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CAPITOLO IV LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEL TERZO. 1. La tutela giurisdizionale del terzo: generalità.

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CAPITOLO IV

LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEL TERZO.

1. La tutela giurisdizionale del terzo: generalità.

Indubbiamente, in relazione all’istituto della dichiarazione di inizio attività (in precedenza “denuncia”, ed ora, nel quadro vigente, “segnalazione certificata di inizio attività”), un tema alquanto controverso, che ha diviso nel tempo sia la dottrina sia la giurisprudenza, è quello legato alla tutela giurisdizionale del terzo controinteressato che si ritenga leso dalla dichiarazione (o “denuncia”, o “segnalazione”) stessa316.

Il tema in esame è alquanto delicato e tale situazione è generalmente acuita dalla singolarità dell’istituto della dichiarazione di inizio attività; infatti, tale istituto non appare coordinato con il sistema generale della giustizia amministrativa, che, come noto, è incentrato sul giudizio impugnatorio317.

316 Per maggiori approfondimenti sul tema vedi: G. MANNUCCI, La necessità di

una prospettiva obbligatoria per la tutela del terzo nel modello della Dia,

commento a Consiglio di Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717, in Giornale di

diritto amministrativo, 2009, pp. 1079-1086; R. DE NICTOLIS, Natura giuridica della denuncia di inizio attività in materia edilizia e tutela del terzo, op. cit., pp.

1377 e ss.; F. GAFFURI, I ripensamenti giurisprudenziali in merito alla questione

relativa alla natura della denuncia di inizio attività e alla tutela del terzo controinteressato dopo le riforme del 2005 alla l. n. 241/1990, op. cit., pp. 244 e

ss.; M. MATTIUZZI, Dia edilizia, tutela del terzo e ammissibilità dell’azione di

accertamento autonomo nel giudizio amministrativo, in Rivista giuridica di urbanistica, 2010, pp. 26-57; E. BOSCOLO, La segnalazione certificata di inizio attività: tra esigenze di semplificazione ed effettività dei controlli, op. cit., pp. 590

e ss.; S. VALAGUZZA, La DIA, l’inversione della natura degli interessi legittimi

e l’azione di accertamento come strumento di tutela del terzo, commento a

Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 febbraio 2009, n. 717, in Diritto processuale

amministrativo, 2009, pp. 1245-1318.

317 Vedi F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e

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I rimedi esperibili dal terzo controinteressato sono strettamente legati, a filo doppio, all’esatta individuazione e qualificazione della natura giuridica della dichiarazione; ne consegue che tali rimedi, nel corso del tempo (e delle diverse soluzioni accolte, soprattutto dalla giurisprudenza), sono stati diversamente declinati a seconda della qualificazione della natura, pubblicistica o privatistica, della dichiarazione318.

Come è stato osservato in dottrina, la dichiarazione di inizio attività (prima “denuncia”) era stata concepita dal legislatore come un istituto di semplificazione del procedimento; con il passare del tempo si è, invece, trasformata in un eterno rompicapo, sia per i vari contrasti dottrinari e giurisprudenziali, sia per i continui interventi del legislatore sul tema319.

Appare del tutto evidente che le diverse tesi sulla natura della dichiarazione di inizio attività quale “provvedimento amministrativo tacito” o, al contrario, quale “atto privatistico”, possono portare a conclusioni diametralmente opposte sui rimedi esperibili dal terzo contro la dichiarazione di inizio attività illegittima in quanto la qualificazione giuridica dell’istituto sostanziale condiziona l’accesso alle tecniche di tutela della posizione del terzo pregiudicato.

Attualmente, grazie alle recenti evoluzioni giurisprudenziali ed alla intensa produzione normativa che si è registrata sul tema in oggetto, il quadro generale appare notevolmente più chiaro.

È sufficiente pensare, come già accennato nelle pagine precedenti di questo lavoro, che il decreto legge n. 138/2011

318 Vedi A. GIUSTI, commento sub art. 19, Legge 7 agosto 1990, n. 241, in A.

BARTOLINI, S. FANTINI, G. FERRARI, Codice dell’azione amministrativa e

delle responsabilità annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, op. cit., pp.

477 e ss.

319 Vedi C. LAMBERTI, La DIA approda alla Plenaria, commento a Consiglio di

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(successivamente convertito, con modificazioni, nella legge n. 148/2011) ha aggiunto il comma 6-ter all’art. 19, legge n. 241/1990; secondo la disposizione citata “la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili; gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’Amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31320, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”321.

Nelle pagine che seguono ci soffermeremo, pertanto, sulle diverse soluzioni accolte, dalla dottrina ma soprattutto dalla giurisprudenza, in relazione ai rimedi esperibili dal terzo controinteressato contro la dichiarazione di inizio attività.

320 L’art. 31, commi 1-3, rubricato “azione avverso il silenzio e declaratoria di

nullità”, del decreto legislativo n. 104/2010, testualmente dispone: “Decorsi i

termini per la conclusione del procedimento amministrativo, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere. L’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. È fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio delladiscrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione”. 321 Vedi F. FELEPPA, Accertamento dei presupposti della s.c.i.a. e azione avverso

il silenzio, commento a TAR Veneto, Sez. II, 5 marzo 2012, n. 298, in Corriere del merito, 2012, pp. 731 e ss.

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2. La natura “provvedimentale” della D.I.A.-S.C.I.A. e la possibilità per il terzo controinteressato di impugnare il provvedimento tacito di autorizzazione.

