Indice
Pag.I. Indice 2
II. Riassunto 5
1. Introduzione
1.1 Origine, diffusione e zone di coltivazione dell’olivo 61.2 La produzione e i consumi dell’olio d’oliva 8
1.2.1 A livello mondiale 8
1.2.2 A livello comunitario 9
1.2.3 A livello nazionale 10
1.3 La qualità delle produzioni 13
1.3.1 La rilevanza economica dell’olio d’oliva 14
1.4 L’olivo, la drupa e le avversità 18
1.5 Evoluzione delle componenti dell’oliva durante la maturazione 23
1.6 L’olio extravergine di oliva 24
1.7 La composizione dell’olio extra-vergine di oliva 25
1.7.1 La frazione saponificabile 25
1.7.2 La frazione insaponificabile 28
1.8 Le tecnologie estrattive 32
1.8.1 Fase preliminare di: defogliazione, lavaggio ed eventuale denocciolatura 33
1.8.2 Frangitura delle olive 34
1.8.3 Gramolatura della pasta 38
1.8.4 Separazione dell’olio 40
1.9 La conservazione 44
1.10 Le alterazioni 45
1.11 La rilevanza alimentare e salutistica 48
3 Materiali e metodi
3.1. Le prove di frangitura delle olive 51
3.1.1 Provenienza della materia prima 51
3.1.2. Il frantoio impiegato 52
3.1.3. Variabili operative adottate in una generica prova 54
3.1.4. Prelievo e stoccaggio dei campioni 54
3.2. Valutazione dell’efficacia della tecnologia proposta 55
3.2.2. Determinazione della resa di processo 55
3.2.3. Analisi carpologiche delle olive impiegate 56
3.2.4. Determinazione dell’umidità di olive, paste e sanse 57
3.2.5. Determinazione contenuto in olio nelle olive, paste e sanse 57
3.2.6. Determinazione dell’acidità dell’olio 58
3.2.7. Determinazione del numero di perossidi dell’olio 59
3.2.8. Determinazione dei parametri spettrofotometrici 59
3.2.9. Estrazione della componente fenolica e determinazione del contenuto in fenoli totali dell’olio 60
4 Risultati e discussione
4.1. Andamento delle variabili climatiche nel 2014 e sua influenza sulle caratteristiche delle olive 62
4.2. Andamento delle variabili climatiche nel 2015 e sua influenza sulle caratteristiche delle olive 66
4.3. Prove di estrazione effettuate nel 2014 e caratteristiche composizionali dell’olio 68 4.4. Prove di estrazione effettuate nel 2015 e caratteristiche composizionali dell’olio 73 4.5. Confronto degli oli estratti da olive appartenenti alla cultivar Frantoio ottenute durante le due diverse annate 76
5. Bibliografia
79II Riassunto
L’olio extravergine d’oliva è un elemento essenziale della dieta mediterranea e il suo consumo, grazie alla sua equilibrata composizione acidica e alla presenza di numerosi componenti bioattivi (polifenoli, tocoferoli, ecc.) che vengono coestratti con la frazione lipidica è diffuso in un gran numero di paesi, anche non produttori. Le caratteristiche qualitative di un olio extravergine d’oliva (EVOO) risultano largamente dipendenti dalle numerose variabili operative adottate nel percorso trasformativo oltre che dalla composizione e dallo stato fitosanitario della materia prima. Partendo da queste considerazioni, scopo del seguente lavoro di tesi è stata lo studio dell’influenza delle modalità operative (es: tempi e temperature impiegate nel corso delle singole fasi del processo estrattivo) sulle caratteristiche qualitative e la tipicità di oli monovarietali toscani (frantoio, leccino, moraiolo). Le prove di estrazione condotte impiegando olive della cultivar frantoio sono state effettuate in 2 annate molto diverse dal punto di vista dell’andamento metereologico (2014 e 2015) per evidenziare il ruolo svolto da un fattore, quale quello climatico, che non può essere in alcun modo modificato dal tecnologo alimentare. I dati sperimentali ottenuti evidenziano l’idoneità delle scelte operative adottate in quanto gli olii prodotti, in entrambe le annate, presentano indici composizionali (acidità libera, numero di perossidi, indici spettrofotometrici, contenuto in fenoli totali) più favorevoli di quelli previsti dal disciplinare di produzione dell’olio extravergine di oliva toscano (DM21-7-1998). Inoltre, dal confronto dei valori ottenuti nel 2014 con quelli del 2015, è possibile evidenziare l’esistenza di differenze statisticamente significative per tutti i parametri qualitativi che sono stati valutati in accordo con quanto stabilito dalla normativa vigente (Reg, Ce 544/98) e determinare l’entità dell’influenza delle caratteristiche climatiche sulla composizione dell’olio extravergine d’oliva.
1. Introduzione
1.1. Origine, diffusione e zone di coltivazione dell’olivo
L’olivo appartiene alla famiglia delle Oleacee che comprende 17 generi, tra i quali meritano di essere ricordati, oltre all’Olea, il Fraxinus, il Syringa, il Phillyrea e il Ligustrum.
L’areale di origine dell’Olea Europea L. si colloca presumibilmente nel Vicino Oriente, dove il processo di domesticazione della specie O. Chrysophilla Laxx. ha dato luogo, dapprima, all’Olivo Selvatico o oleastro (O. oleaster L. sinonimo di O. europea oleaster e di O. europea sylvestris), e successivamente all’olivo coltivato (Bandino G. and Dettori S., 2011).
Da tale regione, nei trascorsi 5-6 millenni, l’olivo è stato trasportato e piantato in tutti i territori prospicenti il bacino del Mediterraneo ove si è insediato in terreni di pianura relativamente fertili, in territori collinari e pedomontani e, soprattutto, ha colonizzato e valorizzato molti terreni marginali (figura 1.1) (Fiorino P., 2007).
Figura 1.1. - Origine e diffusione dell’olivo nel bacino del Mediterraneo (Fonte:
Dopo la scoperta dell’America è stato portato dai coloni sia nel sud del nuovo continente (Argentina, Cile e Perù) che nel centro-nord (Messico e Stati Uniti).
Successivamente è stato impiantato in Sud Africa e Australia e più recentemente in Cina (figura 1.2)
A tutt’oggi il 95% della superficie olivata mondiale è ubicata nei Paesi del bacino del Mediterraneo e in quelli immediatamente limitrofi; la restante parte è distribuita negli altri areali che si concentrano tra il 30° e il 45° parallelo di latitudine nord e in misura limitata ma in crescita nella stessa fascia di latitudine sud (Fiorino P., 2007). La zona maggiormente vocata e produttiva, per tale coltura, è il bacino del Mediterraneo il quale, grazie al suo clima temperato, offre le giuste condizione pedo-climatiche necessarie al ciclo biologico dell’Olea Europea L.
1.2 La produzione e i consumi dell’olio d’oliva
1.2.1 A livello mondiale
Analizzando i dati COI (International Olive Council), si nota come l’Europa, che nelle campagne olearie del quinquennio 2004-2009 aveva prodotto in media 2.137.000 tonnellate di olio attestandosi il 76% della produzione mondiale, sia poi regredita alle 2.034.300 tonnellate e quindi al 70.6% nelle campagne olearie 2010-2015.
Nello specifico degli stessi lassi di tempo, il continente asiatico ha aumentato le proprie produzioni passando dal 6,6% all’8,6% in media, con lo stato siriano a fare da padrone, incrementando le proprie produzioni dell’1,2%.
Molto più consistenti sono state le variazione dal continente africano, dove i paesi del nord-africa come Marocco, Tunisia e Turchia, in lenta ma costante crescita tecnico-professionale e produttiva, hanno permesso di passare dal 15,8% (2004-2009) al 18,8% (2010-2015).
America e Oceania si spartiscono la piccola parte restante del totale, rispettivamente con 1,2% e 0,5% di produzione (figura 1.3).
Per quanto concerne i consumi, è sempre l’Europa il continente che fa più uso di olio d’oliva, ma anche in questo caso la percentuale di consumo nel decennio appare in diminuzione, passando dalle 1.936.900 tonnellate (68.8%) in media del quinquennio 2004-2009 alle 1.731.100 tonnellate (57,8%) in media del quinquennio 2010-2015. In questo contesto il continente che ha incrementato maggiormente il consumo di olio è quello asiatico passando dal 8% al 11.5% (+3,5%) grazie soprattutto all’incremento dei consumi registrato dai paesi asiatici economicamente più forti come Cina e Giappone (+0,7%).
