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Capitolo terzo

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Academic year: 2021

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Capitolo terzo

Il traffico illecito di beni culturali come fonte di finanziamento per il terrorismo di matrice islamica nell'area mediorientale

Come analizzato nei capitoli precedenti, l'area mediorientale è da sempre stata vittima di saccheggi e spoliazioni, ma negli ultimi decenni si è assistito a una crescita esponenziale del fenomeno, sia a causa dell'aumento dell'interesse e del coinvolgimento del crimine organizzato internazionale nelle attività di traffico di beni culturali, sia a causa della continua instabilità e conflittualità che caratterizza da anni alcuni paesi dell'area. Recentemente l'intera zona è stata sottoposta a un'altra minaccia rappresentata dalla distruzione sistematica dell' identità culturale da parte di gruppi armati terroristici. L'abbattimento dei Buddha di Bamyan da parte di al-Qaeda in Pakistan o la distruzione della città di Palmira da parte dell'Isis, sono immagini ormai note a tutti. Queste ultime sono direttamente paragonabili a quelle dei vari attentati subiti in Europa, perchè si possono considerare attentati al patrimonio culturale di tutta l'umanità.

Spesso però il bene culturale non è concepito solo come un obiettivo da colpire, ma come una risorsa da sfruttare. I vari gruppi armati o terroristici si sono organizzati per gestire l'intero traffico illecito di beni culturali, per lo più di antichità, ricavando finanziamenti dalla vendita di questi ultimi.

In questo capitolo analizzeremo come queste organizzazioni1 hanno strutturato tale traffico, quanto è redditizio e come si sviluppa dal momento dell'escavazione ai mercati finali che raggiunge, passando per quelli intermedi di altri paesi dell'area, su tutti Libano e Turchia.

3.1 I gruppi armati e terroristici coinvolti e la struttura finanziamenti Isis

Possiamo affermare che il femomeno dello sfruttamento del traffico illecito di beni culturali per il finanziamento di gruppi armati e delle loro attività ha iniziato ad avere una maggiore intensità ed a essere studiato a partire dalla seconda Guerra del golfo. Le 1 Lo studio si concentrerà maggiormente sull'Isis in quanto riguardo ad esso sono disponibili più fonti e dati e, secondariamente, perchè attualmente è il gruppo criminale organizzato più ricco e potente al mondo. Lo schema, però, può essere adattato generalmente anche ad altri gruppi presenti nell'area mediorientale.

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stime a riguardo ci dicono che tra la fine del conflitto nel 1991 e il 1994, undici musei iracheni contavano una perdita di 3000 oggetti d'arte e quasi 500 tra manoscritti e libri antichi, di cui la maggior parte non ancora recuperati2. Occorre precisare che in questo periodo il fenomeno è stato portato avanti principalmente dalla popolazione locale, che a seguito del declino economico dovuto al conflitto e alle sanzioni imposte dalle Nazioni Unite, ha trovato in tale attività una fonte di guadagno.

Il vero inizio del legame fra traffico illecito e organizzazioni terroristiche si ebbe con con l'entrata in scena di al-Qaeda alla fine degli anni Novanta, nonostante per l'organizzazione rimanesse una fonte minore di guadagno, in quanto la maggior parte degli introiti era coperta dai finaziamenti provenienti da altri paesi, primi fra tutti l'Arabia Saudita, e dai commerci illeciti come quello rappresentato dal traffico di stupefacenti. Occorre comunque ricordare che nel 1999 Mohamed Atta tentò di vendere antichità provenienti dall'Afghanistan a un professore universitario di Göttingen. Interrogato sullo scopo, Atta dichiarò che il ricavato sarebbe servito per l'acquisto di un aereo: si trattava del dirottatore che manovrò l'aereo che si andò a schiantare contro la seconda torre del World Trade Center l'11 settembre 20013.

Altre testimonianze raccolte da P.Brems e W. Den Eynde nel loro documentario sul traffico illecito in Afghanistan4, descrivono come i Talebani scavassero i siti per lunghi periodi sia di notte che di giorno, alla ricerca di reperti da spedire in tutti i mercati occidentali, e, se i siti venivano prima perlustrati dai locali, i talebani effettuavano raid nelle loro case per recuperare gli oggetti. Nel reportage si nota anche come, in una Bruxelles individuata come centro di arrivo della maggior parte delle antichità trafugate dai Talebani, i reperti presentassero ancora residui di sabbia e i segni lasciati dagli utensili utilizzati per l'estrazione, sebbene i mercanti d'arte negassero la provenienza illecità dell'oggetto.

Altro organismo implicato nel traffico illecito è l'organizzazione terroristica Haqqani5, definita anche "La Rete", una delle tante cellule insurrezionaliste dell'Afghanistan. 2 D. Grantham, Shutting down Isis' antiquities trade, National Center for policy analysis, n. 185, 2016, p.

1, disponibile al sito http://www.ncpa.org/pub/shutting-down-isis-antiquities-trade

3 La notizia fu poi rivelata nel 2005 dai servizi segreti tedeschi, in K. L. Alderman, Honor among thieves: organized crime and the illicit antiquieties trade, "Indiana Law review", vol.45, n.3, 2012, p. 609, disponibile al sito https://mckinneylaw.iu.edu /vol45p601.pdf /ilr/pdf

4 P. Brems e W. En Eynde, Blood antiquities: Is the illegal art trade financing the Taliban?, 2009, disponibile al sito https://www.journeyman.tv/film/4571/blood-antiques

5 Il guppo deve la sua donominazione e formazione alla figura di Jalaluddin Haqqani, uno dei primi militanti islamici ad emergerein Afghanistan, in G.Peters, Haqqani Network Financing:The Evolution of an Industry, The combating terrotrism center at West Point, 2012, p.14, disponibile al sito

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Componente semi-autonoma dei Talebani, e forse la loro fazione più rivolta ad una espansione globale6, si formò agli inizi degli anni Ottanta. Haqqani si rivela particolarmente interessante perchè le sue fonti di finanziamento risultano diversificate e ben inserite in business che vanno dai settori tradizionali quali quello petrolifero fino all'import ed export, ai trasporti, alle proprietà immobiliari e alle costruzioni sia in Afghanistan ma anche in paesi limitrofi come Pakistan, paesi del Golfo ed altri. Oltre i tradizionali canali di finanziamento come donazioni, riscatti ed estrorsioni e traffico di narcotici, il gruppo si vede implicato anch'esso nel traffico di antichità. Si può affermare che l'organizzazione Haqqani possa aver fatto da modello al gruppo che poi diventerà l'Isis per quanto riguarda il settore finanziamenti: infatti la cellula afgana dimostra già un'indipendenza e una diversificazione di portafoglio che caratterizza anche il gruppo iracheno.

Anche altri sucessori di al-Quaeda, come jabhat al-Nusra sono coinvolti nel traffico illecito di antichità, ma sulle attività di questo gruppo si hanno poche informazioni data la minore importanza e la minore visibilità mediatica7.

Lo stato islamico di Iraq e Siria, o Isis8, è nato come gruppo subsidiario di al-Qaeda, raggiungendo l'indipendenza fino diventare il gruppo predominante e di riferimento prima in Iraq e poi nell'intera area mediorientale9. Anch'esso, una volta raggiunte varie conquiste territoriali, iniziò a sfruttare il traffico illecito di antichità come fonte di introiti al pari di altre risorse. Nel caso specifico esso anzi rappresenta una delle principali fonti di finanziamento. Occorre aggiungere il fatto che l'Isis, già otto anni 6 Ibidem.

7 M. D. Danti, The finance of global terrorism through cultural property crime in Syria and northern Iraq, 2015, p. 3, disponibile al sito http://docs.house.gov/meetings/FA/FA18/20151117/104202/HHRG-114-FA18-Wstate-DantiM-20151117.pdf

8 Il gruppo in letteratura e dai media ha acquisito numerose denominazioni tra cui stato islamico di Iraq e Sham, stato islamico di Iraq e del Levante (ISIL) o con il termine acronimo arabo Daesh. Comune anche le sigle ISI o IS (rispettivamente stato islamico in Iraq e stato islamico), o anche AQI (acronimo per l'inglese al-Qaeda in Iraq). Nel testo da questo momento ci si riferirà al gruppo armato usando la sigla Isis o l'appellativo "Califfato".

