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ORIENTAMENTO ATTUALE DELLA MEDICINA LEGALE PER CIÒ CHE CONCERNE I RAPPORTI TRA OCCLUSIONE E POSTURA Dr. Mario Turani*

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ORIENTAMENTO ATTUALE DELLA MEDICINA LEGALE PER CIÒ CHE CONCERNE I RAPPORTI TRA OCCLUSIONE E POSTURA

Dr. Mario Turani*

RIASSUNTO

Una delle problematiche più controverse e dibattute nell’attuale ambito odontoiatrico è sicuramente quella riguardante i rapporti fra occlusione e postura.

Se già poco univoche sono le varie correnti di pensiero riguardo l’approccio a tali rapporti dal punto di vista clinico e terapeutico, ancora più complesso ed inesplorato appare l’aspetto giuridico e

poichè la materia giuridica sta condizionando in maniera importante la nostra pratica quotidiana è fondamentale e doveroso cercare di portare chiarezza ed informazione sull’argomento.

Che la bocca debba essere considerata in maniera olistica relazionata ed interdipendente con il resto del corpo è ormai evidenza scientifica, oltre che esperienza clinica quotidiana.

Purtroppo la “scienza ufficiale”, seppur con qualche eccezione, appare poco attenta a questi richiami e latitante nel tracciare una linea coerente ed innovativa che, con tutto lo spazio per la ricerca, porti ad una codifica di ciò che ora appare empirico ed approssimativo.

Non avendo trovato particolare materiale su tale argomento, si è pensato di raccogliere ed interpretare le principali leggi di interesse odontoiatrico, cercando ogni volta di capire dove tali limiti imposti dal legislatore, vengano rispettati oppure disattesi.

O se addirittura tali limiti appaiano ormai superati.

Si è poi analizzato un esempio pratico, inizialmente nell’ottica di un trattamento classico e successivamente nell’ottica di un trattamento di tipo olistico.

Si auspica che le considerazioni espresse meritino una serena riflessione.

In un mondo caotico e contraddittorio come quello moderno, dove sempre meno sono le certezze e sempre più le insicurezze, l’odontoiatria non fa certo eccezione.

Potremmo anzi affermare con relativa tranquillità che, fra le varie specialità mediche, l’odontoiatria rappresenta attualmente il campo ove maggiormente si stia verificando un fenomeno di trasformazione senza eguali.

La visione olistica dell’apparato stomatognatico, associata ai numerosi insuccessi e complicanze delle nostre terapie ed all’atteggiamento critico e di insoddisfazione da parte dei pazienti, pone certamente l’obbligo ad una riflessione e ad una serena autocritica.

Le problematiche medico legali, oggi in campo odontoiatrico, rappresentano oggi forse l’esigenza più sentita ed allo stesso tempo misconosciuta.

Se la nostra complicata professione si presta, dal punto di vista scientifico-giuridico, a molteplici interpretazioni già in quanto di convenzionale viene considerato, il discorso si

*Medico Chirurgo Odontostomatologo, Bergamo

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complica in maniera inimmaginabile se si cerca di focalizzare ed inquadrare le problematiche correlate fra occlusione e postura.

La quasi totale assenza di posizioni “ufficiali” scientifiche, in contrasto con una enorme quantità di lavori clinici e di ricerca, pone la giurisprudenza nell’impossibilità concreta di esprimere un giudizio obiettivo.

Oltre che creare situazioni di disorientamento negli operatori del settore.

In realtà vedremo come la giurisprudenza di per se sia già chiara e completa.

In grado anzi di prevedere e comprendere le possibili nuove linee di condotta, sia cliniche che terapeutiche, molto prima della scienza ufficiale stessa.

Affermare che la scienza odontoiatrica sia materia alquanto complessa e difficile significa esprimere una banalità.

Aggiungere che tale scienza sia suddivisa, ormai in pratica, in molte sotto-specialità ognuna con un suo campo d’azione vastissimo, può essere già di più difficile evidenza.

L’interesse di chi scrive riguarda invece ciò che sta sfuggendo alla grande percentuale degli operatori odontoiatrici e cioè i “venti freddi” che in lontananza cominciano ad aleggiare e prendere forma.

E per venti freddi intendo la spada di Damocle della Legge che, a torto o a ragione, viene ad interessare ogni nostra azione professionale quotidiana.

Non è questa la sede e forse nemmeno la competenza per discutere quali obblighi ed incombenze siano giuste od ingiuste.

O meglio, se siano fattibili oppure impraticabili.

Un concetto è però chiaro e deve essere ben compreso da chiunque metta un camice odontoiatrico: i tempi delle leggerezze e della gestione unilaterale della terapia sono finiti.

Si intende ovviamente in termini di Medicina Legale.

E per essere più chiari si sottolinea:

“È oggi impensabile gestire la nostra professione senza possedere una conoscenza minima ed una documentazione legale di base che ci permetta, in caso di controversia, di difenderci o quantomeno poter dimostrare il nostro operato.

Non voler comprendere quanto espresso, significa diventare terra di conquista per chiunque”.

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Il modello americano, a volte fortunatamente e a volte no, precede quasi regolarmente di un decennio il condizionamento ed il mutamento dei costumi del nostro paese.

L’abbiamo visto con la musica rock, la droga e poi con i fast food.

Anche per il contenzioso legale odontoiatrico la regola viene rispettata, seppur con una positiva variante: già ora in America, dopo anni di conflittualità estrema, si assiste ad una drastica riduzione delle cause odontoiatriche.

Si è cioè compreso che tale conflittualità, alla fine, produce meno di quanto costa.

