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ma sempre nell'ottica di difensore di parte

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Academic year: 2022

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DIRITTI ED OBBLIGHI DEI CONSULENTI di

Gustavo Rimini*

Parlando di tutela degli interessi di parte, sia pure allora quando tale tutela sia affidata ad un Consulente Tecnico, non si può dimenticare che i confini di comportamento sono particolari.

Il Consulente di Parte, come l'avvocato, ha il dovere di assistenza del proprio rappresentato e, nell'espletamento di tale funzione, è tenuto soltanto a non violare i principi generali di onestà, di lealtà e di verità; ma sempre nell'ottica di difensore di parte.

Riteniamo opportuno premettere, con brevi cenni storici, come, nell'ambito del giudicare, la figura del perito quale ausiliario del giudice, sia sempre esistita.

Sconosciuta nella Grecia classica e nella Roma repubblicana, solo nell'età imperiale romana comincia a comparire, sia pure in quella forma particolare di cumulo della funzione di giudice e perito.

Rachimburghi per il popolo dei franchi, Scabini dopo Carlo Magno, la funzione degli antichi periti è ancora discussa dalla dottrina, ma sicuramente erano arbitri e consulenti.

Agli inizi del secolo XVII, le patenti di Enrico IV dispongono la istituzione funzionale dei periti: dovranno essere "persone capaci, non fornite soltanto di una leggera esperienza, ma esperti e tali che i giudici possano fondare sui loro rapporti l'equità dei propri giudizi".

Attualmente è prevista la perizia di ufficio nelle legislazioni della Germania, dell'Austria, della Francia, della Svizzera, della ex Unione Sovietica, di Israele, della Grecia, degli Stati Uniti e, con certe sue particolarità, dell'Inghilterra.

Per quanto riguarda il nostro paese, da tempo ormai, tutte le parti in entrambe le procedure, civile e penale, possono esercitare la facoltà della nomina di esperti quali fiancheggiatori della propria posizione nella dialettica giudiziale.

Sia comunque chiaro che nella nostra legislazione l'istituto di Consulente Tecnico di Parte è stato sempre riconosciuto sino dall'ottocento come esperto a sostegno del privato in contrapposizione al perito di ufficio.

Vediamo adesso, più dettagliatamente la figura e l'attività del Consulente Tecnico di Parte.

Le possibilità di intervento del Consulente sono ampie e ben precisate.

Assistono al conferimento dell'incarico al perito d'ufficio, suggerendo variazioni o ampliamenti ai quesiti.

Potranno partecipare alle operazioni peritali, previa l'obbligatoria comunicazione del giorno, dell'ora e del luogo dove inizieranno le operazioni ed ivi fungeranno non da semplici spettatori, ma si attiveranno per richiedere al perito indagini particolari ed esprimere riserve verbali.

Naturalmente, se la loro nomina è stata effettuata soltanto dopo la conclusione delle operazioni peritali potranno esaminare la perizia stessa, eventuali luoghi o cose interessanti il procedimento, previa autorizzazione del giudice.

Sarà loro possibile predisporre, fino al dibattimento una propria relazione o essere sentiti in sede di discussione del procedimento.

Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale dell'83 e le recenti emanazioni legislative il Consulente Tecnico di Parte può anche essere nominato dal giudice con beneficio del gratuito patrocinio per parti non abbienti.

Dunque il Consulente di Parte, ove se ne ravvisi la necessità o l'opportunità, può essere nominato dal privato o dal magistrato nell'ipotesi sopra prevista.

*Avvocato Giurista

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Dobbiamo ancora una volta ricordare che il Consulente Tecnico di Parte, data la sua posizione, può anche essere parziale, senza che da ciò venga tratto un giudizio critico sul piano morale o giuridico.

Dopo contrastanti interpretazioni della dottrina è pacifico che la consulenza tecnica di parte ha il semplice e delimitato valore di una produzione difensiva a contenuto tecnico, che non costituisce mezzo di prova legale, assumendo però la natura giuridica di atto del processo allora quando sia stata ritualmente depositata.

E' altrettanto pacifico che il Giudice non è tenuto né ad accettare per esatte le conclusioni del Consulente Tecnico di Parte né è obbligato a confutarle esplicitamente laddove aderisca a quelle che sono le conclusioni del Consulente Tecnico d’Ufficio.

E' interessante notare come attualmente è consentito alla parte privata di nominare propri consulenti tecnici anche quando non vi è perizia di ufficio.

Naturalmente la nomina dovrà essere effettuata con le forme di rito, così come il deposito delle memorie scritte, le quali potranno essere chiarite dall'estensore dinanzi al magistrato del dibattimento.

Sottolineati sino a questo momento gli aspetti generali del Consulente Tecnico di Parte ed i diritti e gli obblighi che lo riguardano, esaminiamo adesso tale figura processuale sotto l'angolazione civilistica.

