3. Materiali e Metodi
3.1 Clonaggio
I geni ZnF367 e MEX3A, utilizzati all’interno di questo lavoro, erano inizialmente presenti nel nostro laboratorio sottoforma di inserto all’interno di vettori plasmidici che poco si adattano alle esigenze sperimentali per cui verranno utilizzati. Il gene MEX3A si trovava inizialmente nel plasmide pGEM-T e il gene ZNF367 in pCR 2.1. Per tale motivo è necessario clonare entrambi questi geni all’interno del plasmide pCS2.
3.1.1
Digestione di DNA plasmidico
Per questa reazione sono necessari: il DNA plasmidico (pGEM-T, pCR 2.1 e pCS2), l’enzima di restrizione presente in concentrazione di 1-2 Unità Enzimatiche (UE) per µg di plasmide e il tampone specifico per il tipo di enzima utilizzato. Per
MEX3A si utilizza gli enzimi Cla I e Stu I, compatibili sia con PGEM-T che con
pCS2, per ZNF367 si utilizza invece gli enzimi Spe I e EcoR V. Il volume dell’enzima non deve superare 1/10 del volume della miscela, in quanto un’eccessiva quantità di glicerolo, usato per conservare gli enzimi, potrebbe interferire con l’esito della reazione. La digestione viene fatta procedere per un tempo (una o più ore) e ad una temperatura specifici per l’enzima usato. Per verificare l’avvenuta digestione, si procede con una corsa elettroforetica, caricando circa 1/20 della miscela di reazione e un’aliquota di plasmide non digerito. Se la digestione è andata a buon fine si distingueranno sotto i quattro pozzetti bande a diverse altezze (il plasmide digerito dovrebbe correre più lentamente rispetto a quello integro che correrà in una conformazione superavvolta).
3.1.2
Estrazione ed eluizione di DNA plasmidico
Le digestioni controllate vengono sottoposte ad ulteriore corsa elettroforetica in modo da ottenere sotto i due pozzetti tre bande distinte e ben visibili: il plasmide originario linearizzato e privato dell’inserto, l’inserto, cioè i geni ZnF367 e MEX3A e il plasmide pCS2 linearizzato. Con l’aiuto di un bisturi si vanno a tagliare dal gel le bande d’interesse (l’inserto e pCS2 linearizzato) e si mettono in eppendorf distinte, calcolandone il peso al netto della tara. A questo punto si aggiungono a ciascun volume di gel tre volumi di un buffer adeguato e si tengono le eppendorf per 10 minuti a 50 °C così da ottenere una soluzione omogenea. A questa si va ad aggiungere un volume di isopropanolo pari a quello del gel. Tale soluzione ottenuta viene applicata ad apposite colonnine inserite in tubi in modo che, durante la centrifuga, il DNA rimanga adeso alle pareti di tali colonnine e tutto il resto finisca nel tubetto di raccolta e venga gettato via. Questa operazione viene ripetuta più volte e con buffer diversi per poter purificare al meglio il DNA. L’ultimo passaggio è l’eluizione del DNA dalle pareti della colonnina in una eppendorf pulita, sempre attraverso un buffer specifico e si stima di ottenere una concentrazione di DNA pari al 70-80% di quella contenuta nelle bande di gel.
3.1.3
“Ligation”
L’inserzione dei geni MEX3A e ZnF367 nel plasmide e la sua chiusura avvengono tramite una reazione la cui miscela è composta da: plasmide linearizzato, inserto, che va aggiunto in una concentrazione calcolata da una formula specifica ((nanogrammi del plasmide * Kb dell’inserto / Kb del plasmide) *3), ligasi, ATP e buffer, per un volume totale di 10 l. Tale miscela viene lasciata a 14 °C tutta la notte.
3.2 Trasformazione di cellule competenti di E.coli
per l’amplificazione del DNA plasmidico
3.2.1
Trasformazione
Le cellule di E.coli utilizzate appartengono al ceppo DH5α e sono rese competenti tramite trattamento in CaCl2 50 mM a 4 °C per 30 minuti, il trattamento è
ripetuto due volte e le cellule sono poi conservate previo utilizzo a -80°C. Per la trasformazione si aggiunge ad un’aliquota di 200 µl di cellule competenti, 10 ng di plasmide superavvolto e contenente l’inserto d’interesse, poi si incuba il tutto in ghiaccio per 45 min. Dopo si sottopone la miscela a “heat shock” (42 °C per 90 secondi) e si pone di nuovo in ghiaccio per 10 minuti. Si aggiunge poi 800 µl di brodo LB e si incuba in stufa per un’ora, dopo si piastrano le cellule su terreno selettivo (LB con agar e ampicillina 100 µg/ml) e si tengono le piastre a 37 °C tutta la notte. Il mattino seguente dovrebbero essere comparse sulle piastre le colonie, queste provengono dalle uniche cellule sopravvissute e cioè quelle con il plasmide, il quale contiene il gene che conferisce resistenza all’ampicillina. Ogni volta si effettua una trasformazione di controllo per valutare l’efficacia dell’antibiotico, piastrando in parallelo 100 µl di cellule in assenza di DNA plasmidico.
