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Considerazioni sulla documentazione epigrafica dei regni del Jawf tra IX e VI secolo a.C.

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Dall’analisi delle fonti “madhābiene” si rileva la coesione culturale e la continua interazione dei regni del Jawf, nonostante la frammentazione politica.

Questa caratteristica è evidente già dalla più antica documentazione testuale, che dimostra il comune retroterra culturale dei diversi regni: le epigrafi presentano le medesime caratteristiche, sia artistiche e architettoniche dei supporti delle iscrizioni, sia linguistiche e testuali. Dal contenuto emerge una medesima organizzazione sociale, politica e religiosa. Analizzando diacronicamente la documentazione, si può ricostruire una storia regionale caratterizzata da una costante interazione fra le diverse entità politiche, che permise di evitare particolarismo e chiusura durante i secoli.

Offriremo di seguito una sintesi degli ambiti che sono stati più ampiamente discussi nel corso del lavoro, mettendone in evidenza i punti salienti e le novità emerse.

Analizzeremo innanzitutto le caratteristiche della documentazione epigrafica – sia nella forma che nel contenuto, strettamente connessi. L’analisi della struttura testuale permette infatti di individuare le sezioni dell’iscrizione da cui si ricavano le diverse informazioni culturali.

In seguito, dedicheremo un paragrafo alla ricostruzione del contesto storico regionale, delineando un quadro sinottico della storia dei regni “madhābieni” fra IX e VI secolo a.C., ricostruito in base alla valutazione complessiva del materiale epigrafico.

LA DOCUMENTAZIONE EPIGRAFICA: FORMA E CONTENUTO

Provenienza e datazione

Il criterio principale in base al quale abbiamo strutturato lo studio delle iscrizioni è la loro collocazione spaziale e temporale.

Poiché per struttura, lingua e contenuto i testi dei vari regni non presentano sostanziali differenze, solo l’analisi dell’onomastica divina e regale ci permette di attribuirli con una certa sicurezza a un regno piuttosto che a un’altro. La provenienza resta incerta per alcune iscrizioni frammentarie o di onomastica individuale.

Pochi testi sono stati rinvenuti in situ: principalmente sono iscritti su strutture architettoniche che sono state messe in luce da scavi clandestini. Lo scavo regolare del tempio esterno di Nashshān è un caso eccezionale. Alcuni testi sono stati registrati durante ricognizioni, ma la maggior parte degli oggetti iscritti sono stati rinvenuti fuori contesto. Un ruolo molto attivo nel recupero del materiale epigrafico e archeologico è stato svolto negli ultimi anni dai musei dello Yemen, in particolare dal Museo Nazionale di Ṣan‘ā’, dove si trova la maggior parte delle nuove iscrizioni del Jawf. Le strutture più ricche di documentazione epigrafica sono religiose: le iscrizioni commemorano la costruzione di templi, al cui interno erano sicuramente poste le

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dediche e le iscrizioni di espiazione e probabilmente anche molte iscrizioni legali419. I testi onomastici sulle stele funerarie, di cui si conoscono pochi esemplari per il periodo antico, provengono sicuramente dalle necropoli; tuttavia, quella di Barāqish è l’unica ad essere stata oggetto di scavi archeologici; da essa proviene solo materiale più recente. Pochi testi sembrano essere stati reimpiegati, sia in tempi antichi che moderni420.

La maggior parte delle iscrizioni proviene da Nashshān (un centinaio di testi rispetto alla quarantina di Ma‘īn, Haram e Kamna). Essi appartengono per la maggior parte al periodo più antico. Ciò si spiega in base a un fattore storico, ovvero l’importanza politica del regno fra l’VIII e l’inizio del VII secolo, ma si deve soprattutto al maggior numero di indagini archeologiche e scavi irregolari sul suo territorio. Le fonti di Ma‘īn sono più copiose a partire dal VII secolo: mentre gli altri regni risentono più fortemente delle conseguenze dell’ingerenza sabea, quello di Ma‘īn resta defilato dalle contese territoriali della media valle del Jawf e dirige le sue mire espansionistiche verso sud. Da Inabba’ provengono pochissimi testi, che si possono datare fra fine VIII e inizio VII secolo a.C. La maggior parte della documentazione di Kamna risale all’VIII secolo, mentre quella di Haram è concentrata in diversi brevi periodi, partendo dal IX secolo, probabilmente, fino al VI.

Lo studio della datazione dei testi sta alla base della ricostruzione storica proposta nella prima sezione del presente lavoro. Il criterio paleografico, incrociato con lo studio delle successioni dei sovrani, dei sincronismi e degli eventi attestati nelle iscrizioni, permette di datare con una certa precisione testi provenienti da luoghi differenti. Si è evidenziato più volte il parallelismo nell’evoluzione grafica nei diversi regni.

Per quanto riguarda il cursus della scrittura, è indicativo di una cronologia alta l’andamento destrogiro delle iscrizioni (fine del IX e inizi dell’VIII secolo a.C.), anche se questa caratteristica sembra dovuta prettamente ad esigenze estetiche: per mantenere la simmetria che è propria della decorazione delle “Banāt ‘Ād” anche le iscrizioni sui portali dei templi corrono specularmente. Le pochissime iscrizioni bustrofediche sono più indicative a livello di ricostruzione della storia politica, poiché risentono probabilmente di un’influenza sabea e sono indice di momenti di relazioni positive fra i due regni.

Lingua e struttura dei testi

Le caratteristiche linguistiche e strutturali dei testi (lessico, onomastica, formulario, grammatica, tipologie testuali) sono condivise da tutta la documentazione dei regni “madhābieni”.

La maggior parte delle iscrizioni, dove la lingua è distinguibile, sono in mineo. Non si è sentita l’esigenza di adottare in questa sede la definizione linguistica su base geografica di “madhābieno”421, che abbiamo utilizzato invece in riferimento alle caratteristiche culturali di questo periodo storico422. Si è preferito mantenere quella tradizionale di

419

Si noti che al contrario, nel periodo successivo, molti testi sono iscritti sulle mura.

420

Si confronti invece il caso delle iscrizioni del Nord, a Dedān, dove la maggior parte delle epigrafi minee sono state riutilizzate come pietre da costruzione nel villaggio moderno.

421

de Maigret-Robin 1989, 267.

422

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“mineo”, intendendola in senso lato, ovvero non ristretta alla sola documentazione del regno di Ma‘īn della seconda metà del millennio, ma relativa a tutti i siti del Jawf non sabeo. L’individuazione dei tratti caratteristici della lingua minea è stata affrontata a più riprese nelle grammatiche di Beeston423 e nei volumi dell’Inventaire des Inscriptions

Sudarabiques424; la grammatica e il lessico minei sono stati studiati complessivamente anche nella tesi di dottorato di M. Arbach425.

Ciò che emerge dall’analisi complessiva dei testi dei regni del Jawf fra IX e VI secolo a.C. è la continuità tra la lingua della prima metà del millennio e quella del periodo mineo in senso stretto. Si individuano variazioni a livello di formulario dei testi, ma questo è dovuto anche, se non soprattutto, alle differenze funzionali dei testi, alla loro diversa lunghezza e ricchezza di particolari narrativi o descrittivi. Si tratta comunque di variazioni di cui è possibile cogliere lo sviluppo nel tempo, soprattutto nei testi di Shaqab al-Manaṣṣa, che si situano cronologicamente e geograficamente in una posizione intermedia fra la documentazione antica e quella successiva.

Innanzitutto, sembra ormai chiaro che la mimazione dei teonimi fosse utilizzata anche nell’VIII secolo e che non sia possibile stabilire un criterio geografico o cronologico per la sua presenza nei testi426.

In secondo luogo, anche la maggior parte delle iscrizioni dedicatorie della seconda metà del millennio presentano il verbo s3l’427. Questa resta dunque la formula preferita per la dedica rispetto a s1qny, che probabilmente venne introdotto sul calco delle altre

lingue sudarabiche e in particolare del sabeo. Dell’impiego del solo s1qny nella

documentazione della seconda metà del millennio abbiamo poche attestazioni, mentre è piuttosto frequente la presenza di entrambi i verbi in coordinazione, che presuppone una non completa sovrapposizione del loro significato.

Due caratteristiche linguistiche del mineo più antico sono l’assenza della cosiddetta

h parassitica, che tuttavia compare già nei testi fra i più recenti che abbiamo analizzato,

a Shaqab al-Manaṣṣa e a Haram, e l’impiego della formula b-r‘ẓ per l’invocazione finale delle divinità.

La contrapposizione linguistica principale del Jawf non è diacronica, ma sincronica, tra le iscrizioni redatte in mineo e quelle redatte in sabeo: in alcuni regni, benché indipendenti, e in alcuni momenti storici è notevole la compresenza di iscrizioni redatte in entrambe le lingue nel medesimo contesto archeologico o persino la commistione tra le due lingue nella medesima iscrizione. L’impiego del sabeo si giustifica generalmente in base a una condizione politica di inferiorità rispetto al regno di Saba’.