L'affermarsi di nuovi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali sul risarcimento del danno alla persona comporta una sempre accresciuta attenzione alla funzione ed al ruolo del Consulente di Parte come soggetto che assiste il danneggiato in tutte le fasi necessarie al soddisfacimento delle sue pretese risarcitorie sia in sede stragiudiziale, sia in sede giudiziaria.

Peculiarmente in quest'ultima il Consulente Tecnico di Parte è il difensore tecnico che affianca il tecnico del giudice nell'esperimento di quel delicato mezzo di prova che è la perizia.

Secondo la teoria tradizionale, il danno risarcibile è costituito dalla differenza tra il valore del patrimonio del danneggiato dopo l'evento dannoso ed il valore che il patrimonio stesso avrebbe avuto, qualora l'evento dannoso non si fosse verificato.

Già questa generalissima definizione di un criterio quantificativo del danno ci da conto di quanto complessa possa essere, nella variegata casistica che la realtà ci propone, la determinazione del quantum di risarcimento e dunque quanto delicata e responsabile debba essere l'attività del Consulente di Parte per poter garantire al danneggiato un risarcimento che sia equamente commisurato al danno subito.

L'affermarsi del nuovo indirizzo giurisprudenziale, culminato nelle ben note sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione ( Corte Cost. 26.7.79 nn. 87 e 88; Corte Cass. 6.6.81 n. 3675, 6.4.83 n. 2396; 14.4.84 n. 2422; 20.8.84 n. 4661; 16.1.85 n. 102; 11.2.85 n. 1130) ed a cui hanno fatto riscontro importanti ed autorevoli elaborazioni dottrinali (Busnelli: Vicissitudini vecchie e nuove del danno alla salute) ha finalmente affrancato il medico legale dalla necessità di far riferimento, per la stima del danno alla persona, a parametri convenzionali di capacità produttiva, ormai svuotati di gran parte della loro funzione.

Una volta superato il principio, prima dominante, per il quale andrebbero risarcite non le menomazioni della integrità psicofisica in sé, ma solo le conseguenze di ordine economico ( e nei casi voluti dalla legge, come prevede l'art. 2059 c.c., la turbatio animi cagionata da fatto illecito) si prospettano tre figure di danno:

a) danno biologico o alla salute,

b) danno che concretamente incide sulla attività lucrativa del leso, contraendone il reddito c) danno morale.

Il primo può essere stimato dal Consulente Tecnico in termini percentuali, mediante criteri obiettivi analoghi a quelli in uso per l'apprezzamento della riduzione della capacità lavorativa

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generica, ma che facciano riferimento al valore morfofunzionale, anziché al significato lavorativo della menomazione.

Del secondo dovrebbe essere prodotta prova da parte del danneggiato spettando al Consulente di Parte un preventivo apprezzamento e consiglio in ordine alla compatibilità biologica.

Il terzo sarà liquidato dal giudice, sulla base di una circostanziata ed attenta relazione del Consulente in ordine alle sofferenze fisiche conseguenti alle lesioni iniziali, alla loro evoluzione ed al loro trattamento.

L'attuale fase di transizione tra vecchio e nuovo sistema risarcitorio ha dato luogo a pericolose confusioni concettuali; gravi equivoci ancora sussistono sul significato di "danno biologico" e sui rapporti tra questo e gli altri coefficienti di danno alla persona, nonché sui rapporti con delicati concetti quali la incapacità lavorativa generica, il danno alla vita di relazione, il danno estetico, il danno alla sfera sessuale.

Ciò detto in ordine alla delicata attività di consulenza nella valutazione del danno, vediamo più specificatamente la posizione del Consulente Tecnico di Parte nel processo civile.

A norma dell'art. 201 del Codice di Procedura Civile il giudice istruttore, con l'ordinanza di nomina del proprio Consulente assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro Consulente Tecnico.

Il Consulente di Parte oltre ad assistere alle operazioni del giudice partecipa all'udienza ed alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il Consulente d'Ufficio e svolge con l'autorizzazione del presidente le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche.

Essendo però inattuata la disposizione relativa alla partecipazione in Camera di Consiglio del Consulente d'Ufficio anche la partecipazione del Consulente di Parte non si è mai verificata.

Si fa luogo a consulenza di parte se ed in quanto sia già disposta la consulenza tecnica di ufficio. Il Consulente di Parte non è obbligato ad accettare l'incarico, non presta giuramento, non è tenuto al segreto d'ufficio ed è libero di scegliere gli argomenti ed i dati che, a suo giudizio, possono meglio servire la tesi della parte che rappresenta.

Non deve però asserire il falso o nascondere, subdolamente e slealmente, il vero.