Soluzione:
LB (Luria-Bertani Broth)
NaCl 1%
bacto tryptone 1%
3.2.2
Inoculo ed estrazione di DNA plasmidico
Dalle piastre di cellule di E. coli, ricavate dalla trasformazione, si trasferisce in modo sterile una singola colonia in un tubo batteriologico da 10-15 ml e contenente 3 ml di brodo LB con ampicillina 100 µg/ml. Questo inoculo viene incubato per 12-16 ore a 37 °C in agitazione, così da far raggiungere alla coltura batterica la fase di crescita stazionaria. A questo punto si procede con l’estrazione e la purificazione del DNA plasmidico tramite un apposito kit contenente colonnine con membrana di silicio NucleoSpin (Macherey-Nagel).
3.3 Digestione di DNA plasmidico con enzimi di
restrizione
Per ottenere DNA stampo lineari da utilizzare per la trascrizione in vitro, è necessario linearizzare i plasmidi superavvolti e contenenti l’inserto d’interesse tramite enzimi che tagliano il vettore ma non l’inserto. Si preferisce utilizzare enzimi che compiano tagli in modo da creare un’estremità 5’ protrudente o “blunt”, infatti utilizzando un DNA stampo con estremità 3’ protrudente c’è il rischio che l’RNA venga trascritto a partire dal filamento complementare a quello desiderato. Sia per il plasmide pGEM-T che per il pCR 2.1 si utilizza l’enzima Not I. La linearizzazione avviene secondo il protocollo di digestione descritto nel paragrafo 3.1.1.
3.4 Purificazione del DNA
3.4.1
Estrazione fenolica
Dopo la digestione per purificare il DNA linearizzato dalle proteine si porta la soluzione di digestione ad un volume di 150 µl con acqua e si aggiunge un ugual volume di fenolo-cloroformio-alcool isoamilico, soluzione 25:24:1 a pH 8. Dopo aver mescolato energicamente la soluzione, si sottopone a centrifuga per 3 minuti a 12000
rpm, si ottengono così due fasi, una organica contenente le proteine (quella bassa) e una acquosa contenente il DNA (quella alta). Dunque si aspira il sovranatante e si pone in una nuova eppendorf. Tale tecnica si basa sul fatto che le proteine sono più solubili in fase organica che in fase acquosa, il fenolo combinato con il cloroformio denatura le proteine, il cloroformio facilita la separazione fra le due fasi e l’alcool isoamilico riduce la formazione di schiuma durante l’estrazione.
3.4.2
Precipitazione alcolica
Il DNA estratto viene precipitato aggiungendo 2,5 volumi di EtOH assoluto a 1/10 di volume di Sodio Acetato (pH 5,2 e 0.3 mM finale), questi sali facilitano la precipitazione e assorbono l’acqua che idrata il DNA, proteggendolo dal congelamento. Dopo aver capovolto il tubo più volte, si fa precipitare 30 minuti a -80°C oppure 4 ore a -20°C e poi si prosegue con una centrifuga per 15 minuti a 12000 rpm a 4 °C. Si getta il sovranatante mentre il pellet viene lavato con EtOH al 70% freddo per eliminare i sali e sempre tramite centrifuga. Una volta asciugato, il pellet viene risospeso in acqua sterile e conservato a -20 °C. Per quantificare il DNA ottenuto (plasmide linearizzato) si considera un recupero medio di DNA tramite tale tecnica, del 80% e si carica su di un gel di agarosio all’1% una quantità di DNA che si presume corrisponda a circa 200/300 ng.
