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3. Lo zuccherificio di Cecina

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Academic year: 2021

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3. Lo zuccherificio di Cecina

Per quanto riguarda il caso dello zuccherificio di Cecina, gran parte del lavoro trae spunto, come già accennato nell'introduzione, da un mio precedente studio su questo opificio, in particolare i primi tre capitoli, che riguardano le principali vicende storiche di Cecina e della sua industrializzazione; le tappe fondamentali della storia della fabbrica e la descrizione del sito archeologico. L'ultimo capitolo, invece, è dedicato al confronto tra lo stato dell'ex sito industriale nel 2005-2006, periodo a cui risale il precedente studio, con lo stato attuale. Un'attenzione particolare è rivolta alla situazione odierna dei lavori di restauro dell'ex fabbrica; restauro previsto dal piano di recupero predisposto nel 2005 per la riqualificazione ambientale e urbanistica dell'ex area industriale .

3.1. Cecina: cenni storici

Cecina è un comune della provincia di Livorno, appartenente al sistema territoriale della Toscana tirrenica867; in particolare della Maremma settentrionale, un territorio che si estende da Rosignano, verso sud, fino a San Vincenzo. Il territorio su cui sorge Cecina era conosciuto già in epoca etrusca e risultava abitato in età romana, lo testimoniano i resti tutt'oggi visitabili di una villa situata all'interno del complesso archeologico di San Vincenzino868, situato nelle immediate adiacenze dello zuccherificio. Fino alla prima metà del XIII secolo, a causa delle cattive condizioni sanitarie, non esisteva nessun nucleo di popolazione stabile e gli unici elementi di caratterizzazione del territorio erano: il Palazzo del Fitto869, nucleo amministrativo

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“...Un territorio che si estende lungo le colline livornesi, caratterizzato da un'omogeneità storica, geografica ed economica, in G. Sibra, Gli zuccherifici di Cecina e Sermide. Progetti dolci in sistemi territoriali complessi, Atti del convegno tenuto a Mantova nel 2008, Settimo Milanese (MI), Stampamatic, 2009, p. 32.

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Gli scavi riguardano i resti di una villa romana risalente all'età repubblicana (I secolo a.C.) e abitata fino al suo abbandono (V secolo d.C.). L'area archeologica era originariamente di proprietà della società industriale, che con la costruzione dello zuccherificio, coprì le strutture messe in luce dagli scavi (la grande cisterna fu scoperta nel 1849) e adibì l'area a parco. Nel 1995 fu realizzato il parco archeologico e il podere della Villa Rossa, costruito nel corso del XIX secolo a fianco degli scavi, utilizzato come sede dei servizi museali, in F. Secchi, op.

cit., p. 32

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La fattoria con la sede direttiva nel Palazzo del Fitto era stata costruita da Ferdinando I dei Medici alla fine del XVI secolo, su di un colle sovrastante la via Emilia e il passaggio del fiume, Ivi, p. 5

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della tenuta granducale; il polo siderurgico della Magona870, all'epoca la realtà economica più importante e il fiume Cecina. Nel 1737, con il passaggio del Granducato di Toscana dalla dinastia medicea a quella degli Asburgo-Lorena, iniziò un processo di trasformazione del territorio cecinese, che culminò con il tentativo di colonizzazione del marchese Carlo Ginori. Nel 1738, quest'ultimo, in seguito alla messa in vendita da parte della reggenza di alcuni feudi granducali, acquistò la Tenuta di Cecina, con l'obiettivo di rilanciarla sia economicamente che demograficamente. I principali interventi di Ginori furono: l'incremento della produzione agricola, attraverso il risanamento del territorio e la messa a coltura dei terreni sottratti all'impaludamento; lo sviluppo di attività manifatturiere legate al mare (pesca marittima, raccolta di corallo, cantieristica navale); e la costruzione del grande palazzo, che prende il suo nome, realizzato in poco più di un anno alla confluenza del fiume Cecina con il mare. Con tale progetto il marchese Ginori dimostrò la volontà di rilanciare la colonia, migliorandone l'economia, attraverso i commerci marittimi, sfruttando le risorse dell'entroterra, oltre a favorire l'insediamento di gruppi stabili di popolazione. Nel 1752, nei due centri abitati della tenuta, la colonia di Marina e le case attorno al palazzo del Fitto, la popolazione ammontava a 257 unità871. In seguito all'intervento di Ginori, la Colonia di Cecina diventò, nell'ambito della Maremma settentrionale, una nuova realtà territoriale; la sostituzione delle capanne con le prime strutture in muratura nelle campagne, segnò l'inizio di un processo di civilizzazione che avrebbe portato alla nascita dell'attuale centro urbano. Nel 1753, a causa di difficoltà economiche872 e alla legge sull'abolizione dei feudi (1749), che obbligò Carlo Ginori a rinunciare ai suoi possedimenti in Maremma, la fattoria di Cecina fu venduta al governo granducale, che l'amministrò fino al 1772. Successivamente passò di proprietà ad alcuni mercanti-agricoltori della campagna romana, che la gestirono in base ad un contratto d'affitto della durata di diciotto anni. Il risultato economico di questa gestione fu disastroso, infatti, furono in parte compromessi i miglioramenti apportati nel periodo precedente; mancarono investimenti produttivi da parte degli affittuari, i quali, anziché incentivare l'agricoltura, furono maggiormente interessati allo sfruttamento dei boschi e del bestiame; il calo

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Leopoldo al governo del Granducato (1765-1790) ebbe ripercussioni positive anche sul territorio cecinese, che fu investito da una nuova ondata di cambiamento e di miglioramento, in particolare, grazie alle opere di bonifica873 e di riassetto della rete stradale, che contribuirono alla crescita della popolazione874. Uno degli interventi che maggiormente contribuirono alla trasformazione economica e sociale del territorio, fu la privatizzazione della fattoria di Cecina, attraverso il sistema delle allivellazioni: le vaste tenute nobiliari furono divise in lotti e ridistribuite a livello a vecchi e nuovi proprietari875. Nel 1799, il Granducato di Toscana fu invaso dalle truppe francesi e il granduca Ferdinando fu costretto a lasciare Firenze e rifugiarsi a Vienna. La restaurazione lorenese, che seguì l'occupazione francese, fu di breve durata, infatti, nel Giugno 1800, la battaglia di Marengo segnò la definitiva vittoria di Napoleone e l'ex Granducato di Toscana fu elevato a Regno d'Etruria. Durante la reggenza borbonica, al fine di riordinare e risanare il Tesoro pubblico, alcune delle vaste proprietà statali furono vendute, tra queste, anche la fattoria di Cecina, che fu ceduta al banchiere fiorentino Sassi della Tosa. Tra il 1801 e il 1807, la Toscana fu soggetta al modello amministrativo francese e in tale circostanza Cecina assunse il titolo di “Comunello”, quale territorio appartenente al Capoluogo della comunità di Bibbona. Nel 1814, con il crollo di Napoleone, Cecina, come il resto della Toscana, tornò di proprietà Granducale, con l'annullamento della concessione ai privati da parte del medesimo. L'intervento più importante, messo in atto da Ferdinando III nella colonia di Cecina, fu la realizzazione, nel 1821, di un nuovo ponte di legno nei pressi del Fitto, la sede amministrativa della tenuta di Cecina. La sua costruzione, insieme alla riqualificazione della via Emilia, da Strada Provinciale a Strada Regia, contribuì a migliorare i traffici commerciali, sviluppare l'economia ed incrementare la popolazione. A partire dal 1828, con l'opera di miglioramento

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“L'insediamento dello zuccherificio avviene dopo il completamento della bonifica del territorio, iniziata nel Ottocento, con il prosciugamento delle zone palustri a Bibbona e dei ristagni d'acqua in località il Laghetto, della palude delle Saline e quello dello Stajo. Le opere portarono il primo insediamento urbano che si localizzò in posizione strategica: all'incrocio di più direttrici di collegamento, al confine tra la terra ferma ed il mare e nelle immediate vicinanze della foce del fiume Cecina.”, in G. Sibra, op. cit., p. 85.

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Nel 1771 nacque la parrocchia di Cecina, prima forma di indipendenza della colonia dalla giurisdizione di Bibbona a cui apparteneva. Nel 1768 iniziò la costruzione del casone della Cinquantina, quale modello di nuova organizzazione rurale fondata sulla convivenza multi familiare e sull'autosufficienza e proiettata al rilancio dell'agricoltura, in F. Secchi, op. cit., p. 8.