Bisogna sottolineare che a volte la distinzione linguistica si basa su elementi molto fragili. Spesso l’individuazione di formule o lessico tipicamente minei non è sufficiente a determinare che questa è la lingua del testo. Si prendano i testi del tempio esterno di Haram. Il lessico e il formulario restano tipicamente minei, ma talora il verbo di dedica

423

Beeston 1962a e 1984.

424

Robin 1992, 31-34; Gnoli 1993, 33-35; Avanzini 1995, 67-72.

425

Arbach 1993.

426

Il caso emblematico è quello delle iscrizioni Ma‘īn 39 e YM 2009, contemporanee: l’una con e l’altra senza mimazione dei teonimi.

427

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s3l’ è sostituito dal sabeo hqny: in questi casi abbiamo considerato il testo sabeo.

Tuttavia si veda il particolare caso dell’iscrizione più interessante del tempio, Haram 15, che presenta il verbo mineo s3l’, ma i pronomi personali sabei (in h anziché in s1). In questo caso, e ovunque siano individuabili, abbiamo considerato le caratteristiche morfologiche del testo come il principale criterio distintivo.

Per questo ci è sembrata utile la specifica ipotetica della lingua (“probabilmente mineo”) per le iscrizioni che non presentano tratti morfologici distintivi: l’occorrenza di sole formule tipicamente madhābiene (s3l’, b-r‘ẓ) non garantisce che la lingua del testo

sia minea. Tuttavia, l’impiego del sabeo – frequente a Haram, poco attestato a Nashshān e possibile a Inabba’ – non è attestato per ora a Ma‘īn né a Kamna.

I testi del Jawf madhābieno sono generalmente brevi, non si dilungano nella narrazione di eventi storici o politici o in dettagli descrittivi.

Dopo l’enunciazione dell’identità dell’autore del testo, ne descrivono la posizione sociale o le cariche istituzionali o religiose ricoperte; enunciano sinteticamente l’azione compiuta di cui l’iscrizione è testimonianza documentaria; enumerano gli eventuali riti che hanno accompagnato quest’azione o gli eventi collaterali che l’iscrizione intende celebrare; invocano le autorità (religiose o politiche) garanti; infine, nella maggior parte dei casi, il testo è datato indicando il nome dei sovrani regnanti, come abbiamo già detto.

Di seguito analizzeremo punto per punto queste sezioni del testo: la loro rigida struttura, che è sempre rispettata, concentra in ciascuna di esse informazioni culturali di diverso tipo.

Gli autori dei testi: informazioni su società e istituzioni

Il carattere pubblico dei testi è una caratteristica intrinseca alla documentazione monumentale; per la conoscenza delle questioni legate alla vita privata degli individui, bisognerà attendere la pubblicazione della documentazione sui bastoncini.

Inoltre, gli autori della maggior parte delle iscrizioni del periodo antico ricoprivano cariche pubbliche e ruoli sociali importanti; sono rare le iscrizioni di costruzione di strutture urbane o idrauliche da parte di privati cittadini o di famiglie, che invece troviamo frequentemente nel periodo successivo428.

Il re. Gli autori di iscrizioni di costruzione di templi ed edifici pubblici sono solitamente

i re. In base a questa considerazione, sebbene non siano attestati col titolo fino alla fine dell’VIII-inizio del VII secolo a.C., possiamo riconoscere un buon numero di sovrani anche nel periodo precedente. Inoltre i nomi regali sono attestati nella formula di datazione delle iscrizioni. Purtroppo sono solitamente menzionati senza epiteto. Dove questo è conosciuto, si nota una tendenza a evitare la ripetizione della stessa combinazione di nome ed epiteto. Periodi di coreggenza sono abituali già nel periodo antico.

Sebbene il nome della tribù e quello della capitale del regno spesso coincidano, la titolatura dei re “di Ma‘īn” dimostra che i re si definivano come sovrani della tribù, non

428

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della città (che nel caso di Ma‘īn è Qarnaw). Prerogativa de re è la celebrazione dell’alleanza con i re di altre tribù; assieme alla propria tribù, egli è autore di iscrizioni di espiazione, probabilmente in quanto garante dell’ordine civile.

Titoli civili e religiosi. Abbiamo numerose attestazioni di funzionari pubblici e di

ministri del culto, oltre che di titoli indicativi di un ruolo civile o di una posizione sociale.

La qualifica di qdm “primo, responsabile” poteva applicarsi ad ambiti diversi: come titolo identifica un membro della famiglia regale minea, il “capo” del clan Gb’n (per cui sappiamo appunto che i re appartenevano a questo clan); troviamo però altre volte qdm come verbo, indicante l’affidamento a una persona (solitamente da parte del re) di un ruolo direttivo di qualche attività importante. Conosciamo un uomo di Haram che fu ‘qb “governatore” di Nashshān fra le due spedizioni di Krb’l e abbiamo un’attestazione del ruolo di fqḍ, l’incaricato a svolgere una determinata mansione (rituale, nell’unico caso delle nostre iscrizioni).

Nuovi testi hanno fornito attestazioni del titolo di mwd di un sovrano, conosciuto finora solo nella documentazione della seconda metà del millennio. Ipotizziamo che il titolo indicasse un rapporto privilegiato con il re, forse non solo di “amicizia” come indica la radice, ma in primo luogo di parentela (la maggior parte di mwd appartengono a Gb’n, il clan dei re minei). Sempre in riferimento a un particolare rapporto con il re è la qualifica di ‘bd “servitore”. Non sappiamo se la dubbia attestazione di lwb in Garbini-Francaviglia 3 possa essere intesa come un titolo o un appellativo (forse “il consigliere” o “il saggio”).

I titoli più menzionati, che corrispondevano sicuramente a una carica istituzionale, sono quelli di kbr e di qyn. I kbr erano i responsabile di particolari ambiti, di natura diversa: tribù, classi di lavoratori, insediamenti, strutture per l’irrigazione. Il qyn, che per ora non è attestato nelle iscrizioni del periodo successivo, era probabilmente un rappresentante o un amministratore, non solo nella sfera politica e sociale (qyn di un re o di una tribù), ma anche religiosa (qyn di una divinità).

Le altre due cariche religiose che conosciamo sono quelle dello s2w‘

(probabilmente “il sacrificatore”) e del rs2w. Non è chiaro se la carica fosse ereditaria.

Abbiamo effettivamente l’attestazione di una duplice sequenza padre-figlio di sacerdoti

s2w‘ di ‘ṯtr ḏ-Rḥbh a Kamna nell’VIII secolo a.C.: in particolare, il figlio è oggetto –

come mwṯb s2w‘n, “vicario del sacerdote” – di una dedica del padre. Una peculiarità è

quella del sacerdozio “congiunto” di ‘ṯtr ḏ-Grb e ‘ṯtr ḏ-Rṣf, testimoniato in due iscrizioni di membri di una stessa famiglia di Nashshān. È interessante che lo s2w‘

autore di Ma‘īn 39 e YM 2009 dati le iscrizioni per mezzo della formula di alleanza, un uso finora attestato nelle iscrizioni dei sovrani: immaginiamo che l’utilizzo di questa particolare formula di datazione fosse peculiare di un ambiente nobile, vicino a quello della famiglia reale.

Per quanto riguarda i rs2w, la maggior parte delle attestazioni sono riferite a divinità del

culto familiare. Conosciamo un kbr dei sacerdoti rs2w di Mtbnṭyn nella città di Haram,

unico indizio certo di una gerarchia nella classe sacerdotale.

Non sappiamo se un secondo indizio possa essere riconosciuto nell’attestazione di un “re del gruppo di Nb‘l” (mlk ’hl Nb‘l); forse di trattava invece di una comunità di devoti.

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Conosciamo altri due gruppi che si definivano in base al culto di una divinità (’hl), sempre a Kamna: ’hl ‘ṯtr (il gruppo, in questo caso, di ‘ṯtr ḏ-Rḥbh) e ’hl ṯny ‘s2rn (il

gruppo dei dodici, che si ritroverà anche nel periodo successivo).

Classi. L’edilizia risulta, assieme all’agricoltura, l’attività economica più rilevante di

questo periodo. Essa richiedeva sicuramente un notevole impiego di forza lavoro, implicando attività come il taglio e il trasporto della pietra, per le quali conosciamo classi di lavoratori specificamente addetti. Oltre al grbyn, è attestato un kbr nhmtn (la radice NHM indica l’attività di levigatura della pietra). Per quanto riguarda la compagine sociale di Ma‘īn, sembrano non esserci attestazione di ‘rb “nomadi” accanto a ḥr, ’gr e ābr: nobili, clienti e agricoltori: il termine ‘rb in Shaqab 1 è piuttosto un verbo che indica la consegna di offerte alla divinità. La divisione delle società di Ma‘īn, in questo caso, contempla dunque solo tre entità.

