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CAPITOLO I ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLA MAMMELLA DELLA CAGNA

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CAPITOLO I

ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLA

MAMMELLA DELLA CAGNA

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1.1 SVILUPPO EMBRIONALE

La comparsa degli abbozzi mammari è caratterizzata dalla formazione di un ispessimento lineare dell'ectoderma, che si estende, da ciascun lato dell'embrione, dalla regione ascellare a quella inguinale, costituendo la cosiddetta cresta mammaria. Su questa si differenziano, in seguito ad un'attiva proliferazione di cellule dell'ectoderma, dei noduli mammari. Ogni abbozzo rappresenta una gemma mammaria primaria, che si solleva in superficie e si accresce in profondità, emettendo, dalla sua periferia, gemme mammarie

secondarie. Queste ultime si allungano e si ramificano dando origine alla futura

ghiandola mammaria.

Il nodulo epiteliale che costituiva la gemma mammaria primaria regredisce e si trasforma successivamente in una piccola depressione circolare, la fovea

mammaria, nella quale sboccano i condotti di tutte le ghiandole mammarie

derivate da tale gemma. Un piccolo ammasso di mesoblasto solleva il rivestimento epiteliale, dando origine all'abbozzo della papilla mammaria o

capezzolo, alla cui estremità saranno accolti gli orifici d'eiezione del latte.

1.2 NUMERO E TOPOGRAFIA

Le mammelle della cagna si estendono in due file parallele, dalla regione toracica a quella inguinale. Solitamente sono cinque paia e sono denominate come mammella toracica craniale, toracica caudale, addominale craniale, addominale caudale e inguinale, ma possono essere presenti anche quattro o sei paia di mammelle oppure mammelle dispari, con posizione alternata.

1.3 CONFORMAZIONE E ANOMALIE

Le mammelle sono costituite da parenchima ghiandolare e da tessuto connettivo elastico e adiposo, il tutto sostenuto da sottocute e tegumento, che rappresentano il corpo della mammella. Il capezzolo si trova sulla parte più rilevata e si presenta come un prolungamento cilindroide.

Le mammelle dei due lati sono separate sul piano mediano da una depressione longitudinale, che costituisce il solco intermammario.

Le anomalie delle mammelle sono più frequenti nelle specie in cui queste ghiandole sono più numerose. Possono riguardare modificazioni di volume, numero, topografia o forma delle mammelle.

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quando una o più mammelle presentano un volume esagerato o di micromastia, in caso di ipoplasia di uno o più corpi mammari.

Per quanto riguarda le anomalie di volume delle papille, più frequenti, parleremo di macrotelia o di microtelia, a seconda che questo sia aumentato o diminuito.

Le modificazioni di numero dei corpi mammari si identificano con il termine di

polimastia o ipermastia, se in eccesso, e di oligomastia o ipomastia, se sono

assenti una o più mammelle.

Per quanto riguarda le papille, infine, si parla di politelia o ipertelia, quando troviamo più papille sullo stesso corpo mammario o papille soprannumerarie e di oligotelia o ipotelia, in caso di assenza di una o più papille, più frequente nei maschi.

1.4 STRUTTURA

Le mammelle dei due lati sono sempre distinte da un lato all'altro grazie alla presenza di un setto mediano, che risulta dall'addossamento degli apparati sospensori delle ghiandole dei due lati.

Da un punto di vista strutturale le mammelle si compongono di: tegumento, tessuto connettivo elastico, che ne rappresenta l'apparato sospensore e dal

parenchima ghiandolare.

Tegumento

Il tegumento è in genere morbido, aderente all'involucro fibro-elastico e ricco di ghiandole sebacee e sudoripare, soprattutto in prossimità del capezzolo.

Alla base della papilla o nelle sue vicinanze si riscontrano spesso lunghi peli, che diventano invece corti e finissimi sulla papilla propriamente detta.

Apparato di sospensione

L'apparato sospensore è costituito da tessuto connettivo-elastico, giallastro, che si continua, esternamente, con il derma del tegumento e, internamente con il connettivo del parenchima ghiandolare. Vi si possono distinguere due parti: una laterale e una mediale. La prima è costituita da lamine laterali, alcune delle quali si attaccano alla parete del tronco, mentre altre si continuano nella fascia superficiale. Le lamine mediali, invece, si uniscono sul piano mediano a quelle controlaterali, andando a formare un setto che separa le mammelle dei due lati.

