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76 Capitolo terzo L'esplosione del nazionalismo curdo tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta

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Capitolo terzo

L'esplosione del nazionalismo curdo tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta Anche se

Anche se distruggi l'assetto del mondo intero. Anche se filacci questa terra come un brandello di cotone, comunque vengano ridisegnate le frontiere tornerò sempre a questo paese e farò la mia casa soltanto in Kurdistan.

(anonimo, XX secolo)

1. Il ruolo del nasserismo e la crisi di Suez. Influenze sui paesi del Medio e Vicino Oriente

L'affermazione di Nasser in Egitto e l'ideale del panarabismo ebbero importanti effetti su Siria, Turchia, Iran e Iraq. L'idea dell'unificazione del popolo arabo, o se non altro, della sua difesa contro il nemico israeliano, provocò reazioni di ogni sorta, ma non passò sicuramente in sordina. La crisi di Suez del 1956, pertanto, rappresentò una sorta di punto di svolta nella storia dei paesi arabi e degli stati loro confinanti. Per la prima volta gli europei persero il loro primato nelle ex province ottomane sopraffatti dall'intervento di Stati Uniti e Unione Sovietica, che diventarono i nuovi protagonisti della politica mondiale. A seguito della sconfitta israeliana, pertanto, la Guerra Fredda si estese dal Mar Rosso fino al Golfo Persico1.

Con la fine della crisi di Suez si delineò una situazione totalmente nuova per tutti i paesi arabi. Questi, infatti, conoscevano perfettamente le dinamiche e le politiche europee, sia durante il periodo coloniale che al momento della loro indipendenza. L'Unione Sovietica e gli Stati Uniti, d'altro canto, non erano mai arrivati direttamente a controllare gli stati arabi, e dal 1956 si introdussero prepotentemente nella loro esistenza. Pertanto, lo schieramento a favore dell'uno o dell'altro diventava giorno dopo giorno inevitabile. La scelta tra le due superpotenze non avvenne quasi mai per ragioni ideologiche: la democrazia capitalistica americana e lo statalismo comunista moscovita non erano modelli noti nel Medio e Vicino Oriente. L'adesione a una delle due sfere d'influenza fu dettata principalmente dall'influenza dei Liberi Ufficiali nasseriani all'interno degli eserciti dei vari paesi. Non era Nasser in quanto tale a rappresentare una

1Cfr. M. Galletti, op. cit., pp. 107-110. La vittoria egiziana assicurò a Nasser il completo sostegno

popolare, ma provocò anche ferventi critiche da parte britannica. Basti pensare al discorso del presidente

egiziano immediatamente dopo la vittoria, reperibile al collegamento

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minaccia, quanto piuttosto gli ideali da lui espressi, e il successo che questi riscuotevano tra le varie popolazioni, a spaventare molti leader arabi2.

La vittoria egiziana, e la conseguente estensione dell'influenza sovietica nell'area mediorientale, spinsero Eisenhower ad enunciare la sua celebre dottrina il 5 gennaio 1957. I paesi firmatari del Patto di Baghdad, insieme a Giordania, Libano e Arabia Saudita, pertanto, entrarono immediatamente nell'orbita statunitense, mentre l'Egitto e la Siria si avvicinarono all'URSS3. La decisione di Damasco venne presa a causa della

richiesta di protezione degli hashemiti di Giordania a Gran Bretagna e Stati Uniti, che, come tanti altri paesi arabi, consideravano l'Occidente come il garante del proprio ordine istituzionale. L'espansione, seppur clandestina, dei Liberi Ufficiali continuò comunque. Il primo paese a subirne gli effetti fu l'Iraq, con il colpo di stato messo in atto da Qasem nel 1958, seguito dalla Siria qualche mese dopo. Turchia e Iran, invece, non potendo chiaramente condividere alcun sentimento panarabo, rimasero immuni da eventuali rischi di sovversione, ma subirono comunque gli effetti del nasserismo in ambito internazionale.

Il popolo curdo, dopo lo sterminio effettuato dai turchi nel primo dopoguerra, inziò a riprendersi verso la fine degli anni Cinquanta. Dopo l'importante, seppur breve, esperienza della repubblica di Mahabad, fu il Kurdistan iracheno a diventare l'epicentro delle rivendicazioni curde. Giocarono indubbiamente a favore il rientro di Barzani in Iraq e le politiche attuate, almeno inizialmente, da Qasem, ma le tensioni ripresero rapidamente. La tenacia dei curdi andava di pari passo con il rafforzamento del PDK in Iraq e Iran, al punto tale da arrivare a mettere ripetutamente in crisi Baghdad e Teheran. Assenti, tuttavia, risultavano essere i curdi siriani, principalmente a causa del loro esiguo numero, ulteriormente ridotto a seguito della partecipazione alle rivolte

2La forte politica terzomondista e di non allineamento di Nasser, nonché la sua resistenza alle pressioni

statunitensi, avevano fatto crescere notevolmente la sua fama all'interno del mondo arabo. Il panarabismo attuato entro un regime repubblicano, tuttavia, era ciò che veniva temuto maggiormente dai leader arabi, soprattutto nei paesi retti da monarchie, come ad esempio la Giordania. Il golpe che pose fine al regno di Faruq in Egitto venne portato a compimento dai graduati dell'esercito, i Liberi Ufficiali. Le forze armate erano dotate di tecnologie moderne e formate da uomini con un livello di istruzione decisamente più alto rispetto al resto della popolazione, in Egitto come in tutti gli altri paesi che precedentemente erano amministrati dagli europei. Proprio per questa ragione si scatenò un sentimento di timore verso gli eserciti, perché si temeva la formazione di cellule di Liberi Ufficiali nei vari paesi che avrebbero condotto ad una sovversione dell'ordine costituito.

3Ad eccezione dell'Iraq, gli altri tre firmatari del Patto di Baghdad non potevano certo definirsi paesi arabi.

All'interno di questi, infatti, Israele, benché non potesse di certo essere considerato un alleato, non destava di certo grandi preoccupazioni. Per quanto riguardava la Siria la questione si poneva in modo decisamente opposto, in quanto ideologicamente si trovava molto più vicina a Nasser e già in passato aveva combattuto contro lo stato ebraico. La Repubblica Araba Unita, infatti, nacque due anni dopo la crisi di Suez. Tuttavia, l'avvicinamento di Egitto e Siria all'Unione Sovietica non determinò la nascita di un'alleanza o una totale convergenza di interessi perché Nasser aveva già preso parte al movimento dei Paesi Non Allineati nel 1955 a Bandung. Gli unici elementi di reale convergenza erano l'opposizione al modello capitalista americano e il pensiero socialista, seppur diverso nell'applicazione tra Egitto e URSS.

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dell'Hoybun e di Dersim.

2. L'interpretazione irachena del panarabismo

2.1 I Liberi Ufficiali in Iraq: la rivoluzione di Qasem (1958-1963)

Il regno di Faysal II terminò il 14 luglio 1958, grazie ad un golpe attuato da una cellula dei Liberi Ufficiali guidata da Abd al-Karim Qasem e Abdel Salam Aref4. Dopo il fallito tentativo di inclusione dell'Iraq nella RAU, emersero chiaramente le due motivazioni del rifiuto iracheno all'alleanza con Nasser. Il panarabismo non era pienamente considerato come un fattore aggregante all'interno dell'Iraq e se una tale ideologia fosse stata imposta da una giunta di militari (sunniti), che aveva appena preso il potere con la forza, si sarebbero immediatamente scatenate sanguinose rivolte. Proprio perché il consenso popolare era fondamentale al mantenimento della repubblica, i Liberi Ufficiali iracheni compresero l'importanza della collaborazione con i partiti, promotori essi stessi del nazionalismo iracheno attraverso il Fronte dell'Unione Nazionale5.

Qasem, una volta preso il potere, ottenne il consenso dei nazionalisti curdi con la nomina di due curdi rispettivamente al Consiglio di Sovranità e al ministero delle Comunicazioni. Non fu una scelta casuale, in quanto Qasem era curdo sciita da parte materna e credeva in una potenziale integrazione del popolo iracheno con il popolo curdo. A questo proposito fece promulgare la Costituzione provvisoria del 27 luglio, nella quale veniva affermato che arabi e curdi erano “associati” nella repubblica irachena e che venivano garantiti i diritti costituzionali di entrambi6. All'etnia curda venivano in tale modo riconosciuti i diritti nazionali, e per la prima volta nella storia costituzionale irachena l'etnia curda figurava come parte integrante dell'entità statuale dell'Iraq7. Per i nazionalisti curdi questo ebbe un peculiare significato; essi rifiutavano

4La cellula irachena dei Liberi Ufficiali nacque nel 1952, qualche mese dopo quella egiziana. Seguendo

esattamente l'esempio egiziano, Qasem e Aref intendevano eliminare il regime hashemita, ritenuto corrotto, ed instaurare una repubblica. Il colpo di stato, oltre ad eliminare tutti i membri della famiglia reale, si caratterizzò per la sua estrema violenza. Trovarono la morte gran parte dei sunniti e tutti coloro ritenuti collusi con la Gran Bretagna.

