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Capitolo 1 La Repubblica popolare cinese 1.1 Un nuovo attore sulla scena internazionale: la Cina di Mao

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Capitolo 1

La Repubblica popolare cinese

1.1 Un nuovo attore sulla scena internazionale: la Cina di Mao

Il primo ottobre 1949 Mao Zedong, dalla tribuna della Porta della Pace Celeste, circondato dalla dirigenza del partito comunista, annunciò la fondazione della Repubblica popolare cinese, scandendo a gran voce che il popolo cinese si era alzato in piedi e che la Cina non sarebbe stata più una nazione soggetta a insulti e umiliazioni1. L'Impero cinese, per oltre duemila anni, aveva intrattenuto con il mondo esterno rapporti basati sul cosiddetto sinocentrismo, un antico sistema di relazioni internazionali basato sulla centralità della Cina, sull'assenza di rapporti paritari e sul cosiddetto sistema del tributo2. Il 1842 è un anno considerato come uno spartiacque di fondamentale importanza nella storia cinese, poichè il 29 agosto 1842 l'Impero cinese firmò il Trattato di Nanchino, il quale poneva fine alla Guerra dell'oppio, avviando la lunga stagione dei cosiddetti Trattati Ineguali3.

L'annuncio di Mao Zedong aveva posto fine quindi ad un secolo di vergogna e umiliazione, iniziato appunto con la firma del Trattato di Nanchino e proseguito con la firma di altri umilianti trattati. Finalmente la Cina era tornata ad essere unita, sovrana e indipendente. Ancora prima di proclamare la nascita della Repubblica popolare cinese, il 30 giugno 1949 Mao aveva annunciato la politica del yi bian dao, ovvero, “pendere da una parte”, ammettendo l'inesistenza di una terza via tra socialismo e imperialismo e la conseguente necessità di cercare un'alleanza con Mosca4. Dal finire degli anni Quaranta i leader comunisti cinesi avevano concepito la loro rivoluzione come parte inseparabile del movimento internazionale proletario guidato dall'Unione Sovietica. La scelta di cercare l'alleanza con Mosca era stata alimentata anche dal serio timore di una possibile minaccia statunitense, quando la vittoria comunista nella guerra civile contro il governo nazionalista di Chiang Kai-shek si avvicinava e i leader del Comitato Centrale del

1 B. Onnis, La Cina nelle relazioni internazionali, dalle guerre dell'oppio a oggi, Roma, Carocci Editore, 2011, p.11.

2 Ivi, op.cit., p.15.

3 La peculiarità di questi trattati risiedeva nel fatto che la potenza straniera firmataria del trattato acquisiva diritti nei riguardi della controparte senza che fosse prevista reciprocità alcuna. L'Impero cinese fu assoggettato alle potenze occidentali dopo pochissimi anni.

4 Kwok-Sing Li, A Glossary of Political Terms of the People's Republic of China, Hong Kong, The Chinese University Press, 1995, p.517.

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2 partito comunista erano preoccupati di un possibile intervento americano5. Tuttavia, anche nella decisione di "pendere" verso l'Unione Sovietica, i comunisti cinesi furono ben determinati nel voler mantenere quell'autonomia e quell'indipendenza gradualmente conquistate nel corso della lotta precedente, ricordandosi che in non poche occasioni avevano incontrato l'ostilità di Stalin, nonché dell'Internazionale comunista6.

Il giorno seguente l'annuncio della nascita della Repubblica popolare cinese il governo sovietico informò Zhou Enlai della decisione di voler stabilire relazioni diplomatiche con la neonata repubblica, ponendo così fine a tutte le relazioni con il Guomindang. Il Comitato Centrale, nel definire e rafforzare la politica di alleanza con Mosca, decise che era arrivato il momento per Mao di compiere un viaggio a Mosca.

Mao sperava che la visita nella capitale sovietica avrebbe determinato una nuova alleanza e rimpiazzato quella stipulata dall'Unione Sovietica con il Guomindang nell'agosto del 19457. Il 14 agosto 1945, infatti, l'Unione Sovietica, in seguito alla resa giapponese, aveva firmato un accordo con il Guomindang che prevedeva il ripristino dei diritti russi sulle ferrovie mancesi e nei porti di Port Arthur e di Dairen, diritti che il governo zarista aveva ceduto al Giappone con la pace di Portsmouth. Tale accordo è stato considerato come l'ultimo dei trattati ineguali imposti alla Cina, al quale l'Unione Sovietica avrebbe rinunciato nel 1950, all'atto di porre su nuove basi i rapporti con la neonata Repubblica popolare cinese8.

Mao partì da Pechino il 6 dicembre 1949 e arrivò alla stazione centrale di Mosca il 16 dicembre, dove trovò ad attenderlo Molotov, Bulganin, Gromiko e altri leader sovietici. Lo stesso giorno fu ricevuto da Stalin.

Nonostante l'accoglienza riservata al leader cinese, le trattative per definire i termini dell'amicizia tra i due paesi furono lunghe e complicate: Stalin era confuso dall'atteggiamento ambiguo di Mao, il quale non volle esprimere chiaramente la sua intenzione di siglare un'alleanza con Mosca9.

Il 2 gennaio 1950 Mao sottopose a Molotov e Mikoyan tre possibili proposte: la prima riguardava la firma di un nuovo trattato tra Cina e Unione Sovietica; la seconda di chiedere alle rispettive agenzie di pubblicare un comunicato congiunto in cui si

5 C. Jian, The Sino-Soviet Alliance and China's entry in the Korean war, New York, Woodrow Wilson International Center for Scholars, 1992, pp. 1-2.

6 B. Onnis, op.cit., p.38.

7 Documents of Foreign Relations of the People's Republic of China, Beijing, The Press of World Affairs, 1957, pp. 5-6.

8 B. Onnis, op. cit., p.32. 9 C. Jian, op.cit., pp. 15-16.

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3 sosteneva che le due parti avevano trovato un accordo; infine di firmare una lista di principi relativi all'alleanza. La risposta di Molotov alle proposte di Mao fu affermativa e questo convinse Mao che fosse arrivato il momento di chiamare Zhou Enlai a raggiungerlo: egli arrivò a Mosca con una cospicua delegazione il 20 gennaio10.

Due giorni dopo l'arrivo di Zhou iniziarono i negoziati ufficiali: la delegazione cinese insistette affinchè nel trattato fosse chiaro che, nel caso in cui una delle due parti fosse stata attaccata da un terzo paese, l'altra parte sarebbe dovuta intervenire fornendo aiuto militare e altra assistenza necessaria. Mao inoltre aveva bisogno del supporto economico da parte sovietica per ricostruire e modernizzare le strutture di produzione, in cambio del quale Mao accettò di riconoscere l'indipendenza della Mongolia Esterna e il mantenimento dei privilegi russi in Manciuria, compreso il controllo di Port Arthur. Il 14 febbraio 1950 fu firmato il Trattato di alleanza, amicizia e mutua assistenza tra Cina e Unione Sovietica: per la delegazione cinese questo rappresentava sia un obiettivo della rivoluzione, sia l'unica scelta possibile nel mondo bipolare. Anche per i sovietici la scelta dell'alleanza con Pechino rispondeva sia ad interessi ideologici che a considerazioni di natura pratica11. Il 17 febbraio Mao e Zhou lasciarono Mosca e tornarono in Cina, avendo ottenuto il supporto militare sovietico. Durante il soggiorno in Unione Sovietica Mao ordinò 586 aerei e il 15 febbraio scrisse a Stalin chiedendone altri. Dal 16 febbraio al 5 marzo divisioni aeree sovietiche furono trasferite a Shanghai, Nanjing e Xuzhou, assumendosi la responsabilità della difesa di queste aree.

Tuttavia, per poter meglio comprendere le relazioni sino sovietiche dopo la Seconda guerra mondiale, è necessario prendere in considerazione le relazioni che sono intercorse tra queste due nazioni negli anni precedenti.

1.2 Cenni storici: nascita del partito comunista, rapporti con GMD e influenze esterne

Il primo congresso del partito comunista cinese si tenne nel luglio 1921 presso la concessione francese di Shanghai. Vi parteciparono tredici delegati in rappresentanza di circa cinquanta membri. La Cina stava attraversando una fase di anarchia, il paese era controllato da diversi signori della guerra che esercitavano il potere militare in diverse

10 Mao Zedong to the CCP Central Committee, Mao Zedong wengao, 2 gennaio 1950, pp.211-212. 11 O.A.Westad, Brothers in Arms, The Rise and Fall of the Sino-Soviet Alliance,1945-1963, Washington, The Woodrow Wilson Center Press, 1998, p.73.

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4 parti di territorio.