È quindi probabile che gli odontoiatri italiani vivano e vivranno nei prossimi anni la curva di massimo inasprimento di tale contenzioso, per poi assistere ad un suo spontaneo decadimento.

Ma se ciò è probabile ed auspicabile per il futuro, la realtà del presente ci obbliga al disincanto.

Potremmo esordire dicendo:

“La professione medica è oggi una professione a rischio…Soprattutto per chi la pratica!”.

Per poi continuare in maniera più seria, elencando una sintesi degli articoli e delle norme di legge che definiscono e regolano l’ambito della nostra professione.

Tale conoscenza è fondamentale per poter poi discutere e sviluppare in maniera critica il tema centrale di questo lavoro.

L’art. 2 della legge 409 del 24-7-1985 definisce chiaramente l’ambito di cura della professione Odontoiatrica”.

Legge 24-7-1985 n°409, art. 2

Ambito di cura della professione Odontoiatrica

Formano oggetto della professione di odontoiatra le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti,della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché alla prevenzione ed alla riabilitazione odontoiatriche.

Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all’esercizio della loro professione.

E poi:

La professione sanitaria viene definita dal Codice Civile con l’espressione di

“Professione intellettuale”.

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L’esercizio di tale professione implica l’iscrizione ad apposito albo.

Con la richiesta di cure da parte del paziente, si instaura tra il medesimo ed il sanitario, un

rapporto giuridico definito contratto.

Da tale contratto derivano delle obbligazioni, cioè degli impegni che si promette di mantenere.

In tali obbligazioni si identificano:

- due soggetti = creditore e debitore - un oggetto = la cura o la protesi

- una prestazione intesa come comportamento.

L’obbligazione insorta con il contratto ha forza di legge e può estinguersi in diversi modi, principalmente due: adempimento o inadempimento.

Il rapporto che il sanitario instaura con il paziente è fiduciario e di natura contrattuale.

Il professionista si obbliga a prestare la propria opera di diagnosi e cura senza vincolo di subordinazione con il paziente.

L’oggetto della prestazione è finalizzato dalla definizione di una diagnosi o dalla esecuzione di una terapia: non già dal sicuro conseguimento della guarigione del paziente.

Iniziamo così col definire il rapporto fra odontoiatra e paziente principalmente come un obbligazione di mezzi e non di risultato.

Ad eccezione di alcune terapie odontoiatriche, quali per esempio l’ortodonzia, , nei cui casi l’impegno e la promessa del professionista possono portano a trasformare l’obbligazione

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da mezzi in risultato, soprattutto se la richiesta del paziente è stata di tipo estetico, come avviene del resto nella maggior parte dei casi.

Vi è inoltre da rilevare che ultimamente sempre più sentenze considerano anche la terapia protesica un obbligazione di risultato.

Il professionista deve adempiere l’obbligazione con prudenza, perizia, diligenza ed osservanza delle leggi.

La condotta può infatti delinearsi con i seguenti comportamenti:

- Diligenza/Negligenza - Prudenza/Imprudenza - Perizia/imperizia

E quindi il tipo di condotta adottata pone il nostro operato in una situazione lecita o illecita.

Esemplifichiamo prendendo come caso l’ estrazione di 48.

- Per Prudenza intendiamo la cautela e l’attenzione posta nella valutazione del grado di difficoltà.

- Per Perizia intendiamo la effettiva capacità/preparazione del professionista, che si concretizza con la prestazione.

- Per Diligenza intendiamo la condotta responsabile che dovrebbe essere tenuta durante ed anche dopo l’intervento.

Colpa professionale

Azione od omissione per imperizia, imprudenza, negligenza o inosservanza di leggi a cui consegue un evento non voluto, anche se previsto.

Il presupposto della colpa è l’errore.

Esso può essere scusabile, per cui non vi è colpa.

Oppure può essere inescusabile per cui vi è colpa.

Perché vi sia responsabilità occorre che siano presenti questi tre elementi:

- condotta professionale viziata - danno

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- nesso di causalità

Se manca anche solo uno di questi tre elementi non vi può essere colpa.

Se cioè vi è un danno, ma esso non è riconducibile al nostro operato e quindi manca il nesso di causalità, non vi è colpa.

Sviluppata questa prima parte che, per sommi capi, ci permette di definire e comprendere gli aspetti giuridici della nostra professione, possiamo finalmente mettere a fuoco il tema principale dell’argomento.

E lo facciamo ponendo una domanda :

“Può la giurisprudenza oggi validare o invalidare metodiche terapeutiche e diagnostiche che indagano i rapporti fra occlusione e postura?”

O meglio ancora :

“Può la scienza oggi validare o invalidare metodiche terapeutiche e diagnostiche che indagano i rapporti fra occlusione e postura?”

Appare ovvio che la giurisprudenza non può entrare nel merito tecnico e scientifico della materia odontoiatrica, se non attraverso il filtro della scienza ed in ultima analisi della cultura, nel nostro caso odontoiatrica.

Ma in che modo e da chi vengono stabilite le regole della cultura?

Proponiamo questo schema.

- Stato = intervento legislativo e riorganizzativo - Università = formazione ed aggiornamento - Ordini = tutela immegine professionale

- Associazioni Professionali = difesa e tutela della professione - Associazioni e Società Scientifiche = aggiornamento continuo - Professionista = pratica clinica quotidiana

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Purtroppo oggi assistiamo ad un “gap” fra il professionista e gli organi istituzionali/culturali che lo governano, specialmente su talune problematiche, come la nostra sui rapporti fra occlusione e postura.

La miopia scientifica di cui soffrono tali apparati porta ad un evidente paradosso.