Secondo un primo orientamento alla dichiarazione di inizio attività (oggi segnalazione certificata di inizio attività) va riconosciuta natura “provvedimentale”322; secondo tale ricostruzione la dichiarazione di inizio attività (che avrebbe, così, la natura di “atto amministrativo abilitativo tacito”) rientrerebbe nell’alveo di un’attività oggettivamente amministrativa, proveniente da un soggetto privato che svolge un munus publicus323.

Da tale qualificazione della natura giuridica della dichiarazione di inizio attività discende un particolare rimedio esperibile dal terzo controinteressato; il terzo può, infatti, impugnare, entro l’ordinario termine di decadenza, il provvedimento tacito di autorizzazione, formatosi a seguito della presentazione della dichiarazione di inizio attività e dell’inutile decorso del termine assegnato alla Pubblica Amministrazione per l’esercizio del potere inibitorio324.

La giurisprudenza che sostiene la natura “provvedimentale” della dichiarazione di inizio attività ha ricostruito la propria

322 Per maggiori approfondimenti vedi: F. GAFFURI, I ripensamenti

giurisprudenziali in merito alla questione relativa alla natura della denuncia di inizio attività e alla tutela del terzo controinteressato dopo le riforme del 2005 alla l. n. 241/1990, op. cit., pp. 235 e ss.; C. LAMBERTI, La DIA approda alla Plenaria, commento a Consiglio di Stato, sez. IV, ordinanza 5

gennaio 2011, n. 14, op. cit., pp. 320-321; M.G. VIVARELLI, Sulla natura della

dichiarazione di inizio attività, commento a Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo

2009, n. 1474, op. cit., pp. 66 e ss.

323 Vedi A.D. CORTESI, La perentorietà del termine per la verifica della D.I.A.,

commento a TAR Lombardia, Brescia, 13 aprile 2002, n. 686, in Urbanistica e

appalti, 2002, pp. 1471 e ss.

324 Vedi F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e

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posizione basandosi, principalmente, sull’art. 2, comma 14, della legge n. 662/1996 e sull’art. 1 del decreto legislativo n. 301/2002.

In particolare, secondo il comma 14 dell’art. 2, legge n. 662/1996, viene espressamente stabilito che “nei casi di cui al comma 7, ai fini degli adempimenti necessari per comprovare la sussistenza del titolo abilitante all’effettuazione delle trasformazioni tengono luogo delle autorizzazioni le copie delle denunce di inizio attività da cui risultino le date di ricevimento delle denunce stesse, nonché l’elenco di quanto prescritto comporre e corredare i progetti delle trasformazioni e le attestazioni dei professionisti abilitati”.

In altre parole, secondo tale disposizione, la dichiarazione di inizio attività deve essere qualificata come un titolo edilizio vero e proprio, in cui, non essendo prevista l’emanazione di alcun provvedimento, la domanda “tiene luogo” dell’autorizzazione325.

Secondo la ricostruzione proposta, nel quadro delineato dalla legge n. 662/1996 la dichiarazione di inizio attività si atteggia come la “vecchia” autorizzazione tacita, cioè come un titolo che si forma “silenziosamente”, con il possesso di tutti i requisiti formali e sostanziali prescritti.

Questa ricostruzione risulta essere, oltretutto, suffragata dal dettato del decreto legislativo n. 301/2002 che ha sostituito gli artt. 22-23 del Testo unico dell’edilizia; a tal proposito, va ricordato che l’art. 1, comma 5, decreto legislativo n. 301/2002, espressamente dispone che “la sussistenza del titolo è provata con la copia della denuncia di inizio attività da cui risulti la data di ricevimento della denuncia, l’elenco di quanto presentato a corredo del progetto,

325 Vedi A. BIANCHI, La denuncia di inizio attività in materia edilizia. Profili

ricostruttivi dell’istituto con particolare riferimento alla tutela giurisdizionale del terzo, op. cit., pp. 147 e ss.

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l’attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari”.

Il citato decreto legislativo n. 301/2002 ha, inoltre, aggiunto i commi 2-bis e 5-bis agli artt. 38 e 39 del Testo unico dell’edilizia, estendendo così, anche agli interventi realizzati con denuncia di inizio attività la disciplina degli interventi edilizi eseguiti in base a “permesso annullato”; da tale situazione, secondo la ricostruzione giurisprudenziale in esame, discenderebbe che la stessa amministrazione, e il giudice amministrativo, possano annullare il titolo denuncia di inizio attività326.

Agli interventi realizzati con denuncia di inizio attività è stata inoltre estesa la possibilità, come per ogni altro titolo edilizio, di annullamento straordinario da parte della Regione.

Da quanto esposto, appare così evidente che se la denuncia di inizio attività fosse un mero atto privato, cui la Pubblica Amministrazione resta estranea tranne che per sanzionare – eventualmente - successivamente l’attività non conforme alle norme, le disposizioni sopra citate sarebbero del tutto illogiche, dato che non avrebbe senso alcuno la previsione della possibilità di annullamento del titolo, essendo sufficiente l’intervento successivo-repressivo327.

È stato evidenziato che, nel quadro normativo relativo alla denuncia di nuova attività edilizia, assume autonomo rilievo provvedimentale, ai fini dell’eventuale preclusione dell’altrimenti normale operatività della denuncia di inizio attività, non già il parere positivo ancorché formalmente espresso e comunicato dal

326 Per maggiori approfondimenti vedi A. GRAZIANO, La DIA nelle prime

pronunce sulla L. 80/2005. Natura giuridica dell’istituto e tutela giurisdizionale del controinteressato, op. cit., pp. 1098 e ss.

