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CAPITOLO 4 DETERMINAZIONE VULNERABILITA’ CON SCHEDE C.N.R./G.N.D.T.

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CAPITOLO 4

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4.1 Studio di vulnerabilità sismica delle case popolari di Livorno

La Regione Toscana si è attivata negli anni ad aderire alla campagna di monitoraggio della vulnerabilità sismica avviata con l’entrata in vigore dell’O.P.C.M. 3274 del 20 marzo 2003, che richiedeva la verifica di sicurezza degli edifici pubblici strategici e rilevanti esistenti, progettati secondo norme tecniche antecedenti al 1984 e/o situati in Comuni la cui classificazione sismica, sulla base dei moderni criteri di stima della pericolosità sismica di base, comportasse livelli dell’azione sismica superiori a quelli relativi all’epoca di costruzione.

La Regione Toscana, alla quale la citata Ordinanza demandava l’adozione dei provvedimenti di attuazione di sua pertinenza, ha promulgato specifiche disposizioni al riguardo come la Legge Regionale n. 58 del 16 ottobre del 2009. Quest’ultima approvava lo schema del protocollo di intesa sul tema della prevenzione sismica stipulato tra Presidente della Regione Toscana e Rettori delle Università di Firenze, Pisa e Siena.

Lo studio per la valutazione della vulnerabilità sismica di 48 edifici, dei quali 15 in muratura e 33 in cemento armato, nasce quindi dalla convenzione stipulata tra l’Università di Pisa e CASALP, Casa Livorno e Provincia s.p.a., una società per azioni di proprietà dei Comuni della Provincia di Livorno.

CASALP fornisce servizi per l’abitare sociale, amministra, gestisce, progetta i lavori di manutenzione dell’ampio patrimonio edilizio popolare.

L’indagine condotta nella presente relazione ha previsto l’attuazione di una campagna di monitoraggio degli edifici residenziali popolari collocati nella provincia di Livorno.

Per la valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici sia in calcestruzzo armato sia in muratura, la Regione Toscana (così come molte altre Regioni che sono giunte ad avviare e condurre con il supporto del G.N.D.T. le operazioni di rilevamento ed elaborazione) ha adottato le schede di rilevamento strutturale definite rispettivamente di livello 0, I, e II, messe a punto dal C.N.R.-G.N.D.T. (Consiglio Nazionale delle Ricerche-Gruppo Nazionale per la Difesa dai terremoti).

A seguito dei sopralluoghi e della valutazione della vulnerabilità eseguita tramite le schede di II° Livello ad 11 parametri, il passo successivo è stato quello di determinare la pericolosità sismica di base del sito di costruzione, espressa tramite l’accelerazione di picco attesa al suolo, PGAD, con

periodo di ritorno pari a 475 anni.

Con lo scopo di stilare una graduatoria delle precedenze di intervento, è stato quantificato il rischio sismico mediante un indice di rischio lR = f(p,V), funzione della vulnerabilità e della

pericolosità.

Per effettuare valutazioni di rischio come quelle fino ad ora esaminate e atte a stabilire criteri di priorità, è essenziale disporre di dati di vulnerabilità attendibili e confrontabili e quindi non viziati da differenze interpretative. Solo in questo modo si possono confrontare con fiducia valutazioni

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Nella seconda parte della presente relazione si propone, per la valutazione della vulnerabilità e del rischio sismico degli edifici pubblici in esame, la metodologia VC e VM elaborata da G.N.D.T. insieme al Dipartimento della Protezione Civile e al Ministero del Lavoro, ed impiegabile su edifici esistenti nell’ambito del progetto “Strumenti Aggiornati per la Vulnerabilità sismica del patrimonio Edilizio e dei sistemi urbani” (S.A.V.E.).

I metodi speditivi per la valutazione della vulnerabilità sismica che sono stati adottati nello studio proposto, possono essere applicati sia a fabbricati costruiti in calcestruzzo armato che in muratura ottenendo valutazioni di vulnerabilità sufficientemente omogenee tra le due categorie.

L’ambito di applicazione preferenziale di tali metodologie è rappresentato da edifici che costituiscono patrimoni edilizi di significativa consistenza numerica, di cui si voglia definire una vulnerabilità sismica di massima. Questa informazione, necessariamente approssimata, consente una comparazione relativa di vulnerabilità all’interno del campione analizzato, al fine di operare scelte di indirizzo nella definizione di una graduatoria di priorità in caso di avviamento di una iniziativa di intervento di adeguamento sismico.

A questo proposito la Circolare ministeriale 2 febbraio 2009, n. 617- “Istruzioni per

l’applicazione delle Nuove norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14 gennaio 2008”, si

esprime come segue in relazione agli esiti delle verifiche della sicurezza rispetto sia alle azioni di esercizio sia alle azioni sismiche: “Gli esiti delle verifiche dovranno permettere di stabilire quali provvedimenti adottare affinché l’uso della struttura possa essere conforme ai criteri di sicurezza delle NTC. Le alternative sono sintetizzabili nella continuazione dell’uso attuale, nella modifica della destinazione d’uso o nell’adozione di opportune cautele e, infine, nella necessità di effettuare un intervento di aumento o ripristino della capacità portante, che può ricadere nella fattispecie del miglioramento o dell’adeguamento.

Per le opere pubbliche strategiche con finalità di protezione civile o suscettibili di conseguenze rilevanti in caso di collasso, date le possibili implicazioni economiche e sociali degli esiti delle verifiche, è opportuno che le stesse siano anche esaminate da revisori non intervenuti nella valutazione.

È evidente che i provvedimenti detti sono necessari e improcrastinabili nel caso in cui non siano soddisfatte le verifiche relative alle azioni controllate dall’uomo, ossia prevalentemente ai carichi permanenti e alle altre azioni di servizio; più complessa è la situazione che si determina nel momento in cui si manifesti l’inadeguatezza di un’opera rispetto alle azioni ambientali, non controllabili dall’uomo e soggette ad ampia variabilità nel tempo ed incertezza nella loro determinazione. Per le problematiche connesse, non si può pensare di imporre l’obbligatorietà dell’intervento o del cambiamento di destinazione d’uso o, addirittura, la messa fuori servizio dell’opera, non appena se ne riscontri l’inadeguatezza. Le decisioni da adottare dovranno necessariamente essere calibrate sulle singole situazioni (in relazione alla gravità dell’inadeguatezza, alle conseguenze, alle disponibilità economiche e alle implicazioni in termini

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di pubblica incolumità). Saranno i proprietari o i gestori delle singole opere, siano essi enti pubblici o privati o singoli cittadini, a definire il provvedimento più idoneo, eventualmente individuando uno o più livelli delle azioni, commisurati alla vita nominale restante e alla classe d’uso, rispetto ai quali si rende necessario effettuare l’intervento di incremento della sicurezza entro un tempo prestabilito”.

Quindi similmente all’OPCM 3274/03 che indicava come obbligatoria la verifica degli edifici demandando però gli interventi alla pianificazione triennale delle Amministrazioni (interventi di manutenzione straordinaria), allo stesso modo la circolare di istruzioni per l’applicazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni non impone l’obbligo degli interventi di miglioramento o adeguamento sismico.

4.2 Scheda di livello 0 D.P.C.

La scheda di livello 0 è proposta dalla Regione Toscana in adempimento all’O.P.C.M. n. 3274/2003, art. 2, commi 3 e 4; la sua compilazione costituisce l’obiettivo minimo delle verifiche sismiche di edifici strategici ai fini della protezione civile o rilevanti in caso di collasso a seguito di evento sismico previste dalla suddetta ordinanza.

Essa costituisce una base di raccolta delle informazioni preliminari sugli edifici strategici e rilevanti ai fini della protezione, a seguito di un evento sismico. La scheda deve essere compilata per un intero edificio, ossia un’unità terra-cielo individuabile per omogeneità delle caratteristiche strutturali e quindi distinguibile dagli edifici adiacenti per tali requisiti e anche per differenza di altezza e/o età di costruzione e/o piani sfalsati, etc.

La scheda, utilizzabile sia per le strutture in calcestruzzo armato che per le murature, è suddivisa in paragrafi come mostrato nelle figure seguenti in cui si riporta la scheda non compilata al fine illustrativo:

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4.3 Scheda di livello I C.N.R./G.N.D.T.

