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Capitolo 2 Progettazione BIM Oriented

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Academic year: 2021

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Capitolo 2

Progettazione BIM Oriented

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2.1 Building Information Modeling

2.1.1 Introduzione

La terminologia BIM è l’acronimo di “Building Information Modeling” ovvero Modello di Informazioni di un Edificio, un termine coniato dal professor Charles M.Eastman verso la fine degli anni ‘70.

Il NIBS (National Institutes of Building Science) definisce il BIM come la “rappresentazione digitale di caratteristiche fisiche e funzionali di un oggetto”.

Difatti la sua peculiarità sta nel fatto che il modello tridimensionale che si andrà a realizzare non è sola-mente una rappresentazione in termini purasola-mente geometrici dell’edificio, anche se potrebbe essere confuso con il 3D generato da un qualunque applicativo, ma piuttosto di una ricostruzione/progettazione virtuale dell’edificio attraverso l’utilizzo di componenti tecnici che contengono una serie di informazioni. Queste riguardano gli aspetti più disparati, tra cui la localizzazione geografica, la geometria, le proprietà dei materiali e degli elementi tecnici, le fasi di realizzazione, le operazioni di manutenzione.

In questo modo, compatibilmente con un input di dati accurato ed esaustivo, il modello BIM consente di integrare nel sistema le informazioni utili per ogni fase della progettazione, da quella architettonica a quella esecutiva, (strutture, impianti, sicurezza, manutenzione, prestazioni energetiche ed illuminotec-niche, ecc.) e gestionale (computi metrici, distinte fornitori, piani di manutenzione ecc.).

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2.1 La progettazione BIM Oriented con-sente di seguire la progettazione per

l’intero ciclio di vita dell’opera

Programmazione Progetto preliminare Progetto definitivo Analisi Progetto esecutivo ed elaborati Cantierizzazione Costruzione Fasi costruttive e Stato avanzamento lavori Gestione e manutenzione Rinnovamento e Restauro Demolizione

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raneamente e senza perdita di informazioni.

Vladimir Bazjanac, Professore emerito del Lawrence Berkeley National Laboratory, University of Cali-fornia afferma che “il processo di progettazione e realizzazione delle strutture è cambiato rapidamente. Il cambiamento è dovuto soprattutto all’emergere del metodo BIM e alla sua intrinseca capacità di ga-rantire la validità dei dati inseriti nel manufatto in ogni momento del suo ciclo di vita, permettendo una realizzazione integrata della commessa impossibile fino ad ora”.

Ovvero, progettare in modalità “BIM oriented” significa poter comunicare e condividere il proprio pro-getto, senza perdita qualitativa, con colleghi e partner che usano altri software.

2.1.2 I vantaggi del BIM

L’aspetto primario che riassume il grande punto di forza della tecnologia BIM è la capacità di racchiudere numerosi aspetti prima analizzati solo individualmente, così da incrementare notevolmente efficienza, produttività, riducendo errori e tempi morti nel passaggio di consegne da un professionista ad un altro. Questo ha un’immediata ripercussione sui costi, che risultano essere più bassi, e garantisce una massima condivisione delle informazioni ed un controllo più puntuale e coerente del progetto.

Grazie a tutte queste informazioni contenute nel progetto, la funzione del modello BIM non si esaurisce con la progettazione dell’edificio, ma prosegue fino alla fase di realizzazione e accompagna la gestione del manufatto per tutto il suo ciclo di vita contribuendo ad esempio ad una più efficace e razionale pian-ificazione delle operazioni di manutenzione, nella quale sono investite risorse economiche spesso molto

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2.2 Il metodo BIM Oriented permette di

analizzare tutte le fasi della pr-gettazione: dalla modellazione 3D, all’analisi dei tempi 4D, alle stime dei costi 5D, alla sostenibilità 6D, fino al Facility Management 7D

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una rappresentazione grafica, così da velocizzare notevolmente il processo di stima dei costi e computo metrico.

Altro aspetto sicuramente importante riguarda l’ “intelligenza” dei modelli BIM. Tutto è interconnesso in un database integrato dove risiedono il modello di costruzione e tutti i relativi documenti di progettazi-one: disegni, viste, pianificazioni,ecc. rappresentano direttamente il modello 3D sottostante.

Non è richiesto alcuno sforzo aggiuntivo per mantenere sincronizzati i dati di progetto e nessun interven-to manuale per eseguire la stessa operazione con disegni e documentazione di progetinterven-to, poiché i disegni sono viste variabili del modello di costruzione e si aggiornano autonomamente assieme al modello stesso. In parole povere, gli elementi architettonici o strutturali, come ad esempio i pilastri, “sanno” di essere tali, conoscono la loro funzione e il modo di interagire con il resto del modello.

Questa “intelligenza” consente ai modelli di essere visualizzati e analizzati come composti da elementi con caratteristiche e relazioni funzionali reali, consentendo così un’importante analisi pre-cantiere delle possibili interferenze a vantaggio di tempi e oneri per la costruzione.

Per voler fare un elenco dei già citati e degli altri possibili vantaggi a breve e a lungo termine nell’utilizzo del BIM, si ha:

riduzione di duplicazioni, errori e omissioni;

condivisione della progettazione in un gruppo di lavoro;

generazione automatica di disegni;

aggiornamento simultaneo degli elaborati;

riduzione delle rielaborazioni;

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offerta di nuovi servizi;

aumento dei profitti;

cicli più rapidi di approvazione della clientela;

aumento della sicurezza, in cantiere e non;

pieno rispetto dei requisiti di Normativa e cicli più rapidi di approvazione.

2.1.3 Gli Obiettivi Del BIM

La mentalità BIM, con i suoi protocolli e vantaggi operativi, sta indubbiamente e inevitabilmente modi-ficando le pratiche progettuali, i contesti ed il business delle aziende che fanno parte dei settori dell’ar-chitettura, dell’ingegneria e delle costruzioni.

Uno dei principali motivi del cambiamento che sta avvenendo è dovuto alla crescente collaborazione e condivisione, questo grazie anche alle nuove tecnologie nonché all’utilizzo dei social, mobile e cloud che stanno trasformando le relazioni tra professionisti. L’obiettivo legato a ciò, si rispecchia nella precisione e nell’intelligenza di workflow BIM che forniscono un collegamento tra idea progettuale ed edificio, met-tendo in relazione fornitori e costruttori.

Altro motivo di evoluzione è l’utilizzo della costruzione modulare per migliorare la produttività: è stato stimato che nel 90% dei progetti in Nord America realizzati nell’anno 2013 sia stata utilizzata, completa-mente o in parte, la prefabbricazione basata sul modello BIM.

Infine, è doveroso parlare dello standard che è ormai previsto per tutti i maggiori progetti architettonici odierni: la sostenibilità. Obiettivo dei workflow basati sull’intercomunicazione tra modello e strumenti di analisi, è quello di consentire alle aziende di valutare approcci di progettazione sostenibile così da an-ticipare le operazioni di previsione e realizzazione di edifici eco-compatibili, a vantaggio di prezzi e costi.

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I trend di settore, le prescrizioni dei titolari e i tassi di adozione BIM descritti evidenziano palesemente che il settore delle costruzioni sta abbandonando le forme aziendali tradizionali per sfruttare nuove tecnologie e nuovi metodi. Tutto ciò solleva l’importante questione sulla sopravvivenza dell’azienda che fa ancora affidamento su procedure e tecnologie 2D vecchi di decenni. Prima di dare una risposta, uno sguardo alle direttive riguardanti il BIM.

2.1.3.1 Direttiva Europea

A livello mondiale, i governi e le organizzazioni richiedono il BIM per i nuovi progetti architettonici. L’uti-lizzo di modelli virtuali per progettazione, costruzione e condivisione, sta diventando oramai lo standard. Ad esempio negli Stati Uniti, l’agenzia governativa GSA (General Services Administration) dove è la mag-gior titolare di spazi commerciali, ha iniziato a richiedere già dal 2006 la consegna di modelli BIM per i principali progetti edili federali e, dal 2008, la U.S. Army Corps of Engineers ha richiesto il BIM con lo scopo di migliorare tempi e costi per tutti i progetti di costruzione militare. A livello europeo, nel 2011, il governo inglese ha fatto un’importante richiesta con il fine di adottare il BIM, entro il 2016, per i progetti governativi: essi rappresentano circa il 40% degli investimenti di capitali del Regno Unito. Inoltre, per far in modo che gli enti pubblici considerino l’utilizzo del BIM nei lavori pubblici e pongano l’attenzione sull’opportunità e i vantaggi che ciò può portare, nei primi mesi del 2014, il Parlamento europeo ha ap-provato una Direttiva sugli appalti pubblici (Direttiva Europea 2014/24/EU). Essa esprime chiaramente l’indicazione di introdurre per gli Stati Membri il Building Information Modeling all’interno delle

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proce-nella traduzione italiana, non restituisce a pieno il concetto espresso proce-nella versione inglese e si limita a riportare:

“Per gli appalti pubblici di lavori e i concorsi di progettazione, gli Stati membri possono richiedere l’uso di strumenti elettronici specifici, quali gli strumenti di simulazione elettronica per le informazioni edilizie o strumenti analoghi.”