327 Vedi TAR Veneto, Sez. II, 20 giugno 2003, n. 3405, con nota a commento di E.

BOSCOLO, Sulla (non) impugnabilità della denuncia di inizio attività, in

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responsabile dell’ufficio in ordine alla realizzabilità delle opere ivi indicate, ma esclusivamente l’eventuale formale dissenso espresso da quest’ultimo nel termine stabilito dall’art. 4, decreto legge n. 398/1993 (convertito nella legge n. 493/1993); ne consegue, pertanto, che “non può essere riconosciuto al suddetto parere l’effetto illustrato dal controinteressato, poiché allo scadere del termine perentorio previsto nella ricordata norma, la denuncia di inizio attività in questione si è direttamente tradotta nell’implicita autorizzazione alla realizzazione del manufatto in virtù della valutazione legale tipica stabilita dalla legge rispetto alla quale alcun diverso e pozione valore costitutivo di per sé rappresenta il già ricordato parere”328.

In altro intervento è stato ribadito che la dichiarazione di inizio attività si traduce, in virtù di una preventiva valutazione legale tipica, nell’autorizzazione implicita all’effettuazione dell’attività edilizia; da ciò consegue che i terzi possono agire innanzi al giudice amministrativo, per chiederne l’annullamento, avverso il titolo abilitativo formatosi per il decorso del termine (entro cui l’Amministrazione può impedire gli effetti della dichiarazione di inizio attività)329.

È stato osservato che la dichiarazione di inizio attività non è uno strumento di liberalizzazione dell’attività, come da molti sostenuto, ma rappresenta una semplificazione procedimentale, che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo a seguito del decorso di un termine dalla presentazione della dichiarazione; la

328 Così TAR Lombardia, Brescia, 1 giugno 2001, n. 397, in

http://www.giustamm.it

329 Vedi Consiglio di Stato, Sez. IV, 25 novembre 2008, n. 5811, in

http://www.giustizia-amministrativa.it; in senso conforme vedi Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 13 gennaio 2010, n. 72, con commento di G.F. NICODEMO, La

Dia è un provvedimento abilitativo a formazione tacita, in Giornale di diritto amministrativo, 2010, pp. 798-806.

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liberalizzazione di determinate attività economiche è cosa diversa e presuppone che non sia necessaria la formazione di un titolo abilitativo.

Nel caso della dichiarazione di inizio attività, con il decorso del termine si forma un’autorizzazione implicita di natura provvedimentale, che può essere contestata dal terzo entro l’ordinario termine di decadenza, decorrente dalla comunicazione al terzo del perfezionamento della dichiarazione di inizio attività o dall’avvenuta conoscenza del consenso “implicito” all’intervento oggetto di dichiarazione di inizio attività.

Il ricorso avverso il titolo abilitativo formatosi a seguito di dichiarazione di inizio attività ha, quindi, ad oggetto non il mancato esercizio dei poteri sanzionatori o di autotutela dell’amministrazione, ma direttamente l’assentibilità, o meno, dell’intervento.

Secondo tale ricostruzione un argomento a favore della diretta impugnazione della dichiarazione di inizio attività può essere individuato nelle modifiche dell’art. 19, legge n. 241/90 (effettuate ai sensi dell’art. 3, decreto legge n. 35/2005, successivamente convertito nella legge n.80/2005), che hanno previsto, in relazione alla dichiarazione di inizio attività, il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies330.

Ne consegue, pertanto, che se è ammesso l’annullamento d’ufficio, parimenti, e tanto più, deve essere consentita l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo; tale ricostruzione non fa che confermare il riconoscimento da parte del legislatore della

330 In relazione ai poteri inibitori dell’Amministrazione ed agli artt. 21-quinquies e

21-nonies della legge n. 241/1990 vedi S. VALAGUZZA, La DIA, l’inversione

della natura degli interessi legittimi e l’azione di accertamento come strumento di tutela del terzo, commento a Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 febbraio 2009, n. 717, op. cit., pp. 1276 e ss.

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natura provvedimentale del titolo abilitativo che si forma in seguito ad una dichiarazione di inizio attività331.

Questa ricostruzione giurisprudenziale richiama la tesi, sostenuta da parte della dottrina, della “fattispecie a formazione complessa”332.

Secondo tale tesi, con la presentazione della denuncia di inizio di attività e la concreta intrapresa di quest’ultima, si verifica, ai sensi della legge, una legittimazione che presenta carattere potenzialmente “provvisorio”.

Infatti, essa potrebbe venire meno qualora si verificassero, alternativamente, una delle seguenti condizioni: a) o il divieto di prosecuzione dell’attività da parte dell’Amministrazione, la quale constati l’assenza dei presupposti e dei requisiti di legge; b) oppure l’inibizione a proseguire l’attività, qualora il privato non abbia tempestivamente ottemperato all’invito, della stessa Amministrazione, a conformare la propria attività alle prescrizioni normative.

Nell’ipotesi in cui una di tali condizioni non ricorra, in quanto la verifica effettuata da parte della Pubblica Amministrazione abbia avuto esito positivo, la legittimazione all’esercizio dell’attività diverrebbe così “definitiva”, nella fattispecie di cui all’art. 19, legge n. 241/1990333.

È stato rilevato che il legislatore ha considerato la denuncia di inizio di attività come un atto abilitativo tacito formatosi a seguito della denuncia del privato e della successiva inerzia

331 Vedi Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 aprile 2007, n. 1550, in

http://www.giustizia-amministrativa.it

332 Vedi M.G. VIVARELLI, Sulla natura della dichiarazione di inizio attività, op.

cit., pp. 73 e ss.