Come già accennato nel paragrafo 2.2 della presente tesi, in seguito al terremoto dell’Irpinia-Basilicata del 1980, furono redatte 38.000 schede di rilievo relative ad altrettanti edifici di 41 comuni del territorio colpito dal sisma. Tali schede, che si basavano sull'analisi di una serie di informazioni sulle caratteristiche degli elementi costruttivi dell'edificio, costituivano la prima versione dell’attuale 1° livello ed erano estremamente semplificate rispetto a quest’ultima. La struttura era descritta semplicemente attraverso quattro tipologie di struttura verticale (muratura di pietrame, di tufo, di mattoni e struttura in c.a.), quattro tipologie di struttura orizzontale (volte, solai in legno, solai in ferro, solai in c.a.). Dagli incroci possibili delle tipologie di strutture orizzontali e verticali furono individuate 13 tipologie (la struttura verticale in c.a. non poteva che avere struttura orizzontale in c.a.).

Era possibile, inoltre, attribuire le classi di vulnerabilità alle 13 tipologie suddette nonché determinare le distribuzioni di danno per le classi di vulnerabilità e per le singole tipologie.

La scheda di 1° livello utilizzata oggi è frutto dell’evoluzione nel tempo della scheda di 1° livello del terremoto del 1980: non solo si è operata una separazione tra le schede di 1° e 2° livello originariamente unite, ma l’odierno 1° livello fornisce informazioni nettamente più ricche rispetto alle precedenti versioni. In particolare, è stata inserita una tabella per la definizione degli interventi subiti in passato dall’edificio (sezione 5); nella sezione 7, le strutture verticali e le strutture orizzontali, comprese le coperture, sono classificate in 18 e 17 categorie rispettivamente e definite distintamente a ciascun piano.

Sono inoltre state inserite delle precisazioni alla sezione 8 ed una serie di note per agevolare la compilazione.

La scheda è costituita da due facciate, valide per tutte le tipologie strutturali (edifici in muratura, in calcestruzzo armato, in acciaio e misti), che contengono dati relativi alla localizzazione, alla geometria ed alla tipologia dell’edificio.

In relazione al loro numero e al loro grado di dettaglio, i dati rilevati mediante la scheda sono da ritenere destinati prevalentemente ad elaborazioni di tipo statistico ed inoltre hanno lo scopo di fornire le informazioni necessarie per conoscere l'esposizione ed un primo livello di vulnerabilità sismica delle costruzioni.

Nel dettaglio la scheda di l° livello è composta dalle seguenti otto sezioni:

1. Dati relativi alla scheda (chiave di identificazione dell’edificio, comune, scheda, squadra, data) 2. Localizzazione dell’edificio (aggregato dell’edificio, toponomastica, vincoli di piano urbanistico). In questa sezione si specifica anche a quale edificio, costituente un eventuale aggregato strutturale, ci si riferisce in modo che ogni scheda abbia per oggetto un unico edificio.

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All'interno degli aggregati strutturali si individuano quindi gli edifici, definiti come unità strutturali omogenee da cielo a terra e, in genere, distinguibili dagli altri adiacenti per almeno-una delle seguenti caratteristiche che individua un comportamento dinamico distinto:

- tipologia costruttiva (i materiali e le modalità di costruzione delle strutture verticali)

- differenza di altezza (differenze di altezza, alla quota di imposta della gronda di due edifici, superiore al 20% dell'altezza totale dell'imposta di gronda più alta, determina un diverso comportamento sotto azioni sismiche, e quindi due edifici distinti di un unico aggregato strutturale).

- irregolarità planimetrica con parti non collegate efficacemente - età di costruzione

- sfalsamento dei piani

- talvolta ristrutturazioni da cielo a terra (nel caso di ristrutturazione da cielo a terra compiute su una parte dei fabbricato, la parte ristrutturata deve essere sempre tenuta distinta, ottenendo due edifici diversi).

3. Dati metrici (superfici, altezze interpiano, altezze minima e massima fuori terra). In particolare i dati relativi alla massima e minima altezza, valutata in gronda, hanno lo scopo di segnalare la regolarità altimetrica dell’edificio.

4. Uso (viene principalmente specificato il tipo di utilizzo a cui sono destinate le varie unità d’uso ed altre informazioni ad esse correlate come la superficie, il numero di persone ed il periodo di utilizzo relativo ad ogni unità d’uso).

5. Età della costruzione-interventi (classi di età di costruzione e tipo dell’ultimo intervento). Le classi di età riportate sulla scheda corrispondono a quelle individuate dall'ISTAT per il censimento '91. Si considerano inoltre i possibili effetti di un intervento su un edificio esistente, tenendo conto di due parametri: le categorie d'intervento di tipo urbanistico e le verifiche indicate nella normativa sismica vigente al momento dell'intervento individuando anche gli interventi edilizi non realizzati con criteri antisismici.

6. Stato delle finiture–impianti (tipologia, stato di manutenzione e di efficienza)

7. Tipologia strutturale (tipi di struttura verticale, orizzontale, scale, copertura). In tale sezione sono comprese anche informazioni sommarie, riguardanti la descrizione degli edifici in cemento armato, proponendo, in particolare, le seguenti quattro categorie di strutture portanti verticali: O strutture verticali in pareti in calcestruzzo armato

P telai in calcestruzzo armato non tamponati

Q telai in calcestruzzo armato con tamponature deboli R telai in calcestruzzo armato con tamponature consistenti

Per ovvie ragioni, le strutture orizzontali, solai e coperture, sono limitate ad un solo tipo, descritto come in “laterocemento o soletta in c.a.”.

8. Estensione e livello del danno (estensione e livello di danno più frequente, livello di danno massimo). Si registra, per ogni piano dell’edificio, il danno nelle diverse componenti costruttive

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(strutture verticali, strutture orizzontali, scale, tamponature) in base a sei stati di danno (nullo, lieve, medio, grave, gravissimo, totale) precisati attraverso una descrizione dettagliata nel manuale d’uso della scheda stessa; per ciascuna componente si determina sia il massimo stato presente, sia quello più diffuso, del quale si indica anche l’estensione relativa.

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4.4 Scheda di livello II C.N.R./G.N.D.T.: considerazioni generali

Sebbene la scheda di II livello sia strutturata in modo diverso a seconda che ci si riferisca ad edifici in muratura o in cemento armato (diversità dovuta alla natura stessa del problema della valutazione della vulnerabilità che non permette di individuare un unico strumento valido per diverse tipologie edilizie), in entrambi i casi la scheda è formata da 11 parametri (il parametro 12 - struttura a telai piani o spaziali - che compare nella scheda relativa al cemento armato non viene considerato nel calcolo dell’indice di vulnerabilità)

Le precedenti due schede di livello 0 e I, costituiscono delle basi di sintesi delle informazioni conoscitive per la preparazione della scheda di II Livello GNDT, la quale permette una valutazione della vulnerabilità sostanzialmente qualitativa come già descritto nel paragrafo 2.2 della presente tesi.

L’idea di base è quella di attribuire ad ogni edificio un indice di vulnerabilità (IV) mediante un

punteggio compreso tra 0 e 100, per gli edifici in muratura, e tra –25 e 100, per gli edifici in c.a.. Tale indice, stabilito secondo certe regole, sulla base di indicatori che sono interpretati come sintomi di un’idoneità della costruzione a sopportare i terremoti (organizzazione sistema resistente, resistenza globale, degrado, etc.), è calcolato attribuendo ad ogni parametro una classe a cui corrisponde un punteggio. Per gli edifici in c.a. la valutazione viene effettuata con tre sole classi per i primi 10 parametri (Classi A, B e C), mentre per il parametro 11, Stato di fatto, sono presenti 4 classi (Classi A, B, C e D). L’indice di vulnerabilità è in questo caso valutato come somma dei punteggi dei singoli parametri:

=

= i 111 i

v V

I

Per i soli edifici in muratura a ciascuno degli 11 parametri corrispondono le 4 classi (Classi A, B, C e D) e ad ogni parametro è affiancato anche un peso Pi in relazione all’influenza che esso ha sul

comportamento sismico globale. In questo caso l’indice di vulnerabilità si ottiene dalla somma pesata dei punteggi dei singoli parametri:

=

= i 111 i i

v V P

I

dove Vi rappresenta il punteggio e Pi il peso dell’i-esimo parametro.