9 Le radici del gruppo non sono certe e in letteratura ci sono contrasti. Ad esempio, per V. Hanson, (in Looted Antiquities: Economic Opportunity for Terrorists, Senior Theses and Capstone Projects, Paper 35, Dominican University of California, 2015, p.13, disponibile al sito

http://scholar.dominican.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1042&context=senior-theses) la formazione del gruppo risale agli ultimi anni dei '90. Nel 2004 si alleò con al-Quaeda, giocando un ruolo di primo piano nelle insurrezioni in Iraq. Negli anni sucessivi il gruppo si unì al Consiglio dei Mujahideen rimanendo nell'ombra fino al 2008, quando si affermò come presenza primaria nello scenario iracheno e, di seguito, nell'intera area mediorientale. Per il CAT (Center for the Analysis of Terrorism ) invece, il nucleo originale dell'Isis si venne a formare nel 2003, in Iraq, per mano di Abu Musab al-Zarqawi, elemento di spicco già all'interno di al-Qaeda. In questi anni il gruppo era conosciuto come Jama’at al-Tawhid-wal-Jihad, nome di una organizzazione precedentemente creata nel 2000 a Herat, in Afghanistan, sempre dallo stesso al-Zarqawi (in Isis financing 2015, Center of analysis of terrorism, 2016, p.4, disponibile al sito http://cat-int.org/wp-content/uploads/2016/06/ISIS-Financing-2015-Report.pdf ).

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prima di emanciparsi da al-Qaeda e prima di proclamarsi "Califfato", era già indipendente dalle risorse dell'organizzazione "madre", perchè era diventato un'organismo con fonte di finanziamento autonoma10: «was financially independent by virtue of engaging in tremendously successful criminal activity enterprises domestically within Iraq»11.

Sotto la guida di Abu Bakr al-Baghdadi il gruppo subì una rapida crescita in pochissimo tempo, dovuta anche al ruolo giocato nella guerra civile siriana dove si impose subito come il gruppo leader predominate. La crescita sia in influenza territoriale e soprattutto in importanza politica portarono nel 2014 ad una frattura totale con al-Qaeda, dopo diverse lotte interne per il potere. Nello stesso periodo il gruppo aderì all'ideologia jihadista salafita12, forma estremamente rigida di Islam sunnita che insiste su un interpretazione letteralista del Corano. Conseguito il controllo sulla maggior parte delle provincie siriane ed irachene, l'Isis si autoproclamò nel giugno 2014 stato islamico o meglio "Califfato" e Abu Bakr al-Baghdadi ne diventò califfo, quindi leader religioso e di pari passo politico13. «Islamic State is comprised of former Iraqi regime elements, foreign fighters, local tribes, and others who have sworn allegiance to the group for ideological reasons or simple fear. In its core regions of Syria and northern and western Iraq, IS has developed coherent, state-like bureaucratic structures».14.

L'Isis rappresenta al presente una delle più grandi minacce alla sicurezza e alla stabilità dell'area mediorientale, e di riflesso di quelle del sistema internazionale. Ciò è riscontrabile attraverso una politica del terrore che ha spinto l'Isis ad operare anche fuori area con attentati terroristici in Africa, in Europa e negli Stati Uniti (questi ultimi grazie anche all'operato dei cosidetti "lupi solitari", individui con radici salde nel territorio del paese dove si svolge l'attentato, a volte paese di nascita di quest'ultimi, che hanno stretti collegamenti e sono direttamente finanziati dall'Isis).

Il "Califfato" sta diventando il più ricco gruppo terroristico nel mondo e questo si deve soprattutto allo sfruttamento dei territori occupati e amministrati direttamente. A 10 M. Levitt, “Terrorism Financing and the Islamic State” , testimony submitted to the House Financial Services Committee, 2014, disponibile al sito http://financialservices.house.gov/uploadedfiles/hhrg-113-ba00-wstate-mlevitt-20141113.pdf

11 Ibidem.

12 La corrente di pensiero è anche denominata Wahhabbismo, dal nome di uno degli studiosi più importanti della corrente, 'Abd al-Wahhab (1703-1792).

13 V. Hanson , op. cit., p. 18.

14 A. al Tamimi, The evolution in Islamic state administration, Perspectives on Terrorism, 2015, in Y. J. Fanusie and A. Joffe, Monumntal fight: countering the islamic state's antiquities trafficking , Center on sanctions and illicit finance at Foundation for defence of democracies, 2015, p. 3, disponibile al sito

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differenza di al-Qaeda, il cui introito maggiore era rappresentato dai finanziameti diretti esteri, per l'Isis le principali fonti provengono dal territorio occupato, dallo sfruttamento dei pozzi petroliferi fino alla tassazione delle popolazioni sotto loro dominio.

Riferendosi report del CAT sul finanziamento dell'Isis nel 2015, si nota come l'organizzazione rappresenti un modello economico senza precedenti, basato sul controllo territoriale e sulla diversificazione delle risorse tale da renderlo economicamente autosufficiente. Questa strategia era già adottata prima che si trasformasse in "Califfato", tanto che nel 2005 i suoi finanziamenti esterni erano stimati essere solamente il 5% di tutto il totale15. Le perdite territoriali negli ultimi mesi del 2015 e dell'inizio del 2016, causate dall'intervento della coalizione internazionale, hanno portato a un calo di introiti, soprattutto quelli provenienti dalle risorse naturali, non ancora definibile una perdita finanziaria. Tutto ciò è dovuto ai finanziamenti altamente diversificati, a cui si accennava sopra, e alla capacità di adattamento ai mutamenti dimostrata dall'Isis. Infatti nel portafoglio del "Califfato" possiamo trovare lo sfruttamento delle risorse naturali dei territori ( petrolio, gas naturale, fosfati, cemento e risorse agricole), le rendite da attività criminali come estorsione, rapimenti e traffico illecito di antichità, e le varie donazioni da paesi terzi o privati. Il tutto viene amministrato da una struttura flessibile e adattabile, ideale per far fronte in maniera tempestiva a subitanee perdite di territorio o a qualsiasi altro imprevisto possa capitare. Nello schema riportato sotto possiamo vedere l'articolazione e le percentuali delle varie attività dell'Isis e si può notare un trend di diminuzione dell'entrate derivanti dal settore petrolifero, mentre si osserva un aumento per le altre attività criminali come il traffico illecito di antichità o le estorsioni.

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(Fonte: Isis financing 2015, Center of analysis of terrorism, 2016, p.21, disponibile al sito http://cat-int.org/wp-content/uploads/2016/06/ISIS-Financing-2015-Report.pdf )

(Fonte: Isis financing 2015, Center of analysis of terrorism, 2016, p.5, disponibile al sito http://cat-int.org/wp-content/uploads/2016/06/ISIS-Financing-2015-Report.pdf )

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Contemporaneamente alla stesura di questo studio, la coalizione di forze internazionali stanno combattendo con efficacia l'Isis che ha perduto il controllo su una parte cospicua di territorio. Questa ipotesi era statagià prevista da numerose analisi, come ad esempio quella del maggio 2016 del CAT, dalla quale si evince che le sconfitte subite dall'autunno 2015 e le relative perdite di territorio16 avrebbero portato a una diminuzione del budget per il 2016 rispetto a quello raggiunto nel 2015. Si passava cioè da una stima di introiti totali di 2.260 miliardi di dollari per il 2015, ad calo di entrate per il 2016. Ciò comporterebbe un brusco colpo per il gruppo, visto che la sua struttura finanziaria è interamente basata sulla conquista territoriale al fine di controllare e sfruttare ogni minima risorsa presente. L'indipendenza economica, politica, e di riflesso anche religiosa, dell'Isis è dovuta principalmente al modo in cui ha strutturato il proprio settore finanziario. Il gruppo si avvale di un comitato generale finanziario dove un "ministro delle Finanze" supervisiona e esercita autorità sopra i consigli locali presenti in ogni provincia sotto controllo. Questo ministro ha uguale potere rispetto agli altri 8 membri del gabinetto presiediato da al-Baghdadi e il suo compito primario è assicurare la raccolta delle tasse. La struttura si basa sul mantenimento del personale tecnico ed esecutivo in tutti i settori in uno stretto rapporto di gerarchia. La compagine quindi si può definire altamente burocraticizzata e ogni livello funziona al fine di raggiungere l'obiettivo di una strategia finanziaria precedentemente pensata. Questo è un grosso punto di differenza tra l'Isis e gli altri gruppi terroristici a matrice islamica, prima fra tutte al-Qaeda, in cui non ritroviamo un così alto grado di gerarchizzazione, progettazione e burocrazia nel campo dei finanziamenti e dell'amministrazione territoriale. Di seguito riportiamo lo schema della divisione del Gabinetto di comando dell'Isis.

16 Si è calcolato che dal gennaio 2015 al marzo 2016 il "Califfato" abbia perso dal 25 al 22% del

territorio, in C. Strack, Islamic State loses 22 per cent of territory, IHS Jane’s 360, 2016, in Isis financing 2015, op. cit., p. 4.

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(Fonte: Isis financing 2015, Center of analysis of terrorism, 2016, p.8, disponibile al sito http://cat-int.org/wp-content/uploads/2016/06/ISIS-Financing-2015-Report.pdf )

Fin qui si è detto che il "Califfato" sfrutta ogni risorsa presente sul territorio, tra cui le antichità presenti nelle migliaia di siti archeologici e luoghi di conservazione, come musei, istituti, università etc.; Descriveremo il settore antichità nei prossimi paragrafi, mentre di seguito illustriamo brevemente le altri fonti di guadagno del gruppo terroristico.