Il periodo che comprende la fondazione del partito comunista, la costituzione del fronte unitario con il partito nazionalista e la conseguente rottura del fronte è conosciuto dagli storici cinesi come “Prima guerra civile rivoluzionaria”: il nemico comune in questa fase era rappresentato dai signori della guerra. Il Guomindang, che era il principale partito emerso dallo sviluppo dell'orientamento politico cinese e che ebbe il suo nucleo originario nell'Alleanza Rivoluzionaria fondata da Sun Yat Sen nel 1905 a Tokyo, organizzò e guidò la lotta contro i signori della guerra del nord. Il Guomindang fu fondato nell'ottobre 1919 e l'anno successivo furono approvati gli statuti costitutivi, i quali ponevano alla base del nuovo partito i cosiddetti Tre Principi del Popolo, ossia nazionalismo, democrazia e benessere del popolo. Il concetto di nazionalismo configurava in senso moderno l'esigenza di un'unità politica trascendente i particolarismi di clan e provinciali. Il concetto di democrazia era lo strumento più efficace ai fini della ricostruzione nazionale, mentre il concetto di benessere del popolo venne presentato come sinonimo del socialismo. Solo nel 1924, quando tra l'altro i suoi rapporti con i sovietici si erano consolidati, il concetto di benessere del popolo venne equiparato al comunismo, inteso in senso assai vago e assimilato all'ideale confuciano della Grande Armonia. Nell'ottobre 1923 Sun Yat Sen incontrò il consigliere politico del governo sovietico, Michail Borodin, ponendo le basi per un solido e positivo rapporto con l'Unione Sovietica. Borodin giunse a Canton nelle vesti di consigliere politico di Sun Yat Sen con l'obiettivo di costruire quella forza politica e militare che avrebbe dovuto rovesciare il potere centrale a Pechino. A Pechino fu invece inviato Karakhan il quale, secondo la politica di ambiguità adottata da Mosca, lavorava per tessere rapporti diplomatici tra i due governi12. Dall'incontro con Borodin, Sun Yat Sen capì che era prioritario riorganizzare il partito nazionalista, consolidandone le strutture e trasformandolo in uno strumento politico e d'azione efficace lungo le linee che avevano guidato Lenin e i rivoluzionari russi alla presa del potere nel 1917. Borodin capì che avrebbe potuto convincere Sun Yat Sen della necessità di avviare una stretta cooperazione in funzione anti imperialista con l'Unione Sovietica, abbandonando definitivamente ogni speranza di sostegno da parte dell'Occidente. Nel gennaio 1924, a Canton, si tenne il Congresso di riorganizzazione del partito nazionalista. Il 25 gennaio, nell'elogio funebre pronunciato in onore del leader russo Lenin, scomparso pochi giorni

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5 prima, Sun riprese il concetto secondo cui era necessario guardare all'esperienza della rivoluzione russa13. Tre furono le questioni essenziali che emersero all'interno dei lavori congressuali: il rapporto con il giovane partito comunista cinese, i rapporti con l'Unione Sovietica e la politica agraria. Sun propose e ottenne, non senza difficoltà, una stretta collaborazione con il partito comunista cinese sotto forma di un “fronte unito” finalizzato all'unificazione e alla pacificazione della Cina, da realizzarsi attraverso una spedizione militare contro il nord a partire dalla base rivoluzionaria di Canton. Il neonato partito comunista era composto da pochi membri che avrebbero dovuto essere inseriti all'interno delle strutture del partito nazionalista e collaborare così al successo della spedizione militare contro il nord14. L'organizzazione del partito fu tracciata dallo stesso Borodin secondo evidenti canoni leninisti, imperniati sulla creazione di una struttura gerarchica e sulla centralità assegnata al concetto di centralismo democratico: occorreva promuovere la discussione ad ogni livello della struttura gerarchica al fine di raggiungere il consenso sulle indicazioni da inviare ai livelli gerarchici superiori, ma una volta che il vertice di partito aveva adottato una decisione, questa doveva essere rispettata da tutte le strutture.

Anche il partito comunista cinese era impegnato nell'elaborazione e definizione dei propri obiettivi. Mentre il programma approvato durante il Primo Congresso definiva solo vagamente il ruolo che la classe operaia avrebbe dovuto assumere in seguito alla trasformazione dei rapporti di potere, il manifesto del secondo Congresso, tenutosi nella primavera del 1922 a Canton, stabilì che in un primo momento il proletariato avrebbe dovuto sostenere assieme ai contadini poveri la rivoluzione borghese democratica nazionale: solo in seguito al suo trionfo avrebbe dovuto sferrare un'ulteriore battaglia per abbattere la borghesia locale e istituire la dittatura del proletariato in alleanza con i contadini poveri15.

L'alleanza che si decise di stabilire tra i due partiti cinesi nel 1924 fu sostenuta e voluta dall'Unione Sovietica ed essa ebbe ripercussioni nella politica interna ed in particolare nella disputa per il potere tra Stalin e Trotsky successivamente alla morte di Lenin16. Stalin deteneva il controllo del Comitato Centrale del partito, mentre Trotsky guidava una forte opposizione. In seguito all'uccisione nell'aprile 1927 di numerosi comunisti a

13 H. Schimdt-Glintzer, La Cina Contemporanea. Dalle guerre dell'oppio a oggi, Roma, Carocci, 2005, p.44.

14 G.Samarani, op.cit, pp.70-71.

15 H, Schmidt-Glintzer, op.cit, pp. 58-59.

16 J. Guillermaz, A History of the Chinese Communist Party 1921-1949, London, Methuen & Co Ltd, 1972, pp. 67-68.

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6 Nanchino, con la conseguente rottura del fronte unitario cinese, a Mosca i trotskyisti ne approfittarono per attaccare Stalin il quale aveva sostenuto in Cina la costituzione dell'unione tra i due partiti. Nonostante l'assistenza sovietica e la decisione del Comitato Centrale del partito comunista cinese di aderire al Comintern, la nascita del partito comunista prese forma nella realtà cinese17.

Una volta che fu deciso di stabilire la collaborazione tra PCC e GMD fu necessario definire gli aspetti pratici per renderla efficace.

Mosca, attraverso il Comintern, cioè l'Internazionale Comunista fondata nel 1919, comunicava le politiche adottate dal Politburo, cercando così di orientare le politiche estere dei partiti comunisti stranieri secondo i propri interessi. Per quanto riguarda la Cina era chiaro che i sovietici volessero mantenere o restaurare la tradizionale influenza russa in Manciuria e in Mongolia Esterna18.

Stalin, che aveva definitivamente ottenuto il potere nel 1927, sconfiggendo l'ala di partito guidata da Trotsky, scelse in Cina come alleato anche il Guomindang, mantenendo con quest'ultimo contatti fino alla fine degli anni Quaranta, considerandolo la forza progressiva capace di combattere i signori della guerra, di unificare il paese e successivamente di diventare prezioso alleato dell'Unione Sovietica. La politica sovietica verso la Cina fu sostanzialmente ambigua poiché furono avviati negoziati con Sun Yat Sen, allo stesso tempo con il governo rivale di Pechino e infine venne anche garantito un sostegno alla formazione del partito comunista cinese.

La prima tensione emerse proprio quando Mosca diede istruzioni di costituire il fronte unitario per iniziare la campagna contro i signori della guerra.

Il GMD rinnovò la sua organizzazione interna e l'apparato militare: esso si preparava a creare le nuove istituzioni democratiche per il futuro governo.

I due partiti nel corso dei primi anni Venti si affermarono e aumentarono le proprie forze. Inizialmente i comunisti rispetto ai nazionalisti avevano una struttura meno organizzata ed erano consapevoli della loro inferiorità. Essi indirizzarono maggiori attenzioni verso le masse di lavoratori, assumendo la leadership delle organizzazioni sindacali19. Essenziale per la costituzione di un governo nazionale forte era la creazione di un esercito efficace e a tal fine, nell'estate del 1923, una delegazione guidata da

17 T.F, Cheng, A History of Sino-Russian Relations, Washington, Public Affairs Press, 1957, p.141. 18 D. Heinzig, The Soviet Union and Communist China 1945-1950 The Arduous Road to the Alliance, New York, M.E. Sharpe, 2004, p.4.

19 Nel 1921 al Primo Congresso del partito i membri erano 57. Nel 1927 i membri erano aumentati a 57,963.

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7 Chiang Kai-shek giunse in Unione Sovietica per studiare le istituzioni politiche e le accademie militari, in modo da acquisire elementi utili all'organizzazione e alla formazione di un moderno esercito. Al ritorno in Cina, Chiang presentò un ampio rapporto sulla visita e in gennaio venne nominato presidente del Comitato preparatorio per la creazione di quella che sarà riconosciuta come l'Accademia Militare di Whampoa. L'Accademia era largamente sostenuta dai sovietici, infatti consistenti finanziamenti e armi furono destinati a supportare lo sforzo cinese. Decine di consiglieri militari sovietici furono inviati al fine di guidare l'organizzazione del nuovo esercito e la formazione di nuove leve di ufficiali e sottufficiali. Nella primavera del 1924 Chiang Kai-shek venne nominato comandante militare20.

