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Capitolo 1 Introduzione

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Capitolo 1 Introduzione

La ricerca di materiali biocompatibili ha portato la comunità scientifica, negli ultimi anni, a rivalutare una classe di macromolecole che è stata sempre misteriosa e al contempo affascinante, per via della struttura caotica e complessa che la contraddistingue: le melanine.

Peraltro, le recenti scoperte riguardo le applicazioni in campo biomedico [1][2] del grafene hanno incrementato l’interesse verso le melanine, che potrebbero divenire un’alternativa biologica a questo nuovo materiale. Infatti, riguardo al grafene, recenti articoli evidenziano una certa eco-tossicità[3].

Una proprietà chimico-fisica importante, e comune a tutte le melanine, è la quasi incompleta insolubilità nei comuni solventi organici, che ne rende difficile non solo l’applicazione ma anche la caratterizzazione. Nell’ambito di questo lavoro di tesi, si è cercato di superare tale problema usando una nuova classe di solventi: i liquidi ionici. I liquidi ionici sono stati recentemente utilizzati con successo per esfoliare il grafene e ottenere “sospensioni” monostrato stabili. L’intento era quindi quello di sfruttare la grande variabilità strutturale di questa classe di composti per ottenere, anche con le melanine, soluzioni o sospensioni stabili su cui effettuare una più accurata analisi strutturale e contemporaneamente favorirne l’applicazione nelle scienze dei materiali.

1.1 La Melanina

Melanina è un termine largamente impiegato per descrivere un’ampia famiglia di pigmenti sintetici e naturali a struttura fenolica-chinoide [4] Il nome viene dal greco μέλας (melas, nero). Le melanine di origine naturale hanno una diffusione pressoché ubiquitaria in natura,

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in quanto sono presenti nei regni Animale, Vegetale, Funghi e Procarioti. Inoltre, si suppone che in natura non esista una melanina uguale all’altra; ogni specie vivente produce questo pigmento con delle caratteristiche peculiari [5] Le melanine sono state oggetto di interesse “scientifico” sin dai tempi di Aristotele, sono infatti menzionate nella Historia Animalia, e l’interesse ha subito un andamento crescente a partire dalle pubblicazioni di Nicolaus. Da un punto di vista chimico le melanine naturali sono classificate in base alle tipologie di monomeri che le costituiscono:

1. Eumelanine: melanine derivate dalla dopamina costituite da monomeri di tipo indolico : 5,6 diidrossiindolo (DHI), indolchinone ( IQ); l'acido 5,6-diidrossiindolo-2-carbossilico (DHICA). Questi polimeri sono derivati dalla trasformazione dell’amminoacido DOPA. Sono presenti in molte specie animali, come ad esempio l’Eumelanina umana e la Sepiomelanina contenuta nell’ ”inchiostro” dei molluschi del genere Octopus e Sepia. Il colore di queste macromolecole è nero.

2. FeoMelanine: Pigmenti rossi, costituite prevalentemente da 1,4-benzotiazinilalanina e derivano biosinteticamente dalla 4-cisteinil-DOPA. Sono presenti principalmente nel mondo animale.

3. Allomelanine: Gruppo eterogeneo di melanine, che si presentano come pigmenti di colore scuro e sono presenti principalmente in specie vegetali e fungine. Possono derivare dalla via sintetica dei polichetidi (melanine con monomero l’1,8-diidrossi-naftalene, DHN ), dall’acido omogentisico (pio melanine), dal γ-glutaminyil-4- idrossibenzene, dai catecoli e anche dall’acido 4-idrossi-fenilacetico.

4. Reomelanine : melanine di origine animale presenti nel sangue, derivate da un prodotto di riarrangemento degli ormoni catecolici: l’adrenocromo.

Fra le melanine di origine sintetica da segnalare la poli-dopamina (poli-DA) sintetizzata per studiare le melanine di origine naturale. Eumelanine e Feomelainine sono generalmente preparate utilizzando enzimi, ad esempio mediante l’utilizzo della Mushroom Tyrosinase [6], una metallo-proteina contenente il rame, è possibile ossidare la tirosina a DOPA e questa a dopachinone. Altre sintesi sono state effettuate mediante autoossidazione della DOPA e altri derivati in un ambiente alcalino (pH > 8). Queste melanine vengono chiamate, a seconda della procedura; NAOH melainin, Ammonia melanin e diethylammine melanin.

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La velocità di questo processo può essere aumentata utilizzando ioni metallici, Cu(II), Zn(II) e Fe(III), come catalizzatori. [7]. Altre tipologie di sintesi utilizzano metodi elettrochimici e fotochimici.

1.1.1 Caratteristiche strutturali della Melanina

Come riportato nel paragrafo precedente, le melanine sono delle macromolecole costituite da monomeri derivati da elaborazioni biosintetiche di amminoacidi o di altre molecole endogene (polichetidi, composti fenolici). La caratteristica che accomuna queste molecole da un punto di vista chimico è la presenza di grosse porzioni aromatiche, per lo più a due anelli aromatici fusi insieme (naftalene, benzotiazina, indolo).

Nella famiglia delle Eumelanine troviamo come monomeri principalmente il DHI, il DHICA e IQ che vediamo rappresentati nella seguente figura:

Fig. 1.1 i tre monomeri dell’Eumelanina da sinistra verso destra DHI ( 5,6 Diidrossi-indolo, DHICA( acido 5,6 diidrossi-indolico, IQ ( 5,6 Indolchinone )

La biosintesi di questi monomeri parte dall’amminoacido tirosina, come si può notare in Fig 1.2:

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Fig 1.2 Via biosintetica dell’Eumelanina

Da un punto di vista della composizione la struttura molecolare dell’Eumelanina è stata studiata inizialmente con metodi degradativi: importanti informazioni sui monomeri costituenti sono state ottenute dall’analisi elementare. Sulla base della composizione elementare si denotano elevate percentuali di azoto (che vanno dal 5,18 % per la DOPA-Melanina sintetica al 12,13 % per la DOPA-Melanina di melanoma)[8], mentre l’omopolimero a base indolchinone dovrebbe avere una percentuale di azoto corrispondente al 9,42 %. Interessante per le melanine ibride è il rapporto C/S, che può evidenziare la presenza di Cisteinil-DOPA. È infine da sottolineare che molti metalli possono essere contenuti nelle melanine di origine umana, come ad esempio Na, K, Ca, Mg, Zn, Fe, Cu, Cr, Pb, Mn, Cd [9]

Altri metodi degradativi, come i processi di ossidazione e riduzione, hanno invece permesso di isolare alcuni dei monomeri precedentemente menzionati. Come metodo riduttivo è stata utilizzata sia la riduzione con idrogeno/palladio in etanolo, per produrre DHI dalla Sepiomelanina [8]; o il trattamento con NaBH4 in ambiente alcalino (NaOH, 0.1 N) che ha

permesso di ottenere DHICA dalla Sepiomelanina e dal polimero sintetico poli-Da [10].