La tipologia testuale: informazioni sull’azione registrata

Le tipologie testuali e il relativo formulario sono condivise da tutti i regni del Jawf.

Iscrizioni di costruzione. La maggior parte delle iscrizioni di costruzione del periodo

antico proviene da Nashshān e commemora lavori in edifici religiosi e, in qualche caso, sulle mura.

L’atto di costruzione è espresso solitamente dal verbo bny e riguarda l’edificazione di strutture civili o private. Nei testi in cui si celebra la costruzione di strutture con una specifica funzione, la formula è costituita dai verbi che indicano l’esatta attività svolta (ad esempio, per un pozzo, s1nbṭ e ḍfr: “scavare” e “rivestire”; per le mura gn’,

“cingere”).

Mentre questi verbi indicano un semplice atto di costruzione, il verbo s1ḥdṯ ha

soprattutto una connotazione religiosa di dedica al dio di un tempio o un oggetto. La radice del verbo veicola il significato di “novità”: l’atto della creazione ex novo rinnovava il legame tra il dedicante e il dio.

Iscrizioni di dedica. La tipologia dedicatoria è in assoluto la più documentata e

corrisponde a una pratica cultuale. Il tipico verbo della dedica nel periodo antico è s3l’,

ma troviamo in un caso s1qny, oltre a hqny nelle iscrizioni in lingua sabea. Questi testi

sono spesso ricchi di dettagli aggiuntivi che riguardano l’occasione dell’atto di dedica, per cui forniscono informazioni su altre pratiche cultuali celebrate dall’autore o sugli eventi che hanno sollecitato la scrittura del testo, come l’acquisto di una proprietà, la costruzione di una struttura, il coinvolgimento dell’autore in qualche evento di particolare rilievo storico o l’impegno in una carica civile.

L’oggetto dedicato è solitamente il supporto del testo (oggetto o struttura architettonica), che talvolta è sottinteso, oppure una persona. Dall’indagine lessicale condotta sull’espressione krb s1brr, emerge come questa specifica indichi che la dedica

è un “impegno (del dedicante o di un’altra persona)” che “(il dio) ha sciolto”; si tratta dunque di ex voto.

Già in alcuni testi di questo periodo è celebrato l’affidamento (rṯd) di beni particolarmente preziosi per l’autore del testo (proprietà, figli e anche la propria

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persona) a una o più divinità; la formula diviene ricorrente nei testi del periodo successivo.

Iscrizioni di espiazione. Le iscrizioni cosiddette “di confessione” o “di espiazione”

costituiscono nel Jawf una categoria testuale a sé, mentre nel corpus sabeo e in quello ḥaḍramawtico sono testi di dedica con contenuto penitenziale.

Questa categoria testuale si situa, dal punto di vista del contenuto, fra la tipologia di dedica e quella legale: i testi sono rivolti a una divinità, presso la quale vengono riconosciute le infrazioni commesse. Ciascuna di queste è introdotta dalla congiunzione

b-hn (“poiché”). In due casi, nella chiusura del testo sembra enunciato l’impegno degli

autori a non ripetere l’infrazione.

Il carattere esclusivamente pubblico dei testi monumentali del periodo antico che possediamo finora è evidente anche nella mancanza di iscrizioni penitenziali di singoli individui, che invece caratterizzano il periodo successivo e gli altri corpora. Nel periodo antico, l’espiazione è un evento civile e quindi collettivo. In tre dei quattro testi che possediamo, la tribù con il suo re ripara un’infrazione che coinvolge l’intera comunità. Le iscrizioni di espiazione forniscono preziose informazioni sulla relazione tra potere religioso e politico nell’Arabia del Sud, poiché gli avvenimenti ricordati riguardano comportamenti scorretti nell’ambito di rituali religiosi o la violazione di luoghi o oggetti sacri: in definitiva, sono una forma di riparazione di una rottura del rapporto con le divinità, che mette in crisi il mantenimento dell’ordine del reale.

La caratteristica che distingue le iscrizioni penitenziali più antiche è l’assenza del primo verbo della formula che invarrà nel periodo successivo e che troviamo per la prima volta attestata nell’iscrizione YM 10886 (ntḫy w-ntḏr) da Kamna, che abbiamo datato al VI secolo a.C.

La tipologia è stata tradizionalmente definita di “confessione” proprio sulla base dell’interpretazione della radice NḪY, il cui significato di base è tuttavia più generico: “alleviare, trovare consolazione”. In ogni caso, sembra piuttosto il verbo ntḏr, presente in tutti i testi, a registrare l’azione centrale del rituale compiuto presso la divinità, che – stando al significato di base della radice – non consisterebbe tanto nel “fare penitenza, espiare” ma nel “votarsi (a non ripetere l’infrazione)”.

Iscrizioni legali. Le iscrizioni legali sono molto rare nella documentazione antica. I

pochi esemplari trattano argomenti piuttosto normativi o amministrativi, registrando la rivendicazione o la definizione di proprietà, pubbliche o private, e le norme per la gestione di terreni.

È notevole l’assenza di iscrizioni regali. Tuttavia, l’attività legislativa del re si inferisce dal testo di Kamna 26 (iscrizione di dedica dal contenuto amministrativo): se correttamente interpretato, tratta di norme stabilite dal re per l’amministrazione delle proprietà agricole dei santuari.

La centralità dell’attività agricola e della gestione delle terre emerge anche dalle iscrizioni di altre tipologie testuali: le iscrizioni di dedica sono spesso redatte in occasione dell’acquisizione e della messa a coltura di terreni e le iscrizioni di costruzione celebrano anche il completamento di strutture per l’irrigazione. L’agricoltura (più esplicitamente) e il commercio (anche se in mancanza di riferimenti

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diretti) furono sicuramente gli ambiti di maggiore rilevanza economica per i regni del Jawf, come è evidente innanzitutto dagli eventi storici: le guerre e le alleanze, com’è ovvio, scaturirono dalla necessità di procurarsi territori fertili e città in posizione strategica sulle vie commerciali.

Iscrizioni onomastiche. Le iscrizioni onomastiche contengono per la maggior parte

nomi di persona: si tratta per lo più di nomi di defunti sulle stele funerarie e dei nomi dei sovrani costruttori su alcune edifici. In qualche caso i nomi sulle pietre da costruzione forse identificano il blocco stesso (anche se non è chiaro se si trattasse del nome proprio della pietra che ne segnalava il posizionamento o del nome del tagliatore). Un caso eccezionale sono i nomi delle divinità nelle didascalie delle loro raffigurazioni sui pilastri del Tempio I di Nashshān.

Sono molto frequenti anche le incisioni di monogrammi, sia ad accompagnare un testo, sia isolati. In questo caso si tratta soprattutto di monogrammi regali, che identificano il re finanziatore di una struttura o proprietario di un oggetto.

La sezione narrativa: informazioni sulle pratiche religiose

Alla formula che indica la principale azione ricordata nel testo può seguire la registrazione di altri eventi o notizie rilevanti sull’autore: rituali svolti, acquisizione di terre, cariche religiose o civili ricoperte.

¸ da questa sezione dei testi che ricaviamo i dati più abbondanti relativi alle pratiche religiose (a parte quelle attestate dalle formule centrali delle diverse tipologie testuali). Gli indizi archeologici sono infatti scarsi: la struttura dei templi del periodo antico del Jawf fornisce solo parziali evidenze per la ricostruzione delle pratiche che vi venivano svolte e gli oggetti cultuali provano solo lo svolgimento di libagioni o sacrifici e di fumigazioni d’incenso. I blocchi con il monogramma di Lb’n rinvenuti in situ nel tempio di ‘ṯtr ḏ-Rṣf, disposti a semicerchio, sono un indizio che all’interno della corte si svolgessero sedute di un consiglio, ma non è chiaro se di natura politica o religiosa. Non sappiamo se la sepoltura di un uomo nella struttura addossata al muro di fondo del tempio risalga all’epoca sudarabica, dunque le interpretazioni del suo significato restano ipotetiche. Sono di nuovo i testi a fornire le informazioni più precise e interessanti.

I riferimenti alle pratiche cultuali sono standardizzati e concisi: il lessico e il formulario sono stereotipati e lasciano poco spazio a dettagli, per cui è spesso difficile interpretare l’esatto significato della pratica; solo nelle iscrizioni penitenziali è evidente una comprensibile attenzione ai presupposti del rituale.