Ovviamente, se si parla di “strumenti di simulazione elettronica”, si rimane su una traduzione abbastanza vaga e poco strutturata. Il riferimento al Building Information Modeling implica invece l’utilizzo di tec-niche, strumenti e metodologie che, mettendo in relazione ogni parte del processo e del progetto, obbli-gano di fatto alla collaborazione nonché al coordinamento di progettisti, imprese e committenti.

Nella stessa Direttiva, all’art. 52, viene sottolineata l’importanza dell’utilizzo di queste metodologie e strumenti BIM per quel che riguarda l’appalto:

“I mezzi elettronici di informazione e comunicazione possono semplificare notevolmente la pubblicazione degli appalti e accrescere l’efficacia e la trasparenza delle procedure di appalto. Dovrebbero diventare la norma per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel corso delle procedure di appalto in quanto aumentano enormemente le possibilità degli operatori economici di partecipare a procedure d’appalto nell’ambito del mercato interno.”

Si tratta quindi di una metodologia di verifica e gestione dei dati attraverso tutte le fasi del processo edil-izio e non solo di strumenti elettronici. Ed infatti, citando nuovamente la Direttiva: “A tal fine, è opportuno introdurre l’obbligo di trasmissione di bandi e avvisi per via elettronica e l’obbligo di rendere disponibili in forma elettronica i documenti di gara nonché, trascorso un periodo di transizione di trenta mesi, l’obbligo della comunicazione integralmente elettronica, ossia la comunicazione tramite strumenti elettronici, in tutte le fasi della procedura, compresa la trasmissione di richieste di partecipazione e, in particolare, la presentazione (trasmissione per via elettronica) delle offerte.”

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in-dicata con l’offerta economicamente più vantaggiosa e, tra i criteri di aggiudicazione, il miglior rapporto qualità/prezzo.

All’ art.90 troviamo: “L’aggiudicazione dell’appalto dovrebbe essere effettuata applicando criteri obiettivi che garantiscano il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento per garantire un raffronto oggettivo del valore relativo delle offerte al fine di determinare, in condizioni di effettiva concorrenza, quale sia l’offerta economicamente più vantaggiosa. Occorre stabilire esplicita-mente che l’offerta economicaesplicita-mente più vantaggiose dovrebbe essere valutata sulla base del miglior rap-porto qualità/prezzo, che dovrebbe sempre includere un elemento relativo al prezzo o al costo.”

L’indicazione di una valutazione costo/efficacia dell’intervento, cioè il mettere in relazione costi di costru-zione e vantaggi portati dagli investimenti durante il ciclo di vita dell’edificio (come ad esempio risparmio energetico, di sicurezza, di gestione, di manutenzione, ecc.) rappresenta la grande novità introdotta. Sempre all’art.90: “Analogamente occorre precisare che tale valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa potrebbe essere effettuata anche soltanto sulla base del prezzo o di un approccio costo/ efficacia. È inoltre opportuno ricordare che le amministrazioni aggiudicatrici sono libere di fissare norme di qualità adeguate utilizzando le specifiche tecniche o le condizioni di esecuzione di un appalto.”

I criteri prestazionali, in merito al rapporto costo/efficacia, che permettono una valutazione comparativa delle offerte sono indicati come preferenziali. Infatti, il progetto a base di gara, dovrà contenere para-metri quantitativi e prestazionali che permettano di definire puntualmente ciò che deve essere realizza-to. Viene posta attenzione sulla valutazione dei costi di costruzione ma anche sulla valutazione dei costi di tutto il ciclo di vita, che comprendono quindi anche quelli per la gestione e per la manutenzione ordinaria. Ciò permette alla Committenza e in particolare alle amministrazioni, di avere un maggior controllo delle

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Tali criteri dovrebbero pertanto permettere una valutazione comparativa del livello di prestazione che ciascuna offerta presenta rispetto all’oggetto dell’appalto quale definito nelle specifiche tecniche. […] I criteri qualitativi dovrebbero pertanto essere accompagnati da un criterio basato sui costi che potrebbe, a scelta dell’amministrazione aggiudicatrice, basarsi sul prezzo o su un approccio costo/efficacia, come ad esempio la determinazione dei costi del ciclo di vita.”

Detto ciò, oltre al fatto che il progettare tramite la metodologia BIM può rappresentare un’innovazione, possiamo considerarlo anche come valido strumento contro le logiche largamente ricorrenti in Italia. Logiche che il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ha espresso all’Art. 37 D.L. 24/06/2009 n.90, “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”.

2.1.3.2 Il BIM in Italia

Il 12 Gennaio 2018 il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, ha adottato il decreto ministeriale n.560 del 1 dicembre 2017, attuativo dell’articolo 23, comma 13, del Codice dei contratti pubblici, che definisce le modalità e i tempi di introduzione dell’obbligatorietà dei metodi e degli strumen-ti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture nelle stazioni appaltanstrumen-ti, per razionalizzare le attività di progettazione e le relative verifiche.

Il decreto è il risultato di un lavoro complesso e approfondito, avviato da una Commissione appositamente istituita dal Ministro e composta da rappresentanti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di Anac, Agid, delle Università degli Studi di Brescia, Sapienza di Roma, Federico II di Napoli, del Politecnico di Milano, della Rete delle Professioni Tecniche, che ha proceduto alle audizioni dei principali stakeholder del settore e predisposto una prima bozza del provvedimento. La bozza è stata poi sottoposta a con-sultazione pubblica, i cui contributi sono stati valutati ed integrati nella stesura finale del testo.

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adottare un piano di formazione del proprio personale, un piano di acquisizione o di manutenzione di hardware e software di gestione dei processi decisionali e informativi e un atto organizzativo che espliciti il processo di controllo e gestione, i gestori dei dati e la gestione dei conflitti.

E’ previsto l’utilizzo di piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari da parte delle stazioni appaltanti ed è definito l’utilizzo dei dati e delle informazioni prodotte e condivise tra tutti i parte-cipanti al progetto, alla costruzione e alla gestione dell’intervento.

Il decreto prevede, già dall’entrata in vigore, l’utilizzo facoltativo dei metodi e degli strumenti elettronici specifici per le nuove opere e per interventi di recupero, riqualificazione o varianti, da parte delle stazioni appaltanti che abbiano ottemperato agli adempimenti preliminari.

L’obbligo all’utilizzo dei metodi e degli strumenti elettronici di modellazione decorre dal 1° gennaio 2019 per le opere di importo pari o superiore a 100 milioni di euro, e poi via via per importi minori a decorrere dagli anni successivi al 2019 fino alle opere di importo inferiore a 1 milione di euro, per le quali il termine decorre dal 1° gennaio 2025.

Vediamo quindi come si sviluppa la tecnologia BIM per i vari settori legati all’edilizia.

2.1.3.3 Il BIM per la Progettazione Architettonica

Nel settore architettonico il progetto BIM dimostra la sua maggiore efficienza rispetto ai pacchetti infor-matici “non BIM” proprio nella facilità di dialogo e integrazione con tutti quegli strumenti che riguardano il computo metrico, l’elaborazione di rendering fotorealistici, i documenti catastali e la certificazione en-ergetica.

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ale per la renderizzazione, tabelle di computo e abachi, disegni quotati e collegamenti ad altri progetti, fa del BIM l’indiscutibile risorsa attuale e futura da impiegare nell’ambito architettonico.

Il modello tridimensionale è ricco di informazioni (da quelle più semplici riguardanti volume e dimensioni a quelle più complesse riguardanti materiale, aspetto, caratteristiche tecniche) che non vengono perse nel passaggio di consegne perché sono proprie degli elementi che compongono il modello. È evidente quindi il vantaggio di questo approccio progettuale.