Al primo posto troviamo lo sfruttamento delle risorse petrolifere. Nel 2015 l'Isis aveva in mano all'incirca 25 bacini petroliferi tra Siria ed Iraq, con una produzione stimata a 40mila barili per l'anno corrente17. Il numero dei pozzi in possesso nel 2016 è diminuito a fronte degli attacchi focalizzati sulle infrastrutture di raffinamento e trasporto del greggio, ma anche a causa dell'inabilità nell'assumere personale qualificato e del progressivo esaurimento dei pozzi siriani che rende il processo estrattivo molto più complesso. Per tale commercio sono preferiti i circuiti locali grazie ai quali si riesce a mantenere alto il prezzo a barile, principalmente per due motivi: da una parte si ricorre al mercato nero vendendo al maggiore offerente, dall'altra, l'Isis riesce a detenere una sorta di monopolio facendo affari anche con le aree sotto controllodei ribelli curdi e del 17 Si stima che il prezzo al barile oscillasse fra i 25 e i 45 dollari e che il ricavo per il solo 2015 sia stato di 600 milioni di dollari, in Ivi, p. 9. Fin dal 2014 i bombardamenti statunitensi hanno minacciato i profitti ricavabili dal petrolio sfruttato dall'Isis, stimati nel 2014 di essere attorno i 100milioni1 o perfino 263 milioni, in Y. J. Fanusie and A. Joffe, op. cit., p.6.

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regime di Assad, per mezzo di intermediari.

Seconda risorsa è il gas naturale, presente soprattutto nei territori siriani. Anche questo settore è stato duramente colpito dalla coalizione e si stima un introito al ribasso per il 2016 anche se nel 2015 ha fruttato attorno ai 350 milioni di dollari, dato risultato minore delle stime poichè la produzione è calata del 40% rispetto al livello pre-bellico, poichè il processo di estrazione del gas è ancora più complesso di quello del petrolio e anche qui l'Isis non ha nè il personale, nè mezzi per sfruttare appieno il potenziale. Non di meno anche nel comparto gas il "Califfato" è riuscito a stringere rapporti sia con il regime sia con compagnie pubbliche.

Altri notevoli introiti vengono dai fosfati18 (dove incontra difficoltà data la necessità di tecnici specializzati e la non usabilità del fosfato allo stato grezzo), la produzione di cemento19 e le risorse agricole, in cui i ricavi vengono sia dalla vendita dei prodotti agricoli sia dalle tasse poste ai coltivatori20. Lo sfruttamento delle risorse agricole pone anche altre problematiche. Infatti si temono rischi per la sicurezza alimentare della popolazione e gli agricoltori subiscono danni di natura economica, poichè, commerciando direttamente con il "Califfato", sono costretti a vendere al prezzo più basso possibile.

Il comparto delle risorse naturali è stimato in decrescita per il 2016 principalmente a causa degli attacchi militari della coalizione internazionale. Ma l'Isis sfrutta anche quelle che si possono definire "risorse illegali", come l'estorsione, i rapimenti e l'imposizione di tasse che vanno a coprire le mancanze del settore delle risorse naturali. Esse sono aumentate nel biennio 2014/2015 con una stima al rialzo per il 2016. L'estorsione è diventata la prima fra le risorse illegali con un profitto di circa 800 milioni di dollari nel 2015 contro i soli 360 milioni del 2014. Essa è attuata attraverso diversi mezzi come le confische (principalmente case di alti ufficiali governativi emigrati o di minoranze etniche e religiose, i cui beni saccheggiati vengono venduti sul mercato locale), i contributi (ad esempio l'acqua e l'elettricità vengono tassate rispettivamente di 1,25 dollari e 2,5 dollari al mese per abitazione), le multe a seguito di ogni minima infrazione alle rigide regole imposte dalla legge della Sharia (ogni trasgressione è punita con multe dai 100 ai 500 dollari) e infine le tasse. Quest'ultimo 18 La produzione del 2015 ha subito un calo del 20% rispetto a quella del 2014 con introiti attorno ai 250 mlìoni di dollari e una stima al ribasso per il 2016, in Isis financing 2015, op. cit., p. 13.

19 Anch'essa al ribasso visto che nel 2014 Isis aveva il possesso di ben 5 impianit per un ricavo totale di 300 milioni di dollari diminuiti di 3 volte tanto nel 2015, Ibidem.

20 La sola produzione di cereali unita a quella del cotono ha fruttato 155 milioni di dollari nel 2015 di cui 20 derivanti dalle tasse imposte, Ivi, p. 14.

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caso è il più articolato, infatti il "Califfato" ha posto tasse in qualsiasi ambito, anche se le principali sono la zakat, la tassa religiosa, la tassazione sugli impiegati statali siriani e iracheni (che varia dal 10 al 50% del salario), le tasse doganali imposte su qualsiasi trasporto su gomma entrante in territorio Isis (tra i 400 e i 600 dollari a veicolo), la tassa sui prodotti agricoli (che può essere riscossa anche in prodotti naturali), la tassa su ogni attività economica e rendita (che arriva fino al 10%) e infine la tassa di protezione (la jizia) a carico delle minoranze religiose.

Seguono le altre attività criminali, come i rapimenti a scopo di riscatto soprattutto verso personale straniero o le comunità cristiane irachene21, il traffico illecito di beni culturali e altri traffici.

Anche un recente studio del centro di West Point per la lotta al terrorismo conferma una crescita della percentuale dei finanziamenti coperti dalle attività illecite: conseguentemente ai numerosi attacchi sulle aree occupate dall'Isis da parte della coalizione a guida statunitense, allo scopo di indebolire la produzione petrolifera in mano al gruppo, sembrerebbe che l'Isis per far fronte alle perdite abbia espanso ed intensificato le attività criminali fra cui le operazioni di traffico e di escavazione22. Estorsione, tassazione e i furti ai privati cittadini, rimangono una risorsa chiave per l'Isis anche se tali attività disorientano e fanno aumentare la rabbia nelle popolazioni locali governate dal "Califfato", facendo correre il rischio di fomentare ribellioni. Questo era già un problema affrontato da al-Qaeda, ma l'Isis sembra molto determinato ad evitare questi movimenti di rivolta (in arabo Sahwa, cioè il risveglio) specialmente nei territori di Raqqa e Mosul. Di conseguenza il gruppo ha aumentato l'impegno nel settore delle antichità poichè è impossibile da contrastare con metodi militari se non a rischio di distruzione intensiva e con l'altro scopo di mantenere la popolazione calma in quanto il settore offrire posti di lavoro23.

21 Su tale proprosito si rimanda al reportage di O. B. Belli, The Business of the Caliph, Zeit, 2014, (disponibile al sito http://www.zeit.de/feature/islamic-state-is-caliphate ) , che riporta le testimonianze delle comunità colpite e le loro esperienze.

22 J. Pipkins, Isil and the illicit antiquities trade, "International affair rewiev", vol. XXIV, 2016, p. 103, disponibile al sito

http://www.iar-gwu.org/sites/default/files/articlepdfs/IAR%202016%20-%2005%20ISIL%20and%20Antiquities%20-%20John%20Pipkins.pdf

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3.2 i territori occupati e l'ideologia dietro la distruzione dei beni culturali

Anche con una perdita territoriale stimata al massimo al 25%24 in un periodo di poco più di un anno, al maggio 2016 il territorio controllato dall'Isis è stimabile in 70.00025 km quadrati, abitati all'incirca da un popolazione di 8 milioni di persone, che include le provincie siriane di Aleppo, Raqqa, Deir ez-Zor, Homs, Hasakah e Damasco e le provincie irachene di Saladin, al-Anbar e Niniveh26. A questi territori va aggiunta la città libica di Sirte. Sotto riportiamo la cartina che illustra l'espansione e la dimensione dei territori in mano all'Isis al marzo 201627.

(Fonte: Isis financing 2015, Center of analysis of terrorism, 2016, p.6, disponibile al sito http://cat-int.org/wp-content/uploads/2016/06/ISIS-Financing-2015-Report.pdf )

Sotto al suo controllo vanta quindi migliaia di siti archeologici e numerosi patrimoni dell'umanità dell'Unesco. Nel solo Iraq l'Isis tiene sotto controllo più di 12000 siti archeologici databili dal 9000 a.C. in poi (tralasciando i siti non ancora scoperti e investigati28): una potenziale perdita per l'intera umanità.

24 Tra le perdite fore quella più importante è la zona di Palmira, conquistata nel maggio 2015 e persa nel marzo 2016, non solo per le sue ricchezze archeologiche ma perchè anche nel suo sottosuolo ci sono giacimenti ricchi di fosfati, in Isis financing 2015 , op. cit., p. 4.

25 La stima esatta è posta a 73.440 km quadrati aumntati dall'area di influenza, Si è calcolato che dal gennaio 2015 al marzo 2016 il "Califfato" abbia perso dal 25 al 22% del territorio, in C. Strack, op. cit., p. 4.