5Il Fronte dell'Unione Nazionale nacque nel 1957 come reazione alla vicinanza tra monarchia e inglesi.

Creato pertanto in funzione antioccidentale, comprendeva al suo interno il Partito Comunista Iracheno, il partito nazionalista di destra Istiqlal, il Ba'th e il Partito Nazionale Democratico. Nel 1958 anche il KDP iracheno si aggiunse al Fronte dell'Unione Nazionale. Cfr. M. Galletti, op. cit., p. 168.

6Cfr. D. McDowall, op. cit., p. 302.

7Cfr. M. Galletti, op. cit., pp. 168-169. L'articolo 3 della Costituzione provvisoria sanciva come la base

dello stato iracheno dovesse essere formata dalla cooperazione tra i cittadini, dal rispetto dei loro diritti e dal mantenimento della loro libertà. Testo della costituzione del 1958 reperibile al sito

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di considerare la repubblica irachena facente parte a tutti gli effetti del mondo arabo, proprio perché formata da una componente araba e da una curda. Queste posizioni vennero condivise anche dal Partito Comunista iracheno, che riconosceva appunto questa compresenza etnica e si spingeva ancora oltre, sostenendo che il popolo curdo iracheno era parte integrante della nazione curda, al momento divisa tra quattro stati a causa dei confini imposti dall'imperialismo8. Quasi tutte le componenti della società, tuttavia, si mostravano preoccupate a causa dell'articolo 2 della costituzione del 1958, perché sanciva il legame tra l'Iraq e il mondo arabo in modo indissolubile. Il panarabismo continuava a non essere accettato dalla quasi totalità della popolazione. Sciiti e curdi, infatti, temevano una sorta di emarginazione da parte degli arabi sunniti, ma allo stesso tempo sostenevano l'impossibilità del governo di imporre l'ideologia panaraba, a causa della fortissima opposizione popolare che ne sarebbe scaturita.

Per mantenere il consenso popolare, e anche per le sue posizioni non completamente panarabe, Qasem rifiutò la proposta di Nasser in merito all'ingresso iracheno nella RAU. In questo modo egli si assicurò il consenso del PCI, al tempo il partito maggiormente radicato nel territorio iracheno, e anche dei curdi. Il 10 novembre 1958 il KDP e il PCI avevano stretto un accordo di cooperazione; la convergenza dell'elemento curdo nel partito maggioritario dell'Iraq sembrava, così, condurre ad una soluzione politica in merito alla questione del Kurdistan e alla stabilità del governo di Qasem. L'appoggio curdo al governo di Baghdad, pertanto, si palesò nel momento in cui le frange filo-nasseriane dell'esercito iracheno si organizzarono per effettuare un golpe ai danni di Qasem. L'8 marzo 1959 ash-Shawwaf, comandante delle forze armate, tentò un colpo di stato a Mosul, fallito a causa dell'intervento di curdi, milizie popolari locali filocomuniste e militanti del PCI9. L'influenza curdo-comunista nella repubblica crebbe notevolmente, e nonostante Qasem fosse uscito vincitore dal tentativo di destituzione il

http://confinder.richmond.edu/admin/docs/1958_Interim_Constitution__English_.PDF, data ultima consultazione 15 maggio 2015.

8Si evinceva pertanto una forte componente curda all'interno del PCI. Non si trattava, tuttavia, di un caso

isolato. A seguito della Seconda Guerra Mondiale sempre più curdi si erano avvicinati ai partiti di sinistra negli stati in cui vivevano, principalmente perché non erano costretti a rinnegare i loro valori etnico-nazionali. Inoltre, il nazionalismo curdo iniziò ad essere interpretato sempre più frequentemente utilizzando la terminologia dell'analisi marxista, in particolar modo in riferimento alla lotta di classe e alla rivoluzione proletaria.

9Il golpe era stato organizzato dal Ba'ath e la scelta di Mosul per scatenare l'insurrezione non era affatto

casuale. A seguito della riforma agraria del 1958, che espropriava i terreni ai grandi proprietari per ridistribuirli o nazionalizzarli, i latifondisti ne erano usciti fortemente indeboliti. Mosul rappresentava l'emblema del malcontento delle classi più abbienti, essendo una città dove la concentrazione di proprietari terrieri e di borghesi conservatori era molto alta. Il Ba'ath non era contrario alla riforma agraria in sé, soprattutto perché imitava chiaramente quella promossa da Nasser in Egitto, ma intendeva sfruttare le classi ricche per far scoppiare una sorta di rivoluzione borghese. Al golpe partecipò anche Saddam Hussein.

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suo prestigio risultò dipendente dalle forze che avevano materialmente sventato il golpe. Il 9 gennaio del 1960 i partiti iniziarono ad essere aboliti; solamente il KDP, il PCI e il PND continuavano ad esistere legalmente, ma anche per essi si avvicinava la messa la bando. La dichiarazione governativa di illegalità del Ba'ath era chiaramente indirizzata all'esercito, sempre più politicizzato e sempre più vicino al panarabismo, ma non arginò il problema di infedeltà delle forze armate. I ba'athisti cominciarono a costituire milizie armate in clandestinità, esattamente su modello delle cellule dei Liberi Ufficiali.

Durante il 1960, benché il governo di Baghdad avesse incluso nella sua agenda un graduale programma di liberazione del Kurdistan, le tensioni riemersero. La questione curda era sì stata inserita nei programmi governativi, ma rimaneva lettera morta e questo condusse preso ad un inasprimento dei rapporti tra il KDP e Qasem. Nonostante all'interno del KDP stessero comparendo delle tensioni, soprattutto a causa della condanna di Barzani alla collaborazione tra il partito e il governo, i curdi erano uniti nel condannare Qasem sul mancato rispetto degli impegni presi per la concessione dell'autonomia al Kurdistan. Non vennero ascoltate le richieste dei contadini e i progetti di sviluppo non cominciarono, mostrando così come il miglioramento delle condizioni socio-economiche curde rimanesse una questione secondaria per Baghdad. L'articolo 3 della costituzione entrava così in contraddizione con il discusso articolo 2, confermando i timori degli oppositori al panarabismo. Qasem rispose alle critiche inasprendo i rapporti con i curdi. “Khabat”, l'organo di stampa del KDP, fu il primo ad essere colpito dalla repressione. Il direttore Ibrahim Ahmad venne arrestato nel novembre del 1960, accusato di fomentare il dissenso ed istigare al fanatismo nazionalista. Nonostante fosse stato rilasciato poco dopo, Ahmad venne anche accusato dell'omicidio di un sostenitore di Qasem, e decise di darsi alla clandestinità. “Khabat” riuscì a sopravvivere fino al 21 marzo 1961 quando, in occasione del Newroz, pubblicò un messaggio dai contenuti fortemente nazionalistici, scatenando la dura reazione del governo iracheno. Il KDP e il PCI vennero dichiarati fuorilegge; Barzani, ad agosto, dette un ultimatum a Qasem, intimandogli di riconoscere l'autonomia del Kurdistan entro i confini iracheni. Non solo il capo del governo non rispose, ma decise di aprire le ostilità, ed inviò l'esercito nel nord dell'Iraq, dando inizio ad una campagna pluriennale che si rivelerà fallimentare oltre che estremamente dispendiosa per l'erario iracheno.

Il motivo che spinse Qasem ad iniziare l'ennesima guerra contro i curdi fu il timore di perdere il potere a vantaggio dei comunisti e dei curdi. La base sociale irachena era estremamente fragile e necessitava di una guida; data la forte radicalizzazione sul territorio del PCI, era chiaro come il catalizzatore della volontà popolare non fosse il

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governo. Inoltre, la borghesia irachena era troppo debole e lo era diventata ancora di più a causa della disfatta del golpe di Mosul del 1959, e Qasem era conscio di non potersi affidare esclusivamente ai notabili e ai proprietari terrieri sunniti. Per questa ragione decise di mettere in atto una svolta autoritaria alla sua politica, abbandonando il parlamentarismo per adottare la dittatura10. Oltre alle epurazione effettuate nelle

gerarchie delle forze armate, Qasem eliminò quasi tutti i ministri, sostituendoli con parenti e fedelissimi. Le sue politiche di accentramento del potere insieme alla progressiva secolarizzazione dello stato determinarono l'allontanamento dell'apparato religioso dal governo, e inasprirono ulteriormente le fratture tra sunniti e sciiti. Anche in ambito internazionale Qasem non era benvisto. Dopo l'uscita dal Patto di Baghdad iniziarono a sorgere problemi con l'Iran in merito allo Shatt al-Arab. Le pretese irachene sulla regione del Khuzestan e sul Golfo Persico, rinominato Golfo Arabo, spinsero gli iraniani ad intavolare delle trattative con Barzani, e il leader curdo riuscì in questo modo ad ottenere rifornimenti e sostegno da parte del governo di Teheran. Inoltre, consci della limitata accessibilità irachena alle risorse idriche, gli iraniani imposero un blocco navale mirato a colpire economicamente il distretto di Basra. Poiché nessuno dei due stati era in grado di sostenere un conflitto, Iraq e Iran riuscirono ad accordarsi nella primavera del 1961 in merito alla ripresa della normale navigazione. Anche il Kuwait era entrato in stato di allerta a causa della questione dello Shatt al-Arab, e temeva un tentativo di sollevazione popolare indotto dagli iracheni. Per questa ragione la Gran Bretagna inviò delle truppe sul confine tra Iraq e Kuwait, in modo da prevenire qualsiasi mossa di Qasem11.