3.5 Elettroforesi su gel di agarosio
Si prepara un gel d’agarosio all’1% su cui poter fare una corsa elettroforetica utile per determinare la purezza del DNA estratto, il livello di completezza della digestione, la quantità di DNA estratto e la lunghezza in paia di basi della bande che si ottengono. Il gel si ottiene facendo sciogliere l’agarosio in TBE portato ad ebollizione e aggiungendo, prima che il gel polimerizzi, l’etidio bromuro, EtBr, ad una concentrazione finale di 20 µg/ml. La soluzione viene lasciata raffreddare un poco e poi viene colata su un vetrino da elettroforesi su cui si è già posizionato un
pettine utile a formare sul gel solidificato dei pozzetti su cui viene caricato l’acido nucleico. Dopo essersi polimerizzato, il gel è posto nell’apparato elettroforetico immerso nel TBE a pH 8. I campioni che voglio caricare vengono diluiti in acqua e buffer di caricamento, il quale ha duplice funzione: appesantisce il preparato facendolo cadere in fondo al pozzetto e permette di seguire visivamente la corsa. Si caricano poi i campioni su gel e si applica una differenza di potenziale di 50/120 V per un tempo variabile, dai 5 ai 60 minuti. Alla fine si visualizzando le bande ponendo il gel sotto i raggi UV, infatti in queste condizioni il bromuro di etidio che durante la corsa si è via, via intercalato fra le basi azotate, risulta luminescente. Le dimensioni dei frammenti ottenuti possono essere valutate tramite il caricamento parallelo di marcatori a peso molecolare noto. Nel caso si debba caricare dell’RNA, gli apparati elettroforetici sono resi “RNasi free” tramite pretrattamento con NaOH 0,1 M per circa 20 minuti.
Soluzioni: TBE pH 8.0: Tris base 0.089 M Acido borico 0.089 M EDTA 0.002 M Loading buffer 6x: Glicerolo 5% Blu di bromofenolo 0.05% Xilene cianolo 0.05% Gel di agarosio: Agarosio 1% (peso/volume) Bromuro di etidio 20 µg/ml TBE 1X a vol.
3.6 Embrioni di Xenopus laevis
Gli embrioni di Xenopus laevis si ottengono tramite fecondazione in vitro. Il maschio viene anestetizzato tramite l’immersione in una soluzione allo 0,1% di MS222 (metanosulfonato dell’estere etilico dell’acido 3-aminobenzoico) e poi risciacquato sotto acqua corrente prima dell’operazione per la rimozione del testicolo. Il testicolo rimosso chirurgicamente può essere conservato per qualche giorno a 4 °C in MMR 1X, NaCl 20mM e gentamicina, può essere dunque usato per più esperimenti. Le femmine vengono invece stimolate con 100 UI di gonadotropina sierica per uso veterinario da 11 a 4 giorni prima della deposizione e con 800/1000 UI di gonadotropina corionica 10-12 ore prima della deposizione. La gonadotropina viene somministrata per iniezione nel sacco perilinfatico e le femmine vengono indotte a deporre esercitando manualmente una pressione sul loro addome. Le uova sono poi raccolte in piastre Petri con dell’MMR 0,1X, il quale viene poi aspirato via al momento della fecondazione. Quest’ultima avviene facendo passare per 2/3 minuti un frammento di testicolo sopra le uova, lasciandole poi a secco per 5 minuti e riaggiungendo poi dell’MMR 0,1X. Tale operazione di fecondazione può essere ripetuta ad intervalli di 1-2 ore. Dopo almeno 25 minuti dalla fecondazione le uova, che nel frattempo hanno compiuto la rotazione corticale, vengono sottoposte ad una soluzione degelificante in grado di privarle del loro rivestimento gelatinoso, esso infatti è piuttosto resistente ed impedirebbe la microiniezione durante i primi stadi di sviluppo. Dopo aver rimosso tramite acqua corrente la soluzione degelificante le uova vengono lasciate sviluppare in MMR 0,1 X fino allo stadio d’interesse. Nel caso di ibridazioni in situ, al momento che viene raggiunto lo stadio voluto, gli embrioni vengono trasferiti in vials di vetro da 7 ml, viene aggiunta una soluzione MEMFA per fissarli a quello stadio e vengono tenuti in oscillazione per 1 ora a temperatura ambiente. Dopo viene rimosso il MEMFA e viene aggiunto dell’EtOH assoluto che permette di mantenere gli embrioni per mesi a -20 °C. Gli stadi embrionali richiesti vengono identificati secondo i criteri di Nieuwkoop e Faber (1967).