26 Isis financing 2015 , op. cit., p. 4. 27 Ivi, p. 28.

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Che l'Isis possa guadagnare ingenti somme dallo sfruttamento delle antichità e, anzi, che esso rappresenti la terza entrata per importanza, può sembrarci irreale considerando i numerosi video di distruzioni perpetrati dagli stessi militanti del "Califfato" nei confronti di siti archeologici, templi, cittadelle, fortezze e monasteri e altri luoghi di culto. Occorre considerare che l'Isis nella sua struttura di comando dispone di un vero e proprio "ministero della propaganda" e questi video, per il loro significato, sono paragonabili a quelli delle esecuzioni dei soldati: una sorta di biglietto da visita per impressionare e spaventare il resto del mondo e le popolazioni residenti nei territori da loro controllati. La distruzione e il saccheggio di aree archeologiche o di interesse culturale è arrivato per l'Unesco a livelli definibili industriali29, non solo per la quantità e il ritmo sostenuto a cui vengono distrutti i siti, ma anche per lo sfruttamento a cui vengono sottoposti: uno sfruttamento di tipo economico, e uno definibile emotivo. Tutto questo serve a cancellare e riscrivere la storia secondo i dettami della Sharia, o meglio dall'interpretazione ad essa data dal gruppo. La distruzione sistematica ha anche un altro aspetto, è conseguenza del fatto che il vendibile e trasportabile è già stato prelevato e non resta che cancellare il rimanente, ovviamente davanti alle telecamere.

Dietro la cancellazione di un sito si cela sempre un significato simbolico. Essa infatti, rappresenta un attacco all'idea occidentale di preservazione del patrimonio culturale come dovere verso l'umanità e le future generazioni e il legame tra mondo occidentale e paesi di appartenenza del patrimonio distrutto. Per comprendere meglio quale sia il pensiero dietro quello che a noi sembra un mero atto vandalico, usiamo le parole del Prof. C. Lippolis, che in una intervista ha espresso che

«L’ISIS, abbracciato dai gruppi di guerriglia dell’Iraq, rifacendosi alla matrice più integralista, quella salafita o wahabita dell’Islam (quello cosiddetto ‘puro’), vuole cancellare ogni forma di idolatria e tutte le immagini che distolgano dall’adorazione dell’unico Dio e definisce ‘età dell’ignoranza’, la jihadia, in quanto percepita come cronologicamente precedente al profeta Maometto. Accanto a questa causa prettamente religiosa esiste contemporaneamente un aspetto socio-politico, in quanto la distruzione di un patrimonio culturale, e quindi della storia, crea un fattore di destabilizzazione delle comunità e delle popolazioni e che fa loro da collante per costituire la loro identità di popolo. [...] Per noi occidentali la

Syrian Cultural Heritage: What We Know and What Can Be Done, 2015, disponibile al sito

http://www.state.gov/e/eb/rls/rm/2015/247610.htm

29 R. Shabi, Looted in Syria- and sold in London: the British antiquities shops dealing in artefacts smuggled by Isis, The Guardian, 2015, in A. Tilley, ISIS, Blood antiquities, and the International Black market, Policy briefing Human Security Centre, 2016, disponibile al sito http://www.hscentre.org/wp-content/uploads/2016/01/ISIS-antiquities-v1.pdf

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storia è un elemento che fa parte della nostra democrazia e libertà di pensiero, mentre per i militanti dell’ISIS è una minaccia. In questo modo colpiscono e vanno anche a minare l’aspetto di promozione della tutela e prevenzione del patrimonio culturale dell’umanità da parte dell’Occidente. I militanti dell’ISIS realizzano, infatti, azioni di grande impatto mediatico e a costo.relativamente basso, perché è sicuramente meno pericoloso far saltare in area un sito archeologico rispetto ad attaccare una base militare nemica perchè non si viene contrastati da nessuna forza armata. Esistono poi anche delle motivazioni di altro genere che si riferiscono all’aspetto economico dell’azione stessa, ma sta di fatto che è un fenomeno che l’Occidente non sa al momento come fronteggiare, e che ci lascia abbastanza disarmati»30.

Distruggendo la storia passata, l'Isis vuole cercare di scriverne un'altra nel tentativo di convincere il mondo intero della propria legittimità come "Califfato", e quindi stato, che richiede o la conversione o la morte. Inoltre la distruzione è simbolica e altamente pubblicizzata anche allo scopo di attrarre nuove reclute, come dimostrato dall'aumento di nuovi membri in concomitanza con l'uscita di video o immagini violente e forti31. La vera nota distintiva dell'Isis dagli altri gruppi è l'uso del social media, perfetti per lo scopo di fare propaganda e mostrare le loro azioni in tempo pressochè reale e a tutto il mondo, suscitando timore, paura, rabbia e altri sentimenti32. Tale tecnica era già stata adottata dai Talebani ma il "Califfato" è riuscito a raggiungere livelli molto alti grazie anche ai cospicui fondi che vengono investiti ogni anno a questo scopo.

L'esistenza di templi o luoghi religiosi che testimoniano la fede in altre divinità sono giudicati idolatria, pericolosi e per questo vanno distrutti. Il passato è considerato blasfemo e quindi la memoria e l'identità delle popolazioni del Medio Oriente vanno cancellate.

Nel conflitto siriano anche altre le fazioni combattenti come i governativi, l'opposizione e i gruppi curdi si avvalgono di crimini contro il patrimonio per finanziarsi. Allo stesso tempo essi condividono il pensiero diffuso di preservare il patrimonio siriano dai danni bellici e soprattutto dallo sfruttamento degli estremisti islamici, ed anzi spesso presentano all'interno formazioni destinate a proteggere i siti. Al contrario Isis, al-Nusra e altri gruppi islamici possono essere considerati come predatori del patrimonio poichè non hanno nessun pensiero di preservarlo; la loro è anche una guerra contro la diversità 30 M. C. Strappaveccia, Il genocidio culturale dell'Isis. Intervista a Carlo Lippolis sulla distruzione del patrimonio culturale e il mercato illecito, L'Indro.it, 2015, disponibile al sito http://www.lindro.it/il-genocidio-culturale-dellisis/

31 L.A. Amineddoleh, Cultural heritage vandalism and looting: the role of terrorist organizations, public institution and private collectors, in "Santander art and culture law review", n.2, 2015, p. 28, disponibile al sito https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2754843

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culturale33. Addirittura il "Califfato" ha un'apposita unità chiamata kata'ib taswiyya (letteralmente battaglioni di insediamento), che ha il preciso compito di selezionare i siti da distruggere34.

L'Isis quindi demolisce per pubblicizzarsi e per seguire precetti ideologici. Infatti, a differenza di al-Quaeda, l'ideologia che guida il "Califfato" ha per obiettivo un nemico vicino, cioè tutti gli altri musulmani non allineati e soprattutto le correnti sciite, le confraternite sufi e altre minoranze etniche e religiose. Il "Califfato" elimina ogni reperto storico considerato eretico secondo la propria ideologia riconducibile al wahabismo. e allo stesso tempo sfrutta le antichità come fonte di finanziamento, promuove apertamente il furto di patrimonio culturale alle fazioni ad esso opposte, impone il divieto ad istituzioni culturali e minoranze nei sui territori. Si può affermare, quindi, che riguardo al patrimonio il "Califfato" assuma una posizione ambigua: pubblicamente il suo operato viene iustificatocon il fine di cancellare tutti i simboli di politeismo, idolatria (in arabo Shirk) ed eresia (in arabo bid'ah) e quindi di puntare ad un Islam purificato. In realtà le distruzioni raramente interessano reperti facilmente trasportabili e che possono costituire un grosso introito per le proprie finanze35.

La distruzione operata è definibile come pulizia culturale se non come un vero e proprio genocidio culturale36, atto a cancellare la memoria collettiva del regime rovesciato, erodere l'identità culturale delle minoranze e dimostrare la supremazia dei nuovi governanti.

«The Islamic State does not want to aimlessly wreak havoc on its enemies. Nor does it want to break off from an established country in order to enjoy a sedentary lifestyle within the confines of a sovereign nation.They aim to expand. For the sake of efficiency, ISIS understands the world as Dar al-Harb, or non-Muslim lands of the enemy; and Dar as-Salam, those considered non-Muslim lands (which may or may not also contain the enemy). ISIS leadership uses offensive jihad to achieve some version of Dar as-Salam in hopes of hastening Armageddon and the establishment of a worldwide caliphate, in accordance with its understanding of Koranic instruction»37.