333 Vedi G. ACQUARONE, La denuncia di inizio attività - profili teorici, op. cit.,

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dell’Amministrazione e su tale provvedimento implicito il Comune può esercitare i propri poteri di autotutela, ed in particolare l’annullamento d’ufficio, soltanto ove ricorrano i presupposti di legge (ragioni di interesse pubblico, termine ragionevole, esame degli interessi del destinatario e dei controinteressati); soltanto dopo l’adozione di tali provvedimenti di secondo grado - revoca od annullamento d’ufficio – è così possibile adottare eventuali provvedimenti sanzionatori334.

Più recentemente, è stato osservato che la diretta impugnabilità della dichiarazione di inizio attività da parte del terzo si giustifica per l’espressa previsione, contenuta nella nuova formulazione dell’art. 19, comma 3, legge n. 241/1990, del potere dell’Amministrazione di annullare in via di autotutela il titolo conseguente alla dichiarazione di inizio attività, nonché della possibilità dell’accertamento dell’inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo, con equiparazione di questa ipotesi al permesso annullato; secondo tale ricostruzione, tali disposizioni si giustificano soltanto con l’assimilazione del titolo conseguito, in esito alla presentazione della dichiarazione di inizio attività ed al decorso del termine di legge (dato all’Amministrazione per verificare i presupposti), ad un titolo abilitativo esplicito335.

334 È stato ulteriormente precisato che, dato che i provvedimenti sanzionatori

devono essere preceduti dall’annullamento o dalla revoca di tale provvedimento implicito, il privato non può diffidare l’Amministrazione ad assumere tali provvedimenti di secondo grado, in quanto la Pubblica Amministrazione non ha l’obbligo di pronunciarsi sull’atto di diffida del privato finalizzato all’adozione di un provvedimento di annullamento di ufficio o di revoca, stante l’ampia discrezionalità che connota l’esercizio del potere di autotutela. Vedi TAR Abruzzo, Pescara, 1 settembre 2005, n. 494, in http://www.giustizia-amministrativa.it

335 Vedi Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 72, in

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3. La natura “privatistica” della D.I.A.-S.C.I.A. e l’esperibilità del ricorso contro il silenzio per mancato esercizio dei poteri inibitori.

Secondo un altro orientamento, si ritiene che il terzo controinteressato sia legittimato ad agire avverso il silenzio serbato dall’Amministrazione che non abbia esercitato i poteri inibitori entro il termine previsto, decorrente dalla presentazione della dichiarazione336; questa soluzione rientra nell’alveo della natura “privatistica” della dichiarazione di inizio attività, secondo cui è possibile individuare in capo al titolare una chiara ipotesi di legittimazione ex lege della propria attività337.

Secondo tale ricostruzione, qualora la Pubblica Amministrazione non eserciti il potere inibitorio, il controinteressato che si ritenga leso dal perfezionamento della dichiarazione di inizio attività, potrà adire il giudice amministrativo, richiedendo l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione e, data la natura vincolata del potere inibitorio, anche l’accertamento della non conformità dell’attività svolta dal dichiarante alle norme di legge, oltre all’eventuale risarcimento del danno338.

Il ricorso da parte del controinteressato dovrà essere necessariamente proposto nei termini indicati dall’art. 2, legge n. 241/1990, ossia entro un anno dalla scadenza del termine entro il quale la Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto provvedere339.

336 Vedi M.G. VIVARELLI, Sulla natura della dichiarazione di inizio attività,

commento a Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1474, op. cit., pp. 73 e ss.

337 Vedi A. TRAVI, Silenzio-assenso, denuncia di inizio di attività e tutela dei terzi

controinteressati, op. cit., pp. 21 e ss.

338 Vedi F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e

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La soluzione così proposta è stata criticata da quella parte della giurisprudenza che ritiene che l’eventuale inerzia della Pubblica Amministrazione non può essere qualificata in termini di inadempimento, dal momento che la dichiarazione (oggi segnalazione) di inizio attività non può essere qualificata come una vera e propria istanza e non fa, pertanto, sorgere alcun obbligo di provvedere ai sensi del sopra citato art. 2, legge n. 241/1990340.

Nello specifico, è stato evidenziato che nel modello delineato dall’art. 19, legge n. 241/1990, la legge da una parte conferisce al privato la titolarità di un diritto soggettivo che lo legittima ad intraprendere autonomamente l’attività senza l’intermediazione di titoli ulteriori, mentre dall’altra attribuisce all’amministrazione un potere di verifica circa la sussistenza dei prescritti requisiti e presupposti normativi - da esercitare a seguito della presentazione della denuncia - che la legittima ad intervenire, eventualmente, in chiave repressiva o secondo i casi inibitoria341.

In tal modo, il diritto del privato non si risolve unicamente in facoltà attive, ma viene viceversa conformato dalla legge in modo “relazionale”, nel senso che il suo esercizio è subordinato ad un “contatto necessario” con la Pubblica Amministrazione, da attivare attraverso la presentazione della denuncia di inizio attività342.

339 Vedi C. LAMBERTI, La DIA approda alla Plenaria, commento a Consiglio di

Stato, sez. IV, ordinanza 5 gennaio 2011, n. 14, op. cit., pp. 321-322.

340 Per maggiori approfondimenti sulla tematica inerente all’impugnativa del

silenzio quale forma tradizionale di tutela del terzo controinteressato vedi E. ZAMPETTI, Natura giuridica della d.i.a. (oggi s.c.i.a.) e tutela del terzo, commento a Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2558, in Rivista

giuridica dell’edilizia, 2010, pp. 1599-1617.

341 Vedi F. TAKANEN, La dichiarazione di inizio attività e la tutela del terzo, op.

cit., pp. 170-171.