2.1.3.4 Il BIM per la Progettazione Strutturale

Il BIM in ambito strutturale dimostra i suoi vantaggi nel drastico calo dei tempi di comunicazione tra pac-chetti di modellazione e programmi di calcolo strutturale. In pratica si evita di modellare nuovamente la struttura, riducendo possibili errori umani, trasferendo informazioni sulle sezioni usate, sui materiali e sulle caratteristiche dei collegamenti.

La progettazione strutturale avviene secondo la Tecnica delle Costruzioni che prevede l’applicazione del metodo agli elementi finiti. La logica fondamentale di questo tipo di analisi è la riduzione di travi e pilas-tri in elementi lineari, schematizzati dall’asse longitudinale, ed elementi superficiali come piastre, gusci, membrane, schematizzati dai piani medi relativi. Inoltre, per garantire la continuità strutturale tra i vari elementi, devono essere necessariamente definiti i nodi di collegamento in cui questi convergono. Per ottenere queste condizioni tassative è necessario quindi rielaborare gli oggetti provenienti dal modello architettonico apportando le modifiche necessarie.

Attraverso quindi i file IFC di importazione/esportazione, che analizzeremo in maniera più approfondita in seguito, si convertono gli elementi strutturali già inseriti nel modello architettonico in elementi finiti utilizzabili per i calcoli strutturali.

Questo permette inoltre di valutare con il team di progettazione la compatibilità del modello strutturale con quello architettonico, così da evitare errori di progettazione ed intersezioni altrimenti rilevabili solo

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in cantiere.

2.1.3.5 Il BIM per la Progettazione Impiantistica

In ambito energetico e impiantistico il progetto con software BIM dimostra la sua efficienza nella facil-ità di dialogo e implementazione con tutti quegli strumenti informatici che riguardano la verifica della Normativa (vecchia “legge 10”), verifiche di trasmittanza, il dimensionamento e il posizionamento degli impianti così come il computo metrico.

L’analisi energetica è un processo complesso e costoso che viene solitamente rimandato alla fase finale del progetto. Il BIM riveste in questo campo un ruolo centrale nell’ottimizzare la prestazione energetica dell’edificio e nel gestire l’intero processo di simulazione energetica. Infatti si è constatato che, attraverso l’utilizzo della metodologia e degli strumenti BIM, è possibile gestire ad un livello superiore la prestazione energetica degli edifici e migliorare sensibilmente gli aspetti di sostenibilità ambientale ed economica. Le difficoltà legate alla complessità ed ai costi sono state superate con lo sviluppo dei software di calcolo energetico, molti dei quali sono gratuiti e di facile accesso con risultati rapidi ed un feedback immediato. Tuttavia, vi sono vari applicativi e diversi plug-in che generano risultati dissimili per uno stesso caso stu-dio, problema che deve necessariamente portare l’utente a valutare l’affidabilità ed il metodo di calcolo del programma di simulazione scelto e il suo rispetto della Normativa.

Durante la fase di progettazione e quella di costruzione/riqualificazione, tutti i dati relativi ai materiali ed ai componenti tecnologici, alle informazioni geometriche e dimensionali, alle scelte impiantistiche ed agli spazi devono essere accessibili al fine di valutare le diverse prestazioni della costruzione, come ad esempio quella energetica.

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relegata ad una fase avanzata del processo progettuale, quando ormai le caratteristiche del progetto non possono essere modificate. In termini di tempo il processo è generalmente considerato oneroso, poiché richiede un intenso lavoro per rigenerare il modello dell’edificio. In questo senso un evidente beneficio che il BIM (andando quindi a dimostrare le potenzialità della M di Modelling) apporta al processo è l’op-portunità di esportare i propri modelli verso software di analisi energetica attraverso l’interoperabilità tra i diversi applicativi, senza la necessità di doverli ricreare nuovamente.

2.1.3.6 Controllo e Validazioni del progetto

In un sistema tradizionale i diversi attori del team di progettazione e di costruzione nei diversi comparti, architettura, strutture, impianti meccanici, elettrici ed idraulici (MEP – Mechanical, Electrical and Plumb-ing), stato di avanzamento lavori, computi estimativi, energia, sviluppano i propri modelli specifici sepa-ratamente per poi integrarli in un’unica piattaforma. La premessa fondamentale per una metodologia di-versa da quella appena descritta è quella basata sulla collaborazione multidisciplinare durante le diverse fasi del ciclo di vita della struttura per estrarre, inserire o sviluppare le informazioni del processo.

E’ evidente quindi come questa necessaria collaborazione non può esistere senza la disponibilità di un sistema di controllo finale: nel workflow BIM esistono passaggi di verifica della coerenza dei dati, sia che provengano dalla stessa azienda così come da collaboratori esterni. L’interoperabilità è il concetto che permette di dialogare correttamente tra tutti, evitando sprechi economici e tempistici.

È fondamentale un controllo che evidenzi preventivamente incoerenze progettuali così come interferen-ze reali tra gli elementi costruttivi. Il Model Checking permette attraverso regole personalizzate e con-cordate di ottimizzare la procedura e di renderla facilmente comunicabile alle parti interessate.

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2.1.4 I Protocolli BIM

Rendere il BIM universale e comprensibile a tutti è stato da sempre l’obiettivo primario e ciò ha portato alla ricerca di protocolli standardizzati ed unificati. Per capire la motivazione e la filosofia che sta dietro alla creazione di questi protocolli è importante parlare, in tal senso, di uno dei Paesi dove il BIM è più uti-lizzato sin dalle sue origini: il Regno Unito.

Il programma di Governo è iniziato nel luglio del 2011 e si concentra sull’adozione della tecnologia BIM sia nel settore pubblico che in quello privato, in particolare nelle organizzazioni che si occupano di appalti e realizzazioni di edifici e infrastrutture.

Il Construction Industry Council (CIC) è stato in prima linea nello sviluppo di questo programma con il governo: esso è l’organo rappresentativo degli organismi professionali, organizzazioni di ricerca e asso-ciazioni imprenditoriali specialistiche nel settore delle costruzioni. L’obiettivo di tutto ciò è stato quello di ottenere, entro il 2016, una progettazione BIM completa dove tutte le informazioni di progetto, la documentazione e i dati sono in formato elettronico.

Per raggiungere questi obiettivi, è stato creato un gruppo di lavoro, il BIM Task Group, che riunisce le competenze di industria, governo, settore pubblico, istituzioni e università, in modo da aiutare il Governo a sostenere e rispettare gli obiettivi prefissati. Il Governo britannico, tramite il Cabinet Office, ha inoltre emanato un documento fondamentale, la Government Construction Strategy, che illustra la strategia che vuole seguire per l’adozione della nuova tecnologia BIM tramite un programma d’azione con scadenze definite: pubblicato nel maggio 2011; emanata una sua nuova versione nel luglio 2012 con progressi, obiettivi raggiunti e programma d’azione fino al 2014.

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progettisti, abbiano inibito l’adozione diffusa di una tecnologia che ha invece la capacità di garantire che tutti i membri del team lavorino sugli stessi dati.

La strategia si propone anche di risolvere il problema della lentezza nell’accettazione dei dati digitali deri-vati dal BIM da parte degli enti locali e centrale, che potrebbe potenzialmente costituire un ostacolo alla diffusione e utilizzo della nuova tecnologia.

A fronte di quanto detto uno degli obiettivi più importanti da ottenere è quindi quello di realizzare degli standard unificati per il passaggio dalla tecnologia CAD alla tecnologia BIM: in tal senso è stato sicura-mente molto utile il contributo dell’AEC (UK) committee. L’iniziativa dell’AEC (UK) CAD Standard è stata avviata nel 2000 per migliorare il processo di produzione delle informazioni di progetto, la loro gestione e scambio.

I documenti prodotti dal primo comitato riguardano il sistema CAD:

AEC (UK) CAD Standard for drawing management;

AEC (UK) CAD Standard for model file naming;

AEC (UK) CAD Standard for layer naming;

che riguardano la gestione dei file, la denominazione dei disegni e dei layer nei sistemi CAD.

Nel 2009 il comitato è stato ricostituito inserendo nuovi membri da aziende e società di consulenza alta-mente competenti in software e implementazione BIM, per far fronte alla crescente necessità del settore AEC del Regno Unito di uno standard per un ambiente di progettazione BIM pratico e unificato.