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Parenchima mammario

Il parenchima mammario è il principale costituente del corpo della mammella. È sostenuto da un'impalcatura connettivale che è in continuità con l'apparato sospensore, perifericamente e con il connettivo intralobulare, internamente. In particolare, il connettivo interlobulare separa i vari lobuli tra loro, mentre quello intralobulare riveste le strutture tubuloalveolari, definendo il singolo lobulo. Questo connettivo è ricco di fibre collagene ed elastiche ed è più abbondante del tessuto ghiandolare fino alla pubertà, quando inizia a ridursi. Esso costituisce dei setti che suddividono il parenchima ghiandolare in lobi e lobuli. Da un punto di vista istologico la mammella è una ghiandola apocrina tubuloalveolare composta, costituita da una porzione secernente, gli alveoli

ghiandolari, e da un sistema di dotti escretori.

Gli alveoli ghiandolari hanno la forma di tubuli irregolarmente dilatati e sono provvisti di varie dilatazioni sacciformi. Sono rivestiti da epitelio cubico semplice che riposa su una sottile membrana basale. Tra questi due strati s'insinuano le cellule mioepiteliali, o mioepiteliociti stellati, o cellule a

canestro, che intervengono nella contrazione e svuotamento degli alveoli.

Le cellule ghiandolari o lattociti variano molto come morfologia in base allo stato funzionale della ghiandola mammaria: a riposo si presentano bassi, cuboidali, con scarso citoplasma, mentre, in fase di secrezione, diventano alti e con citoplasma più abbondante.

Ogni alveolo mammario si continua in un condotto alveolare che, a sua volta, sbocca in un condotto intralobulare, che presenta sempre un epitelio cubico semplice, ma privo d'attività secernente. Ogni lobulo, che è formato dall'insieme delle unità secernenti tubuloalveolari, è drenato da condotti

interlobulari, che presentano un epitelio stratificato. All'uscita da ciascun lobo i

condotti precedenti sboccano in un condotto lattifero o condotto galattoforo, di maggior calibro. Quest'ultimo si dilata alla base della papilla a formare il seno

lattifero, che ha la funzione di serbatoio del latte e che presenta sempre epitelio

bistratificato ma con cellule più alte e uno strato fibro-elastico più ispessito. Ogni condotto possiede in genere un proprio seno, che può essere suddiviso in una parte ghiandolare e in una parte papillare, la quale comunica con l'esterno per mezzo di un condotto papillare. Le vie di escrezione del latte terminano nella papilla della mammella, sulla cui sommità si aprono, generalmente, da 8 a 12 osti papillari. Quelli periferici presentano una disposizione quasi circolare, mentre quelli centrali sono in genere più grandi e con posizione irregolare. Ogni ostio immette in un condotto papillare, costituito da epitelio pavimentoso stratificato che, a questo livello, si unisce all'epidermide del rivestimento cutaneo.

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1.5 EVOLUZIONE E CONTROLLO ORMONALE

Fino alla pubertà lo sviluppo della mammella segue quello del resto dell'organismo, mantenendo un aspetto simile a quello che aveva nella vita fetale. I lobuli sono piccoli e sono immersi in un abbondante tessuto connettivo, sono costituiti unicamente da condotti escretori e sono privi di alveoli.

Alla pubertà l'accrescimento della mammella è dovuto, in parte, ancora al tessuto connettivo, che si infiltra di grasso, ma soprattutto ai lobuli, che diventano più voluminosi e risultano costituiti principalmente da condotti, il cui sviluppo è regolato dagli ormoni estrogeni.

Gli alveoli si formano più lentamente e grazie all'intervento combinato di più ormoni quali estrogeni, progesterone, prolattina e ormone somatotropo. L'azione simultanea di questi ormoni e delle sostanze corticoidi elaborate dalla surrenale permette alla mammella di entrare in attività al termine della gravidanza.

Dopo la metà della gravidanza numerosi alveoli si sono formati e, poi, cavitati. Al momento del parto si ha un aumento della circolazione nella ghiandola e un'infiltrazione del tessuto connettivo intralobulare da parte di linfociti e plasmacellule; l'epitelio ghiandolare, precedentemente basso e inattivo, diventa cubico e più alto.

L'inizio dell'attività della ghiandola mammaria nel post-partum consiste nella secrezione del colostro, un secreto viscoso, giallastro, povero di lipidi, ma ricco di lattoproteine, che presenta una funzione lassativa e di trasferimento al neonato di un'immunità passiva, mediante il passaggio degli anticorpi materni. Nei giorni immediatamente successivi il secreto assume gradualmente tutte le caratteristiche del latte.