Anche il continente americano e quello africano hanno registrato delle crescite nei consumi, rispettivamente +2,7% e + 2,5%; nello specifico in America gli USA e il Brasile sono i paesi con incrementi maggiori (circa 1,1%), mentre in Africa, il Marocco e soprattutto la Turchia segnano crescite rispettivamente di +1,4% e + 1,9%, mentre l’Oceania si attesta sempre l’1,3% dei consumi rimanendo costante (grafico 1.1.).
Grafico 1.1. – Produzioni e consumi di olio d’oliva a livello mondiale (Fonte: COI, 2015)
1.2.2 A livello comunitario
All’interno della Comunità Europea i maggiori produttori di olio d’oliva sono Spagna, Italia e Grecia. Fra questi soltanto la Spagna è riuscita a crescere nell’ultimo decennio passando dal 51,5% in media (2004-2009) al 62,7% in media (2010-2015) di olio prodotto, mentre Italia e Grecia hanno fatto registrare un decremento della produttività, rispettivamente -9,8% e -2,9%, passando dal 29,2% al 19,4% e dal 16,9% al 14%. Anche il Portogallo, nonostante la contenuta produzione ha fatto registrare un incremento pari al +2,5%, mentre Cipro e Francia rimangono stabili con 0,3% e 0,2% di olio prodotto sul totale (grafico 1.2.).
In materia di consumi, i quali risultano lievemente diminuiti nel decennio, siamo passati dalle 1.838.800 tonnellate in media (2004-2009) alle 1.781.300 tonnellate in media (2010-2015). L’Italia rappresenta il paese con i maggiori consumi, anche se in diminuzione dal 39,7% al 35,2%, seguita dalla Spagna che invece i consumi li ha incrementati passando dal 28,6% al 30,5%, seguono Grecia 10,7%, Francia 6,3%, Portogallo 4,5% ed infine la Germania che pur non essendo un paese produttore consuma il 3,4% dell’olio d’oliva prodotto nella CE (grafico 1.2.)
0 10 20 30 40 50 60 70 80
Europa Africa Asia America Oceania
Produzioni e consumi a livello mondiale
Grafico 1.2. – Produzioni e consumi di olio di oliva a livello comunitario (Fonte: COI,
2015)
1.2.3 A livello nazionale
Come precedentemente esposto, l’Italia ha subito una diminuzione delle produzioni nel decennio trascorso di circa il 9,8%. Infatti nel quinquennio delle campagne olearie 2004-2009 produceva in media 623.400 tonnellate di olio d’oliva, per poi passare alle 395.100 tonnellate nel quinquennio 2010-2015. A livello di consumi siamo passati dalle 769.700 tonnellate in media (2004-2009) alle 609.600 tonnellate in media (2010-2015).
Questi numeri evidenziano come il nostro paese non sia autosufficiente, nonostante presieda il secondo posto sul podio dei produttori a livello mondiale.
Storicamente l’Italia è il crocevia degli scambi internazionali perché ha una tradizione di industrie imbottigliatrici che produce a partire da olio italiano e straniero per poi riesportare.
Da qui emerge una forte dipendenza del settore nazionale dalle importazioni, con una propensione all’import che in certi anni può superare il 100% dell’olio prodotto in Italia (tabella 1.1.) (ISMEA, 2015). 0 10 20 30 40 50 60 70
Italia Spagna Germania Francia Portogallo Grecia Altri
Produzioni e consumi a livello comunitario
Tabella 1.1.–Produzioni, import ed export (Fonte: ISMEA su dati ISTAT e AGEA, STIME
2015)
Al di là del dato congiunturale del 2014, legato a una concatenazione di eventi particolarmente sfavorevoli cha ha messo a nudo tutte le criticità del settore oleicolo nazionale, c’è da mettere in evidenza che, a parità di superficie olivicola, l’Italia negli ultimi anni ha perso molta produzione per il fenomeno legato alla non raccolta. I costi di conduzione degli oliveti, soprattutto della fase di raccolta, unitamente a prezzi di mercato considerati non remunerativi e al disaccoppiamento della PAC hanno indotto molti operatori all’abbandono della produzione.
Questo fenomeno ha ridotto le disponibilità di olio italiano, rendendo il settore ancora più dipendente dall’estero.
In Italia sono coltivati ad olivo 1,07 milioni di ettari di superficie, sui quali insistono 825.000 aziende olivicole (ISMEA, 2015).
Tradizionalmente, e per motivi pedoclimatici, la coltivazione dell’olivo è prevalentemente nel Sud, con la Puglia che da sola copre il 33% della produzione nazionale. Nel Centro e in qualche regione del Nord la produzione, bassa in termini quantitativi, assume un ruolo molto importante nel panorama produttivo locale e con un gradimento molto elevato da parte dei mercati, presso i quali spunta generalmente prezzi nettamente superiori.
Degli oltre 4.900 frantoi 910 sono dislocati in Puglia. Segue la Calabria con 817.
L’estrema frammentarietà della produzione italiana emerge anche dal numero di frantoi: quasi 5000 contro i 1600-1700 della Spagna. Il 70% dei frantoi italiani molisce meno di 5.000 quintali di olive.
Il gran numero di frantoi, se da un lato aumenta i costi del sistema, dall’altro potrebbe rappresentare garanzia di qualità. La prossimità del frantoio al luogo di produzione assicura la molitura entro le 24 ore, requisito essenziale per la qualità (ISMEA, 2015).
Il 59 % dell’olio di oliva (produzione interna più import) è destinato al consumo interno, il 37% è esportato. Il consumo di olio extravergine d’oliva è di oltre l’80% all’interno delle mura domestiche, mentre scende presumibilmente nel canale Ho.re.ca (Hotellerie-Restaurant-Catering).
L’olio destinato dalle aziende direttamente agli acquisti dei privati è in media il 25% dell’intera produzione. Negli ultimi anni sta diminuendo il fenomeno dell’approvvigionamento che veniva fatto direttamente ai frantoi nei primi mesi di campagna e che sarebbe servito alle famiglie durante tutto l’anno (ISMEA, 2015).
1.3 La qualità delle produzioni
Dopo l’excursus sulle produzioni, risulta di grande importanza analizzare la qualità degli oli d’oliva commercializzati dai grandi paesi produttori.
Definire il concetto di qualità è senza dubbio complesso. La qualità di un prodotto alimentare esprime l’insieme delle caratteristiche organolettiche che inducono il consumatore a preferirlo rispetto ad un altro.
Secondo la norma UNI-ISO 8402: “Qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite dei consumatori”.
Gli oli vengano classificati principalmente in funzione dell’acidità espressa in acido oleico e suddividono in:
OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA: olio di gusto assolutamente perfetto, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,8 g. per 100 g. di olio;
OLIO VERGINE DI OLIVA: olio di gusto perfetto, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 2 g. per 100 g. di olio;
OLIO DI OLIVA LAMPANTE: olio di gusto imperfetto, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è superiore a 2 g. per 100 g. di olio;
OLIO DI OLIVA: ottenuto dalla miscela di olio di oliva raffinato e olio di oliva vergine, diverso dal lampante, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 2 g. per 100 g. di olio;
OLIO DI SANSA DI OLIVA: ottenuto dalla miscela di olio di sansa raffinato e olio di oliva vergine, diverso dal lampante, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 1 g. per 100 g. di olio
Come è noto alta produttività molto spesso non è sinonimo di qualità. Questo è il caso della Spagna, che pur essendo il paese leader a livello mondiale nella produzione di olio, riesce a produrre soltanto il 33% di olio extravergine d’oliva (EU-DG AGRI, 2012). Diverso è il caso dell’Italia, la quale nonostante sia il secondo paese produttrice al mondo, produce circa il 60% di olio extravergine d’oliva (EU-DG AGRI, 2012) e detiene il più alto livello di denominazioni (Dop o Igp).
La Grecia, terzo paese produttore a livello comunitario, presenta invece una situazione molto interessante in termini di qualità, infatti la produzione di olio extravergine di oliva
in questo paese oscilla fra 65 e 80% dell’olio prodotto (USDA, 2014). Tale oscillazione è funzione delle annate e delle dinamiche agronomico-ambientali che ne condizionano la qualità e le quantità.
Uscendo dall’Europa o meglio dal bacino del mediterraneo, zona particolarmente vocata per l’olivicoltura, non si trovano oli extravergine di oliva in grado di competere in termini di qualità con le produzioni italiane e soprattutto greche.