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L’allivellazione era una tipologia di patto agrario con il quale un concedente dava in godimento ad un’altra persona un appezzamento di terra, dietro il pagamento di un canone in denaro. Con questo sistema, il granduca intendeva sostituire la grande proprietà assenteista e causa del degrado agricolo, con una classe di proprietari-coltivatori più legati al territorio e, attraverso lo stimolo del guadagno, indurre i nuovi possidenti ad apportare miglioramenti alle coltivazioni. Sulle allivellazioni leopoldine cfr. G.Giorgetti, Per una storia delle allivellazioni

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generale della Maremma, attuata da Leopoldo II di Lorena, attraverso interventi alle infrastrutture viarie, lavori di canalizzazione e di prosciugamento delle paludi, nonché tramite il frazionamento delle proprietà terriere, anche il territorio cecinese subì un importante processo di trasformazione. In particolare, l'operazione di frazionamento del latifondo contribuì a ridisegnare la nuova fisionomia del territorio: numerose case coloniche, dislocate in maniera simmetrica e rispondenti a precise caratteristiche, si insediarono lungo i nuovi tracciati della via Emilia ed Aurelia, di conseguenza le famiglie contadine assunsero sempre di più dimora stabile nel nascente agglomerato. In seguito alla riorganizzazione della viabilità, il Fitto (antico nucleo amministrativo della tenuta granducale) venne a trovarsi vicino alla confluenza viaria più importante della zona876, per tale motivo, si presentò quale luogo ideale per lo sviluppo del primo nucleo della futura cittadina di Cecina. Nel 1834, il Fitto, grazie alla sua centralità e all'esigenza di sviluppare una prima forma di commercio, divenne sede di una fiera annuale, mentre, nel 1852, il Consiglio comunale di Bibbona vi istituì un mercato settimanale. Intorno al 1835 nacque il borgo di Cecina, un insediamento dotato di nuove funzioni e servizi atti a soddisfare le esigenze di una popolazione in crescita: fu installata una condotta medica, realizzato un pozzo pubblico, attivato il servizio postale e organizzate le scuole. Altri interventi destinati a modificare l'assetto urbano della futura cittadina di Cecina furono: la costruzione di un ponte in muratura in sostituzione a quello esistente in legno, l'erezione del Palazzo Comunale nel 1863 e, nel 1862, l'approvazione del progetto per la stazione ferroviaria del Fitto di Cecina. Alla progressiva crescita del nuovo centro urbano seguì inevitabilmente la modifica dell'assetto istituzionale: nel 1873 il Comune di Bibbona assunse la denominazione di Comune Fitto di Cecina, e nel 1881, quello definitivo di Comune di Cecina.

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3.2. Verso l'industrializzazione

Durante la prima metà del XIX secolo, grazie al miglioramento delle condizioni economiche e sanitarie che aveva coinvolto l'intera Maremma settentrionale, l'insediamento di Cecina vide aumentare progressivamente la popolazione; numerosi, infatti, furono i lavoratori avventizi che, considerate le nuove possibilità di lavoro e le migliori condizioni di vita, decisero di prendervi dimora stabile. Lungo la via Regia Emilia, l'asse principale del nuovo paese, sorsero progressivamente numerose locande, botteghe e qualche piccola manifattura; il Fitto, che come osservato poco sopra, occupava una posizione centrale nel sistema dei collegamenti, divenne il luogo privilegiato per lo smercio degli abbondanti prodotti agricoli dell'entroterra. In questo periodo iniziò un importante processo di sviluppo economico e demografico, che proseguì nella seconda metà del secolo con ritmi sempre più crescenti dati dall'istituzione del mercato settimanale e dall'arrivo delle ferrovie. A partire dalla seconda metà del XIX secolo, Cecina rappresentava il principiale sbocco per i prodotti della Maremma settentrionale; le derrate scambiate localmente e immesse sui mercati nazionali, grazie allo sviluppo del trasporto ferroviario, sottolineavano la vocazione agricolo-commerciale del paese. Il sistema economico era basato principalmente sulle attività agricole, affiancate da servizi, dal commercio e dalle attività turistico-ricreative che si stavano sviluppando sulla costa e che contribuirono allo sviluppo di Marina di Cecina, sede dell'antico insediamento creato da Ginori. La nuova cittadina vide crescere anche le funzioni d'autonomo centro amministrativo e il diffondersi di una borghesia legata agli impieghi pubblici e alle professioni liberali. Il censimento del 1861877, relativo alla popolazione residente al Fitto e nel Palazzo Ginori alla Marina, è indicativo della differenziazione dei mestieri e della nascita di nuove figure professionali, quali: muratori, sarti, impiegati di dogana, negozianti, etc. Il Consiglio comunale di Cecina, il 31 Maggio 1876, approvò uno statuto, al fine di istituire una banca che offrisse ai produttori e ai commercianti i mezzi necessari allo sviluppo delle loro attività. L'industrializzazione della Maremma settentrionale fu strettamente legata al nome di Cecina, infatti, sul finire del XIX secolo, le prime attività avviate in quel territorio, si localizzarono proprio nel nuovo centro urbano. Lo sviluppo industriale fu saldamente connesso a quello agricolo; le prime industrie, tra cui lo zuccherificio, si occuparono, infatti, della trasformazione industriale dei prodotti agricoli locali e dello sfruttamento delle risorse naturali

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Il censimento è riportato nel testo di I. Nencini, Cecina: il sogno perduto di una città sul mare, Pisa, ETS Edizioni, 2005, p. 239.

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più facilmente accessibili. Nel censimento del 1861, citato poco sopra, relativo ai nuclei familiari e alle professioni dei vari membri nelle sezioni della parrocchia dei S.S Giuseppe e Leopoldo al Fitto di Cecina, compaiono due delle prime industrie impiantate a Cecina da privati: la fabbrica di paste alimentari di Gio. Battista Prefumo e la fabbrica delle candele di sego d'Angiolo Pagni. Le prime notizie riguardanti l'attività industriale a Cecina, provengono anche dai giornali locali, in particolare dal “Popolo Maremmano”, il primo giornale uscito in città nel 1887, nel quale sono menzionate: la fabbrica di pipe di radica di Giuseppe Toncelli, una fabbrica di mattoni e una vetreria. Le pipe di Toncelli erano fabbricate con prodotti locali, tra cui la radica d'Erica Scoparia e altre piante caratteristiche della macchia mediterranea, questo dimostra come l'industrializzazione fosse legata alla trasformazione dei prodotti locali. Giuseppe Toncelli impiantò la fabbrica a vapore nel 1895 e iniziò la produzione della “Pipa Cecina”; il prodotto ebbe un enorme successo proprio grazie alla qualità della radica toscana. L'attività della fabbrica cessò nel 1985 per volontà stessa dei proprietari. Da menzionare anche l'attività edilizia di Narciso Meucci, che ereditò l'impresa dal padre nel 1896 e il pastificio dei fratelli Cantini sulla via Emilia, caratterizzato dall'impiego di una maestranza composta prevalentemente da donne. Il giornale locale, oltre ad indicare le nascenti attività industriali, ricorda anche quelle che erano state costrette alla chiusura, tra queste: una fabbrica di tessuti, la fonderia della Magona e la segheria degli abbozzi di radica di Angelo Araldi. Nello specifico, l'attività della Magona del ferro cessò quando i vecchi forni fusori cecinesi persero d'importanza in seguito all'impianto, nel 1870, di un forno più moderno a Piombino. Nel 1890 gli edifici e il canale di proprietà della Magona del ferro furono messi all'asta dal demanio; la speranza per il futuro dell'impianto siderurgico cecinese era quella di una sua possibile riconversione industriale878. Tale speranza si concretizzò all'inizio del XX secolo, quando, una parte della Magona fu trasformata in un'industria per la fabbricazione dei laterizi, e l'altra, come vedremo, fu utilizzata per la costruzione dello zuccherificio. Nel 1889, per compensare Cecina della perdita di un'attività importante come quella della Magona del ferro, fu ipotizzato l'impianto di una fabbrica di