In questa seconda fase di lavoro, sono stati quindi pubblicati documenti riguardanti il sistema BIM, per aiutare le aziende britanniche nel passaggio dal CAD alla nuova tecnologia:

AEC (UK) BIM Protocol (prima versione del 2009, denominata AEC (UK) BIM Standard, sostituita con l’ultima del Giugno 2015): il documento, scritto facendo riferimento ai documenti prodotti per il sistema CAD e ai British Standard, vuole essere un punto base di partenza per uno standard BIM unificato;

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AEC (UK) BIM Protocol for Autodesk Revit;

AEC (UK) BIM Protocol for Bentley ABD;

AEC (UK) BIM Protocol for GRAPHISOFT ArchiCAD;

AEC (UK) BIM Protocol for Nemetschek Vectorworks.

Gli ultimi tre documenti sono protocolli BIM basati sul documento principale e adottano un linguaggio specifico del software per cui sono stati redatti.

Per la progettazione in questa tesi è stato scelto di far riferimento ai protocolli inglesi, che nel panorama internazionale sono quelli meglio definiti ed organizzati. Si esporranno brevemente di seguito le temat-iche e gli argomenti utili a questa tesi presi dai protocolli, accorpando quelli che trattano l’argomento in termini generali ovvero gli “AEC (UK) BIM Protocol: Implementing UK BIM Standards for the Architec-tural, Enginnering and Construction Industry” e quelli specifici per Revit, il software di modellazione BIM utilizzato, ovvero gli “AEC (UK) BIM Protocol for Autodesk Revit: Additional detail and enhancements for implementation of the AEC (UK) BIM Protocol for Autodesk Revit users”.

2.1.4.1 Piano di Esecuzione di un progetto BIM

Il Piano di Esecuzione del Progetto BIM definisce come deve essere l’aspetto della modellazione e in che modo, il modello e i dati devono essere registrati e revisionati.

Nello specifico, esso deve individuare diversi elementi chiave, tra cui:

Goals and Uses: Definiscono gli obiettivi, usi e aspirazioni nonché i flussi di lavoro (Workset) per raggiungerli;

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e il formato con il quale scambiarlo;

Project Characteristics: Numero di edifici, dimensione, posizione ecc. Divisione del lavoro e calen-dario

Data segregation: Dare disposizioni delle strutture di organizzazione del modello dove è rilevante attivare l’accesso muti-disciplina, multi-utente e la sincronizzazione del progetto così come il posses-so dei dati del progetto BIM.

2.1.4.2 Ruoli e Responsabilità’

Nella realizzazione di un progetto BIM è di fondamentale importanza la suddivisione gerarchica che non solo regolamenta le determinate mansioni, ma l’obiettivo è quello di incoraggiare una miglior collaborazi-one con un pratico, facile da capire e facile da adottare linguaggio comune per figure lavorative, descrizio-ni e responsabilità. Per creare una chiara visione, le descriziodescrizio-ni hanno bisogno di essere concordate su componenti chiave del BIM e sulle loro responsabilità.

La griglia sottostante è stata realizzata sulle tre principali funzioni di ogni processo ben funzionante:

Strategica

Management

Produzione

Il BIM Manager non è semplicemente un CAD Manager, né lo può sostituire. Deve essere una figura re-sponsabile in grado di identificare cosa può essere realizzato con la tecnologia BIM, coinvolgerne i collab-oratori esterni, i partners di collaborazione e i team interni. Non è rilevante la dimensione del progetto: in ogni caso questo ruolo deve essere ricoperto da una sola figura.

Il Coordinatore è fondamentale in ogni progetto per l’impostazione dello stesso e appunto la coordinazi-one con tutti i collaboratori, interni ed esterni. E’ importante specificare che un coordinatore può avere la gestione di diversi progetti.

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2.3

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Il Modellatore è colui che si occupa della realizzazione grafica di una parte o di tutto il modello, tenendo conto dell’importanza delle capacità tecnologiche che possono essere sfruttate per la modellazione. E’ importante che ogni figura si attenga alle sue mansioni, poiché esse sono pensate proporzionalmente alla preparazione tecnica di ogni elemento e permettono un processo di progettazione ben organizzato.

2.1.4.3 Denominazione File

Per una completa conformità tra tutti i modelli, dovranno essere utilizzati dei determinati format di de-nominazione file raccomandati.

Il nome di un file quindi dovrà rispettare il seguente schema:

Vediamo ogni campo a cosa corrisponde:

Campo 1: Progetto

Un codice abbreviato o un numero identificativo di progetto.

Campo 2: Codice di origine (3 caratteri consigliati)

Un codice abbreviato identifica il collaboratore che ha preso parte al progetto dall’inizio.

Campo 3: Zona/Sistema (2 caratteri consigliati)

Identificativo di quella costruzione, area, fase o zona del progetto alle quali il modello si riferisce se il progetto è suddiviso in zone.

Campo 4: Livello (2 caratteri consigliati)

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in livelli.

Campo 5: Tipo (2 caratteri consigliati)

Tipo di documento, che sarà M3 per i file di modello 3D.

Campo 6: Ruolo (2 caratteri consigliati)

2 caratteri disciplinano il codice identificativo. Riferirsi all’Appendice 11.1 degli AEC (UK) BIM Pro-tocol

Campo 7: Descrizione

Campo descrittivo per definire il tipo di dati raffigurati nel file.

Questa denominazione da protocollo verrà utilizzata per tutti i file BIM creati nell’ambito della presente tesi.

2.1.4.4 Condivisione

Per ottenere un lavoro efficiente e coordinato, ciascun membro del team mette a disposizione i propri dati di progettazione, disponibili grazie ad un archivio condiviso posizionato in una posizione centrale o in un’area condivisa.

Prima della condivisione, i dati devono essere controllati, approvati e validati in linea. La condivisione dei modelli è effettuata con regolarità in modo che tutte le discipline lavorino sulle ultime informazioni convalidate.

I cambiamenti ai dati condivisi devono essere efficacemente comunicate alla squadra di lavoro attraverso un registro modifiche o avvisi adeguati (ad esempio via e-mail).

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2.4 Condivisione del file di progetto

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2.1.4.5 Metodo di Modellazione

Una Metodologia di Sviluppo del Modello deve essere usata per favorire la formazione del progetto nelle fasi iniziali e permetterne, successivamente, un rapido sviluppo.

Nella fasi iniziali la modellazione di concentra più sulle forme, sui volumi e sugli spazi; perciò il modello è generico, privo di elementi con elevato grado di dettaglio e con poche infomazioni collegate. Man mano che la progettazione avanza le varie componenti dell’edificio si definiscono maggiormente andando via via ad incrementare il livello di dettaglio di ogni singola parte e contemporaneamente andando a dare informazioni ad ogni tipo di elemento. In questo modo il modello generale assume un livello di dettaglio maggiore.

Risulta perciò importante definire un parametro che permette di descrivere il livello di dettaglio da dover raggiungere in ogni fase della progettazione.

Questo parametro è detto LOD, Level of Detail, incentrato sul documento PAS 1192-2, ed è cosi definito:

LOD1 Simbolico LOD2 Concettuale LOD3 Generico LOD4 Specifico LOD5 Costruttivo LOD6 Da Costrutito

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Componente con LOD1_Simbolico

La rappresentazione dell’elemeno è simbolica, un simbolo, che in quanto tale non deve essere scalato o avere dimensioni precise

Componente con LOD2_Concettuale

La rappresentazione dell’elemento è contraddistinta da un livello di dettaglio minimo sufficiente a rederlo identificabile come tale

Componente con LOD3_Generico

La rappresentazione dell’elemento è generica, con misure approssimative, necessaria a far capire la tipologia ed i materiali

Componente con LOD4_Specifico

La rappresentazione dell’elemento è specifica, con misure accurate, necessaria a far capire la tipolo-gia ed i materiali; adatto ad elaborare una stima dei costi

Componente con LOD5_Esecutivo

La rappresentazione dell’elemento è dettagliata, accurata, comprendente le sottocomponenti; con-tiene informazioni specifiche

Componente con LOD6_As Built

La rappresentazione è esattamente come nel costruito, compresa ogni irregolarità o eccentricità.