Durante il periodo di allattamento i lobuli si mantengono voluminosi, i setti si assottigliano e gli alveoli si presentano larghi, con un lume ben visibile e completamente occupato dai componenti del latte.

Il processo di eiezione del latte è legato all'instaurarsi di un riflesso neuro-endocrino costituito da un arco riflesso dove la componente afferente è data dagli stimoli nervosi, mentre quella efferente dall'ormone ossitocico. La suzione provoca la deformazione dei meccanorecettori del capezzolo e la conseguente insorgenza di impulsi nervosi che vengono trasmessi, attraverso i nervi mammari, al midollo, nel quale viaggiano nel tronco dorsale spinale, fino ai nuclei sopraottico e paraventricolare dell'ipotalamo, deputati alla sintesi dell'ossitocina. Quest'ultima, legata ad una specifica proteina, la neurofisina I, si sposta dal luogo di sintesi fino alla porzione posteriore dell'ipofisi, sito di stoccaggio. Gli impulsi efferenti raggiungono, attraverso il peduncolo ipofisario, la parte posteriore dell'ipofisi, che mette in circolo l'ormone.

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Quest'ultimo si lega ad una ß-globulina plasmatica e, in una ventina di secondi, raggiunge la mammella. A questo livello l'ossitocina stabilisce un legame con i recettori di membrana delle cellule mioepiteliali, determinandone la contrazione. Il numero dei recettori cresce in vicinanza del parto e raggiunge l'apice in piena lattazione, per poi ridursi nuovamente.

Questa contrazione, pur determinando un notevole aumento della pressione endomammaria, non raggiunge un'intensità tale da superare la resistenza opposta dallo sfintere del capezzolo, resistenza che potrà essere vinta grazie all'aiuto della suzione.

La concentrazione dell'ossitocina, pur essendo proporzionale allo stimolo ricevuto, varia notevolmente sia nei soggetti della stessa specie sia nello stesso individuo, presentando una più elevata risposta alle stimolazioni capezzolari nella prima fase di lattazione.

La secrezione lattea è regolata da due ormoni: la prolattina e l'ormone somatotropo.

Al termine dell'allattamento la ghiandola mammaria regredisce in seguito all'interruzione dei riflessi neurormonali. Gli alveoli vanno incontro ad involuzione e il tessuto connettivo torna ad essere il principale costituente della ghiandola, che permane nello stadio di riposo fino alla successiva gravidanza. In vecchiaia, infine, la mammella va incontro ad un'involuzione senile: gli alveoli scompaiono gradualmente e i condotti si riducono, mentre il tessuto connettivo, meno ricco di cellule e più denso, costituisce nuovamente la quasi totalità della ghiandola.

La mammella subisce un'influenza ormonale molto complessa: presenta infatti recettori per estrogeni, progesterone, fattore di crescita epidermico, prolattina, insulina e corticosteroidi. I principali rimangono comunque estrogeni e progesterone, che promuovono la crescita e lo sviluppo degli alveoli, dei dotti e dello stroma mammario.

Le modificazioni della ghiandola mammaria sono correlate alle variazioni ormonali che si presentano durante il ciclo estrale.

L'età della pubertà nella cagna è compresa dai 6 ai 24 mesi, con una media intorno ai 9-10 mesi. L'intervallo tra due cicli successivi, o intervallo

interestrale, varia da 4 a 12 mesi, con una media di 7. Pertanto la femmina

presenta solo uno o due cicli estrali all'anno.

Il ciclo estrale della cagna è suddiviso in 4 fasi: proestro, estro, diestro e anestro.

Proestro: l'inizio del proestro viene fatto coincidere con la prima

osservazione della tumefazione vulvare e dello scolo ematico, mentre termina nel momento in cui la cagna accetta l'accoppiamento. Il proestro è caratterizzato da un aumento delle concentrazioni sieriche di estradiolo,

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che provoca tumefazione vulvare, edema e corneificazione vaginale e sanguinamento uterino, che si manifesta esternamente sotto forma di uno scolo vulvare siero-ematico. La durata media del proestro è di 9 giorni, ma può variare dai 3 ai 17.