Nonostante il GMD detenesse più potere rispetto ai comunisti esso era anche consapevole della debolezza del governo che Sun Yat Sen aveva istituito a Canton, continuamente minacciato dalle milizie armate organizzate dai commercianti cantonesi. In generale quindi i due partiti mantennero buone relazioni per tutto il 1924 e il 1925, ma in seguito la morte di Sun Yat Sen si determinò un peggioramento delle relazioni tra PCC e GMD21. La morte di Sun privò della massima autorità politica e ideale il movimento rivoluzionario e nazionalista: venne a mancare colui che alla fine era stato in grado di coagulare forze, idee, orientamenti e tendenze diverse anche contrapposte che convivevano all'interno della galassia nazionalista e che spesso erano state tenute assieme e unificate dall'autorità e dal prestigio del presidente Sun. La prima potenziale sfida alla compattezza del fronte unito venne dalle manifestazioni operaie e popolari nella primavera del 1925, comunemente note come “Movimento del 30 Maggio” del 1925. In quella data fu organizzata una manifestazione operaia a Shanghai che fu affrontata con le armi dalla polizia, guidata da un ufficiale britannico, e che portò all'uccisione e al ferimento di numerosi manifestanti. Le manifestazioni si intensificarono e si estesero, sfociando nell'imponente sciopero nella Cina meridionale che bloccò per circa sedici mesi il traffico commerciale della colonia britannica di Hong Kong22. Una nuova crisi eruppe nella primavera del 1926, quando si diffuse la convinzione che i comunisti cinesi, sostenuti dai consiglieri sovietici, stessero preparando un'azione improvvisa contro Chiang Kai-shek e i vertici nazionalisti dell'Accademia Militare. La crisi portò all'arresto di numerosi consiglieri sovietici e

20 G.Samarani, op.cit, pp.73-74. 21 J. Guillermaz, op. cit., pp.92-93. 22 G.Samarani, op.cit, p.78.

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8 all'instaurazione della legge marziale: essa fu presto risolta con il loro rilascio, con un accordo politico attraverso il quale tutte le parti riaffermavano la volontà di continuare nella politica di unità avviata da Sun Yat Sen e infine con la riduzione della presenza comunista all'interno degli organismi dirigenti del partito nazionalista. Il primo luglio 1926 venne dato l'ordine di mobilitazione generale che segnò l'avvio della spedizione contro il nord, alla cui guida venne posto Chiang Kai-shek. L'esercito nazionale rivoluzionario riuscì nel giro di pochi mesi a porre sotto il proprio controllo ben sette province, con una popolazione complessiva di oltre 150 milioni di abitanti. A questo punto si verificarono serie divergenze sulla strategia militare da adottare: i consiglieri sovietici, i comunisti cinesi e i sostenitori del fronte unito premevano per un attacco al nord, mentre Chiang Kai-shek e coloro che da tempo avevano denunciato l'eccessiva influenza sovietica e comunista puntavano all'immediata conquista di Shanghai. Le divergenze nella strategia militare si intersecarono con quelle politiche e sociali, maturate sin dai mesi precedenti, e impedirono ogni compromesso23.

La rottura definitiva del fronte si ebbe nell'aprile del 1927 quando Chiang Kai-shek, che dopo la morte di Sun Yat Sen era diventato leader del partito, ordinò il massacro di migliaia di comunisti e sindacalisti, o presunti tali, a Shanghai. Anche successivamente al massacro di Shanghai il Comintern consigliò i comunisti di evitare lo scontro diretto con il GMD. I delegati del Comintern nella provincia dello Wuhan continuarono ancora per alcuni giorni dopo il massacro a mantenere contatti con Chiang Kai-shek; solo successivamente il comitato esecutivo del Comintern condannò Chiang come traditore della rivoluzione24. La repressione si estese successivamente a numerose province e città della Cina centrale e meridionale. La disfatta militare si intrecciò presto con la crisi politica: dirigenti nazionalisti accusarono i comunisti e i consiglieri sovietici di aver spinto la rivoluzione in un vicolo cieco a causa di politiche estremiste e di aver coltivato segretamente la speranza di una insurrezione rurale di massa che consentisse loro di conquistare il potere.

L'ala destra guidata da Chiang Kai-shek aveva preso il sopravvento all'interno del partito e nell'aprile ruppe sia con il partito comunista che con il Comintern. Stalin suggerì al Comitato centrale del partito di sostenere il governo nello Wuhan guidato dall'ala sinistra del GMD, ma quando in luglio questi decisero di espellere i comunisti, i

23 O.A.Westad, op.cit, pp.235-238. 24 D. Heinzig, op. cit.,p.5.

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9 consiglieri sovietici dovettero abbandonare la Cina25.

Dall'estate del 1927 il partito comunista, con il sostegno di Mosca, cercò di organizzare rivolte armate in alcune province tra cui Hunan, Hubei, Jiangxi e in alcune importanti città tra cui Changsha e Canton: tutti i tentativi fallirono.

In dicembre il governo di Nanchino ruppe le relazioni diplomatiche con l'Unione Sovietica26. Le direttive impartite da Mosca risultarono fallimentari ma, nonostante questo, il partito comunista continuò a rimanere fedele al Comintern.

Mao Zedong, che faceva parte del partito comunista sin dalla sua formazione nel luglio 1921, nella primavera del 1928 unì le sue truppe di contadini con quelle di Zhu De nelle montagne ai confini tra Hunan e Jiangxi, formando una regione sovietica: erano convinti di creare una base territoriale da cui poter esportare la rivoluzione verso le città. Nel 1929 fondarono il soviet dello Jiangxi.

Stalin era molto scettico riguardo alla linea adottata da Mao e Zhu e decise di intervenire direttamente nell'organizzazione della struttura comunista cinese: nel gennaio del 1931 la leadership fu sostituita da un gruppo di fedeli al Comintern guidati da Wang Ming27.

Il partito comunista, in seguito agli avvenimenti dell'aprile 1927, fu costretto ad abbandonare le città e a ritirarsi nelle campagne della Cina centrale, da dove riorganizzò le proprie forze e la propria struttura.

Chiang Kai-shek approfittò del vantaggio conseguito e, prima ancora di portare a termine la spedizione contro il nord, istituì a Nanchino un governo nazionale. L'ala destra del GMD riuscì a dimostrare la propria superiorità ed espulse dalla città quasi tutti i comunisti, i quali dovettero ritirarsi nelle campagne dove costituirono le loro "zone liberate". L'autorità del governo di Nanchino restò sottodimensionata, in quanto gran parte del paese era ancora sotto il controllo dei vari signori della guerra28.

Chiang Kai-shek completò la spedizione contro il nord nel giugno 1928 e trasferì il governo centrale da Pechino a Nanchino. Tutte le principali potenze riconobbero il suo regime eccetto l'Unione Sovietica. Nonostante la mancanza di normali relazioni diplomatiche i sovietici non furono espulsi dalla Manciuria, dove in effetti il governo di

25 T.F.Cheng, op.cit., p.142. 26 D. Heinzig, op.cit., p.5.

27 R. Thornton, The Emergence of a New Comintern Strategy for China, Washington, Washington University Press, 1969, p.90.

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10 Nanchino non aveva diretto controllo29. La ragione per cui il governo nazionale e il governo sovietico, nonostante non si riconoscessero a vicenda, mantennero informali relazioni era il comune interesse sulla ferrovia mancese. Il governo sovietico infatti non aveva alcuna intenzione di rinunciare alla sua concessione in Cina e nel marzo 1926 il Politburo adottò una risoluzione che prevedeva il mantenimento del controllo da parte delle autorità sovietiche.

L'Unione Sovietica non era la sola ad avere interessi in Cina, il Giappone infatti, dopo l'efficace processo di modernizzazione interna, necessitava di reperire materie prime e puntò la propria attenzione proprio sulla Manciuria. Nell'aprile del 1928, quando la spedizione al nord era in pieno svolgimento sotto la guida di Chiang Kai-shek, duemila soldati nipponici furono inviati nell'area a protezione delle vite dei residenti giapponesi. Le truppe furono inviate nella città di Jinan alla quale si stavano avvicinando i reparti cinesi. Nonostante la decisione cinese di evitare ogni impegno diretto contro la città, tra le due parti scoppiarono furiosi combattimenti, portando all'uccisione di molti cinesi e all'intensificarsi della rabbia e dell'odio contro gli invasori30.

Il governo nazionale, oltre a dover affrontare la possibile minaccia nipponica, iniziò nell'ottobre 1930 la prima delle cinque campagne di accerchiamento e annientamento del territorio sovietico centrale. Nell'ottobre 1933 iniziò la quinta e ultima campagna, i comunisti si difesero per un anno intero, ma, nell'ottobre 1934, l'intensificarsi degli attacchi del GMD costrinsero l'Armata rossa a ritirarsi dallo Jiangxi: iniziò la Lunga Marcia. Essa durò circa un anno al termine del quale Mao e i suoi uomini giunsero nello Shaanxi settentrionale, dimostrando che il partito comunista era stato capace di tenere testa al GMD e che soprattutto era unito31.