La guerra curdo-irachena dal 1961, date le ingenti spese, determinò la fine del regime di Qasem. Due anni dopo l'inizio delle ostilità Aref, insieme alle cellule del Ba'ath, organizzò un colpo di stato, dando vita ad una nuova organizzazione della repubblica più vicina al modello nasseriano.

2.2 La guerra curdo-irachena di Qasem (1961-1963)

A seguito della mancata risposta alle richieste di Barzani, Qasem inviò nel Kurdistan iracheno due divisioni dell'esercito e l'aviazione, dando inizio alle ostilità. Il conflitto, iniziato ufficialmente l'11 settembre 1961, provocò l'esplosione di una nuova insurrezione curda, guidata nuovamente da Barzani, alla cui lotta si era unito

10Cfr. M. Galletti, op. cit., pp.171-172. 11Cfr. C. Tripp, op. cit., pp. 165-166.

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ufficialmente anche il KDP. Nonostante un enorme divario tra le forze combattenti (i

peshmerga ammontavano a circa 15000 uomini ed erano poveramente armati, mentre

Qasan fece schierare gran parte dell'esercito), i curdi riuscirono quasi subito a far volgere le ostilità a loro favore, sfruttando la conformazione del territorio e le loro comprovate abilità nella guerriglia. I peshmerga si divisero in due zone d'azione: la parte settentrionale, sotto il comando di Barzani, aiutata economicamente dai curdi iraniani, e la parte orientale, formata dalle milizie del KDP. Nella primavera dell'anno successivo il KDP creò un sistema amministrativo politico-militare nella zona meridionale del Kurdistan, atto alla regolamentazione della vita dei villaggi e alla loro protezione12. Anche assiri e turcomanni entrarono in guerra a fianco delle milizie curde.

Grazie all'appoggio della popolazione i curdi riuscirono fin da subito a riportare delle vittorie, seppur minime, sull'esercito iracheno. Le truppe irachene, oltre ad essere impreparate alle condizioni del territorio e alla guerriglia, continuavano ad utilizzare quasi esclusivamente l'aviazione per cercare di fare uscire allo scoperto la popolazione in modo da eliminarla, ma non riuscivano a mettere in atto tattiche vincenti via terra. Ovviamente le vittorie curde non minarono il regime di Qassem, ma contribuirono a rafforzare la volontà curda di non interrompere le ostilità fino al momento in cui Baghdad non si fosse convinta della necessità di intavolare delle trattative con Barzani e il KDP in merito alla concessione dell'autonomia regionale. Aref, che nel frattempo stava organizzando il golpe, decise di sfruttare la situazione creata da Qasem in Kurdistan. I ba'athisti presero contatti con i curdi, chiedendo la loro neutralità al momento del colpo di stato in cambio del riconoscimento dell'autonomia del Kurdistan e dell'inclusione di rappresentanti curdi al futuro governo. Il Kurdistan dichiarava, così, il cessate il fuoco l'8 febbraio 1963.

Durante il conflitto era emersa la labilità dell'accordo di cooperazione tra il KDP e il PCI, stipulato appena qualche anno prima. Benché i comunisti fossero contrari alla guerra in Kurdistan, per tutta la durata delle ostilità il Partito Comunista continuò a sostenere il governo. L'atteggiamento era spiegato dalla vicinanza del KDP all'URSS, e Mosca stava palesemente sostenendo la politica estera di Qasem perché opposta alla

12L'organizzazione politica della vita dei villaggi avveniva tramite un sistema decisionale di tipo

assembleare, entro il quale venivano ripartite le risorse economiche, la tassazione e la protezione civile vera e propria. Non fu un caso isolato, in quanto tradizionalmente i curdi avevano sempre avuto strutture politiche simili, anche nei secoli precedenti. Cfr. M. Galletti, op. cit., pp. 173-174. Il Kurdistan si era sempre caratterizzato per la capacità di autogestione realmente democratica, messa in atto dalle tribù prima e dai villaggi poi. Al contrario di molti altri popoli, infatti, i curdi da sempre avevano dimostrato di essere molto più progrediti in materia di parità di genere, auto organizzazione politica della società e difesa della popolazione rispetto non solo a molti paesi dell'area mediorientale, ma anche alla pressoché totalità dei paesi occidentali.

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dottrina Eisenhower. Dall'altro lato, anche i curdi sembravano aver perso interesse a continuare a mantenere rapporti con i comunisti; la parte nazionalista del movimento stava entrando in contrasto con la parte marxista, rendendo difficile la sopravvivenza di qualsiasi tipo di accordo con una formazione partitica comunista. Pertanto, anche con la salita al potere di Aref non cambiò pressoché nulla dei rapporti curdo-iracheni. Dopo cinque mesi di tregua l'Iraq riprendeva le ostilità contro il Kurdistan, aiutato dalle forniture di armi britanniche. Il governo era sostenuto da ba'athisti, nazionalisti e nasseriani, oltre che aiutato economicamente dalla Germania Ovest e dagli Stati Uniti. Baghdad riprese così la tradizionale politica anticurda13.

2.3 Il regime di Aref e gli sviluppi all'interno del movimento curdo (1963-1966)

Liberato nel 1962, Aref provvide subito a riorganizzare il Ba'ath in modo da riuscire a far prendere ai panarabisti il posto dei comunisti nella società irachena. Egli accusava Qasem di aver isolato l'Iraq dal circostante mondo arabo, e decise di sfruttare i ba'athisti per risolvere questo problema. Una volta giunto a compimento il golpe, Aref dimostrò di essere un abile seguace di Nasser, e modellò lo stato iracheno secondo quanto era stato fatto in Egitto al momento della rivoluzione. Ripristinò immediatamente i Tribunali del Popolo e creò il Consiglio Nazionale del Comando Rivoluzionario, da lui presieduto14. Inoltre, sempre nel 1963 l'Iraq sottoscrisse l'accordo per l'ingresso nella

RAU, rifiutato da Qasem anni prima. Il che non poteva che avere risvolti positivi in merito alla guerra contro i curdi non ancora terminata, poiché la Siria provvide ad inviare contingenti militari terrestri e aviazione ausiliaria alle truppe irachene. Ma nonostante i consistenti rinforzi, i curdi resistevano e continuavano a infliggere numerose perdite ad entrambi gli stati. Nel 1964 le ostilità vennero pertanto sospese per qualche mese.

Il regime di Aref fin da subito si dimostrò meno attento ai sentimenti nazionali rispetto al precedente. Nonostante Qasem avesse optato per un regime autoritario durante gli ultimi anni del suo governo, inizialmente aveva cercato di garantirsi un appoggio popolare sfruttando il ruolo che i partiti, in particolare il PCI, svolgevano a

13Ibidem, p. 175.

14Cfr. C. Tripp, op. cit., pp. 170-171. I Tribunali del Popolo erano stati istituiti da Qasem, ed erano organi

di giustizia sommaria utilizzati per eliminare gli oppositori del regime; Qasem lì utilizzò per uccidere molti fedelissimi di Aref. Allo stesso modo, Aref volle reintegrarli immediatamente dopo il golpe e li utilizzò esattamente allo stesso modo del suo predecessore. Il Consiglio Nazionale del Comando Rivoluzionario invece era un organo nuovo in Iraq. A dimostrazione del credo panarabo di Aref, venne formato da dodici ba'athisti e quattro arabi.

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livello locale. Aref, d'altro canto, procedette quasi subito all'eliminazione, anche violenta, dei comunisti, utilizzando milizie composte da ba'athisti. Quest'azione ovviamente non passò inosservata agli occhi sovietici che, se avevano guardato con favore all'Iraq al momento dell'uscita dal Patto di Baghdad, adesso esprimevano apertamente tutto il loro dissenso verso i quattro paesi che ospitavano al loro interno i curdi. Il ministro degli esteri russo, inoltre, svelò un piano ordito dal governo turco in merito all’organizzazione di una milizia congiunta tra Iraq, Iran e Turchia per intervenire in Kurdistan e sedare la rivolta. A seguito della denuncia sovietica il piano non venne effettuato, ma l'URSS non cessò di fare pressioni sugli stati mediorientali per fare in modo che nessuno di loro concedesse sostegno agli iracheni15.