Durante l'anestro vengono prodotti contemporaneamente e secreti in modo pulsatile sia FSH che LH. Con il progredire dell'anestro le concentrazioni basali di FSH aumentano, mentre quelle di LH rimangono invariate. Questo aumento di FSH favorisce lo sviluppo dei follicoli ovarici, che iniziano a produrre il 17-ß-estradiolo, dando inizio al proestro. Durante l'anestro le concentrazioni di estradiolo sono basse, comprese cioè tra i 5 e i 15 pg/ml, ma cominciano ad aumentare all'inizio del proestro, superando i 15 pg/ml, fino ad arrivare ad un picco 1-2 giorni prima del picco di LH. Successivamente queste concentrazioni presentano un rapido declino nel periodo compreso tra 1-2 giorni prima del picco di LH e l'insorgenza dell'estro. A livello mammario gli estrogeni stimolano la crescita ghiandolare, in particolare dei dotti galattofori.

Estro: l'estro corrisponde alla fase in cui la cagna accetta il maschio, a

differenza del proestro. La durata media di questa fase del ciclo è di 9 giorni, con limiti compresi tra 3 e 21. In questo periodo si assiste ad una diminuzione dei livelli sierici di estradiolo e ad una luteinizzazione delle cellule del follicolo ovarico, che iniziano a secernere progesterone. Alla fine del proestro la concentrazione sierica di questo ormone passa da valori di meno di 0,5 ng/ml tipici dell'anestro a quelli compresi tra 0,5 e 1 ng/ml fino a raggiungere, 1-2 giorni prima del picco preovulatorio di LH, concentrazioni comprese tra i 2 e i 4 ng/ml. La combinazione tra il declino dei livelli sierici di estrogeni e l'aumento di quelli di progesterone scatena due eventi principali: il cambiamento comportamentale associato all'estro e l'instaurarsi del feedback positivo ipotalamo-ipofisario, che porta all'insorgenza del picco preovulatorio di FSH e LH. Questo, a sua volta, causa l'ovulazione, che avviene in media entro 2 giorni dal picco di LH, e la successiva formazione dei corpi lutei. A livello mammario il progesterone svolge un'azione trofica, soprattutto a carico della parte alveolare.

Diestro: il diestro rappresenta la fase luteinica del ciclo estrale. Nelle

prime due settimane dopo l'ovulazione la concentrazione sierica di progesterone aumenta rapidamente, raggiungendo il valore massimo di 15-80 ng/ml dopo 15-30 giorni dall'ovulazione. La secrezione di progesterone da parte dei corpi lutei dipende dall'LH ipofisario e dalla prolattina. La concentrazione plasmatica di progesterone resta elevata ma inizia a diminuire gradualmente nei due mesi successivi,

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indipendentemente dall'instaurarsi o meno della gravidanza. Nelle cagne gravide si ha una rapida caduta dei livelli di progesterone, che scendono al di sotto di 2 ng/ml, nel periodo pre-parto. Questo evento si verifica circa 64 giorni dopo il picco di LH e circa un giorno prima del parto. Nelle cagne non gravide, invece, si assiste ad una più graduale diminuzione della concentrazione plasmatica di progesterone, che può impiegare da 75 a 90 giorni per raggiungere i livelli basali di 0,2-0,5 ng/ml. Il diestro si considera endocronologicamente concluso quando le concentrazioni sieriche di progesterone scendono al di sotto di 1 ng/ml. L'aumento dei livelli di progesterone dà inizio allo sviluppo ghiandolare nel tessuto mammario. La caduta dei livelli di progesterone alla fine del diestro causa un improvviso aumento della secrezione di prolattina. Questo quadro ormonale può portare allo sviluppo di un fenomeno clinico noto come falsa gravidanza, pseudogravidanza o pseudociesi. Questo evento parafisiologico si riscontra comunemente nelle cagne integre e con cicli estrali regolari, ed è considerato normale. Si può verificare anche dopo la sospensione di progestinici esogeni o dopo ovariectomia effettuata durante il diestro. I sintomi clinici più comuni in corso di pseudociesi sono rappresentati dall'aumento di volume delle ghiandole mammarie e dall'instaurarsi della lattazione. Molto frequente è anche la manifestazione di un comportamento materno, che si esprime con la preparazione del nido e l'adozione di pupazzi o di altri oggetti similari. Le cagne possono inoltre mostrarsi irrequiete e irritabili e presentare inappetenza, vomito e aumento di volume dell'addome.