342 Si ritiene, cioè, che l’art. 19, legge n. 241/1990, abbia prodotto un effetto

“liberalizzante” nel senso di consentire l’intrapresa dell’attività senza l’intermediazione di qualsivoglia potere di tipo autorizzatorio-costitutivo, senza con ciò sottrarre l’attività stessa dal regime amministrativo, e dal conseguente necessario contatto con la Pubblica Amministrazione cui compete un potere di

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Una volta ricevuta la denuncia l’Amministrazione non deve assentire alcunchè, ma deve solo verificare la sussistenza dei prescritti requisiti e presupposti normativi affinchè l’interessato possa autonomamente intraprendere la preannunciata attività, quale diretta espressione del suo diritto così come legislativamente prefigurato343.

Ne consegue, pertanto, che al silenzio tenuto dalla Pubblica Amministrazione non può essere attribuito il valore nè di un tacito atto di assenso all’esercizio delle attività denunciate dal privato, nè di un implicito provvedimento positivo di controllo a rilevanza esterna, ma piuttosto di un mero comportamento rapportabile, sul piano degli effetti legali tipici, ad un’attività di verifica conclusasi positivamente senza intervenire sul processo di produzione della posizione soggettiva del denunciante, e quindi inidonea di per sè a sostanziare un’autonoma determinazione di natura provvedimentale direttamente impugnabile in sede giurisdizionale con un’azione di annullamento344.

In altro intervento, è stato rilevato che la caratteristica fondamentale della denuncia di inizio attività è il venir meno di un titolo provvedimentale di legittimazione, lasciando in capo all’Amministrazione soltanto un potere di controllo con carattere inibitorio che deve essere esercitato nel termine perentorio prescritto

verifica circa la sussistenza dei requisiti e dei presupposti normativi, ed eventualmente sanzionatorio o secondo i casi inibitorio.

343 In altre parole, la funzione di controllo non interviene nel processo di produzione della posizione soggettiva, la quale trova la propria fonte direttamente nella legge ed a fronte della quale difetta un potere amministrativo di natura costitutiva-accrescitiva.

344 Vedi TAR Liguria, Sez. I, 22 gennaio 2003, n. 113, in

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dalla legge, e che il decorso di tale termine non ha come effetto la formazione di un provvedimento tacito di assenso345.

4. L’esercizio del potere di autotutela e l’impugnazione dell’eventuale silenzio-rifiuto.

Secondo un’ulteriore ricostruzione giurisprudenziale è stata riconosciuta al terzo controinteressato, a seguito del perfezionamento della dichiarazione di inizio attività e del mancato esercizio del potere inibitorio, la possibilità di sollecitare la Pubblica Amministrazione all’esercizio del potere di autotutela346 ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies e, in caso di ulteriore inerzia, la possibilità di proporre ricorso avverso il silenzio347.

È stato rilevato che, una volta che è data per pacifica la natura privatistica della dichiarazione di inizio attività, debba considerarsi la possibilità per il terzo di stimolare l’esercizio del potere che residua decorso il termine per l’esercizio del potere inibitorio; nel caso specifico, è stato evidenziato che “una volta decorso il termine senza l’esercizio del potere inibitorio, e nella persistenza, generalmente ritenuta, del generale potere repressivo degli abusi edilizi, colui che si oppone all’intervento, essendosi consolidata la fattispecie complessa che abilita, ex lege o ex actu non rileva, il privato a costruire, sarà legittimato a chiedere al Comune di porre in essere i provvedimenti sanzionatori previsti, facendo ricorso, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio, che pertanto non avrà, né

345 Vedi TAR Abruzzo, Pescara, 23 gennaio 2003, n. 197, in

http://www.giustizia-amministrativa.it

346 Per maggiori approfondimenti sul tema vedi: M.G. VIVARELLI, Sulla natura

della dichiarazione di inizio attività, commento a Consiglio di Stato, Sez. IV, 12

marzo 2009, n. 1474, op. cit., pp. 76 e ss.; I. IMPASTATO, V. SANZO, La natura

giuridica della d.i.a. tra tutela del terzo e potere di autotutela, 2008, op. cit., in

http://www.giustamm.it

347 Vedi S. CATTANEO, La dichiarazione di inizio attività ed il rito del silenzio

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potrebbe avere, come riferimento il potere inibitorio dell’Amministrazione, bensì il generale potere sanzionatorio”348.

In altro intervento è stato evidenziato che il privato, terzo interessato a che non vada avanti l’attività iniziata sulla base della dichiarazione, dovrebbe precostituirsi qualcosa da impugnare davanti al giudice amministrativo, così “stimolando” l’esercizio di un potere amministrativo.

Secondo tale ricostruzione, il privato dovrebbe pertanto stimolare l’esercizio da parte della Pubblica Amministrazione del potere di autotutela349; una volta decorsi i termini per l’esercizio del potere di autotutela, il privato dovrebbe così impugnare davanti al giudice amministrativo il silenzio-inadempimento, proponendo un ricorso ai sensi dell’art. 2, legge n. 241/1990, e, sul versante processuale, dell’art. 21-bis, legge n. 1034/1971350.

Aprendo una breve parentesi, va rimarcato che la giurisprudenza maggioritaria sottolinea la necessità, ai fini dell’adozione dei provvedimenti repressivi, di una distinzione tra potere inibitorio e potere sanzionatorio; mentre il primo è esercitabile nel termine previsto dalla legge a pena di decadenza, il secondo è un potere generalmente tenuto distinto dal generale potere di autotutela (da chi nega la formazione di un provvedimento tacito, per mancanza del provvedimento su cui intervenire, e, in ogni caso, per il carattere discrezionale dell’annullamento in autotutela)351.

348 Così Consiglio di Stato, Sez. V, 22 febbraio 2007, n. 948, con commento di G.

SCIULLO, Modelli ricostruttivi di Dia e tutela del controinteressato, in Giornale

di diritto amministrativo, 2007, pp. 975-986.