1.3.1. La rilevanza economica dell’olio d’oliva
Degli oli di qualità riconosciuti in Unione Europea, quasi il 40% è rappresentato da marchi italiani, pari a 43 prodotti a denominazione (di cui un Igp). Seguono Grecia e Spagna con 29 riconoscimenti a testa. Gli oli extravergini Dop e Igp vantano un valore al consumo di 112 milioni di euro.
Il valore alla produzione del prodotto sfuso è di 56 milioni di euro. Il valore all’export è di 40 milioni di euro.
La produzione di olio certificato, tuttavia, non supera il 2-3% del totale. Si raggiunge il 6% ragionando in termini di valore. La produzione italiana di olio Dop/Igp certificato nel 2014 ha sfiorato le 10 mila tonnellate, ancora troppo poco rispetto alle potenzialità. La produzione resta ancora molto concentrata su poche denominazioni: le prime 5 (Terre di Bari, Toscano Igp, Val di Mazara, Riviera Ligure, Umbria) assorbono oltre il 75% dell’intera produzione nazionale (ISMEA, 2015).
Figura 1.3.– La geografia degli oli Dop/Igp in Italia (Fonte: ISMEA, 2015)
Il mercato italiano è molto correlato a quello spagnolo, soprattutto nel segmento del lampante. Il lampante, a livello internazionale è il prodotto «guida» del settore in termine di andamento dei prezzi dove quello italiano appare regolarmente inferiore a quello spagnolo anche per caratteristiche chimico-fisiche più basse (grafico 1.3.) (ISMEA, 2015).
Grafico 1.3. – Prodotto sfuso, franco frantoio, IVA inclusa “olio lampante” (Fonte:
ISMEA, 2015)
Diverso è il mercato dell’extravergine dove il prodotto italiano spunta un prezzo regolarmente più elevato al netto di una variabilità estremamente spinta (grafico 1.4.) (Fonte: ISMEA, 2015).
Grafico 1.4. – Prodotto sfuso, franco frantoio, IVA inclusa “olio extravergine” (Fonte:
ISMEA, 2015)
Il problema di fondo dell’olivicoltura nazionale è la scarsa redditività, specie nella fase agricola. Infatti, per ogni 100 euro spesi dal consumatore nella vendita al dettaglio, 49 euro sono destinati alla fase agricola che però ne utilizza 47 per coprire i costi. Tuttavia, l’analisi della catena del valore rivela che anche le altre due fasi prima della distribuzione,
frantoi e imbottigliamento (che in molti casi coincidono nella stessa azienda) risultano avere margini limitati. Il problema, quindi, più che la ripartizione del valore lungo la filiera è quello di aumentare il valore da ripartire nella filiera. Su questo fronte le politiche volte alla distribuzione di perenne promozione dell’olio rappresentano un limite determinante (grafico 1.5.) (ISMEA, 2015).
Grafico 1.5. – Ripartizione del valore lungo la filiera “Piano Olivicolo Nazionale”
1.3 L’olivo, la drupa e difficoltà di gestione della pianta.
L’OLIVO (Olea Europea L.) è una pianta tipicamente mediterranea, particolarmente adatta a regioni di tipo temperato caldo caratterizzate da stagioni estive lunghe ed asciutte. Dal punto di vista botanico l’olivo è praticamente l’unica specie, tra le 600 circa che compongono la famiglia cui appartiene, le Oleaceae, a frutto commestibile.
All’interno del genere Olea vengono ascritte 30-35 specie ben distribuite dall’Africa all’Oceania, tutte con uguale numero cromosomico (2n = 2x = 46) e suddivise in tre gruppi geograficamente corrispondenti ad altrettanti macro areali: afro-mediterraneo, indo-cino-malese e natalense-malgascio (Fiorino P. 2007).
Sebbene sulla classificazione botanica dell’olivo persistano pareri controversi, viene da tempo comunemente accettata la distinzione all’interno della specie Olea europea di due sottospecie, sativa (=communis) ed oleaster (=sylvestris), corrispondenti rispettivamente alla forma coltivata ed a quella selvatica della specie. Non è raro che l’oleastro, cioè la sottospecie spontanea, venga confuso, anche solo terminologicamente, con l’olivastro che nella pratica vivaistica indica un individuo proveniente dal seme comunemente utilizzato come portinnesto delle cultivar (Fiorino P. 2007).
L’olivo allo stato spontaneo ha un habitus cespuglioso, con chioma tendenzialmente globosa o conica, mentre quello coltivato ha un portamento ad albero, costituito da uno o più tronchi.
E’ una specie sempreverde ad accrescimento basitono, molto longeva grazie alla capacità di autorigenerazione attraverso l’emissione di polloni dal colletto; è particolarmente rustica, resistente alla siccità, alla salinità, ai terreni argillosi, relativamente al freddo. I rami hanno portamento diverso (assurgente, orizzontale o pendulo). Si distinguono rami a legno, misti, a frutto (vermene), succhioni e polloni. I rami a frutto sono generalmente laterali o sono il prolungamento del ramo di un anno. I rami a legno (maschioncelli) sono generalmente dorsali alle branchette fruttifere, e destinati a dare origine successivamente a rami misti od a frutto. I succhioni e polloni sono vegetativi e molto vigorosi.
Le foglie si formano sul ramo dalla primavera all'autunno e restano vitali fino a due anni di età; all'ascella di ogni foglia si trova una gemma, che potrà dare luogo una infiorescenza (se era gemma a fiore) o ad un germoglio (se era gemma a legno). Molte gemme a legno possono rimanere ferme e svilupparsi anche dopo vari anni, come per esempio in seguito a grossi tagli di potatura.
L'apparato radicale è alquanto esteso e molto superficiale, costituito principalmente da radici avventizie che si espandono lateralmente e superficialmente; nell'albero adulto la zona del colletto (punto di intersezione tra fusto e radice) risulta ingrossata ed ampia (prende il nome di "pedale" o di "ceppaia" o di "ciocco") ed è caratterizzata dalla presenza di formazioni più o meno sferiche (ovuli), dai quali facilmente si sviluppano dei germogli (polloni); se la base di un pollone viene interrata emette con facilità radici, dando luogo al “pollone radicato”.
Il fiore è ermafrodita e riunito in infiorescenze (mignole), possiede cioè uniti gli organi maschili (due stami) e quello femminile (pistillo); è molto piccolo (3-5 mm) e la sua corolla è costituita da quattro petali biancastri saldati fra di loro alla base; il pistillo è tozzo, breve, provvisto di uno stimma ampio piumato, ricco di papille e quindi molto adatto a trattenere facilmente il polline. Tuttavia una buona parte delle varietà italiane è autosterile, pertanto la fecondazione dell'olivo è prevalentemente eterogama (cioè con piante che presentano due tipi distinti di fiori): l’impollinazione è anemofila (cioè avviene per mezzo del vento), anche a notevole distanza tra le piante.
La differenziazione delle gemme avviene tra la fine di febbraio e metà marzo e si conclude con la fase di “mignolatura”. L’induzione antogena avviene nel precedente mese di dicembre.
LA DRUPA dell’olivo è un frutto di forma più o meno ovale, di peso 1,5-4,5 g in funzione della varietà. In esso possiamo individuare una parte esterna (epicarpo) sottile ed elastica, che rappresenta mediamente l’1,5-3,5% del peso della drupa, un mesocarpo (polpa) oleaginoso che costituisce il 70-80%, un endocarpo (nocciolo) duro e legnoso, che contribuisce per il 15-25% al peso del frutto e il seme vero e proprio (mandorla), pari al 2,5-4% (figura 1.5.). Tali rapporti sono soprattutto legati al fattore varietale (Frega N. et al., 1998).
Figura 1.5. – Struttura e composizione percentuale dell’oliva
La composizione percentuale della drupa, della polpa, del nocciolo e del seme è mediamente rappresentata dai costituenti riportati in tabella 1.2.