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Un resoconto delle attività industriali che sorsero a Cecina prima della fine del XIX secolo, ci è fornito anche da Bruno Genovesi, in All'ombra del fitto879. Il testo in questione cita una piccola fonderia, che nel 1886 Luigi Toninelli trasferì da Montescudaio a Cecina, per poi trasformarla in officina; successivamente, il figlio Siro la dotò di moderne attrezzature e iniziò la fabbricazione di orologi da torre, che proseguì fino al 1965. Inoltre, sono elencate una serie di fornaci, tra cui quella di Antonio Pagni, per la fabbricazione di laterizi, avviata nella prima metà del XIX secolo, tra la via di Marina e il fiume. Nella seconda metà del secolo, la fornace fu potenziata e diventò la più importante della zona, almeno fino al 1929, quando la diminuzione della produzione, dovuta alla concorrenza, costrinse i proprietari alla chiusura dell'impianto e al suo smantellamento. Tra le altre fornaci citate, possiamo ricordare quella di Ezio Chiavacci, il quale brevettò alcuni tipi di mattoni antisismici ed altri, uguali a quelli utilizzati dai romani nell'antichità, per il restauro di monumenti, acquedotti ed altre opere dell'epoca. La fornace sospese l'attività nel 1935, quando una piena del fiume Cecina causò l'esplosione dei forni. Infine, la fornace di Alfredo Baggiani, situata come le altre in prossimità del fiume, attiva fino al 1940. La svolta per l'industria e l'economia cecinese si ebbe all'inizio del XX secolo, grazie agli investimenti di gruppi finanziari livornesi e liguri, tra cui la Società Etruria che, come vedremo, realizzerà lo zuccherificio, e la Banca Tirrena S.A, che dopo aver acquistato una parte dell'ex Magona del ferro, nel 1907, istituì la società “Magona di Cecina”, per promuovere l'industria della molitura e quella dei laterizi. All'inizio del 1900 a Cecina erano presenti diverse attività produttive: un pastificio e mulino a cilindri, cinque fabbriche di laterizi, due fabbriche di gazzose, una vetreria e la vecchia fabbrica di pipe di radica880. Nel 1914881, invece, erano registrate: cinque fabbriche di laterizi, una fornace da calce, due fabbriche di mattonelle e lavori in cemento, tre officine meccaniche, una fabbrica di fiaschi e sapone, un'officina elettrica, tre fabbriche di paste alimentari e quattro per la macinazione di cereali, tre fabbriche di gazzosa, una di ghiaccio, due segherie di legname, una fabbrica di pipe, una calzoleria, una fabbrica di ombrelli e una tipografia.

879

B. Genovesi, All'ombra del Fitto: carriere, professioni, vocazioni, arti, trasporti, industrie, commerci,

artigianato, agricoltura, sport, Pisa, Zannini, 1991.

880

L. Bortolotti, La Maremma settentrionale, 1738-1970. Storia di un territorio, Franco Angeli editore, Milano, 1976, p. 216.

881

M. Della Pina, Tra bufali e locomotive..., in Livorno: una provincia da scoprire, Pacini editore, Opsedaletto (PI), 1991, pp. 87-89.

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3.3. La fabbrica: dalla nascita alla chiusura definitiva

Lo zuccherificio fu costruito dalla società Etruria882, società anonima per la fabbricazione dello zucchero a Cecina; i lavori per la realizzazione dell'impianto iniziarono alla metà di Dicembre del 1899 e terminarono alla metà di Agosto del 1900. Durante la prima campagna, che partì il 20 Agosto 1900 e terminò il 14 Ottobre seguente, furono coltivati 700 ettari di terreno e raccolti 36 mila quintali di barbabietole, da cui si ottennero circa 4.800 quintali di zucchero e un ricavo di 50 mila lire. L'impianto cecinese, già dopo la prima campagna saccarifera, si dimostrò al di sotto degli standard di lavorazione degli altri impianti industriali italiani, che lavoravano circa 5 mila-6 mila quintali di barbabietole al giorno, rispetto ai 4 mila lavorati a Cecina. Uno dei motivi della scarsa capacità di lavorazione dell'impianto era l'insufficiente disponibilità di materia prima, la cui coltivazione, salvo esperimenti isolati, non era mai stata praticata in precedenza nella maremma: “...essa richiede cure e trattamenti speciali ai quali i contadini non sono abituati.”883 Il problema della carenza di barbabietole fu aggravato poi dalle avverse condizioni meteorologiche: “Le piogge durano quasi continue fino a primavera inoltrata, la semina è tardiva e le operazioni colturali impedite dalla cattiva stagione furono malfatte o assolutamente trascurate”. Queste difficoltà provocarono sfiducia nei coloni, insinuando in loro il dubbio se continuare o meno la coltivazione delle barbabietole, a danno del grano turco, che ritenevano più remunerativo. Il primo anno di attività si rivelò negativo anche per quanto riguarda il bilancio societario che, il 28 Febbraio 1901, dava conto delle notevoli spese sostenute e delle difficoltà incontrate, sia a causa della novità dell'industria, che della svalutazione annua dei fabbricati, dei terreni e dei macchinari. Durante i primi due anni di attività i bilanci negativi si susseguirono e ciò costrinse i soci promotori a deliberare la liquidazione della Società, che fu votata all'unanimità il 12 Febbraio 1902. Lo stabilimento industriale e i terreni annessi dovevano essere venduti entro il Luglio successivo, scaduto tale termine i beni sarebbero stati messi all'asta. L'unica trattativa avviata a tal proposito fu quella

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all'asta e il 16 Luglio 1903 il Tribunale di Volterra li aggiudicò per 610 mila Lire alla Società Eridania di Genova. Da questa data, e fino al 1922, la produzione di zucchero non fu più riattivata e, purtroppo, a causa della mancanza di una documentazione in merito, non è dato sapere a cosa furono destinati i locali dello zuccherificio in quel lasso di tempo884. Sappiamo che nel 1917 la Società Eridania vendeva una parte dei beni immobili ad un privato, mentre nel 1919 cedeva alla Società Anonima “Oleum” di Milano l'edificio dello zuccherificio e il canale detto della Latta885.

L'impianto fu riattivato nel 1922 ad opera della Società Ligure Lombarda, composta per gran parte da azionisti genovesi; la società incrementò la coltivazione delle barbabietole nelle campagne limitrofe e potenziò la fabbrica, dotandola di nuovi edifici; questi interventi contribuirono ad incrementare la produttività e il livello occupazionale886. L'attività produttiva fu sospesa durante il secondo conflitto mondiale, a causa dei bombardamenti, e riprese nel 1945; la proprietà dello zuccherificio, nel frattempo, era passata alla Società Sermide S.p.A887. Nel 1949, la Società Spiritus di Genova, consociata con la Sermide, costruì l'edificio della lieviteria888, a ridosso dello zuccherificio, per trasformare il melasso in lievito da panificazione; il nuovo stabilimento, fu attivo dal 1950 al 1966. Nel 1965, a causa di elevati debiti nei confronti dei bieticoltori per la fornitura di barbabietole dell'anno precedente e, della mancanza dei fondi necessari per sostenere un necessario potenziamento dell'impianto, la Sermide S.p.A decise di sospendere l'attività dello zuccherificio; alla fine del mese di Maggio fu comunicato l'invio delle lettere di licenziamento alle maestranze. Lo zuccherificio, all'epoca, impiegava 40 dipendenti fissi e, durante il periodo di campagna, circa 170-180 operai avventizzi, inoltre dava lavoro ad agricoltori e autotrasportatori; la sua chiusura sarebbe stata un duro colpo per l'economia, non solo locale e di tutta la provincia di Livorno,

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Romano Tozzini, ex capo fabbrica dello zuccherificio dal 1967 al 1987, racconta che secondo le testimonianze di alcuni “vecchi” da lui conosciuti in fabbrica, durante gli anni in questione i locali dello zuccherificio erano utilizzati per la lavorazione di pomodori, frutta e, addirittura, come friggitoria, che sarebbe stata legata all'attività pescosa presso marina di Cecina, in F. Secchi, op. cit., p. 22.

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Il primo nucleo dello zuccherificio fu costruito nella zona detta “Molino della Latta”, un'area di proprietà della Magona del Ferro. Prima di essere ridotta ad uso di mulino, la zona in questione era occupata dall'antica ferriera della Latta, che fu costruita nel 1740 e rimase attiva fino al 1780; faceva parte di tale proprietà oltre ad un fabbricato e ad una fornace in pessimo stato, un gorile chiamato appunto della Latta, Ivi, pp-17-19.

886

Nel 1939 lo zuccherificio occupava 373 dipendenti, edera al quinto posto tra le industrie alimentari della Toscana come numero di addetti. Ivi, p. 22.

887

La Società Sermide SPA, che operava nel campo della produzione, raffinazione e commercio dello zucchero, con sede a Genova, fu fondata nel 1919. Possedeva due stabilimenti, a Sermide (Mantova ) e a Cecina (Livorno),

Ivi, p. 24.