La prima classe A viene assunta come riferimento ed identifica tutte le situazioni che si possono ritenere equivalenti a quelle ricavabili mediante una progettazione aderente alle normative vigenti; nelle altre classi sono raccolte situazioni sempre più vulnerabili. In generale, la seconda classe B comprende situazioni che non hanno riduzioni di resistenza significativa pur presentando differenze rispetto alle indicazioni delle normative; le ultime due classi rappresentano situazioni con incrementi di vulnerabilità considerevoli.

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4.4.1 Scheda di livello II C.N.R./G.N.D.T. per edifici in muratura

Per quanto riguarda gli edifici in muratura, la scheda e il relativo manuale per la compilazione, messa a punto dal G.N.D.T (Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti) nel 1984, sono stati aggiornati dalla Regione Toscana nel 2003, e recentemente con l’emanazione del D.G.R. 515 del 14/02/2012 “L.R. 58/09 "Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico". Aggiornamento dei criteri per l'esecuzione delle indagini sugli edifici in muratura, la redazione della relazione tecnica e la compilazione della scheda di vulnerabilità II liv. GNDT/CNR, con riferimento alle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14 gennaio 2008)".

Una sostanziale modifica, che comunque non entra direttamente nel procedimento di compilazione della scheda, è stata quella della variazione dei pesi nelle classi dei parametri 1, 5 e 9, pesi che influiscono nel relativo indice parziale, necessario per il calcolo dell’indice di vulnerabilità. In particolare:

- nel parametro 1 il peso passa da 1 a 1,5;

- nel parametro 5 il peso (variabile) passa da un intervallo 0,5 – 1 ad un intervallo 0,5 – 1,25; - nel parametro 9 il peso (variabile) passa da un intervallo 0,5 – 1 ad un intervallo 0,5 – 1,5;

L’indice di vulnerabilità Iv viene quindi calcolato, secondo le modalità esposte nel paragrafo precedente, assumendo i punteggi e i pesi indicati nella tabella seguente (come proposto dalla Regione Marche) in cui vengono anche elencati gli 11 parametri costituenti la scheda:

EDIFICI IN MURATURA

Parametro

Punteggi

Peso

A B C D

1 Tipo ed organizzazione del sistema resistente 0 5 20 45 1.0

2 Qualità sistema resistente 0 5 25 45 0.25

3 Resistenza convenzionale 0 5 25 45 1.5

4 Posizione edificio e fondazioni 0 5 25 45 0.75

5 Orizzontamenti 0 5 15 45 variabile

6 Configurazione planimetrica 0 5 25 45 0.5

7 Configurazione in elevazione 0 5 25 45 variabile

8 Distanza massima tra le murature 0 5 25 45 0.25

9 Copertura 0 15 25 45 variabile

10 Elementi non strutturali 0 0 25 45 0.25

11 Stato di fatto 0 5 25 45 1.0

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L’indice di vulnerabilità varia tra 0 e 382.5; solitamente questo valore viene normalizzato nell’intervallo 0-100 dividendolo per il fattore 3,825. Per capire il significato dei valori assegnati a pesi e parametri è necessario fornire una descrizione dettagliata degli undici elementi che compongono l’indice di vulnerabilità:

TIPO ED ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA RESISTENTE

Indipendentemente dal materiale e dalle caratteristiche delle singole murature il parametro vuole considerare l’efficacia dei collegamenti per garantire il comportamento scatolare dell’organismo murario in modo da favorire il più possibile, da parte del fabbricato, una certa monoliticità e rigidezza di risposta al sisma.

Sono proprio le eventuali sconnessioni murarie esistenti a facilitare, in caso di sisma, l’insorgenza dei più disparati moti rigidi di pareti e porzioni di muratura.

QUALITA’ DEL SISTEMA RESISTENTE

L’attribuzione di un edificio ad una delle quattro classi dipende da tre fattori: il primo è il tipo di materiale e la forma degli elementi costituenti, il secondo è l’omogeneità di materiale e della pezzatura per tutta l’estensione della parete. Il terzo fattore è il tipo di connessioni e si riferisce alla presenza di elementi di connessione trasversali (diatoni) all’interno di una muratura che generalmente è costituita da due paramenti verticali affiancati, come nel caso di murature a sacco.

RESISTENZA CONVENZIONALE

Essendo ad esso associato un peso maggiore rispetto agli altri parametri, è un fattore di primaria importanza ai fini della resistenza sismica di un edificio.

Assumendo un modello di calcolo (che assimili l’edificio, nella sua direzione più debole, ad una parete di taglio equivalente) caratterizzato da un moto di pura traslazione dei piani, dall’assenza di eccentricità in pianta e da solai infinitamente rigidi, il parametro fornisce una stima del valore della resistenza alle azioni orizzontali.

Si tratta di un modello di calcolo semplificato basato sulla risposta sismica dell’edificio di tipo tagliante, la cui attendibilità è condizionata dal fatto che sia effettivamente chiamata in causa la resistenza dei setti murari nei confronti delle forze d’inerzia sismiche e non ci sia attivazione di meccanismi di primo modo (ribaltamento fuori dal proprio piano dei setti).

Ipotizzando che in un generico maschio murario con sezione di area A la tensione tangenziale dipenda dalla tensione normale verticale secondo la relazione di Turnsek e Cacovic:

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allora posso considerare l’edificio come un setto equivalente avente per area di base l’area resistente minima rispetto alle due direzioni ortogonali principali e con carico verticale q·N dovuto ai pesi permanenti di tutti gli N piani sovrastanti quello di verifica e quindi considerando il valore medio della pressione che il peso della parte dell’edificio sovrastante il piano considerato esercita sull’insieme della muratura resistente del piano.

Per prima cosa si valuta quindi il valore minimo del taglio ultimo resistente del setto equivalente, che corrisponde a quello calcolato nella direzione più debole (dove cioè, a parità di resistenza tangenziale caratteristica della muratura tk, è presente la minore delle aree resistenti Ax ed Ay date

dalla sommatoria delle aree resistenti dei singoli maschi nella direzione ortogonali considerate e in corrispondenza del piano di verifica, generalmente coincidente con il primo livello).

In realtà calcolati i valori dei due taglianti ultimi “sismo-resistenti” di piano Tux e Tuy alla base del

fabbricato, sebbene essi siano direttamente proporzionali ai rispettivi valori delle sezioni murarie Ax e Ay, va tuttavia osservato che dipendono anche dal valore delle tensioni normali agenti alla

base del fabbricato.

Dunque sia l’area delle sezioni murarie (nella direzione più sfavorevole) sia la tensione tangenziale di rottura k k u

τ

σ

τ

τ

⋅ + ⋅ = 5 , 1

1 0 (dipendente a sua volta dalle suddette tensioni

normali), concorrono a definire la risposta della struttura in termini di resistenza antisismica. Inoltre, come specificato più dettagliatamente nel capitolo 3 della presente relazione, sono state adottate le caratteristiche meccaniche della muratura riportate in Tabella C8A.2.1 della Circ. Min. n.617 del 02 Febbraio 2009; in particolare sono stati assunti i valori minimi dell’intervallo proposto per la resistenza media a taglio della muratura, t0.

Dopo il calcolo del taglio resistente Tu, è necessario rivolgere l’attenzione alle forze orizzontali

sollecitanti provocate dalle azioni sismiche valutate convenzionalmente mediante una analisi statica. La risultante di tali forze si calcola considerando la formulazione presente nel D.M 02/07/81 al paragrafo 2.6.3: t t C W F =

β

⋅ ⋅ dove: C = S - 2

100 è il coefficiente d'intensità sismica;

S rappresenta il grado di sismicità della zona che varia secondo i valori S=12, S=9 e S=6 (alta, media e bassa sismicità), in base alla categoria sismica del comune di appartenenza dell’edificio in esame: 1°, 2°, e 3° categoria sismica. Nel nostro caso Livorno ricade in zona sismica II (S=9) a cui corrisponde un valore di C = 0,07.

β è un coefficiente di struttura a cui si assegna il valore 4 ottenendo in questo modo:

28 , 0 = ⋅C

β

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La scheda di II livello, invece, presenta delle semplificazioni assegnando al prodotto

β

C un valore costante pari a 0,4 (ricavabile per zona con alta sismicità S = 12). Nonostante l’indipendenza dalla zona sismica a cui appartiene il comune dove sorge l’edificio, conseguenza delle semplificazioni adottate dalla scheda di II livello, “stravolga” il risultato delle forze orizzontali sollecitanti provocate dalle azioni sismiche, non ci si deve scordare che il fine ultimo del parametro in esame è la quantificazione della vulnerabilità cioè una caratteristica intrinseca della struttura indipendente dal sito in cui sorge e che rappresenta la sua propensione a subire danni in caso di sisma.