Anche i metodi ossidativi hanno fornito informazioni degne di nota: il trattamento della maggior parte di melanine con alcali, o il riscaldamento ad alte temperature, porta quasi sempre all’acido 2,3,5-pirrolotricarbossilico[8]. Per riscaldamento di eumelanine e allomelanine alla temperatura di fusione (308°C), si ottengono DHI e acido 3,4-diidrossibenzoico. [11]

L’Eumelanina è la melanina più studiata da un punto di vista strutturale, probabilmente sia a causa della sua rilevanza medica, sia per la possibilità di ottenerla per via sintetica (la DOPA Melanina). Storicamente, l'Eumelanina è stata rappresentata come un polimero

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spazialmente esteso, altamente coniugato. Recentemente, sulla base di esperimenti di

Scattering ai raggi X, è stato ipotizzato che essa sia composta di piccole unità oligomeriche

condensate con impilamento π in 4 o 5 nanoaggregati di oligomeri [12]. Quindi, si presume che l’Eumelanina sia formata da protomolecole nanometriche composte di fogli di monomeri HQ/DHICA legati covalentemente (con misure laterali di 15-20 Å). Queste protomolecole, a loro volta, potrebbero essere impilate a distanza di circa 3.4 Å , similmente alla struttura del grafene.

E' stato inoltre osservato sperimentalmente che la Melanina si presenta, generalmente, sotto forma di granuli insolubili (in biologia, melanosomi), di forma sferica od ovoidale, ed è sensibile oltre che alla luce, anche alla pressione, all’ossigeno e ai perossidi, caratteristiche che ne rendono difficile lo studio. Gli studi sperimentali che hanno fornito indicazioni strutturali sono essenzialmente:

1) Studi di spettrometria di massa MALDI (Matrix Assisted Laser Desorption /Ionization), che hanno permesso di individuare alcune delle specie molecolari presenti nei campioni di Eumelanina e di studiarne l’analogo sintetico realizzato con DHICA e HQ. Quest’ultimo risulta contenere una grande varietà di specie oligomeriche con peso molecolare significativamente basso. Non sono state osservate specie più grandi degli esameri, mentre quelle maggiormente osservate sono trimeri e tetrameri[13], [14].

2) Immagini TEM alta risoluzione TEM (trasmission electron microscopy), molto recenti, di melanine sintetiche derivanti da L-dopa, che confermano la prevalenza di impilamento-π nell'Eumelanina. Le immagini rivelano inoltre la presenza di particelle sferiche, di diametro di 5,8 nm, formate da strati disposti a cipolla, come mostrato in fig. 1.3 . Lo spazio tra gli strati è di circa 3.8 Å, coerente con le distanze di impilamento-π nei sistemi indolici e di porfirina. Lo stesso tipo di impilamento è stato anche confermato per l'Eumelanina naturale estratta dall’epithelium di bovino, come mostrato in fig. 1.4 . Questo campione naturale non appare formato da strutture nano-aggregate come il campione sintetico, ma piuttosto da fogli lunghi continui .

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Fig 1.3 immagini TEM dell’Eumelanina sintetica ( scala 5 nm) a sinistra , e Fig 1.4 immagini TEM dell’Eumelanina naturale estratta dall’epithelium di bovino, a destra .

3) Un’ultima interessante analisi sulla struttura dell’Eumelanina è stata effettuata dal gruppo di ricerca di J. Riensz che ha recentemente messo a punto un metodo per solubilizzare l'Eumelanina sintetica, utilizzando DMF (dimethyl formamide) e DMSO (dimethyl sulfoxide) in soluzione acquosa di ammoniaca. L'immagine TEM dell'Eumelanina sintetica solubilizzata è riportata in Fig 1.5 . Questa immagine mostra chiaramente l'assenza di strati impilati, per cui si può dedurre che la dissoluzione della melanina in DMF interferisce con l'impilamento del sistema e che quest'ultima forma d’interazione è probabile la causa primaria della bassa solubilità dell'eumelanina [15].

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Alla luce delle suddette osservazioni il modello delle protomolecole impilate è considerato il miglior modello per rappresentare la struttura molecolare dell'eumelanina (Fig. 1.6) . Nonostante ciò, bisogna sottolineare che tale modello trascura il grado di disordine, che è l'aspetto dominante della struttura dell'eumelanina.

Fig.1.6 Modello molecolare oligomerico dell'eumelanina proposto da Zajac composto da tre strati oligomerici impilati. L'estensione laterale è di circa 20 Å e di circa 7.6 Å in altezza. Questa è definita la protomolecola dell'eumelanina [16].

Per quanto riguarda invece la categoria delle Allomelanine, le informazioni sulla struttura sono più limitate. Da un punto di vista delle analisi elementari il carattere di distinzione delle allomelanine rispetto ad altre melanine è l’assenza di azoto e zolfo, mentre la degradazione ossidativa, effettuata alla temperatura di fusione (308°), ha permesso di ottenere esclusivamente acido 3,4-diidrossi benzoico. Tali risultati fanno supporre che le allomelanine abbiano un’origine biosintetica diversa dalle altre melanine, in quanto non provengono da amminoacidi[11]. Fra le Allomelanine più conosciute è state provate la provenienza biosintetica delle Melanine DHN, presenti in molti funghi e piante, che sono prodotte via polichetidi. Un'altra categoria di Allomelanine la cui via biosintetica è stata determinata recentemente sono le pyomelanine, provenienti dalla via dell’acido omogentisico. Entrambe le vie biosintetiche sono illustrate nella fig. 1.7 :

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Fig 1.7 Esempi di vie biosintetich polichetide sintasi;1,3,6,8-THN, 1,3,6,8 1,8-DHN, 1,8-diidrossi-naftalene.

I monomeri di tali pigmenti non sono stati ancora determinati, unica eccezione è la struttura isolata riportata in fig. 18, ottenuta dalla melanina di spore di fungo

Come si può osservare, questa tipologia di molecola non può provenire da una via biosintetica polichetidica (date le posizioni orto degli ossidrili) e quindi il metabolita probabilmente deriva da una via catecolica. Le Melanine di origine catecolica (o Cat melanine) sono diffuse anche nel mondo vegetale, si ritrovano ad esempio nelle macchie dei frutti di banana.