Una volta perso il sostegno sovietico, Aref rischiò di trovarsi sottomesso dal Ba'ath. Iniziò così ad estromettere i ba'athisti dal governo e ad avviare delle trattative con Barzani per porre fine al conflitto nel Kurdistan. Il 10 febbraio 1964 i due leader stipularono un accordo di cessazione delle ostilità. Se per Aref questo fu indubbiamente un traguardo positivo, non si può dire altrettanto per quanto riguarda i curdi, che si divisero tra sostenitori del KDP e sostenitori di Barzani. Il PCI e il KDP avevano molti punti in comune, a partire dalla condivisione dei principi del marxismo-leninismo. Il partito curdo frequentemente faceva riferimento alla classe operaia e contadina, e si considerava come lo strumento in grado di dare vita ad una rivoluzione nazionale in quanto struttura politica organizzata avente alle sue spalle una solida direzione collegiale e basata su una dottrina altrettanto solida. Barzani, invece, difendeva gli interessi della borghesia curda e si opponeva ai partiti politici. La lotta armata, secondo Barzani, doveva essere libera da qualsiasi organizzazione partitica o istituzionale ed egli se ne ergeva a rappresentante e guida. Questo suo comportamento gli valse l'accusa di porsi come oppositore alle trasformazioni che stavano imperversando all'interno della società. Così, durante la conferenza del KDP dell'aprile 1964 Barzani venne ritenuto colpevole di aver agito contro gli interessi del partito e del popolo curdo, poiché sembrava che intendesse reintegrare ai loro uffici gli ufficiali di polizia iracheni nei territori da lui controllati16.

Barzani rimaneva comunque al comando dell'Armata rivoluzionaria del Kurdistan e le truppe gli erano fedeli. Al momento della ripresa delle ostilità, nel 1965, il Consiglio rivoluzionario del KDP indisse una riunione alla quale parteciparono capi tribali e

15Cfr. M. Galletti, op. cit., p. 177.

16Barzani non accettò impassibile tutte le critiche espresse nei suoi confronti. Indisse un nuovo congresso

del KDP a luglio, durante il quale venne eletto un nuovo comitato centrale, da cui vennero espulsi 14 membri del precedente comitato. Iniziarono così a verificarsi degli scontri tra le due fazioni del partito, anche se la crisi non ebbe ripercussioni sul piano militare dell'insurrezione contro l'Iraq.

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militari, notabili e proprietari terrieri. Questa fu un'abile mossa politica, perché Barzani in tal modo riunì tutta la borghesia curda e si assicurò un sostegno completo. Il Programma che venne redatto in questa occasione determinò una svolta in senso conservatore del partito: vennero eliminati tutti i riferimenti al marxismo-leninismo, per legittimare la lotta politica attraverso un movimento di tipo progressista17. Si determinò

così la rottura definitiva tra gli ultimi retaggi comunisti e il KDP. Nel 1966 il partito diventò una formazione tendente a destra. Contemporaneamente anche il Ba'ath stava cercando di eliminare i contrasti all'interno del tessuto sociale iracheno, ma i suoi risultati non furono minimamente paragonabili all'opera svolta da Barzani. Il partito, oltre ad avere perso quasi completamente il controllo dei suoi membri, incontrò difficoltà ancora maggiori al momento del confronto con la popolazione. Inoltre, al momento degli scontri in Siria tra il comando nazionale e il comando regionale del Ba'ath si complicarono i rapporti tra pro e anti-nasseriani anche in Iraq. Baghdad diventò terreno di scontro tra la Guardia Nazionale e le milizie panarabiste, sotto lo sguardo semi impotente di Aref, che aveva praticamente perso ogni credibilità alla guida del partito e del governo. Al-Sa'di, ex ministro dell'Interno e nuova guida dell'ala nazionale del Ba'ath, annunciò una svolta in senso marxista e si alleò con l'ala radicale siriana del partito, sperando in un sostegno da parte dell'URSS18.

Aref morì nel 1966 in un incidente aereo. Probabilmente la sua morte fu davvero una casualità, perché sebbene Aref avesse governato grazie al sistema clientelare che era riuscito a creare, in Iraq non esisteva una reale opposizione al Ba'ath. Al momento della sua morte il debole sistema politico iracheno si trovò senza un coordinatore, e nonostante la repentina nomina di al-Bazzaz, uomo di fiducia di Aref, a primo ministro, gli ufficiali dell'esercito e i tecnocrati presero immediatamente in mano le redini della politica irachena. La prima questione che l'Iraq doveva affrontare era l'eccessiva spesa nel settore della difesa, e al momento delle discussioni si palesò l'inconsistenza del nuovo governo. Al-Bazzaz cerava di ridurre le spese, e pareva scontato che il modo più rapido per poterlo fare fosse ridistribuire gli introiti petroliferi e ridimensionare i costi di mantenimento dell'esercito19. Le forze armate, temendo di perdere i privilegi di cui

17I. C. Vanly, Le Kurdistan irakien Entité Nationale. Etude de la Révolution de 1961, Editions de la

Baconniére, Neuchâtel, 1970, pp. 223-231.

18Cfr. C. Tripp, op. cit., pp. 174-175.

19Per fornire un esempio delle spese effettuate nelle missioni militari, basti pensare all'offensiva anticurda

del 1965. Solo in questa occasione, oltre al dispiegamento delle forze di terra e di aria, vennero utilizzate per la prima volta delle armi batteriologiche. Oltre all'utilizzo di gas velenosi per contaminare le falde acquifere e del napalm per distruggere i raccolti, gli iracheni iniettarono il virus del tifo a migliaia di topi, successivamente liberati nel Kurdistan. Tutto questo dispiego di tecnologie militari e scientifiche, tuttavia, non impediva ai curdi di continuare a resistere nonostante i morti si contassero a migliaia, determinando

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avevano goduto durante il regime di Aref, si opposero con veemenza alla proposta del primo ministro, e giocarono la carta del patriottismo, sostenendo la necessità di dover continuare le ostilità contro i curdi. Al-Bazzaz, nazionalista arabo ma profondamente rispettoso verso il nazionalismo curdo, si trovò pertanto in una situazione molto complicata. Per la maggior parte dei soldati iracheni la guerra, ed in particolare quella contro i curdi, non era vista semplicemente come la loro professione, ma aveva acquisito il carattere di una questione d'onore20. Se si fossero visti venir meno tale

prerogativa sicuramente sarebbero emerse consistenti tensioni. Al-Bazzaz perciò cercò di mettere in atto una sorta di road map diplomatica per contenere gli estremismi dell'esercito, e cooptò nel nuovo governo alcuni generali. In tal modo fu in grado di coinvolgere le forze armate nei colloqui tra Baghdad, Barzani e il KDP, che avrebbero successivamente condotto ad un accordo di pace provvisorio21. Le discussioni si interruppero a causa dello scoppio della Guerra dei Sei Giorni e delle sue conseguenze in tutta l'area mediorientale, e al conseguente crollo del governo di al-Bazzaz. Tra il 1967 e il 1968 si susseguirono quattro governi in Iraq, dei quali nessuno si preoccupò di applicare i dodici punti frutto delle trattative con Barzani. A questo punto, pertanto, appariva in modo più che chiaro quali fossero le reali intenzioni irachene che si celavano dietro gli accordi. L'ondata dei successi militari curdi aveva indebolito a tal punto l'Iraq da costringerlo a scendere a patti; ma questa tregua sarebbe stata rispettata

spese sempre crescenti a Baghdad che, sostanzialmente, stavano prosciugando le casse dello stato iracheno.

20Specialmente per gli ufficiali più anziani, che avevano passato quasi la totalità della loro vita sui campi

di battaglia, le guerre rappresentavano il loro “essere soldati”, inteso sia come caratteristica professionale che come motivo di orgoglio personale. La politica irachena era completamente in mano all'esercito, perciò farne parte e combattere per le forze armate veniva interpretato come un onore. Cfr. C. Tripp, op.

cit., p. 187.

21Nonostante questo percorso possa sembrare molto lineare, occorre precisare che l'apertura irachena

verso Barzani non fu semplicemente frutto della fine del regime di Aref. Nel 1965, durante la terza offensiva anticurda, il KDP stava iniziando a guardare verso Nasser non per una reale convergenza di ideali, ma per cercare di garantirsi un sostenitore arabo potente a tal punto da imporre all'Iraq la fine delle ostilità. Dal canto suo, Nasser non aveva la minima intenzione di sostenere il movimento curdo, e anzi continuava ad elogiare la condotta politica di Aref verso il Kurdistan. Con l'avvento di al-Bazzaz, più moderato e più aperto all'occidente rispetto ad Aref, vennero ascoltate maggiormente le richieste della popolazione irachena, ormai stremata ed impoverita dalle tensioni con i curdi. Per questa ragione iniziò il procedimento di riduzione della spesa militare e di coinvolgimento dei militari al governo per giungere ad una soluzione diplomatica con il Kurdistan. Nel giugno del 1966 al-Bazzaz offrì pubblicamente ai curdi il riconoscimento del carattere bipartisan dell'Iraq, garantendo il rispetto dell'identità nazionale e culturale del Kurdistan. La proposta si articolava in un documento contenente dodici punti, che ovviamente non comprendevano la totalità delle richieste di Barzani e del KDP, ma concedevano molto più di quanto qualsiasi altro governo iracheno avesse promesso fino a quel momento. Al documento, ovviamente, vennero aggiunte delle clausole segrete, tramite le quali il Kurdistan vedeva l'ampliamento del suo territorio e il KDP veniva ufficialmente riconosciuto da Baghdad. Barzani, così, approvò le proposte di al-Bazzaz e le tenne in considerazione per utilizzarle come base per stipulare un vero e proprio accordo. Molto importante per i curdi si rivelò essere il quinto dei dodici punti del documento, che prevedeva la redistribuzione proporzionale delle cariche istituzionali tra curdi e iracheni, e di fatto garantiva una partecipazione a tutti gli effetti alla vita politica dell'Iraq. Cfr. M. Galletti, op. cit., pp. 181-182.