Tabella 1.2. – Composizione media percentuale dei macro-costituenti dell’oliva
(Vitagliano M., 2011)
Drupa Polpa Nocciolo Seme
Acqua 50.0 59.0 15.0 35.0 Olio 21.0 25.0 0.5 28.0 Sostanze azotate (*) 1.5 2.0 3.0 8.0 Estratti inazotati 18.0 7.0 38.5 24.0 Fibra grezza 8.0 6.0 40.0 4.0 Ceneri 1.5 1.0 3.0 1.0 (*)= N x 6.25 Mesocarpo 70-80% Endocarpo 15-25% Endosperma 2,5-4% Embrione Epicarpo 1,5-3,5%
L’oliva, data la sua marcata biodiversità, ha una composizione molto variabile in funzione di fattori climatico-ambientali, agronomici e genetici. Il frutto contiene composti solubili in acqua, incluso zuccheri semplici, acidi organici, sostanze azotate, composti fenolici e una frazione insolubile di colloidi naturali. I colloidi della drupa, compresi i componenti della parete cellulare o della lamella mediana, sono rappresentati da: emicellulose, cellulose, pectine, proteine enzimatiche e proteine strutturali. Gli zuccheri riducenti più importanti trovati nelle olive sono invece: glucosio, fruttosio e saccarosio; mentre acido citrico, acido malico e acido ossalico sono i maggiori acidi organici. Nella composizione dell’olio, la frazione fenolica, la quale include i precursori degli antiossidanti naturali presenti nell’olio vergine di oliva, è di grande importanza. I composti fenolici presenti nella drupa (da 0,5 a 2,5% del peso fresco) sono per lo più rappresentati da Oleuropeina e Dimetil-oleuropeina. Queste sostanze si trovano maggiormente nella buccia e nella polpa, mentre il seme contiene Nuzhenide, che non si trova nella polpa e il quale non è considerato un precursore dei composti fenolici. I lignani invece si trovano sia nella polpa che nel seme legnoso La buccia e la polpa insieme contengono più del 90% della concentrazione fenolica del frutto, la quale varia significativamente a seconda della cultivar e dello stadio di maturazione dell’oliva (Servili et al., 2012).
Tra le oltre 250 specie di possibili infestanti (insetti, acari, nematodi, funghi, batteri, virus), che sia nelle zone interne che in quelle litoranee possono rendere DIFFICILE la GESTIONE DELLA PIANTA di olivo, solo alcune sono ritenute dannose e quindi regolarmente combattute. Tra gli insetti troviamo in ordine di pericolosità la mosca (Bactrocera oleae), la cocciniglia (Saissetia oleae), la tignola (Prays oleae); tra le crittogame l’occhio di pavone (Spilocaea oleaginea) e, anche a causa di una certa recrudescenza avvenuta negli ultimi anni, della piombatura dell’olivo (Pseudocercospora cladosporioides) oltre al complesso di funghi che determina la fumaggine; tra le batteriosi l’unica che merita di essere menzionata, per la sua diffusione, è la rogna dell’olivo (Pseudomonas Savastanoi pv. Savastanoi). L’ampia distribuzione della coltura e le numerose diversità morfologiche e microclimatiche presenti, unite all’esistenza in percentuale variabile di più cultivar, fanno sì che sia presente una notevole variabilità nella diffusione e nell’incidenza del danno dei suddetti parassiti (Rizzo D. et al., 2010). La mosca delle olive è specie di origine paleartica distribuita prevalentemente nelle regioni circummediterranee. Si trova anche in Africa del sud, nelle Canarie e in Asia Centrale nella zona del Mar Nero e in India. In Italia è presente in tutte le principali aree olivicole, sia pure con differenti densità di popolazione.
Lo sviluppo degli insetti è un fenomeno complesso risultante dalla interazione di fattori endogeni, come la costituzione genetica, di fattori alimentari e di fattori ambientali, quali temperatura, umidità e luce.
Nei climi temperati la temperatura rappresenta il fattore ambientale più importante. Infatti in tutti gli organismi pecilotermi la velocità di sviluppo, e di conseguenza la durata delle diverse fasi di sviluppo, è direttamente dipendente dalla temperatura. Tale relazione è lineare entro un certo intervallo di temperatura, caratteristico per ciascuna specie, mentre al di fuori di esso la velocità di sviluppo varia in modo non lineare e assume il valore zero in corrispondenza della soglia termica inferiore (Rizzo D. et al., 2010)
Relativamente alla produzione di olive da olio il danno, ai fini tecnologici, più importante riguarda sicuramente l’alterazione qualitativa delle olive e conseguentemente dell’olio. L’infestazione della mosca causa indirettamente una serie di alterazioni biochimiche nell’oliva con conseguenze più o meno gravi sulla qualità dell’olio. L’effetto più noto è sicuramente l’aumento del grado di acidità derivante dall’idrolisi enzimatica degli acidi grassi che viene a essere accelerata dal contatto dell’ossigeno dell’aria con le sostanze grasse del frutto e dall’azione di batteri e funghi (figura 1.6)
1.4 Evoluzione delle componenti dell’oliva durante la
maturazione
La maturazione dei frutti richiede diversi mesi e la sua durata dipende da molteplici fattori, quali la cultivar, le condizioni pedoclimatiche e le pratiche agronomiche adottate. Con il procedere dell’epoca di maturazione si osserva un accumulo di carboidrati nel mesocarpo la cui concentrazione tende a diminuire quando diviene sempre più rilevante la sintesi dei componenti dell’olio che decorre principalmente all’interno dei mitocondri (processo di inolizione). L’olio occupa, alla maturazione fisiologica dell’oliva, l’80% dello spazio intracellulare ed è sostanzialmente collocato in una struttura cosiddetta vacuolare (olio disponibile o libero); la parte rimanente pari a circa il 15-20% è invece distribuita nella struttura citoplasmatica (olio legato). Il primo, facilmente estraibile, è nettamente separato dal contenuto citoplasmatico mediante barriere che impediscono lo scambio con gli enzimi contenuti nelle cellule. Il disfacimento che si ha con il progredire della maturazione consente a questi enzimi di venire a contatto con il loro substrato (olio) provocando i problemi di inacidimento e irrancidimento. Nel corso dell’accrescimento e della maturazione del frutto importanti variazioni compositive si hanno sia a carico degli acidi grassi che di alcuni componenti minori. Una evoluzione è subita anche dai componenti inorganici: il Calcio diminuisce, mentre Potassio, Magnesio e Fosforo aumentano. Anche le modalità di raccolta e di conservazione del frutto (in funzione del grado di maturazione) influenzano la composizione chimica dell’olio ed ancora di più i meccanismi di estrazione (grafico 1.6.) (Frega N. et al., 1998).
Grafico1.6.–Fasi fenologiche della maturazione delle olive (Fonte: www.agrivillafederica.it)
Risulta però importante considerare che le differenze climatiche, le fluttuazioni metereologiche stagionali (temperatura e piovosità) e l’altitudine, possono influenzare il comportamento fisiologico dell’olivo e conseguentemente il processo di maturazione dei frutti, modificando le caratteristiche quantitative e qualitative dell’olio d’oliva (Tura D. et al., 2002).
Per quanto concerne le temperature, si nota che, gli alti regimi termici (tipici del Sud Italia) consentono una maturazione della drupa più veloce; temperature più basse invece influenzano positivamente il rapporto fra i valori percentuali di acidi grassi saturi e insaturi.
La piovosità è invece correlata, in modo negativo, con il contenuto di fenoli totali dell’olio ma in modo positivo con la quantità di composti volatili presenti nel prodotto.
L’altitudine condiziona negativamente le concentrazioni di alcuni steroli, alcoli triterpenici e idrocarburi, infatti oli ottenuti a 100 metri di altitudine risultano avere contenuti più elevati di fenoli rispetto a quelli ottenuti a 400 metri di altitudine (Ranalli A. et al., 1999).
1.5 L’olio extravergine di oliva
Secondo il Regolamento CEE n° 2568/91 e s.m.i. “L’olio di oliva vergine è ottenuto dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o fisici, in condizioni che non causino alterazioni dell’olio, senza subire alcun trattamento diverso da lavaggio, decantazione, centrifugazione e filtrazione.
L’olio extravergine in particolare deve subire, alla valutazione organolettica effettuata da un panel di esperti degustatori, una mediana del difetto pari a zero ed una mediana del fruttato superiore a zero. Deve avere acidità libera (espressa come grammi di acido oleico su 100 g di olio) inferiore a 0.8 ed avere le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria” (Regolamento CEE N. 2568/91 s.m.i.)
In tabella 1.3.sono riportati i criteri di qualità per l’olio di oliva extravergine, così come definiti nell’Allegato I del Regolamento CEE 2568/91 e s.m.i., in particolare acidità %, indici spettrofotometrici e valutazione organolettica.
Tabella 1.3. – Caratteristiche dell’olio extravergine di oliva (Allegato I del Regolamento
CEE 2568/91 e s.m.i.)