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ma anche per quelle limitrofe di Grosseto e Pisa. Gli enti locali, le organizzazioni sindacali e i cittadini stessi si impegnarono assiduamente per salvare la fabbrica; il comitato cittadino, nato in difesa dello stabilimento, si rivolse direttamente al Ministero dell'industria, affinché si attivasse per trovare una soluzione, che poteva consistere nella cessione degli impianti a terzi, in modo da garantirne la continuità produttiva, oppure in una riconversione industriale. Nel 1966, quando cessò l'attività della lieviteria, la Sermide annunciò di voler smantellare lo zuccherificio, trasferendo i macchinari e concentrando la produzione nell'altro stabilimento di sua proprietà, a Sermide (MN). Il Consiglio Comunale di Cecina si pronunciò in favore della requisizione dello stabilimento; grazie ad una mobilitazione collettiva lo zuccherificio fu salvato e, nel 1967, ripartì la produzione. Durante gli anni settanta, con un investimento di circa tre miliardi di Lire, fu avviato un processo di ristrutturazione che incrementò notevolmente la potenzialità dell'impianto. L'incremento produttivo fu dovuto anche ad un aumento della disponibilità di materia prima, dovuta sia all'espansione delle aree coltivate889, sia ad un forte miglioramento della resa dei terreni890. L'aumento della produzione agricola e di conseguenza l'incremento della lavorazione industriale determinarono un eccesso di produzione rispetto al quantitativo di zucchero che la CEE aveva assegnato allo stabilimento: durante la campagna del 1978, a fronte dell'assegnazione di un contingente pari a 91.817 q.li di zucchero, ne furono prodotti ben 132.595 q.li. Tale sovrapproduzione ebbe conseguenze negative, sia per la società, che si trovò nell'impossibilità di commerciare gran parte del prodotto, oltre ad essere gravata dagli oneri derivanti dal suo prolungato immobilizzo; sia per gli agricoltori che subirono notevoli ritardi nel pagamento del prodotto. Quello della sovrapproduzione fu un fenomeno che si verificò a livello mondiale, infatti, la produzione di zucchero passò da 40 milioni di tonnellate nel 1955 a 80 milioni nel 1970, mentre, allo stesso tempo, i consumi tendevano a diminuire. La CEE, per ridurre le eccedenze di zucchero, decise di disincentivare la produzione, assegnando bassi contingenti ai vari paesi della Comunità. In tal modo, come nel caso degli zuccherifici di Castelfiorentino e Ceggia, anche a Cecina, a fronte del basso contingente assegnato allo stabilimento, si rese indispensabile la richiesta di

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Zuccherificio e caratterizzato dalla partecipazione di coltivatori e operatori agricoli, fu chiesto al Ministero dell'Agricoltura che per la campagna saccarifera del 1979, fosse assegnato allo stabilimento di Cecina un contingente di 150 mila q.li di zucchero, oltre ad un incremento della potenzialità dello stabilimento da 24 mila q.li di bietole lavorate al giorno a 40 mila q.li. I problemi e le difficoltà emersi durante il convegno del 22 Dicembre, che lasciavano pensare ad una futura chiusura dello stabilimento, indussero la Sermide a dichiararsi disposta a ristrutturare e potenziare l'impianto nell'arco di quattro anni, ma solo a condizione che il Ministero concedesse un aumento di contingente adeguato a tale investimento, pari a 200-250 mila q.li di zucchero. Dal Ministero non arrivò nessuna risposta positiva e il susseguirsi di campagne saccarifere eccezionali891 ebbe come risultato soltanto l'aumento delle strutture destinate ad accogliere lo zucchero ed i semilavorati. Mentre l'impianto marciava al massimo della sua potenzialità, la società Sermide, il 30 Settembre 1982, veniva messa in liquidazione, a causa di una situazione patrimoniale che evidenziava un disavanzo di oltre 25 miliardi di Lire892; il Tribunale Civile di Genova, nel Gennaio del 1983893, ammetteva la Società al concordato preventivo con cessione dei beni e, attraverso la nomina di un commissario giudiziale, si impegnava a dare al più presto una risposta alla Federconsorzi, la quale nel frattempo aveva fatto richiesta d'acquisto dello stabilimento cecinese. Nel Febbraio del 1983894 lo stabilimento fu acquisito dalla Federconsorzi, la quale aveva l'obiettivo di proseguire l'attività per tre o quattro anni, dopodiché, trasferire la quota di produzione895 assegnata a Cecina allo zuccherificio di Castiglion Fiorentino896 (AR), di proprietà della “Zuccherificio

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Durante la campagna saccarifera del 1981 furono lavorati 1.923.368 q.li di barbabietole e prodotti 220 mila q.li di zucchero. La campagna durò 100 giorni e vide impiegati 56 lavoratori stabili e 135 stagionali, Ivi, p. 28, nota 63.

892

“La Repubblica” del 10 Novembre 1982, in AZC, anno 1957-1990.

893

“La Repubblica” del 15 Gennaio 1983, in Ibidem.

894

“L'iniziativa assunta dalla Federconsorzi per l'acquisizione dello stabilimento saccarifero di Cecina dalla Sermide ha rilanciato la campagna bieticolo-saccarifera della Regione Toscana per il 1983”, vedi “La Repubblica” 20/21 Febbraio 1983, in Ibidem.

895

“Il ministro per l'agricoltura, Calogero Mannino, ha modificato con tre decreti le quote di produzione di zucchero di alcuni stabilimenti che hanno modificato il loro assetto gestionale nel corso della campagna saccarifera '82-'83...Con il secondo provvedimento lo Zuccherificio Castiglionese...assume la quota di produzione dello zuccherificio di Cecina (Livorno) che dalla Sermide è passato in affitto al Castiglionese”, “Il sole 24 ore” del 15 Febbraio 1983, in Ibidem.

896

Lo zuccherificio fu inaugurato il 9 Settembre 1962, in “La Nazione” Cronaca di Arezzo del 18 Settembre 1962. In seguito ad uno scandalo che travolse la Federconsorzi, il Tribunale Fallimentare di Roma, nel 1991 commissariò la fabbrica, concedendo l'autorizzazione alla vendita. Lo stabilimento fu acquistato dalla SADAM di Bologna, già proprietaria degli zuccherifici di Fermo e Jesi, e rimase in attività fino al 2005, informazione riferita da Bulichelli Carlo intervistato da Secchi Francesca a Cecina il 28 Giugno 2011.

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Castiglionese”897, una società gestita dalla Federconsorzi. Il destino dello zuccherificio di Cecina era quello degli altri zuccherifici storici, più piccoli e tecnologicamente obsoleti, condannati alla chiusura definitiva dal piano di risanamento settoriale898 che, finalizzato ad una maggiore concentrazione produttiva, non considerava conveniente un loro ammodernamento. Nell'Ottobre del 1987 terminò l'ultima campagna saccarifera, durante la quale furono lavorati 23 mila q.li di barbabietole al giorno. Con la chiusura dello stabilimento di Cecina, la produzione bieticola dell'intera fascia litoranea veniva destinata unicamente allo zuccherificio castiglionese, in grado di lavorarne soltanto una parte; inoltre, la distanza di oltre 150 km di quest'ultimo dal bacino bieticolo, incideva pesantemente sul prezzo del prodotto e su quello dei trasporti. La chiusura definitiva dello zuccherificio di Cecina era gravemente lesiva per la produzione agricola e causava pesanti ripercussioni su tutta l'economia della Bassa Val di Cecina, per non parlare dei 320 dipendenti che perdevano il loro posto di lavoro.

(13)

3.4. Descrizione del sito archeologico

899

: stato al 2005 e al 2006

900

Si è ritenuto utile riproporre lo stato del sito documentato agli anni 2005 e 2006, in modo da poter operare un confronto con lo stato attuale.

La Società anonima Livornese Etruria acquistò alcuni terreni di proprietà della Banca Tirrena901 e, sfruttando la favorevole posizione geografica dell'area, costruì lo zuccherificio; la fabbrica poteva usufruire sia di un importante approvvigionamento idrico, che del raccordo ferroviario. Il rifornimento d'acqua902 era assicurato dalla vicinanza del fiume Cecina e dalla possibilità di sfruttare il canale903 artificiale della Latta, che nei secoli precedenti aveva fornito la forza motrice alle fonderie e alle ferriere; il collegamento con la ferrovia904, invece, agevolava il trasporto del prodotto finito e il rifornimento di tutti i materiali necessari al funzionamento dell'impianto. Il primo nucleo dello stabilimento fu costruito alla fine del XIX secolo, su una superficie di circa 70 mila mq, situata tra il centro cittadino di Cecina e il mare: “...Un vasto fabbricato ad uso di zuccherificio situato nel comune di Cecina composto di tre piani, terreno, primo e secondo aventi in tutto venti vani, otto al terreno, sei al primo e sei al secondo un altro edificio ad uso di magazzino di un solo piano e un solo vano costruiti dall'Etruria in un appezzamento di sua proprietà contiguo alla stazione ferroviaria della

899

Per una descrizione dettagliata dei singoli corpi di fabbrica e dei macchinari si rimanda a F. Secchi, op. cit., pp. 30-70.

900

Lo stato del sito industriale nell'Agosto 2005 e nell'Ottobre 2006 è testimoniato da una copiosa documentazione fotografica realizzata da me personalmente durante i due sopralluoghi allo stabilimento, avvenuti in quelle due date, in Ibidem.