Wt è il carico totale verticale (peso) dell'edificio che, a meno dei carichi accidentali, corrisponde

all’espressione riportata nella scheda:

(

)

p N A p h A A A N q A s t m y x t t ⋅      + ⋅ ⋅ + ⋅ = ⋅ ⋅ Dove:

N numero dei piani a partire da quello di verifica (incluso), At area coperta media sopra il piano di verifica,

q rappresenta il peso medio, per unità di area coperta, di un livello dell'edificio (somma del peso di un solaio e di un interpiano di muratura). Il peso medio per unità di area coperta q può essere valutato in funzione del peso specifico medio della muratura pm,

del peso medio per unità di superficie del solaio ps e della altezza media di un

interpiano h.

A questo punto è possibile calcolare il rapporto α tra il minimo taglio resistente Tu della parete

equivalente e la risultante delle forze statiche orizzontali (al piano più basso che risulta essere quello in condizioni più sfavorevoli perché sollecitato dalle forze sismiche orizzontali più elevate) ottenendo proprio l’espressione fornita nella scheda in cui però, come già detto, al prodotto

β

C

viene assegnato il valore 0,4:

(

γ

)

τ

α

+ ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ ⋅ = = 1 5 , 1 1 4 , 0 0 0 a N q N q a C k Dove:

A valore minimo dell’area resistente nelle due direzioni, ovvero il minimo tra Ax e Ay,

B valore massimo dell’area resistente nelle due direzioni, ovvero il massimo tra Ax e

Ay,

α0 A/At

(19)

L’assegnazione di una delle quattro classi avviene in base al valore assunto dal rapporto α = C/0,4, dove C è la resistenza convenzionale definita come il rapporto tra il minimo taglio resistente ultimo Tu della parete equivalente ed il peso della parte sovrastante il piano di verifica.

L’assegnazione di una delle quattro classi al parametro in esame è definita in funzione di α nel modo seguente:

− Classe A - Edifici con α ≥ 1, − Classe B - Edifici con 0.6 ≤ α < 1, − Classe C - Edifici con 0.4 ≤ α < 0.6, − Classe D - Edifici con α < 0.

Come si evince dalla descrizione del procedimento esposto, la stima del taglio resistente alla base dell’edificio avviene tramite una valutazione convenzionale e relativa: convenzionale nel senso che si procede ad un calcolo semplificato di tale resistenza, basato su alcuni elementi rilevati e su altri assegnati secondo valutazioni di massima; relativa nel senso che il punteggio viene assegnato per confronto con la resistenza convenzionale richiesta dalle normative (DM 02/07/1981 e relative circolari). Una valutazione così concepita è giustificata dallo spirito dello strumento di rilevamento che prevede l’esame di ogni singolo edificio ma con analisi sufficientemente speditive.

La stima della resistenza sismica di un edificio in muratura mediante il calcolo del coefficiente “C” è tanto più significativa quanto più il suo comportamento è di tipo scatolare, adatto quindi ad essere interpretato con un modello che simula una risposta al terremoto che impegna prevalentemente le pareti con azioni di taglio. La bontà della stima dipende anche da una corretta scelta della resistenza al taglio della muratura e inoltre è anche sensibilmente condizionata dalla presenza di eventuali irregolarità plano-altimetriche della struttura.

POSIZIONE EDIFICIO E FONDAZIONI

Questo parametro vuole valutare in modo sintetico e qualitativo la stabilità delle fondazioni e dei terreni di fondazione. Si individuano quindi tre fattori che possono influenzare la resistenza sismica di un edificio: le caratteristiche litologiche dei terreni di fondazione, le caratteristiche morfologiche degli stessi, la presenza e il tipo di strutture di fondazione.

Con questo parametro si chiede di valutare quanto il terreno su cui giace l’edificio e le fondazioni influenzino la risposta sismica dello stesso.

ORIZZONTAMENTI

Il buon funzionamento degli elementi resistenti verticali è garantito anche dall’efficienza dei solai nel trasferire le azioni sismiche. Il parametro in esame vuole toccare questo aspetto considerando il funzionamento o meno a diaframma degli orizzontamenti ed i collegamenti di questi ultimi alle strutture verticali.

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Per questo parametro è previsto un peso variabile in base alla percentuale di orizzontamenti rigidi e ben collegati.

Il venir meno dell’ipotesi di infinita rigidezza del solaio nel suo piano comporta una distribuzione dell’azione sismica in proporzione non alle rigidezze dei maschi murari, quanto invece ai pesi su di essi gravanti, con evidente aggravio di sollecitazione sismica proprio su quelli che sopportano pesi maggiori. Essendo quindi l’azione sismica tagliante Ts, sul generico maschio, proporzionale

al peso P = σv A su di esso gravante, allora è possibile scrivere le seguenti relazioni:

A K P K T A Ru =

τ

u⋅ ≥ s = ⋅ = ⋅

σ

v

dove Ru è la resistenza tagliante del maschio con sezione di area A.

In definitiva si ottiene:

v

u K

σ

τ

≥ ⋅

e dunque si capisce che l’aggravio di sollecitazione sismica di cui si è parlato comporta una limitazione al valore del peso sopportabile: per valori di τu inferiori a K σv, il maschio collassa.

CONFIGURAZIONE PLANIMETRICA

Essendo la regolarità della pianta un elemento importante ai fini della distribuzione delle azioni sismiche tra i vari elementi resistenti, il parametro in esame fornisce un giudizio sulla regolarità basandosi sui rapporti tra lato corto e lato lungo e fra sporgenze e lato lungo.

CONFIGURAZIONE IN ELEVAZIONE

La mancanza di regolarità in alzato può modificare significativamente il comportamento dinamico dell’edificio dando luogo ad un aggravio delle sollecitazioni sismiche. Il parametro in esame considera le variazioni e le discontinuità in elevazione.

Nel caso di edifici in muratura la principale causa di irregolarità è costituita dalla presenza di porticati, loggiati e altane. Altro elemento da valutare ai fine della regolarità è la presenza di torri o torrette di altezza e massa significative rispetto la restante parte dell’edificio.

In generale la configurazione ottimale di un fabbricato antisismico è quella caratterizzata da una pianta semplice, campatta e simmetrica e da un alzato senza variazioni (lungo la sua altezza) di geometria, di massa, di resistenza e di rigidezza.

Una eventuale sfavorevole e non regolare configurazione geometrica e plano-altimetrica comporta pericolosi effetti torsionali sulla struttura.

DISTANZA MASSIMA TRA LE MURATURE

Si considera con questo parametro l’efficacia offerta dai vincoli dei muri trasversali intersecanti il muro maestro in esame. I muri trasversali se posti ad interasse non eccessivo costituiscono un

(21)

ritegno contro il ribaltamento di tratti dei muri maestri. Le classi sono quindi definite in funzione del rapporto tra l’interasse tra i muri trasversali e lo spessore del muro maestro.

COPERTURA

Gli elementi che caratterizzano l’influenza delle coperture sul comportamento sismico di un edificio sono due: la tipologia (spingente, non spingenti, poco spingenti) e il peso. Il primo elemento, che determina la classe di assegnazione, può favorire il collasso fuori dal proprio piano delle pareti sottostanti a causa dell’incremento della spinta esercitata in condizioni normali. Infatti nel caso ordinario del classico tetto spiovente a due falde piane, la spinta sui sottostanti muri laterali agente nella giacitura della sezione trasversale muraria è composta da un’aliquota statica imputabile direttamente ai pesi e da un’aliquota sismica.

Per quanto riguarda la problematica relativa al peso, aggiungendo nuove masse proprio sulla sommità dell’edificio, è possibile spostare il comportamento oscillatorio dell’intero fabbricato verso il modello limite di pendolo inverso. Negli edifici monopiano è dovuto allora al solo aumento di peso in copertura; per quelli multipiano il peso aggiunto in copertura comporta anche uno spostamento verso l’alto del baricentro sismico della costruzione , con un conseguente incremento del relativo cimento dinamico.

il parametro in esame valuta quindi il ruolo del sistema delle coperture nel contenimento delle azioni (spinta e peso) e degli spostamenti (cordoli, catene) alla sommità della costruzione.

ELEMENTI NON STRUTTURALI

E’ un elemento secondario per la definizione della vulnerabilità e considera la presenza di elementi quali infissi e appendici che possono causare danno a cose e persone.