L’Università oggi (salvo rare eccezioni) non riesce a far sue queste problematiche, a comprenderle e codificarle, facendo sì che chi le “viva” per mestiere non possa avere una risposta, perlomeno indicativa, obbligando pertanto ad un suo percorso di ricerca autonomo che porta inevitabilmente a risultati individuali e spesso contraddittori.

Ciò genera caos culturale, poiché appare ovvio comprendere come, per arrivare ad assimilare e codificare problematiche così complesse ed integranti tutti gli aspetti della fisiologia e della patologia umana, occorrano mezzi e notevole preparazione.

Possibilità che ormai non sono più appannaggio del singolo, ma richiedono una equipe di persone e di competenze.

A volte, invece l’Università decide di esprimersi in maniera incomprensibile ed al di fuori di ogni realtà clinica.

Un esempio.

Nel 1997 all’Ospedale S. Raffaele di Milano è stato elaborato e poi diffuso, da parte dell’

Università, un “Consensus su occlusione e postura”.

Questi, sinteticamente i punti più significativi:

- dopo revisione di tutta la letteratura scientifica - da parte di esperti

- a firma delle più rappresentative associazioni scientifiche in materia

- si è convenuto per un’ assenza di associazione tra problemi posturali ed occlusione dentaria.

Ora, tralasciando ogni commento, ci si domanda perlomeno l’utilità e la necessità di tale Consensus, aggravata da una totale assenza di conferma o smentita del restante mondo accademico.

Dovendo rimanere in ambito giuridico, ci preme qui solo elencare, qualora ce ne fosse necessità, i principali collegamenti esistenti fra occlusione e postura, da tutti facilmente sperimentabili.

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Essi possono essere:

- anatomici - fisiologici - patologici - embriologici - antropologici - filo ed ontogenetici - psichici ed emozionali.

Si può ben comprendere come questo modo di operare generi unicamente confusione ed impossibilità di giudizio critico sia nella clinica quotidiana che, soprattutto di riflesso, nella giurisprudenza.

Ma allora

“La rigida suddivisione specialistica ha ancora oggi una validità scientifica?”

La rigida suddivisione del corpo in apparati e settori riveste sicuramente un significato nelle discipline statiche quali l’anatomia, oltre che avere valore semantico e scolastico- metodologico.

Per tutto ciò che invece è dinamico come la fisiologia e quindi la stessa odontoiatria, il limite imposto dalle classificazioni rappresenta ulteriore elemento di aggravamento al già miope modus pensandi di impostazione classica.

La bocca sta nella testa e la testa sta sul corpo.

Una variazione della base di appoggio, condiziona ciò che si trova al di sopra.

Più siamo in alto, maggiore è l’effetto della variazione.

È chiaro che condividendo tale impostazione si debbono vedere (per la prima volta) o rivedere alcuni importanti concetti, quali per esempio la simmetria ed il concetto olistico.

Limitiamo il discorso sottolineando quanto sua poco appropriato parlare di simmetria in biologia.

È più corretto parlare di bio-simmetria.

Per olismo intendiamo invece la globalità, l’insieme.

Pascal diceva che l’insieme è sempre maggiore della somma delle singole parti.

Ed aggiungeva che conoscere perfettamente ogni singola parte, non significa assolutamente conoscere l’insieme.

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Il corpo non è simmetrico, ma biosimmetrico.

Così il cranio e le arcate dentarie con la lingua.

Tutto le terapie che mirano quale loro obiettivo ad una simmetria strutturale, perdono in partenza.

Ed è qui che, a mio avviso, si deve iniziare a lavorare.

Un perfetto rapporto dentale di I classe non è sempre il risultato da raggiungere in un trattamento ortodontico.

Per cui a livello legale, non sempre il mancato raggiungimento della I classe dentale, rappresenta un fallimento degno di responsabilità professionale.

Lo stesso dicasi riguardo la linea mediana e tutti i parametri considerati classicamente ideali.

Questo concetto, se ben compreso, rappresenta quanto di più innovativo e rivoluzionario in materia giuridica, nonostante la sua evidente ovvietà.

Concetto che in apparenza sembra possa sconvolgere la nostra impostazione professionale e di conseguenza giuridica, ma in realtà la semplifica rendendola realistica e credibile.

Quindi obiettiva ed onesta.

Il problema semmai si verifica impostando le cose in maniera opposta.

Infatti se non si cercherà di considerare questi aspetti, probabilmente verrà praticata questo tipo di odontoiatria:

Nella ricerca documentale intrapresa per questa pubblicazione, ci si è accorti di quanto poco materiale esista realmente sull’argomento.

Non materiale scientifico, poiché di quello ne esiste fin troppo, ma materiale legale e giuridico vero e proprio.

Infatti, se si tralasciano le poche sentenze di carattere odontoiatrico, spesso in contrasto fra loro, nulla di giuridico è stato trovato sull’argomento “occlusione e postura”.

Ma a ben pensarci non può essere che così!

Come può la Giurisprudenza avvalorare o meno qualcosa che la scienza non è in grado di interpretare.

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In realtà assistiamo, anche qui in maniera apparentemente paradossale, al fatto che la Giurisprudenza può sussistere autonomamente anche in campo medico ed interpretare in maniera corretta queste problematiche, tracciando dei limiti entro i quali siamo nel diritto e fuori dai quali siamo nel reato.

Pur senza avvallo della scienza.

È come se il legislatore avesse previsto eventuali e nuove possibilità terapeutiche che, una volta subordinate a precise regole e limitazioni, di fatto vengono avvalorate.

A miglior comprensione e dimostrazione di quanto esposto, cerchiamo di concretizzare.