901

Con il contratto del 4 Novembre 1899, la Banca Tirrena acquistava alcune proprietà della Magona del ferro, nella zona del Molino della Latta, messe all'asta dal demanio dopo la cessazione dell'attività siderurgica. Nel 1907 la Banca Tirrena utilizzò la sua nuova proprietà per la realizzazione della società Magona di Cecina per la produzione di laterizi.

902

Per un dettaglio dei servizi idrici della fabbrica, vedi F. Secchi, op. cit., pp.69-70

903

Il canale, detto anche Gorile, dopo aver servito la Magona del Ferro, attraverso un percorso seminterrato che attraversa tutta la città, arrivava a sud dello stabilimento, vicino all'attuale cimitero, dove c'era appunto il così detto “pozzo delle gore”, da cui attingeva l'acqua lo zuccherificio, Ivi, p. 33

904

Il binario ferroviario che collega lo zuccherificio con la stazione ferroviaria è situato a nord-est della fabbrica, si inserisce tra le abitazioni e il complesso archeologico di San Vincenzino, entrambi confinanti con la proprietà dello zuccherificio; la lunghezza complessiva del binario di raccordo è di 455 m, mentre la porzione all'interno dello stabilimento è di 255 m, Ivi, p. 32

(14)

superficie di metri quadri 72.000 circa”905 (fig. 1). Il perimetro dell'impianto industriale è delimitato a nord da via Ginori, a sud dal viale della Repubblica, a sud-est ed ad ovest dall'edilizia residenziale, e ad est da via Serchio, che consente l'ingresso del binario di raccordo ferroviario all'interno dello stabilimento (fig. 2).

Figura 1 – Zuccherificio Etruria, inizi XX secolo. Fonte: F. Secchi, op. cit., p. 31

(15)

L'ingresso principale dello zuccherificio è situato in via Ginori, da qui, attraverso due cancelli adiacenti avevano accesso alla fabbrica, sia i mezzi di trasporto, che le maestranze. A differenza dei complessi industriali di Castelfiorentino e di Ceggia, dove abbiamo riscontrato la presenza di villaggi industriali, seppur di piccole dimensioni, quello di Cecina non disponeva di abitazioni per gli operai e gli impiegati della fabbrica, era presente soltanto la residenza del direttore, identificabile con la Villa Rossa, situata all'interno del complesso archeologico di San Vincenzino906, adiacente allo zuccherificio.

906

Vedi p.

Figura 2 – Tavola I Planimetria stato attuale. Rielaborazione grafica che evidenzia l'inquadramento territoriale dello zuccherificio.

Fonte: Tavole del piano di recupero dello Zuccherificio di Cecina, Studio Delta Associati Capriotti e Carli architetti. EDILIZIA RESIDENZIALE BINARIO FERROVIARIO VIA SERCHIO VIALE DELLA REPUBBLICA

VIA GINORI VIA GINORI

EDILIZIA RESIDENZIALE

VIALE DELLA REPUBBLICA

VIA SERCHIO BINARIO

(16)

Il complesso industriale cecinese era così organizzato: subito dopo l'ingresso, sulla sinistra, c'era la portineria (fig. 4), con rimessa cicli, motocicli e sala riunioni; adiacente alla portineria, la sala mensa e, di seguito, una grande vasca in muratura per la raccolta delle polpe secche (fig. 5). In corrispondenza dei due cancelli di accesso si trovavano le due piattaforme per la misurazione del peso dei camion in entrata e in uscita dallo stabilimento, le piattaforme erano separate dalla cabina degli addetti alla pesa (fig. 6).

Figura 4 – Il casotto della portineria sulla destra, a fianco il locale per la pesa delle barbabietole.

(17)

Figura 5 – La grande vasca per l'accumulo delle polpe provenienti dalla diffusione, contenente fino a 400 mila q.li di sostanza

Foto scattata da F. Secchi ad Ottobre 2006.

Figura 6 – Una delle due piattaforme per la misurazione del peso degli autocarri.

(18)

Superate queste prime costruzioni, il viale d'accesso subiva una biforcazione, verso destra conduceva ai quattro silos per la raccolta delle barbabietole, che erano provvisti di un sistema di nastri trasportatori per lo scarico delle barbabietole e di un dispositivo per il loro successivo trasporto all'impianto di lavaggio, in testa alla fabbrica (figg. 7 - 8). Tra i silos e via Ginori, c'era una costruzione adibita a deposito per pompe e motori elettrici, materiali ferrosi e campioni di barbabietole (fig. 9).

Figura 7 – Silos in muratura per il deposito delle barbabietole. Fonte F. Secchi, op. cit., p. 51

(19)

Figura 8 – Nastro trasportatore per la distribuzione delle barbabietole nei silos. Foto scattata da T. Del Rio nel 2002.

Figura 9 – Costruzione adibita a deposito. Fonte: F. Secchi, op. cit, p. 35.

(20)

Alle spalle dei silos c'era il cuore della fabbrica, composto da: casa della barbabietola (figg.10 - 11), casa dello zucchero (figg.12 - 13), centrale termoelettrica con la ciminiera (figg.14 – 15

-16 - 17) e l'impianto di demineralizzazione (figg. 18).

Figura 10 - Facciata principale di Casa bietole. Fonte: F. Secchi, op. cit., p. 38.

(21)

Figura 11 - Prospetto laterale di Casa bietole, verso via della Pinetina. Fonte F. Secchi, op. cit., p. 37

Figura 12 – Facciata posteriore di Casa zucchero, su viale Della Repubblica. Fonte: F. Secchi, op. cit., p. 43

(22)

Figura 13 – Prospetto laterale di Casa zucchero, verso via della Pinetina. Fonte: F. Secchi, op. cit., p. 37.

(23)

Figura 15 – Interno della centrale elettrica, in primo piano un turbo alternatore.

Foto scattata da T. Del Rio nel 2002.

Figura 16 – La ciminiera.

Foto scattata da T. Del Rio nel 2002

Figura 17 – La ciminiera. Fonte: F. Secchi, op. cit., p. 38

(24)

A ovest del corpo di fabbrica principale c'erano: l' officina meccanica (fig. 19), quella elettrica (fig. 20), la palazzina degli uffici (fig. 21), con annesso un magazzino scorte (fig. 22), e l'impianto del forno a calce (fig. 23). Seguendo il viale d'accesso verso sinistra, invece, si arrivava alla zona dello stoccaggio, dove c'erano: l'impianto di essiccazione delle polpe (fig.

Figura 18 - Il locale dell'impianto di demineralizzazione. Foto scattata da F. Secchi ad Ottobre 2006.

(25)

Figura 19 – L'officina meccanica. Fonte: F. Secchi, op. cit., p. 40.

Figura 20 – L'officina elettrica.

Foto scattata da F. Secchi ad Ottobre 2006.

(26)

Figura 21 – La palazzina degli uffici. Foto scattata da T. Del Rio nel 2002.

(27)

Figura 23 – Forno a calce. Fonte: F. Secchi, op. cit. p. 59.

Figura 24 – Impianto di essiccazione delle polpe. Fonte: F. Secchi, op. cit., p. 57.

Figura 24 – Impianto di essiccazione delle polpe. Fonte Ivi, p. 57.

(28)

Figure 25 – 26 Primo magazzino dello zucchero adiacente al reparto raffineria. Fonte F.. Secchi, op. cit., p. 43

(29)

Figura 28 - Terzo magazzino dello zucchero. Fonte: F. Secchi, op. cit., p. 44.

Figura 29 – Il magazzino delle polpe secche. Fonte: Ivi, p. 45.

(30)

Figura 30 – La lieviteria vista da viale della Repubblica. Fonte: Ivi, p. 47.

(31)

Il nucleo originario della fabbrica, che risale al 1900, con il passare del tempo ha subito delle modifiche, dovute ad esigenze di ampliamento e di potenziamento, in seguito all'aumento progressivo della produzione. Dal un punto di vista architettonico908, nonostante si sia cercato di mantenere una certa coerenza con il nucleo storico, i segni del progressivo sviluppo del complesso industriale (fig. 32) e degli adeguamenti impiantistici, dovuti ad esigenze produttive, sono ancora ben visibili, ad esempio in alcune demolizioni o “strappi” effettuati per l'installazione o la rimozione di macchinari (fig. 33), oppure nell'ammucchiarsi degli impianti produttivi: spesso, infatti, capitava che alcuni macchinari, ormai tecnologicamente obsoleti, che non venivano smantellati a causa della loro notevole dimensione e degli eccessivi costi per un tale operazione, venissero affiancati da nuovi macchinari, che pur di far marciare la fabbrica, erano installati anche fuori dagli edifici (fig. 34).