STATO DI FATTO

E’ un fattore importante per il calcolo della vulnerabilità che considera lo stato di conservazione dell’edificio tramite la presenza di lesioni, fuori piombo, stato di degrado dei materiali ovvero quei fattori che possono causare diminuzione di resistenza.

Alterando la congruenza interna ed esterna del manefatto edilizio, le fessure e le sconnessioni murarie causano un aumento di deformabilità del corpo murario cui corrisponde una diminuzione del suo modulo elastico E. A livello dinamico ciò comporta un aumento del periodo proprio T1

dell’elemento strutturale considerato (il periodo proprio fondamentale è inversamente proporzionale alla radice del modulo E) e quindi una maggiore sensibilità a vibrazioni forzate caratterizzate da frequenze più basse proprie dei terremoti a largo spettro di frequenza (caratterizzati da una durata media di una ventina di secondi e che interessano nella generalità dei casi i suoli medi).

(22)
(23)

4.4.2 Scheda di livello II C.N.R./G.N.D.T. per edifici in cemento armato

Si è già accennato al paragrafo 4.4 della presente tesi che per gli edifici in cemento armato, similmente alle costruzioni in muratura, si adotta ai fini del rilevamento della vulnerabilità delle costruzioni, la scheda di II livello G.N.D.T. a 11 parametri (il parametro 12 - struttura a telai piani o spaziali - che compare nella scheda relativa al cemento armato non viene considerato nel calcolo dell’indice di vulnerabilità).

Tra le varie versione che si sono succedute nel tempo a partire da quella proposta nel 1984 (Gavarini e Angeletti, 1984) quella risalente al 1986 è caratterizzata da un’impostazione molto simile alla scheda relativa agli edifici in muratura precedentemente descritta. La scelta di adottare la tipologia di scheda ad 11 parametri con i punteggi proposti dalla Regione Marche è motivata dalla presenza della formula di conversione che permette di ricondurre l’indice di vulnerabilità valutato per gli edifici in c.a. in un indice di vulnerabilità paragonabile a quello per la muratura in una scala da 0-100:

se Iv >−6,5⇒Vm =−10,07⋅Iv +2,5175 se Iv <−6,5⇒Vm =−1,731⋅Iv+56,72

L’indice di vulnerabilità Iv viene quindi calcolato, secondo le modalità esposte nel paragrafo 4.4, assumendo i punteggi indicati nella tabella seguente (come proposto dalla Regione Marche) in cui vengono anche elencati gli 11 parametri costituenti la scheda:

EDIFICI IN C.A.

Parametro

Punteggi

A B C D

1 Tipo ed organizzazione del sistema resistente 0 -1 -2 -

2 Qualità sistema resistente 0 -0.25 -0.5 -

3 Resistenza convenzionale 0.25 0 -0.25 -

4 Posizione edificio e fondazioni 0 -0.25 -0.5 -

5 Orizzontamenti 0 -0.25 -0.5 -

6 Configurazione planimetrica 0 -0.25 -0.5 -

7 Configurazione in elevazione 0 -0.5 -1.5 -

8 Collegamenti ed elementi critici 0 -0.25 -0.5 -

9 Elementi con bassa duttilità 0 -0.25 -0.5 -

10 Elementi non strutturali 0 -0.25 -0.5 -

11 Stato di fatto 0 -0.5 -1 -2.45

Tab.: 4.2 Punteggi degli 11 parametri per gli edifici in cemento armato.

La scala percentuale di riferimento dell’indice di vulnerabilità per edifici in cemento armato varia da 0 a circa 75.

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Per capire il significato dei valori assegnati ai parametri è necessario fornire una descrizione dettagliata degli undici elementi che compongono l’indice di vulnerabilità:

TIPO ED ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA RESISTENTE

La struttura in c.a., se a telai, reagisce chiamando in causa le murature generalmente presenti nei campi di telaio. Il parametro vuole valutare il comportamento (rigido; rigido fragile iniziale e successivo mantenimento di resistenza e duttilità; rigido fragile iniziale e successivo decadimento di resistenza e rigidezza) del sistema resistente quando cimentato dall’azione sismica.

Sebbene l’argomento verrà maggiormente approfondito nei paragrafi dedicati alla descrizione della procedura VC elaborata per edifici esistenti nell’ambito del progetto (S.A.V.E.), in questa sede si anticipa che i tamponamenti interni ai campi di telaio delle strutture in cemento armato influenzano il comportamento della costruzione stessa quando soggetta ad azione sismica. Si può così ottenere un incremento di rigidezza e di resistenza ai carichi nonché un notevole aumento della capacità dissipativa (gli effetti della presenza delle murature non sono sempre positivi, basti pensare alle ben note situazioni della torsione in pianta e della formazione del piano soffice in altezza).

Infine tramite il parametro in esame si tengono in conto gli effetti negativi che derivano dalla presenza di edifici con piano pilotis. In questo caso infatti le deformazioni dovute alle azioni orizzontali si concentrano a livello dei pilastri di un unico piano mentre gli altri rimangono praticamente indeformati. Tale meccanismo di collasso tipo piano soffice può così portare a collasso i pilastri.

QUALITA’ DEL SISTEMA RESISTENTE

Ai fini di un giudizio circa la qualità del sistema resistente è fondamentale l’accertamento che in tempi passati la zona su cui sorge l’edificio in esame abbia sperimentato frequenti o forti terremoti. L’esperienze passate, infatti, contribuiscono ad una maggior presa di coscienza, da parte dei progettisti, del problema relativo al comportamento sismico delle strutture.

Inoltre il giudizio sulla qualità del sistema resistente è dato sulla base dei seguenti gruppi di informazioni:

- Tipo e qualità dei materiali usati.

- Caratteristiche di esecuzione dell’opera. - Caratteristiche di progettazione dell’opera.

Per ciò che riguarda il primo gruppo, oltre alla visione diretta dei materiali, ove possibile, sono di grande ausilio la conoscenza dell’età della costruzione e l’accertamento dello stato di degrado dell’edificio in generale.

(25)

Per quanto riguarda il secondo gruppo di informazioni, oltre all’accertamento diretto, è importante conoscere il tipo di modalità costruttive in uso nella zona e quelle più frequentemente adottate dal costruttore.

Il terzo gruppo di informazioni è relativo al livello di progettazione, accertabile non solo dall’esame diretto degli elaborati, ove disponibile, ma anche indirettamente, attraverso notizie sul tipo di scelte più frequentemente operate dal progettista, in special modo per ciò che riguarda i dettagli costruttivi, attraverso notizie sui tipi di progettazione correnti in zona.

RESISTENZA CONVENZIONALE

E’ l’unico parametro alla cui classe A (giudizio favorevole ai fini del calcolo della vulnerabilità) è associato un valore positivo e dunque potrebbe contribuire a diminuire il valore dell’indice di vulnerabilità.

Il parametro tiene conto di una sorta di grado di sicurezza rispetto a forze sismiche di riferimento, calcolato con le seguenti ipotesi:

- Azioni statiche equivalenti;

- Assenza di eccentricità o irregolarità in pianta.

- Messa in conto, ai fini della resistenza, dei soli elementi del sistema resistente principale (in caso di assenza di murature vanno considerate le sole sezioni dei pilastri, che vanno divise a metà per telai non soddisfacenti i requisiti del livello B, per il tipo di struttura principale). - La forza resistente di ogni sezione è convenzionalmente A⋅τk in cui A è l’area della sezione e

τ assume i valori indicati nei “Criteri di definizione” del tipo ed organizzazione del sistema

resistente (nel nostro caso τk = 150 t/m2).

Facendo gli stessi ragionamenti visti nell’analogo parametro relativo alle costruzioni in muratura, l’idea di base è quella di individuare, a meno di tutte le semplificazioni adottate, il valore del rapporto α tra le forze resistenti e le forze sismiche.

Le prime sono calcolate sommando i valori delle forze resistenti relative ai soli elementi in calcestruzzo ipotizzati tutti di sezione quadrata e quindi in assenza di una direzione più sfavorevole (Ax = Ay = A).

Per il calcolo delle seconde, gli effetti sismici possono essere valutati mediante l'analisi statica della struttura soggetta ad un sistema di forze orizzontali parallele alla direzione prevista per il sisma.

Le forze alle diverse quote devono essere applicate in corrispondenza dei baricentri dei "pesi" i quali generalmente possono essere riportati alle quote dei solai.