Soluzioni: MMR NaCl 0,1 M KCl 2 mM MgSO4 1 mM CaCl2 2 mM HEPES 5 mM pH 7,8 EDTA 0,1 mM “Dejelling solution” DTT 3,2 mM Tris-HCl 0,2 M pH 8,8 MEMFA 1X (Stock 10X) MOPS 0,1 M pH 7,4 EDTA 2 mM MGSO4 1 mM Formaldeide3,7%
3.7 Microiniezione
3.7.1
Microiniezione in embrioni di Xenopus laevis
Gli embrioni di Xenopus sono pigmentati e ciò permette agli stadi di 2-4-8 cellule di distinguere il polo animale da quello vegetativo e i blastomeri ventrali da quelli dorsali. Per la microiniezione gli embrioni degelificati vengono messi in una piastra Petri a cui è fissata alla base una reticella di plastica con maglie di circa 1 mm, questa serve a ridurre gli spostamenti degli embrioni durante la microiniezione. Gli embrioni sono immersi in una soluzione contenente MMR 0,1X e Ficoll 3% essendo vischiosa, permette agli embrioni di mantenere una forma sferica durante la fase d’iniezione e limita la fuoriuscita di citoplasma nel punto di entrata dell’ago. Le ore dopo la microiniezione gli embrioni vengono lasciati crescere in MMR 0,1 X e Ficoll 3%, successivamente vengo trasferiti nel solo MMR 0,1 X. Quando poi gli embrioni di controllo raggiungono lo stadio necessario, si fissano sia i controlli che gli iniettati
e si conservano a -20 °C. Le microiniezioni vengono eseguite con un microiniettore Eppendorf FemtoJet il quale permette l’iniezione di volumi molto piccoli di liquido (nl). Gli aghi impiegati sono aghi Eppendorf Femtotips II che hanno un diametro esterno di 0.7 µm e un diametro interno di 0.5 µm. Il caricamento dell’RNA da microiniettare può essere eseguito con una micropipetta Gilson direttamente nell’ago stesso prima che questo venga montato sul microiniettore. Per gli esperimenti di ibridazione in situ “whole mount” si possono iniettare gli embrioni, allo stadio di 2 blastomeri iniettando uno dei 2 (1/2), oppure allo stadio di 4 blastomeri iniettando la cellula più piccola e più pigmentata (1/4).
3.7.2
“Morpholino”
I morpholini usati durante questo lavoro sono sequenze oligonucleotidiche antisenso di 25 mer, chimicamente modificate in modo da essere stabili all’interno delle cellule per tempi lunghi. Queste sequenze sono disegnate in modo da essere complementari ad una porzione nei pressi dell’ATG al 5’ UTR del gene d’interesse, così da bloccarne la traduzione. Nella loro elaborazione vengono seguite una serie di indicazioni standard, quali ad esempio, una composizione in coppie di basi bilanciata. La presenza infatti di più guanine ripetute lungo la sequenza, può ridurre la solubilità del morpholino la quale risulta importante poiché una volta pronto, viene consegnato dalla Gene Tools in forma liofilizzata e viene poi risospeso in acqua sterile in modo da produrre uno stock concentrato 2mM.
Durante questo lavoro se ne sono utilizzati quattro, due costruiti per la sequenza del gene MEX3A e gli altri due per la sequenza del gene ZNF367. Tutti e quattro sono stati utilizzati per esperimenti di perdita di funzione, procedendo con la microiniezione in embrioni di Xenopus laevis e successivamente con l’analisi del fenotipo tramite ibridazioni in situ. La quantità iniettata in ogni embrione è di circa 20 ng e negli esprimenti condotti si è iniettato i due morpholini relativi a ciascun gene sia singolarmente che in coppia. Le sequenze dei morpholini utilizzati sono le seguenti:
per MEX3A: morpholino 1_ caataatcggTACGGCTCGGACGAC morpholino 2_ ttcactaacaataatcggTACGGCTT
per ZNF367: morpholino 1_ tacTACAGACTGCAAGCGAGAAGAG morpholino 2_ cagcctatctgacatttgttacTAC
3.7.3
Sintesi in vitro dei trascritti da microiniettare
Nella preparazione di trascritti da microiniettare si deve tenere conto della stabilità del trascritto e dell’efficienza di traduzione all’interno della cellula. Per questo si inserisce il cDNA dei geni da iniettare all’interno di plasmidi che contengono elementi stabilizzanti l’RNA, inoltre per aumentare l’efficienza di traduzione e la sopravvivenza in ambiente cellulare si aggiunge alla miscela di trascrizione una “terminal CAP structure” all’estremità 5’. Il “CAP” tipico degli RNA cellulari consiste di una 7-metil-guanosina 5’ trifosfato che si lega mediante ponte fosfodiesterico 5’- 5’ all’RNA trascritto in vitro. Per ottenere trascritti forniti del “CAP” si deve far avvenire la reazione di trascrizione in presenza di una concentrazione di GTP pari a 1/19 di quella del “CAP”, la cui concentrazione è uguale a quella di ATP, UTP e CTP. I templati si ottengono tramite linearizzarione per digestione di 5-10 µg di DNA plasmidico, usando un sito di restrizione a valle della coda di poli-A o del sito di poliadenilazione virale.