Le parti, che non hanno provveduto a nominare un proprio Consulente nei termini stabiliti, possono formulare controdeduzioni alla relazione del Tecnico d'Ufficio che, inserite agli atti del procedimento siano oggetto di esame come perizia extra giudiziale e cioè come documenti generici ed accessori.

La consulenza giudiziaria di parte vuole essere complemento critico di quella di ufficio e benché considerata con qualche sospetto in quanto tendenzialmente elusiva degli errori e delle colpe della parte propria può assumere per, correttezza di forma, per evidente impegno di obiettività e per valore di argomenti scientifici, l'efficacia di un ben congegnato strumento di prova e di un valido correttivo di eventuali difetti dell'opera del Consulente d'Ufficio.

Il Consulente Tecnico di Parte (proposto al Giudice e da questi ammesso alla funzione consultiva nei modi previsti dall'art. 201 del Codice di Procedura Civile o in campo penale dall'art. 230 del Codice di Procedura Civile) segue l'operato e constata l'esito della consulenza d'ufficio, secondo le facoltà ammesse dal procedimento civile o penale ed esprime le proprie osservazioni critiche in merito a fatti ed a circostanze che - a suo motivato parere - esigono nell'interesse della giustizia una considerazione differente da quella che risulta nell'opera del perito d'ufficio.

Nel corso delle operazioni il Consulente di Parte ha facoltà di fornire al Consulente d'Ufficio dati, documenti, memorie tecniche attinenti alle questioni di causa.

Di tali elementi e memorie il Consulente d'Ufficio da atto nella propria relazione e li allega ad essa con eventuali commenti e critiche.

Avvenuto il deposito della relazione del Consulente d'Ufficio e presane visione, il Consulente di Parte fa le critiche e le controdeduzioni che ritiene opportune, redigendo una

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propria relazione che deve essere fatta in bollo con eventuale corredo di grafici e fotografie, debitamente bollati.

Le considerazioni e gli argomenti della perizia di parte possono, d'altro canto, concordare con quelli del Consulente di Ufficio, le conclusioni del quale risultano in tal modo convalidate.

Taluni metodi di accertamento dell'evento dannoso, che gli studi, per esempio dell'infortunistica stradale, propongono al mondo tecnico e giuridico sono ignorati dal gran numero degli stessi tecnici che si fregiano del titolo di periti e di consulenti in tale importante settore.

Molto affini ad essi sono quei tecnici, anch'essi purtroppo numerosi, che da frettolose letture, o da mal praticati corsi di istruzione specializzata, hanno tratto cognizioni del tutto approssimative, che non sono poi in grado di applicare, o che applicano in modo così scorretto da aggravare il danno prodotto dall'insufficienza culturale.

Il problema di fondo per la valorizzazione della tecnica attraverso la perizia, o per l'efficienza dei rapporti tra il mondo scientifico e quello giuridico è pur sempre quello discusso nel noto convegno dei medici legali tenutosi a l'Aquila e cioè la scelta del perito veramente idoneo a trattare la specifica materia dei quesiti.

Quanto al contraddittorio che si instauri tra il Consulente d'Ufficio e quello di parte, ricordato che tale contraddizione di tesi avviene nell'interesse del cliente, questo entra nella logica e nella regola della prestazione professionale e deve manifestarsi con serietà e pacatezza, e con argomenti ineccepibili. Può anche essere ammessa una forma polemica, ma non quella che per eccessivo calore, tramuta la disputa tecnica in una sorta di litigio.

Per quanto sopra detto sono palesi le difficoltà e le contrarietà alle quali si espone il Consulente di Parte quando scende sul terreno delle aspre contestazioni nell'ambito della perizia e dei rapporti con l'eventuale Consulente di Controparte.

L'impresa tecnica diventa di secondario impegno rispetto a quella di sapersi destreggiare tra scogli di incomprensione, correnti di interessi, vortici di polemiche.

E sotto il profilo penalistico?

Nel codice del 1930 l'ammissione della perizia in fase dibattimentale era consentita quale rimedio eccezionale a cui il giudice poteva ricorrere solo se le conclusioni cui si poteva giungere con la stessa fossero state determinanti per la pronuncia.

Questo perché, con detto codice, si prevedeva una fase istruttoria, pregiudizio, tale da limitare grandemente la possibilità di disporre nuove prove durante il dibattimento.

Anche nel nuovo codice si trova, diversamente da quanto si potrebbe credere che la perizia ha un carattere residuale. Ciò probabilmente per due motivi:

1. la perizia, ante iudicium, può essere disposta esclusivamente tramite incidente probatorio ed è solo la ampiezza dei casi in cui la stessa può essere decisa a non farla considerare come eccezionale; infatti la stessa può aversi non solo quando è necessario un accertamento relativo ad una persona, cosa o luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile, ma anche quando l'eventuale indagine, tecnico scientifica, richiede per l'espletamento un termine superiore a 60 giorni.