Dell’offerta mṯ‘y non siamo in grado di determinare la natura. Abbiamo notato che il termine può apparire anche al plurale e che è spesso seguito dalla formula w-rḍw-s1 fnwt

(“e l’ha apprezzata manifestamente”), il cui il soggetto sottinteso (il dio) è diverso dal soggetto del verbo dell’offerta ‘rb (il dedicante).

L’offerta di primizie (fr‘) è meno attestata rispetto al periodo successivo, mentre il sacrificio (ḏbḥ) è uno dei riti più frequenti, che poteva contare un alto numero di vittime, specialmente durante i giorni di festa (ywm) del regno. Alcuni riti e le azioni più importanti intraprese dal re erano richieste dall’oracolo del dio (’mr), emesso in seguito a una consultazione (s1’l).

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L’invocazione delle autorità: informazioni sulle divinità.

La struttura delle iscrizioni, specialmente di quelle di dedica, prevede solitamente al termine del testo l’invocazione delle autorità garanti (divinità, re, tribù). Esse sono introdotte dalla preposizione b- “per, con, nel nome di”; tuttavia è peculiare dei testi antichi la frequente presenza della formula b-r‘ẓ, tradizionalmente tradotta “per il volere di”, per cui Bron ha proposto invece l’interpretazione “con l’aiuto di”, in base al parallelo con l’akkadico rēṣu “aiutare”429.

La maggiore varietà di attestazioni di divinità si trova proprio in questa sezione finale, sebbene l’intero corpo del testo sia ricco di informazioni.

Ogni regno venerava un pantheon proprio e alcune divinità pansudarabiche, a cui si devono aggiungere sporadiche menzioni di dèi di altri regni.

A Nashshān erano venerate le seguenti divinità, in ordine di importanza e secondo il numero di attestazioni: ’rnyd‘, Wd, ‘ṯtr ḏ-Grb, ‘ṯtr ḏ-Rṣf, ‘ṯtr Ns2q / ḏt Ns2q, Rḥs3,

ḏ-Qbḍ, ‘ṯtr, ‘ṯtr S2rqn, ‘ṯtr Mtb Ḫmr,‘ṯtr ḏ-Ḏbn, ‘ṯtr b‘l ’ḏnn , ’l, Bhnt ’l , S1m‘, ’lmqh.

A Ma‘īn troviamo: Qbṭ / Qbḍ / Mtbqbṭ / Mtbqbḍ / ḏ-Qbḍ / ‘ṯtr Mtbqbḍ / ‘ṯtr ḏ-Qbḍ,

Nkrḥ, Wd, ‘ṯtr ḏ-Yhrq/ ḏ-Yhrq, ’l’lt M‘n (w-Yṯl), ’l Qdhm, S2ms1-Ḥḍr, Gb’n, S1ḥr, S1wr, ‘whn, ‘hn, ‘ṯtr S2rqn, ḏt-Ḥmym, ’lmqh, Bs2mm.

A Haram: Mtbnṭyn, Yd‘s1m(hw), ‘ṯtr B’s1n, ’l’lt Hrm(m), Wd, ’l, ‘ṯtr, ‘ṯtr ḏ-Rḥbh, ḏ-Qbḍ, ḏt-Ḥmym,’lmqh, ‘ṯtr ḏ-Rgmt, ’ḫḫtn.

A Kamna: Mdhww / ḏ-Mdhww, Nb‘l, ‘ṯtr ḏ-Rḥbh, ‘ṯtr Ḥgr, ‘ṯtr, ’ldll, S1m‘t, Qbḍ / Qbṭ, Wd, ‘ṯtr S2rqn, ’lmqh.

A Inabba’: S1m‘, Hwr, Wd, ‘ṯtr.

È inoltre attestata la divinità Mtbẓlm (forse anche nella forma del teonimo ḏ-Ẓlm) in un testo di provenienza non definita.

In base alle nostre fonti, risulta difficile distinguere quale fosse il dio principale del pantheon di ogni regno: la divinità raffigurata nei bassorilievi del tempio interno di Nashshān – ovvero Nb‘l a Kamna, Yd‘s1mh a Haram, Nkrḥ a Ma‘īn e Hwr a Inabba’ – o quella venerata nel santuario esterno alle mura di ogni città. Entrambe sono destinatarie di un rilevante numero di dediche. Forse un indizio viene da Nashshān. Il dio raffigurato nel tempio interno al sito è ’rnyd‘, esplicitamente indicato come il “patrono” di Nashshān e menzionato nella formula di alleanza come rappresentante del regno, mentre il santuario extra muros era dedicato a ‘ṯtr ḏ-Rṣf; potremmo dunqu ipotizzare che le divinità principali di ogni pantheon del Jawf nell’VIII secolo fossero quelle raffigurate nel tempio I di Nashshān, rappresentanti del proprio regno al dio fuori di esso.

In base a questa considerazione si osservano due fatti singolari. Innanzitutto il dio principale di Ma‘īn nel corso della successiva storia del regno fu ‘ṯtr ḏ-Qbḍ, a cui era dedicato il santuario esterno, e non Nkrḥ. In secondo luogo, Qbḍ, nelle varie declinazioni del nome, è l’unico fra gli dèi “non pansudarabici” che riceveva un culto diffuso in tutta l’area madhābiena fra l’VIII e almeno l’inizio del VII secolo. Dunque, mentre le divinità principali dei panthea degli altri regni sono specifiche di ognuno di

429

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essi, a Ma‘īn una delle due divinità principali godeva di un culto regionale. È inverosimile che ciò possa essere spiegato con una supremazia di Ma‘īn nel Jawf nell’VIII secolo: se è vero che l’importanza del regno a quest’epoca nello scacchiere delle relazioni politiche è stata finora sottovalutata, Ma‘īn appare comunque defilato dalle contese territoriali e in ogni caso non potente quanto Nashshān o, ancora prima, Kamna. Per ora non abbiamo dati su Ma‘īn per i secoli precedenti all’VIII, per cui non si possono avanzare ipotesi. Questa particolarità è però un ulteriore indizio a sostegno della tesi dell’autoctonia di Ma‘īn.

Fra l’altro è interessante che solo a Ma‘īn il dio fosse anticamente venerato nella forma del nome Mtbqbṭ/Mtbqbḍ, che secondo Robin – in base ad un confronto con l’aramaico – potrebbe significare “Sede di Qbḍ”.

Le altre divinità che ricevevano un culto comune sono invece pansudarabiche, come

Wd, ‘ṯtr e ’l.

Wd ha un culto non solo molto diffuso a livello geografico, ma anche molto

importante nel Jawf. È solitamente la seconda o terza divinità nell’ordine delle invocazioni finali e si deve ricordare che l’unica sicura visita effettuata da un sovrano del Jawf in pieno territorio sabeo è testimoniata in una dedica effettuata da un re di Ma‘īn in un tempio di Wd.

Notiamo che ‘ṯtr con l’epiteto S2rqn è evocato solo in relazione a Saba’.

Per quanto riguarda il dio ’l, le due attestazioni più interessanti sono sicuramente nel nome delle Bhnt ’l nel tempio interno di Nashshān (prova dell’identificazione delle raffigurazioni femminili con le “figlie di ’l”) e nel teonimo ’l Qdhm nei testi minei, che compare accompagnato da S2ms1-Ḥḍr (rarissima attestazione di questa categoria di

divinità nel Jawf).

Per quanto riguarda le divinità venerate da più regni, abbiamo già evidenziato la difficoltà di determinare il significato politico della menzione della dea ‘ṯtr Ns2q / ḏt-Ns2q nei testi dei regni del Jawf. Semplificando, la sua evocazione a Nashshān fino al

regno di Lb’n Yd‘ doveva attestare il dominio sulla città di Nashq, mentre dopo l’annessione della città al regno di Saba’ è piuttosto segno dell’alleanza di un regno (nello specifico, Nashshān o Ma‘īn) con Saba’ e il riconoscimento della legittimità della presenza sabea nel Jawf.

Relativamente a S1m‘, è interessante notare come il suo culto rifletta l’appartenenza

anche culturale del regno di Inabba’ al territorio del “basso Jawf” sabeo, dove il dio era venerato.

Le attestazioni degli dèi stranieri devono sicuramente essere messe in rapporto ad alleanze fra regni. ’lmqh compare solitamente nella formula di alleanza, mentre ḏt

Ḥmym è menzionata in iscrizioni datate al regno di sovrani alleati dei sabei. La dedica a ‘ṯtr ḏ-Ḏbn da parte di un re di Nashshān probabilmente proviene dal santuario sabeo del

Jebel al-Lawdh e testimonia il rapporto fra i due regni dopo la guerra degli inizi del VII secolo.