PARAMETRO ANALITICO LIMITE DI LEGGE
Acidità (%) (*) ≤ 0.8
Numero di perossidi meqO2/kg (*) ≤ 20
Cere mg/kg ≤ 250
Acidi saturi in posizione 2 del trigliceride (%) ≤ 1.5
Stigmastadiene mg/kg ≤ 0.15
Differenza ECN42 HPLC e ECN42 (calcolo teorico) ≤ 0.2
K 232 (*) ≤ 2.5
K 270 (*) ≤ 0.22
ΔK (*) ≤ 0.01
Valutazione organolettica Mediana del difetto (Md) (*) Md = 0
Valutazione organolettica Mediana del fruttato (Mf) (*) Mf > 0
COMPOSIZIONE ACIDICA Miristico (%) ≤ 0.05 Linoleico (%) ≤ 1.0 Arachidico (%) ≤ 0.6 Eicosanoico (%) ≤ 0.4 Beenico (%) ≤ 0.2 Lignocerico (%) ≤ 0.2
Somma degli isomeri transoleici (%) ≤ 0.05
Somma degli isomeri translinoleici + translinolenici (%) ≤ 0.05
COMPOSIZIONE IN STEROLI Colesterolo (%) ≤ 0.5 Brassicasterolo (%) ≤ 0.1 Campesterolo (%) ≤ 4.0 Stigmasterolo (%) < Campesterolo Betasitosterolo (%) ≥ 93.0 Delta-7-stigmasterolo (%) ≤ 0.5 Steroli totali (mg/kg) ≥ 1000 Eritrodiolo e uvaolo (%) ≤ 4.5
(*) l’inosservanza di uno solo di questi vincoli comporta la variazione della categoria
ccccccccacacategoria merceologica merceologica
1.7 La composizione chimica dell’olio extravergine
d’oliva
L’olio extravergine d’oliva presenta una composizione chimica complessa ed eterogenea, che è funzione di numerosi fattori, come la zona di produzione, la varietà delle olive, il processo estrattivo impiegato che esercita un ruolo rilevante nel condizionare la composizione e quindi la conservabilità oltre che la qualità ed il valore merceologico. L’olio extravergine di oliva è costituito da una frazione gliceridica (97,5-99,5%), e da una frazione massivamente più ridotta (0,5-2,5%), costituita da un gruppo numeroso ed eterogeneo di componenti.
1.7.1 La frazione saponificabile
La frazione saponificabile o gliceridica dell’olio d’oliva è costituita da una miscela di gliceridi (esteri degli acidi grassi con glicerolo); questa miscela è suddivisa in monoglicerdi (0,1-0,2%), diglicerdi (2,0-3,0%) e trigliceridi (94,8-99,5%). Sono altresì pochissimi gli acidi grassi liberi che quando sono presenti in grandi quantità fanno aumentare il valore dell’acidità, quindi la possibilità degli oli di ossidarsi, a partire dai radicali liberi, rendendo un olio sgradevole.
I trigliceridi, che in origine si trovano quasi esclusivamente nella polpa delle olive, sono fonte di energia per l'organismo umano, infatti apportano acidi grassi essenziali non riproducibili dall'organismo (in particolare sono essenziali gli acidi linoleico e linolenico, quali fonti di ω-3 e ω-6), favoriscono l'assorbimento di vitamine liposolubili, hanno azione plastica nella strutturazione delle membrane cellulari, azione funzionale come precursori delle prostaglandine, protettiva (quelli insaturi) per l'azione verso i radicali liberi e il colesterolo nell'organismo.
La composizione percentuale degli acidi grassi nell’olio extravergine di oliva, varia secondo le condizioni climatiche e agronomiche, si possono comunque riscontrare alcune differenziazioni e similitudini tra oli di regioni diverse (Tabella 1.4) (Urbani S., 2006).
Tabella 1.4. – Composizione percentuale acidi grassi dell’olio d’oliva
Acidi grassi % Miristico (C14:0) >0,1 Palmitico (C16:0) 7,0-17,0 Palmitoleico (C16:1) 0,3-3,0 Stearico (C18:0) 1,5-4,0 Oleico (C18:1) 63,0-83,0 Linoleico (C18:1) 5,0-13,5 Linolenico (C18:1) >1,5 Arachico (C20:0) >0,7 Behenico (C22:0) >0,3 Lignocerico (24:0) >0,5
Oltre che in base al numero di atomi di carbonio coinvolti nella loro catena alchilica, gli acidi grassi si distinguono anche sulla base del grado di insaturazione, ovvero del numero di doppi legami eventualmente presenti nella struttura.
Tra i componenti saponificabili si annoverano anche i fosfolipidi (circa 1%) in cui un gruppo idrossilico della glicerina viene esterificato dall’acido orto-fosforico che a sua volta può essere legato ad una molecola di colina (fosfatidilcolina) o una unità di dietanol-ammina (fosfatidiletanoldietanol-ammina) composti che contribuiscono ad incrementare il potere antiossidante di un olio ovvero la sua resistenza ai processi ossidativi.
Alla frazione del saponificabile afferiscono anche: le cere (miscele complesse di esteri di acidi grassi a lunga catena con alcoli ottenuti dalla loro riduzione che costituiscono il rivestimento protettivo della drupa); e gli sfingolipidi (ammidi di acidi grassi con basi a lunga catena idrocarburica).
1.7.2 La frazione insaponificabile
La frazione insaponificabile, cioè la parte che non subisce nessuna alterazione se sottoposta all’azione di alcali concentrati, rappresenta lo 0,5-2,5% del totale e comprende circa 230 sostanze, alcune delle quali dotate di valore terapeutico e nutrizionale (alcoli e steroli), altre rappresentano la parte principale della componente aromatica dell’olio (polifenoli) e altre ancora (tocoferoli e polifenoli) sono efficaci antiossidanti naturali in grado di conferire al prodotto resistenza all’invecchiamento e all’irrancidimento (Vitagliano M., 2011).
Le principali classi di sostanze presenti nella frazione insaponificabile sono:
IDROCARBURI :(50% della frazione insaponificabile) costituiti da un gruppo eterogeneo di composti saturi e insaturi. Il più importante è lo squalene (300-700ppm), un terpene con 30 atomi di carbonio e 6 doppi legami responsabile, insieme ad alcuni composti fenolici, degli effetti benefici esercitati dall’olio d’oliva sull’uomo e precursore per la sintesi di colesterolo e degli ormoni steroidei (Ronco A.L. et De Stefani E., 2013).
TOCOFEROLI: Vitamina E, presenti in quantità variabili in funzione dei fattori biologici e tecnologici, hanno una concentrazione media di 250ppm. Nell’olio extra vergine di oliva sono costituiti in prevalenza dall’α-tocoferolo che rappresenta circa il 90% dei tocoferoli totali e da quantità minori di ß- e γ-tocoferolo e δ-γ-tocoferolo Tutte e quattro i composti sono caratterizzati dal punto di vista chimico dalla presenza comune dell’anello del cromen-6-olo e da una catena alifatica costituita dal fitile, la disposizione dei gruppi metilici sull’anello del cromen-6-olo permette di distinguere i quattro isomeri. I tocoferoli e in particolar modo l’α-tocoferolo (è la forma più attiva) svolgono un importante ruolo come sostanze ad attività antiossidante e vitaminica (Urbani S., 2006). ALCOLI ALIFATICI SUPERIORI: nell’olio si trovano esterificati con gli acidi
ALCOLI DI-e-TRI-TERPENICI: precursori biogenetici degli steroli, hanno strutture complesse e svolgono un ruolo biologico fondamentale, ostacolando l’assorbimento del colesterolo a livello intestinale. Tra i di-terpenici si possono annoverare il ciclo-artenolo e il 24-metilen-cicloartenolo; fra i tri-terpenici si ricordano l’uvaolo e l’eritridiolo, significativamente presenti negli oli di sansa estratti con solventi organici in cui questi composti risultano particolarmente solubili.
ACIDI TRITERPENICI: fra cui ricordiamo gli acidi oleanolico, ursolico e maslinico presenti sulla buccia del frutto, aventi funzione protettiva contro i parassiti.
STEROLI: nell’olio sono presenti con una concentrazione che varia da 0,2-0,5% e sono quindi la frazione insaponificabile più rappresentativa dopo gli idrocarburi. Questo complesso si sostanze organiche aromatiche è presente in una specifica quantità e composizione per ogni specie vegetale; nell’olio d’oliva prevale il β-sitosterolo (>90% degli steroli) e pertanto una percentuale inferiore di tale composto denuncia l’aggiunta fraudolenta di un altro olio a quello d’oliva. Oltre al β-sitosterolo, sono presenti: il campesterolo, lo stigmasterolo e il Δ-5-avenasterolo. Nell’organismo promuovono la riduzione del tenore in lipoproteine a bassa densità (LDL).