Come già detto la principale minaccia esterna era rappresentata dal Giappone. Il 18 settembre 1931 reparti giapponesi di stanza in Manciuria, in seguito ad un finto attentato dinamitardo provocato da loro stessi, avvenuto lungo la linea della Compagnia ferroviaria della Manciuria meridionale, decisero di occupare militarmente il territorio disarmando una guarnigione di soldati cinesi che si trovava nei pressi dell'incidente32. Nel giro di pochi mesi tutta la Manciuria finì sotto il controllo dell'esercito giapponese; il governo nazionale di Chiang Kai-shek, consapevole della propria debolezza e

29 G. A. Lensen, The Soviet Union and the Manchurian Crises 1924-1935, Tallahasse Florida, The Diplomatic Press, 1974, p.30.

30 G.Samarani, op.cit, p.113.

31 H.Schmidt-Glintzer, op.cit.,pp.68-69. 32 T.F, Cheng, op.cit., pp.180-181.

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11 dell'impossibilità di sostenere lo scontro con il Giappone, decise di appellarsi alla Società delle Nazioni e agli Stati Uniti per fermare l'offensiva giapponese. L'occupazione giapponese rappresentò una violazione del Covenant della Società delle Nazioni, del Trattato delle Nove Potenze e del Trattato Briand-Kellogg33. La Società delle Nazioni, di cui il Giappone era membro, intervenne e il 23 settembre ordinò ai governi di Giappone e Cina di cessare le ostilità. Nonostante la minaccia di sanzioni il Giappone non ritirò le truppe ed anzi decise di non essere più membro della Società delle Nazioni. L'uso della forza da parte del Giappone minacciava direttamente gli interessi economici e strategici russi, oltre che rappresentare una minaccia per i suoi stessi confini. Nonostante tutto l'Unione Sovietica, consapevole del rischio di rimanere isolata, decise di adottare un atteggiamento cauto. Il 19 settembre Karakhan, vice-commissario agli affari esteri, chiese all'ambasciatore giapponese Hirota Koki spiegazioni e dettagli riguardo l'occupazione della Manciuria, sostenendo che l'Unione Sovietica considerava l'avvenimento di grande rilevanza e che comunque avrebbe mantenuto un atteggiamento di non interferenza nel rispetto dei trattati internazionali stipulati con la Cina34.

La Società delle Nazioni inviò in estremo oriente la Commissione Lytton, incaricata di elaborare un rapporto sulla situazione tra Cina e Giappone. Mentre la Commissione svolgeva il suo lavoro, il Giappone completò la sua aggressione costituendo nel marzo del 1932 lo stato fantoccio del Manchukuo. A capo dello stato fantoccio del Manchukuo i giapponesi posero Puyi, l'ultimo Imperatore, il quale nel maggio 1934 fu ufficialmente investito dell'autorità sovrana sul nuovo stato35.

Il rapporto finale della Commissione Lytton fu approvato a stragrande maggioranza dalla Società delle Nazioni nel 1933. Nel rapporto era contenuta un'analisi delle relazioni tra Unione Sovietica, Cina e Giappone in modo da spiegare i fatti correnti. La Commissione sostenne che l'aggressione giapponese non poteva essere giustificata, come invece sosteneva il Giappone, in quanto legittima difesa e invitava gli altri stati membri a non riconoscere il Manchukuo. Fu proposta una amministrazione speciale per la Manciuria sotto la sovranità cinese, ma con margine di autonomia negli affari locali36. Il Giappone rispose alle decisioni adottate dall'assemblea con l'annuncio di volersi ritirare dalla Società delle Nazioni.

33 G.A.Lensen, op.cit., p.185.

34 H.L,Moore, Soviet Far Eastern Policy 1931-1945, Princeton, Princeton University Press, 1945, pp.7-9 35 H.Schmidt-Glintzer, op.cit.,p.71.

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12 L'incapacità della Società delle Nazioni di risolvere la questione deluse il governo nazionale di Nanchino che decise di cercare il sostegno dell'Unione Sovietica nella lotta contro il Giappone. Il Comitato Centrale del GMD nel giugno 1932 adottò una risoluzione per riprendere le relazioni diplomatiche con il governo sovietico. I tentativi per restaurare i rapporti furono avviati durante la Conferenza sul disarmo di Ginevra, tenutasi nel corso del 1932, e un accordo in questo senso fu presto raggiunto tra i rappresentanti dei due paesi37.

Nel frattempo il governo nazionale di Nanchino, oltre a dover affrontare l'invasione giapponese, era impegnato nelle azioni militari contro il partito comunista che nelle campagne della Cina centrale stava organizzando un esercito composto da contadini. All'interno del partito comunista cinese stava emergendo come leader Mao Zedong il quale affermò la sua autorità rispetto alla fazione asservita a Mosca durante la leggendaria Lunga Marcia. Mao aveva capito che le direttive provenienti da Mosca avevano poca attinenza con la realtà cinese. Durante la Lunga Marcia Mao affermò il suo ruolo di leader e assunse il controllo del Gruppo Militare dei tre, composto anche da Zhu Enlai e Wang Jiaxiang. Questo gruppo costituì il comando militare supremo durante la fase finale della Lunga Marcia. Durante la Lunga Marcia Mao confiscò le terre ai latifondisti e le distribuì secondo un sistema di affitti regolari e questo pose fine al sistema di impoverimento dei contadini38. Mosca non potè influenzare gli eventi che portarono all'affermazione di Mao e della sua linea politica, anche se in effetti avrebbe voluto. Nell'estate del 1936 Mao espresse chiaramente il senso di indipendenza del partito cinese, il quale, nonostante il legame con il partito comunista sovietico e con il Comintern, non fu esclusivamente guidato da questi due soggetti39.

La leadership sovietica, dopo che Mao aumentò notevolmente la sua influenza all'interno del partito alla Conferenza di Zunyi, non era più riuscita ad esercitare un controllo diretto sulla dirigenza cinese. L'importanza storica della Conferenza di Zunyi fu di sancire la fine del movimento sovietico nella Cina centrale. Stalin voleva che partito comunista cinese e GMD costituissero un fronte unitario per combattere la minaccia giapponese, ma questa volontà confliggeva con la visione di Mao che era intenzionato a preservare la linea del partito in modo, una volta sconfitto il Giappone, da poter indirizzare le forze nella lotta contro il GMD.

37 A.K.Wu, China and the Soviet Union A study of Sino-Soviet Relations, London, Methuen & co. Ltd, 1950, pp.219.

38 J.Robottom, Twentieth Century China, London, Wayland Publishers, 1971, pp.88-89. 39 D.Heinzig, op.cit.,pp.7-8.

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13 Il Settimo Congresso del Comintern nel luglio 1935 annunciò lo scioglimento del fronte internazionale antifascista e in merito alla Cina il Comintern raccomandò di creare un fronte unito contro il Giappone, senza però fare esplicito riferimento all'alleanza con il GMD di Chiang Kai-shek. Sin dal 1933 la sezione cinese del Comintern aveva iniziato a progettare una possibile alleanza per contrastare il nemico comune40.

Stalin era preoccupato che si potesse realizzare una cooperazione tra la Cina nazionale e il Giappone attraverso la firma di una alleanza in funzione antisovietica. La creazione del fronte unitario antigiapponese era la soluzione migliore per evitare il rischio dell'alleanza sino-giapponese. Lo stesso Mao di fronte alla minaccia giapponese decise di accettare il fronte comune con il partito nazionalista, perchè prima di tutto erano cinesi. Nonostante la creazione del fronte unitario il partito cinese avrebbe mantenuto la propria organizzazione politica, militare e non sarebbe stato integrato al GMD41.

La minaccia di una possibile invasione giapponese divenne sempre più probabile e, nonostante ciò, non si riuscì a trovare una soluzione condivisa per la costituzione del fronte unito. La svolta si ebbe il 12 dicembre 1936 quando Chiang Kai-shek fu arrestato a Sian dalle sue stesse truppe. I suoi soldati chiesero al generalissimo di sospendere la guerra civile contro i comunisti per intraprendere assieme a questi la guerra contro il Giappone42.

La dirigenza comunista cinese fu entusiasta dell'arresto di Chiang Kai-shek poichè sperava così di riuscire a sbarazzarsi di lui e a instaurare un'alleanza con le truppe del GMD in funzione antigiapponese. Stalin però non era assolutamente d'accordo, in quanto riteneva che solo Chiang Kai-shek fosse in grado di organizzare la guerra di resistenza contro il Giappone43.

Chiang Kai-shek fu rilasciato il 25 dicembre e si poterono così chiarire i termini di negoziazione per la costituzione del fronte unitario. Circa un anno dopo, il 22 settembre 1937, dopo lunghe trattative e in realtà solo dopo lo scoppio della seconda guerra cino-giapponese, nel luglio 1937, si costituì il fronte unitario.