908

Dal punto di vista architettonico l'edificio principale del complesso industriale risponde alle caratteristiche tipiche degli zuccherifici costruiti tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo: un'essenziale distribuzione planimetrica; il ripetersi modulare di finestroni, in questo caso ad arco a doppio ordine distribuiti su tutto il perimetro del corpo di fabbrica; l'utilizzo di una muratura tradizionale in laterizio e la presenza di numerosi dettagli, come cornici, intarsi, lesene, che contribuiscono all'unicità del fabbricato. Gli spazi interni sono completamente occupati dagli impianti di produzione, che sono sostenuti per mezzo di strutture architettoniche in acciaio statisticamente indipendenti dalla struttura muraria esterna, in F. Secchi, op. cit., pp. 36-37. Anche gli edifici delle officine elettrica e meccanica e degli uffici, situati all'interno del complesso industriale cecinese, sono caratterizzati da accurate rifiniture, da alcuni dettagli architettonici: “...una piccola rampa di scale, che precede ogni porta d'accesso, è decorata da una piattabanda in pietra calcarea, pietra che si ritrova anche come marcapiano dei solai a chiusura degli archi a tutto sesto sopra le finestre. I prospetti laterali,..., sono invece caratterizzati esclusivamente dall'alternanza delle lesene della struttura portante con porte e finestre.”, Ivi, pp. 39-40.

Figura 32 – Prospetto posteriore Casa zucchero, in evidenza le modifiche al prospetto originario dovute a necessità di ampliamento. Fonte: Ivi, p. 31.

(32)

Figura 33 - Particolare di Casa zucchero che evidenzia le demolizioni effettuate per l'installazione o l'asportazione dei macchinari.

Fonte: Ivi, p. 38.

Figura 34 – L'impianto di diffusione collocato all'esterno di casa bietole.

(33)

Nell'Agosto 2005 e nell'Ottobre 2006, periodi a cui risalgono le mie due visite al complesso industriale, erano ancora presenti gran parte dei fabbricati descritti poco sopra. Le strutture demolite negli anni successivi alla chiusura definitiva dell'impianto, avvenuta nel 1987, e quindi non presenti al momento dei due sopralluoghi erano: la sala mensa e i quattro silos in muratura per il deposito delle barbabietole. Nel periodo in esame, 2005-2006, erano ancora presenti gran parte macchinari e degli impianti di produzione, seppur in una condizione di notevole degrado, dovuta al completo stato di abbandono in cui si trovava il complesso industriale ormai oltre venti anni. Nello specifico, erano ancora visibili: la struttura del nastro trasportatore dell'impianto di stoccaggio delle bietole909 (fig. 35); il diffusore verticale B.M.A, situato all'esterno di casa bietole; l'impianto di essiccazione delle polpe; il forno a calce; le colonne di decalcificazione del sugo (fig. 36), appartenenti all'impianto di depurazione sughi; l'impianto di demineralizzazione; l'impalcatura metallica dei tre condensatori barometrici (fig.

37) e la torre in cemento armato e ferro per le casse della raccolta dell'acqua (fig. 38).

909

L'impianto di stoccaggio delle bietole comprendeva una serie di macchinari preposti al ricevimento e al deposito delle bietole, Ivi, pp. 49-51.

Figura 35 – Nastro trasportatore per lo scarico delle barbabietole nei silos. Fonte: F. Secchi, op. cit., p. 51.

(34)

Figura 36 - Colonne di decalcificazione del sugo zuccherino. Fonte: Ivi, p. 59.

(35)

Nell'officina meccanica, inoltre, erano ancora presenti alcuni strumenti di lavoro, in particolare, una macchina per l'affilatura dei coltelli delle tagliatrici (fig. 39) e due torni (figg.

40 - 41). Nell'Ottobre 2006, all'interno del sito industriale, era operante un cantiere, allestito

dalla Società Aulo Cecina Spa910, proprietaria del complesso, per l'esecuzione dei lavori di qualifica urbana dell'area, stabiliti in seguito alla convenzione firmata nell'Agosto del 2005 con il Comune di Cecina, in previsione del piano di recupero911. Sulla base di tale convenzione

910

La Società è composta da 4 soci: Cecina Sviluppo Immobiliare (in liquidazione), che detiene 1,3% della quata; Progetto Zeta Srl con il 43,9%; la Fidin Srl, fiduciaria livornese, con il 32,9%; infine tale Mario Toncelli con il 21,9%, “Il Tirreno” del 14 Aprile 2013, disponibile all'indirizzo: http://ricerca.gelocal.it/iltirreno? query=zuccherificio+cecina&view=web_locali.il+Tirreno

911

“L'intervento sull'ex-zuccherificio di Cecina inizia quando lo strumento urbanistico (PRG 2002) individua l'area dismessa come caposaldo territoriale all'interno del Sistema ambientale A - sottosistema A1 Parco Fiume Cecina. Per questa area è previsto il recupero e piena valorizzazione attraverso la riqualificazione del sitema Villa Guerrazzi-ex zuccherificio- S. Vincenzino”, in G.Sibra, op. cit., pp.86-87

Figura 38 – Struttura in cemento e metallo per le casse della raccolte a dell'acqua. Fonte: Ivi, p. 70.

(36)

la Società Aulo Cecina si impegnava a terminare i lavori di ristrutturazione in dieci anni a partire dal ritiro delle concessioni edilizie, avvenuto alla fine del 2006 e, a metà dell'opera di riqualificazione, ossia nel 2014, a consegnare al Comune il corpo principale dell'ex fabbrica restaurato.

Figura 39 – Macchina affilatrice per i coltelli delle tagliatrici. Fonte: F. Secchi, op.cit., p. 40.

(37)

Il progetto del piano di recupero912, approvato nel 2005, e avviato nel 2007, curato dall'architetto Enzo Somigli, prevede la realizzazione di cinque unità minime d'intervento (fig. 42), di cui: tre comparti residenziali (R1, R2, R3)913 e due aree commerciali (C1,C2)914. La superficie dell'area coinvolta dal progetto è di oltre 76 mila mq915 e deve ospitare volumi pari a circa 120 mila mc, divisi tra strutture abitative e complessi non residenziali, derivanti sia da volumetrie esistenti che da ristrutturare e demolire (fig. 43).

912

Vedi Comparto B3 e Zuccherificio. Piano di recupero, Relazione generale. Progetto: Arch. Enzo Somigli, allegato a F. Secchi, op. cit.

913 Ibidem. 914 Ibidem. 915 Ibidem.

Figura 41 – Altro tornio presente nell'officina meccanica. Fonte: Ibidem.

(38)

Figura 42 – Tavola 17 Planimetria d'intervento: unità minime e dimensionamento. Rielaborazione grafica: in rosso è evidenziato lo spazio previsto per la sala museale nel piano seminterrato del corpo di fabbrica principale.

(39)

L'unità d'intervento C1 è quella che ci interessa più da vicino, poiché è quella relativa al recupero dell'edificio principale dello zuccherificio, per il quale è prevista una destinazione polivalente-direzionale. Nel caso specifico assumono particolare rilevanza la progettazione di una sala teatrale, con foyer, ambiente espositivo e sala prove, oltre a due sale cinematografiche, al piano terra e, nel seminterrato, collegato con la scala del foyer, uno spazio di carattere espositivo museale, nel quale è prevista l'organizzazione di un'esposizione permanente documentaria della storia dello zuccherificio. Insieme al recupero architettonico

Figura 43 – Tavola 18 Planimetria dello stato sovrapposto. Fonte: Studio Delta Associati, Capriotti e Carli architetti, op.cit.

(40)

dell'immobile, l'intervento in questione, prevede la conservazione, oltre che di alcuni elementi meccanici, della parete principale in muratura della caldaia Tosi, quale manufatto di particolare interesse per la tecnologia dell'epoca; nello specifico ne è prevista la collocazione nello spazio esterno, destinato a verde pubblico, quale testimonianza dell'attività impiantistica stessa. Inoltre è prevista la conservazione dell'ex vasca di accumulo delle polpe, per la quale si propone il suo utilizzo all'interno del verde pubblico, come luogo a vocazione espositiva per attività florovivaistiche.

Anche l'unità di intervento C2 si occupa di volumetrie esistenti, in questo caso dell'edificio dell'ex Lieviteria, per il quale è prevista una destinazione ricettiva, rappresentata da un residence alberghiero. Infine, sono inclusi tra le strutture da mantenere e recuperare, in quanto rappresentati anch'essi della memoria storica, l'edificio dell'ex portineria, per le sue qualità architettoniche, insieme ai muri di recinzione e all'ingresso su via Ginori e tutto il perimetro murario dello stabilimento, con i suoi accessi principali ed i suoi tipi di realizzazione, corrispondenti alle varie fasi di sviluppo e accrescimento nel tempo.