Fig 1.7 Esempi di vie biosintetiche delle Allomelanina .Via A, sintesi di DHN melanine: PKS, THN, 1,3,6,8-tetraidrossinaftalene; 1,3,6-THN,1,3,6

naftalene. [17]

I monomeri di tali pigmenti non sono stati ancora determinati, unica eccezione è la struttura isolata riportata in fig. 18, ottenuta dalla melanina di spore di fungo Ustillago Maydis

Come si può osservare, questa tipologia di molecola non può provenire da una via biosintetica polichetidica (date le posizioni orto degli ossidrili) e quindi il metabolita probabilmente deriva da una via catecolica. Le Melanine di origine catecolica (o Cat melanine) sono diffuse anche nel mondo vegetale, si ritrovano ad esempio nelle macchie dei

e delle Allomelanina .Via A, sintesi di DHN melanine: PKS, THN,1,3,6-tridrossinaftalene;

I monomeri di tali pigmenti non sono stati ancora determinati, unica eccezione è la struttura

Ustillago Maydis:

Come si può osservare, questa tipologia di molecola non può provenire da una via biosintetica polichetidica (date le posizioni orto degli ossidrili) e quindi il metabolita probabilmente deriva da una via catecolica. Le Melanine di origine catecolica (o Catecol-melanine) sono diffuse anche nel mondo vegetale, si ritrovano ad esempio nelle macchie dei

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Un'altra classe di Allomelanine delle spore di Aspergillus niger, Una possibile struttura del relativo

Da un punto di vista macromolecolare invece, si conosce poco delle Allomelanine. Recenti immagini al microscopio a trasmissione elettronica (TEM) evidenziano il loro ruolo nella membrana cellulare e nella parete cellulare di funghi, batteri e vegetali

1.1.2

Proprietà chimico

La maggior parte delle melanine, sia sintetiche che di origine naturale, posseggono proprietà chimico-fisiche comuni, riconducibili al sistema chinolo

fondamentali per alcune applicazioni e sono state determinanti per attirare l’interesse della comunità scientifica che negli ultimi anni ha intrapreso numerosi studi p

studiarne approfonditamente la struttura :

Scambio di elettroni con agenti ossidanti e riducenti

funzionare da agenti ossidanti e riducenti. Diversamente dalle ossidative e riduttive, questi processi coinvo

agenti che interagiscono in questo scambi l’acido ascorbico [21], il Fe(CN

nitro blutetrazolio [22]. Le Eumelanine posso agire sia come accettori di elettroni che come donatori, in modo simile ai polimeri sintetici con f

analizzare questa proprietà è stata ut permette di monitorare la variazione

un carattere bifasico nel processo di ossidazione

Un'altra classe di Allomelanine ampiamente esaminata è rappresentata da delle spore di Aspergillus niger, e queste derivano principalmente dal 1,8

relativo monomero è riportata in fig 1.9.[5], [18]

Da un punto di vista macromolecolare invece, si conosce poco delle Allomelanine. Recenti immagini al microscopio a trasmissione elettronica (TEM) evidenziano il loro ruolo nella membrana cellulare e nella parete cellulare di funghi, batteri e vegetali [19], [20]

Proprietà chimico-fisiche della melanina

La maggior parte delle melanine, sia sintetiche che di origine naturale, posseggono proprietà fisiche comuni, riconducibili al sistema chinolo-chinoide. Queste proprietà sono fondamentali per alcune applicazioni e sono state determinanti per attirare l’interesse della comunità scientifica che negli ultimi anni ha intrapreso numerosi studi p

studiarne approfonditamente la struttura :

Scambio di elettroni con agenti ossidanti e riducenti

: Le melanina, agenti ossidanti e riducenti. Diversamente dalle tipiche

i processi coinvolgono lo scambio di due protoni genti che interagiscono in questo scambio ossidativo con la melanina sono il

, il Fe(CN6)3-, NaHSO3, NADH e NADPH, Citochromo c

umelanine posso agire sia come accettori di elettroni che come in modo simile ai polimeri sintetici con funzionalità chinone

esta proprietà è stata utilizzata prevalentemente la spettrometria

la variazione di concentrazione dei reagenti. Inoltre è stato osservato un carattere bifasico nel processo di ossidazione-riduzione: in particolare, gli

rappresentata dal pigmento nero principalmente dal 1,8-diidrossinaftalene.

[5], [18]

Da un punto di vista macromolecolare invece, si conosce poco delle Allomelanine. Recenti immagini al microscopio a trasmissione elettronica (TEM) evidenziano il loro ruolo nella

[19], [20].

La maggior parte delle melanine, sia sintetiche che di origine naturale, posseggono proprietà chinoide. Queste proprietà sono fondamentali per alcune applicazioni e sono state determinanti per attirare l’interesse della comunità scientifica che negli ultimi anni ha intrapreso numerosi studi per cercare di

e melanina, sono in gradi di tipiche degradazioni lgono lo scambio di due protoni. Possibili o ossidativo con la melanina sono il Ti3+, il Fe3+,

, NADH e NADPH, Citochromo c [21] e il umelanine posso agire sia come accettori di elettroni che come unzionalità chinone-chinolo [23]. Per ilizzata prevalentemente la spettrometria ESR, che Inoltre è stato osservato in particolare, gli studi cinetici

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con i cationi Ti3+ (riduzione ) e Fe3+ (ossidazione) evidenziano un primo passaggio rapido di scambio elettronico seguito da un secondo step lento. Tale carattere bifasico è stato interpretato sulla base della struttura granulare della melanina, riconducendo quindi il primo

step alla porzione superficiale ed il secondo al nucleo del granulo; il secondo step sarebbe

influenzato dalla capacità di diffusione del reagente [24].

Interazione con la luce

: Sebbene l’interazione della Melanina con la luce è conosciuta da tempo sono stati eseguiti recentemente diversi studi sulla natura dell’assorbimento della luce. Lo spettro di assorbimento della melanina nell’intervallo UV-vis è monotono e si intensifica a lunghezza d’onda decrescente: generalmente, non c’è evidenza di cromofori distinguibili correlabili al sistema macromolecolare degli elettroni π [25]. La variazione dell’entità della coniugazione può essere un fattore in grado di alterare l’energia quantica richiesta per l’assorbimento della luce, modulando così il colore del pigmento: l’Eumelanina è nera in quanto più coniugata, la feomelanina è rossa perché meno coniugata. Una diversa razionalizzazione dell’interazione della luce con melanina è stata tuttavia fornita da McGinnes e Proctor [26] che spiega il diverso assorbimento sulla base della teoria dei semiconduttori amorfi: la Melanina è nera perché la luce assorbita non è re-irradiata ma è catturata e convertita in energia rotazionale e vibrazionale. In realtà, studi sperimentali hanno confermato che la densità ottica delle soluzioni di melanina segue l’equazione (1), derivata dalla teoria dei semiconduttori amorfi;

/ = ( − 1) (1)

Dove Z è uguale a 1,242/λ ( adimensionale) E0 è la energia di gap in eV, λ è la

lunghezza in micron, z è una variabile indipendente adimensionale e K è una costante. Questa relazione sembra funzionare sia per la Melanina che per la Feomelanina, nell’intervallo 1,0-1,3 EV. Queste caratteristiche sono sicuramente in accordo con la capacità fotoprotettiva dei pigmenti biologici; le proprietà spettrali qualificano infatti la Melanina come un potenziale protettore dai raggi solari, tuttavia la localizzazione di questi pigmenti suggerisce che questi pigmenti proteggano la pelle in maniera non convenzionale, ad esempio catturando i radicali liberi generati dalla luce solare [27].