Già con soli 3 articoli possiamo, a grandi linee, inquadrare giuridicamente la nostra professione.

Legge 24-7-1985 n°409, art. 2

Ambito di cura della professione Odontoiatrica

Formano oggetto della professione di odontoiatra le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti,della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché alla prevenzione ed alla riabilitazione odontoiatriche.

Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all’esercizio della loro professione

art 1176 del c.c.

Il professionista deve adempiere l’obbligazione con prudenza, perizia, diligenza ed osservanza delle leggi.

art 2043 c.c.

Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

A ciò si deve aggiungere il consenso.

Come dicevamo, con soli tre articoli, noi abbiamo un ambito chiaro di dove e come operare.

E sappiamo cosa succede, se in funzione del nostro cattivo operato cagioniamo un danno.

Ma a tutto questo manca un elemento importantissimo, fondamentale.

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Un elemento che trasforma la nostra azione odontoiatrica da reato in fatto lecito: il consenso.

Consenso

La sfera personale del paziente. può essere invasa solo se questi ne viene preventivamente informato ed acconsente.

Il diritto di ciascuno di disporre, lui e solo lui, della propria salute ed integrità personale, compreso il diritto di rifiutare le cure mediche lasciando che la malattia segua il suo decorso fino alle estreme conseguenze.

La salute non è un bene che possa essere imposto coattivamente.

In mancanza di consenso l’atto medico è inquadrabile nella condotta tipica del reato:

art 528 c.p.=lesioni personali art 610 c.p.=violenza privata

art 613 c.p.=stato di incapacità procurato mediante violenza art 605 c.p.=sequestro di persona

Il consenso per essere valido deve presentare delle caratteristiche.

Tali caratteristiche sono:

- personale - libero - esplicito - informato

- è sufficiente che sia espresso oralmente (salvo disposizione di legge).

Abbiamo quindi visto l’importanza irrinunciabile del consenso, come conditio sine qua non per poter operare sul paziente.

Esso rappresenta null’altro che l’autorizzazione da parte del paziente, previa chiara comprensione, per poter operare su di lui.

Si deve purtroppo rilevare una certa difficoltà mentale da parte degli odontoiatri a comprendere ed accettare il consenso.

Si impiegano cioè più energie e tempo a disquisire e contestare alcuni aspetti del consenso che invece applicarlo.

Aggiungiamo quindi riguardo al consenso che:

- è obbligatorio ottenerlo

- non è obbligatorio che sia scritto

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- se lo è, meglio.

Sono inoltre personalmente contrario a quei consensi che sembrano bilanci societari.

Noi siamo odontoiatri, non legali.

Il rischio delle cose troppo elaborate o complicate è che innanzitutto non vengono applicate (a questo riguardo vedasi la medesima situazione nell’utilizzo della fotografia in odontoiatria quale documento, sia clinico che legale).

In secondo luogo un inquadramento dal punto di vista legale troppo rigido ed estremo, obbliga il paziente a porsi nella posizione di volersi tutelare a sua volta, poiché capisce che ciò che sta firmando tende a sollevare il professionista da alcune responsabilità.

Tale comportamento genera sospetto, “allerta” e tende a far scadere il rapporto su un piano meramente materiale e commerciale, invalidando l’unicità dei valori del rapporto Medico-Paziente.

Rapporto che, basato sulla fiducia e stima reciproca, implica anche e soprattutto atti di fede.

Tali rilievi documentali devono invece essere semplici e fattibili nella routine quotidiana.

Ma devono essere praticati a tutti.

A completamento delle nostre responsabilità abbiamo un codice deontologico con giuramenti ed articoli, di cui facciamo solo una breve sintesi:

- Esercitare in libertà e indipendenza di giudizio e comportamento - Perseguire come scopi esclusivi la tutela della salute e sofferenza - Profondere un costante impegno scientifico e culturale

- Prestare la propria opera secondo scienza e coscienza - Sottostare sempre a diligenza, perizia e prudenza

La salute è intesa nell’accezione biologica più ampia del termine come condizione, cioè il benessere fisico e psichico della persona

Comitato Nazionale per la Bioetica - Giugno 1992

Documento dal titolo “Informazione e consenso all’atto medico”

“…tale rapporto appare fondato prima sui diritti del paziente che sui doveri del

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medico. Sicché sono da ritenersi illegittimi i trattamenti sanitari extraconsensuali, non sussistendo un dovere di curarsi”

Modifiche del Febbraio 1995

“L’interesse ed il bene dell’essere umano devono prevalere sul solo interesse della società e della scienza”

Ma allora, esistendo questo vuoto “scientifico”, come è possibile per il professionista capire in quale direzione deve muoversi e soprattutto se quello che sta facendo rientra in un ambito, scientifico innanzitutto e poi giuridico di conseguenza, lecito e corretto?

E come può la giurisprudenza esercitare la sua funzione di giudizio su una materia così controversa?

Vediamo di scendere in campo pratico con un ipotetico caso clinico.

Situazione clinica.

Bambino in età di crescita con malocclusione dentaria e scoliosi.

Prima soluzione terapeutica = Trattamento odontoiatrico classico.

(inteso considerando classicamente la bocca avulsa dal resto del corpo)

Consideriamo gli articoli presi in esame sino ad ora e cerchiamo di inquadrare il nostro operato in questo contesto.

Faremo poi un breve commento.

Ricordiamoci che stiamo operando in maniera “classica”.

Legge 24-7-1985 n°409, art. 2

Ambito di cura della professione Odontoiatrica

Formano oggetto della professione di odontoiatra le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti,della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché alla prevenzione ed alla riabilitazione odontoiatriche.

Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all’esercizio della loro professione.