349 Vedi A. GIUSTI, commento sub art. 19, Legge 7 agosto 1990, n. 241, in A.

BARTOLINI, S. FANTINI, G. FERRARI, Codice dell’azione amministrativa e

delle responsabilità annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, op. cit., pag.

478.

350 Vedi Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 settembre 2002, n. 4453, in

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Va inoltre chiarito che, mentre il potere di autotutela, come peraltro emerge dalla stessa lettura dell’art. 21-nonies, legge n. 241/1990, ed a maggior ragione dell’art. 21-quinquies, legge n. 241/1990, è un potere squisitamente discrezionale (dovendo l’Amministrazione valutare gli interessi in conflitto), il potere repressivo è un potere vincolato, nel cui esercizio la Pubblica Amministrazione è chiamata a verificare la sussistenza o meno dei presupposti richiesti dalla legge per l’attività posta in essere dal privato.

Parte della dottrina ritiene che il rinvio agli artt. 21-quinquies e 21-nonies andrebbe inteso in senso restrittivo, come volto a riferire i presupposti dell’autotutela ai poteri sanzionatori tipicamente attribuiti all’Amministrazione (in considerazione dell’affidamento eventualmente generato dall’omesso controllo)352.

Secondo altra posizione il riferimento all’autotutela contenuto nell’art. 19, legge n. 241/1990 non qualifica il potere esercitato successivamente alla scadenza dei trenta giorni quale potere di secondo grado destinato ad incidere su di un precedente provvedimento, nel caso della dichiarazione di inizio attività inesistente, ma va, piuttosto, inteso quale vincolo per l’Amministrazione di esercitare il potere, successivamente alla scadenza del termine di trenta giorni, secondo i presupposti dell’autotutela353.

La giurisprudenza maggioritaria ritiene “vincolato” l’esercizio del potere repressivo-sanzionatorio, escludendo così che il

351 Vedi Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 maggio, 2005, n. 3916, in

http://www.giustizia-amministrativa.it

352 Vedi E. SCOTTI, Denuncia d’inizio attività e processo amministrativo: verso

nuovi modelli di tutela?, commento a Consiglio di Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009,

n. 717, in Foro amministrativo – Consiglio di Stato, 2009, pp. 478-502.

353 Vedi W. GIULIETTI, Attività privata e potere amministrativo. Il modello della

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decorso del tempo possa far insorgere alcun affidamento sulla legittimità dell’opera abusiva, ovvero imporre una motivazione sulla prevalenza dell’interesse pubblico354.

In ogni caso, ferma restando la doverosità e il carattere vincolato nell’an del potere, può sussistere una discrezionalità nella scelta della sanzione da applicare che tenga conto di situazioni particolari di fatto, specie in relazione al tempo trascorso355.

Il Consiglio di Stato ha ribadito la tesi della natura “privatistica” della dichiarazione di inizio attività, chiarendo, per l’occasione, i seguenti punti: a) le modifiche introdotte con la legge n. 80/2005, che ha attribuito alla Pubblica Amministrazione un potere di autotutela, non sono valse a mutare la natura della dichiarazione di inizio attività, da atto privatistico ad atto pubblicistico; b) la legge n. 80/2005, nel riconoscere espressamente alla Pubblica Amministrazione il potere di autotutela, ha recepito l’orientamento giurisprudenziale che ammetteva la sussistenza in capo alla Pubblica Amministrazione di un potere residuale di autotutela; c) infine, il potere di autotutela, riconosciuto espressamente dalla legge n. 80/2005, ed ammesso dalla giurisprudenza già prima della novella, va considerato come un potere sui generis, caratterizzato dal fatto di non implicare un’attività di secondo grado insistente su un precedente provvedimento amministrativo356.

È stato rilevato che l’unica forma di tutela a disposizione del privato, che si ritenga leso dal mancato tempestivo esercizio dei

354 Vedi TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 29 gennaio 2010, n. 439, in

http://www.giustizia-amministrativa.it

355 Vedi TAR Lazio, Roma, Sez. I-quater, 26 gennaio 2005, n. 578, in

http://www.giustizia-amministrativa.it

356 Vedi Consiglio di Stato, Sez. V, 13 gennaio 2006, n. 3586, in

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poteri inibitori della Pubblica Amministrazione, consiste nel chiedere all’Amministrazione di porre in essere i provvedimenti sanzionatori previsti per gli abusi edilizi e ricorrere, quindi, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio-rifiuto, che pertanto non avrà, né potrebbe avere, ad oggetto il mancato esercizio del potere inibitorio dell'Amministrazione, dal quale l’Amministrazione è decaduta essendo decorso il relativo termine, bensì il generale potere repressivo degli abusi edilizi.

Il presupposto di tale ricostruzione è che la decadenza dal potere inibitorio non determini, comunque, una sorta di sanatoria dell’intervento realizzato a seguito di dichiarazione di inizio attività, ancorché al di fuori dei presupposti normativi, ma che esso possa continuare ad essere considerato abusivo, cosicché non sarebbe precluso all’Amministrazione l’esercizio dei propri poteri sanzionatori357; nel quadro così descritto, è intervenuta la novella dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, introdotta dalla legge n. 80 del 14 maggio 2005, che ha espressamente previsto la possibilità per l’Amministrazione che sia rimasta inerte dopo la presentazione della dichiarazione di inizio attività di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies358.