Secondo la loro interpretazione del Corano, spesso le civiltà antiche rappresentano 33 M. D. Danti, op.cit., p. 3,

34 D. MacEoin, The destruction of the middle east, gatestoneinstitute.com, 2014, disponibile al sito

https://www.gatestoneinstitute.org/4973/destruction-middle-east-antiquities

35 M. Danti, op. cit., p. 5

36 L'UNESCO ha questo proposito ha parlato di genocidio culturale e ha lanciato la campagna #Unite4heritage.

37 D. Grantham, ISIS and the Antiquities Trade – Looting to Sustain Terrorism, insidesources. com, 2016,

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società di non credenti e ciò che rimane di esse, sono il segno della punizione che Allah riserva a quelli che rigettano la sua verità38.

Le distruzioni effettuate sono numerose e hanno colpito siti antichi, chiese e moschee (principalmente riconducibili alla corrente sciita) e templi, siti medioevali come anche biblioteche ed archivi. Nel solo Iraq, nel periodo di tempo tra la caduta di Mosul nel giugno 2014 e il febbraio 2015, i militanti del "Califfato" hanno demolito almeno 28 siti. Tra le aree colpite più gravemente emergono oltre a Palmira in Siria Nimrud, una città assira databile al XIII sec a.C. e Hatra. città selucide del III-II sec a.C. Nell'area di Mosul sono state demolite le tombe dei profeti Daniele, Giona e il tempio di Imam wn al-din databile al XIII secolo, una delle poche strutture salvatesi dalle orde mongole. La devastazione è arrivata anche all'interno del museo di Mosul dove erano custoditi numerosi reperti provenienti da Hatra. Quando è stato rilasciato il video dello scempio perpetrato dentro le sale museali, molti hanno ipotizzato che si trattasse repliche in plastica e che molti reperti originali fossero state rubati per la vendita39, danche se a detta del direttore del museo la distruzione avrebbe riguardato proprio i reperti originali40. A Palmira sono state distrutte due tombe appartenenti a un santo di ideologia sciita e di un altro appartenete al moviemnto Sufi, entrambe considerate come forme di idolatria41. Sempre per lo stesso motivo a Palmira è stato distrutto il tempio di Baalshamin per mezzo di cariche esplosive piazzate lungo il perimetro, ed è stato danneggiato il tempio di Baal nel giugno 2015. Questo, contrariamente a quanto annunciato da un leader del "Califfato" che in occasione della presa del sito archeologico nel maggio 2015, aveva dichiarato che le rovine romane non sarebbero state danneggiate42. É opinione comune, tuttavia, che la grande copertura mediatica del danneggiamento della città siriana fosse una copertura per celare il contemporaneo furto dei reperti e che le antichità così prese fossero tenute in deposito in attesa di una vendita futura43, poichè tali reperti sul mercato avrebbero raggiunto valori maggiori data la 38 J. Tribble, Antiquities trafficking and terrorism: where cultural wealth, political violence, and criminal

networks intersect, p. 13, disponibile al sito

http://www.miis.edu/media/view/37908/original/illicit_antiquities_networks_final_1.pdf

39 Y. J. Fanusie and A. Joffe, op. cit., p. 12.

40 Isil destroyed original artifacts not copies, sputniknews.com, 2015, disponibile al sito

https://sputniknews.com/middleeast/201503121019414970/

41 S. Almukhtar, The Strategy Behind the Islamic State’s Destruction of Ancient Sites, nytimes.com, 2016, disponibile al sito http://www.nytimes.com/interactive/2015/06/29/world/middleeast/isis-historic-sites-control.html?_r=1

42 Ibidem.

43 S. A. Hardy, Palmyra: Looting Under the Rebels, the Assad Regime, and the Islamic State?, Conflict Antiquities blog, 2015, disponibile al sito https://conflictantiquities.wordpress.com/2015/07/03/palmyra-looting-rebels-regime-islamic-state-propaganda/

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cancellazione del sito di appartenenza.

Qui si delinea un aspetto interessante: la sola notizia della prossima distruzione di un sito archeologico e l'intervallo di tempo tra l'annuncio e la sua effettiva distruzione, debitamente poi registrata, costituirebbe una strategia atta a far alzare i prezzi del mercato degli eventuali beni culturali salvati. In altre parole si darebbe il tempo ai possibili acquirenti (collezionisti, case d'asta o musei) di documentarsi sulle antichità disponibili per far crescere sia domanda sia prezzi.

3.3 quanto guadagna l'Isis con le antichità e come è strutturato il comparto antichità Il CAT ha stimato per l'Isis un introito totale di circa 2.400 milioni di dollari nel solo 2015, un ricavo originato da tutte le risorse sfruttate dal gruppo44. A differenza delle organizzazioni di precedente formazione basate sulla jihad, come al-Qaeda o Hezbollah, il "Califfato" ricava fondi da i suoi territori riuscendo a coprire l'importo, stimato a centinaia di milioni di dollari, per i salari annuali di tutti i suoi militanti45. Come già precedentemente accennato, il traffico illecito è una delle prime fonti di finaziamento per il gruppo terroristico. Per quanto nel 2014 ci sia stata un'inchiesta di giornalisti tedeschi dichiarante che non ha portato a trovare le prove di un coinvolgimento del "Califfato" nel traffico illecito di antichità46, la comunità internazionale è accumunata nel condividere la convinzione opposta: l'Isis è ampiamente coinvolto nel traffico che costituisce uno dei maggiori finanziamenti per il gruppo terroristico47. Dati certi, tuttavia, non sono disponibili e i vari studi che affrontano l'argomento non sono fra loro concordi nelle cifra esatte (dai 36 millioni di dollari nel solo 2015 all'ipotesi del 30-50% del ricavo totale di 2 miliardi di dollari)48. 44 Anche se i ricavi del 2016 sono stimati a quasi 2.900 milioni di dollari, in Isis financing 2015 , op. cit., p. 20.

45 M.Gidda, Isis is facing a cash crunch in the caliphate, in Y. J. Fanusie and A. Joffe, op. cit., p. 2. 46 Ci riferiamo all'articolo the business of the Caliph pubblicato sul zeit online nel dicembre 2014 (http://www.zeit.de/feature/islamic-state-is-caliphate ) dove vengono riportate testimonianze delle varie attività illecite dell'Isis ma tra cui non compare il traffico illecito di antichità. Sul tema, si rimanda all'articolo di D. Fincham, On chasing the looting/terror connection, 2014, disponibile al sito

http://illicitculturalproperty.com/on-chasing-the-lootingterror-connection /

47 Anzi il non coinvolgimento sarebbe di gran sorpresa visto che il traffico di reperti è il terzo più grande traffico criminale al mondo e il "Califfato" occupa una regione con cosi tanta storia, culture, popolazioni e antichità fra le più antiche e le più valutabili, in R. Howard, M. Elliot, J. Prokhov, Digging In and Trafficking Out: How the Destruction of Cultural Heritage Funds Terrorism, "ctc sentinel", vol. 8, 2015, p. 14, disponibile al sito https://www.ctc.usma.edu/posts/digging-in-and-trafficking-out-how-the-destruction-of-cultural-heritage-funds-terrorism

48 R. Abhyankar, Syrian ‘Blood Antiquities’ Proliferate Urgent Need for an International Agreement, The Huffington Post, 2014 , in Ibidem.

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Certo è che il ricavo proveniente dal traffico delle antichità, per i diversi autori, raggiunge diversi milioni all'anno49. Una cifra che dovrebbe allarmare quelli che pensano che la questione sia solo di importanza storico-culturale. In realtà il problema tocca e riguarda in primo piano anche il livello della sicurezza internazionale ed interna dei vari paesi, soprattutto occidentali. Come bene descrive D. Grantham50, il ricavato dal traffico illecito, da solo, può coprire i costi di molteplici attacchi terroristici. La sua tesi è basata su quanto potesse costare ad al-Qaeda un attentato in territori medio orientali. Il costo, in media, si aggirava all'incirca sui 30.000 dollari. A ciò, viene aggiunta l'ulteriore ipotesi che l'Isis dal 2012 ad oggi, con il solo traffico di opere d'arte, abbia guadaganato attorno i 36 milioni di dollari. Prendendo per riferimento tale cifra, si può affermare che da solo tale profitto potrebbe finanziare tre attacchi al giorno per un anno intero. Certo gli atti terroristici al di fuori dei territori vicini, come possono essere gli attacchi in Usa o in Europa, avranno importi maggiori. Per esempio, i costi dell'11 settembre sono stati calcolati essere attorno i 400-500 mila dollari, ma con il ricavato sopra descritto si potrebbero organizzare altri 72 attacchi pari all'attacco al World Trade center51. In più, tali ipotetici attacchi ucciderebbero centinaia di migliaia di persone e i costi di perdite e risanamento ammonterebbero a centinaia di miliardi di dollari52. Invece l'attacco del 13