La forza orizzontale Fi alla generica quota, secondo una prefissata direzione, si ottiene dalla

formulazione riportata nel D.M. 03/03/75: Fi = C ⋅ R ⋅ ε ⋅ β ⋅ γi ⋅ Wi

(26)

ε è il Coefficiente di fondazione che si assume di regola pari a ε = 1.

Il coefficiente di intensità sismica C assume lo stesso significato di quello visto nel caso delle costruzioni in muratura (C = 0,07 per zone a media sismicità come quella del comune di Livorno al quale, ricadendo in zona sismica II, si associa un grado di sismicità S = 9).

Il D.M 03/03/75 prescrive inoltre di assumere il coefficiente di struttura β pari ad 1 tranne che nel caso in cui nella struttura dell'edificio vi siano telai ed elementi irrigidenti verticali ai quali ultimi approssimativamente si affida il 100% delle azioni orizzontali assumendo allora un valore di β pari a 1, 2.

Applicando i valori da normativa si ottiene per il prodotto C ⋅ β, un valore pari a 0,07 e quindi 4 volte inferiore a quello calcolato per le strutture in muratura portante.

Nella scheda di II livello, invece, si assume per il suddetto prodotto, un valore analogo a quello adottato per le strutture in muratura e cioè pari a 0,4 eliminando di conseguenza, come già visto per le strutture in muratura, la dipendenza delle forze statiche equivalenti dalla zona a cui appartiene il comune dove sorge la costruzione.

R è il coefficiente di risposta dipendente dal periodo proprio fondamentale di vibrazione relativamente alla direzione considerata. Contrariamente alla formulazione proposta nel D.M. 03/03/75 in cui non si si fanno distinzioni al variare del tipo di terreno ed in cui:

se T0 < 0,8 s allora R = 1 se T0 > 0,8 s allora R = 2/3 0) ( 862 , 0 T

(la norma specifica anche che il periodo T0 da utilizzarsi per la valutazione di R deve calcolarsi

con riferimento alla sola struttura resistente attraverso adeguate analisi dinamiche che tengano conto della struttura nel suo complesso. Nel caso in cui tale valutazione non venga eseguita si dovrà assumere R = 1); nelle schede di II livello il calcolo del coefficiente R varia al variare del tipo di terreno. Per terreni tipo S1 (rocciosi o composti da sabbie o ghiaia addensate), si ottiene

che: se T0 < 0,35 s allora R = 2,5 se T0 > 0,35 s allora R = 2/3 0 /0,35) ( 5 , 2 T

Per terreni tipo S2 (depositi alluvionali o depositi di terreni prevalentemente sabbiosi o argillosi),

si ottiene che: se T0 < 0,8 s allora R = 2,2 se T0 > 0,8 s allora R = 2/3 0 /0,8) ( 2 , 2 T

Ipotizzando per gli edifici oggetto della presente analisi un terreno tipo S1, il corrispondente

valore di R varia da 2,5 a circa 1.

(27)

= = ⋅ ⋅ = N j j j N j j i i h W W h 1 1

γ

essendo hi la quota del piano i-esimo rispetto allo spiccato delle fondazioni.

Andando adesso a sostituire il valore di γi nell’equazione per il calcolo della forza equivalente

relativa a ciascun piano (ipotizzando costante sia l’altezza di interpiano che il peso Wi di ciascun

livello) e poi sommando tutte le forze così ottenute (si fa infatti sempre riferimento al livello più basso essendo quello sollecitato maggiormente a causa delle azioni sismiche), si trova che:

= ⋅ ⋅ ⋅

= i tot

t F C R W

F

β

dove con Wtot si vuole indicare il peso di tutto l’edificio e che nella scheda di II livello viene

calcolato, a meno dei carichi accidentali analogamente al caso delle murature, con l’espressione:

(

)

p N A p h A A A N q A s t m y x t t ⋅      + ⋅ ⋅ + ⋅ = ⋅ ⋅ dove:

N numero dei piani a partire da quello di verifica (incluso), At area coperta media sopra il piano di verifica,

q rappresenta il peso medio, per unità di area coperta, di un livello dell'edificio (somma del peso di un solaio e di un interpiano). Il peso medio per unità di area coperta q può essere valutato in funzione del peso specifico medio del cemento armatopm, del peso

medio per unità di superficie del solaio ps e della altezza media di un interpiano h.

Per gli edifici in cemento armato trattati nella presente tesi, il valore della forza equivalente calcolato con le ipotesi semplificative assunte nella scheda di II livello, risulta essere 4 · R volte superiore rispetto all’analogo valore che si otterrebbe adottando per i vari coefficienti i valori proposti dal D.M. 03/03/75.

Spicca inoltre l’analogia formale delle forze equivalenti con il caso delle strutture in muratura portante per le quali si è visto che Ft =

β

CWtot

Se nelle espressioni per il calcolo delle forze equivalenti relative alle due tipologie costruttive, si provano a sostituire i vari coefficienti assunti con i valori suggeriti dalle normative, si trova che, a parità di peso totale dell’edificio Wtot, per gli edifici in muratura portante il valore della forza

equivalente è 4 volte superiore rispetto al caso delle costruzioni in cemento armato.

Come precedentemente esposto, le schede di II livello assumono per entrambe le tipologie strutturali un valore di C

β

pari a 0,4 e così, a parità di peso della struttura in esame Wtot, la

(28)

rispetto a quelle in muratura (con R che varia da 2,5 a circa 1 all’aumentare dell’altezza della struttura strutture fondata su suolo di categoria S1).

A questo punto è possibile calcolare il rapporto α tra le forze resistenti e e la risultante delle forze statiche orizzontali (al piano più basso che risulta essere quello in condizioni più sfavorevoli perché sollecitato dalle forze sismiche orizzontali più elevate) ottenendo proprio l’espressione fornita nella scheda in cui però, come già detto, al prodotto

β

C viene assegnato il valore 0,4:

⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅ = R N q a R C k 4 , 0 4 , 0 0

τ

α

Dove:

A valore minimo dell’area resistente nelle due direzioni, ovvero il minimo tra Ax e Ay,

α0 A/At

L’assegnazione di una delle quattro classi avviene in base al valore assunto dal rapporto α = C/0,4R, dove C è la resistenza convenzionale definita come il rapporto tra il taglio resistenteivalente ed il peso della parte sovrastante il piano di verifica.

L’assegnazione di una delle quattro classi al parametro in esame è definita in funzione di α nel modo seguente:

Le tre classi sono definite in funzione di α nel modo seguente: − Classe A - Edifici con α ≥ 1.5,

− Classe B - Edifici con 0.7 ≤ α < 1.5, − Classe C - Edifici con α < 0.7.

Si nota come per sopperire alle imprecisioni nate dalle varie semplificazioni adottate, il coefficiente α debba assumere un valore molto superiore all’unità per poter dare un giudizio positivo nei riguardi della vulnerabilità (in particolar modo la forza orizzontale resistente deve essere maggiore del 50% rispetto alla risultante delle forze statiche equivalenti sollecitanti per poter rientrare nella classe A).

POSIZIONE EDIFICIO E FONDAZIONI

Il parametro prende in considerazione il tipo e l’andamento plano-altimetrico del terreno di fondazione, nonché la presenza o meno di terrapieni spingenti.

A causa della difficoltà oggettiva dell’accertamento della tipologia di fondazione, il parametro si limita inoltre a considerare la presenza o meno delle fondazioni ed i possibili dislivelli tra esse.

(29)

i seguenti requisiti per il funzionamento come diaframma:

a) funzionamento a lastra ed elevata rigidezza per deformazioni nel suo piano (perciò buona connessione degli elementi costruttivi);

b) efficace collegamento agli elementi verticali resistenti.

Ai fini della riduzione della vulnerabilità sismica di un edificio a struttura intelaiata in cemento armato è essenziale la presenza di solai estensionalmente rigidi capaci di trasmettere le forze sismiche sui pilastri sottostanti mediante atti di moto rigido nel piano e proporzionalmente alle rigidezze dei sisremi resistenti.

La presenza di orizzontamenti che non soddisfano i predetti requisiti costituisce un importante motivo di vulnerabilità sismica dell’intera struttura intelaiata che va ad integrare quella causata da una geometria non regolare in pianta ed in alzato contribuendo alla genesi di eventuali fenomeni torsionali nel manufatto.

CONFIGURAZIONE PLANIMETRICA

Il parametro vuole fornire una stima della regolarità in pianta considerando la distribuzione delle masse e delle rigidezze e la forma.