Il 21 agosto 1937 venne firmato il trattato di non aggressione tra Unione Sovietica e Cina, che pose le basi della cooperazione diplomatica e militare nel biennio 1937-1939 contro le minacce provenienti dalla politica di espansione seguita dal Giappone. Nonostante fosse stata siglata l'alleanza, tra le due parti emersero tensioni riguardo in

40 T.F,Cheng, op.cit.,p.198. 41 D.Heinzig, op.cit., pp.13-15. 42 H.Schmidt-Glintzer, op.cit.,p.73. 43 D.Heizig, op.cit., p.16.

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14 particolare il diretto coinvolgimento dell'Unione Sovietica nel conflitto. Chiang Kai-shek desiderava il diretto coinvolgimento dei sovietici, Stalin invece era determinato ad evitare la guerra contro il Giappone. La Cina aveva bisogno dell'aiuto sovietico e, nonostante questo fosse stato generoso, la situazione fu complicata dalla crescente ascesa del Partito Comunista e dai sospetti, da parte del GMD, che dietro ci fosse il sostegno sovietico44. L'accordo di non aggressione del 1937 ebbe essenzialmente due implicazioni: innanzitutto l'Unione Sovietica fornì assistenza politica e militare e in secondo luogo impedì che una delle due parti potesse siglare un accordo con il Giappone finchè la guerra fosse in corso.

L'accordo prevedeva che se una delle due parti fosse stata attaccata dal Giappone, l'altra parte non avrebbe fornito nessuna assistenza, diretta o indiretta, al paese aggressore. Mosca e Nanchino auspicavano che il trattato di non aggressione da loro siglato si sarebbe potuto trasformare in un trattato di sicurezza collettivo per il Pacifico, che avrebbe incluso Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda, Italia, Germania. Subito dopo l'incidente sul ponte di Marco Polo, avvenuto il 7 luglio 1937, quando colpi di arma da fuoco furono sparati contro truppe giapponesi che stavano compiendo manovre notturne nell'area, Chiang Kai-shek incontrò gli ambasciatori delle principali potenze occidentali per convincerli a sostenere la battaglia cinese contro l'invasione giapponese. Dal 3 al 24 novembre, in coincidenza con l'ultima strenua resistenza cinese sull'asse Shanghai-Nanchino, fu convocata a Bruxelles la Conferenza delle nove potenze, a cui però non parteciparono né la Germania né il Giappone45.

Nonostante la convocazione della Conferenza il governo di Nanchino nutriva poche speranze circa la possibilità di coinvolgere le potenze occidentali in una difesa collettiva contro il Giappone. Gli Stati Uniti erano più interessati a collaborare con il Giappone piuttosto che con l'Unione Sovietica: il rappresentante statunitense propose l'esclusione del rappresentante sovietico dalla commissione che avrebbe discusso il piano da adottare alla conferenza permettendo così al Giappone di partecipare. Alla fine la Conferenza di Bruxelles adottò una risoluzione che incoraggiava sia il Giappone che la Cina ad accettare l'assistenza di altri paesi per trovare una rapida soluzione del conflitto46.

44 J.W. Garver, Chinese-Soviet Relations 1937-1945 The Diplomacy of Chinese Nationalism, Oxford, Oxford University Press, 1988, p.15.

45 Ivi, op.cit., p.22.

46 T. Tai, China and the Nine Power Conference at Brussels in 1937, New York, St. John University Press, 1964, Asia in the modern world series n 4, p.92.

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15 Dopo il fallito tentativo di coinvolgere le potenze occidentali nella lotta contro il Giappone, Chiang Kai-shek dovette accettare di aprire un canale di comunicazione con Tokyo.

L'area sulla quale si ergeva il ponte di Marco Polo aveva grande importanza strategica, in quanto attraverso il controllo della linea ferroviaria che la attraversava si poteva avere accesso a zone chiave della Cina settentrionale.

L'attacco giapponese portò alla formazione del fronte unito e dopo dieci anni i comunisti guidati da Mao e il partito nazionalista di Chiang Kai-shek erano nuovamente uniti per combattere il nemico comune. Il fronte fu posto sotto il controllo del Generalissimo Chiang Kai-shek, l'unico ad avere la forza necessaria per condurre il paese nella lotta contro il nemico. L'avanzata giapponese fu fulminea e costrinse il governo di Nanchino alla ritirata dal nord e dalla costa verso le aree del sud ovest. Nel frattempo i comunisti dalla loro base nello Yenan erano avvantaggiati nel contrastare l'incursione giapponese ed erano meglio equipaggiati e preparati dopo gli anni di guerriglia in seguito ai fatti del 1927. I comunisti organizzarono un movimento di resistenza nelle campagne per contrastare l'avanzata del nemico e riuscirono in questi anni di guerra a consolidare il proprio potere47. I comunisti, rispetto al primo fronte unito, si trovavano in una posizione di maggior vantaggio in quanto essi disponevano di un proprio esercito, controllavano alcuni territori e potevano già contare su un ampia base popolare.

L'esercito giapponese avanzò sul territorio cinese seguendo un piano ben definito che lo portò a consolidare prima di tutto il potere militare nel nord e poi a proseguire l'avanzata verso le altre zone più a sud della Cina. I cinesi cercarono inutilmente di resistere. Il governo nazionale annunciò la ritirata e l'abbandono di Nanchino per spostarsi nella zona più remota dello Wuhan48. A metà novembre truppe nipponiche occuparono le linee difensive cinesi lungo il percorso che collegava Shanghai e Nanchino: da qui ebbe inizio quella è stata definita la corsa sfrenata dei comandanti giapponesi verso Nanchino, la cui conquista rappresentava un trofeo militare per i giapponesi e la cui difesa era simbolicamente importante per i cinesi in quanto sede del governo, ma anche luogo sacro in cui riposava il padre della patria Sun Yat Sen49. Il 13 dicembre le truppe giapponesi furono in grado di entrare in città: qui si diedero nelle settimane successive a

47 S. Pepper, Civil War in China The Political Struggle, Berkeley, University of California Press, 1999, p.7.

48 O. E. Clubb, 20th Century China, New York, Columbia University Press, 1972, p.222.

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16 quella che il Tribunale militare internazionale per l'Estremo Oriente, incaricato tra il 1946 e il 1948 di giudicare i crimini di guerra, definì come l'azione di un'orda barbarica impegnata a dissacrare la città. Una volta occupate Shanghai e Nanchino, il principale obiettivo giapponese fu di consolidare e di estendere il controllo della regione dello Yangzi con la conquista della città di Wuhan, che fu infine occupata nel tardo ottobre 1938.

Nel 1938 i giapponesi, visti i successi ottenuti sul piano militare, pensarono di poter negoziare con il governo nazionalista i termini di un accordo per definire la situazione. Fu incaricato di avviare i tentativi di negoziato, con il governo nazionale trasferito a Chongqing, Wang Jingwei, il quale credeva che le potenze del Patto Anti-Comintern avrebbero trionfato. Egli cercò di convincere Chiang Kai-shek ad accettare i termini del negoziato imposto dai giapponesi; ovviamente il tentativo fallì poiché i nazionalisti non potevano accettare l'idea di iniziare la rinascita cinese sotto la protezione giapponese50. I giapponesi nella proposta di negoziato avanzata volevano creare una Greater East Asia in cui però non vi era spazio per l'indipendenza cinese.

Nell' aprile 1938 il congresso del Guomindang formulò il programma di resistenza armata e di ricostruzione nazionale, che fu accettato anche dal partito comunista in quanto piattaforma comune durante la fase di guerra.

Uno dei motivi che avevano convinto Chiang a non accettare il negoziato giapponese era la sua ferma convinzione che il Giappone, prima o poi, sarebbe entrato in conflitto con una potenza più forte della Cina, pensando ad esempio a Unione Sovietica e Stati Uniti51. Tra Unione Sovietica e Giappone era infatti in corso una disputa di carattere confinario che ebbe il suo primo scontro armato il 29 luglio 1938 presso il lago Khasan, in seguito ad un attacco delle forze giapponesi che in un primo momento costrinsero i sovietici alla ritirata, i quali passarono poi al contrattacco e respinsero i reparti giapponesi. Il motivo dello scontro riguardava la demarcazione del confine tra lo stato fantoccio del Manciukuo, creato dai giapponesi nel 1932 in seguito all'invasione della Manciuria, e la Repubblica popolare di Mongolia, formalmente indipendente dal 1924 ma di fatto satellite dell'Unione Sovietica. Il Giappone rivendicava il confine lungo il fiume Khalkhin, mentre l'Unione Sovietica sosteneva che esso fosse spostato di qualche kilometro più a est in corrispondenza del villaggio di Nomonhan. Dopo innumerevoli incidenti tra le forze armate sovietiche e giapponesi, nel corso dell'estate del 1939 si

50 D. Heinzig, op.cit., p.27. 51 O.E. Clubb, op.cit., p.228.

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17 ebbe lo scontro decisivo che si concluse con la netta sconfitta giapponese. Lo scontro iniziò il 10 maggio 1939, quando reparti della cavalleria mongola violarono il confine, provocando la reazione delle truppe giapponesi, e terminò solo il 16 di settembre. Nel mese di luglio si ebbe l'offensiva giapponese, che, nonostante i danni provocati, non riuscì a rompere le linee sovietiche e a respingere definitivamente l'Armata rossa. I sovietici organizzarono la controffensiva che, a partire dal 20 di agosto, decimò i reparti giapponesi. Nonostante Giappone e Germania, sin dal novembre 1936, fossero legati dal Patto anti-Comintern, il 23 agosto 1939 Unione Sovietica e Germania firmarono il patto di non aggressione, mentre il Giappone era ancora impegnato nel conflitto52.