novembre 2015 a Parigi è stato stimato essere costato attorno ai 20.000 dollari53. Le cifre finora descritte sono di gran lunga minori di quanto la vendita di beni illeciti farebbe guadagnare in un singolo giorno. Infatti una unica statua di provenienza siriana, sul mercato può arrivare a valere anche un milione di dollari americani, abbastanza per acquistare migliaia tra armi e munizioni. Ad esempio con la somma ipotizzata si può avere accesso a più di 11.600 AK-47 e due milioni e mezzo di proiettili o 1.250 lancia 49 «Iraqi intelligence claim that Islamic State alone has collected as much as $36 million from the sales of artifacts, some of them thousands of years old. The accounts data have not been released for verification but, whatever the exact number is, the sale of conflict antiquities to fund military and paramilitary activity is real and systematic» in S. A. Hardy, How the West buys ‘conflict antiquities’ from Iraq and Syria (and funds terror), Reuters, 2014, disponibile al sito http://blogs.reuters.com/great-debate/2014/10/27/how-the-west-buys-conflict-antiquities-from-iraq-and-syria-and-funds-terror/ . «The British intelligence official observed [...] ‘[t]here was no state actor at all behind them….They don’t need one.‘ [...] ISIL alone are shifting unimaginable quantities of material – antiquities with a market value of up to $1.44b-$3.6b, or at least $81m-$800m, from al-Nabuk alone – or they are late middlemen (and the $36m is a larger proportion of the final sale price), or more mundane criminal activities form a larger proportion of the paramilitary group’s income» in S. A. Hardy, Iraq/Syria: ISIL/ISIS fundraising by antiquities trafficking, Conflict antiquities blog, 2014, disponibile al sito https://conflictantiquities.wordpress.com/2014/06/16/iraq-syria-isil-isis-antiquities-trafficking-fundraising/

50 D. Grantham, Shutting down..., p. 2. 51 Ibidem.

52 D. Grantham, ISIS and the Antiquities..., op.cit.

53 Anche se in D. Lehr, T. Davis, looted art helps fund jihadists in Europe, the antiquities coalition.org, 2016, disponibile al sito https://theantiquitiescoalition.org/ac-news/looted-art-helps-fund-jihadists-in-europe/ , stima solo 10000 dollari.

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razzi e 5.000 colpi di mortaio54. Si comprende quindi la necessità di dare al problema un attenzione maggiore, visti anche i recenti casi di attentati.

L'organizzazione e la gestione del traffico illecito di antichità, come di seguito si descrive, nell'Isis ha raggiunto caratteri di gerarchia, burocrazia e precisione. La maggior parte delle informazioni in nostro possesso, ad oggi, su tale struttura la dobbiamo ad una operazione militare. Il 16 maggio del 2015 si è svolto il raid statunitense verso il covo del leader Isis Abu Sayyaf, in comando al dipartimento risorse naturali che comprende petrolio, gas e antichità55. Durante il raid sono state recuperati numerosi manoscritti, monete, artefatti e antichità varie, ma gli oggetti più preziosi si sono rivelati essere i record e i file dettagliati delle operazioni di saccheggio condotte dall'Isis. Sono stati ritrovati una varietà infinita di documenti, dagli organigrammi dell'organizzazione delle operazioni, a memorandum, a grafici fino alle ricevute per la vendita degli oggetti. Grazie all'analisi della documentazione ritrovata, effettuata da Keller, si è potuto ricostruire il funzionamento del cosidetto "reparto antichità". Il grafico sotto riporta l'organizzazione interna di quest'ultimo, strutturato in maniera gerarchica. Le antichità sono poste sotto la diretta autorità del Diwan delle risorse naturali, incontrato già nel precedente paragrafo, paragonabile a un ministero. Il reparto è distinto tra i "governatorati" occidentali e quelli orientali, che supervisionano tutte le fasi del traffico. Si può affermare, quindi, che una organizzazione così ben strutturata formi un ulteriore prova di quanto le antichità illecite costituiscano una delle principali fonti di finanziamento. .

54 D. Lehr, Blood Antiquities, theantiquitiescoalition.org, disponibile al sito

https://theantiquitiescoalition.org/ac-news/blood-antiquities/

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(Fonte: J.Pipkins, Isil and the illicit antiquities trade, "International affair rewiev", vol. XXIV, 2016, p. 109, disponibile al sito http://www.iar-gwu.org/sites/default/files/articlepdfs/IAR%202016%20-%2005%20ISIL%20and%20Antiquities%20-%20John%20Pipkins.pdf)

Il "Califfato" quindi, quasi come un regista, controlla e regola ogni fase del traffico: dalla ricerca e indagine sui siti conosciuti, all'esplorazione e all'identificazione di nuovi siti, all'escavazione vera e propria fino agli aspetti finali dell'amministrazione e del marketing. Quest'ultima attività fornisce la prova che l'Isis non ricorre sempre a venditori terzi, ma che si occupi direttamente delle vendite degli oggetti, molte volte usando il web e i social come possono essere Ebay o Facebook e non solamente siti di Deep web. Tra i documenti ritrovati c'erano anche numerose ricevute come quella (debitamente tradotta in inglese) dell'immagine qua sotto.

(Fonte: A. Keller, Documenting ISIL's Antiquities Trafficking: The Looting and Destruction of Iraqi and Syrian Cultural Heritage: What We Know and What Can Be Done, 2015, disponibile al sito

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La ricevuta è datata 11 dicembre 2014 e rappresenta uno dei tanti esempi di khums, cioè la tassa che l'Isis impone ai singoli saccheggiatori di antichità. La khums, come meglio descritta in seguito, costituisce uno dei metodi indiretti di profitto usati nel meccanismo di traffico illecito. Le ricevute ritrovate si sono poi rivelate molto utili per stimare più precisamente quanto il gruppo riesca a guadagnare con una singola operazione. Nella ricevuta riportata nell'immagine, la somma indicata è di 2.152.000 lire siriane, equivalenti all'incirca a 9.000 euro. L'importo rappresenta un quinto del valore delle attività di commercio illecito del solo governatorato di Al Khayr56. Nel suo articolo Keller porta ad esempio solo tre ricevute che coprono il periodo 6-15 dicembre 2014 per un totale di 5.303.560 di lire siriane pari a circa 22.150 euro, ma le ricevute trovate vanno a coprire un periodo che va dal 6 dicembre 2014 al 26 marzo 2015 per un totale di più di 265.000 dollari. Considerando che si tratta di tasse, si può ipotizzare che il totale delle vendite raggiunga, all'incira, 1.25 millioni di dollari.57. Occorre poi

aggiungere che le cifre si riferiscono a una sola provincia. Si può quindi stimare che i profitti delle diverse province in mano all'Isis dal 2012, sommati ai ricavi delle attività dirette di scavo e di vendita dei reperti, portino a ricavi generali annui davvero ingenti. Nel raid, infine, è stata trovata una terza tipologia di documentazione, riportata nelle immagini sotto (a sinistra la riproduzione della ricevuta originale e a destra la traduzione in inglese).

(Fonte: A. Keller, Documenting ISIL's Antiquities Trafficking: The Looting and Destruction of Iraqi and Syrian Cultural Heritage: What We Know and What Can Be Done, 2015, disponibile al sito

56 Ibidem. 57 Ibidem.

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http://www.state.gov/e/eb/rls/rm/2015/247610.htm )

Si tratta di una concessione, dalla durata di 16 mesi, per tre persone (di cui il nome è oscurato), datata il 16 ottobre 2014, per poter scavare e gestire i siti di Ayyash e di Handan. Anche questo esempio ribadisce la rigida organizzazione dietro il comparto antichità e ancora una volta mostra l'estrema importanza del settore. Una nota datata il 13 settembre 2014 riportante l'ordine amministrativo numero 5 (anch'essa recuperata durante il raid del 16 maggio 2015), esemplifica la rigida struttura del comparto. Come scritto nel documento (riportato nell'immagine sotto), è severamente vietato a

(Fonte: A. Keller, Documenting ISIL's Antiquities Trafficking: The Looting and Destruction of Iraqi and Syrian Cultural Heritage: What We Know and What Can Be Done, 2015, disponibile al sito

http://www.state.gov/e/eb/rls/rm/2015/247610.htm )

«ogni fratello [...] di scavare antichità o concedere il permesso a qualsiasi individuo senza avere ricevuto un permesso stampato rilasciato dal Diwan delle risorse naturali, divisione antichità. Ogni precedente assegnazione o permesso è da considerare nullo chiunque sia il concessore, il possessore di tale permesso deve presentarsi al Diwan delle risorse naturali, divisione antichità per ottenere una sostituzione. Chiunque sia trovato a violare tale ordine, dalla data di emanazione, è considerato disobbediente e è soggetto alle penalità ai sensi dei tribunali islamici»58.

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Da questo si evince come le azioni in autonomia siano vietate, pena punizioni dettate dalle corti islamiche, e come il "Califfato" si sia è riuscito ad imporre su un fenomeno presente già da anni nei territori controllati.