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Nulla di particolare da aggiungere.

L’ambito è chiaro e completo.

Tutto ciò che riguarda la bocca in generale è di competenza dell’odontoiatra.

Art. 1176 – 1710 c.c. Diligenza nell’adempimento

Il professionista deve adempiere l’obbligazione con prudenza, perizia diligenza ed osservanza delle leggi.

Abbiamo già visto come il rispettare tali obblighi escluda l’odontoiatra dalla colpa.

Al limite il problema consiste nel riuscirci sempre, in accordo con le reali difficoltà quotidiane.

Art. 582 c.p. Lesione personale

Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.

Vedi anche

Art. 590 c.p. Lesioni personali colpose

Ricordo qui che le avulsioni dentarie richiedono una particolare attenzione interpretativa, poiché la valutazione clinica e quella medico-legale sono divergenti.

In sede di valutazione clinica esse rivestono uno scarso rilievo vista la possibilità di protesizzazione efficiente con le attuali tecniche, mentre in ambito penalistico costituiscono esiti stabilizzati (postumi) che non possono dar luogo a restituzio ad integrum.

Poiché la protesizzazione è irrilevante agli effetti penali, esse (le estrazioni) sono ritenute come causa di indebolimento permanente dell’apparato stomatognatico.

Cioè lesioni personali gravi.

Ed è in questo senso, salvo alcune prese di posizione opposte, che appare orientata la giurisprudenza prevalente.

Art.1176 c.c. Diligenza nell’adempimento

(15)

Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.

Si auspica la responsabilità ed il buon senso.

Art. 1375 c.c. Esecuzione di buona fede

Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

Il comportamento deve essere leale e trasparente.

Art. 40 c.p. Rapporto di causalità

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.

Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Se vi è un danno al paziente ma non può essere in alcun modo messo in relazione col nostro operato non vi è responsabilità e quindi colpa.

Interessante invece il concetto dell’omissione, che spesso si realizza nella nostra professione.

Art. 2043 c.c. Risarcimento per fatto illecito

Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

Anche qui nessun particolare commento.

Art. 2041 c.c. Azione generale di arricchimento

Chi, senza giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, ad indennizzare quest’ultima.

È un’ovvia conseguenza degli articoli precedenti.

Art. 32 Costituzione

(16)

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività …

Auspicabile.

La lettura di questi articoli, con il loro breve commento, permette ad ognuno di valutare ed inquadrare la propria attività nel corretto ambito giuridico.

La scienza conferma tale impostazione e la giurisprudenza la convalida.

Seconda soluzione terapeutica = trattamento odontoiatrico olistico.

(inteso considerando la bocca relazionata ed interdipendente con il resto del corpo)

Situazione sicuramente molto più complessa e controversa.

Comprendere ed integrare la bocca, anatomicamente e funzionalmente, con le restanti strutture corporee, significa aprire orizzonti infiniti, sicuramente attualmente solo in parte conosciuti, ma non per questo immeritevoli di essere indagati.

Se non altro per un preciso dovere deontologico e giuridico.

Ricordiamoci che stiamo operando in senso “olistico” e quindi non convenzionale.

Accettiamo e condividiamo l’evidenza scientifica di tutto il materiale prodotto sull’argomento.

Ripercorriamo quindi la medesima precedente strada, dando chiaramente una chiave di lettura diversa.

Legge 24-7-1985 n°409, art. 2

Ambito di cura della professione Odontoiatrica

Formano oggetto della professione di odontoiatra le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti,della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché alla prevenzione ed alla riabilitazione odontoiatriche.

Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all’esercizio della loro professione.

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Anche in questo caso, paradossalmente, la lettura della legge è chiara e non rischia fraintendimenti.

Il legislatore indica “le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie delle mascelle e dei relativi tessuti…”.

Quindi tutte quelle procedure ed operazioni che abbiano, in qualche modo, relazione con le mascelle ed i suoi tessuti.

Non indica un limite anatomico/topografico di azione all’intervento; basta che abbia un rapporto.

E poiché persino (e soprattutto) un intervento a livello della base d’appoggio plantare inserisce elementi di relazione e variazione con l’occlusione, appare evidente che qualsiasi intervento eseguito a qualsiasi livello della struttura corporea, dalla testa ai piedi, possa rientrare in un ambito giuridico di cura odontoiatrica.

Alla luce di quanto appena detto emerge un concetto nuovo quanto rivoluzionario:

l’ambito, cioè il limite delle cure odontoiatriche non è più rappresentato dalla sola bocca o apparato stomatognatico ma è in pratica tutto il corpo.

La visione, l’equilibrio e la postura, il biotipo dell’individuo sono solo alcuni (sicuramente i più importanti, ma non i soli) dei fattori che entrano necessariamente in relazione con l’occlusione.

Fattori che l’Odontoiatra moderno non può più fingere di non comprendere.

Ciò non significa che gli odontoiatri debbano fare gli oculisti o i vestibologi oppure gli ortopedici, ma iniziare a considerare questi aspetti come parte integrante della propria terapia e quindi, per le specificità necessarie, avvalersi della collaborazione dei colleghi.

E viceversa.

Non comprendere ciò significa disattendere soprattutto l’ultima parte della suddetta legge:

“nonché alla prevenzione e riabilitazione odontoiatriche”.

Perché quale prevenzione e riabilitazione vere e degne di tale significato possono essere realizzate e soprattutto mantenute, limitando il nostro operato alla sola cavità buccale?

Possiamo provocatoriamente affermare che il nostro intervento terapeutico “limitato” può (e si ripete può) paradossalmente rappresentare un movente eziologico iatrogeno tale da innescare un meccanismo a catena?