3.5. Lo zuccherificio allo stato attuale

Allo stato attuale, l'ex complesso industriale dello Zuccherificio è ridotto ai seguenti volumi: il corpo di fabbrica principale con la ciminiera, il casotto della portineria916, la palazzina degli uffici, le due officine (meccanica ed elettrica) e l'edificio dell'ex Lieviteria. Sono stati invece demoliti i tre magazzini dello zucchero, il magazzino delle polpe secche, il locale della pesa con le due piattaforme e tutta la serie di cisterne e serbatoi per la raccolta dei vari materiali. I macchinari e gli impianti di produzione non sono stati completamente smantellati, alcuni si trovano sempre all'interno dello stabilimento.

(41)

memoria dell'ex stabilimento. Il progetto prevedeva, inoltre, la realizzazione di una piazza e di un parco interno destinato al verde, aperto a tutta la cittadinanza e collegato al mare e al centro cittadino grazie alla creazione di nuove piste ciclabili. I lavori sono iniziati dal comparo residenziale R3918 (fig. 44), ma a distanza di sei anni dall'inizio dei lavori, quest'unità non è ancora stata completata (figg. 45 – 46 – 47 - 48) , l'ultimazione era prevista alla fine del 2013919. La clausola inserita nella convenzione, stipulata tra la proprietà e il Comune, indicava che i tre grandi agglomerati residenziali, previsti dal piano di recupero, non potevano essere conclusi se prima la ditta costruttrice non avesse portato a termine le due aree commerciali pubbliche, le quali dovevano essere terminate entro sette anni dall'inizio dei lavori di riqualificazione920: la Società Aulo Cecina, in pratica, entro il 2014, dovrebbe consegnare all'Amministrazione comunale e, soprattutto, ai cittadini l'ex fabbrica restaurata, ma considerando che i lavori di restauro non sono neanche iniziati, la speranza di un nuovo teatro e di uno spazio espositivo - museale sembrano essere un'utopia. Nel 2011 sono stati terminati i lavori di messa in sicurezza e di restauro della grande ciminiera che, insieme al nuovo teatro, dovrebbe diventare di proprietà dall'Amministrazione comunale. Inoltre nell'Aprile 2013 risulta essere stato realizzato uno dei cinque parcheggi previsti dal progetto, quello a ridosso del parco archeologico di San Vincenzino, che dovendo sempre essere collaudato, purtroppo, non può ancora essere utilizzato921. Inoltre, con il termine dei lavori del primo lotto residenziale che, come abbiamo accennato, era previsto per la fine del 2013, la Società Aulo Cecina era obbligata alla realizzazione delle piste ciclabili e pedonali.

918

“Prima che parta la costruzione degli altri due lotti residenziali bisognerà attendere almeno il 2011...Quindi il comparto R2, quello che dovrebbe sorgere nell'area tra via Ginori e via della Pineta, non partirà prima della fine del 2011. Poi sarà la volta dell'ultimo complesso residenziale, il lotto R1 previsto nella zona dell'ex zuccherificio che si affaccia su viale della Vittoria, la cui realizzazione dovrebbe cominciare soltanto fra quattro anni”, vedi “Il Tirreno” Cronaca di Cecina e Rosignano del 22 Marzo 2009, disponibile all'indirizzo:

http://ricerca.gelocal.it/iltirreno?query=zuccherificio+cecina&view=web_locali.il+Tirreno

919

L'unità residenziale R3 prevede un totale di 79 appartamenti; ad Aprile 2013, risultavano realizzate 34 unità abitative, per altre 15 era prevista l'ultimazione nell'estate 2013, mentre, l'ultima ala, comprensiva di 30 appartamenti delle tipologie bilocali e trilocali, sarebbe stata completata a fine 2013, vedi “Il Tirreno” Cronaca di Cecina e Rosignano del 14 Aprile 2013, in Ibidem.

920

“«Gli accordi - spiega Stefano Benedetti, assessore all'urbanistica - sono che già durante la costruzione del lotto R2 partano i lavori delle aree comunali, che comprendono anche il nuovo teatro. La convenzione con la ditta prevedeva che il complesso, con le parti pubbliche, fosse consegnato sette anni dopo l'avvio dei lavori...»”, vedi “Il Tirreno” Cronaca di Cecina e Rosignano del 22 Marzo 2009, in Ibidem.

921

(42)

Figura 44 – Comparto residenziale R3. Fonte: www.ilvecchiozuccherificio.com

(43)

Figura 46 – Comparto residenziale R3 ancora in corso di ultimazione. Foto scattata da F. Secchi a Marzo 2014.

Figura 47 – Particolare dell'unità residenziale, sullo sfondo il locale dell'ex portineria. Foto scattata da F. Secchi a Marzo 2014.

(44)

L'eventuale recupero degli edifici storici della fabbrica avrebbe come obiettivo il ripristino dell'impianto e delle forme architettoniche originarie, anche se le mutate destinazioni d'uso modificherebbero sensibilmente l'idea di quello che un tempo era lo zuccherificio. Il restauro architettonico del corpo principale dello stabilimento, come abbiamo già evidenziato, è vincolato alla previa realizzazione di una parte delle unità residenziali, ma, la crisi in cui si

Figura 48 – L'ex portineria dello zuccherificio attualmente adibita ad ufficio vendite. Foto scattata da F. Secchi a Marzo 2014.

(45)

milioni in opere pubbliche il Comune deve incamerare quattro milioni, che siano in immobili o in fideiussioni. Gli impegni vanno rispettati”922. Nel Luglio 2012 è stato avviato il procedimento di revisione del Regolamento urbanistico, con cui l'Amministrazione comunale, a causa della crisi economica, ha previsto alcune modifiche e una diversa gestione per alcune situazioni urbanistiche del passato, tra cui la lottizzazione dello zuccherificio, attualmente incompiuta, che, a detta dell'Amministrazione, dovrebbe essere al più presto completata, affinché possa trovare una sua identità nel tessuto urbano della città. L'idea sarebbe quella di ripensare la convenzione, applicando delle variazioni rispetto al progetto originale e rivedere anche il ritorno pubblico del piano di recupero, come sostiene l'assessore all'urbanistica Carli: “... un piano del genere dovrebbe restituire qualcosa alla città: un pezzo di archeologia industriale, un impianto viario e quant’altro. Se i vecchi contenuti sono gravosi per chi deve costruire, sono anche disposta a rivederli.”923

In conclusione, allo stato attuale, a distanza di sette anni dall'inizio dei lavori di riqualificazione dell'area, il corpo di fabbrica principale e gli edifici annessi, per i quali era previsto il restauro, si trovano ancora in totale stato di abbandono (figg. da 49 a 58). Il progetto di recupero dell'ex zuccherificio, per quanto interessante ed ambizioso, ha portato soltanto alla costruzione di una trentina di appartamenti, dopodiché i lavori si sono fermati: nessuna pista ciclabile, nessun parco, nessun teatro, tanto meno nessun museo. Oggi lo zuccherificio appare come una discarica a cielo aperto, circondato soltanto da erbacce, cumuli di macerie, depositi di materiali diversi e, da quelle poche abitazioni che avrebbero dovuto formare un quartiere residenziale.

922

Ibidem.

923

(46)

Figura 49 - Panoramica dello zuccherificio visto da via Ginori. Foto scattata da F. Secchi il 31 Marzo 2014.

(47)

Figura 51 - Casa bietole e in primo piano la palazzina degli uffici. Foto scattata da F. Secchi il 31 Marzo 2014.

Figura 52 – Lo zuccherificio visto da via della Pinetina, in primo piano sulla destra l'officina meccanica, sulla sinistra quella elettrica.

(48)

Figura 53 – Prospetto di Casa zucchero visto da via della Pinetina. Foto scattata da F. Secchi il 31 Marzo 2014.

(49)

Figura 55 – Il locale della centrale termica visto da viale della Repubblica. Foto scattata da F. Secchi il 31 Marzo 2014.

Figura 56 Particolare della centrale termica e alle sue spalle la ciminiera. Foto scattata da F. Secchi il 31 Marzo 2014.

(50)

Figura 57 – La lieviteria vista da viale della Repubblica. Foto scattata da F. Secchi il 31 Marzo 2014.

(51)

Figura 59 – Il piazzale antistante lo stabilimento adibito a deposito. Foto scattata da F. Secchi il 31 Marzo 2014.

Figura 60 – La recinzione dello stabilimento su via della Pinetina in evidente stato di degrado.

(52)

3.6. Fonti orali

Di seguitola trascrizione dell’intervista a Enrico Genovesi, tratta da: “Archeologia industriale

a Cecina: passato presente e futuro dello zuccherificio.”924A seguire, la rielaborazione scritta

dell'intervista a Carlo Bulichelli, ex dipendente dello zuccherificio di Cecina925, la cui registrazione originale è allegata al presente lavoro.

