in parte fisiologico dopo i contratti dell’anno precedente e ovviamente

 

11 Le Comunicazioni Obbligatorie (CO) sono le informazioni in merito a tutti i movimenti dei rapporti di lavoro (assunzioni - trasformazioni - proroghe - cessazioni) che imprese e istituzioni sono obbligate a trasmettere telematicamente alla Direzione Regionale del Lavoro. Esse (rapporti di lavoro dipendente, rapporti di lavoro parasubordinato, esperienze di lavoro) forniscono preziose informazioni sui contratti stipulati, gli orari e i datori di lavoro (impresa, istituzioni, famiglie), nonché su alcune caratteristiche del lavoratore, come l’età, il genere, la nazionalità e il titolo di studio. I numeri relativi agli eventi di assunzione e di cessazione consentono di calcolare i relativi saldi, e di disegnare l’andamento dei flussi di lavoro. Al tempo stesso, essendo le Comunicazioni Obbligatorie una fonte amministrativa e non statistica, i dati grezzi debbono essere trattati accuratamente. Non sono presenti le partite iva e nemmeno i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato che hanno stipulato un contratto prima del 2009 il quale non ha subito variazioni registrate negli anni per cui la banca dati è disponibile.

(28)

legato alla fine della decontribuzione e la ripresa del 2017, trainata principalmente dal turismo, ma anche da alcuni settori manifatturieri (Graf. 17).

Grafico 17

NUMERO DI IMPRESE E ISTITUZIONI CHE HANNO EFFETTUATO ALMENO UN AVVIAMENTO DI UN INDIVIDUO CON LAUREA, PER ANNO. 2009-2017

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL Regione Toscana

4.2

Quanti laureati assumono le imprese e le istituzioni?

Le imprese assorbono circa l’86% degli avviamenti totali e il 90% dei lavoratori, ma di questi solo il 7% è laureato, a fronte del 55% di quelli occupati nelle istituzioni (principalmente sanità e istruzione).

Tabella 18

QUOTA DI AVVIAMENTI UN E PERSONE AVVIATE CON LAUREA

Imprese Istituzioni

Avviamenti Persone Avviamenti Persone

2009 7,0% 7,2% 41,3% 51,4%

2010 6,8% 7,0% 42,8% 52,3%

2011 7,0% 7,0% 41,5% 53,6%

2012 6,5% 6,7% 41,2% 57,1%

2013 6,0% 6,4% 40,4% 56,9%

2014 5,7% 6,3% 42,2% 57,3%

2015 5,9% 6,5% 42,5% 56,8%

2016 5,4% 6,1% 49,1% 57,1%

2017 5,1% 5,7% 46,6% 54,6%

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL Regione Toscana

Il comparto pubblico quindi, per propria struttura e vocazione, è la principale fonte di assorbimento di titoli terziari. A livello numerico, però, imprese e istituzioni mobilitano una mole di lavoratori dipendenti con titolo terziario media annua molto simile: 21.788 nelle prime, 20.851 nelle seconde.

Prendendo in considerazione gli avviamenti effettuati da imprese e istituzioni e il numero effettivo delle persone a cui essi fanno riferimento12, si nota un andamento simile per laureati e non laureati, che procede tendenzialmente nella stessa direzione: sono negativi rispetto all’anno

 

12 A uno stesso individuo può corrispondere più di un avviamento.

9.741 9.512 9.433 8.965 8.399 8.199 9.524

7.965 8.268

1.312 1.275 1.227

1.153 1.091 1.057

1.061

1.045 1.142

2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

Imprese Istituzioni

(29)

precedente nel periodo 2011-2013, ritornano positivi nel biennio successivo, per poi risultare di nuovo negativi e infine tornare a crescere nel 2017 (Graf. 19).

Grafico 19

VARIAZIONE TENDENZIALE ANNUA DEGLI AVVIAMENTI E DELLE PERSONE AVVIATE E PESO DEI CONTRATTI STABILI*. LAUREATI E NON LAUREATI. 2009-2017

* Nota: Persone con un avviamento a tempo indeterminato o con una trasformazione da determinato o apprendistato a indeterminato sul totale delle persone con almeno un avviamento nell'anno.

Fonte: elaborazioni IRPET su dati SIL Regione Toscana

4.3

Quali settori assumono i laureati e con quali contratti?

Guardando al tipo di contratto stipulato con il datore di lavoro, dai dati aggregati emerge un vantaggio per le figure non laureate, tra le quali il peso degli individui con almeno un contratto stabile (indeterminato o apprendistato) è sempre superiore rispetto ai laureati in tutti gli anni osservati. Pesa in questa valutazione il ruolo della manifattura, che tende ad assumere più diplomati e rimane il settore che predilige il contratto a tempo indeterminato. Viceversa, una concentrazione dei laureati nel terziario, sia esso pubblico o privato, ha corrisposto negli ultimi anni a una prevalenza di contratti non stabili.

Quello descritto è il risultato di un’analisi aggregata, che rende poco conto dei comportamenti differenziati presenti all’interno del mercato del lavoro. Il grafico 20 mette in relazione la presenza di laureati e la quota di quelli con almeno un contratto stabile distinguendo per settori a un livello di disaggregazione tale da permettere di tenere conto di queste differenze;

i quattro quadranti sono identificati in base ai due valori calcolati su base regionale.

Le differenze tra istituzioni pubbliche e imprese risultano alla luce del grafico 20 più sfumate: la pubblica amministrazione spicca per la prevalenza di laureati con contratti stabili, mentre l’istruzione si caratterizza per la forte temporaneità dei contratti. Tra i settori ad alto peso di figure terziarie assunte con contratti a tempo indeterminato troviamo nel manifatturiero soltanto l’industria farmaceutica e con valori al limite del valore regionale la meccanica. Per il resto sono i servizi avanzati di Ricerca e Sviluppo e ICT a mostrare il maggior grado di assorbimento di laureati con una percentuale di contratti stabili elevata. Il turismo, così come l’agricoltura, si pongono in posizione diametralmente opposta, mentre la prevalenza delle

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 0,85

0,90 0,95 1,00 1,05 1,10 1,15

Laureati Persone Non laureati Persone Laureati Avviamenti Non laureati Avviamenti

0%

10%

20%

30%

40%

2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

% Laureati con contratto stabile

% Non laureati con contratto stabile

Riferimenti

Documenti correlati

Tavola 3.20 - Laureati del 2001 che nel 2004 svolgono un lavoro continuativo iniziato dopo la laurea per necessità e valutazione della laurea rispetto al lavoro svolto, sesso ,

E’ necessario coraggio da parte delle aziende, le quali devono capire quanto sia realmente importante puntare sull’innovazione, la ricerca e la formazione. Puntare sulla qualità

Mirko Lami • CGIL Toscana Presentazione studio di:.. Nicola Sciclone • Direttore Irpet Contributo da territori

Daniela Mesini – Vice Direttrice Area Politiche e Servizi Sociali IRS Milano H 11.00 - Osservare con i territori: verso politiche integrate di inclusione. Coordina Alessandro Salvi

La scoperta della cultura come risorsa economica pone, però, alcune delicate questio- ni sul piano della sostenibilità del processo avviato di competizione tra aree e settori per

L’apprendistato si candida alla funzione di “ponte” tra scuola e lavoro, fornendo ai giovani una preziosa opportunità di formazione sul posto di lavoro e alle imprese

La percentua- le crolla drammaticamente se invece consideria- mo il complesso dei laureati, dato che a tre anni dalla laurea solo 18 laureati su 100 hanno trova- to un

[r]