Ritornando al nucleo centrale della tesi relativa all’esercizio del potere di autotutela ed all’impugnazione dell’eventuale silenzio-rifiuto, va evidenziato come siano ravvisabili due distinti rapporti: a) un primo rapporto, nel quale viene in rilievo il potere “inibitorio”,

357 In dottrina si segnala la particolare posizione di chi ha evidenziato l’assenza di

una nozione unica di autotutela e come la sostituzione di un provvedimento motivato con formule silenziose tipiche di un’Amministrazione “spettrale”, produca una situazione carica di criticità non solo per i destinatari del provvedimento di secondo grado, ma anche per i terzi controinteressati. Per maggiori approfondimenti vedi L. TARANTINO, Per una critica dell’autotutela

sull’attività amministrativa spettrale, in Urbanistica e appalti, 2007, pp. 410 e ss.

358 Vedi TAR Campania, Napoli, Sez. III, 27 gennaio 2006, n. 1131, in

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che intercorre soltanto tra Pubblica Amministrazione e privato dichiarante; b) un secondo rapporto, nel quale viene, invece, in rilievo l’esercizio del potere di autotutela, e che coinvolge anche i terzi controinteressati.

Va registrata la posizione di chi ha sostenuto che non sussiste obbligo dell’Amministrazione di provvedere – escludendosi, di conseguenza, che si sia in presenza di un silenzio-rifiuto – qualora l’interessato, attraverso la procedura del silenzio-rifiuto, abbia sollecitato l’esercizio del potere di autotutela, non sussistendo rispetto a questo una posizione di interesse legittimo, ma di mero interesse di fatto, anche per la mancanza di un obbligo dell’Amministrazione di attivarsi in via di autotutela.

Come è noto, i provvedimenti di autotutela sono manifestazione dell’esercizio di un potere tipicamente discrezionale della Pubblica Amministrazione che non ha alcun obbligo di attivarlo e, qualora intenda farlo, deve valutare la sussistenza o meno di un interesse che giustifichi la rimozione dell’atto, valutazione di cui essa sola è titolare e che non può ritenersi dovuta nel caso di una situazione già definita con provvedimento inoppugnabile, neppure in presenza di un indirizzo giurisprudenziale sfavorevole ad analoghi provvedimenti adottati dalla stessa Amministrazione nei riguardi di altri soggetti, salvo l’obbligo generale di buona amministrazione che, tuttavia, non si concreta nel dovere giuridico di rispondere alla richiesta del privato, se non in presenza di procedimenti per i quali sussista l’obbligo di conclusione con provvedimento espresso; quanto detto non può ritenersi contrastante con esigenze di diritto sostanziale, perché la certezza delle situazioni giuridiche definite è essa stessa un bene irrinunciabile posto a tutela dei cittadini e non può essere elusa mediante l’impugnazione del silenzio-rifiuto

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formatosi su un’istanza diretta a sollecitare l’adozione di provvedimenti di annullamento o di modifica di precedenti determinazioni, non impugnate nei termini o nelle forme di rito359.

5. L’azione di accertamento atipica; analisi della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717.

Le sopra esposte ricostruzioni della tutela del terzo controinteressato, impostate nelle forme del giudizio sul silenzio, hanno sollevato diverse obiezioni360.

È stato rilevato, infatti, che l’esperibilità di tale rimedio andrebbe esclusa sul presupposto che, nel caso della dichiarazione di inizio attività, non si sarebbe in presenza di un’istanza del privato diretta all’emissione di un provvedimento favorevole bensì di una mera comunicazione avente lo scopo di consentire l’esercizio dell’attività di verifica da parte dell’Amministrazione; secondo tale ricostruzione, al comportamento “silente” dell’Amministrazione non sarebbe pertanto attribuibile il significato di un inadempimento tale da legittimare il ricorso al rimedio dettato dall’art. 21-bis legge TAR361.

In altro intervento è stato evidenziato che il silenzio eventualmente mantenuto dall’Amministrazione sulla diffida del

359 Vedi Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 novembre 2003, n. 7136, in

http://www.giustizia-amministrativa.it

360 Per maggiori approfondimenti vedi: E. ZAMPETTI, Natura giuridica della

d.i.a. (oggi s.c.i.a.) e tutela del terzo, op. cit., pp. 1608 e ss.; C. LAMBERTI, La DIA approda alla Plenaria, commento a Consiglio di Stato, sez. IV, ordinanza 5

gennaio 2011, n. 14, op. cit., 2011, pp. 323 e ss.; M. MATTIUZZI, Dia edilizia,

tutela del terzo e ammissibilità dell’azione di accertamento autonomo nel giudizio amministrativo, op. cit., pp. 48 e ss.

361 Vedi TAR Piemonte, Sez. I, 4 maggio 2005, n. 1367, in Giurisprudenza

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terzo non è neppure qualificabile come inadempimento “in senso tecnico”; il terzo non chiede l’emissione di uno specifico provvedimento attraverso cui, per espressa previsione normativa, può unicamente e direttamente essere soddisfatta la sua pretesa ad un bene della vita di cui assuma giuridica spettanza, ma pretende, piuttosto, l’esercizio in via generale di una funzione amministrativa da cui può eventualmente ed in via indiretta essere soddisfatto anche un suo interesse.

Va escluso, pertanto, che il terzo possa intervenire con uno specifico giudizio di inadempimento ai sensi dell’art. 21-bis legge TAR, in caso che la relativa funzione non venga attivata nel termine a tal fine assegnato con specifica e formale diffida362.

In risposta alle criticità rilevate in ordine alla tutela del terzo controinteressato basata sul giudizio sul silenzio, si è così affermato l’orientamento giurisprudenziale che, attribuendo alla dichiarazione di inizio attività la natura di atto privatistico, ha riconosciuto a favore del terzo l’esperibilità di un’azione di accertamento atipica diretta ad accertare la non conformità a legge dell’attività oggetto di dichiarazione di inizio attività363.