PIGMENTI: il colore dell’olio vergine di oliva è dovuto alla presenza di particolari pigmenti, quali i carotenoidi e le clorofille. I carotenoidi sono sostanze liposolubili, di colore giallo, arancio, rosso, la cui sintesi avviene solo nei vegetali; sono precursori della vitamina A e nell’olio assumono concentrazioni variabili in funzione del grado di maturazione delle olive lavorate, del sistema di estrazione e delle modalità di conservazione. I carotenoidi presenti sono il β-carotene (0,3-4,2 ppm), luteina, violaxantina, luteoxantina e licopene.
Le clorofille sono pigmenti liposolubili che conferiscono agli oli il colore verde e variano in relazione alla cultivar e allo stadio di maturazione dei frutti. Sono pro-ossidanti in grado di promuovere l’ossidazione di acidi grassi e oli in presenza di luce, tuttavia al buio hanno un’azione opposta come antiossidanti. Nell’olio troviamo: la clorofilla a e la clorofilla b.
VITAMINE: oltre alle vitamine E ed A, nell’olio d’oliva sono presenti anche altre importanti vitamine liposolubili, come la vitamina D (D2) che svolge un ruolo
importante nel metabolismo di fissazione del Calcio e la vitamina K, nota per la sua azione antiemorragica.
UBICHINONI: nell’olio d’oliva si ritrova il coenzima Q10, presente in concentrazioni estremamente limitate (0-40 ppm) e variabili in funzione dell’epoca di raccolta. Da un punto di vista biochimico, l’ubichinone svolge un ruolo metabolico fondamentale come trasportatore di elettroni.
SOSTANZE FENOLICHE: l’olio extra-vergine di oliva è l’unico grasso vegetale che contiene delle quantità apprezzabili di sostanze fenoliche oscillanti mediamente tra 60 e 400 mg/kg. Le sostanze fenoliche si accumulano in fase lipidica nel corso del processo di estrazione meccanica dell’olio a partire dai polifenoli glucosidici presenti nel frutto dell’oliva. Le unità fenoliche, proprio per la loro struttura chimica, non evidenziano un’elevata solubilità nell’olio ma si ritrovano all’interno delle micro-goccioline di acqua disperse in fase lipidica. La composizione fenolica del frutto è strettamente legata al genotipo. La presenza dell’oleuropeina nelle olive è stata dimostrata in tutte le cultivars, al contrario la demetiloleuropeina e il verbascoside sono direttamente correlate alla cultivar e, per questo, possono essere utilizzate come marker dell’origine genetica del frutto (Urbani S., 2006).
Anche il grado di maturazione raggiunto delle drupe alla raccolta, il quale è influenzato anche dai fattori agronomici (Ye J.H. et al., 2014), condiziona fortemente la composizione fenolica, infatti, durante la maturazione si assiste a un diminuzione della concentrazione dell’oleuropeina, e ad un aumento della demetiloleuropeina per poi decrescere entrambe nei momenti successivi alla pigmentazione completa della drupa. La fase successiva alla pigmentazione superficiale costituisce quindi un momento di profonda trasformazione fisiologica e anatomica del frutto, che si traduce in una diminuzione dei costituenti fenolici e dei volatili con una conseguente tendenza all’appiattimento organolettico dell’olio (Urbani S., 2006).
Inoltre il contenuto in sostanze fenoliche di un olio, varia in funzione di altri fattori come: le condizioni agronomiche e climatiche, lo stato fitosanitario della drupe, la tecnica di estrazione impiegata e le modalità di conservazione.
I composti fenoli presenti nell’olio d’oliva vergine possono essere suddivisi in cinque classi principali:
1. FENIL-ETIL ALCOLI tra questi composti ricordiamo l’idrossitirosolo (3,4-diidrossifenil etanolo 3,4-DHPEA) avente spiccata attività antiossidante e il tirosolo (p-idrossifenil etanolo p-HPEA). La loro concentrazione risulta residua nell’olio appena estratto per poi aumentare durante la conservazione e quindi il progredire dell’idrolisi dei secoridoidi come oleuropeina e lingstroside.
2. ACIDI FENOLICI questi composti sono derivati dell’acido benzoico, dell’acido cinnamico e dell’acido fenil acetico. A questa classe di composti appartengo l’acido caffeico, vanillico, siringico, p-cumarico, o-cumarico, protocatechico, sinapico e
p-idrossibezoico. Questi acidi fenolici giocano un ruolo importante nel conferire colore e qualità sensoriale (Schneider S., 2016).
3. FLAVONOIDI nel frutto dell’oliva e seguentemente nell’olio ritroviamo flavonoidi glucosidici quali luteina-7-glucoside e rutina e anche degli antociani come la cianidina e la delfinidina glucoside (Urbani S., 2006). 4. SECOIRIDOIDI sono dei composti esclusivi delle piante appartenenti alla
famiglia delle olearupeace che includono Olea europea L. quindi il frutto dell’oliva e l’olio vergine di oliva contengono secoiridoidi. I composti fenolici classificati come secoiridoidi sono caratterrizati dal punto di vista chimico dalla presenza di acido elenolico e dai sui derivati. I secoridoidi più abbondanti nell’oliva sono: l’oleuropeina, demetiloleuropeina, verbascoside e nüzhenide (Urbani S., 2006).
Nell’olio di trasferisce soltanto la parte meno polare, che ha perso per idrolisi (β-glucosidasi) l’unità glucidica; mentre nelle acque di vegetazione si ritrovano elevate concentrazioni della forma glicosidica. 5. LIGNANI a questa classe di composti appartengono: (+)
-1-acetossipinoresinolo, (+) -1-pinoresinolo e (+) -1- idrossipinoresinolo. I lignani sono dei potenti agenti antiossidanti inoltre svolgono un azione protettiva nei confronti del tumore al seno, colon e prostata. I lignani sono presenti all’interno del nocciolo della drupa (Talhaoui N. et al., 2016) e non sono quindi presenti in oli derivanti da olive denocciolate.
1.8 Le tecnologie estrattive
L’olio di oliva è la sostanza grassa per eccellenza per l’Italia quale produttrice e consumatrice, ma ciò che lo rende prezioso è la possibilità di poterlo consumare allo stato grezzo, cioè senza che abbia subito alcuna manipolazione. La scelta del metodo di raccolta e la sua influenza sulla qualità dell’olio d’oliva, è relativa ai suoi effetti nel preservare l’integrità del frutto (Cladoveo M.L. et al., 2014). Per tale motivo, nelle zone olivicole più avanzate la raccolta delle drupe è eseguita con il costosissimo sistema della brucatura e con una tecnica di oleificazione sempre più accurata per realizzare un prodotto non solo indenne da qualsiasi difetto, ma con le migliori caratteristiche organolettiche, quali aroma e sapore. Per quanto concerne la limpidezza, si pone esattamente all’opposto del vino, infatti, mentre si pretende che questa bevanda sia otticamente vuota, l’olio d’oliva è preferito torbido, cioè con il suo contenuto naturale di emicellulose, così come si ottiene dalla spremitura della drupa.
L’olio d’oliva è, fra tutte le sostanze grasse alimentari, il più costoso e pertanto frequentemente oggetto di adulterazioni da parte di astuti e provetti sofisticatori.
Le olive, all’atto del loro arrivo all’oleificio, sono sottoposte all’operazione preliminare della lavatura, segue poi il vero processo di oleificazione, costituito dalle seguenti operazioni: frangitura, gramolatura, separazione della fase liquida (acqua + olio) da quella solida (sansa), separazione della fase liquida in olio ed acqua (Vitagliano M., 2011). Il processo di estrazione dell’olio d’oliva è estremamente importante per la qualità sensoriale e nutrizionale del prodotto. Durante ogni step, il contenuto di alcuni componenti, come fenoli e composti volatili, sono significativamente alterati, dipendendo dal meccanismo di estrazione utilizzato (Clodoveo M.L., et al, 2014)
1.8.1 Fase preliminare di: defogliazione, lavaggio ed eventuale
denocciolatura
Durante la raccolta le olive possono essere contaminate da impurezze vegetali come foglie o da impurezze minerali come terra e frammenti di roccia. La materia estranea deve essere rimossa al fine di diminuire la negativa influenza sulla qualità dell’olio vergine di oliva e la sicurezza dei macchinari utilizzati per l’estrazione (frangitore, decanter e centrifughe). L’influenza delle foglie macinate con le olive sulle caratteristiche dell’olio vergine di oliva è un incremento del colore verde e la sensazione organolettica di verde o foglia (trans-2-esenale), che può non essere gradita dai consumatori. L’intensità di questa sensazione dipende dall’efficienza e dalla violenza del metodo di macinatura e dal numero di foglie presenti (Di Giovacchino L. et al., 2002).