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Art. 1176 – 1710 c.c. Diligenza nell’adempimento

Il professionista deve adempiere l’obbligazione con prudenza, perizia diligenza ed osservanza delle leggi.

Trascuriamo l’osservanza delle leggi perché ovvia.

Ci possiamo considerare veramente prudenti se nel posizionare un ortodonzia fissa, magari con archi pesanti, ignoriamo la comparsa nel bambino di cefalea e variazione dell’umore?

E quale perizia dimostriamo nel non considerare, per esempio, che una TEO (trazione extra-orale) difficilmente riesca a contenere una crescita mandibolare e che invece possa provocare un’accentuazione della lordosi cervicale?

Ed ancora, quale diligenza mostriamo nel non applicare tutte le conoscenze olistiche sinora acquisite?

Appare, in maniera intuibile quanto poco a volte, l’odontoiatria convenzionale risponda ai requisiti richiesti in termini di obbligazioni.

Art. 582 c.p. Lesione personale

Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.

Vedi anche

Art. 590 c.p. Lesioni personali colpose Occorre una premessa.

La tipologia umana è estremamente variabile; sia morfologicamente che mentalmente.

In buona sostanza ogni individuo è unico, diverso da qualsiasi altro.

Ed appunto perché unico risulta “imprevedibile” dal punto di vista clinico.

Non possiamo cioè essere certi che quel tipo di terapia, eseguita mille volte a soggetti

“simili” a lui e sempre con successo, porti anche nel suo caso specifico ad un risultato positivo.

Non lo possiamo sapere.

Affermare il contrario ci presenterebbe poco credibili.

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Come dicevo prima la tipologia umana è variabile: vi sono persone psicopatiche, ipocondriache, bugiarde, in malafede ed interessate, ma vi sono anche persone “normali”.

Persone che se lamentano un fastidio è perché lo hanno realmente.

Persone che non hanno motivo di inventarsi i problemi, perché il loro principale desiderio è star bene ed andarsene dal nostro studio, al di là della simpatia e stima che nutrono per noi.

Ed è a questo gruppo di persone, ancora tante, che rivolgo la mia attenzione.

La loro affidabilità sommata alla conoscenza olistica odontoiatrica ci deve convincere delle loro lamentele.

Pazienti che dopo trattamenti odontoiatrici più o meno estesi lamentano cefalee, cervicalgie, discopatie, pubalgie, problemi di equilibrio e/o postura, disturbi uditivi ed all’ATM ecc.

Non si sta certamente puntando il dito accusatorio: al contrario

La verità e che la nostra professione, appunto nell’ottica delle attuali conoscenze, è diventata materia estremamente complessa ed interdipendente.

Il singolo professionista non riesce più a gestire la complessità delle problematiche.

Occorre cambiare metodo, impostazione, mentalità, coscienza…

Ma ciò non esime dalla conoscenza e dal rispetto della legge.

La non volontarietà di un reato è, al limite, un attenuante.

Non una giustificazione sufficiente.

Lascio al vostro giudizio valutare, nell’ottica di quanto sino ad ora considerato, l’importanza del problema in termini giuridici.

Art.1176 c.c. Diligenza nell’adempimento

Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.

Possiamo affermare che, con tutto quanto detto, il nostro comportamento è quello del buon padre di famiglia?

Quale giudice riusciremmo a convincere che, continuando a misconoscere le interrelazioni bocca-corpo, opereremmo in tal modo anche sui nostri figli?

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Art. 1375 c.c. Esecuzione di buona fede

Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

Repetita iuvant.

Come potremmo affermare di essere in buona fede, di fronte ad una clinica che ci evidenzia quotidianamente tali problematiche?

Art. 40 c.p. Rapporto di causalità

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.

Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Perché è importante questo articolo?

Perché sottolinea come non impedire un evento, equivale giuridicamente a cagionarlo.

Quindi pone sullo stesso piano azione ed omissione, fare e non fare.

Facciamo un esempio.

Intervento ortodontico di espansione mascellare con disgiuntore.

Noi sappiamo che l’espansione con tale dispositivo è breve e molto violenta.

Ed è sicuramente efficace.

Quello che non tutti considerano è che, guardando oltre, l’espansione interessa anche tutte le strutture circostanti, che per semplicità espositiva limitiamo a quelle ossee.

Le strutture che principalmente vengono coinvolte nell’espansione sono le cavità orbitarie, con possibili variazioni adattative della funzione visiva.

Ma come negare che, in misura diversa, anche tutte le restanti componenti ossee del cranio non subiscano tale forza espansiva?

Se tale effetto espansivo globale può, per alcuni, apparire insignificante, perché interessante parti ossee “di scarso significato funzionale”, il discorso diventa indiscutibilmente più serio se pensiamo alle strutture contenute nella scatola cranica e come, variazione realmente minime, possano provocare alterazioni funzionali di impensabile gravità.

Tutta la fisiopatologia delle alterazioni neurovascolari a livello cranico ne è una conferma.

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Allora la domanda che si pone è questa:

“Sappiamo esattamente quello che succede in caso di espansione rapida del palato al di fuori della bocca, cioè di quella parte del corpo entro cui crediamo si fermi la nostra azione terapeutica?

E poiché appare sempre più difficile negare tali connessioni, mettiamo in pratica tutto quanto ci è possibile e giuridicamente imposto, per valutare l’effettivo manifestarsi di tali eventi?

Art. 2043 c.c. Risarcimento per fatto illecito

Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

Inquadrato in un contesto olistico, possiamo ben immaginare le eventuali implicazioni derivanti dal praticare un odontoiatria che non tenga conto di tali correlazioni.