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Conduttore ibrido ionico-elettronico: Studi recenti

hanno portato ad una rivisitazione della classificazione della Melanina quale semiconduttore amorfo, attribuendole la denominazione di “conduttore ibrido ionico-elettronico”. Infatti mediante misure di conducibilità ( fig 1.8 ) e spettri ESR e µSR, è stato possibile evidenziare una dipendenza della conducibilità dall’idratazione e dal pH che risulta essere diversa da quella che avrebbe un polimero che segue la teoria dei semiconduttori amorfi. Questa proprietà deriverebbe dall’equilibrio interno alla Melanina fra specie chinoidi; semichinoidi e idrossichinoidi [28].

Fig 1.8 Misure della conducibilità dell’eumelanina in relazione al contenuto d’acqua in essa. Risulta evidente come la conducibilità devia dal comportamento del modello del semiconduttore (linea blu).

Complessazione di cationi metallici

: Le melanine possono legare sia cationi metallici che specie organiche, quest’ultime soprattutto se portano cariche positive. La capacità di scambio ionico delle Allomelanine sembra essere molto importante in natura per la traslocazione di Fe e Cu [29], e a prova di ciò è stato dimostrato che le melanine naturali contengono spesso quantità non trascurabili di metalli [9]. Questi studi hanno confermato la proprietà di scambio ionico che derivano dalla presenza di gruppi carbossilici, a cui si associa un effetto cooperativo dell’azoto e dei gruppi fenolici. L’affinità della melanina per

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gli ioni metallici cresce con la valenza del catione e il numero atomico dell’elemento (Cs+>> Li+, Ba++>>Mg++). Tuttavia, l’elevata affinità per il piombo, comparata con altri cationi bivalenti, suggerisce un possibile contributo di altri fattori. Gli studi di binding, combinati con la spettroscopia ESR, hanno peraltro fornito informazioni importanti sull’interazione di metalli con melanine: in particolare, sulla chelazione di ioni diamagnetici bi- e trivalenti sul centro radicale del semichinone [30] e sulla dipendenza di questa chelazione dal pH [31]. Inoltre, gli studi relativi al Mn2+, hanno dimostrano come l’esposizione a questo catione possa causare danni alla substantia nigra [32].

Binding con composti organici

: le melanine interagisco spesso con composti basici, caricati positivamente (cationi ammonio quaternari). Studi in vivo e in vitro dimostrano che gli insetticidi a nucleo piridinico, Paraquat e Diquat, si legano fortemente alla melanina dell’occhio, attraverso un meccanismo di scambio cationico. [33] Inoltre, è stata riportata anche l’affinità dei composti eterociclici azotati per la l,d-DOPA sintetica in funzione della basicità, l’estensione del sistema π e planarità [34][35]. Sulla base di questi parametri i composti eterocicli sono stati distinti in tre serie: sono l’estensione del sistema π, prima serie; sistema π e basicità, seconda serie; fattori sterici, terza serie.

Serie I : piridina << chinolina << acridina

Serie II : chinolina < 2 metil-chinolina < 2,6 dimetil-chinolina

Serie III Immino-stilbene > 9-metil-immino-stilbene > 9,10 di-metil-immino-stilbene

Questi parametri influenzano la stabilità dei complessi a trasferimento di carica etero ciclo-melanina, dove i sistemi eterociclici funzionano da donatori e la melanina ossidata, da π-accettore. Le informazioni strutturali derivanti da questi studi possono essere utili per il design di farmaci che hanno come target i Melanociti; ad esempio per quelli destinati al trattamento del melanoma. Analisi dei dati sperimentali relativi agli studi di binding con Clorochina, Clorpromazina, Paraquat e Ni2+ supportano la possibile presenza di ulteriori siti di legame [36]. Mentre studi più recenti sembrano confermare un possibile binding fra le melanina e farmaci quali la Gentamicina e il Metotrexato, lasciando ampie possibilità per interessanti applicazioni in ambito farmaceutico [37]

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Solubilità:

la scarsa solubilità delle Eumelanine sintetiche e naturali è un ostacolo per la loro determinazione strutturale. La dispersione di melanine sintetiche in acqua determina la formazione di sospensioni il cui tasso di sedimentazione particellare è accelerato dalla diminuzione del pH. Questo effetto è dovuto alla solvatazione decrescente dei gruppi idrofilici e alla formazione di agglomerati dovuti alle interazioni fra unità indoliche. Studi tramite la tecnica del light scattering hanno confermato l’esistenza di due range diversi di pH: tra 3,4 e 7,0, l’aggregazione è lenta mentre sotto 3,4 di pH la velocità di aggregazione aumenta, favorendo la formazione di agglomerati con struttura a frattale.[38]

Un’efficace via di solubilizzazione è stata trovata nell’utilizzo come solvente del Solulene®, e la soluzione risultante è stata utilizzata per la caratterizzazione di Melanina [39]: Il coefficiente di estinzione molare a 400 nm della melanina dei capelli è 3000 M-1 cm-1, per unità di indolo. Il meccanismo solubilizzazione è ignoto ma la neutralizzazione del Solulene con acido acetico non porta alla precipitazione della melanina [40]

1.1.3 Caratterizzazione spettroscopica

Da un punto di vista spettroscopico la melanina è una molecola abbastanza complessa da analizzare, qui riportiamo le tecniche più utilizzate e i risultati ottenuti:

A)

Uv-vis e IR

: l’insolubilità della melanina naturale e la scarsa solubilità di quella sintetica producono problemi di scattering. Tuttavia, lo spettro tipico della melanina nell’intervallo 180-700 nm è caratterizzato da un incremento monotono dell’assorbimento al decrescere della lunghezza d’onda. Per quanto concerne l’IR invece nella regione delle “fingerprint” la melanina da buoni risultati usando pellet di KBr molto diluiti [41]. La sensibilità di questo metodo permette di studiare la protonazione e la deprotonazione dei gruppi acidi e monitorare la chelazione di vari gruppi da parte del ferro[41].