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fino a quando Baghdad non si fosse riorganizzata per effettuare nuove offensive al nord. Il Kurdistan, pertanto, non riusciva a vedere realizzate sul piano politico tutte le vittorie militari, e questo alla lunga condusse verso una profonda spaccatura in seno al movimento curdo.

2.4 Barzani e Talabani, le due anime del Kurdistan iracheno

Durante il sesto congresso del KDP del 1964, come precedentemente visto, la fazione di Barzani riuscì a prendere il controllo del partito, a costo di una frattura che diventerà sempre più insanabile. Per mantenere la leadership Barzani riuscì a far esiliare in Iran Ibrahim Ahmad e Jalal Talabani, esponenti della corrente della sinistra progressista, che lo accusavano di essere eccessivamente reazionario e legato alle tradizioni tribali. Durante la terza offensiva anticurda, Talabani riallacciò lentamente i rapporti con l'ala sinistra del Ba'ath e con il PCI, anche se il tutto avvenne esplicitamente in funzione anti-Aref. Con l'ascesa di al-Bazzaz al governo, le tensioni all'interno del gruppo dirigente curdo aumentarono. Talabani si schierò a fianco di Baghdad e Ahmad, che nonostante l'esilio rimaneva segretario generale del partito, tentò di far ottenere al KDP un maggiore potere decisionale in merito alle questioni militari. Barzani, pur di non assecondare le richieste di Ahmad, istituì un territorio indipendente tra le città di Sulimanyya, Erbil e Zakho, la cui popolazione lo identificò come un vero e proprio capo di stato, ed iniziò a pagargli tributi e ad obbedirgli. La situazione, pertanto, appariva decisamente nebulosa.

Il Ba'ath compì il suo golpe il 17 luglio 1968, con il quale il generale al Bakr prese il potere e nominò vice presidente del Consiglio del comitato della Rivoluzione il giovane Saddam Hussein. Il Ba'ath si mosse nella stessa direzione in cui Talabani e Ahmad stavano cercando di far muovere il KDP al momento del loro esilio; così, il partito socialista si riavvicinò al partito curdo e al PCI. Il 3 agosto Saddam Hussein dichiarò di voler riprendere il negoziato sui dodici punti promosso due anni prima da al-Bazzaz. Talabani non volle lasciarsi scappare l'occasione, e accettò l'apertura ba'athista, garantendosi in tal modo la partecipazione alle discussioni sul futuro del Kurdistan al posto di Barzani. Quest'ultimo, considerandosi il capo indiscusso del movimento curdo e, pertanto, l'unico vero interlocutore del suo popolo, aprì lo scontro armato verso i sostenitori di Talabani, che vennero aiutati dall'esercito iracheno. In tutta questa situazione sempre più caotica il popolo curdo si schierò a fianco di Barzani, che godeva

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della fedeltà dei peshmerga e della maggioranza del KDP22.

Il 3 gennaio dell'anno successivo Baghdad intervenne per sedare le tensioni tra i curdi, ed impiegò quasi sessanta mila uomini contro la fazione di Barzani. Come già accaduto in tutte le altre guerre nel Kurdistan, per l'Iraq la campagna fu disastrosa sia in termini di perdite umane che economiche, visto, anche stavolta, il consistente utilizzo di napalm e acido solforico. Per tutto il 1969 l'esercito iracheno effettuò razzie e stragi nelle città curde; Daka e Zakhno vennero colpite con estrema durezza. Barzani denunciò il conflitto come una guerra fratricida, appellandosi all'ONU ad ottobre tramite un memorandum23. Al-Bakr, nonostante gli aiuti sovietici, non riuscì in alcun modo a far volgere a suo favore il conflitto e fu costretto a proporre a Barzani limitate concessioni nei campi dell'educazione e dell'amministrazione; ma i curdi rifiutano. Nel dicembre il Ba'ath, conscio dell'assurdità del protrarsi del conflitto armato, decise di porre fine in qualsiasi modo alla guerra, timoroso di eventuali ripercussioni internazionali. Nel 1970, infatti, venne alla luce un complotto ordito dall'Iran e dai curdi di Barzani ai danni di Baghdad, e il coinvolgimento dell'Iraq nella questione palestinese aumentava sempre di più. Iniziarono così le trattative di pace, che terminarono l'11 marzo 1970. Il Kurdistan otteneva così una prima sistemazione autonoma di tre governatorati, i cui territori circostanti avrebbero dovuto essere stati amministrati da maggioranza curda; inoltre, i curdi avrebbero ottenuto anche la partecipazione all'amministrazione dello stato iracheno. Sicuramente la realizzazione dell'autonomia amministrativa nelle regioni a maggioranza curda era un importante traguardo, ma gli accordi vennero applicati solo parzialmente. Kirkuk, città il cui controllo era fondamentale visto l'accesso diretto ai pozzi petroliferi, rimase al centro delle discussioni. Benché fosse indiscutibilmente a maggioranza curda, gli iracheni non volevano svolgervi un censimento per evitare di includerla nell'amministrazione curda e perdere in tal modo i profitti degli oleodotti24.

Giungeva a conclusione la prima guerra curdo-irachena, durata nove anni, che aveva coinvolto praticamente tutta la popolazione dell'Iraq. Barzani ne uscì come il vincitore indiscusso, avendo guidato i curdi alla vittoria militare e politica, riunificando un popolo attraverso l'eliminazione delle rivalità tribali e delle questioni di classe. Allo stesso tempo, tuttavia, Barzani aveva rischiato di minare dall'interno il Kurdistan a causa delle sue tensioni con Talabani, e a ben vedere non fu il secondo a scatenare

22Cfr. I. C. Vanly, op. cit., pp. 273-278.

23Il memorandum venne inviato il primo ottobre 1969 e affermava che Baghdad stava cercando di

distruggere la nazione curda. Barzani si prodigò nel descrivere con perizia il modus operandi dell'esercito iracheno, di fatto simile a quello utilizzato dai turchi negli anni Trenta. Testo del memorandum in M. Galletti, op. cit., pp. 308-310.

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quella guerra fratricida denunciata alle Nazioni Unite. Ad ogni modo il nazionalismo curdo iracheno si dotò di una linea unitaria, anche se la sinistra ne era stata estromessa, e dovette attendere diversi anni prima di una pacificazione delle due anime del KDP.

Gli errori del Ba'ath nel condurre le trattative con il KDP non tardarono a manifestarsi. Probabilmente i ba'athisti sbagliarono nel ridurre le discussioni alla sola fazione di Barzani, che si stava lentamente sgretolando. Molti dei suoi sostenitori, tra cui il figlio Obeidullah, lo accusarono di eccessivo collaborazionismo sia con lo Shah iraniano che con la CIA e con il Mossad israeliano pur di mantenere il controllo sui territori curdi. Obeidullah Barzani, insieme ad altri membri del KDP, fondò il Partito Rivoluzionario Curdo pro Ba'ath nel 1974. Il regime ba'athista stava progressivamente tentando di arabizzare le aree curde tra il 1972 e il 1973, provocando nuovamente un inasprimento dei rapporti all'interno del Kurdistan. A seguito del censimento effettuato per applicare gli accordi del 1970 il Ba'ath ridisegnò i confini delle amministrazioni curde, cercando di incrementarvi il numero di arabi per ottenerne un maggiore controllo tramite l'instaurazione di un sistema padronale in cui i curdi venivano, ovviamente, sottomessi. I curdi ricevettero il divieto assoluto di trasferirsi altrove, specialmente a Kirkuk e Sinjar, altrimenti i terreni sarebbero stati privi di lavoratori25. Le mire ba'athiste non si esaurirono nel controllo della vita dei curdi, ma nel 1974 si spostarono sul distretto di Zakho, fondamentale per l'accesso alle vie commerciali verso lo Turchia, provocando nuovamente tensioni con l'Iran.