Tale reazione avviene in un volume di 20 µl, ad esempio: DNA linearizzato 1-2 µg
Mix “CAP” 5X 4 µl
RNA-polimerasi 2 µl (50-100 UE) Rnase-Inhibitor 1 µl (20 UE) H2O RF fino a 20 µl
La reazione avviene a 37 °C per 2 ore, dopodiché il DNA stampo viene idrolizzato tramite l’azione di DNasi I RF per un’ora sempre a 37 °C, segue poi l’estrazione di
DNA con la tecnica del fenolo-cloroformio, la precipitazione alcolica, risospensione in TE RF o H2O RF e infine la quantificazione su gel di agarosio. I trascritti vengono
poi diluiti e suddivisi in aliquote e conservati a -20 °C così da scongelare la sola quantità necessaria al momento della microiniezione. Oltre al trascritto del gene d’interesse (in questo caso MEX3A e ZNF367), nella miscela di iniezione si aggiunge il trascritto codificante per la GFP inserita in pCS2, questo serve per poter individuare facilmente e direttamente su embrione vivo, il lato iniettato da quello di controllo irradiando l’embrione con una luce nella frequenza desiderata. Si può aggiungere alla miscela anche il trascritto codificante per il gene LacZ (β-galattosidasi) unito ad un segnale di localizzazione nucleare e inseriti in 2. La sua utilità e rivelazione viene approfondita nel paragrafo successivo. Infine si unisce alla miscela un tracciante di colore blu con cui posso monitorare la miscela di trascritti che fuoriesce dall’ago durante la microiniezione.
Esempio di miscela di iniezione in 10 µl
mRNA CAP del gene d’interesse 2µl mRNA CAP di GFP 2µl mRNA CAP di β-galattosidasi 2 µl tracciante 2 µl H2O fino a vol.
3.7.4
Reazione cromogenica per la galattosidasi
L’utilizzo del messaggero della β-galattosidasi nelle microiniezioni serve a facilitare il lato iniettato da quello di controllo tramite una reazione enzimatica il cui prodotto risulta colorato. Esistono vari substrati della β-galattosidasi, il Salmon-gal il cui prodotto è di colore rosato, l’X-gal di colore celeste e il Red-gal di colore rosso. Quando gli embrioni hanno raggiunto lo stadio desiderato, vengono fissati in MEMFA per 40 minuti e lavati per 5 minuti in PBS 1X. poi si aggiunge la soluzione con il substrato, “β-gal solution”, e si incuba in stufa a 37°C fino a quando gli embrioni sono sufficientemente colorati. La durata della fase di colorazione è variabile (da 15 min a 1 ora). Infine per interrompere la reazione cromogenica, si passano gli embrioni in PBS 1X per qualche minuto, poi si fissano di nuovo in MEMFA per 20 minuti e si disidratano in EtOH assoluto, così da conservarli a -20 °C fino al momento dell’ibridazione in situ “whole mount”.
Soluzioni: PBS 10X (pH 7.3) NaCl 1.37 M KCl 0.027 M Na2HPO4 0.043 M KH2PO4 0.015 M
β-gal solution (10 ml) C6FeK3N6 32.93 mg C6FeK4N6 • 3H2O 42.24 mg X-gal o Red-gal (20 µg/µl ) 400 µl MgCl2 (1 M) 20 µl PBS fino a vol.
3.8 Ibridazione in situ
3.8.1
Preparazione della sonda
Per preparare una sonda a RNA è necessario digerire il plasmide contenente il cDNA del gene d’interesse utilizzando un enzima che tagli una sola volta, in un punto situato al 5’ del gene e non all’interno del gene. Dopo la digestione il DNA viene purificato tramite estrazione fenolica e poi viene usato come stampo per una reazione di trascrizione in vitro con una polimerasi che riconosce il promotore posto al 3’ del gene, così si ottiene un trascritto antisenso. Si effettua una reazione di trascrizione standard (Melton et al., 1985) usando Sp6, T7 o T3 RNA polimerasi e un UTP ribonucleotide modificato, cioè sostituito in posizione 11 con digossigenina.