La menzione di ‘ṯtr ḏ-Rḥbh, divinità di Kamna, a Haram si spiega con il comune supporto dato dai due regni ai sabei durante la guerra contro Nashshān. La dedica a

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Bs2mm da parte di un re mineo è probabilmente il primo indizio delle relazioni

commerciali con Qatabān ben attestate nei secoli successivi. Similmente, l’epiteto di ‘ṯtr

ḏ-Rgmt a Haram si riferisce alla capitale del regno di Mh’mr nell’oasi di Najrān.

È impressionante la varietà di teonimi attestati nelle iscrizioni di Ma‘īn, che testimoniano non solo la devozione alle grandi divinità del pantheon, ma anche a divinità minori. Queste sono probabilmente legate al culto familiare, tanto che in alcuni casi (Gb’n, S1ḥr, S1wr, ‘whn, ‘hn) la divinità porta il nome di una famiglia o di un clan:

si tratta probabilmente di antenati eponimi.

I testi pubblicati negli ultimi anni dimostrano dunque il culto di molte divinità prima sconosciute, fra cui annoveriamo anche ’ḫḫtn a Haram e ’ldll (precedentemente ritenuto un epiteto di Nb‘l) a Kamna.

A Haram e Ma‘īn l’insieme delle divinità è indicato come ’l’lt Hrmm e ’l’lt M‘n. Non sempre, tuttavia, l’uso della formula è coerente con il suo significato collettivo, essendo spesso contestuale alla menzione di singole divinità che dovrebbero essere comprese nell’espressione. Questa consuetudine era probabilmente finalizzata a non tralasciare alcuna divinità, pur mettendo in risalto le più importanti.

Dal punto di vista politico è interessante che, dal momento dell’unione di Yathill al regno di Ma‘īn, nei testi di Yathill saranno sempre invocate le ’l’lt M‘n w-Yṯl, mentre il riferimento alla seconda tribù in questa espressione mancherà spesso nei testi provenienti da Qarnaw e sarà sempre omesso nei testi del mineo del Nord e di as-Sawdā’. D’altra parte, nella titolatura, il re resterà sempre solo re di Ma‘īn e non anche della tribù di Yathill.

Riguardo ai templi, il santuario interno di Nashshān dimostra che la decorazione delle “Banāt ‘Ād” non era esclusiva dei santuari extra muros. Per ora non è tuttavia possibile capire se si tratti di un caso eccezionale legato al significato politico del tempio, che – pur trovandosi all’interno delle mura – era simbolo di un’alleanza diffusa tra i regni del Jawf.

È interessante notare che, almeno fra i templi extra muros di Haram e Nashshān, v’è un parallelismo nella cronologia dei lavori edilizi: la celebrazione della “fondazione” delle due strutture esterne è databile alla stessa epoca (forse prima dell’VIII secolo a.C.), mentre le strutture interne dei porticati furono edificate all’inizio del VII secolo. Come molti altri edifici, anche il tempio di Haram aveva un nome, che non cambiò in concomitanza con la conversione della struttura al culto di una nuova divinità alla fine del millennio, ma ancora in periodo antico, quando era ancora dedicato al culto di

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LA DOCUMENTAZIONE EPIGRAFICA COME FONTE STORICA: SINOSSI DELLA STORIA DEI REGNI

Le considerazioni storiche emerse dallo studio complessivo della documentazione testuale dei regni “madhābieni” saranno discusse di seguito. Dando conto dell’apporto fornito alla ricostruzione storica dalle fonti apparse negli ultimi anni, verrà delineato un quadro sinottico della storia dei regni del Jawf nel periodo antico, di cui saranno messe in particolare evidenza le novità e i punti di divergenza rispetto alle analisi precedenti e saranno indicate le questioni irrisolte, che necessitano futuri approfondimenti.

IX secolo a.C.

Le iscrizioni di fondazione del tempio extra muros di Nashshān del re ’b’mr Ṣdq (SW-BA/I/1, 2, 3 e 4) sono le più antiche conosciute e determinano dunque il limite cronologico superiore del presente studio. Le indagini archeologiche condotte nel tempio hanno permesso di datarle a un periodo compreso fra la fine del IX e l’inizio dell’VIII secolo a.C. La ricostruzione della successione dei sovrani del regno in base ai dati delle nuove iscrizioni, colmando l’intero VIII secolo di attestazioni di re, supporta questa datazione. I testi della prima metà dell’VIII secolo mostrano una grafia notevolmente normalizzata rispetto alle iscrizioni di ’b’mr Ṣdq: anche immaginando che i mutamenti paleografici si siano prodotti rapidamente in questo periodo, riteniamo che i testi di questo primo re siano da datare almeno alla fine del IX secolo.

La prima documentazione epigrafica mostra già tutte le caratteristiche culturali (artistiche, linguistiche, di scuola scrittoria e di organizzazione sociale e politica) dei secoli successivi, presupponendo una lunga storia precedente di formazione della cultura “madhābiena”.

Il confronto paleografico mostra che, nella stessa epoca del re ’b’mr Ṣdq di Nashshān, anche il re Yhr’l di Haram (Haram 3 e 4) edificava il tempio extra muros della propria città. Poiché anche i templi esterni di Kamna e di Qarnaw seguono il medesimo modello architettonico e il medesimo programma decorativo, è verosimile risalgano tutti allo stesso periodo. Il tempio di Qarnaw, capitale del regno di Ma‘īn, è dunque la prima prova dell’autoctonia dei minei nel Jawf.

VIII secolo a.C.

Il criterio paleografico si è rivelato particolarmente valido per stabilire la successione cronologica delle iscrizioni – e quindi dei re – fra l’VIII e l’inizio del VII secolo a.C.

Abbiamo datato all’inizio dell’VIII secolo nuove fonti epigrafiche da Nashshān, documentate in seguito alla proliferazione di scavi clandestini sul sito; si tratta principalmente di iscrizioni di costruzione di edifici monumentali, indizio della prosperità del regno. In base a considerazioni paleografiche e storiche, datiamo a questo periodo il tempio interno delle “Banāt ‘Ād” costruito dal re ’lmnbṭ Yd‘ (as-Sawdā’ TA 1A 7 e as-Sawdā’ TA 2B), che è stato invece attribuito dagli editori all’inizio del VII secolo a.C.

Il tempio è stato un’eccezionale scoperta per l’importanza sia storico-artistica che storico-religiosa delle decorazioni, poiché fornisce l’unica sicura raffigurazione di

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divinità nell’Arabia meridionale preislamica. Essendovi scolpite le divinità rappresentative di tutti i regni del Jawf, il tempio è l’espressione di un periodo di equilibrio politico della regione.

I regni di Nashshān e Saba’ avevano probabilmente un ruolo prioritario nella gestione di questo equilibrio, come dimostrano le rappresentazioni delle loro divinità alla sommità dei pilastri. Già da questo momento sono evidenti la presenza e l’impegno di Saba’ nella regione, una costante che condizionò fortemente le alterne fortune dei regni del Jawf nel corso dei secoli. I più antichi re sabei fortificarono siti e celebrarono le loro opere non solo nelle zone limitrofe del Jawf verso Saba’, come nelle città di Khlm e Ktlm (allo sbocco dello wādī Raghwān) e ‘rrtm (nello wādī al-Jufra), ma anche in punti strategici verso il cuore della valle, come nella città di Yathill e sul Jebel al-Lawdh, sede di un santuario dalla centrale importanza politica per la comunità sabea. L’intento di Saba’ fu quello di estendere gradualmente il suo controllo sulle aree occidentali della valle, sicuramente per assicurarsi l’accesso alle vie carovaniere verso il Nord. Purtroppo non abbiamo alcuna testimonianza sull’attività commerciale delle città del Jawf a quest’epoca; le fonti esterne attestano solo l’attività sabea.

Come Nashshān e Saba’, anche Haram, Kamna, Ma‘īn e Inabba’ sono rappresentati nei bassorilievi del tempio da un dio del loro pantheon, che – si noti – non è mai il dio a cui è dedicato il tempio delle “Banāt ‘Ād” esterno a ciascuna di queste città. Pertanto, si nota una differenziazione nella funzione rappresentativa delle due divinità principali di ogni regno. È particolarmente significativa la presenza del dio Nkrḥ come rappresentante di Ma‘īn, secondo indizio per l’autoctonia del regno nel Jawf e per la sua partecipazione alle dinamiche politiche della regione in quest’epoca arcaica.

Gli editori ritengono che il santuario di Nashshān fosse dedicato al culto di ’rnyd‘, il dio patrono del regno, per la presenza del simbolo in forma di lettera b sui pilastri con l’iscrizione di fondazione. Tuttavia abbiamo notato come è piuttosto probabile che esso sia associato non a una particolare entità divina, ma all’autorità regale.

È probabile che risalgano a questo periodo anche le iscrizioni del re Yhzḥ Rd‘n di Kamna (al-Jawf 04.5 A+B e al-Jawf 04.6) sui pilastri di un tempio decorati dal motivo delle “Banāt ‘Ād”.