2.5 La seconda guerra curdo-irachena (1974-1975) e l'ascesa di Saddam Hussein

Il 16 gennaio del 1974 iniziarono nuove trattative sullo status del popolo curdo a Baghdad. A questa riunione presero parte rappresentanti del Ba'ath, del PCI e una delegazione del KDP. Questa riunione sfociò nella dichiarazione di al-Bakr dell'11 marzo, in cui Erbil, Sulimaniyya e Dehok venivano dichiarate autonome. I curdi si mostrarono uniti nel rifiutare questa concessione di autonomia, ritenuta solamente un'azione formale priva di alcun tipo di garanzia per la popolazione. Contemporaneamente alle trattative, gli abitanti delle tre città iniziarono a riarmarsi e a raggiungere gli accampamenti dei peshmerga più vicini. Temendo la nascita di nuovi contenziosi, l'URSS tentò un'opera di mediazione tra il KDP e Baghdad, dopo che Barzani aveva intimato al governo iracheno di accettare le richieste curde in merito alle

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rendite petrolifere26. Ovviamente l'Iraq non accettò le condizioni del KDP, dando inizio alla seconda guerra curdo-irachena.

L'Iraq prese questa decisione sperando in una defezione di massa dai ranghi del KDP, ma venne subito smentito dall'alto afflusso di curdi nelle zone montuose del Kurdistan libero. Le divisioni all'interno del partito curdo tuttavia persistevano; la nuova direzione del partito continuava a premere per un'alleanza con il Ba'ath. Al-Bakr provò a sfruttare queste tensioni per attrarre a sé i curdi moderati e nominò vice presidente del governo il curdo al-Din Ma'ruf, fuoriuscito dalla fazione di Barzani. Nel frattempo i combattimenti infuriavano, e come nelle precedenti battaglie l'esercito iracheno non riusciva ad avere ragione dei peshemrga sulle montagne27. Baghdad promosse addirittura una legislazione apposita per imporre un blocco economico alle province curde che, secondo la volontà di Saddam Hussein, doveva minare non solo le finanze curde, ma anche colpire psicologicamente tutto l'entourage di Barzani. Il leader del KDP tuttavia fu abilissimo nel controbattere, attuando una politica di apertura nei confronti dell'occidente in modo da ottenere i finanziamenti necessari al proseguimento della guerra. Barzani sostanzialmente offrì il petrolio curdo in cambio di aiuti, ma sia gli europei che gli americani non si esposero direttamente ed interposero l'Iran nelle discussioni28.

La guerra perciò rimaneva in una situazione di stallo: le città venivano perse e riconquistate, ma nessuno dei due schieramenti poteva definirsi in vantaggio sull'altro. La svolta arrivò nel 1975, ma non fu di tipo militare. Saddam Hussein, vice presidente iracheno, e lo Shah Mohammad Reza si incontrarono ad Algeri, grazie alla mediazione di Boumedienne, nel mese di marzo. Venne siglato un accordo il 6 marzo, nel quale si pose ufficialmente fine alla questione delle rivendicazioni sullo Shatt al-Arab e,

26Il 25 marzo Barzani lanciò l'ennesimo ultimatum a Baghdad. Oltre alle ormai tradizionali richieste di

autonomia, il leader del KDP aggiunse la richiesta di revisione delle quote provenienti dal settore petrolifero. Tutti i giacimenti si trovavano nel territorio controllato dai curdi, ma questi si trovavano espropriati delle rendite a loro spettanti. Barzani arrivò a minacciare di far esplodere i pozzi in caso le sue richieste non fossero state rispettate. Cfr. M. Galletti, op. cit., p. 189.

27Come già nella prima guerra curdo-irachena l'Iraq fece un utilizzo massiccio dell'aviazione, conscio

delle difficoltà che le truppe terrestri avrebbero incontrato sul fronte montagnoso. Gli iracheni, questa volta, si concentrarono principalmente su obiettivi estremamente sensibili, quali scuole e ospedali, per costringere Barzani a trattare il prima possibile. Ad esempio, a Qal'a Diza, dove si erano rifugiati moltissimi studenti e docenti dopo l'occupazione irachena dell'università di Sulimaniyya, i bombardieri di Baghdad attaccarono esclusivamente le scuole e l'ospedale, provocando la morte di 131 persone in un solo giorno.

28Gli iraniani erano già in tensione con l'Iraq, a seguito della volontà di quest'ultimo di estendere il

proprio controllo sul distretto di Zacho, crocevia importantissimo per i commerci con la Turchia e la Siria. Cfr. N. Entessar, op. cit., p. 96. Inoltre, Nixon e Kissinger, come anche gli iraniani, intendevano mantenere altissimi i livelli del conflitto, in modo da indebolire entrambe le parti contraenti e poter assorbire tutte le risorse petrolifere irachene senza modificare la geografia politica dell'area. Cfr. M. Galletti, op. cit., p. 192.

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conseguentemente, agli aiuti forniti ai curdi da parte dell'Iran29. Gli interessi di Baghdad e Teheran diventarono in questo modo convergenti, poiché entrambi miravano ad eliminare il problema curdo e lo fecero in un modo totalmente inaspettato. I peshmerga non avevano alcuna idea di quello che stava succedendo e furono colti di sorpresa il 7 marzo da un violentissimo attacco iracheno che li mise in difficoltà per la prima volta nella loro storia. Barzani cercò di rivolgersi agli Stati Uniti, ma dopo aver rifiutato qualsiasi tipo di sostegno, accusò Ford di voler nascondere le violenze perpetrate dagli iracheni ai danni dei curdi, in modo da prendere il controllo della situazione. Nuovamente, né il presidente né il suo segretario di stato Kissinger risposero a Barzani. Gli USA si rifiutarono anche di fornire aiuti umanitari, mostrando il loro sostegno a Sadam Hussein, l'uomo forte del regime iracheno, spingendo i curdi a dichiarare la resa. Il gruppo dirigente fedele a Barzani dimostrò tutte le sue carenze, in particolare emerse in modo plateale la mancanza di una strategia politica lineare e l'opportunismo curdo nel cercare aiuti in ogni dove. Chiaramente il comportamento statunitense influì profondamente nell'esito della guerra, e aiutò il regime ba'athista a rafforzarsi. Baghdad apparve molto più forte di quanto i curdi si sarebbero potuti aspettare, perché anche il Ba'ath, benché impopolare tra molti arabi, radicalizzò le sue posizioni evitando di far esplodere rivolte popolari. Giocarono indiscutibilmente a suo favore le opinioni della popolazione irachena, estremamente stanca della situazione di perenne tensione che affliggeva lo stato. Dal punto di vista degli iracheni sarebbe andato bene qualsiasi governo, purché l'Iraq fosse riuscito a trovare una stabilità. Probabilmente anche questo influì nella mancata opposizione a Saddam Hussein, subentrato ad Al-Bakr nel 1979, oltre al favore acquisito agli occhi occidentali, in particolar modo degli Stati Uniti. Infine, Saddam era riuscito ad evitare che scoppiasse una guerra contro l'Iran, che indubbiamente sarebbe stata molto più dannosa per l'Iraq rispetto alle insurrezioni curde. Saddam Hussein, così, diventava il nuovo presidente della repubblica oltre che il riferimento del panarabismo più radicale.

29L'accordo di componeva di tre parti. Venne stabilito un controllo congiunto lungo la frontiera comune,

per evitare il transito di sovversivi (specificamente curdi), il rispetto della Protocollo di Costantinopoli del 1913 e la definitiva attribuzione dello Shatt al-Arab (Khuzestan) allo Shah.

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3. Iran: dall'autoritarismo alla rivoluzione

3.1 Il regime di polizia di Mohammad Reza (1950-1960)

Con il colpo di stato che destituì Mossadeq, lo Shah iniziò a governare il paese privo di ogni tipo di vincolo costituzionale. Il suo regime si caratterizzò per essere puramente personalistico, con una scarsa attenzione ai reali bisogni della popolazione e una ricerca costante di capitali da attirare in Iran. L'intervento anglo-americano nella destituzione di Mossadeq aveva fatto sì che Mohammad Reza tendesse a guardare all'occidente quale esempio di sviluppo economico da seguire, e che le sue decisioni politiche fossero sempre più conformi a quelle europee e statunitensi. Pertanto, al termine della crisi di Abadan, pur di ritornare sul trono lo Shah aveva permesso l'ingresso americano nella gestione petrolifera dell'AIOC, previ accordi di spartizione dei profitti con la Gran Bretagna30. I redditi provenienti dall'industria petrolifera aumentarono consistentemente e Mohammad Reza decise di impiegarli principalmente negli armamenti; gli Stati Uniti provvidero invece a fornire ulteriori aiuti militari. L'alleanza tra Washington e Teheran era così ufficialmente sancita31.

Per quanto riguardava la politica interna, dal momento del suo rientro in patria lo Shah provvide immediatamente a sciogliere il Fronte Nazionale di Mossadeq e a lanciare un'aspra campagna di persecuzione contro i militanti del Tudeh 32 .