Enrico Genovesi intervistato da Francesca Secchi a Cecina il 24 Maggio 2006.

Quali sono i suoi dati anagrafici?

Allora sono Enrico Genovesi sono nato il 14 Giugno del 1962 a Livorno

Quando è iniziata la sua esperienza lavorativa nello zuccherificio e per quanto tempo è durata?

Dunque io ho fatto una campagna stagionale, come per tutti i ragazzi di Cecina era diventata un po’ la valvola stagionale per un po’ tutto il territorio, lo zuccherificio, fin che è durato e mi sembra di aver fatto la campagna stagionale dell’86 ora potrei sbagliarmi con l’85 ma sono quasi certo che sia quella dell’86.

Perfetto, quale era il suo ruolo nello zuccherificio?

Allora io in pratica ero alle turbine, uno dei posti più, così, sfigati, tutti quelli che andavano alle turbine erano considerati gli sfigati in pratica perché si lavorava a delle temperature

(53)

della fabbrica più quello che veniva fuori nel momento in cui aprivi, era come aprire il tappo di una pentola a pressione no, si sentiva questo bollore continuamente quindi non era proprio un posto esagerato.

Quale era precisamente il suo compito?

In pratica cosa succedeva, che arrivava la melassa così chiamata che era lo zucchero a uno stato semi liquido ecco molto simile al miele per capirsi proprio a un aspetto di quel genere no il miele raffinato il miele grezzo per capirsi e arrivava attraverso delle bocchette, dei canali o meglio un convogliamento incanalato e stava depositato in una specie di condotta. Di fatto si gestivano tre, quattro turbine a persona che era come se fosse una mega lavatrice in orizzontale per capirsi in cui te aprivi lo sportello e dovevi calare, farci calare questa melassa, melasso, dovevi intanto calcolare bene dosare la quantità perché se ce ne buttavi troppa erano dolori dopo per farla scende viceversa se ce ne buttavi poca…quindi dovevi calcolare così tutto in modo empirico e sulla base dell’esperienza la quantità da dover far scendere poi chiudevi davi il via a questo sistema, a questa macchina, era come attivare il ciclo di una lavatrice che durava x minuti, mi sembra tre, cinque minuti qualcosa del genere.

A cosa servivano le turbine?

Centrifugavano, facevano semplicemente una centrifuga, quindi te fai conto questa melassa centrifugata praticamente faceva depositare, faceva sparire la parte liquida no e diventava semplicemente proprio zucchero te quando l’aprivi diventava zucchero.

Lo zucchero, dopo la centrifuga, doveva essere ancora lavorato?

Doveva semplicemente essere raffinato, con un secondo tipo di centrifughe quindi un secondo tipo di turbine, io ero alle prime quelle ancora più sfigate e praticamente c’era prima un ciclo di turbine poi un secondo ciclo che centrifugava e raffinava, comunque, in pratica, una volta che si apriva, terminato il ciclo di centrifuga, si apriva questo sportello e ti trovavi tutto lo zucchero diciamo uno strato di zucchero come se fosse proprio neve, insomma uno strato di neve tutto depositato ai bordi, la teoria voleva che dovesse calare da solo perché c’era il buco verso il basso, quindi, stava ai lati per gravità fin tanto che centrifugava poi però doveva

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calare verso il basso e andare a finire in un’altra condotta invece la realtà è che questo non accadeva quasi mai, accadeva una volta su cinque, insomma se andava bene, oppure se eri stato bravissimo a dosare le cose altrimenti c’avevi una mega pala di legno, come se fosse uno scalpellone con cui dovevi scalfirlo affinché si spezzasse e cascasse.

Quanto era grande una turbina?

Questa specie di centrifuga era grande…il diametro di un metro e mezzo qualcosa del genere poi la bocca magari di un metro, eventualmente dopo te la faccio vedere nel libro, ti rendi conto meglio. Tornando alla lavorazione, una volta depositata cosa succedeva veniva rilavorata, nuovamente cotta e andava al secondo ciclo di turbine dove c’era altro personale e seguiva uno stesso identico processo però per un prodotto già sgrossato quindi già raffinato e basta. Quindi era la fase proprio ultima dello zucchero perché dopo il secondo ciclo di turbine praticamente era veramente zucchero doveva essere solo setacciato e imballato.

Le mansioni da chi erano stabilite?

Le mansioni erano definite attraverso l’ufficio di collocamento all’epoca, per cui entravi in base ai posti che c’erano è chiaro che c’erano dei posti un po’ più interessanti per cui ci voleva una certa specializzazione altri meno.

Lo zuccherificio lavorava per tutto l’anno?

Lo zuccherificio lavorava tutto l’anno con una piccola quantità di persone che faceva manutenzione ma l’attività vera e propria era legata al ciclo della barbabietola per cui era stagionale, la barbabietola veniva lavorata d’estate, in pratica, si partiva a luglio fino a ottobre, il periodo della barbabietola, arrivavano questi mega camion come qui si vede (mi

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insomma facevano un lavoro più interessante però erano quelli che ormai lo facevano tutti gli anni. Io ho fatto le fotografie l’ultimo anno di attività nel ’87 quando poi e chiuso.

Perché lo zuccherificio è chiuso?

È chiuso perché l’impianto era obsoleto, ormai cominciava ad essere vecchio, anche le macchine, il sistema era farraginoso e quindi siccome si chiamava, a quel tempo, ha cambiato tante volte nome, Zuccherificio Castiglionese c’era lo stabilimento di Castiglion Fiorentino che era già più moderno e quindi fu trasferita la produzione tutta là.

Sfogliando il libro, “Zuccherificio: immagini della memoria industriale”, di cui E. Genovesi ha realizzato appunto la campagna fotografica, mi mostra la fotografia di una turbina:

Queste sono proprio le turbine, tra l’altro quelle meglio perché quelle peggio erano dalla parte di qua però è identico, questa è la turbina, come vedi qui ci sono queste pale di legno qui in ammollo in questa specie di tinozza, quando si apre questo affare qua, perché sono tutte chiuse, esce il vapore e te dovevi spalare, chiaramente l’abbigliamento tipico era più o meno questo, canottiera e pantaloni dunque questa era la mia mansione.

Di seguito legge la nota all’immagine che mi ha mostrato:

Ecco qui dice con precisione, “Nel reparto delle turbine, il prodotto semiliquido, denominato denso, viene centrifugato: il procedimento permette l’eliminazione della parte liquida e il prodotto assume l’aspetto bianco dello zucchero che conosciamo. Lo zucchero, che dalla turbina viene fatto cadere in un apposito canale di trasporto, dovrà soltanto essere essiccato e setacciato.”

Perché decise di fare quest’esperienza lavorativa?

Come ti dicevo era la valvola di sfogo di tutti gli studenti cecinesi era l’attività stagionale per eccellenza a Cecina, soddisfaceva l'esigenza di fare qualcosa, invece di fare il barista o il cameriere che avevo già fatto, decisi di fare un esperienza di fabbrica.

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Ricorda qualcosa in particolare?, degli episodi o degli aneddoti?

No io ricordi particolari non li saprei individuare anche perché i turni erano rotativi, facevo il mio lavoro e andavo via, ci si dava il cambio ogni otto ore quindi facevi mattina oppure pomeriggio o notte perché era 24 ore su 24 sicché non era un lavoro proprio fantastico da questo punto di vista.

Come era visto lo Zuccherificio dalla cittadinanza?

Ma senti il rapporto della cittadinanza con lo stabilimento io credo che sia stato sempre positivo tranne il fatto che nel periodo estivo quando passavi di li c’era un puzzo micidiale e quindi tutti ce lo ricordiamo in quel modo li, poi in realtà era dovuto alla fermentazione delle buccette cioè lo scarto della barbabietola prima che andasse in lavorazione stava al sole marciva e creava questo odore che si diffondeva nel circondario, anche se era un odore stucchevole in ogni caso era sano rispetto ad altri oggi giorno magari più sopportabili ma più nocivi.

Cosa le ha lasciato questa esperienza lavorativa?

Beh intanto ero abbastanza giovane quindi è un esperienza di lavoro in un’età giovanile, di conseguenza ti lascia l’idea di un sacrificio importante, insomma, quindi ti apre una visione del mondo del lavoro che fino a quel momento non avevi la percezione chiara di cosa fosse, iniziavi a vedere il lavoro in modo diverso ad avvertirne il peso, l’impegno, l’idea della notte poi sei in un età giovanile in cui pensi più a spendere che a guadagnare quindi cominci anche a valutare il valore del denaro in rapporto dell’orario e dell’impegno che richiede, sono quelle cose che contribuiscono alla formazione e all’arricchimento della persona nel passaggio dall’età giovanile, quindi studente all’età lavorativa. Nello Zuccherificio eravamo quasi tutti

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