Art. 2041 c.c. Azione generale di arricchimento

Chi, senza giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, ad indennizzare quest’ultima.

A sostegno ed aggravamento del precedente articolo.

Art. 32 Costituzione

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività …

Sarebbe certamente auspicabile.

Abbiamo visto, da tutto quanto poc’anzi scritto, come la situazione sia purtroppo complessa e di non facile soluzione.

Avvallando l’ottica olistica, l’unica per incontestabilità scientifica e conferma clinica, intuiamo come dal punto di vista giuridico oggi l’odontoiatra sia fortemente “esposto”.

E tale esposizione non è causata solo dalla frangia di odontoiatri olistici, ma ormai da tutte le discipline mediche nella cui pratica quotidiana gli operatori tendono sempre più ad

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individuare nella bocca cause o concause di patologie strettamente correlate alla loro specialità.

Negare oggi tali correlazioni fra occlusione e postura rappresenta pertanto un falso scientifico.

Il corpo occupa uno spazio e lo fa attraverso le sue tre dimensioni.

Dimenticando che ne esiste una quarta che è il tempo.

Esso crea la variabile.

Ogni istante il corpo assume nello spazio una posizione diversa.

Tale variabile crea uno schema di adattamento che, in ultima analisi, rappresenta il biotipo.

Ogni biotipo presenta delle caratteristiche sue peculiari, apparentemente disfunzionali ma in realtà adattative, coerenti fra loro.

Vedasi le caratteristiche di un soggetto in III classe scheletrica.

Alla protrusione mandibolare si associano:

- appoggio plantare posteriore - accentuazione delle curve

- riduzione della verticalità ottimale - tendenza all’apertura di spalle e bacino - estensione del cranio (non riferita alla sinfisi) - aspetto emotivo tendente all’estroverso Il contrario un soggetto in II classe scheletrica.

La domanda che si pone è pertanto questa:

“La diagnosi di malocclusione e la necessità della relativa terapia, riviste in chiave olistica mantengono il medesimo significato oppure no?”

O meglio ancora:

“In tale ottica la malformazione dentaria rappresenta una patologia o un compenso e quindi una fisiologia individuale?”

Ed ancora:

“La ricerca di una simmetria e di un perfetto allineamento dentario che rientri nei dogmi ortodontici quale finalità terapeutica, ha ancora oggi una validità scientifica?”

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Interessante leggere quanto i “Maestri” dell’ortodonzia Italiana scrivevano nel 1987.

Dal libro ORTOGNATODONZIA – 1987 di Falconi-Caprioglio-Genone-Magni-Tenti.

I limiti entro cui l’armonia può realizzarsi non comprendono di necessità un perfetto allineamento dentario, ma la loro violazione nella ricerca effimera di questo, come ad esempio nell’espansione incontrollata delle arcate dentarie, comporta tanto il successivo spontaneo ripristino di un arrangiamento analogo a quello originale (recidiva), quanto l’innesco di una patologia iatrogena o, nel peggiore dei casi, uno sviluppo ancor più dismorfico di quello originale.

Perciò un intervento correttivo ortodontico che esuli dai limiti di uno schema biologicamente compatibile, può diventare fonte di patologia.

Lo stesso studio dell’antropologia e dello sviluppo filo ed ontogenetico chiariscono in maniera meravigliosa le intime relazione fra bocca ed evoluzione umana, tanto da poter affermare che la bocca ne rappresenta un passaggio obbligato.

La conquista della stazione eretta rappresenta la chiave di volta per l’entrata nella civiltà attraverso la liberazione della mano, che permettendo la specializzazione della bocca conseguentemente ad un suo arretramento, ha permesso a sua volta lo sviluppo della massa cerebrale in armonia con l’espansione del neurocranio.

Tornando al nostro argomento, tutti i discorsi fatti sino ad ora servono per meglio comprendere, a noi stessi innanzitutto prima che ai rappresentanti della materia giuridica, quanto siano vaste ed agli arbori di una necessaria codifica le problematiche in oggetto e quanto reale sia il disagio ed il rischio che tale situazione indefinita presenta.

Situazione che attualmente così appare:

- consapevolezza della problematica da parte dei pazienti - difficoltà e disagio “sul campo” del professionista

- incapacità/non volontà del mondo scientifico

- adeguamento del mondo giuridico alle indicazioni scientifiche - condanna all’”eretismo”

- penalizzazione dei pazienti - involuzione culturale e scientifica

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Creando un circolo vizioso che porta ad un aumento della conflittualità.

A tal riguardo possiamo schematizzare:

Fattori inerenti all’aumento della conflittualità

- SOCIETÀ= Maggiori aspettative di salute e consapevolezza dei propri diritti

- GIURUSPRUDENZA = Interpretazione dell’aspettativa collettiva di tutela del diritto alla salute.Riduzione dei margini di giustificazione dei sanitari e maggiore severità nelle sentenze.

- PROFESSIONE = Accentuato pragmatismo, impreparazione psicologica e culturale.

Crisi degli ideali e delle motivazioni.

Difficoltà a comprendere ed adeguare il proprio ruolo alla mutuata richiesta sociale.

Aggiungiamo alcuni dati.

In media un magistrato segue 150 cause all’anno.

Di queste 80 sono in ambito medico.

Settori più coinvolti in ordine di importanza:

-Ortopedico -Ginecologico -Odontoiatrico

Delle cause odontoiatriche : -50 protesi

-20 implantologia -10 chirurgia

-10 conservativa/endodonzia -5 parodontologia

-3 ortodonzia -2 altro

Negli ultimi 40 anni solo 40 cause sono arrivate in Cassazione.