Quest'iniziativa venne inizialmente giudicata in modo positivo dagli ulema e da quanti, nell'ambiente religioso, avessero appoggiato il colpo di stato del 1953. Questo sostegno, tuttavia, era destinato ad avere breve durata, viste le progressive politiche sempre più occidentalizzanti dello Shah. A questo proposito basti pensare alle scelte fatte in campo economico. Mohammad Reza decise di mettere in atto una politica economica capitalista, ricavata dal modello americano, riconvertendo gli introiti petroliferi nella costruzione di industrie e nell'acquisto di armamenti. Sfruttando l'economia di mercato, tra il 1954 e il 1960 riuscì ad accumulare una grande quantità di capitali, i quali

30L'AIOC diventò British Petroleum a partire dal 1954. Mohammad Reza si accordò con i governi di

Londra e Washington per ripartire le rendite petrolifere secondo le seguenti proporzioni: Iran 50%, USA 40%, Gran Bretagna 10%. Gli inglesi rimanevano comunque possessori degli oleodotti. Cfr. M. Axworthy,

op. cit., p. 254.

31Kissinger considerava lo Shah come un possibile alleato in virtù di una convergenza di interessi in

merito al destino del Medio Oriente. In particolare, il segretario di stato americano considerava in modo estremamente positivo l'atteggiamento tenuto da Mohammad Reza nei confronti dell'URSS, alla quale era stato negato il permesso di sorvolo del territorio iraniano. J. M. Abdulghani, Iraq and Iran: the years of

crisis, Johns Hopkins University Press, Baltimora, 1984, p. 143.

32Grazie all'alleanza americana lo Shah entrò in contatto con un altro importante attore internazionale,

ovvero Israele. Per velocizzare le operazioni di identificazione dei militanti comunisti Teheran si avvalse di un'opera di intelligence congiunta tra Mossad, CIA e SAVAK (il servizio segreto iraniano).

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determinarono un repentino aumento del benessere delle finanze statali. Ma nel momento in cui la crescita si arrestò iniziarono le proteste della popolazione, oltre alle continue richieste di Kennedy per la creazione di un'amministrazione più democratica. Lo Shah promosse pertanto una riforma agraria, tramite la quale intendeva effettuare una redistribuzione delle terre più equa. Quest'operazione avrebbe inevitabilmente implicato la nascita delle tensioni tra gli ulema, possessori di vasti appezzamenti, timorosi di perdere le loro proprietà33. Poiché le pressioni statunitensi continuavano, lo

Shah fu costretto ad annullare il bando emesso ai danni del Fronte Nazionale, garantendo di fatto la pluralità politica. Nel 1963 Mohammad Reza rischiava di assistere allo scoppio di un'insurrezione, a causa del malcontento che dilagava sia nel mondo religioso che nel mondo civile. Le scelte politiche da lui effettuate fino a quel momento avevano sì giovato all'economia nazionale, ma solamente per alcuni strati della popolazione. Le classi meno abbienti non avevano tratto alcun miglioramento della loro condizione. La società iraniana si stava spaccando tra la borghesia ricca delle grandi città, completamente occidentalizzata e assuefatta dal consumismo, e tra i poveri che vivevano nei sobborghi e che sviluppavano sempre di più il loro senso di appartenenza comunitario. Pertanto lo Shah promosse un pacchetto di leggi a carattere molto liberale, in modo da rispettare le richieste americane e per cercare di sedare gli animi della popolazione34. Il tentativo riuscì, benché non si trattasse di un progetto legislativo promosso da un regolare Majles eletto, e quindi privo di effettiva legittimità popolare come venne più volte sottolineato dal Fronte Nazionale. All'apparenza questa volontà di rinnovamento e di apertura liberal-democratica sembrava un fenomeno più che positivo, come se l'Iran fosse realmente sulla strada del cambiamento. Ma i meccanismi clientelari, tipici della monarchia Pahlavi, si riproposero scatenando l'ira degli abitanti di Qom.

3.2 Il pericolo curdo

Prima del colpo di stato del 1953, i curdi della tribù dei Giavanrudi insorsero numerose volte, determinando altrettanti interventi dell'esercito persiano. La repressione fu giustificata da Teheran come punizione per il mancato pagamento delle imposte, la

33In quanto uomini religiosi, le loro proprietà dipendevano dalle donazioni ricevute nel corso degli anni e

in molti tra gli ulema consideravano contraria ai principi dell'islam la violazione della proprietà privata.

34Queste leggi del 1963, ricordate come la Rivoluzione Bianca, comprendevano molte materie. Veniva

proposta una nuova riforma agraria, l'introduzione del suffragio femminile, la privatizzazione delle industrie di stato e l'istituzione di una sorta di squadra di giovani istruiti che aveva il compito di alfabetizzare gli abitanti delle campagne.

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coltivazione di hashish e il rifiuto della consegna delle armi in loro possesso. Il pericolo rappresentato dall'opposizione curda, oltre al KDP che continuava ad avere un consenso pari quasi al 90% nelle province meridionali, rimaneva una delle priorità dello Shah. Per tale motivazione, fino al 1975 il Kurdistan venne completamente militarizzato. La popolazione era soggetta a strettissimi controlli da parte delle forze armate iraniane, che avevano istituito un sistema di monitoraggio molto simile a quello sovietico35. Lo scopo era quello di instaurare un regime di terrore nel Kurdistan, basato su un fortissimo controllo sociale e sul condizionamento all'insicurezza. Non ritenendolo sufficiente, gli iraniani pensarono anche di mettere in atto una vera e propria oppressione anche in campo economico e culturale. Ai curdi veniva precluso l'accesso alla burocrazia e la partecipazione a qualsiasi tipo di lavoro statale; era assolutamente vietato l'utilizzo e l'insegnamento della lingua curda; i pozzi petroliferi venivano gestiti esclusivamente da impiegati scelti da Teheran. Il nazionalismo non veniva combattuto con la violenza, come invece erano soliti fare iracheni e turchi, ma veniva minato a causa della frustrazione in cui si ritrovarono a vivere i curdi.

Tutte queste motivazioni provocarono la reazione del KDP, che scatenò un'insurrezione a Mahabad nel 1967, sedata solamente 18 mesi dopo. Mohammad Reza si dimostrò estremamente abile nello sfruttare la solidarietà che intercorreva tra i curdi dei vari stati, ed iniziò a sostenere economicamente e militarmente la frangia irachena del KDP che stava insorgendo contro il governo di Baghdad. Pertanto, i curdi iraniani si trovarono in una situazione estremamente delicata. Se avessero continuato la guerriglia Teheran avrebbe interrotto il flusso di aiuti a Barzani, ma se avessero posto termine alle ostilità avrebbero subito ogni tipo di violenza36. Si venne a creare una sorta di

congelamento, per il quale il KDP iraniano non poté fare altro che evitare ogni tipo di provocazione contro lo Shah, in modo che Barzani non subisse alcun tipo di ripercussione37. I curdi iraniani non accolsero in modo favorevole questo stallo, e tutti coloro che si erano uniti ai peshmerga fecero rapidamente ritorno in Iran, spingendo Teheran ad inasprire la repressione. Così, le due fazioni del KDP si divisero tra il 1967 e

35Similmente al sistema dei passaporti per il transito dei cittadini dell'Unione Sovietica da uno stato

all'altro, i curdi erano obbligati a comunicare ogni tipo di spostamento ai responsabili dell'immigrazione del loro villaggio di appartenenza e di quello di destinazione. Cfr. M. Galletti, op. cit., p. 143.

36I sentimenti dei curdi iraniani non erano esattamente gli stessi di quelli iracheni. Barzani, infatti, in

cambio degli aiuti da parte di Teheran si impegnò a collaborare con l’Iran per bloccare le attività insurrezionaliste del KDP iraniano.

37Il KDP iracheno veniva visto come una sorta di avanguardia nel movimento nazionalista curdo, pertanto

ogni azione ostile allo Shah da parte dei curdi iraniani sarebbe apparsa come un tentativo di sabotaggio dell'operato di Barzani. Quest'ultimo veniva universalmente riconosciuto come la guida indiscussa del movimento curdo in seno al KDP, ogni mossa fatta ai suoi danni sarebbe apparsa come un'azione controrivoluzionaria.

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il 1968, mettendo il luce non solo le evidenti problematiche in seno al partito, ma anche la divergenza ideologica che intercorreva tra esse. La fazione iraniana era decisamente contraria alla svolta nazionalista e conservatrice operata da Barzani. Il KDP in Iran era tradizionalmente legato alle forze della sinistra, insieme alle quali lottava contro lo Shah, completamente privo del sostegno borghese e dei capi tribali. La prevalenza agricola e operaia del Kurdistan iraniano, inoltre, favoriva il sostegno delle teorie marxiste, viste la progressiva espropriazione dell'apparato industriale petrolifero a vantaggio di Teheran e l'attribuzione dei terreni agricoli curdi a borghesi iraniani. L'opposizione ai curdi veniva anche perpetrata dai religiosi iraniani, sciiti duodecimani, che vedevano nel sunnismo una minaccia.