Esempio di reazione condotta in 20 µl:
Tampone di trascrizione 5X 4 µl DTT 100mM 2 µl DNA linearizzato (1 µg/µl) 1 µl Rnase-lnhibitor (20 UE/µl) 1 µl RNA polimerasi 2 µl Miscela di nucleotidi con:
digossigenina-UTP 2.5 mM 2 µl H2O RF fino a 20 µl
Dopo l’incubazione di 2 ore a 37 °C, si procede con la precipitazione alcolica
aggiungendo alla soluzione 2 µl di litio cloruro 5M e 75 µl di EtOH assoluto. Si capovolge poi il tubo più volte per mescolare la soluzione e si lascia a precipitare per
4 ore a -20 °C oppure per un’ora a -80 °C. Si passa poi alla centrifuga di 20 minuti a 4 °C a 12000 rpm, si elimina poi il sovranatante e si sciacqua il pellet con 150 µl di EtOH al 70% freddo centrifugando per 5-10 minuti a 4 °C a 12000 rpm. Si toglie poi il sovranatante, si lascia il pellet a temperatura ambiente così da far evaporare l’EtOH residuo e si riso spende il tutto in 20 µl di H2O RF o TE. In fine di può fare la
quantificazione del trascritto ottenuto, facendo una corsa elettroforetica su gel di agarosio e utilizzando come riferimento tRNA a concentrazione nota. I trascritti ottenuti possono poi essere conservati in “stock” 10X (10 µg/ml) nella miscela di ibridazione.
3.8.2
Ibridazione in situ “whole mount”
La tecnica di ibridazione in situ “whole mount” viene utilizzata per lo studio del normale “pattern” di espressione di un gene, per analizzare l’effetto della sovraespressione o della perdita di funzione di un gene si di un altro gene (possibile “target”). Gli esperimenti di ibridazione in situ “whole mount” si effettuano, fatta eccezione per alcune modifiche, seguendo il protocollo di R. Harland (1991). Durante tutto l’esperimento gli embrioni precedentemente fissati vengono trattati all’interno di “vials” di vetro e tutti i passaggi, se non diversamente indicato, sono eseguiti sistemando orizzontalmente i “vials” su di un agitatore e aggiungendo e rimuovendo ogni volta 5 ml di soluzione. All’inizio gli embrioni conservati in EtOH assoluto a -20 °C sono reidratati effettuando lavaggi da 5 munti in una serie decrescente di alcoli: EtOH 100%
EtOH 75% + H2O 25%
EtOH 50% + H2O 50%
EtOH 30% in PBS 1X PBT 100% per 3 volte
Si passa poi ad un trattamento con una soluzione di 10 µg/ml di proteinasi K in PBT e si incuba a temperatura ambiente per 5-20 minuti senza mettere in agitazione. Il tempo d’incubazione della PK varia a seconda dello stadio degli embrioni trattati, infatti la sua funzione è quella di sfaldare parzialmente la membrana cellulare e
facilitare la successiva entrata della sonda, dunque si deve avere molta attenzione in questo passaggio, poiché gli embrioni sono molto sensibili a sfaldamento. Seguono poi 2 lavaggi di 5 minuti in PBT, dopo gli embrioni vengono fissati per 20 minuti in paraformaldeide (PFA) 4% (4 ml di PBS 1X + 1ml di PFA 20%) a temperatura ambiente e sull’agitatore. Seguono 3 lavaggi da 5 minuti in PBT, si rimuove poi il PBT e si sostituisce con 600 µl di PBT + 250 µl di miscela di ibridazione per 10 minuti. In questo modo si abituano gli embrioni alla densità della miscela d’ibridazione. Nel passaggio successivo si ha il trattamento degli embrioni con la sola miscela di ibridazione per 4-6 ore a 62 °C e dopo si sostituisce il tutto con 0,5 ml di tampone di ibridazione unito alla sonda marcata che si vuol usare in concentrazione finale di 0,3 µg/ml e si ibrida per almeno 12 ore a 62 °C. Una volta tolto il tampone con la sonda o le sonde lo si può conservare e riutilizzare per altre due o tre volte. Si deve a questo punto lavare via l’eccesso di sonda non ibridata o ibridata in modo aspecifico, dunque si fanno lavaggi in soluzioni a forza ionica decrescente per aumentare la stringenza, si deve