Le prime testimonianze dei dissidi fra le città del Jawf, nei quali Saba’ ebbe un decisivo ruolo politico, sono state datate dagli studiosi alla fine dell’VIII secolo. In base alla ricostruzione storica che abbiamo proposto, tuttavia, questa datazione potrebbe essere messa in discussione e innalzata di qualche decennio.

Le fonti principali per ricostruire la storia di questo periodo sono sabee e attestano l’intervento del mukarrib Yṯ‘’mr Wtr (AO 31929 e DAI-Ṣirwāḥ 2005-50) a sostegno di Nashshān, in base all’alleanza (letteralmente “fratellanza”, ’ḫwt) fra i due regni, e a discapito di Kamna.

La narrazione degli eventi individua la causa dell’intervento sabeo in un atto ostile di Kamna contro Nashshān: la sottrazione del dio patrono ’rnyd‘ – probabilmente la sua immagine – e di alcune terre. Ne deduciamo che il regno di Kamna era abbastanza potente da minacciare e riuscire anche a sopraffare la vicina città. Il sovrano sabeo

Yṯ‘’mr Wtr, attaccando Kamna, si impossessò della città di Mnhytm posta all’estremità

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trovata nella zona di Nashq (ad ovest di Nashshān) e databile alla prima metà dell’VIII secolo. Probabilmente il territorio di Kamna, a quest’epoca, era molto più esteso di quanto non fu in seguito430.

Come abbiamo evidenziato più volte, la datazione generalmente accettata del re Yṯ‘’mr

Wtr all’ultimo ventennio dell’VIII secolo, sulla base dell’identificazione con il re sabeo Ita’amra menzionato nelle fonti assire, non ci sembra esente dal dubbio.

Le considerazioni avanzato sulla ricostruzione della sequenza dinastica di Nashshān suggeriscono che il re Mlkwqh Ryd – contemporaneo di Yṯ‘’mr Wtr – visse piuttosto intorno alla metà dell’VIII secolo. Egli sarebbe stato succeduto da un gruppo di re attestati in iscrizioni rinvenute al di fuori del sito di Nashshān: a Masājid Zar‘ī, ad al-Ḥarāshif, forse anche a Kamna. La provenienza di questi testi potrebbe essere indizio di una fase di controllo di Nashshān su Kamna, successiva all’intervento del mukarrib sabeo.

Le nuove fonti sul re Yqhmlk di Nashshān suggeriscono che egli fu predecessore di Lb’n

Yd‘ (verosimilmente il fratello) piuttosto che un suo successore e che sia dunque da

datare nell’ultimo quarto dell’VIII secolo. Egli compare nell’iscrizione di Ma‘īn YM 2009 come alleato di due re minei e dei re sabei Yṯ‘’mr e Ḏmr‘ly, dimostrando il coinvolgimento del regno di Ma‘īn nella politica di alleanze del Jawf in questo periodo. Dato il regno di almeno tre sovrani di Nashshān (quelli attestati anche al di fuori del sito) fra Mlkwqh Ryd e Yqhmlk, è verosimile che Ḏmr‘ly sia il padre di Krb’l, ma riteniamo poco probabile che Yṯ‘’mr di YM 2009 sia lo stesso Yṯ‘’mr Wtr contemporaneo di Mlkwqh Ryd. Certo non è impossibile che Yṯ‘’mr Wtr abbia regnato a lungo, ma non tralasciamo l’ipotesi che Yṯ‘’mr di YM 2009 possa essere identificato con Yṯ‘’mr Byn, sovrano paleograficamente databile a questo periodo e frequentemente attestato nel Jawf. Se quest’ipotesi fosse verificata, il re sabeo delle fonti assire del 716 a.C. sarebbe più verosimilmente Yṯ‘’mr Byn.

Il primo re di Ma‘īn che conosciamo è probabilmente ’byd‘ del nuovo testo Ma‘īn 112, che può essere datato fra il terzo e l’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C., poco prima di YM 2009. Le caratteristiche grafiche, artistiche e linguistiche di Ma‘īn 112 provano che il regno mineo era a tutti gli effetti parte della cultura “madhābiena” del Jawf. L’iscrizione mostra anche che la famiglia regale apparteneva a Gb’n, uno dei clan principali del regno mineo anche nella seconda metà del millennio.

Dei molti re di Kamna attestati nella seconda metà dell’VIII secolo a.C. è difficile ricostruire la successione cronologica, poiché la grafia sembra non aver subito importanti evoluzioni e non vi sono sincronismi esterni al regno.

Di Haram si hanno pochissime iscrizioni; forse solo uno o due re sono attestati nell’VIII secolo. Lo stesso si può dire per Inabba’.

430

Il sito di Mnhytm dunque non fu sempre sabeo; tuttavia non è chiaro a chi appartenesse prima della guerra. Presumibilmente, era parte del territorio di Kamna oppure dei territori sottratti da Kamna a Nashshān, che il re sabeo – dopo la guerra – tenne per sé. Sebbene meno lineare, non si può escludere nemmeno l’ipotesi che il sito fosse sabeo anche in precedenza e che il sostegno dato dai sabei a Nashshān sia stato più che altro un pretesto per riprendere la città sottratta da Kamna. Il punto di vista delle fonti è sabeo e dunque il presupposto increscioso potrebbe essere stato intenzionalmente taciuto.

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È incerto se il re di Nashshān, del cui nome abbiamo un’attestazione lacunosa, ma di cui conosciamo il patronimico Yqhmlk (as-Sawdā’ 5), sia figlio dello stesso Yqhmlk menzionato in YM 2009. In tal caso, bisogna postulare l’esistenza di un re di Saba’

Yd‘’l, suo alleato, vissuto tra Ḏmr‘ly e Krb’l (un fratello di Krb’l?). Il passaggio del

trono dal ramo familiare di Yqhmlk (forse il figlio non aveva lasciato una discendenza) a quello di Lb’n sarebbe stato sostanziato dal matrimonio tra la figlia del primo, della quale possediamo un’iscrizione, e il figlio del secondo, il ben noto S1mhyf‘ Ys1rn

(as-Sawdā’ 93).

Un re sabeo Yd‘’l è attestato a Qarnaw come alleato di ’byd‘ Yfs2 (il primo re nelle nostre fonti a fregiarsi del titolo di “re di Ma‘īn”) nel testo Ma‘īn 102 del tempio interno di Nkrḥ, messo in luce pochi anni fa da uno scavo clandestino. Non sappiamo tuttavia se dobbiamo datare questo sincronismo agli ultimi anni dell’VIII secolo oppure dopo le campagne di Krb’l nel Jawf. Dal punto di vista paleografico, la prima datazione è preferibile. Tuttavia, negli altri regni del Jawf, la prima menzione del titolo di re nella documentazione nota compare dopo Krb’l.

Lo stesso dubbio cronologico riguarda l’iscrizione YM 28823 da Haram, che attesta il sincronismo fra Yd‘’l e Wtr’l.

VII secolo a.C.

I regni di Lb’n Yd‘ e di suo figlio S1mhyf‘ Ys1rn a Nashshān corrispondono al periodo

più conosciuto della storia delle città-stato del Jawf, sia per l’abbondante documentazione interna sia per il riscontro nelle fonti sabee. Per questo la fine dell’VIII secolo a.C. e l’inizio del VII sono stati considerati l’epoca di splendore delle città “madhābiene”, in lotta per l’affermazione del potere nella regione, e soprattutto di Nashshān. Tuttavia, dallo studio incrociato della documentazione epigrafica si chiarisce il quadro delle dinamiche politiche dei vari regni ed emerge come questa sia da considerare piuttosto la fase matura di un periodo – ovvero l’inizio del declino delle realtà indipendenti del Jawf – caratterizzata da sommovimenti politici che nel giro di un secolo crearono le condizioni per la definizione di un nuovo assetto territoriale.

L’alleanza con Krb’l Wtr, a più riprese celebrata da Lb’n, continuò per la prima parte del regno del figlio, che affiancò il re sabeo nella campagna contro ’Awsān (as-Sawdā’ 88), alla quale prese parte anche il regno di Haram (Haram 15). A questo periodo risalgono verosimilmente gli interventi edilizi e le numerose iscrizioni del tempio extra

muros di ‘ṯtr ḏ-Rṣf, in cui troviamo per la prima volta il titolo di “re di Nashshān”.