Nel 1972 Kissinger e Nixon si recarono in visita in Iran. Già da tempo Mohammad Reza stava tentando di ottenere ulteriori finanziamenti e aiuti militari per poter contenere i curdi, e finalmente ci riuscì proprio in occasione dell'incontro con il presidente degli Stati Uniti. L'accordo tra Nixon e lo Shah non fu altro che un mero do

ut des: l'Iran si impegnava a fornire supporto militare ai sud coreani in cambio degli

aiuti statunitensi. La decisione statunitense venne tenuta segreta per molto tempo da Kissinger, in quanto le reali motivazioni dell'interesse americano erano legate all'accesso al petrolio38. Washington in questo modo si rese complice delle politiche iraniane verso i curdi. Il Kurdistan era diventato una semplice moneta di scambio per garantire i rifornimenti petroliferi ed essendo i curdi all'oscuro dell'accordo stipulato con lo Shah continuarono a presentare istanze di autonomia. Per far sì che venissero rispettate le decisioni prese con Mohammad Reza, Nixon non pensò mai di mediare per far accogliere le richieste curde, anche se il suo silenzio faceva ben sperare nel Kurdistan39. Una volta che i curdi non si dimostrarono più utili al perseguimento dello scopo statunitense, vennero lasciati in balia delle milizie iraniane40.

38Cfr. J. M. Abdulghani, op. cit., pp. 144-147. Gli Stati Uniti stanziarono aiuti per un totale di 1,6 milioni

di dollari, in cambio della partecipazione ai profitti degli oleodotti. Washington temeva di rimanere esclusa dall'industria petrolifera in seguito alla nazionalizzazione irachena della IPC, avvenuta nel giugno del 1972. Oltre alle ragioni puramente economiche, l'operato statunitense era mosso da un'astuta operazione segreta. USA, Iran e Israele, infatti, intendevano sfruttare i curdi per indebolire il Ba'ath iracheno, in modo da effettuare un'operazione simile a quella cilena con Allende.

39Prima della rottura tra le sezioni iraniana e irachena del KDP, la CIA fornì istruttori militari ai curdi,

mirando ad instaurare una connessione con Israele. Il Mossad partecipò alle operazioni di addestramento dei guerriglieri curdi tra il 1972 e il 1973. Ibidem, p. 146.

40 G. Scott-Smith, U.S. Foreign Policy on the Kurds of Iraq, 1958-1975, Università di Leiden, 2014,

https://openaccess.leidenuniv.nl/bitstream/handle/1887/27836/Final%20Version%20Bachelor%20Disserta tion%20Andre%20Vis%202014.pdf?sequence=1, data ultima consultazione 15 maggio 2015.

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3.3 La rinascita dei movimenti di opposizione alla monarchia (1963-1977)

Come precedentemente accennato, il 1963 fu un anno cruciale per la rinascita dell'opposizione ai Pahlavi. A seguito della Rivoluzione Bianca, membri del Fronte Nazionale e comunisti stavano organizzando proteste non violente in tutto il paese per manifestare il loro dissenso al clientelismo, ormai istituzionalizzato grazie alle riforme messe in atto dallo Shah. Prendendo spunto dai movimenti di resistenza pacifica che si stavano sviluppando in molte aree del mondo, le proteste vennero organizzate principalmente attraverso scioperi, dimostrazioni di piazza e picchetti; non si poteva certo sostenere che il movimento fosse nato con connotazioni violente41. Nonostante ciò, queste manifestazioni iniziarono ad essere represse nel sangue a partire dalla seconda metà del 1963, con un enorme impiego del SAVAK nel monitoraggio dei presunti sovversivi. L'estrema violenza del regime dette l'avvio ad una serie di riflessioni all'interno delle università, ed ebbe il grande merito di unificare le opposizioni che muovevano dai partiti con quelle derivanti dal clero sciita42. Tra il 1965 e il 1969 videro la luce numerose formazioni clandestine che decisero di opporsi alla monarchia mediante la guerriglia. Esse comprendevano gruppi dichiaratamente marxisti, gruppi di radicali sciiti e formazioni di indirizzi simili ma portatrici di ideologie meno forti43.

L'organizzazione dei Fedayi fu la più controllata e perseguitata dal SAVAK. La sua connotazione marxista la poneva pericolosamente vicino al Tudeh, almeno agli occhi di Teheran, che per tre volte dal 1966 al 1970 vi infiltrò degli agenti segreti con il compito di evitare la messa in atto di qualsiasi tipo di azione. In realtà i Fedayi erano estremamente critici del Tudeh e delle sue scelte. L'eccessiva sudditanza nei confronti dell'URSS, in quanto dovere di ogni partito socialista, non era minimamente condivisa dai giovani marxisti, specialmente a fronte delle aspre critiche verso la repressione staliniana. Oltre ad una mancanza di chiarezza nelle pratiche del partito comunista, che variava le sue azioni di opposizione in base alle contingenze e non era in grado di mantenere una strategia univoca, i Fedayi condannavano il modo in cui il Tudeh aveva trattato la questione dei curdi. L'accusa era principalmente mirata alla sottostima

41 L. Dolan, Iranians overthrow the Shah, 1977-1979, Global nonviolent action database,

http://nvdatabase.swarthmore.edu/content/iranians-overthrow-shah-1977-79, data ultima consultazione 21 maggio 2015.

42E. Abrahamian, The Guerrilla Movement in Iran, 1963-1977, MERIP Middle East Report, n. 10, 1980,

http://www.merip.org/mer/mer86/guerrilla-movement-iran-1963-1977, data ultima consultazione 4 giugno 2015.

43I principali gruppi di guerriglieri che nacquero in questi anni furono i seguenti: i Fedayi, marxisti;

l'Organizzazione dei combattenti per la libertà del popolo iraniano, mojahedin islamici; mojahedin marxisti e piccole formazioni a loro vicine; organizzazioni islamiche cittadine.

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dell'importanza dell'elemento nazionale curdo, che il partito comunista, secondo i Fedayi, aveva individuato solo nel KDP44. I Fedayi, dopo aver stabilito un programma

d'azione, iniziarono a preparare la lotta armata, spostandosi nelle zone montuose e cercando anche il sostegno dei curdi. Purtroppo il loro tentativo di sollevazione popolare venne stroncato nel 1971 a Siakal, quando due simpatizzanti del movimento vennero arrestati, provocando l'assalto dei Fedayi alla caserma dove questi erano detenuti. La repressione durò circa tre settimane, e si concluse con una pesante vittoria militare iraniana.

Le conseguenze degli avvenimenti di Siakal tuttavia furono più che peculiari. Innanzitutto, i Fedayi acquisirono una notorietà che nessuno avrebbe mai immaginato, essendo stati in grado di mettere in difficoltà il regime dei Pahlavi in un tempo relativamente breve. Benché fossero stati sconfitti a Siakal, infatti, la loro azione venne riconosciuta da tutti i movimenti del paese come la nascita della guerriglia iraniana. Lo Shah temette che episodi del genere si potessero ripetere, e attuò una caccia spietata nei confronti membri dei Fedayi. Sfruttando i servizi segreti, costituì una rete di controllo all'interno delle università, entro le quali molti studenti venivano quotidianamente arrestati perché solamente sospettati di simpatizzare con i guerriglieri. Tuttavia, una volta smantellata l'organizzazione dei Fedayi Mohammad Reza si dovette confrontare con i mojahedin sciiti, che dettero inizio alle loro operazioni alla fine del 1971. I mojahedin si rivelarono da subito molto più organizzati di quanto fossero stati i Fedayi, riuscendo in meno di un anno a dirottare un aereo e a minare diverse centrali elettriche. Il SAVAK entrò nuovamente in azione, ma nonostante i numerosi arresti i mojahedin non vennero annientati45.

La caratteristica fondamentale di entrambi i movimenti di guerriglieri era la provenienza. La quasi totalità dei militanti delle due fazioni aveva frequentato l'università, collocando l'insurrezione in un binario diverso rispetto a quelle degli anni precedenti. Inoltre, l'interpretazione rivoluzionaria dell'islam avvicinava i Fedayi ai mojahedin. Entrambi sostenevano che l'Iran fosse controllato dall'imperialismo americano, specialmente in seguito alla Rivoluzione Bianca, che aveva ristabilito una

44Il Tudeh, secondo l'opinione dei Fedayi, aveva completamente perso la sua connotazione marxista nel

momento in cui aveva smesso di occuparsi dei contadini, curdi come iraniani. Il consistente numero della componente agricola curda e il suo avvicinamento a posizioni più socialiste avrebbe potuto essere il punto di contatto ideale per una convergenza tra il KDP e il Tudeh, ma il partito comunista sembrò concentrarsi solamente sull'operato della classe media iraniana.

45Dopo aver sostenuto i guerriglieri sciiti dell'Oman, i mojahedin avrebbero munizioni sufficienti per

poter iniziare ad assaltare banche così da poter finanziare nuove azioni. Dopo aver ucciso il capo della polizia di Teheran, i mojahedin minarono il santuario di Reza Shah e gli uffici della British Petroleum e della Shell. Cfr. E. Abrahamian, op. cit.

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