Queste fasi preliminari sono comuni a tutti gli schemi di lavorazione delle olive e vengono effettuate da macchine automatiche provviste di un sistema di aspirazione per l’allontanamento delle foglie e di una vasca di circolazione forzata per il lavaggio delle olive. Tra queste operazioni preliminari rientra anche l’eventuale denocciolatura delle drupe, che prevede l’eliminazione della mandorla, al fine di limitare l’attività delle polifenolossidasi qui localizzate, le quali sono responsabili della degradazione dei fenoli durante l’estrazione. Inoltre, la separazione preliminare del seme, evita una violenta frangitura del frutto, concorre alla riduzione dell’azione meccanica riducendo quindi il riscaldamento responsabile dei fenomeni di degradazione e ossidazione (Amirante P. et al., 2006).
1.8.2 Frangitura delle olive
Le goccioline di olio, aventi diametro di pochi micron, si trovano all’interno dei vacuoli delle cellule oleifere presenti nella polpa d’oliva. Grazie alla frangitura l’olio fuoriesce dal vacuolo e si disperde nel succo cellulare sotto forma di piccole goccioline che vengono trattenute nella parte solida dell’impasto. Le dimensioni raggiunte dai frammenti di polpa e nocciolo condizionano il rendimento dell’estrazione e le caratteristiche qualitative dell’olio prodotto. Frammenti di grandi dimensioni riducono le resa in estrazione delle componenti fenoliche e dei pigmenti clorofilliani; mentre frammenti troppo piccoli determinano una resa minore poiché inducono la formazione di emulsioni (interazione fra acqua di vegetazione e olio disperso).
I sistemi di frangitura vengono distinti in funzione della forza applicata e del suo conseguente effetto: la violenza del sistema adottato ed il risultante effetto di emulsionamento aumentano al diminuire dei tempi di attuazione. Nello specifico, si evidenzia una maggiore azione emulsionante passando dai seguenti sistemi: molino a molazze < frangitore a rulli < frangitore a dischi < frangitore a coltelli < frangitore a martelli mobili < frangitore a martelli fissi. La frangitura promuove anche lo scambio di componenti minori e l’attivazione dei processi enzimatici con la possibile conseguente neoformazione di alcuni composti caratteristici dell’olio d’oliva (acidi grassi liberi, perossidi, composti volatili, agliconi dei glucosidi ecc.). Nell’olio d’oliva immagazzinato nel vacuolo delle cellule oleifere, sono presenti modesti quantitativi di composti volatili (derivanti dal metabolismo degli acidi grassi o dalla conversione di alcuni aminoacidi), la cui produzione diviene significativa in seguito all’attivazione di una serie di reazioni enzimatiche che si istaura quando la perdita della compartimentalizzazione cellulare promuove il contatto tra enzimi e substrati. La sintesi di questi composti pregiati è strettamente dipendente dalla distruzione cellulare della drupa e si instaura, quindi, durante la fase di frangitura per proseguire nel corso della gramolatura, ma decorre comunque come conseguenza di qualsiasi altro evento meccanico traumatico (ferite, ammaccature, riscaldo, raggrinzimento, sovramaturazione, ecc.).
Inoltre la frangitura delle olive può incrementare la temperatura della pasta di olive, poiché una parte dell’energia cinetica del frangitore è trasformata in energia di frizione. Sestili S. et al., nel 2002 hanno dimostrato come la temperatura delle paste incrementi di 13-15°C rispetto all’ambiente esterno quando è usato il frangitore metallico e di 4-5°C quando sono usate le molazze.
Possiamo dividere i sistemi di frangitura in due modalità completamente distinte, sia per la loro attuazione, sia per le fasi (discontinue o continue) da cui sono rispettivamente seguiti: frangitore a molazze e frangitore metallico.
FRANGITORI A MOLAZZE:
Il sistema tradizionale discontinuo fa uso delle molazze ed è diffuso negli oleifici che utilizzano il metodo di estrazione per pressione. Il frantoio a molazze è costituito da una vasca con basamento di granito e pareti di acciaio nella quale vengono poste le olive. Nella vasca ruotano le molazze, in numero variabile da due a sei, anch'esse di granito con la superficie scabrosa. Il frantoio è dotato anche di un sistema di pale che riportano la pasta sotto le molazze e di coltelli raschiatori che allontanano la pasta dallo scalzo delle molazze e dalla superficie della vasca. Lo scarico è realizzato per mezzo di una pala che convoglia la pasta verso la bocca di scarico. Con questo sistema si lavorano carichi di 3 - 5 q di olive in un tempo che va dai 15 ai 30 minuti. Solitamente questo tipo di frangitura non è seguita dallo step di gramolatura poiché, adottando tale sistema, il movimento delle molazze simula già una gramolatura della pasta.
I vantaggi di questo sistema possono essere così schematizzati: le olive non subiscono sollecitazioni traumatiche; si riduce al minimo la formazione di emulsioni; non si hanno contaminazioni da metalli;
si arriva ad uno stadio avanzato del processo di coalescenza; è ridotto il surriscaldamento della pasta.
Non di minor importanza sono gli svantaggi che presenta tale sistema; fra i principali ricordiamo:
elevato ingombro degli spazi dedicati alla frangitura; cospicuo fabbisogno di mano d’opera;
lento processo di frangitura.
FRANGITORI METALLICI:
Sono i frangitori di moderna concezione che sono opportunamente accoppiati ai sistemi di estrazione per centrifugazione permettendo di conseguire un processo semicontinuo. Questi frangitori possono essere a dischi o a martelli e oltre ad essere poco ingombranti, permettono una più fine macinazione delle olive e consentono di lavorare una maggior quantità di olive per unità di tempo.
I frangitori a dischi dentati funzionano schiacciando le olive fra due dischi metallici ruotanti in senso opposto; sono fragili in presenza di corpi estranei e operano una frangitura ottimale, grazie all’assenza di emulsioni, garantita da velocità di rotazione entro i 1400 rpm, e alla buona estrazione di fenoli e clorofille;
Figura 1.9. – Frangitori metallici a dischi dentati ed a martelli (Fonte:
www.andytonini.com)
I frangitori a martelli, fissi o snodati, hanno l'elemento frangitore costituito da martelli che ruotando, sbattono violentemente le olive contro una griglia cilindrica provocandone la rottura ed il passaggio attraverso i fori. La violenta frangitura comporta, soprattutto nei modelli più vecchi, lo sminuzzamento delle goccioline di olio e la formazione di emulsioni, richiedendo tempi lunghi di gramolatura per far coalescere le gocce d’olio fino a superare il valore minimo della misura di soglia per poter defluire dalla pasta nel separatore. A fronte di una maggiore estrazione di fenoli e pigmenti clorofilliani, legata alla violenta molitura, si rilevano nell’olio caratteri organolettici marcati con sentori più elevati di amaro.
1.8.3 Gramolatura della pasta
I gramolatori sono generalmente costituiti da vasche rivestite di acciaio inox, dotate di camicia riscaldante e agitatore metallico longitudinale o verticale, munito di palette inclinate, che consentono il lento rimescolamento della pasta e l’avanzamento della stessa.
La fase di gramolatura infatti consiste in una lenta (20-30 rpm) e continua impastatura della pasta di olive a temperature accuratamente monitorate, al fine di favorire l’estrazione dell’olio, sia rompendo l’emulsione olio-acqua prodotta durante la frantumazione dei frutti che favorendo la coalescenza, ovvero l’aggregazione delle goccioline d’olio in gocce di diametro maggiore (Angerosa F. et al., 2001).
Inoltre durante questa operazione si verifica la rottura di quella porzione di cellule oleose rimaste integre durante il primo step di frangitura, recuperando quindi un’ulteriore frazione di olio.
Figura 1.10. – Particolare della gramola (Fonte: www.pieralisi.com)
La gramolatura è inoltre indispensabile per la genesi degli aromi caratteristici degli oli di oliva, che in condizioni ottimali saranno in grado di condizionarne la valutazione organolettica (Angerosa F. et al., 2001; Angerosa F., 2002). Infatti, il ciclo della lipossigenasi porta ad un incremento della formazione di diversi componenti volatili, in proporzioni quantitative particolari (Olìas et al., 1993; Lercker et al., 1999; Servili e Montedoro, 2002; Servili et al., 2003). Tuttavia, i meccanismi perossidativi iniziali sono
in grado di promuovere una serie di trasformazioni chimiche di tipo ossidativo collaterale, tra cui la distruzione dei composti fenolici più labili (Servili et al., 1994; 1999; 2003). È dunque nel corso della gramolatura che, in virtù delle attività enzimatiche e dei fenomeni di ripartizione, il flavour dell’olio prende il suo assetto definitivo.