2.1.4.6 Level of Detail & Level of Development

È utile, anzitutto, osservare come AIA nel Contract Document G202:2013, Building Information Mod-eling Protocol Form, cerchi di misurare la densità dei contenuti informativi del modello non già tramite scale di rappresentazione o numero di elaborati, bensì attraverso la distinzione tra dettaglio e sviluppo: «Level of Detail is essentially how much detail is included in the model element. Level of Development is the degree to which the element’s geometry and attached information has been thought through – the

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degree to which project team members may rely on the information when using the model. In essence, Level of Detail can be thought of as input to the element, while Level of Development is reliable out-put» (AIA, 2013). È interessante notare che la precedente versione del document AIA E202:2008 (oggi E203:2012) definiva il LOD come «the level of completeness to which a Model Element is developed». In ogni caso, i livelli, non solo di ideazione, sono così articolati (BIM Forum, 2013):

LOD 100 The Model Element may be graphically represented in the Model with a symbol or other generic representation, but does not satisfy the requirements for LOD 200. Information related to the Model Element (i.e. cost per square foot, tonnage of HVAC, etc.) can be derived from other Model Elements.

LOD 200 The Model Element is graphically represented within the Model as a generic system, object, or assembly with approximate quantities, size, shape, location, and orientation. Nongraphic informa-tion may also be attached to the Model Element.

LOD 300 The Model Element is graphically represented within the Model as a specific system, object or assembly in terms of quantity, size, shape, location, and orientation. Non-graphic information may also be attached to the Model Element.

LOD 350 The Model Element is graphically represented within the Model as a specific system, object, or assembly in terms of quantity, size, shape, orientation, and interfaces with other building systems. Non-graphic information may also be attached to the Model Element.

LOD 400 The Model Element is graphically represented within the Model as a specific system, ob-ject or assembly in terms of size, shape, location, quantity, and orientation with detailing, fabrication, assembly, and installation information. Non-graphic information may also be attached to the Model

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USACE, inoltre, ha deciso di utilizzare i LOD attribuendo loro una ulteriore classificazione (USACE 2012):

A = 3D + Facility Data;

B = 2D + Facility Data;

C = 2D Only (drafting, linework, text, and/or part of an assembly);

+ = Original grade (A, B, or C) adjusted for contract changes and field conditions.

I confini tra i diversi livelli di sviluppo non sono ovviamente così netti ed è possibile introdurre livelli inter-medi (ad esempio, il LOD 250): «in a model though, a generic component placed approximately can look exactly the same as a specific component located precisely, so we need something besides appearance to tell the difference».

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2.5

A diverse fasi della modellazione corrispondono LOD diversi

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2.2 Il software Autodesk Revit

Nel mondo della progettazione architettonica il termine BIM viene sempre più spesso associato ad Au-todesk Revit, uno dei più evoluti software parametrici che permettono di adottare in modo completo l’innovativa filosofia di lavoro. A molti sarà capitato di sentire espressioni come: “Autodesk Revit è un software parametrico” oppure “Autodesk Revit è un software basato su una tecnologia BIM”. Cerchiamo di capire meglio il senso di queste affermazioni spiegando il significato di questi termini.

Tutti i concetti precedentemente trattati riguardo la mentalità BIM sono stati ripresi e perfettamente integrati all’interno di Autodesk Revit che d’ora in avanti chiameremo semplicemente come Revit.

Revit è un programma CAD e BIM per sistemi operativi Windows, creato dalla Revit Technologies Inc. e comprato nel 2002 dalla Autodesk per 133 milioni di dollari.

Nel corso degli ultimi anni ha subìto inevitabilmente profondi cambiamenti e miglioramenti. Prima di tut-to, esso è stato modificato per poter supportare in maniera nativa i formati DWG, DXF e DWF, che riman-gono sempre i file più utilizzati almeno in Italia per la rappresentazione grafica. Inoltre, è stato migliorato in termini di velocità ed accuratezza di esecuzione dei rendering: a tal fine infatti, nel 2008 il motore di rendering esistente, AccuRender, è stato sostituito con Mental Ray, già presente e ben consolidato su piattaforme come 3ds Max e simili.

Tramite la parametrizzazione e la tecnologia 3D nativa è possibile impostare la concettualizzazione di ar-chitetture e forme tridimensionali. Questo nuovo paradigma comporta una rivoluzione nella percezione progettuale, poiché questa si sostanzia in termini non più cartesiani ma spaziali e in termini di elementi e famiglie, portando notevoli vantaggi alla progettazione Revit, come programma BIM, è da intendersi come un approccio della progettazione verso una visualizzazione più vicina alla realtà così come

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percep-ita dagli esseri umani.

Uno dei punti di forza di Revit è appunto il fatto che l’edificio viene completamente ricostruito in modo tridimensionale, ed i canonici elaborati che lo descrivono vengono ricavati a partire da esso. Sviluppando un progetto con Revit significa creare un modello intelligente di edificio, che simula e mantiene relazioni uguali a quelle dell’omologo reale, consentendo al tempo stesso di poter generare con estrema facilità viste prospettiche o assonometriche, che richiederebbero notevoli sforzi e tempi più lunghi nel disegno manuale.

Altra caratteristica di estrema importanza è quello di costruire il modello utilizzando elementi costruttivi, in grado di interagire tra di loro grazie alle informazioni che essi contengono.

Elemento portante di Revit è lo sfruttamento della "quarta dimensione", cioè il tempo. Si possono infatti impostare le fasi temporali: ad esempio, Stato di Fatto e Stato di Progetto. Ogni elemento del modello può essere creato in una fase e demolito in un'altra, avendo poi la possibilità di creare viste di raffronto con le opportune evidenziazioni “gialle e rosse”.

Facciamo un esempio per chiarire meglio il concetto: quando si disegna un oggetto architettonico, per esempio una finestra, con un software vettoriale (come AutoCAD), si traccia un insieme di linee, o meglio vettori, a cui per convenzione grafica si assegna lo “status di finestra”. In un certo qual modo quindi, si attribuisce un’informazione al progetto di cui quella finestra è un componente. Compiendo la medesima operazione con Autodesk™ Revit, viene realizzato un “alter ego” virtuale, di una finestra reale. Questo significa che, a differenza di quanto avviene con altri CAD, in Autodesk Revit si comporterà all’interno del progetto come nella realtà: il suo collocamento potrà avvenire solo all’interno di un muro, e se successiva-mente lo stesso muro fosse cancellato, anche la finestra scomparirebbe, invece di fluttuare per il modello,

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stesso (tavole tecniche, computi).

Questo è un altro dei punti cardine del BIM: tutto è raggruppato in un unico database, contrariamente ai CAD tradizionali, dove piante, prospetti, sezioni, possono tranquillamente essere file distinti e soprattutto scollegati tra loro. In un modello BIM, ogni modifica ad un elemento della costruzione, è aggiornata in tempo reale, poiché le viste si limitano ad “osservare” il modello e a restituircelo graficamente, o numericamente nel caso degli abachi. Tutto questo non significa solo una maggiore velocità nella creazione degli elaborati, ma soprattutto una coordinazione totale in quanto questa viene eseguita automaticamente dal software. Adottare Revit nel proprio flusso di lavoro significa migliorare l’esperienza progettuale sfruttando il massi-mo della tecnologia oggi disponibile in massi-modo semplice e intuitivo perché uguale alla normale esperienza di costruzione di un edificio. Nell’ambiente di lavoro Revit si gode della possibilità di infinite modifiche in tem-po reale, anche se nella realtà operativa è normale dover inserire all’interno del modello delle regole, siano esse derivanti da obblighi normativi o da scelte progettuali: in Revit queste regole geometriche prendono il nome di vincoli e permettono di definire relazioni tra gli oggetti del modello (denominati famiglie) a seconda delle esigenze. Ciò che lo rende però degno di nota è il suo motore relazionale interno, poiché non si limita a gestire un progetto impiegando elementi parametrici, capaci di infinite variazioni, ma implementa tra essi relazioni intelligenti. A livello di logica costruttiva certe relazioni sono banali: non avrebbe alcun senso spos-tare un muro e lasciare la porta che vi era ospitata. Ma in un flusso di lavoro 2D tradizionale sono proprio queste banalità che aumentano il carico di lavoro ed il margine di errore. Inoltre le relazioni che Revit in-staura sono sempre bidirezionali: una modifica apportata in qualunque vista è immediatamente propagata in tutte le altre; poiché il modello è unico, riflette in tempo reale le modifiche effettuate. Si ottiene, in poche parole, una revisione istantanea del progetto.