2. I Consulenti Tecnici di Parte possono dare il loro contributo anche al di fuori dei casi in cui può ammettersi la perizia. Pertanto può anche ritenersi sufficiente l'apporto dei consulenti tecnici relegando la perizia dibattimentale solo a casi di estrema necessità.

Rispetto a quanto previsto nel progetto preliminare volendo evitare che la perizia fosse subordinata a situazioni eccezionali, si è fatto richiamo alla richiesta di parte per sottolineare il potere di impulso probatorio riconosciuto dalla stessa.

Quindi alla perizia in dibattimento potrà farsi luogo non solo su iniziativa di parte, ma anche per provvedimento d'ufficio.

Il posto relativamente marginale in cui la perizia è stata relegata può considerarsi come segnale di particolare ambito dibattimentale, entro il quale la perizia deve essere espletata,

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oppure può ritenersi che la stessa si ponga nell'ambito del generale ordine di assunzione di prove?

Si reputa che, nel caso in cui la perizia sia disposta su richiesta di parte, la stessa dovrà farsi nell'ambito stabilito ex art. 496 Codice di Procedura Penale che dispone per ciascuna parte una parziale attività dibattimentale per espletare i propri mezzi di prova.

Nel caso in cui la necessità di disporre una perizia si appalesi solo nel corso, o all'esito dell'espletamento di altre prove, si ritiene di dover fare riferimento all'art. 507 Codice di Procedura Penale che stabilisce che il momento dal quale si può partire per poter assumere nuove prove è quello della conclusione dell'attività di acquisizione probatoria.

Pertanto nel caso di perizia nuova, a differenza degli altri mezzi di prova, non si ritiene indispensabile che questa abbia il requisito della assoluta necessità previsto generalmente dall'art, 506 Codice di Procedura Penale.

Quindi se le parti chiedono una perizia nuova il suo espletamento dovrà avvenire, ex. art.

507, dopo che sia terminata l'acquisizione delle prove ammesse nella fase introduttiva.

E' anche vero che permane il principio secondo cui (art. 496, II) le parti possono disporre un diverso ordine di assunzione delle prove, ossia le parti possono stabilire un'assunzione anticipata della perizia considerando che la stessa può avere elementi di pregiudizialità rispetto alle restanti prove ancora da assumere.

Nel caso invece, che la perizia sia disposta d'ufficio la stessa si pone necessariamente solo all'esito dell'attività di acquisizione delle prove richieste dalle parti.

Anche in tal caso è però possibile che le parti concordino un diverso ordine di assunzione delle prove, disponendo esse concordemente di consentire al giudice l'espletamento della stessa.

Altro caso in cui la perizia ex ufficio può essere esperita anticipatamente rispetto allo svolgimento delle prove delle parti è quello in cui vi sono cause di non rinviabilità ex art. 392 c I lettera f. che consentono la perizia in sede di incidente probatorio.

Poiché il rischio di disperdere le prove può essere elevato sembra ragionevole considerare che l'acquisizione delle stesse sia possibile anche nel corso della istruzione dibattimentale, poiché si potrebbe vanificare, con il non celere svolgimento della stessa, la prova che si intende acquisire.

Con particolare riferimento alla perizia psichiatrica si osserva che se nel codice abrogato la stessa doveva essere disposta solo in presenza di gravi e fondati indizi, nel nuovo codice invece sono richiesti indizi gravi, concreti e fondati che siano indicativi della presenza di uno stato patologico tale da causare nel soggetto afflittone la totale infermità mentale o un vizio parziale di mente, come previsto dall'art. 89 Codice Penale, escludendo così le semplici anomalie o abnormità di comportamento.

Nel codice attuale sono scomparsi i presupposti che condizionavano l'ammissibilità della perizia e specialmente di quella psichiatrica nella fase dibattimentale.

Riguardo ai presupposti della perizia, la stessa è disposta dal giudice anche d'ufficio se si dimostri necessaria come mezzo di accertamento quando le condizioni di incapacità processuale dell'imputato siano palesi.

Comunque per quanto riguarda il nostro intendimento ricordiamo che l'attuale codice di procedura penale prevede all'art. 225 la espressa facoltà delle parti private di nominare propri consulenti tecnici allorquando sia stata disposta una perizia di ufficio.

Ma altresì consente, ex art. 233 che ciascuna parte nomini un Consulente Tecnico anche quando non è stata disposta perizia.

E già nella prima parte di questa relazione abbiamo ricordato le modalità delle prestazioni del Consulente Tecnico di Parte i suoi diritti e le sue facoltà ma soprattutto quello che deve essere il suo comportamento nei confronti del cliente e delle controparti.

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Conclusivamente insistiamo perché anche questi soggetti tecnici informino il loro agire a principi di etica professionale, così come ci auguriamo che sia per tutti gli operatori di giustizia.

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