Il punto dove può essere concentrata la massa relativa a ciascun piano dell’edificio coincide con il punto in cui agisce la forza d’inerzia indotta dal sisma ed è detto centro di massa (CM) (coincidente con il baricentro delle masse di piano).

Al movimento, a livello di ciascun piano, generato dalle suddette forze di inerzia, si oppongono le forze di richiamo negli elementi resistenti. In caso di solaio assimilabile ad un diaframma rigido collegante tutti gli elementi strutturali del piano, queste ultime forze, proporzionali alla rigidezza dei diversi elementi resistenti, passano per il centro di rigidezza (CR) del piano. (Se tutti gli elementi resistenti hanno raggiunto la plasticizzazione, la distribuzione delle forze non avviene più secondo le rigidezze ma secondo le resistenze dei vari elementi).

In generale un sistema di forze orizzontali induce spostamenti al piano a cui è applicato. Il punto a cui è applicata la risultante che induce una semplice traslazione è proprio il centro di rigidezza. Se il centro di resistenza non si trova sulla stessa retta d’azione dell’azione sismica nasce invece una coppia torcente necessaria per l’equilibrio.

(30)

Gli effetti torsionali, a cui corrispondono eccessive richieste di duttilità negli elementi strutturali periferici, sono molto penalizzanti nei riguardi di un giudizio di vulnerabilità di una costruzione. Nella figura seguente sono riportati esempi di disposizioni sfavorevoli e favorevoli degli elementi strutturali:

Fig. 4.2

Per quanto riguarda la regolarità di forma si precisa che in generale gli angoli rientranti portano a disuniformità di comportamento mentre edifici con piante troppo allungate sono più facilmente soggetti a moti sismici incoerenti.

CONFIGURAZIONE IN ELEVAZIONE

Il parametro vuole esprimere un giudizio sulla regolarità in elevazione di un edificio basandosi sull’osservazione della distribuzione di rigidezza e massa lungo l’altezza.

(31)

Fig.: 4.3 Variazioni in altezza delle masse

L’irregolarità di distribuzione della rigidezza lungo l’altezza può causare l’innesco di un meccanismo di collasso tipo piano soffice. Dagli schemi riportati nella sottostante figura 4.4

Fig.: 4.4

si nota immediatamente che sismicamente, il comportamento migliore è fornito dal telaio tipo B, mentre il peggiore dal telaio tipo A (in cui è presente un piano soffice).

E’ facile verificare questa affermazione. A parità di spostamento ∆ dell’edificio, che si suppone coincida con la richiesta di duttilità necessaria per resistere al sisma, detta h l’altezza di piano, il modo di crisi del telaio B richiede una capacità di rotazione alle cerniere pari a ∆ /7h; il modo di crisi del telaio C richiede una capacità di rotazione alle cerniere pari a ∆ /5h ed il modo di crisi del telaio A richiede una capacità di rotazione alle cerniere pari a ∆ /h.

Queste osservazioni evidenziano la necessità di evitare la presenza di un “piano debole”.

COLLEGAMENTI ED ELEMENTI CRITICI

Il parametro vuole valutare la vulnerabilità dei collegamenti e degli elementi critici.

I collegamenti sono le zone in cui concorrono più elementi strutturali mentre gli elementi critici sono tutti quelli di primaria importanza per la resistenza alle azioni sismiche. Rientrano in questa definizione quasi tutti i collegamenti (possono essere esclusi i nodi trave-pilastro centrali e ben confinati, quasi tutte le zone di unione trave-solaio); i pilastri; le pareti di c.a.; i pannelli di c.a.; tutti gli elementi che abbiano una forza media di compressione superiore al 15% di quella ultima; gli elementi tozzi.

(32)

I nodi trave-colonna sono caratterizzati da una zona geometricamente molto ristretta con sollecitazioni provenienti dagli elementi adiacenti che si concentrano sul pannello di calcestruzzo e sulle barre di armatura con gradienti spesso molto elevati.

Il comportamento del nodo influenza significativamente la risposta dell’intero sistema strutturale, sia in termini di deformabilità (causata dalla fessurazione del pannello di calcestruzzo e dallo scorrimento delle armature longitudinali) che in termini di resistenza se sopraggiunge in maniera prematura una crisi a taglio del pannello nodale.

La trasmissione corretta degli sforzi fra gli elementi strutturali avviene in assenza di eccentricità tra l’asse della trave e l’asse del pilastro concorrenti in un nodo.

Nella seguente figura vengono riportati gli elementi e le modalità per i controlli al fine di per fornire il giudizio di vulnerabilità:

Fig.: 4.5

ELEMENTI CON BASSA DUTTILITA’

Il parametro considera fragili, e/o notevolmente rigidi e relativamente poco duttili, tutti gli elementi che hanno forti riduzioni dell’altezza libera o quelli in cui la riduzione di altezza libera è accompagnata da un aumento della richiesta di duttilità (dovuta ad esempio alla presenza piani pilotis, alla lontananza, in pianta, dal centro di rotazione in edifici con elevata irregolarità, ecc.) Anche la presenza di uno soltanto degli elementi citati comporta una maggiore vulnerabilità dell’edificio.

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Nella figura seguente vengono mostrati esempi di elementi con bassa duttilità:

Fig. 4.6 Elementi con bassa duttilità

La diminuzione di altezza libera dei pilastri conduce ad un incremento della sollecitazione tagliante non compatibile con la resistanza a taglio delle colonne con conseguente crisi delle stesse. La ridotta luce libera di inflessione può trasformare il generico pilastro da un elemento tipicamente snello ad un elemento caratterizzato da un rapporto luce/dimensione trasversale tale da potersi definire tozzo. Tale circostanza non risulta secondaria in quanto il meccanismo resistente a taglio di un pilastro tozzo risulta diverso da quello di un generico elemento snello portando ad una prematura crisi fragile caratterizzata generalmente da una eccessiva compressione diagonale del calcestruzzo.

Un pilastro caratterizzato da un meccanismo duttile sviluppa un comportamento prevalentemente flessionale, con capacità de formativa molto elevata in campo plastico, raggiungendo la crisi per attingi mento di una deformazione limite.

Un pilastro caratterizzato da un meccanismo fragile sviluppa invece un comportamento prevalentemente tagliante, con un rapido degrado di rigidezza e resistenza sotto azioni cicliche, limitata capacità de formativa e con cicli di isteresi stretti ed instabili che dissipano poca energia e raggiungono la crisi per attingi mento di una resistenza limite.

(34)

Per quanto detto, un pilastro che mostra un comportamento fragile può andare in crisi in modo improvviso quando la richiesta di taglio supera la sua corrispondente capacità.

ELEMENTI NON STRUTTURALI

Il parametro prende in considerazione il collegamento e la stabilità sia degli elementi non strutturali che possono cadere all’esterno (tamponature, cornicioni, comignoli, parapetti), sia gli elementi non strutturali che possono cadere solo all’interno (tramezzi, mobili, oggetti appesi al soffitto o ai tramezzi).

Con la seguente fugura, che riporta la sezione lungo l’altezza di tamponamenti disposti secondo le più classiche configurazioni, viene mostrata la classificazione sulla che fornisce il parametro in esame:

Fig.: 4.7 Elementi non strutturali

STATO DI FATTO

Per valutare la classe associata al parametro in questione, è necessario valutare lo stato di conservazione dei seguenti elementi:

- Elementi resistenti in elevazione (pilastri, pareti, tamponature, travi, solai). Devono essere considerati, in particolare, gli elementi classificati come critici (parametro 9).