In Revit, ovviamente, sono disponibili funzionalità di importazione ed esportazione certificata nel formato IFC, basate sullo standard per lo scambio dei dati buildingSMART IFC tra più software con svariati compiti.

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2.2.1 L’Organizzazione del Software

Revit è un database relazionale, il cui scopo è la creazione virtuale di un oggetto che in seguito diventerà reale: l’edificio. Nascendo per la progettazione di edifici, la sua forma di output principale è quella grafica. Ogni elemento, dagli oggetti architettonici a quelli di documentazione, in Revit è considerato una fami-glia. Una famiglia in questo campo è definita come un “gruppo di elementi con un insieme di proprietà comuni denominate parametri ed una rappresentazione grafica associata”.

Queste “proprietà” potranno anche assumere valori differenti, per esempio in funzione del modello, ma l’oggetto nella sostanza rimarrà: ad esempio, una sedia non diventerà per assurdo un tavolo solo perché se ne aumenta la lunghezza.

Le famiglie sono gli elementi con i quali si andrà a costruire un edificio e la relativa documentazione all’in-terno di Revit.

L’organizzazione delle famiglie è suddivisa in tre macro categorie principali:

Famiglie di Sistema

Famiglie Caricabili

Famiglie Locali.

Nello specifico, le Famiglie di Sistema comprendono tutti gli elementi di base normalmente utilizzati in una costruzione quali muri, coperture, pavimenti, scale, ecc.

Sono, in pratica, l’ossatura portante dell’intero progetto e perciò consentono possibilità di personaliz-zazione svariate ma entro limiti preimpostati all’interno del software, nel rispetto della Normativa e per escludere modifiche che possano compromettere il corretto funzionamento della famiglia.

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dai serramenti alle travi, dagli arredi alle lampade. Possono essere anch’esse personalizzabili (partendo da specifici file di modello esterni all’ambiente di progetto) in termini di forma, composizione, aspetto e parametrizzazione dell’oggetto: ciò costituisce la chiave per l’utilizzo di Revit al 100%.

Nell’ultima categoria, le Famiglie Locali, ricadono tutti gli elementi così specifici ed unici del progetto da rendere sconveniente la loro realizzazione e quindi anche la personalizzazione attraverso l’uso di famiglie caricabili.

Le “unità elementari”, ovvero le famiglie, sono organizzate all’interno del file secondo una logica propria dell’industria delle costruzioni: ciascuna di esse, infatti, appartiene ad una categoria definita in base alla funzione che una determinata famiglia è chiamata a svolgere all’interno del progetto. Questo sistema di classificazione , oltre a consentire a Revit l’organizzazione delle informazioni, consente di gestire in modo puntuale e coerente la rappresentazione grafica di ciascun elemento. Tutto ciò è un’apprezzabile riduzi-one del carico di lavoro dell’utente se paragonata ad ambienti tradizionali 2D come AutoCAD.

Il file di Revit è, fondamentalmente, un database nel quale vengono memorizzate le informazioni para-metriche del progetto e degli oggetti (famiglie) che ne fanno parte. La suddivisione principale prevede:

Oggetti Modello

Oggetti Annotazione

Viste

Ognuna di queste categorie possiede a sua volta delle sottocategorie. Per esempio, nel caso di Oggetti Modello è presente la sottocategoria Finestre, la quale a sua volta presenta ulteriori suddivisioni quali Infisso, Vetro, Telaio/Montante, etc.

Nello specifico, negli Oggetti Modello rientrano gli elementi normalmente presenti in edificio come muri, finestre, porte, ecc.; caratteristica distintiva è quella di risultare visibili in ogni vista. Gli Oggetti Anno-tazione invece, fanno parte di tutte la famiglie che servono a “integrare” l’informazione grafica fornita dagli elementi di modello, come ad esempio le note di testo, simboli, quote, etc. A differenza degli Oggetti

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Modello, sono visibili solo nella vista nella quale vengono creati.

Infine nelle Viste, troviamo raggruppati tutti i tipi di vista creabili in Revit: prospetti, sezioni, viste di det-taglio, viste 3d, viste prospettiche. Esse sono le preziose “macchine fotografiche” con le quali inquadri-amo e scegliinquadri-amo di documentare il nostro progetto attraverso “scatti fotografici” che rappresentano la direzione di visualizzazione.

Come anticipato, all’interno di ogni categoria di oggetti esistono delle sottocategorie grazie alle quali è possibile definire in modo ancora più specifico l’aspetto grafico di una famiglia.

Detto quindi cosa si intende per famiglia e categoria, può essere definito il concetto di Tipo e Istanza. Il Tipo è lo strumento logico che raggruppa l’insieme di parametri e le relative variazioni di valore che car-atterizzano una famiglia.

Ad esempio, per quel che riguarda i muri, avremo diverse tipologie, in Revit chiamate Tipi, che variano in base allo spessore, stratigrafia, materiali, etc; per ogni differenza viene definito uno specifico “Tipo di muro”: un Tipo per i muri in cls, un Tipo per i tamponamenti, un tipo per i rivestimenti termici e così via. L’Istanza è l’inserimento di uno specifico elemento nell’ambiente di progetto, una volta individuata la famiglia di cui necessitiamo e scelto il Tipo tra quelli disponibili.

Detto ciò, è importante dire che in Revit esistono parametri tipo e parametri istanza, dove per parametro si intende l’impostazione che determina l’aspetto o il comportamento di un elemento, un tipo o una vista e quindi le caratteristiche in grado di assumere valori differenti. I primi, i parametri tipo, definiscono le caratteristiche di ogni specifico Tipo all’interno di una famiglia mentre i secondi riguardano le specifiche proprietà di ogni singola istanza, ossia di ogni elemento inserito nel disegno.

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2.2.2 Workset: condivisione del progetto

Una delle più grandi potenzialità, che andremo in seguito ad applicare al caso concreto trattato nella tesi, è la capacità di gestire un lavoro in completa condivisione: questa peculiarità è di importanza vitale in un teamwork o comunque in ogni caso in cui per la realizzazione di un progetto siano interessati più proget-tisti.

L’organizzazione tipica dei file collegati è la seguente: c’è un solo file “Centrale” che conterrà le tavole del progetto complete di cartiglio e le relative viste; all’interno del file Centrale vengono collegati tutti i file che contribuiscono alla realizzazione del modello.

La scomposizione del modello in sotto-parti dipende moltissimo dalle caratteristiche geometriche e fun-zionali del progetto, quindi non c’è una regola precisa da seguire.

Un gruppo di file sarà dedicato alla modellazione del contesto e delle sistemazioni esterne, mentre un altro gruppo di file definirà l’organismo edilizio che state progettando.

Difatti in concreto l’edificio può essere analizzato separatamente e contemporaneamente nei suoi vari aspetti: la parte architettonica, la maglia strutturale, ciò che riguarda la parte impiantistica (canalizzazi-oni dell’aria, adduzi(canalizzazi-oni, scarichi, ventilazi(canalizzazi-oni, aerazione dei vani scala, macchinari impianto meccanico e quadri elettrici, ecc...), e la parte dei presidi antincendio (estintori, naspi, sprinkler, allarmi sonori e visi-vi, segnaletica ecc...), così attuando una scomposizione del tipo tecnologico/funzionale, probabilmente il metodo più corretto.

Altrimenti si può separare l’edificio geometricamente, cioè per piani, per settori in pianta, per volumi uni-tari etc. a seconda dalla morfologia del progetto.

Queste suddivisioni hanno lo scopo di definire gli ambiti progettuali sposandosi bene con la caratteristica fondamentale di un processo di progettazione, che è per sua natura iterativo e ciclico, ma che altresì im-pone dei salti di scala passando gradualmente dal concettuale alle viste più dettagliate.

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Verosimilmente quindi si potrà partire da un unico grande file che andrà sempre più definendosi nelle sue parti, poi potrà cominciare ad essere suddiviso per essere gestito anche dai colleghi di lavoro: ognuno avrà libertà di modifica solo degli elementi del file “Centrale” che gli competono ma potranno visualizzare le modifiche di tutti grazie ad un aggiornamento semiautomatico di ricarica del file.

Tutti i file vengono collegati nel “Centrale” e grazie al Workset si può infine procedere alla completa doc-umentazione delle tavole.