Se prendiamo in considerazione solamente i territori siriani, dall'inizio del conflitto nel 2011, si assiste a una considerevole evoluzione nella gestione dell'attività illecita. La locale attività di scavo è passata rapidamente sempre più sotto il controllo diretto dell'Isis che ha affinato le tecniche per sfruttare a pieno l'attività, creando di fatto diversi sistemi di guadagni. Di questi sono state individuate almeno cinque metodologie diverse con cui ricavare profitti: le licenze, la tassazione, il furto, lo scavo illecito diretto e la vendita diretta. Le licenze normalmente sono concesse dietro pagamento, ma in certi casi si possono ottenere a titolo gratuito. Come il caso di un uomo che data la sua vicinanza al sito archeologico di Mari sulla riva dell'Eufrate ha avuto la licenza di scavo gratuitamente ma dietro la promessa di consegnare il 60% dei ricavi al Diwan59.

La tassa tipicamente usata dall'Isis per le antichità è la cosidetta khums costituita da una

percentuale sul valore del bene. La parola in arabo significa “quinto”, ma può arrivare anche al 50% del valore60. La khums è un concetto esplicito nel Corano («Sappiate che del bottino che conquisterete, un quinto appartiene ad Allah e al Suo Messaggero [...]»(chapter 8:41))61, ed è stata poi conseguentemente elaborata nella tradizione orale hadith e nella scuola tradizionale Sunnita62. Altre forme di tassazione si possono trovare nelle varie testimonianze che provengono da Raqqa, considerata da molti la capitale del "Califfato". Qui, ispettori dell'Isis supervisionano gli scavi, distruggendo le figure umane ritrovate, tacciate di idolatria. Dietro però pagamento di una percentuale sul valore, il reperto può evitare la distruzione e raggiungere il mercato illecito63. Altri report ancora dimostrano come il gruppo investa in nuovi mezzi tecnologici quali metal detector da dare ai locali per implementare la loro attività di scavo, e, soprattutto, per

59 Al-Rikaz, Department of ISIS Licenses Excavation Works in Exchange for Monetary Percentage, Association for the Protection of Syrian Archaeology, 2015, in Y. J. Fanusie and A. Joffe, op. cit., p. 11. 60 A. al-Azm, Salam al-Kuntar, & Brian Daniels, ISIS’ Antiquities Sideline, The New York Times, 2014, disponibile al sito http://www.nytimes.com/2014/09/03/opinion/isis-antiquities-sideline.html?_r=0 61 S. A. Hardy, Khums: An Un-Islamic Tax for an Islamic Antiquities Market, Conflict Antiquities, 2014, disponibile al sito https://conflictantiquities.wordpress.com/2014/08/17/syria-iraq-islamic-antiquities-trafficking-tax/

62 Ibidem. Il concetto di khums come bottino di guerra è stato adottato dai miliziani Isis anche nel riguardo di donne e ragazze non musulmane ridotte in schiavitù. Su tale argomento si consiglia l'articolo di K. Roth, Slavery: The ISIS Rules, Human Rights Watch, 2015, disponibile al sito

https://www.hrw.org/news/2015/09/05/slavery-isis-rules

63 S. Cox, The men who smuggle the loot that funds IS, BBC news, 2015, disponibile al sito http://www.bbc.com/news/magazine-31485439

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chiedere una più alta percentuale per la concessione dell'attrezzatura64.

L'Isis ha infine regolamenti che regolano i profitti del mercato nero e un'agenzia preposta a vigilare a questo, situata a Manjij in Siria65. Ciò che risulta difficile è porre una distinzione fra i reperti illeciti provenienti da licenze concesse o tassati e facilitati dal "Califfato" e quelli recuperati da un attività diretta del gruppo. Troviamo molte testimonianze che riportano un attività di direzione e di scavo, e certe testimoniano che nei siti cittadini, come ad esempio Nimrud, si è trafugato prima di distruggere66. Il dubbio che sorge spontaneo è se l'attività di sottrazione di tali reperti sia destinata a una vendita futura o, piuttosto, risponda a precise richieste da parte di collezionisti. Dai dati che risultano disponibili, la seconda ipotesi sembrerebbe la più probabile67. Il che porta anche alla constatazione del fatto che l'Isis non lavori isolato ma che sia affiancato da individui con conoscenze ed esperienze archeologiche. Resta da stabilire se volontariamente o sotto costrizione68. Occorre ricordare, come già descritto nel capitolo precedente, che il trafugamento di antichità è un fenomeno presente da secoli, effettuato quasi alla stregua di un lavoro stagionale per guadagnare profitti extra. A questi bisogna aggiungere gli individui che lavorando nelle spedizioni archeologiche internazionali hanno acquisito alte competenze tecniche. A causa dell'instabilità e della coflittualità delle zone sotto controllo dell'Isis, le spedizioni archeologiche o di studio internazionale si sono fermate e questi individui sono rimasti senza lavoro: di conseguenza o si fanno assegnare un permesso di scavo o lavorano alle loro strette dipendenze.

3.4 dopo il saccheggio: il trasporto via Libano e Turchia e i mercati occidentali

Nel febbraio 2015 S.Cox realizzò per la BBC un interessante reportage69 sul "viaggio" intrapreso dai reperti trafugati illegalmente verso i mercati di vendita. Ai fini dello studio qui intrapreso, inchieste come questa si dimostrano molto importanti perchè forniscono molti dati per quanto riguarda zone in cui è difficile avere stime o studi ufficiali. Il reportage descriveva i diversi passaggi e trasporti a cui sono sottoposti i beni 64 Y. J. Fanusie and A. Joffe, op. cit., p. 11.

65 L.A. Amineddoleh, op cit., p.40.

66 Tra i tanti articoli ricordiamo ISIS Extremists Bulldoze Ancient Assyrian Site Near Mosul, The Guardian, March, 2015, disponibile al sito http://www.theguardian.com/world/2015/mar/05/islamic-state-isis-extremists-bulldoze-ancient-nimrud-site-mosul-iraq

67 Per meglio comprendere il fenomeno del cosidetto looting to order, si rimanda a S. A. Hardy, Is Looting-to-Order ‘Just a Myth’? Open-Source Analysis of Theft-to-Order of Cultural Property, Cogent Social Sciences, 2015, pp. 1-22, disponibile al sito http://dx.doi.org/10.1080/23311886.2015.1087110 68 Y. J. Fanusie and A. Joffe, op. cit., p. 13.

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per arrivare ai mercati occidentali o alle ricche monarchie del Golfo, passando per Libano e Turchia. Dopo molte difficoltà e vari tentativi, il giornalista britannico riuscì a mettersi in contatto con un intermediario, chiamato Mohammed. Quest'ultimo, originario di Damasco, si trasferì nella valle della Bekaa, al confine tra Siria e Libano, per meglio seguirne i commerci. L'incontro tra i due avvenne in un appartamento nel centro di Beirut, e la prima cosa che colpì il reporter fu la giovane età del suo interlocutore, appena 21 anni. Nonostante il dato anagrafico egli dimostrò subito una grande esperienza: infatti confessò di lavorare con tre amici nella zona di Aleppo, spostandosi però spesso sul confine con il Libano, attraverso l'uso di taxi. Mohammed dichiarò inoltre di essere specializzato in oggetti di piccola dimensione, come gioielli o statuette, data la loro facilità nel trasporto. L'attività però era diventata molto rischiosa, perchè se fermati dalle forze dell'ordine, si veniva immediatamente accusati di far parte dell'Isis e le punizioni erano molto severe. Nonostante i rischi, i profitti erano sostanziosi anche se i trafficanti con migliori connessioni arrivavano a ricavare cifre da 500.000 a un milione di dollari a reperto. Mohamed confermò il ruolo da regista del "Califfato" su tutto il traffico di antichità, dichiarando che individui appartenenti al gruppo rubavano direttamente anche dai musei, soprattutto quello di Aleppo, e che questi avevano anche la possibilità di spedire direttamente le antichità oltreoceano, grazie alle loro conoscenze nelle organizzazioni criminali.

Cox ha proseguito, poi, la sua indagine mettendosi in contatto via Skype con un altro intermediario, Ahmed, che operava da una città meridionale della Turchia, non specificata. Grazie alla sua nazionalità, Ahmed ha avuto molto successo con i saccheggiatori siriani, che spesso lo interpellavano per spostare i reperti sui mercati locali turchi. Al giornalista britannico ha mostrato una grande varietà di reperti, tutti provenienti dalla Siria o da Raqqa o altri territori dell'Isis, trafugati negli ultimi mesi. La maggioranza dei reperti era costituita da statue, oggetti lapidei e in oro. I prezzi, elevati, arrivavano fino a 1 milione e 100.000 dollari per un oggetto databile intorno al 8500 a.C.. Tutti i reperti avevano come unica destinazione l'Europa occidentale, anzi spesso i compratori europei giungevano direttamente in Turchia per comprare le antichità e riportarle nei propri paesi, dove qui venivano vendute ai collezionisti. Anch'egli ha confermato il ruolo delll'Isis nel controllo del traffico e anche la loro abitudine di imporre tasse su ogni aspetto componente il traffico: dai permessi di scavo alla percentuale da pagare su ogni reperto ritrovato. Ahmed continuò il suo racconto, rivelando che ogni scavo era eseguito sotto la presenza di un ispettore del "Califfato", lì

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per distruggere ogni oggetto raffugurante figure umane, perchè accusati di idolatria. Tuttavia, molti reperti riescivano a salvarsi dalla distruzione e arrivano ugualmente sul mercato nero (e ciò confermerebbe gli episodi documentati a Raqqa descritti nei paragrafi precedenti).