- Elementi resistenti in fondazione. - Elementi non strutturali (parametro 10)

(35)

Cod. ISTAT Provincia 1

Cod. ISTAT Comune 4

N. scheda 7 Squadra 12

PARAMETRI ELEMENTI DI VALUTAZIONE

TIPO DI Pareti in c.a. (cl. A) 36 1 Parametro 3. Resistenza convenzionale ORGANIZZAZIONE Tamp. cons. e telai (cl. A) 2 Minimo fra Ax e Ay: A

1 DEL 14 25 Tamp. deb. e telai rig. (cl. B) 3

SISTEMA Tamp. deb. e telai def. (cl. C) 4 Coefficiente a0 = A/At

RESISTENTE (S.R.) Telai non tamp. (cl. B o C) 5

2 QUALITA' DEL S.R. 15 26 (vedi manuale) 37 q = (Ax+Ay) . h . pm / At + ps

Numero di piani N 38 C = a0 . τk/(q.N) α = C/(0.4.R)

Area tot. cop. At (mq)

40 Calcolo di R Area Ax (mq) 45 Terreni tipo S1: R=2.5 (T<0.35 s) 3 RESISTENZA 16 27 Area Ay (mq) 49 R = 2.5/(T/0.35)2/3 (T>0.35 s) CONVENZIONALE τk(t/mq) 53 Terreni tipo S2: R = 2.2 (T<0.8 s)

Alt. media interp. h (m) 56 . R = 2.2/(T/0.8)2/3 (T>0.8 s)

Peso spec. par. pm (t.mc)

60 . Parametro 6. Configurazione planimetrica

Carico perm. sol. ps (t/mq)

63

. Pend. perc. terr. 66

POSIZIONE Roccia 69 1 no 2

4 EDIFICIO 17 28 Terr. sc. non sp. si 3 no 4 E FONDAZIONI Terr. sc. sp. si 5 no 6

Dif. max. di quota ∆h (m) 70 . Piani sfalsati si 74 1 no 2 Orizz. rig. e ben coll. 75 1 5 ORIZZONTAMENTI 18 29 Orizz. def. e ben coll. 2 Orizz. rig. e mal coll. 3 Orizz. def. e mal coll. 4 % or. rig. ben coll. 76

Rapp. perc. β1 = a/l 79

6 CONFIGURAZIONE 19 30 Rapp. perc. β3 = e/d 82

PLANIMETRICA Rapp. perc. β4 = ∆d/d 85

Rapp. perc. β5 = c/b 88 Parametro 7. Configurazione in elevazione

91

CONFIGURAZIONE

7 IN 20 31 Rapp. perc T/H 95

ELEVAZIONE Var. in elev. s.r. 98 0 1 1 2 2 Piano terra port. si 99 1 no 2 Rapp. perc. γ1 = s/b

100

Rapp. perc. γ2 = e/b'min 103

Parametro C9. Colleg. ed elementi critici COLLEGAMENTI Rapp. perc. γ3 = e/b''

106

C8 ED 21 32 Rapp. max. h/b

min 109

ELEMENTI CRITICI % σ/Rc (approssim.) 112 Colleg. el. pref. si

115

1 no 2 c.o. 3

Largh. min. bmin (cm) 116

C9 ELEM. BASSA DUTT. 22 33 Rapp. min. hmin/b

119

Rapp. max. hmedio/hmin 122

10 EL. NON STRUTT. 23 34 (vedi manuale) 11 STATO DI FATTO 24 35 (vedi manuale)

12 Struttura a telai piani o a telai spaziali piani 125 1 spaziali 2

SCHEMI - RICHIAMI (CEMENTO ARMATO) 6/02 Clas-si Qual. inf. % aumento (+) riduz. (-) di massa fond. si G = K G K ey G K ey G K ey G K ey b T t T H b t H b trave h pilastro b'' e b' trave e b' e=0 (cl. A) ey/dy=0.08 (cl. A) ey/dy=0.28 (cl. B) ey/dy=0.40 (cl. C) ey/dy=0.43 (cl. C) γ1= s/b γ2=e/b'min γ3=e/b''

(36)

4.5 Valutazione del rischio per gli edifici in muratura ed in cemento

armato

Nel capitolo 2 della presente tesi si è anticipato che insieme alla valutazione dell’indice di vulnerabilità IV, si fornisce anche una valutazione dell’indice del rischio (IR) quale funzione della

PGAD e della PGAc secondo la procedura illustrata nel seguito e presente in letteratura nel testo

“Defining Priorities end Timescales for Seismic Intervention in School Buildings in Italy”, Grant D., Bommer J.J., Pinho R., Calvi G.M. [12]:

(

)

k C D R PGA PGA V p f I       = = ,

Dove la PGAD rappresenta l’accelerazione di picco attesa al suolo, e quindi la domanda, mentre la

PGAC rappresenta l'accelerazione di picco al suolo che determina il collasso della struttura,

ovvero la capacità.

Per la valutazione di PGAD si considera convenzionalmente lo spettro elastico allo SLV

assumendo di volta in volta i parametri di vita nominale VN e coefficiente d’uso Cu (e quindi il

periodo di riferimento VR e periodo di ritorno TR) più appropriati.

Il coefficiente k assume le seguenti espressioni in funzione alla PGAD:

− 3.6 per 0 < PGAD < 0.056 g,

− -16(PGAD/g)+4.5 per 0.056 < PGAD < 0.11 g,

− -2.7(PGAD/g)+3.1 per 0.11 < PGAD < 0.26 g,

− 2.4 per 0.26 g < PGAD.

Fig.: 4.8 Andamento del valore di k in funzione dell’accelerazione di picco attesa, PGAD.

L’indice di vulnerabilità di cui si è parlato può anche essere utilmente considerato come funzione dell’accelerazione che produce l’inizio del danno nell’edificio in esame (ai) e dell’accelerazione

(37)

) (

, c V

i PGA f I

a =

In particolare i valori di PGAc, per ciascun IV, sono stati ottenuti per via empirica attraverso

correlazioni tra IV e danno osservato d in edifici danneggiati dal sisma. Al riguardo sono state

proposte diverse espressioni:

in cui i vari parametri che compaiono, ottenuti in base ad elaborazioni statistiche (Guagenti e Petrini, 1989), sono delle costanti valide sia per gli edifici in muratura che per quelli in cemento armato avendo preventivamente operato la conversione della vulnerabilità degli edifici in c.a. nella scala della vulnerabilità degli edifici in muratura [0;100],:

V rappresenta la vulnerabilità,

α

C = 1.5371,

β

C = 0.000974, γ = 1.8087.

Di seguito sono riportati un grafico che descrive l’andamento dell’Indice di Rischio, IR, in

funzione dell’accelerazione di picco attesa al suolo PGAD e dell’accelerazione di picco al suolo

che determina il collasso della struttura PGAC e, in forma tabellare, i valori che esso assume:

Fig.: 4.9 Andamento del valore dell’Indice di Rischio, IR, in funzione della vulnerabilità, V, e dell’accelerazione di picco attesa al suolo, PGAD.

(38)

Vuln. [% ] IR (PGAD = 0.01g) IR (PGAD = 0.05g) IR (PGAD = 0.10g) IR (PGAD = 0.15g) IR (PGAD = 0.20g) IR (PGAD = 0.25g) IR (PGAD = 0.30g) IR (PGAD = 0.35g) 0 0.000 0.000 0.004 0.019 0.049 0.098 0.156 0.226 5 0.000 0.000 0.005 0.020 0.050 0.101 0.160 0.232 10 0.000 0.000 0.005 0.021 0.054 0.108 0.172 0.249 15 0.000 0.000 0.006 0.024 0.060 0.120 0.190 0.275 20 0.000 0.000 0.006 0.027 0.069 0.136 0.215 0.311 25 0.000 0.000 0.008 0.032 0.080 0.157 0.248 0.360 30 0.000 0.000 0.009 0.039 0.095 0.185 0.292 0.422 35 0.000 0.000 0.011 0.047 0.114 0.220 0.346 0.501 40 0.000 0.000 0.014 0.057 0.138 0.263 0.413 0.598 45 0.000 0.001 0.018 0.070 0.168 0.317 0.496 0.718 50 0.000 0.001 0.022 0.087 0.204 0.382 0.597 0.865 55 0.000 0.001 0.028 0.107 0.249 0.461 0.719 1.041 60 0.000 0.001 0.035 0.131 0.304 0.556 0.866 1.254 65 0.000 0.002 0.043 0.161 0.369 0.669 1.040 1.506 70 0.000 0.002 0.054 0.198 0.448 0.803 1.247 1.805 75 0.000 0.003 0.067 0.242 0.542 0.962 1.490 2.157 80 0.000 0.004 0.083 0.294 0.653 1.147 1.774 2.568 85 0.000 0.005 0.102 0.356 0.783 1.363 2.105 3.047 90 0.000 0.006 0.124 0.430 0.936 1.614 2.488 3.601 95 0.000 0.008 0.151 0.516 1.114 1.903 2.928 4.239 100 0.000 0.010 0.184 0.617 1.320 2.235 3.433 4.971

Tab.: 4.3 Valori dell’Indice di Rischio, IR, in funzione della vulnerabilità, V, e dell’accelerazione di picco attesa al suolo, PGAD.

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