(14)

B)

Diffrazione ai raggi X

: In passato, studi tramite tecnica di diffrazione ai raggi X hanno fornito evidenze della presenza di una struttura lamellare per la melanina caratterizzata da uno spazio fra i due piani di 3,4 Å [42] . Studi più recenti hanno invece dimostrato che i film preparati con melanina DHI sono formati da strutture pentameriche ad elica [43], mentre, mediante la tecnica SAXS (Small Angle X-ray Scattering), sono state riportate evidenze per una struttura sheet-like nel caso dell’eumelanina: quest’ultima dovrebbe essere composta da “fogli” di 12 Å di spessore e 54 Å di estensione laterale [44]. Altri studi SAXS hanno confermato la natura di frattale per le particelle di Eumelanina [45]

C)

Spettrometria NMR:

Per quanto riguarda l’analisi tramite spettrometria NMR, la melanina dovrebbe risultare una molecola alquanto complessa da analizzare, vista la sua complessità strutturale e la sua difficile solubilità. In realtà, sono stati effettuati studi tramite la tecnica del CP/MAS NMR (Solid State Cross Polarizzation Magic

Angle Spinning) che permettono l’analisi della melanina in fase solida. Queste analisi

sono state effettuate sia sulla Melanina sintetica, derivata dalla DOPA [46], sia su Sepiomelanina e la Melanina proveniente dai capelli umani.

D)

Electronic Spin Resonance (ESR)

: Un efficiente metodo spettroscopico per la caratterizzazione delle melanine è rappresentato dalla spettroscopia a risonanza di spin (ESR), detta anche risonanza elettronica paramagnetica (EPR); la melanina è stata infatti una delle prime molecole ad essere analizzate con tale tecnica [47]. Questa tecnica si basa sulla rilevazione del paramagnetismo dovuto ai radicali liberi intrappolati nelle macromolecole, e quindi si presta bene all’analisi di questa macromolecola. Sia le melanine sintetiche che quelle naturali esibiscono un spettro ESR tipico, caratterizzato da un singolo segnale stretto e asimmetrico. La temperatura [48] influenza la concentrazione di spin e lo spettro ESR della melanina in accordo con un equilibrio, temperatura dipendente, tra i gruppi diamagnetici (chinone, idrochinone) e paramagnetici (radicali semichinoidi, biradicali) presenti nella struttura. Il modello a semiconduttori e la formazione di complessi a trasferimento di carica tra i monomeri impilati nei polimeri dell’eumelanina sono stati proposti da alcuni autori [49] all’origine di questi radicali organici sebbene la maggior parte dei lavoratori supporta la tesi di

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Blois che il paramagnetismo sia dovuto alla piccola frazione di semichinoidi intrappolati nel polimero. Quando le melanine sono irradiate con raggi di luce di lunghezza d’onda che va dall’ultravioletto al visibile, si genera un aumento della popolazione di radicali liberi, osservabile con la spettroscopia ESR. Lo spettro di questi radicali liberi è costituito da due spin spaiati: uno, detto “intrinseco”, dovuto ai radicali al carbonio derivati dal processo di polimerizzazione, l’altro detto “estrinseco” dovuto al radicale semichinoide [50] [51]. Il primo è osservato prevalentemente nella melanina allo stato solido [47][51], mentre nelle soluzioni o nelle sospensioni colloidali di melanina prevale il secondo [50],[52]. Con luce continua si ottiene un caratteristico sistema singoletto-tripletto [53]. In fig 1.9 viene riportato un esempio di questi spettri ESR .

In Fig 1.9 un classico esempio di spettro ESR della Melanina

1.2 I Liquidi Ionici

Con il termine “Liquido Ionico” vengono classificati tutti i composti ionici che presentano una temperatura di fusione al di sotto dei 100 ° gradi; la temperatura di ebollizione dell’acqua. Tale proprietà rende questi composti organici molto diversi dai classici sali inorganici, che presentano temperature di fusione di gran lunga più alte. Questa peculiarità è dovuta principalmente all’asimmetria intrinseca della struttura, questi composti sono infatti costituiti da un catione organico di grosse dimensioni asimmetrico e da un anione, organico o inorganico, di dimensioni più ridotte. I liquidi ionici che presentano una temperatura di

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fusione più bassa della temperatura ambiente vengono denominati RTILs ( Room Temperature Ionic Liquids). [54]

I liquidi ionici non sono una scoperta estremamente recente: infatti nel 1914 Walden osservò per la prima volta che il sale prodotto dalla reazione tra etil

nitrico concentrato, l’etilammonio nitrato [EtNH

12° [55] . L’interesse verso questi composti si è tuttavia accentuato solo verso l

XX secolo, quando vennero sintetizzati i primi liquidi ionici con catione alchilpiridinio, aventi come contro ione alluminati, derivanti dall’aggiunta di tricloruro d’alluminio a sali cloruro. Questi liquidi ionici vennero utilizzati con success

elettrodeposizione dell’alluminio e nelle batterie, sebbene fossero da subito evidenti i problemi di igroscopicità e di instabilità [30

e collaboratori misero a punto una serie di liquidi ion cationi a base imidazolio e come contro

PF6) .[56] Questi liquidi ionici erano stabili all’aria e potevano essere utilizzati in ambiente non controllato: in questo momento nasceva la chimica moderna dei liquidi ionici e, a partire dal 2000, i liquidi ionici sono divenuti oggetto di un notevole ed ancora crescente interesse, come evidenziato dal grafico in

Fig 1.10 andamento delle pubblicazioni su IL negli anni 2001

fusione più bassa della temperatura ambiente vengono denominati RTILs ( Room [54]

non sono una scoperta estremamente recente: infatti nel 1914 Walden osservò per la prima volta che il sale prodotto dalla reazione tra etil

nitrico concentrato, l’etilammonio nitrato [EtNH3]+ [NO3]- presentava un punto di fusione di