Il Giappone, dall'inizio della guerra nel 1937, aveva stabilito la Federazione Autonoma mongola nella Mongolia Interna, un governo provvisorio a Pechino e, nel marzo 1938, aveva creato un Governo riformato della Repubblica cinese a Nanchino: dal 1940 alla guida del governo di Nanchino fu posto Wang Jingwei.

Il Giappone, in seguito all'attacco tedesco contro l'Unione Sovietica nel giugno 1941, decise di riprendere la politica per la creazione di un'area integrata nel sud est asiatico sotto il controllo giapponese. Nel settembre 1940, dopo la capitolazione della Francia, il Giappone occupò l'Indocina53.

I principali oppositori della politica espansionistica giapponese furono gli Stati Uniti, che il 26 luglio 1941 congelarono i beni giapponesi negli Stati Uniti e bloccarono le esportazioni di petrolio verso il Giappone54.

Nei mesi seguenti gli Stati Uniti cercarono di trovare un accordo con il Giappone in modo da evitare lo scontro diretto: le condizioni dell'accordo prevedevano il ritiro delle truppe giapponesi dalla Cina e dall'Indocina.

Il 7 dicembre 1941 il Giappone decise di attaccare la base militare di Pearl Harbor, determinando l'ingresso degli Stati Uniti nel conflitto mondiale. Il giorno seguente il governo nazionale cinese trasferito a Chongqing, con il quale gli Stati Uniti avevano ufficiali relazioni diplomatiche, dichiarò guerra al Giappone. Chiang Kai-shek sperava, grazie all'aiuto statunitense, di poter affermare il proprio potere nella fase successiva alla fine del conflitto55.

Con la comparsa sulla scena della presenza statunitense e del conseguente sostegno al

52 A.Sharp, Twentieth Century International Relations, London, Sage Publications, 2006, pp.13-14. 53 E. Di Nolfo, Dagli Imperi militari agli Imperi tecnologici. La politica internazionale dal XX secolo a

oggi., Bari, Laterza, 2007, pp.141-142.

54 O.E.Clubb, op.cit.,p.230. 55 G.Samarani, op.cit, p.157.

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18 governo nazionalista l'antagonismo tra comunisti e nazionalisti divenne sempre più evidente e inevitabile56.

Quando il 7 luglio 1937 iniziò la guerra contro il Giappone, il partito comunista accettò con alcune riserve la collaborazione con il GMD come unica via percorribile per contenere l'avanzata giapponese. Le istruzioni del Comintern erano chiare: la guerra contro il Giappone non poteva essere vinta se contemporaneamente si combatteva contro il GMD. Il partito comunista aveva pubblicamente dichiarato che avrebbe collaborato per salvare la nazione dalla minaccia giapponese57.

In realtà la creazione del fronte unito rimase più sulla carta che realizzato nella pratica, poiché, già a partire dal 1940, il governo di Chiang Kai-shek, convinto della debolezza dei comunisti, ordinò alle proprie truppe di attaccare l'Armata rossa comunista, determinando così la fine del fronte unito. Mao reagì prontamente ordinando la controffensiva nonostante le direttive provenienti da Mosca che pretendevano di mantenere unito il fronte.

Sin dal 1937 il Comitato centrale del partito comunista e l'Unione Sovietica si trovarono in disaccordo sulle politiche che il partito cinese avrebbe dovuto adottare all'interno del fronte unito durante la guerra anti-giapponese.

Il punto di partenza della politica di Mao era tutelare prima di tutto il partito, mentre l'Unione Sovietica pensava ai propri interessi e alle proprie priorità. Il 13 aprile 1941 l'Unione Sovietica e il Giappone siglarono un patto di neutralità valido per cinque anni: il Giappone voleva mano libera in Cina e nel sud est asiatico, mentre l'Unione Sovietica voleva evitare l'apertura di un secondo fronte di guerra. Il patto, e la conseguente dichiarazione in cui i due paesi si impegnavano a riconoscere le rispettive sfere di influenza in Mongolia esterna e nel Manchukuo, determinò la protesta del governo nazionale cinese. La reazione di Mao fu quasi di soddisfazione poiché il patto dimostrava la debolezza del governo di Chiang Kai-shek58.

Dopo la firma del patto di neutralità nel 1941 con il Giappone, l'Unione Sovietica ordinò al partito comunista cinese di non inviare più truppe in Manciuria, in modo da non provocare la reazione giapponese. Il comando cinese protestò, sostenendo che la guerriglia armata in Manciuria era parte della rivoluzione cinese.

Durante la guerra contro il Giappone, l'Unione Sovietica decise inoltre di mantenere

56 O.E.Clubb, op.cit., pp.231-232. 57 D.Heinzig, op.cit., pp.28-29. 58 S.Pepper, op.cit., pp.14-15.

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19 stretti contatti con il GMD, poiché esso possedeva l'esercito più forte, rispetto ai comunisti cinesi, per contrastare i giapponesi59.

Quando il 22 giugno 1941 la Germania sferrò il suo attacco contro l'Unione Sovietica, cogliendo completamente alla sprovvista le truppe stanziate lungo il confine, Stalin, verso la fine di giugno, chiese l'aiuto di Mao per contrastare un eventuale attacco da parte del Giappone. Stalin era ossessionato dall'idea di un possibile attacco giapponese, anche se le informazioni che giungevano dalle spie russe a Tokio non suffragavano questa idea. Mao confermò il suo sostegno, anche se in realtà non intendeva assolutamente sostenere un attacco diretto contro il Giappone60.

La dimensione ideologica della relazione tra i due paesi comunisti rappresenta un problema alquanto complicato: i comunisti cinesi credono fermamente nei principi del marxismo-leninismo e sono convinti che la loro politica vi si conformi.

Mao lanciò la campagna di rettificazione tra il 1942 e il 1944 per eliminare all'interno del partito i suoi nemici e per ridefinire il rapporto con Mosca; la campagna ebbe successo ed egli riuscì ad eliminare l'influenza di Wang Ming e affermare l'autorità del proprio pensiero. Quando nel maggio 1943 il Comitato Centrale annunciò la decisione di voler sciogliere il Comintern, i comunisti cinesi accolsero l'idea con sollievo poiché questo avrebbe significato la fine dell'obbligo di dipendere dalle direttive dell'Internazionale e una maggiore autonomia. La dissoluzione significava per Mao che i suoi oppositori non avrebbero più operato con il sostegno dell'Internazionale Comunista. Il Comintern fu sciolto l'8 giugno 194361.

Nonostante l'Unione Sovietica avesse influenzato le politiche del partito comunista, i contatti diretti durante la guerra rimasero limitati. Il Giappone, invece, durante la guerra sostenne la creazione di un governo collaborazionista affidato alla guida di Wang Jingwei e con sede a Nanchino. Tale governo fu costituito ufficialmente il 30 marzo del 1940. Nonostante il governo fosse nato proprio grazie alle pressioni giapponesi, Tokyo non lo riconobbe immediatamente, dimostrando che le speranze di trovare un accordo con Chiang Kai-shek non erano ancora state abbandonate. Dopo alcuni tentativi di mediazione messi in atto tra la primavera-estate e l'autunno 1940, in novembre Tokyo riconobbe il governo di Wang Jingwei62. Nel teatro asiatico invece gli Stati Uniti

59 O.A.Westad, op.cit., p.48. 60 D.Heinzig, op.cit., p.34. 61 O.E.Clubb, op.cit., p.235

62 G.Samarani, L.De Giorgi, Lontane, Vicine. Le relazioni fra Cina e Italia nel Novecento, Roma, Carocci Editore, 2011, pp. 79-80.

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20 iniziarono a giocare un ruolo sempre più importante ed inevitabilmente si scontrarono con gli interessi giapponesi63.