Tuttavia, l’alleanza tra S1mhyf‘ e il re sabeo dovette rovesciarsi presto: alla narrazione

della guerra contro ’Awsān nell’iscrizione RES 3945 di Krb’l Wtr segue quella di due campagne contro Nashshān. Nella prima i sabei saccheggiarono i territori del regno, nella seconda, dopo un assedio di ben tre anni, furono conquistate le città di Nashshān e di Nashq. Non si conosce la causa scatenante del rovesciamento dell’alleanza né il pretesto, com’era probabilmente stato quello del ratto della statua del dio ’rnyd‘ e della conquista di alcuni territori nashshāniti da parte di Kamna per l’attacco di Yṯ‘’mr Wtr. Immaginiamo che la ragione profonda fosse l’eccessivo potere che Nashshān stava guadagnando nel Jawf e possiamo chiederci quale peso abbia avuto il suo controllo della città di Nashq nelle dinamiche geopolitiche della regione.

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I regni vicini di Nashshān, ovvero Haram e Kamna, erano alleati di Krb’l: dall’iscrizione Haram 15 sappiamo che, fra le due campagne, Nashshān restò sotto il governatorato di Haram per due anni.

A quest’epoca risale la maggior parte delle iscrizioni note da Haram. Esse provengono dal suo tempio esterno, che – come quello di Nashshān – fu sede di importanti interventi edilizi in questo periodo. Le iscrizioni sui pilastri del porticato del tempio sono datate ai regni di tre sovrani: Yḏmrmlk (che condusse la guerra con Krb’l),

B‘ṯtr e Wtr’l Ḏrḥn (il primo attestato con il titolo di “re di Haram”; Haram 21 e 22).

Sono interessanti in questi testi i riferimenti a terre lontane come lo Ḥaḍramawt e Najrān, probabile indizio di legami commerciali con la regione produttrice di incenso e con l’oasi sulla via carovaniera verso il Nord.

Un’iscrizione che celebra dei lavori nel tempio esterno di Kamna e, probabilmente, l’alleanza con Saba’ (Kamna 7) può essere datata a questo periodo. Anche Kamna, come Haram, ricevette dei territori come ricompensa del sostegno fornito al re sabeo contro Nashshān (RES 3945).

Un re di Kamna di nome Nbṭ‘ly, che forse può essere identificato con il re citato da

Krb’l come suo alleato, è attestato ad al-Ḥarāshif (al-Ḥarāshif 2). Ricordiamo che alla

metà dell’VIII secolo questo piccolo sito doveva appartenere a Nashshān; possiamo immaginare che si trattasse di un territorio conteso tra i due regni e passato sotto il dominio di Kamna con la guerra di Krb’l.

Così come non stupisce l’assenza di Kamna e Haram nell’iscrizione di Yṯ‘’mr Wtr dell’VIII secolo, il fatto che il regno di Ma‘īn non sia citato nell’iscrizione RES 3945 non deve essere considerato un indizio dell’assenza dei minei dal Jawf in questo periodo. Semplicemente, è probabile che Ma‘īn non sia stato coinvolto nella guerra di

Krb’l. Da essa avrebbe forse ricavato poco, essendo Nashshān separata dal suo territorio

proprio dai regni di Haram e Kamna.

Verso la metà del VII secolo a.C., il regno di Ma‘īn appare impegnato piuttosto in un’espansione verso sud, in direzione della città di Yathill, che godeva di una posizione estremamente favorevole dal punto di vista delle risorse idriche ed era quindi una zona florida per l’agricoltura. In base alla documentazione diretta e indiretta, sappiamo che la città e il suo territorio erano sabei almeno fino all’epoca di Krb’l Wtr.

La prima attestazione di un re mineo al di fuori della capitale è nel sito di Shaqab al-Manaṣṣa (Shaqab 6), a sud di Yathill. Se la datazione di questo re, ’lyf‘ Rym, nei decenni centrali del VII secolo a.C. è corretta, potremmo chiederci se la città di Yathill – che si trova sul percorso fra Ma‘īn e Shaqab al-Manaṣṣa – fosse passata al dominio mineo già a quest’epoca (il nome di Yathill nell’iscrizione Shaqab 6 è restituito dall’editore in lacuna). Se l’insediamento mineo a Yathill sia avvenuto sottraendo la città ai sabei con la forza o in seguito a un abbandono volontario del sito non è chiaro. Secondo gli scavi di de Maigret, la seconda ipotesi è più probabile.

L’assenza di frizioni fra Ma‘īn e Saba’ verso la metà del VII secolo sarebbe congruente con la datazione che abbiamo proposto per la dedica effettuata dal re di Ma‘īn Wqh’l figlio di ’lyf‘ in un tempio sabeo vicino a Mārib, attestazione di buoni rapporti tra i due regni (Schm/Samsara 3).

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È possibile che la dedica alla divinità qatabanica Bs2mm all’epoca di ’lyf‘ Rym possa

essere interpretata come un ulteriore indizio della rete di alleanze che Ma‘īn stava intessendo, nel tentativo di ricavarsi uno spazio privilegiato nell’economia dell’Arabia del Sud – sfruttando la propria ubicazione – mentre si assicurava il controllo di un nuovo insediamento in una posizione geograficamente favorevole, sia per la fertilità del territorio che per la lontananza di Yathill dagli altri regni del Jawf.

Il regno di Nashshān dovette uscire stremato dalla lunga guerra, anche per le pesanti punizioni inflitte da Krb’l al momento della sconfitta. Tuttavia, a Nashshān nulla di fatto cambiò e la dinastia restò sul trono, come dimostra la datazione dell’iscrizione as-Sawdā’ 88 all’epoca del figlio e del nipote di S1mhyf‘. Probabilmente la città era sotto

tutela sabea (Yd‘’b ’mr, il figlio di S1mhyf‘, dedicò un altare al dio sabeo del Jebel

al-Lawdh: al-Jawf 04.35), ma con un proprio governo indipendente. Il regno del nipote di

S1mhyf, ’lmnbṭ Yd‘ (attestato col titolo di re in as-Sawdā’ 96) è databile verso la metà

del secolo. Al suo tempo risalgono numerose dediche al dio ‘ṯtr ḏ-Grb, il cui culto fu forse associato a quello di ‘ṯtr ḏ-Rṣf (il testo as-Sawdā’ 16 è dunque riferibile a questo periodo piuttosto che alla fine della dominazione minea di Nashshān, quando il pantheon cittadino fu nuovamente venerato, ma i testi erano redatti in lingua sabea). Dopo il regno di ’lmnbṭ Yd‘ sono sporadiche le attestazioni di sovrani di Nashshān, ma possiamo forse datare a una distanza di non molti anni il re Mlkwqh Ryd (YM 11191), omonimo del re del secolo precedente. È probabile che il testo al-Jawf 04.8, che datiamo al suo regno e che presenta una commistione di caratteristiche linguistiche sabee e minee, provenga da Nashq e sia da intendere come l’indizio della continuazione dell’alleanza fra Nashshan e Saba’ a quest’epoca, dopo che la città di Nashq era diventata l’avamposto sabeo nel Jawf, il punto da cui venivano controllate le relazioni politiche con gli stati della regione. Le attestazioni della dea ḏt Ns2q nelle iscrizioni dei

regni del Jawf (in questo periodo così come nei testi minei della seconda metà del millennio) sarebbero l’indizio di un rapporto di equilibrio con Saba’, piuttosto che del controllo della città di Nashq. La dea assunse probabilmente il ruolo di testimone del potere politico sabeo nel Jawf.

A quest’epoca o a poco prima risale l’iscrizione di un re di Kamna a Nashq (CIH 377), in cui è celebrata la costruzione di due torri della cinta muraria. La particolare espressione “i re di Mārib” al posto della tradizionale “i re di Saba’” (o dell’indicazione del nome proprio dei re) non avrebbe a nostro parere un’accezione spregiativa, segno del rifiuto dell’autorità sabea da parte di Kamna, come l’ha intesa Robin, ma avrebbe piuttosto ragioni di natura testuale (un espediente retorico per evitare una ripetizione) e culturale (in linea col sistema politico di città-stato di Kamna, dove il nome della tribù e quello della capitale del regno coincidevano, per cui “re di Kamna” significava anche “re della città di Kamna”).

Fine VII-inizi VI secolo a.C.

Dalla fine del VII secolo risulta più difficile datare la documentazione e gli eventi storici.

Le più antiche iscrizioni minee dell’area di Yathill provengono dal tempio di Shaqab al-Manaṣṣa e attestano importanti cerimonie religiose, svolte sia nella capitale

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che a Yathill e nei loro territori (Shaqab 1). Si tratta dunque delle prime attestazioni sicure del dominio mineo su Yathill.

L’espansione in questa zona storicamente sabea e gli accordi commerciali – da una parte con i regni sudarabici per la provvigione di materie prime da esportare, dall’altra forse con le tribù che controllavano la via carovaniera verso il nord – minacciavano evidentemente la potenza commerciale di Saba’. Possiamo immaginare che fu tale concorrenza a provocare la guerra contro Ma‘īn, ’mr e Mh’mr ricordata da un re sabeo nell’iscrizione RES 3943. L’associazione di Ma‘īn con queste entità politiche, interpretata da Robin come l’indizio di un’origine comune delle tribù nella zona di Najrān, ci sembra piuttosto giustificata in base ad un loro legame economico: tutte e tre sarebbero state considerate da Saba’ come un’unica minaccia alla propria attività commerciale.