. L’interesse verso questi composti si è tuttavia accentuato solo verso l

XX secolo, quando vennero sintetizzati i primi liquidi ionici con catione alchilpiridinio, aventi come contro ione alluminati, derivanti dall’aggiunta di tricloruro d’alluminio a sali cloruro. Questi liquidi ionici vennero utilizzati con successo nei processi di elettrodeposizione dell’alluminio e nelle batterie, sebbene fossero da subito evidenti i problemi di igroscopicità e di instabilità [30-31C]. Verso l’inizio degli anni novanta Wilkes e collaboratori misero a punto una serie di liquidi ionici stabili all’aria e all’umidità, aventi cationi a base imidazolio e come contro-anioni tetrafluoroborato (BF4) e esafluorofosfato ( Questi liquidi ionici erano stabili all’aria e potevano essere utilizzati in ambiente non controllato: in questo momento nasceva la chimica moderna dei liquidi ionici e, a artire dal 2000, i liquidi ionici sono divenuti oggetto di un notevole ed ancora crescente interesse, come evidenziato dal grafico in fig. 1.10

andamento delle pubblicazioni su IL negli anni 2001-2011

fusione più bassa della temperatura ambiente vengono denominati RTILs ( Room

non sono una scoperta estremamente recente: infatti nel 1914 Walden osservò per la prima volta che il sale prodotto dalla reazione tra etil-ammina e l’acido presentava un punto di fusione di . L’interesse verso questi composti si è tuttavia accentuato solo verso la metà del XX secolo, quando vennero sintetizzati i primi liquidi ionici con catione alchilpiridinio, aventi come contro ione alluminati, derivanti dall’aggiunta di tricloruro d’alluminio a sali o nei processi di elettrodeposizione dell’alluminio e nelle batterie, sebbene fossero da subito evidenti i 31C]. Verso l’inizio degli anni novanta Wilkes ici stabili all’aria e all’umidità, aventi ) e esafluorofosfato ( Questi liquidi ionici erano stabili all’aria e potevano essere utilizzati in ambiente non controllato: in questo momento nasceva la chimica moderna dei liquidi ionici e, a artire dal 2000, i liquidi ionici sono divenuti oggetto di un notevole ed ancora crescente

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Questo interesse crescente è causato dalle numerose possibili applicazioni dei liquidi ionici in ambito industriale e di ricerca: utilizzo come solventi di reazione, trattamento delle biomasse, stoccaggio di gas, utilizzi in ambito elettrochimico [57] .

Tra i vantaggi che hanno contribuito alla loro diffusione all’interno della comunità scientifica si annoverano :

• Tensione di vapore particolarmente bassa, quindi assenza di volatilità • Scarsa tossicità e infiammabilità

• Alta stabilità termica

• Caratteristiche chimiche modulabili in base alla loro struttura • Estrema versatilità strutturale

• Possibilità di funzionalizzazione

1.2.1. Struttura dei Liquidi ionici

I liquidi ionici sono caratterizzati da un’ampia modulabilità strutturale che permette di ottenere solventi con proprietà significativamente diverse: i liquidi ionici sono spesso definiti Designer Solvents .

Tra i cationi più utilizzati devono essere menzionati gli alchilammonio, alchilfosfonio, 1-alchilpiridinio, 1,3-dialchilimidazolio, N-alchilisochinolinio, N-N-dialchilpirrolidinio.

Mentre, gli anioni più comuni sono: tetrafluoroborati, bis(trifluorometilsulfonil)immide, dicianammidi, esafluorofosfati, nitrati, mesilati, acidi organici oltre ai più classici alogenuri. (Figura: 3)

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L’interazione anione-catione permette di ottenere liquidi caratterizzati da una significativa organizzazione strutturale. Ricerche, effettuate essenzialmente sui liquidi ionici a catione 1,3-dialchilimidazolio, dimostrato che le caratteristiche strutturali e l’entità dell’organizzazione dipendono dalla struttura del catione e dell’anione. In generale, tuttavia i liquidi ionici non sono mai da considerare come sistemi omogenei e, conseguentemente, i parametri solitamente utilizzati per descrivere i sistemi omogenei dovuti ai solventi molecolari spesso non sono in grado di descrivere il comportamento dei liquidi ionici. I liquidi ionici sono quindi più spesso descritti come strutture polimeriche sovramolecolari (materiali altamente ordinati), organizzate tramite un’estesa rete di legami idrogeno e interazioni elettrostatiche catione-anione.

Indagini strutturali, condotte mediante diffrazione ai raggi X, rivelano in fase solida una struttura tipica in cui l’unità monomerica è costituita da un catione imidazolo circondato da almeno tre anioni e dall’anione circondato da almeno tre cationi {[(DAI)3(X)]2+[(DAI)(X)3]2-}n, (dove DAI è il catione dialchilimidazolio e X è l’anione). L’arrangiamento tridimensionale, dovuto nel caso dei liquidi ionici a catione aromatico (imidazolo, piridinio, ecc) alle interazioni π-π e CH-π, genera dei canali, nei quali trovano collocazione i più piccolo anioni, che vendono qui a costituire una sorta di catene.

Queste caratteristiche strutturali si mantengono in larga misura anche in fase liquida e spesso anche in fase gassosa. Tuttavia, l’introduzione di altre molecole o macromolecole può provocare una parziale distruzione della rete di legami idrogeno, determinando in alcuni

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casi la formazione di aggregati nanostrutturati con domini polari e non polari, all’interno dei quali si possono formare complessi di inclusione.

Questa è la situazione delle miscele liquido ionici idrof

infinita, sia il collasso della struttura supramolecolare con formazione di coppie ioniche separate dal solvente.[58]-[59]

.

Figura 1.11:. Schema bidimensionale dell’organizzazione strutturale dei liquidi ionici 1,3 dialchilimidazolio all’aumentare della diluizione

1.2.2 Proprietà Chimico

Una delle caratteristiche che è stata causa del crescente interesse dei ricercatori verso questa classe di solventi è l’ampia variabilità delle proprietà chimico fisiche, e la facile modulabilità ottenibile modificando l’anione o il catione.

casi la formazione di aggregati nanostrutturati con domini polari e non polari, all’interno dei quali si possono formare complessi di inclusione.

Questa è la situazione delle miscele liquido ionici idrofobici-acqua dove, a diluizione infinita, sia il collasso della struttura supramolecolare con formazione di coppie ioniche

[59]

1.11:. Schema bidimensionale dell’organizzazione strutturale dei liquidi ionici 1,3 dialchilimidazolio all’aumentare della diluizione.

Chimico-Fisiche dei Liquidi Ionici

Una delle caratteristiche che è stata causa del crescente interesse dei ricercatori verso questa classe di solventi è l’ampia variabilità delle proprietà chimico fisiche, e la facile modulabilità ottenibile modificando l’anione o il catione. [60]

casi la formazione di aggregati nanostrutturati con domini polari e non polari, all’interno dei

acqua dove, a diluizione infinita, sia il collasso della struttura supramolecolare con formazione di coppie ioniche

1.11:. Schema bidimensionale dell’organizzazione strutturale dei liquidi ionici

1,3-Una delle caratteristiche che è stata causa del crescente interesse dei ricercatori verso questa classe di solventi è l’ampia variabilità delle proprietà chimico fisiche, e la facile

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Alcune di queste proprietà sono comuni a tutti i ILs ed altresì poco modulabili; tra queste, la volatilità e la stabilità termica. I liquidi ionici con un atomo di azoto quaternarizzato, per esempio, sono generalmente non infiammabili ed hanno una tensione di vapore praticamente nulla, sebbene sia stato dimostrato da Earle e coll. che alcuni liquidi ionici possono essere distillati a pressioni estremamente ed alte temperature [61]. La bassa volatilità evita la dispersione nell’ambiente e favorisce il loro riciclaggio; questa è una delle ragioni principali per cui vengono spesso definiti “green solvents” sebbene, studi recenti, abbiano dimostrato che alcuni ILs hanno una certa eco-tossicità, per cui il termine green solvents dovrebbe essere riconsiderato [62], [63] .