Conclusione

Il pensiero del nostro secolo è permeato da concezioni che chiamiamo “scientifiche”.

L’aggettivo scientifico è diventato un criterio per misurare l’esattezza di un pensiero, teoria o affermazione.

Ogni teoria o pensiero è, nel momento in cui viene elaborata, immagine della coscienza del suo inventore.

Continuando a ricercare la coscienza si amplia ed evolve e la teoria cambia, perché superata.

La verità di oggi è l’errore di domani.

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La storia della scienza conferma ciò.

Tale storia è la storia degli errori umani.

La scienza iniziò studiando il mondo esterno.

Il mondo esterno, visibile, si manifesta come materia e di conseguenza la scienza iniziò adeguando i metodi di lavoro alle condizioni della materia.

I risultati furono due errori:

-si dedusse che siamo circondati solo da materia.

-tali metodi vennero applicati anche in campi che nulla hanno a che fare con la materia.

La scienza è trasmissibile, il sapere no.

Quest’ultimo è il risultato di un atto conoscitivo assolutamente individuale e personale che è di natura metafisica.

Il sapere è quindi solamente il risultato della nostra esperienza e non può essere prelevato da altri o passato ad altri.

Ecco perché appare fondamentale ricercare nella propria clinica quotidiana.

Ecco perché risulta indispensabile “fare” prima di dire.

Buona parte delle risposte alle nostre domande è già lì.

Abbiamo a disposizione un modello comprendente un articolatore, un’assiografo, un kinesiografo, una pedana stabilometrica talmente individuali, perchè rappresentati dal paziente stesso, da divenire unici.

E non lo utilizziamo.

Occorre solo avere l’umiltà di osservare ed accettare l’evidenza che non sempre tutto è come appare.

Uno dei principali errori è rappresentato dagli standards terapeutici posti come obiettivo.

E fare di ciò una regola.

Più il loro range di variabilità è minimo e meno si adattano a quanto di più individuale ci possa essere: l’essere umano.

Esser umano che, ricordando Ippocrate, mantiene l’inscindibilità fra corpo e spirito.

Ed in quest’ ottica, spesso, la ricerca può essere più interessante della scoperta stessa: il percorso più interessante della meta.

L’odontoiatria si presenta oggi ad un bivio.

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Per la prima volta forse nella sua storia si trova ad avere la possibilità e contemporaneamente la necessità di un mutamento terapeutico, inteso non in senso tecnico e merceologico.

I tempi fisiologici hanno spontaneamente lavorato per far maturare tale situazione.

È una realtà ormai innegabile e soprattutto irreversibile.

Come si è già detto la classica suddivisione specialistica non ha più una sua validità funzionale.

Anzi tale suddivisione rappresenta ormai il limite stesso che impedisce una lettura dinamica ed olistica del corpo.

Le sempre maggiori richieste di interrelazione da parte di altre discipline, convenzionali e non, trova l’ambiente odontoiatrico alquanto impreparato, se non addirittura avverso a tali aperture.

Ciò genera confusione nella definizione di ruoli e competenze.

All’insegna del “tutti fanno tutto” l’odontoiatria è diventata campo di azione di discipline e filosofie fra le più varie, più o meno riconosciute.

Il rischio concreto è rappresentato dalla contemporanea presenza di operatori “senza arte ne parte” unitamente a professionisti qualificati che, solo per motivi burocratici, non hanno ancora una loro chiara collocazione.

Ricordiamo discipline quali l’osteopatia e la chiropratica, tanto per fare un esempio, che all’estero da tempo hanno un punto di incontro con l’odontoiatria.

L’effetto sinergico di tale situazione si concretizza con la delegittimazione della figura odontoiatrica, innanzitutto da parte dei pazienti ed in secondo luogo dalla restante categoria medica.

Quest’ultima ha sempre considerato, fino a poco tempo fa, l’odontoiatria come disciplina redditizia ma culturalmente povera, nell’Olimpo delle varie specialità.

Ora, dopo che in questi ultimi anni l’odontoiatria si è faticosamente riqualificata in dignità e professionalità, si rischia di fare un passo indietro, trasformando il nostro campo di azione come ultima spiaggia di diagnosi incompiute o di terapie inefficaci.

E ciò, dal punto di vista giuridico, non è proprio la situazione ideale.

Si rischia, come già detto, un invasione di ruoli.

Ciò che non deve assolutamente accadere è il mancato rispetto delle singole competenze.

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L’odontoiatra deve fare l’odontoiatra.

Può addentrarsi per completamento professionale in queste discipline, ma il suo campo d’azione rimane sempre e comunque l’apparato stomatognatico.

Lo stesso vale per le altre discipline.

Non deve succedere, come già detto, che la bocca diventi l’ultima spiaggia terapeutica di problematiche irrisolte, per esempio di carattere fisiatrico, ortopedico o neurologico.

O come nel caso di osteopati o chiropratici che pretendono di gestire terapie gnatologiche ed ortodontiche.

Ecco perché l’odontoiatra deve, in modo imperativo, apprendere ed integrare quanto prima queste conoscenze di tipo olistico, in modo da relazionare la bocca con il resto del corpo.

Tale visione olistica obbliga ovviamente l’odontoiatra a divenire consapevole delle conseguenze del proprio operato anche al di fuori della bocca.

Ciò comporta l’evidente constatazione di quante interferenze iatrogene si possano realizzare, ma anche di quante possibilità realmente terapeutiche, purché integrate ed integranti, si possano meravigliosamente ottenere.

Solo ponendosi questo obiettivo l’odontoiatra di oggi potrà tentare di colmare questo vuoto.

Vuoto che altrimenti, per osmosi, verrà riempito da altri.

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