Da una parte si ottiene un “affinamento” delle caratteristiche organolettiche, con diminuzione del gusto amaro, piccante ed astringente, dall’altra si riduce il patrimonio degli antiossidanti contenuti nell’olio. Le condizioni di gramolatura infatti possono condizionare non solo la resa di processo, ma anche la qualità dell’olio estratto, in particolare il contenuto fenolico e di sostanze volatili, che ne determinano le proprietà (Clodoveo M.L., 2011).
Olive ricche in composti fenolici possono subire una gramolazione più prolungata, in quanto residuerà una carica fenolica sufficiente ad assicurare una valida conservazione dell’olio, mentre olive povere in composti fenolici antiossidanti sono destinate alla produzione di oli più instabili nel tempo.
In altre parole, esisterà un tempo ottimale di gramolazione della pasta la cui entità varierà anche in funzione del tipo di frangitura adottata, così da produrre con elevate rese oli più stabili e quindi più facilmente conservabili. Ne deriva che, i parametri tecnologici adottati durante questa fase, con particolare riferimento a tempo e temperatura, hanno un ruolo molto importante nel determinare la quantità di olio e le caratteristiche chimiche e sensoriali del prodotto finale (Boselli E. et al., 2009). È stato osservato come, aumentando il tempo di gramolatura, la resa in olio (percentuale di olio estratto rispetto alla quantità inizialmente presente nel frutto) tenda ad aumentare fino al raggiungimento di un valore limite che risulta inferiore alla totalità dell’olio potenzialmente estraibile, ma determinato dal sistema di estrazione adottato. il prolungamento del tempo di gramolazione induce di contro una diminuzione nel contenuto di antiossidanti, che si traduce in una riduzione della stabilità ossidativa dell’olio estratto (Di Giovacchino et al., 2002).
Un altro parametro che gioca un ruolo determinante della fase di gramolatura è la temperatura, infatti utilizzando valori più contenuti (18-20°C) si conseguono rese di estrazione poco soddisfacenti, e gli oli estratti risultano poveri in componenti fenolici. Con il crescere della temperatura (22-28°) si incrementa sia la resa di estrazione che l’attività degli enzimi responsabili dello sviluppo del flavour. Superando queste temperature ottimali (massimo 35°C) diventano significativi i processi ossidativi e quindi l’accumulo dei composti da questi prodotti nell’olio estratto mentre diminuisce il tenore in componenti fenolici (Gallina Toschi et al., 2004).
Quando la temperatura di gramolazione è incrementata da 30 a 35°C, si osserva infatti un incremento nell’attività degli enzimi lipasi (responsabili dell’aumento degli acidi liberi) e una intensificazione del processo di ossidazione primaria (responsabile dell’incremento della K232 e dei valori dei perossidi) e un processo di ossidazione secondaria (responsabile dell’incremento della K270 e dei valori dei carbonili) (Clodoveo M.L., 2011).
1.8.4 Separazione dell’olio
La separazione dell’olio rappresenta l’ultima fase del processo di lavorazione. Nel corso di questo step si induce la separazione della frazione oleosa dalle acque di vegetazione e dalla sansa (fase solida). La diverse tecnologie applicabili in questa fase, si diversificano a seconda di quale principio fisico si vuole adottare per favorire tale separazione: estrazione per pressione (mediante una pressa idraulica), estrazione per centrifugazione (con l’uso di centrifughe a decanter), oppure estrazione in sinolea (detto anche percolamento o filtrazione selettiva) (Bonturi R., 2015).
ESTRAZIONE PER PRESSIONE: La pressione si attua in un pressa idraulica aperta disponendo la pasta d'olio su strati sottili alternati a diaframmi filtranti in una torre carrellata. Il dispositivo utilizzato per la costruzione della pila consiste in un piatto circolare in acciaio con sponde leggermente rialzate e sagomate, carrellato per la movimentazione. Al centro del piatto è inserito un cilindro forato, che ha lo scopo di mantenere la pila in verticale e favorire il deflusso del mosto d'olio anche lungo l'asse centrale della pila. L'intera operazione di carico di una pressa si effettuava a mano, ma attualmente si utilizzano apposite dosatrici, spesso integrate con la gramola. A questo punto la torre viene inserita nella pressa e sottoposta a pressioni medie dell'ordine di 400 atm. Per effetto della pressione il mosto d'olio si separa dalla frazione solida e dal sistema drenante fluisce lungo l'esterno e lungo l’asse centrale e viene raccolto sul piatto. A questo punto il mosto oleoso viene convogliato verso un separatore centrifugo verticale al fine di dividere la fase oleosa da quella acquosa e di eliminare le eventuali impurezze presenti. L’uso di questa tecnologia presenta dei limiti invalicabili, che risiedono soprattutto nell’elevato costo della manodopera necessaria, la discontinuità del ciclo e la difficoltà di pulizia dei diagrammi filtranti, i quali possono indurre conseguenze negative a livello sensoriale se non mantenuti ad alto livello di pulizia ed igiene.
Figura 1.11. – Sistemi di estrazione dell’olio dalla pasta tramite pressione (Fonte:
www.oleificiosanfrancesco.it)
ESTRAZIONE IN SINOLEA: detto anche percolamento o filtrazione selettiva è un dispositivo integrato in un impianto specifico a ciclo continuo che si basa su uno schema di lavorazione differente dagli altri impianti. Il principio fisico su cui si basa la Sinolea, è la differenza fra la tensione superficiale dell'acqua di vegetazione e quella dell'olio: per effetto di questa differenza, l'olio tende ad aderire facilmente ad una superficie metallica rispetto all'acqua, la quale viene separata per percolazione. La sinolea consiste fondamentalmente in una vasca contenente la pasta d'olio, prodotta da un frangitore a martelli, nella quale s'immerge il dispositivo estrattore. Quest'ultimo è costituito da una serie di alcune migliaia di lame d'acciaio che viene immersa nella pasta d'olio con un moto alternativo continuo (dell'ordine di 7-9 giri al minuto) che percorre ciclicamente le seguenti fasi: immersione, sollevamento e raschiamento dell'olio.
Questo sistema si separazione richiede tempi di gramolazione più lunghi e temperature più alte, in quanto la tensione interfacciale dipende sia dalla temperatura che dalla dimensione delle goccioline d’olio della pasta. Inoltre, l’elevata superficie di contatto olio-lamine può favorire l’evaporazione di composti volatili andando ad intaccare le caratteristiche sensoriali del prodotto finito.
CENTRIFUGAZIONE: tale tecnologia sfrutta la diversa forza di gravità che si esercita sui liquidi immiscibili e contraddistinti da differenti valori di densità. Quando i componenti della pasta (sansa, acqua e olio) sono sottoposti ad accelerazione centrifuga maggiore di 3000-3500 volte quella di gravità tendono a separarsi rapidamente: nella parte più esterna si stratificheranno i solidi e l’acqua, mentre in quella più interna l’olio, il quale è contraddistinto da minore densità.
L’estrattore (decanter) è costituito da due rotori: su quello interno si sviluppa un elicoidale che va quasi a raschiare il rotore esterno; i due rotori si muovono nello stesso verso, quello interno, però, ha una velocità, leggermente inferiore rispetto a quella del rotore esterno (quello esterno ruota ad una velocità di 5000÷7000 giri/minuto, mentre quello interno ha una velocità di rotazione di 8-12 giri/ minuto in meno). L’elicoidale del rotore interno convoglia i solidi verso l’estremità conica del decanter da cui escono, mentre i liquidi escono dalla parte opposta e sono separati per la differente densità.
Gli estrattori oggi presenti sul mercato sono di vario tipo: a tre fasi, a due fasi e mezzo (senza aggiunta di acqua) e a multifase (di ultima generazione).
Estrattore a tre fasi: la pasta di olive viene immessa nell’estrattore centrifugo tramite pompa monovite a portata variabile. L’estrattore è predisposto per separare le due fasi liquide - olio e acqua di vegetazione - in due uscite e la terza fase solida nella parte opposta. Questo è possibile con un’opportuna aggiunta di acqua calda alla pasta in ingresso, producendo così una quantità notevole di acqua di vegetazione da smaltire. La sansa ottenuta ha una umidità che si aggira intorno al 50%.