Al contrario, proprietà come la temperatura di fusione, l’indice di rifrazione, il carattere acido-base, l’idrofilia-idrofobicità, la polarità, la densità e la viscosità possono essere varie in un ampio intervallo. E’ inoltre da sottolineare che la presenza di impurezze, derivanti dai reagenti di sintesi, come gli alogenuri e le basi organiche e l’acqua assorbita, possono decisamente alterare le loro proprietà. [64][65]

Fra le proprietà chimico-fisiche dei liquidi ionici si annoverano :

Intervallo liquido e stabilità termica

L’intervallo liquido esibito dai liquidi ionici è molto più ampio (330°-400°C) rispetto ai comuni solventi molecolari. Il limite inferiore coincide con la temperatura di fusione, mentre il limite superiore con la temperatura di decomposizione. Per definizione il loro punto di fusione deve essere inferiore ai 100°C; questa è infatti la caratteristica principale che li contraddistingue dai comuni sali (es. NaCl, Tfus = 804°C).

Vi sono comunque delle difficoltà nella determinazione della temperatura di fusione in quanto molti ILs tendono a formare fasi vetrose metastabili a basse temperature, a causa della lenta cinetica di solidificazione, permettendo invece l’individuazione di una temperatura di transizione vetrosa Tg. Quindi è stato individuato come il metodo d’elezione

per misurare la temperatura di transizione solido-liquido la calorimetria differenziale a scansione (DSC).

Anche la dimensione e la simmetria del catione giocano un ruolo importante nella determinazione del punto di fusione. Come detto in precedenza per l’anione, anche in questo caso, all’aumentare delle dimensioni del catione, si ha una riduzione del punto di

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fusione. Al contrario all’aumentare della simmetria del catione, aumenta il punto di fusione, in quanto si ha una maggiore facilità di impacchettamento ione–ione nel reticolo cristallino. Una riduzione nella simmetria del catione abbassa il punto di fusione ed espande il range del sale liquido a temperatura ambiente. In conclusione, la temperatura di fusione è determinata dalla simmetria dell’anione che del catione, con un influenza prevalente del primo [66]. Questo non stupisce in quanto la simmetria del catione è correlata alle forze di Van der Waals e alle interazioni elettrostatiche, fattori che governano le proprietà termiche dei liquidi ionici [63], [67] . A conferma di quanto detto sono i numerosi studi effettuati sull’influenza della lunghezza della catena alchilica su liquidi ionici a struttura 1-metil-3-alchilimidazolio, [CnMIM]+, dove il core imidazolico rappresenta la porzione carica idrofilica e la coda alchilica laterale la porzione idrofobica. Al crescere del numero di carboni in catena laterale (n < 7), diminuisce la temperatura di fusione, a causa della ridotta simmetria complessiva del catione (regioni symmetry-breaking ); tuttavia, quando la catena laterale supera i sette atomi di carbonio si osserva un incremento della temperatura di fusione, in quanto le forze di Van der Waals fra le catene alchiliche iniziano ad avere un peso maggiore rispetto all’effetto esercitato dalla simmetria.

In Fig 1.12 Viene illustrata la convergenza dei dati sperimentali e uno studio computazionale che ha utilizzato un approccio QSPR (quantitative structure-property relationship) riguardo la relazione fra temperatura di fusione e lunghezza della catena alchilica dei liquidi ionici a catione imidazilio *

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All’estremo superiore dell’intervallo liquido degli ILs si hanno reazioni di decomposizione, normalmente a temperature (Tonset ) comprese fra i 300 e 400 °C. Queste temperature elevate garantiscono un buon intervallo di utilizzo dei liquidi ionici come solventi, intervallo di gran lunga superiore a quello dei solventi molecolari. Questi fenomeni di decomposizione sono attribuibili alla bassa tensione di vapore dei liquidi ionici, causata dalle deboli interazioni elettrostatiche, le quali a loro volta precludono la formazione di coppie ioniche necessarie per la volatilizzazione. Sono stati osservati vari meccanismi di decomposizione ma il fenomeno più ricorrente è la completa perdita di massa e la volatilizzazione dei frammenti costituenti [68]. Gli altri processi di decomposizione osservati sono: la metatesi dell’anione e del catione quando nel liquido ionico sono presenti specie ioniche diverse dagli ioni costituenti [69] e la deprotonazione del C2-H del catione imidazolio (pKa 21-23) [70] con formazione di carbeni, processo che normalmente avviene in presenza di basi relativamente deboli (RCOO-). [71]. All’aumentare delle dimensioni dell’anione, essendo la distribuzione di carica altamente delocalizzata, il punto di fusione del sale decresce e la temperatura di decomposizione aumenta, riflettendo la presenza di più deboli interazioni di Coulomb nel reticolo cristallino. [72] Per quanto concerne l’anione questo di solito decompone via de-alchilazione, mentre il catione tende a subire migrazioni di alchili, con successive reazioni di eliminazioni [73]. In generale, i sali di imidazolo tendono ad essere più stabili dei corrispettivi sali di tetra-alchilammonio [74].

Densità

La densità è una delle proprietà dei liquidi ionici più frequentemente riportata, probabilmente perché pressoché ogni nuova applicazione sviluppata necessita della conoscenza della densità. In generale, i liquidi ionici sono più densi dell’acqua, i valori variano solitamente da 1 a 1,6 g/cm3 e questa è la loro proprietà fisica meno sensibile alle variazioni di temperatura. Poiché, in generale l’impaccamento è migliore quando il catione e l’anione hanno dimensioni simili [75], la massa molare dell’anione influenza in maniera significativa la densità complessiva dell’intero liquido ionico [75]: i sali con anione bis(metansulfonil)amide [Ms2N]-, per esempio, hanno densità più basse dei corrispondenti sali che presentano l’anione bistriflimide [Tf2N], posto che i volumi molari di entrambi i composti sono molto simili, e questo è dovuto alla maggiore massa dell’anione perfluorurato [76]

(23)

Viscosità

La viscosità dei liquidi ionici è usualmente riportata come viscosità dinamica (ν = η/ρ; dove