Il Comitato Centrale del partito comunista cinese, durante le fasi della guerra, non collaborò solo con l'Unione Sovietica, ma, a partire dal 1944, iniziò una fase di contatto diretto con i rappresentanti del governo statunitense. Nell'estate del 1944 arrivò nello Yenan un primo gruppo di contatto, lo United States Army Observation Group conosciuto anche con il nome di “Missione Dixie”, che aveva l'obiettivo di indagare le possibili modalità per un maggiore coinvolgimento dell'esercito comunista cinese nella guerra contro il Giappone e quindi di coordinare le operazioni militari. Il Gruppo di osservazione rimase in territorio cinese fino al marzo del 1947. La leadership cinese riversò grandi speranze nella missione, sperando che gli Stati Uniti avrebbero potuto aprire sedi diplomatiche nella regione sotto controllo comunista64. I comunisti cinesi ne approfittarono per presentarsi come il miglior partner nella guerra contro il Giappone e per chiedere il sostegno statunitense nella fase di ricostruzione successiva alla fine della guerra. Mao sostenne che il partito non era dipendente da Mosca e che riceveva solo una piccola assistenza in termini militari. I membri della “Missione Dixie” furono positivamente impressionati dalla disciplina delle truppe e dai successi militari ottenuti contro i giapponesi e sottolinearono in particolare sia l'integrità morale dei leaders, che la consapevolezza con la quale conducevano la lotta. Gli Stati Uniti iniziarono a prendere in considerazione l'idea di sostenere la creazione di un governo composto da comunisti e nazionalisti65.

Nell'ottobre 1944 per la prima volta il governo degli Stati Uniti propose una collaborazione militare al partito comunista cinese, nell'ambito del piano per il dispiegamento di forze militari statunitensi lungo la costa cinese. Venne inviato in Cina anche un rappresentante personale del presidente americano, Patrick Hurley, con il compito di cercare di riannodare le fila della collaborazione tra nazionalisti e comunisti. Un accordo di massima fu raggiunto, imperniato sul riconoscimento comune della necessità della democratizzazione, dell'unificazione militare, della legalizzazione di tutti i partiti politici e dell'esigenza di convocare una conferenza politica consultiva quale strumento di transizione verso un nuovo assetto politico e istituzionale. Nel novembre del 1945 Hurley si dimise, accusando il Dipartimento di Stato americano di sabotare il

63 D.Heinzig, op.cit., p.39.

64 J.Reardon-Anderson, Yenan and the Great Powers, New York,Columbia University Press, 1980,pp.123-124.

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21 suo lavoro e di fare il gioco dei comunisti. In dicembre il presidente Truman inviò in Cina il generale George Marshall: fu presto raggiunto un accordo sul cessate il fuoco e sulla convocazione di una Conferenza politica consultiva. La riunione si concluse con una sostanziale convergenza su tutti i problemi più rilevanti, militari e civili. Tuttavia, al momento della loro messa in pratica, gli strumenti adottati al fine di vigilare sulla effettiva realizzazione degli accordi si rivelarono inefficaci66

Quando Stalin comunicò ai cinesi che, dopo la Conferenza di Yalta, era stato deciso l'intervento sovietico contro il Giappone, questi sembrarono meno interessati a ottenere il sostegno statunitense, tuttavia, visto che ancora non si sapeva quando l'Unione Sovietica avrebbe dichiarato guerra, l'atteggiamento di Mao fu prudente. Anche quando nel corso del 1945 gli Stati Uniti annunciarono che in futuro avrebbero sostenuto solo il GMD, il partito comunista non assunse pubblicamente un atteggiamento di aperta critica nei confronti del governo americano67.

Dalla primavera del 1945, quando la guerra in Europa stava giungendo al termine e Mosca aveva annunciato il suo intento di dichiarare guerra al Giappone, le relazioni tra il partito comunista cinese e l'Unione Sovietica entrarono in una nuova fase. L' Unione Sovietica aveva due obiettivi principali verso la Cina: eliminare la minaccia giapponese e aumentare la presenza militare sovietica creando delle zone cuscinetto lungo il confine sovietico68. Per realizzare questi obiettivi in un primo momento l'Unione Sovietica accettò la collaborazione degli Stati Uniti sulla questione cinese.

Rispetto all'atteggiamento passivo adottato da Stalin, i leaders del partito comunista cinese, all' inizio del 1945, cominciarono a riconsiderare il ruolo che l'Unione Sovietica avrebbe giocato nella politica cinese e a come ridefinire le relazioni con Mosca.

66 G.Samarani, op.cit., pp.181-182. 67 D.Heinzig, op.cit., p.45.

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1.3 La guerra civile: PCC contro GMD

Con la fine della Seconda Guerra Mondiale la Cina fu inserita in un complesso gioco diplomatico che vide coinvolti i due partiti cinesi, che apertamente si combatterono per ottenere il potere, l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti.

La politica sovietica verso la Cina dovrebbe essere inquadrata nel contesto degli obiettivi di Mosca in Asia e in Europa Centrale: l'interesse principale era quello di creare una barriera di sicurezza contro il Giappone, ma soprattutto contro gli Stati Uniti. In questo senso Stalin, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, continuò la politica espansionistica realizzata dagli Zar negli anni precedenti. Alla Conferenza di Yalta, nel febbraio 1945, Stalin si era impegnato a riconoscere il governo del GMD come il rappresentante legittimo della Cina in cambio del riconoscimento della propria influenza in Mongolia Esterna e Manciuria69. Gli Stati Uniti premevano perchè l'Unione Sovietica dichiarasse guerra al Giappone, in cambio essi avrebbero convinto il GMD a riconoscere gli interessi russi.

Il 14 agosto 1945, dopo settimane di negoziati, l'Unione Sovietica annunciò di aver firmato con il GMD un trattato di amicizia e alleanza che avrebbe avuto validità per trent'anni. Esso obbligava le due parti a garantirsi mutua assistenza nella guerra contro il Giappone e a non firmare accordi di pace separati con il Giappone. Con questo accordo implicitamente Mosca riconosceva il governo del GMD come unico rappresentante legittimo della Cina.

La firma del trattato del 14 agosto colse alla sprovvista la leadership comunista cinese e fu percepita come un tradimento: furono sfavorevolmente colpiti dalla notizia che i sovietici avevano ottenuto privilegi in Manciuria70.

L' 8 agosto 1945 l'Unione Sovietica aveva dichiarato guerra al Giappone e il giorno seguente l'esercito sovietico era entrato in Cina senza consultare precedentemente i compagni nello Yenan. La leadership accolse con entusiasmo l'arrivo dei sovietici, pensando di poter passare alla fase finale della lotta contro il GMD.

Il 10 e 11 agosto Zhu De, comandante in capo delle truppe comuniste cinesi, ordinò di

69 D.Heinzig, op.cit., p.51. 70 Ivi, op.cit., pp.71-72.

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23 procedere al disarmo delle truppe giapponesi e delle truppe cinesi che avevano collaborato con il nemico, occupare le principali città e, in generale, porre sotto controllo il nord e il centro della Cina. Dopo la resa del Giappone l'iniziale entusiasmo cinese fu subito ridimensionato dal susseguirsi degli eventi: Chiang Kai-shek, riconosciuto comandante in capo delle truppe, ordinò ai comunisti di restare dove si trovavano e di aspettare successive istruzioni71.

Stalin inoltre chiese espressamente ai comunisti cinesi di collaborare con i nazionalisti e di rimandare il momento della rivoluzione.

Solo il 26 di agosto Mosca informò con un telegramma lo Yenan della sua intenzione di osservare il trattato concluso con Chongqing e di non intervenire nelle questioni interne cinesi per evitare un possibile conflitto con gli Stati Uniti.

Il 15 agosto, il giorno seguente la firma del trattato di amicizia e alleanza, il Comitato centrale del partito comunista terminò la sua propaganda ostile verso Stati Uniti e GMD e adottò un atteggiamento più amichevole. Su pressione di Stalin, Mao accettò di incontrare Chiang Kai-shek e il 24 agosto giunse a Chongqing; Mao approfittò della situazione per dichiarare all'ambasciatore sovietico presente a Chongqing la sua volontà di collaborare con Chiang Kai-shek, esprimendo preoccupazione per il rischio che si affermasse la dittatura di un solo partito, ovvero il GMD72.

I comunisti chiedevano il ripristino della piena legalità del proprio partito, il riconoscimento delle zone liberate da parte del governo centrale, la democratizzazione, una rivalutazione dell'esercito comunista e la distribuzione delle armi inviate dagli alleati. All'inizio del 1945 Mao aveva pubblicamente chiesto l'abolizione della dittatura del GMD attraverso l'attuazione di due misure: l'istituzione di un governo di coalizione provvisorio e quindi la convocazione di un'assemblea nazionale. I negoziati di Chongqing non diedero alcun risultato e il governo del GMD fece ritorno a Nanchino, da dove tentò di porre l'intero paese sotto il proprio controllo. Il regime tuttavia non era nella condizione di affermarsi a causa del dilagare della corruzione e dell'incapacità di risolvere la complicata situazione economica. Quando, dopo una serie di scontri militari, alla fine del 1946 il partito comunista decise di non partecipare a un'assemblea costituente convocata dal GMD, le probabilità di un'alleanza politica sfumarono definitivamente. Nel corso del 1947 si tennero le elezioni parlamentari, dopo il varo di

71 G.Chang, Friends and Enemies: The United States, China and the Soviet Union,1948-1972, Stanford University Press, 1990, p.28.