tener presente che è importante aggiungere le soluzioni preriscaldate in modo che sia alla stessa temperatura del lavaggio corrispondente. Dunque si mette nei “vials” 1 ml di tampone d’ibridazione fresco per 10 minuti a 62 °C, poi si fanno 3 lavaggi in SSC 2X e CHAPS 0,1% di 20 minuti a 62 °C. Seguono poi 2 lavaggi in SSC 0,2X e CHAPS 0,1% di 30 minuti a 62 °C, si lava poi 2 volte in MABT per 10-15 minuti a temperatura ambiente. Segue poi una preincubazione di un’ora a temperatura ambiente in MABT 0,5 ml + reagente bloccante 2% + siero di pecora 20 %. Si passa poi all’incubazione con l’opportuno anticorpo (anticorpo antidigossigenina coniugato con fosfatasi alcalina ingegnerizzata, dunque diversa da quella endogena) diluito in soluzione con MABT + reagente bloccante 2% + siero di pecora 20% a 4°C per 4 ore a temperatura ambiente o tutta la notte a 4°C. Per eliminare l’eccesso di anticorpo si fanno poi dei lavaggi in MABT, se ne fanno almeno 5 da 60 minuti ed uno è preferibile farlo O/N a 4 °C. Si passa poi ad un lavaggio in tampone di fosfatasi alcalina (APB) + TWEEN 0,1% + Levamisole (una sostanza in grado di eliminare le fosfatasi endogene). A
questo punto si utilizza la soluzione di rivelazione opportuna, in questo lavoro si utilizza il “BM purple” che si trova in forma liquida pronta per l’uso e comporta una colorazione blu intenso. Durante la reazione la fosfatasi alcalina, associata all’anticorpo, usato scinde il substrato cromogenico (“BM purple”) creando un prodotto colorato in grado di evidenziare le zone in cui la sonda si è ibridata dunque le zone in cui il gene d’interesse è espresso. Quando il segnale è soddisfacente si blocca la reazione cromogenica, rimuovendo il cromogeno e fissando gli embrioni in MEMFA O/N, così da fissare la colorazione. Gli embrioni possono essere conservati a questo punto, in EtOH assoluto a -20 °C.
Soluzioni:
PBT
PBS 1X
Tween-20 0.1%
Soluzione di paraformaldeide
Si può preparare uno “stock” di paraformaldeide al 20%, che si conserva in frigo a 4°C per diversi mesi. Si scioglie la paraformaldeide in acqua RF ad una temperatura di 60°C e si chiarifica aggiungendo 10Wl di NaOH 10N in 100 ml di paraformaldeide. Quando la soluzione è diventata limpida si lascia raffreddare, si porta a volume con acqua distillata e si filtra con carta 3MM. Al momento dell’uso si diluisce la paraformaldeide così preparata con PBS.
Tampone di ibridazione Formammide 50% SSC 5X Torula RNA 1mg/ml Eparina 100 µg/ml Denhart’s 1X Tween-20 0.1% CHAPS 0.1% EDTA 10 mM
MAB (Maleic Acid Buffer) pH 7.5 Acido Maleico 100 mM NaCl 150 mM MABT MAB 1X TWEEN-20 0,1% SSC 20x (concentrazione stock)
Per 1 litro di soluzione: NaCl 175,3 g Na3Citrato 88,2 g
Tampone di reazione cromogenica della fosfatasi alcalina (APB)
Tris 100 mM pH 9.5 MgCl2 50 mM
NaCl 100 mM
3.8.3
Depigmentazione (“Bleaching”)
Nell’ibridazione in situ “whole mount” abbiamo trattato embrioni pigmentati, la pigmentazione potrebbe ostacolare la visualizzazione del segnale dato dal cromogeno, possiamo dunque utilizzare un metodo che permette di eliminare in breve tempo il pigmento e con minima perdita di segnale. Si lavano dunque più volte gli embrioni in EtOH al 70% per eliminare residui di reagenti che possono interferire con il “bleaching”. Si passano poi in una soluzione con SSC 0,5X e EtOH al 50% per qualche minuto e dopo in soluzione con SSC 0,5X + formammide al 5% + H2O2 al
2%. Gli embrioni in questa soluzione sono posti su un agitatore, sotto una lampada a luce fluorescente per un periodo variabile di 1-2 ore. Quando gli embrioni si sono chiarificati si rimuove la soluzione di “bleaching” e si mettono in EtOH assoluto dove si possono conservare a -20 °C.