Anestro: l'anestro segue il diestro e termina con il proestro del ciclo

successivo. La durata dell'anestro è estremamente variabile, ma in media risulta di 4,5 mesi. In questa fase sono state identificate fluttuazioni pulsanti degli ormoni ipofisari LH e FSH e si assiste ad una regressione della ghiandola mammaria.

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1.6 VASCOLARIZZAZIONE, INNERVAZIONE E

DRENAGGIO LINFATICO

ARTERIE

Questi vasi presentano dimensioni variabili in funzione dello stato funzionale della ghiandola mammaria.

In genere sono flessuosi e riccamente ramificati e anastomizzati tra loro da ciascun lato. Le ramificazioni si immergono nei setti della ghiandola, successivamente si portano ai lobuli e si risolvono in una fitta rete capillare disposta attorno agli alveoli.

Sono presenti anche dei rami destinati a ciascuna papilla, alla base della quale si anastomizzano. Da queste anastomosi origina una rete vascolare destinata ai seni lattiferi. I rami papillari inviano inoltre delle ramificazioni che raggiungono l'estremità della papilla.

Le mammelle toraciche sono vascolarizzate, cranialmente, da rami perforanti dell'arteria toracica interna che passano attraverso gli spazi intercostali ventrali; medialmente, dall'arteria epigastrica craniale superficiale e, lateralmente, da rami mammari delle arterie intercostali e dall'arteria toracica

laterale.

Le mammelle addominali e inguinali ricevono il sangue dalle arterie

epigastriche superficiali, craniale e caudale, che decorrono sulla loro faccia

dorsale.

Le mammelle inguinali ricevono anche rami delle arterie pudende esterne.

VENE

Le vene originano da reti capillari analoghe a quelle arteriose, ma si presentano più voluminose e più anastomizzate tra loro. Alla base di ciascuna papilla si forma, infatti, un vero e proprio cerchio venoso, mentre un altro, meno regolare e in genere incompleto, si trova alla base della mammella.

Le mammelle toraciche sono drenate dalle vene epigastriche superficiali

craniali, mentre quelle addominali caudali e quelle inguinali dalle vene epigastriche superficiali caudali e dalle pudende esterne. Le mammelle

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LINFATICI

In ogni ghiandola, attorno alla base della papilla, si forma una fitta rete capillare anulare, che drena sia la papilla stessa sia il parenchima. Questa si continua successivamente con una rete sottocutanea, dalla quale emergono, alla base del corpo mammario, 2-3 efferenti. Questi ultimi si anastomizzano con quelli delle ghiandole vicine e si dirigono verso i linfonodi delle regioni corrispondenti. Le mammelle toraciche sono drenate dai linfonodi ascellari, in genere unici da ciascun lato, ma a volte duplici, che sono localizzati circa 3-4 cm caudalmente all'articolazione della spalla, contro la terminazione del muscolo grande rotondo.

In alcuni casi può essere presente anche un piccolo linfonodo ascellare

accessorio, situato un po' più caudalmente.

Eccezionalmente alcuni efferenti possono portarsi direttamente nel torace a livello dei linfonodi sternali.

Le mammelle addominali caudali e inguinali sono drenate dai linfatici diretti ai

linfonodi mammari o inguinali superficiali, che sono in numero di 1-2 da

ciascun lato sulla faccia dorsale della mammella inguinale.

Le mammelle addominali craniali possono essere drenate da uno o dall'altro dei due gruppi o, più frequentemente, da entrambi contemporaneamente.

(Fig.2:http://www.vsso.org/Mammary_T umors_-_Canine.html)

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NERVI

L'innervazione delle mammelle della cagna è garantita dai rami cutanei laterali e da quelli mediali dei nervi intercostali e dai rami superficiali dei primi tre nervi lombari (ipogastrico craniale, ipogastrico caudale e

ileo-inguinale), nonché dal ramo mammario del nervo genito-femorale.

Questi nervi contengono soprattutto fibre sensitive, che si associano a fibre simpatiche provenienti dai gangli corrispondenti della catena latero-vertebrale, tramite i rami comunicanti grigi.

I fasci di fibre decorrono nei setti e si arborizzano attorno agli alveoli. Nella papilla le fibre sensitive formano dei plessi molto ricchi e fanno capo a numerosi corpuscoli tattili capsulati (“corpuscoli di Meissner”) e non capsulati (“corpuscoli di Merkel”). Questi svolgono un ruolo molto importante nell'attivazione del riflesso neurormonale e nell'attività ghiandolare al momento della poppata.

Riferimenti

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