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24 una nuova Costituzione repubblicana, che videro vincitore il GMD. Tuttavia i nazionalisti non avevano le capacità per consolidare il potere. Nella prima fase della guerra civile le forze del GMD ebbero il sopravvento soprattutto grazie alla loro superiorità numerica e al sostegno delle potenze estere. La strategia nazionalista tese ad arginare, soprattutto nelle campagne, il dilagante fenomeno comunista e a ripristinare la legalità e l'autorità nelle aree cinesi precedentemente occupate dai giapponesi nel tentativo di addivenire ad una riappacificazione con i comunisti di Mao: intesa che, secondo i nazionalisti, avrebbe dovuto portare alla nascita di una sorta di governo di coalizione al quale affidare la ricostruzione dell'intero paese devastato da anni di guerra73. Verso la fine del 1945 Chiang Kai-shek tentò di risolvere uno dei principali problemi strategico-militari cioè la riannessione della Manciuria: la più industrializzata delle province cinesi ancora occupata dai sovietici. Inoltre il possesso della Manciuria avrebbe consentito ai nazionalisti di isolare le divisioni comuniste presenti tra la Grande Muraglia e il fiume Yangtze. Nel novembre-dicembre del 1945 Mao ordinò a buona parte della Nuova Quarta Armata di spostarsi verso il nord del fiume Giallo per poi procedere verso la Manciuria, precedendo così le colonne nazionaliste che tentavano di raggiungere il capoluogo manciuriano di Mukden. Chiang, tuttavia, grazie anche all'intervento della flotta statunitense, riuscì almeno parzialmente a parare il colpo nemico74. Il 13 marzo 1946 le truppe nazionaliste occuparono Mukden, appena evacuata dai sovietici. Mao decise di passare all'attacco e, sostenuto dai sovietici, riuscì a conquistare alcune città mancesi. A partire dal 15 aprile unità aeree sovietiche iniziarono ad effettuare attacchi contro le colonne di nazionalisti, favorendo la penetrazione di quelle comuniste. Chiang Kai-shek, rendendosi conto della gravità della situazione, scatenò la prima grande offensiva del dopoguerra a partire dal maggio 1946. Tra il novembre e il dicembre le truppe nazionaliste proseguirono di vittoria in vittoria, ampliando il ventaglio delle offensive anche all'interno della Cina, laddove erano presenti forti concentramenti di truppe comuniste. Il 19 marzo 1947 le truppe nazionaliste conseguirono il più brillante successo espugnando lo Yenan, il principale centro politico e militare dell'apparato comunista75. Mao, rendendosi conto di non poter bloccare o sconfiggere il nemico, abbandonò il campo lasciando ai nazionalisti il controllo dei grandi centri urbani, assediati dalle divisioni comuniste che controllavano

73 A.Rosselli, La Guerra Civile in Cina, 1927-1949, Roma, Europa, 2009, pp.36-37.

74 Il governo sovietico avviò il ritiro delle proprie divisioni dalla Manciuria tra il 1946 e i primi mesi del 1947.

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25 gran parte delle campagne e delle zone montane. Dopodichè Mao intensificò la guerriglia nelle retrovie nemiche, mettendo presto a soqquadro l'intero apparato militare nazionalista. All'inizio del 1947 la situazione militare in Cina appariva almeno sulla carta a favore dei nazionalisti, i quali potevano vantare una certa superiorità rispetto ai comunisti. Tuttavia, grazie agli aiuti militari sovietici, all'adozione su vasta scala della tattica della guerriglia e alla formidabile organizzazione politica e militare dell'esercito comunista cinese, tra il febbraio e il maggio 1947, Mao arrivò a controllare, ad esclusione dei grossi centri urbani, quasi tutta la Cina settentrionale. Secondo una strategia ben pianificata Mao aveva occupato le zone più fertili del paese, quelle cioè in grado di sostenere lo sforzo bellico sia sotto forma di derrate alimentari, sia sotto forma di nuovi coscritti. Ad aggravare la situazione del governo nazionalista contribuì Stalin, il quale, nel giugno del 1947, tentò di approfittare della caotica situazione cinese per annettersi la vasta provincia del Xianjang. Chiang seppe rispondere in maniera adeguata, inviando una divisione di fanteria, che riconquistò il territorio. L'interesse di Stalin era che la Cina rimanesse uno stato debole e diviso e, anche se a partire dal 1947 fornì a Mao notevoli aiuti, egli non credeva che i comunisti avrebbero resistito ad una guerra di logoramento. Stalin era inoltre convinto che gli Stati Uniti, prima o poi, sarebbero intervenuti a sostegno delle forze nazionaliste. Per questo motivo, almeno fino al 1948, Stalin mantenne rapporti diplomatici con il governo nazionalista76.

Con l'inizio del 1948 la situazione militare in Cina iniziò a definirsi con maggiore chiarezza e per l'esercito nazionalista il nuovo anno si aprì all'insegna della sconfitta. Per tutta la primavera e l'estate del 1948 i comunisti dilagarono nella Cina centrale, puntando in direzione della vallata dello Yangtze. Fu quindi nell'ultima fase della guerra civile che i comunisti poterono dimostrare la loro superiorità rispetto alle indisciplinate truppe del GMD; i comunisti combatterono per la riforma agraria e la rivoluzione sociale e questi obiettivi incontrarono il plauso della popolazione77. Nel corso del 1948 i comunisti riuscirono a conquistare la Manciuria e porre sotto il proprio controllo l'intera Cina settentrionale, sostenuti in questo dall'Unione Sovietica, che lasciò ai comunisti cinesi le scorte di armi dei giapponesi e impedì alla flotta del GMD di attraccare nel porto di Dairen. Il primo settembre una stazione radio comunista annunciò la proclamazione da parte di Mao di un governo popolare nella Cina settentrionale in opposizione al governo di Chiang Kai-shek. L'avanzata dell' esercito comunista era

76 J.Reardon-Anderson, op.cit.,pp.150-153. 77 H.Schmidt-Glintzer, op.cit., pp.79-81.

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26 ormai inarrestabile e il 15 gennaio 1949 i governi di Washington e Londra annunciarono di voler fare un passo indietro per non ostacolare le trattative, rifiutandosi di partecipare a qualsiasi mediazione: di fatto abbandonavano Chiang Kai-shek al suo destino. Il 19 gennaio il governo nazionalista decise di abbandonare Nanchino e di ritirarsi a Canton. Sempre nel gennaio le truppe comuniste conquistarono definitivamente Pechino. Nel febbraio 1949 l'esercito comunista cinese attraversò lo Yangtze ostacolato sempre più debolmente dai reparti del GMD. Il 24 aprile conquistò Nanchino e il 27 maggio Shanghai.

Mentre il governo nazionale si dissolveva, si riunì a Pechino nel mese di giugno la commissione incaricata di preparare la nuova conferenza consultiva politica. Quest'ultima si ritrovò in settembre ed elaborò il programma comune su cui si sarebbe fondata la Costituzione provvisoria del governo popolare78.

Le rimanenti divisioni nazionaliste sbandavano e si dissolvevano sotto l'urto delle armate sino-comuniste e molti generali scapparono nelle isole di Formosa e di Hainan. Il 28 luglio l'esercito comunista sferrò l'ultimo grande attacco contro le ultime posizioni difensive del GMD in Cina meridionale e sud-occidentale, scardinandole e di fatto avanzando su tutta la linea. Il 21 settembre la radio comunista annunciò che Mao era in procinto di annunciare la costituzione della Repubblica Popolare Cinese, come promesso nel corso del discorso introduttivo della conferenza consultiva che si svolse in quei giorni a Pechino e alla quale parteciparono 600 delegati comunisti provenienti da tutto il paese. La nascita della Repubblica Popolare Cinese fu annunciata ufficialmente il primo ottobre. Chiang Kai-shek fuggì nell'isola di Formosa pochi giorni dopo l'annuncio della nascita del nuovo stato comunista79.

1.4 La guerra di Corea e il consolidamento dell'alleanza

La guerra di Corea scoppiò il 25 giugno 1950, quando truppe comuniste nord coreane attraversarono il 38° parallelo, entrando in territorio sud coreano. Gli accordi presi a Yalta e a Potsdam prevedevano che la Corea restasse unita, ma poi il crescente contrasto fra Stati Uniti e Unione Sovietica impedì la realizzazione del progetto e così si decise la costituzione di due Coree e si stabilì il confine lungo il 38° parallelo.

Gli statunitensi nel 1948 insediarono nel sud del paese un'amministrazione da loro

78 A.Rosselli, op.cit.,pp.46-50. 79 D.Heinzig, op.cit., p.255.

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