Per utilizzare il WorkSet di Autodesk Revit si deve abilitare una prima volta andando nell’apposita sezi-one “Collabora” e cliccando sul tasto Workset.

Da quel momento, il file in cui si sta lavorando diventa il file centrale, per questo motivo sarebbe bene che si trovasse già al momento della creazione dei workset nella posizione accessibile a tutti dove risiederà per tutto il tempo del progetto. Infatti, basta rinominare una cartella del percorso o semplicemente copi-arlo o spostcopi-arlo per fcopi-arlo diventare una copia locale.

Il file centrale è il vero file di lavoro con copie di backup che permettono di riportare il file ad un salvat-aggio precedente, quello che Revit consente è fare lavorare più persone sullo stesso file attraverso una copia locale del file centrale, una copia cioè specifica per ciascun utente.

Quando si lavora in una copia locale del file centrale si deve avere cura di sincronizzare le proprie mod-ifiche con il file centrale in modo da recepire le modmod-ifiche dei colleghi e rendere pubbliche le modmod-ifiche apportate al modello.

È buona norma sincronizzare frequentemente la propria copia locale con il centrale per ridurre al minimo l’eventuale insorgere di conflitti o la malaugurata perdita di dati del file centrale per cause esterne al pro-gramma (danneggiamenti del server di condivisione etc.).

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2.2.3 Workset secondo il protocollo BIM UK

Vediamo come sono protocollate le condivisioni di lavoro su Revit secondo gli AEC (UK) BIM Protocol for Autodesk Revit.

I Worksets (stabiliti per categorie, singoli elementi, posizione, funzione) permettono a utenti multipli di lavorare simultaneamente su un file modello attraverso l’uso di un file CENTRALE e sincronizzando copie LOCALI. Se utilizzati correttamente (ad esempio divisione del progetto in numero sufficiente per evitare congestione nel flusso di lavoro) consentono di migliorare l’efficienza e l’efficacia su progetti grandi e multi utente.

Per migliorare le performance dell’hardware dovranno essere aperti solo i Worksets richiesti; ciò nonostante Revit aggiorna i cambiamenti fatti in quest’ultimi se interessano i Worksets momentan-eamente chiusi;

I worksets dovranno avere, a seconda del caso, il suffisso -CENTRAL o –LOCAL;

Dovrebbe essere creato, ad ogni chiusura del file, un file locale e la copia LOCALE del modello dovrà essere creata copiando l’originale in un hard-drive locale mediante Windows Explorer non permet-tendo a Revit di automatizzare questo processo;

Tutti i membri del team devono “Salvare al Centrale” ogni ora.

2.2.4 Workflow: il flusso di lavoro

Occorre adesso analizzare come si svolgerà il flusso di lavoro progettuale tramite l’interoperabilità tra più software con mansioni differenti.

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con-cerne attraverso i suoi specifici strumenti e, dove non arriva, con strumenti addizionali, pertanto per ana-lizzare le fasi di lavoro è sufficiente applicare la logica che si utilizzerebbe in cantiere.

Il primo passo da compiere è quello della definizione dei riferimenti spaziali entro cui si svilupperà il pro-getto, ossia i fili fissi delle strutture attraverso l’uso delle griglie e gli interpiani per lo sviluppo altimetrico, utilizzando i Livelli. A questi due elementi dimensionali, faranno riferimento gli elementi costruttivi vir-tuali per stabilire le loro posizioni nello spazio; per esempio un pilastro potrà essere posizionato ad una determinata intersezione tra Griglie, e la sua altezza si svilupperà per un certo numero di Livelli. Stabiliti i riferimenti spaziali si passa al posizionamento degli elementi costruttivi virtuali, muri, pavimenti, tetti. Una volta definito l’aspetto architettonico di massima, si procede inserendo le aperture, porte, finestre, facciate continue, per poi passare ai collegamenti verticali con le scale, e così di seguito fino al completa-mento dell’edificio. Una volta completata la modellazione dell’edificio e della sua planimetria, è il momen-to di iniziare a descriverlo agli interlocumomen-tori del processo edilizio, quali il committente, l’amministrazione, l’impresa. Si passa quindi alla fase di documentazione, nella quale si creano nuove viste, in aggiunta a quelle di base utilizzate per il modello, in modo da raggiungere un’ottimale descrizione del manufatto sotto l’aspetto grafico e quantitativo attraverso l’utilizzo degli abachi. Definite le viste attraverso le quali documentare il progetto, si passa all’integrazione delle informazioni grafiche sia con l’aggiunta di elemen-ti per la definizione dei parelemen-ticolari costrutelemen-tivi, sia attraverso l’uelemen-tilizzo di strumenelemen-ti di annotazione, per fornire informazioni numeriche e testuali, utilizzando a questo scopo le quote, le note chiave per elementi e materiali, note di testo, ecc.

Quando il modello è adeguatamente documentato e corredato dalle informazioni descrittive, numeriche e testuali, necessarie ad una sua ottimale comprensione e di conseguenza esecuzione, si passa alla

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pro-le innumerevoli informazioni che lo caratterizzano possiede anche quelpro-le materiche, troviamo la possi-bilità di eseguire delle viste renderizzate. Come abbiamo lasciato intendere tra le righe, utilizzare Revit non prevede come obiettivo primario la realizzazione di un modello 3D dal quale è possibile ottenere rendering fotorealistici, semmai questa possibilità deve essere vista come una naturale conseguenza del processo di progettazione.

Per garantire quindi un flusso di lavoro continuo e correlato al lavoro fatto fino a questo momento, si utilizza la Suite Workflows interna che presenta un meccanismo di esportazione del modello predispo-nendolo per software dedicati per rendering dettagliati e animazioni, come 3ds Max della Autodesk. Per appoggiarsi invece a programmi specifici di altre Software House, come abbiamo visto precedente-mente viene utilizzato il file IFC di scambio informazioni, direttaprecedente-mente esportabile da Revit. In questo modo ogni caratteristica precedentemente impostata diviene parte del progetto anche in fase di scambio con altri software, che servirà quindi solo per verifiche finali altrimenti non eseguibili su Revit (come cer-tificazioni energetiche, studi acustici, preventivi, piani di manutenzione, ecc.).

Concludendo, il flusso di lavoro previsto dall’uso di Autodesk Revit permette di sviluppare un progetto utilizzando la tecnologia BIM creando un modello, al quale è possibile apportare modifiche e revisioni in ogni momento, poiché esse potranno essere reinserite velocemente nei software di appoggio specifici.

2.2.5 Considerazioni circa l’utilizzo futuro

Le potenzialità offerte dalla progettazione BIM aprono scenari d’interoperabilità sempre più articolati. Oltre al BIM 4D, che mette in relazione il progetto e il tempo, o il BIM 5D, che considera i costi, si possono già trovare sul mercato soluzioni per il BIM 6D, ovvero il ciclo di vita presunto del progetto, e il “BIM to field”, che collega strumenti di progettazione BIM e strumenti digitali di rilievo sul campo.

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L’interoperabilità e la pratica del model checking sarà parte integrante e fondamentale dei futuri sviluppi dei software BIM. I nuovi programmi serviranno a garantire la qualità della progettazione nel rispetto dei tempi e dei costi.

Il futuro dell’architettura e delle costruzioni è digitale; il BIM è il futuro nella progettazione e nel facility management a lungo termine; è un processo trainato dalla tecnologia e guidato da politiche decise dai governi; il BIM sta portando un cambiamento in tutti i settori, ma c’è ancora molta confusione su cosa esattamente è e come dovrebbe essere utilizzato e concretizzato. Il Building Information Modelling è un modello digitale che aiuta tutti a capire l’edilizia; tuttavia è una nuova tecnologia in un settore tipicamente lento ad adottare cambiamenti. Il BIM è in continua crescita e sta svolgendo un ruolo cruciale nella re-dazione di documentazione edilizia.

Il BIM fornisce il suo massimo potenziale nel fornire informazioni dal Design Team (architetti, geometri, ingegneri consulenti, e altri) al Contractor e poi al proprietario, ognuno dei quali aggiunge le proprie conoscenze specifiche e assicura un monitoraggio delle modifiche su un modello unico. Il risultato riduce notevolmente le perdite di informazione nel trasferimento, rende funzionanti gli edifici e accresce il va-lore delle costruzioni. La segnalazione di conflitti (“Controllo Interferenze” sempre nella scheda “Collabo-ra”) impedisce che si insinuino errori nelle varie fasi di sviluppo e di costruzione, poiché il modello informa subito il team sulle parti del disegno che sono in conflitto o in sovrapposizione.