η = viscosità assoluta, ρ = densità), è generalmente molto superiore a quella dei solventi

molecolari e dell’acqua, la viscosità varia a temperatura ambiente da 10 a 1000 cP. La viscosità dei liquidi ionici è influenzata da vari fattori: la presenza di contaminanti e cosolventi, la temperatura e soprattutto la struttura dell’anione e del catione da cui sono costituiti; quest’ultimo fattore determina inoltre la dipendenza della viscosità dalla temperatura. In linea generale, si può dire che la viscosità è fortemente influenzata dalla presenza di impurezze, per esempio la presenza dell’acqua diminuisce la viscosità, mentre i cloruri, residui di eventuali reazioni di metatesi, hanno effetto opposto [65][77]. L’aggiunta di cosolventi decresce l’aggregazione degli ioni nel liquido, portando ad una diminuzione della viscosità, e i risultati sperimentali indicano che la natura del cosolvente gioca un ruolo più importante della concentrazione stessa [78]. La dipendenza della viscosità dalla temperatura nel caso di liquidi ionici con cationi non simmetrici e non portanti funzionalità sulla catena alchilica, può essere descritta dall’equazione di Arrhenius mentre nel caso dei liquidi ionici con cationi relativamente simmetrici e una bassa massa molecolare, la viscosità è meglio descritta dall’equazione di Vogel-Tammann-Fulcher (VTF). Per molti liquidi ionici, tuttavia, nessun modello è in grado di descrivere in maniera sufficientemente accurata la dipendenza della viscosità dalla temperatura [79]. Abbott è stato in grado di predire il comportamento della viscosità per alcune classi di liquidi ionici applicando la hole-theory: per avere viscosità basse, gli ioni devono essere relativamente piccoli e il liquido deve contenere ampi spazi vuoti. È stato quindi suggerito che liquidi ionici con un’elevata tensione superficiale possiedano queste proprietà; questo include sali di imidazolio con catene da C 4 a C 6 [80]. La viscosità risente infatti dell’entità delle interazioni di van der Waals che si possono instaurare tra le catene alchiliche dei cationi e dalla capacità del liquido ionico di formare legami ad idrogeno [81]; eventuali ramificazioni della catena alchilica riducono la viscosità, in quanto si riducono le interazioni intermolecolari di tipo dipolo-dipolo, così come la presenza di insaturazioni (allili) o anioni perfluorurati [75]. Per quanto concerne l’effetto del catione è stato osservata una certa correlazione fra la tensione superficiale e la viscosità, in particolare per liquidi ionici con

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anione [Tf2N]- [PF6]- [NO3]- [2], [82]. Per concludere, la viscosità dei liquidi ionici, aventi i

più comuni cationi, decresce nell’ordine [Cl] - > [PF6]- > [BF4]- > [Tf2N]-.

Polarità

Con il termine “polarità”, nel caso dei solventi molecolari, si intendono tutta una serie di proprietà molecolari responsabili delle interazioni solvente-soluto (forze colombiane, induttive, di dispersione, legami idrogeno, capacità di donare o accettare doppietti elettronici), spesso correlabili alla costante dielettrica del mezzo, ε. Nell’ambito dei liquidi ionici, la misura diretta di tale proprietà è praticamente impossibile e manca di affidabilità. Numerose pubblicazioni hanno infatti dimostrato che i liquidi ionici risultano solventi polari, con una polarità comparabile a quella dei comuni solventi organici quali acetone, DMSO sebbene la loro costante dielettrica varia normalmente tra 10-17, un valore tipico dei solventi poco o moderatamente polari [83][84].

Il metodo più comune per descrivere la polarità di un liquido ionico è la quindi la determinazione dei parametri solvatocromici, in particolare i parametri di Kamlet-Taft mediante misure di assorbimento UV-vis. Spettri di fluorescenza, gli indici di rifrazione, o gli effetti solvente in tipiche reazioni organiche sono altri metodi con i quali è stata determinata la polarità [68c,69c]. Come regola empirica, generalmente si assume che i liquidi ionici siano solventi polari simili ad alcoli a catena corta o media [85], [86].

Un fattore che influenza la polarità è anche in questo caso la temperatura [87]. Studi effettuati sul [BMIM][PF6], dimostrano che la capacità di funzionare da donatore di legame ad idrogeno del catione imidazolio è influenzata fortemente dalla temperatura, mentre quella di funzionare da accettore dilegame ad idrogeno accettore è solo debolmente influenzata dalla temperatura. I parametri di polarità, tuttavia, non sono sempre sufficienti per razionalizzare il diverso comportamento di tali sistemi rispetto ai solventi convenzionali.

Conducibilità

I liquidi ionici si comportano da buoni conduttori elettrici, con valori che vanno da 0,1 mS*cm-1 a 18 mS*cm-1 a temperatura ambiente, sebbene la loro conducibilità risulta essere sempre inferiore rispetto alle classiche soluzioni elettrolitiche acquose utilizzate in elettrochimica, che raggiungono valori dell’ordine di 102 mS*cm-1. Questa differenza è

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dovuta alla struttura ingombrante ed asimmetrica dei cationi organici, che sebbene permette di avere sali caratterizzati da basse temperature di fusione, influenza negativamente la mobilità degli ioni. All’aumentare della temperatura, tuttavia, normalmente si osserva un aumento significativo della conducibilità elettrica dei liquidi ionici, che raggiunge valori confrontabili a quelli degli elettroliti convenzionali. [88][75]

Potere Solvente

Numerose ricerche negli ultimi anni hanno dato prova del potere solvente dei liquidi ionici. Infatti è stata dimostrata la capacità di questi sali di solvatare numerose molecole organiche, inorganiche e polimeriche, come ad esempio i sali inorganici, acidi aromatici, ossidi metallici, metalli, amminoacidi, polisaccaridi. [57][89] Degne di nota sono le recenti applicazioni nella dissoluzione della cellulosa e nell’esfoliazione del grafene .

Questa ampia capacità solvente è dovuta alla grande varietà strutturale dei liquidi ionici, che permette di adattarli a seconda del tipo di molecola o macromolecola da dissolvere, in modo da incrementare le possibili interazioni intermolecolari soluto-solvente (come interazioni di Van der Waals, legami a idrogeno, interazioni elettrostatiche, interazioni π-π) a discapito delle preesistenti interazioni soluto-soluto. La peculiare struttura dei liquidi ionici, costituiti da due componenti con caratteristiche opposte, conferisce un potere solvente “extra” ai liquidi ionici, secondo la teoria dei solventi di Flory-Huggins; in pratica, un incremento della solvatazione derivante dal fatto che la molecola di soluto si interpone come uno “scudo” fra anione e catione [90]

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