Fra la fine del VII e l’inizio del VI secolo datiamo un’iscrizione che attesta per la prima volta la confederazione di Ma‘īn e Yathill sotto l’autorità del re di Ma‘īn (Shaqab 19). Si tratta di un testo di espiazione di alcune infrazioni commesse dalla comunità contro la sacralità dei documenti di Ma‘īn, che si trovavano nei templi di Yathill, e dei territori di Yathill, posti sotto protezione degli dèi. È verosimile che nel patronimico del re ‘myṯ‘ Nbṭ di Shaqab 19 si debba riconoscere il re ’bkrb Rym, autore di un’altra iscrizione penitenziale (YM 26106) concernente la gestione delle acque poste sotto la protezione del dio Wd.

Così come il regno di Ma‘īn non è citato nelle iscrizioni dei mukarrib sabei di VIII e inizio VII secolo a.C., né Nashshān né Kamna né Haram compaiono nell’iscrizione RES 3943. I regni erano probabilmente ancora alleati di Saba’ o ne subivano il controllo. Per quanto riguarda Haram, dopo un lungo vuoto documentario, possiamo forse datare alla fine del VII secolo il re S1mh’mr (che abbiamo considerato, con qualche dubbio,

omonimo di un re dell’VIII secolo a.C.). Al suo tempo risalgono alcune iscrizioni in sabeo al dio Yd‘s1mhw, un fatto che non stupisce, dato che già al tempo di Krb’l

l’impiego della lingua sabea a Haram era contemporaneo a quello della lingua minea. La questione linguistica è interessante anche a Nashshān. Diversamente rispetto alla prima metà del secolo, le iscrizioni di questo periodo sono poche e attestano qualche sporadico nome di re. La più significativa è un testo di Yd‘’b e Ys2hrmlk “re di

Nashshān”, iscritto sulla base di due appliques di bronzo raffiguranti ciascuna un leone. Non è possibile definire se la singolare commistione di tratti morfologici e lessicali sabei e minei sia il segno di un mutamento nella gestione politica del regno.

VI secolo a.C.

Mentre i regni del Jawf superiore subivano ancora la pressione sabea, il regno di Ma‘īn era riuscito a creare le condizioni per il suo sviluppo futuro.

L’iscrizione sabea B-L Nashq=Demirjian 1 datata al regno di Yd‘’l Byn figlio di Yṯ‘’mr dimostra che Saba’ era ancora una fiorente potenza commerciale sia nell’Arabia del Sud che nel Levante nella prima metà del VI secolo a.C. (forse piuttosto verso l’inizio del secolo). Allo stesso tempo, però, non aveva debellato la minaccia minea con la vittoria ricordata nel testo RES 3943: l’autore ricorda un attacco ai minei, forse a una carovana in una zona del Sud dell’attuale Arabia Saudita, e uno scontro con lo Ḥaḍramawt, che

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probabilmente, all’epoca, aveva già intessuto accordi commerciali con Ma‘īn per l’esportazione di incenso.

Nell’iscrizione DhM 383, recentemente catalogata dal progetto CASIS, un abitante di

‘rrtm, città sabea del Jawf, ricorda di essere stato nominato governatore di Kamna dal

proprio sovrano Yd‘’l Byn durante la guerra di ’tmn. È probabile che questa iscrizione risalga al regno dello stesso sovrano, testimoniando ancora una volta l’instabilità politica della regione e la continua ingerenza di Saba’.

Più o meno allo stesso periodo siamo portati a datare l’iscrizione YM 10886, in cui il re di Kamna e la sua tribù espiano una serie di infrazioni rituali commesse nei confronti del dio ḏ-Mdhww. Il destino di questo regno, per le poche informazioni che abbiamo, fu dunque singolare: Kamna riuscì a rimanere indipendente – anche se non continuativamente – nel corso dei secoli, sia da Saba’, con cui intrattenne alleanze, sia da Ma‘īn. Non abbiamo per ora, infatti, alcun indizio di un dominio mineo su Kamna. Per quanto riguarda Nashshān, le ultime attestazioni del culto del pantheon cittadino sono le iscrizioni di dedica a ‘ṯtr ḏ-Rṣf, alcune delle quali rinvenute in situ durante gli scavi del tempio extra muros. Successivamente, è evidente una fase archeologica che attesta l’interruzione della frequentazione del santuario, probabilmente dovuta all’abbandono del culto del dio in concomitanza con il passaggio della città sotto il controllo mineo.

Dopo lunga assenza dalle fonti, sono attestati dei re di Haram in alcune iscrizioni che presentano già caratteristiche linguistiche che saranno tipiche delle iscrizioni del successivo periodo mineo e che ci sembrano il segno di un’evoluzione linguistica diffusa e comune ai regni del Jawf, piuttosto che specificità della lingua del regno di Ma‘īn.

’lkbr ’mr e Ys2hrmlk Nbṭ sono gli ultimi re di Haram a noi noti nella prima metà del

millennio.

Non sappiamo se in questo momento Inabba’ fosse città sabea o se fosse ancora indipendente. Dall’inizio del VII secolo a.C. non possediamo documentazione sul regno, fino all’attestazione di alcuni personaggi che si definiscono originari di Inabba’ e scrivono in sabeo. Questi testi potrebbero risalire al VI o al V secolo; non è scontato tuttavia che provengano proprio da Inabba’ e quindi che se ne possa inferire l’impiego della lingua sabea nella città.. Inoltre, la nisbe ’nb’y si riferisce semplicemente alla provenienza geografica e non fornisce alcuna indicazione sulla sopravvivenza politica del regno. Secondo recenti studi geoarchelogici, il sito di Inabba’ sarebbe stato il primo regno “madhābieno” a soffrire del restringimento dell’alveo di piena dello wādī, in quanto situato al suo sbocco. La stessa sorte devono aver subito gli stanziamenti sabei del Jawf inferiore. Si deve forse a un precoce abbandono del sito l’assenza di testimonianze nella seconda metà del millennio.

Abbiamo già considerato la difficoltà di stabilire una linea di demarcazione nella documentazione del Jawf, che segni la fine del periodo che abbiamo definito “antico”. Il limite inferiore posto per l’analisi del materiale testuale e quindi per la ricostruzione

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storica di questo periodo, che sono state affrontate nel presente lavoro, si basa sulla considerazione che nel VI secolo a.C. si stabilizzò un nuovo assetto geopolitico del Jawf. La federazione di Ma‘īn con la città di Yathill fu l’evento più significativo per le sorti del regno e della regione intera.

L’insediamento mineo a Yathill sembra databile – anche archeologicamente – al più tardi nella prima metà del VI secolo a.C.; dopodiché, stando alla documentazione testuale, non vi furono eventi maggiori o grandi fratture nella storia del regno. Inoltre, risulta impossibile, per il momento, datare con precisione le attestazioni dei sovrani successivi a ‘myṯ‘ Nbṭ: Ḫlkrb Ṣdq ci sembra uno dei re più vicini al periodo considerato, che forse potrebbe essere vissuto ancora nel VI secolo a.C.

La scelta, incerta a livello di datazione, di escludere la documentazione di questo re dal periodo qui considerato è soprattutto simbolica: al suo regno risalgono la celebrazione della fondazione (o meglio, della rifondazione) del tempio esterno di ‘ṯtr ḏ-Qbḍ e la placca con decorazione di genii neoassiri sul modello dell’iscrizione B-L Nashq, che per noi assume il significato di un “passaggio del testimone” da Saba’ a Ma‘īn (o meglio, la sua conquista) nella corsa alla supremazia nel commercio internazionale.

A partire da questo momento la storia di Ma‘īn sarà storia di un regno regionale e condizionerà in vario modo le sorti delle altre realtà politiche del Jawf.

Il suo ruolo egemonico deve probabilmente essere ridimensionato, in quanto alcuni regni sembrano essere rimasti sostanzialmente indipendenti: così quello di Kamna, anche se fu certamente privo dell’importanza che dimostrava nella prima metà dell’VIII secolo. Quello di Haram fu forse annesso a Ma‘īn, ma le fonti a disposizione sono troppo scarse per sostanziare qualsiasi ipotesi.

È tuttavia innegabile che la documentazione a nostra disposizione dal VI secolo in poi sia essenzialmente quella minea e, dal punto di vista politico, il principale contrappeso alla potenza di Ma‘īn nei secoli precedenti, ovvero Nashshān, ha ormai perso il suo ruolo e diventerà un importante centro, almeno per un certo periodo, nel regno mineo.

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