L’uso del BIM diventerà ancora più marcato di quanto non sia nei progetti attuali, poiché la tecnologia e le varie applicazioni hardware, software e cloud si stanno sviluppando verso una maggiore capacità di gestire una quantità di informazioni in crescita e sempre più dettagliate, favorendo così la condivisione di lavori.

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2.3 Gli Standard IFC

Nell’industria delle costruzioni il problema della comunicazione è una questione all’ordine del giorno e presenta due aspetti fondamentali: da una parte l’atavica scarsa comunicazione tra i soggetti coinvolti, spesso troppo preoccupati di proteggere il loro know-how, e dall’altra la difficoltà tecnologica di condivi-dere informazioni in formati universalmente compatibili.

A questo secondo aspetto, in particolar modo, si rivolgono le Industry Foundation Classes (IFC).

IFC, acronimo di Industry Foundation Classes, è un formato file che rende possibile scambiare informazi-oni tra i diversi sistemi BIM e altri sistemi nel settore dell'edilizia e della gestione degli impianti. Il formato IFC è dotato di certificazione ISO (Norma ISO 16739) e può essere integrato in qualsiasi programma di garanzia della qualità adottato.

L’IFC è stato progettato per elaborare tutte le informazioni dell’edificio, attraverso l’intero suo ciclo di vita, dall’analisi di fattibilità fino alla sua realizzazione e manutenzione, passando per le varie fasi di pro-gettazione e pianificazione.

IFC è un formato di dati aperto, neutrale, ed interoperabile. Formato di Dati

IFC è un sistema di codifica digitale dell’informazione, pensato per la codifica di modelli informativi tridi-mensionali. A titolo d’esempio, sono formati di dati: .pdf, .dwg, .dxf, .docx, .xlsx, .jpeg.

Aperto

Si definisce aperto un formato di dati la cui specificazione tecnica di codifica dell’informazione è stata pubblicata e di conseguenza può essere utilizzata ed implementata da chiunque. Di conseguenza, la scelta degli sviluppatori di software proprietari o open-source di consentire al loro prodotto di leggere/

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scrivere in formato IFC è prettamente una scelta commerciale, non legata cioè all’impossibilità di sapere come lo standard IFC codifichi l’informazione. Altri formati di file aperti sono ad esempio PNG (immagini), FLAC (audio), HTML (web).

Neutrale

Quando buildingSMART parla di IFC come un formato neutrale, intende dire che il suo sviluppo non è controllato da nessuna società, azienda o ente specifico, in particolar modo non è controllato dalle case produttrici di software.

Interoperabile

Questa caratteristica è, per la verità, conseguenza delle precedenti. IFC in quanto formato di dati ap-erto è già attualmente implementato dai principali software BIM e per questa ragione costituisce uno strumento che consente a tutti gli attori del processo di comunicare informazioni tramite un linguaggio comune, che può essere scritto e letto da qualsiasi applicativo proprietario normalmente utilizzato. L’iniziativa IFC nasce nel 1994, quando un consorzio industriale investì nella realizzazione di un apposito codice informatico (insieme di classi C++) in grado di supportare lo sviluppo di applicazioni integrate; dodici società statunitensi aderirono al consorzio, che prese il nome di “Industry Alliance for Interoper-ability”.

Nel settembre 1995 l’Alleanza aprì l’adesione a tutte le parti interessate e nel 1997 cambiò il suo nome in “International Alliance for Interoperability” (IAI).

La nuova Alleanza fu ricostituita come organizzazione no profit, con l’obiettivo di sviluppare e promuo-vere l’Industry Foundation Classes (IFC) come modello di dati neutro, utile a raccogliere informazioni

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try Foundation Classes (IFC) for data sharing in the construction and facility management industries. Ci sono state sei versioni principali di IFC nel corso della sua storia: IFC 1.5.1, IFC 2.0, IFC2x, IFC2x2, IFC2x3 ed IFC4 (la cui corretta denominazione sarebbe in realtà IFC2x4). Dal rilascio di IFC2x, il core dello standard è rimasto invariato e sono state solamente aggiunte classi e relazioni fra esse, in modo da descrivere scenari via via maggiori ed integrare l’esperienza derivante dall’implementazione dello stand-ard. La garanzia di una base comune ha fatto sì che le case produttrici di software potessero aggiornarsi alla più recente versione di IFC senza difficoltà. Consultando la più recente versione di IFC via web è possibile notare come, per ogni classe, vengano fornite informazioni sull’evoluzione della classe stessa attraverso le varie versioni dello standard.

Dal 2005 l’Alleanza porta avanti le proprie attività tramite buildingSMART.

Infine, tornando al problema della comunicazione nell’industria delle costruzioni dal quale era partita la trattazione, IFC rappresenta una soluzione anche alla questione della conservazione del know how. Un file IFC infatti, come i PDF, costituisce una fotocopia digitale del lavoro svolto, consultabile, ma non mod-ificabile, da chiunque ne venga in possesso.

Il concetto di collaborazione, e quindi di comunicazione, è centrale nel Building Information Modelling. Impostare, nell’ambito del processo edilizio, lo scambio delle informazioni su sistemi interoperabili (come ad esempio IFC) costituisce pertanto una necessità se l’obiettivo è quello di trasformare l’industria delle costruzioni attraverso l’adozione della metodologia BIM. E questa affermazione è ancor più sensata nell’ambito di progetti pubblici, dove non è possibile forzare i professionisti a dotarsi di quello strumento piuttosto che dell’altro.

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2.3.1 Come funzionano gli IFC

L’architettura IFC basa la propria struttura su:

semantica

relazioni

proprietà

Gli elementi sono pensati per descrivere i componenti di un edificio, come ad esempio impianti, spazi, zone, arredo, elementi strutturali (pilastri, travi, pareti, solai, etc.), includendo le proprietà specifiche di ogni oggetto. Grazie a questa suddivisione ad ogni oggetto è possibile associare determinate grandezze come ad esempio:

forma

costo

richiesta di manutenzione

posizione

prestazione energetica

connessioni con altri oggetti

sicurezza

caratteristiche fisiche e meccaniche

Tutti questi dati sono in genere codificati su uno dei tre formati disponibili:

ifc: il formato di scambio IFC predefinito che utilizza la struttura file fisica STEP

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le loro proprietà sono memorizzati in una struttura più informativa. Un file .ifcXML normalmente ha dimensioni superiori del 300_400% rispetto ad un file .ifc.

ifczip: file di dati IFC che utilizza l’algoritmo di compressione ZIP. È la versione compressa del formato .ifc o .ifcXML. Un file .ifcZIP normalmente comprime un .ifc del 60_80% e un file .ifcXML del 90_95%. Nota: il formato .ifcZIP è per esempio compatibile con le cartelle compresse di Windows, WinZip, ecc. Pertanto se il destinatario non può leggere i file .ifcZIP, un’applicazione di decompressione ZIP può aprire il file convertendolo in formato .ifc o .ifcXML.

2.3.2 La struttura degli IFC

Il formato IFC è composto da una struttura gerarchica, illustrata in seguito, divisa in quattro grandi livelli, ognuno dei quali contiene a sua volta diverse categorie grazie alle quali sono definite le entità.

La struttura funziona in modo che un’entità di un dato livello può relazionarsi o fare riferimento solamente ad un’altra entità dello stesso livello o un livello inferiore. Questa configurazione è predisposta ad una crescita continua e permette alle entità di un livello basso di essere combinate per realizzare definizioni di livello superiore. Inoltre in questo modo è implementata la distinzione per disciplina delle singole entità, rendendo possibile la fruizione del modello da parte degli strumenti propri di ogni disciplina.

I quattro livelli sono:

Domain schema: Costituiscono le discipline di afferenza delle varie entità come architettonico, strut-turale, manutenzione ecc. Sono le classi che afferiscono a specifiche discipline e che non possono essere ulteriormente specificate da altre classi (es. IfcAlarm, IfcCoil, IfcStructuralAction).

Shared/Interoperability schema: comprende entità facenti parti dell’edificio denominate Shared Object. Ad esempio ci sono gli shared building elements, come pilastri, travi porte ecc. oppure gli

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2.6

Riferimenti

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