3.8.4
Inclusione e taglio al criostato
Gli embrioni da tagliare al criostato, quando arrivano allo stadio voluto, in questo lavoro si sono usati a stadio 42, vengono fissati per 1-2 ore in paraformaldeide (PARA) al 4 % all’interno di “vials” e in oscillazione. Dopo si sostituisce la PARA con del saccarosio 20% in PBS, gli embrioni vengono così equilibrati e crioprotetti, si lasciano in soluzione, nei “vials” senza oscillazione, finchè non sono saturi di saccarosio, in tal caso li vediamo cadere sul fondo. Dopo se necessario si può rimuovere la coda degli embrioni tramite l’uso di un piccolo bisturi e all’interno di una piastra Petri, questo è utile per ridurne la lunghezza e posizionarli al meglio all’interno dei blocchetti da inclusione (lo si può fare perché la parte che a noi interessa è la testa). Si può passare all’inclusione, in cui posizioniamo con la testa rivolta verso il basso, un numero di embrioni a scelta (ad esempio quattro) negli appositi blocchetti in cui applichiamo l’ Optimal Cutting Temperature (O.C.T.) e li poniamo subito a -80 °C, dove possono essere mantenuti fino al momento del taglio. Al momento del taglio, i blocchetti vengono messi a -20 °C per poterli abituare alla temperatura del criostato. Le sezioni di 12-16 m ottenute vengono via, via posizionate su vetrini porta-oggetto, su cui vengono lasciate asciugare almeno un’ora sulla piastra scaldante affinché aderiscano bene. Quindi possono essere conservati a -80°C da cui vengono recuperati quando necessario e lasciati scongelare a R.T.
3.8.5
Ibridazione in situ su sezioni
L’ibridazione in situ sugli embrioni tagliati al criostato in sezioni di 12m è stata effettuata come descritto in Strahle et al., (1994).
Si procede con 2 lavaggi successivi di 5 minuti in PBS per rimuovere l’eccesso di OCT. Su ogni vetrino vengono aggiunti 200μl di “Hybridisation buffer” addizionato con la sonda marcata, ad una concentrazione finale di 200-300ng/ml, precedentemente denaturata a 80°C. Per evitare l’evaporazione si posiziona il copri-oggetto sul vetrino e si lascia che avvenga l’ibridazione in stufa a 65°C per tutta la
notte.
Il giorno successivo vengono effettuati 3 lavaggi di 30min ciascuno con “washing solution” mantenendo a 65°C. Seguono 2 lavaggi con MABT 1X per 30 minuti stavolta a R.T. e una pre-incubazione di 1 ora sempre a R.T. in soluzione “Blocking”: MABT 1X+ 2% reagente bloccante + 20% siero di pecora (500μl su ogni vetrino). Si incuba per tutta la notte a 4°C con anticorpo antidigossigenina (1:3000), diluito in soluzione “Blocking”. Il giorno seguente si eseguono 4 lavaggi con MABT 1X a RT di 30min ciascuno per rimuovere l’eccesso di anticorpo dalle sezioni . L’ultimo lavaggio viene sostituito con il tampone per la fosfatasi alcalina (APB) + Tween 0,1% + Levamisol (0.0005 gr/ml), 2 volte per 15 min.
Si aggiunge infine la soluzione di rivelazione, in questo lavoro si è usato il FAST RED, questo cromogeno è fornito sottoforma di tavolette. Prima della reazione cromogena, faccio un lavaggio dei vetrini con TRIS pH 8,2 0,1 M, mettendone 500 µl a vetrino, poi si pone una tavoletta in una eppendorf con 2 ml di TRIS pH 8.2 0,1M, si usa poi il vortex per scioglierla. Se ne applica 150 µl a vetrino, dopodiché i vetrini vengono ricoperti con del parafilm e messi al buio. Appena il segnale risulta visibile in modo soddisfacente si procede bloccando la reazione cromogenica, rimuovendo la soluzione e lavando i vetrini due volte in PBS. Per avere una doppia colorazione e marcatura, si prepara l’HOECHST in PBS (1 µl di HOECST ogni 1 ml di PBS), un intercalante del DNA che colora i nuclei di blu, se ne applica 500 µl a vetrino e si pongono per 5 minuti i vetrini al buio , dopodiché si lava di nuovo in PBS. A questo punto si effettua un passaggio veloce in acqua per rimuovere l’eccesso di sali dalle sezioni che successivamente vengono lasciate asciugare all’aria e poi coperte con vetrino copri-oggetto ed un montante tipo “Aqua Poly/mount”.
Soluzioni: “Hybridisation buffer” SALT 1X 10ml FORMAMIDE 50% 50ml DESTRANO SOLFATO 10% 20ml DENHARDT’S 1X 2ml RNA DI TORULA 1ng/nl 10ml H2O RF 8ml “Washing solution” SSC 1X FORMAMIDE 50% Tween 0,1% H2O2 a volume TRIS pH 8,2 1M TRIS HCl 1M TRIS BASE 1M