La terza persona con cui Cox è entrato in contatto è un commerciante d'arte di Beirut. Questi era proprietario di un negozio di antichità nel centro cittadino, delle quali sosteneva la falsità, ma in confidenza dichiarava di avere a disposizione reperti ellenici e bizantini. Cox gli chiese se avesse mosaici e la risposta fu affermativa, oltretutto disse di avere la possibilità di procurarsene con vari motivi, geometrici, floreali etc., a seconda delle preferenze. Il trasporto di essi sarebbe stato legale solo con la documentazione di un museo che autorizzasse il movimento dell'oggetto stesso. Tuttavia, aggiunse il commerciante, in caso di un mosaico di piccole dimensioni, esisteva la possibilità di trafugarlo confondendolo con i propri effetti personali, anche se ciò presentava molti rischi. Esisteva inoltre la possibilità di farsi spedire il reperto direttamente in Gran Bretagna, anche se l'operazione sarebbe arrivata a costare diverse migliaia di sterline.

Il reportage si chiudeva con l'intervista a Nicholas Saad, ufficiale della polizia libanese. Esso descriveva come al confine libanese, dove si concentravano i profughi siriani, questi venissero cooptati e sfruttati dalle gang dei saccheggiatori. Spesso i profughi si ritrovavano a collaborare involontariamente, visto che i reperti venivano inseriti e nascosti nei pochi averi con cui viaggiavano. Con questo sistema le antichità riuscivano, e riescono tutt'oggi, a passare facilemente il confine. Il Libano è solo un paese di transito, la destinazione finale è costituita dai paesi occidentali. Certi reperti, però, riescono ad essere intercettati e, in attesa di tornare in Siria, sono depositati presso il caveau del museo nazionale di Beirut. La maggior parte di questi provengono da escavazioni clandestine, mentre quelle provenienti dai musei per lo più sono reperti non catalogati, sottratti specificatamente con la convinzione di poterli vendere più facilmente ed velocemente.

Altra fonte piena di dettagli sul traffico illecito nell'area mediorientale è il reportage di C. Ward realizzato per la CBS, alla fine del 201570 . Fingendosi un potenziale compratore, interessato alle antichità orientali, la giornalista è entrata in contatto con l' intermediario Omar, un siriano residente in Turchia. Anche in questa situazione si ripete 70 C. Ward, Following the trail of Syria's looted histrory, CBS news, 2015, disponibile al sito

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l'invio di immagini di numerosi reperti tra le quali monete, statuette e persino libri miniati. Dopo un attenta analisi da parte di esperti, tuttavia, gli oggetti in foto si sono rivelati un misto di reperti veri e falsi. Intanto Omar via Whatsapp, aveva mandato loro anche la foto di un mosaico, riferendo che è era stato rimosso recentemente da un sito archeologico siriano . A questo punto la giornalista si accorda per incontrare l'uomo ad Istanbul, accompagnata dall' archeologo Amr al-Azm e con telecamere nascoste per registrare l'incontro. L'appuntamento è dato presso un'appartamento nella periferia della città turca dove Omar e un suo complice tengono il mosaico: di manifattura romana, risalente a quasi 2000 anni fa, prelavato recentemente dalla città di Apamea71, uno dei maggiori siti archeologici siriani, insieme ad altri sei mosaici. I due siriani, poi, portarono la giornalista in un camioncino dove le mostrarono dei bicchieri presi da una tomba romana. Subito dopo si inziò a trattare: 200.000 dollari il prezzo di partenza per il mosaico, anche se rapidamente si passò a soli 60.000 dollari. I due coscenti del rischio di detenere reperti per lungo tempo, avevano intenzione di liberarsene il prima possibile. Il commercio in antichità illecite presenta molti rischi, ma il conflitto siriano non ha lasciato molte alternative. Questo è ciò che le confida Abu Walid, un ricettatore che la Ward ha incontrato a Gaziantep, una cittadina turca vicino al confine siriano. La scelta è tra combattere o rubare: per mantenere la famiglia non resta che trafficare in reperti antichi o altrimenti entrare in un gruppo armato72. Anche Abu Walid conferma il ruolo dell'Isis dietro al traffico di reperti siriani. Essi concedono, dietro pagamento, licenze per gli scavi, tenendosi il 20% su ogni reperto trovato. Ma la percentuale può salire a 40-50% se il reperto è stato trovato con equipaggiamento di proprietà del "Califfato". Come conferma il Colonello M. Bogdanos73 del corpo statunitense dei Marine, il traffico è altamente ramificato partendo dal saccheggiatore per arrivare ai compratori dei reperti che si dividono nelle quattro destinazioni principali e cioè New York, Londra, Parigi e Tokyo.

Insomma, analizzando le varie inchieste giornalistiche, il primo fattore che salta agli occhi è che anche in Medio Oriente viene rispettato il modello a quattro stadi, analizzato nel capitolo precedente. Inoltre, notiamo che gli individui operanti sia nel primo che nel secondo livello, quindi saccheggiatori o intermediari di primo livello, sono nella grande maggioranza giovani ragazzi che scelgono il traffico illecito invece di servire nelle 71 La reporter nell'articolo dichiara come sia bastata una semplice visione satellitare della zona di

Apamea per vedere le buche lasciate dai saccheggiatori nel sito. Ibidem. 72 Ibidem.

73 Il colonnello Bogdanos nel 2003 si occupò delle indagini sul saccheggio del museo archeologico iracheno di Bagdad e adesso ricopre negli Usa il ruolo di procuratore nei casi di traffico di antichità.

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milizie dell'Isis. Le testimonianze riportate in esse, poi, confermano il ruolo da attore principale del "Califfato" nel traffico di beni culturali, soprattutto quelli provenienti dalla Siria. Conferme si hanno anche per quanto riguarda i mercati di destinazione, cioè l'Europa occidentale e i ricchi paesi del Golfo, e i paesi di transito o smistamento, primi fra tutti Libano e Turchia. Lo spostamento delle antichità trafugate da un paese all'altro è indubbiamente facilitato dai conflitti presenti nell'area che rendono i confini nazionali meno controllati. Come visto nell'articolo di Cox,inoltre, esso si avvantaggia del flusso dei rifugiati verso paesi più sicuri.

Il traffico illecito si avvale però anche di rotte usate e consolidate già da secoli, che passano attraverso la Giordania, la Turchia e il Libano. Le città turche di confine di Antakya, Gaziantep, Mardin e Urfa sono riconosciute come importanti hub per la vendità di antichità, soprattutto di origine siriane, principalmente provenienti da Apamea e Dura Europos. In Libano invece la rotta passa dalla valle della Bekaa, anch'essa posta al confine con la Siria.

Anche i ritrovamenti di reperti nei paesi di transito o di destinazione ci forniscono dati interessanti per ricostruire il funzionamento del traffico illecito in Medio Oriente. Ad esempio, meno di due anni fa, la polizia giordana ha ritrovato dei reperti illegali grazie a una soffiata. L'informazione suggeriva che un individuo di nazionalità araba stesse accumulando antichità saccheggiate in un appartamento nel nord della città di Ramtha. Eseguita una perquisizione dell'abitazione, l'ufficio stampa della polizia giordana ha ammesso di aver trovato un grosso quantitativo di reperti illegali mentre il sospettato era un cittadino siriano, proveniente dalla città meridionale di Daraa. Esso era già noto alle autorità, essendo sospettato essere un trafficante. Questo usava l'appartamento come punto di transito per numerosi oggetti trafugati dalla Siria e fatti passare il confine con la Giordania nella regione di Amman74.

Ma ritrovamneti simili sono stati effettuati anche in Europa. Recentemente, ad esempio, all'aereoporto francese di Roissy-Charles de Gaulle sono stati individuati e fermati due bassorielievi siriani in marmo riconducibili al XIV-XVI secolo dal valore di almeno 250.000 euro. Si trovavano dentro una cassa proveniente dal Libano e dovevano raggiungere l'Asia. L'attenzione dei doganieri, però, è stata catturata dalla bolla di accompagnamento che riportava la dicitura di "pietre ornamentali da giardino", e dal peso del contenitore, ben 108 chili. Interpellati gli esperti del Louvre, i bassorilievi sono 74 T. Luck, Police seize large cache of syrian artefacts, cultureindevelopment.nl, 2013, disponibile al sito

http://www.cultureindevelopment.nl/Culture_in_Development/News/Common_News/1755/Police_seize_l arge_cache_of_Syrian_artefacts

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