In particolare, secondo la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717, è ammissibile da parte del terzo leso dagli effetti di una dichiarazione di inizio attività, esperire un’azione di accertamento – ancorchè atipica – della carenza dei presupposti per l’esercizio dell’attività oggetto di dichiarazione, e tale azione sarà sottoposta allo stesso termine di decadenza (di

362 Vedi TAR Liguria, Sez. I, 22 gennaio 2003, n. 113, in Urbanistica e appalti,

2003, pp. 581 e ss.; in dottrina si sofferma sull’orientamento espresso nella sentenza citata A. BERRA, Qualche luce sulla tutela del terzo nei confronti della

D.I.A.?, in Rivista giuridica dell’edilizia, I, 2003, pp. 575 e ss.

363 Vedi F. MERUSI, Creatività giurisprudenziale e finzione. La tutela del terzo

nel processo amministrativo nell’ipotesi di attività liberalizzate, in Giurisprudenza italiana, 2012, pp. 435-438.

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sessanta giorni) previsto per l’azione di annullamento che il terzo avrebbe potuto esperire se l’Amministrazione avesse adottato un permesso di costruire, non potendosi ritenere applicabile un diverso termine di natura prescrizionale in quanto l’azione, ancorchè di accertamento, non è diretta alla tutela di un diritto soggettivo, ma di un interesse legittimo364.

Come è stato evidenziato, l’evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’ultimo decennio ha determinato il superamento di una così rigida chiusura all’azione di accertamento del processo amministrativo, offrendo, al tempo stesso, numerosi argomenti che depongono a favore di una diversa soluzione365.

La nozione di interesse legittimo, utilizzata originariamente per contrassegnare situazioni sostanziali che non raggiungevano la soglia di tutela propria del diritto soggettivo, è tutt’oggi idonea anche a contrassegnare il nucleo di facoltà che, all’interno del diritto soggettivo, possono essere esercitate soltanto a seguito del positivo esercizio da parte della Pubblica Amministrazione del suo potere conformativo366.

In senso contrario all’azione tipica di accertamento, non appare risolutiva la tradizionale considerazione secondo cui il giudizio amministrativo è un giudizio sull’atto e non sul rapporto.

Tale affermazione riguarda il giudizio di annullamento – che presuppone che sia stato emanato un provvedimento di cui si contesta l’illegittimità – e non può, invece, assumere rilevanza nell’ambito di un giudizio che non mira all’eliminazione del

364 Vedi Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717, in Foro

amministrativo – C.d.S., 2009, pp. 478 e ss.

365 Vedi A. FORMICA, DIA e accertamento nel processo amministrativo, op. cit.,

pp. 575 e ss.

366 Vedi G. MANNUCCI, La necessità di una prospettiva obbligatoria per la

tutela del terzo nel modello della Dia, commento a Consiglio di Stato, sez. VI, 9

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provvedimento, ma vuole ottenere un accertamento giurisdizionale, di inesistenza dei presupposti della dichiarazione di inizio attività, al fine di sollecitare il successivo esercizio del potere amministrativo; in tale caso, mancando il provvedimento da scrutinare, l’oggetto del giudizio non può che essere il rapporto che, secondo il ricorrente, dovrebbe essere poi recepito nel successivo provvedimento repressivo367.

A favore dell’ammissibilità di un’azione atipica di accertamento gioca un ruolo decisivo anche l’art. 24 della Costituzione368.

Come noto, tale norma sancisce il diritto di azione per la tutela degli interessi legittimi in sé considerati, e dunque, indipendentemente dal problema dell’annullamento dell’atto amministrativo; è così costituzionalizzato il carattere strumentale del processo rispetto al diritto sostanziale, in linea con la formula secondo cui il processo deve dare, per quanto è praticamente possibile, a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello che egli ha diritto di conseguire.

Ne consegue che, anche per gli interessi legittimi, la garanzia costituzionale impone di riconoscere l’esperibilità dell’azione di accertamento autonomo di questa posizione sostanziale, almeno in tutti i casi in cui, mancando il provvedimento da impugnare, una simile azione risulti necessaria per la soddisfazione concreta della pretesa sostanziale del ricorrente.

Non può essere opposto a tale risultato il principio di tipicità delle azioni, in quanto uno dei corollari dell’effettività della tutela è

367 Vedi G. FONDERICO, La d.i.a. e la s.c.i.a.: ammessa l’azione di accertamento

ai fini cautelari, in Guida al Diritto - dossier, 2011, pp. 49 e ss.

368 Vedi F. TAKANEN, La dichiarazione di inizio attività e la tutela del terzo, op.

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anche il principio della atipicità delle forme di tutela, non diversamente da quello che accade nel processo civile.

Secondo il Consiglio di Stato (con la sentenza Sez. VI, n. 717/2009), sarebbe una tutela “non effettiva”369 quella che, sulla base di una aprioristica e indimostrata negazione dell’azione di accertamento, costringesse il terzo controinteressato rispetto all’attività edilizia iniziata sulla base della dichiarazione di inizio attività a presentare una istanza all’Amministrazione volta all’esercizio del c.d. potere di autotutela per poi ricorrere, in caso di mancata risposta, al giudizio contro il silenzio-rifiuto370.

Qualora il terzo consegua una pronuncia di accertamento della lesione della sua posizione giuridica, graverà sull’Amministrazione l’obbligo di ordinare la rimozione degli effetti della condotta posta in essere dal privato, sulla base dei presupposti che il giudice ha ritenuto mancanti371.

In altre parole, l’azione a disposizione del terzo avrebbe, pertanto, ad oggetto l’accertamento circa la sussistenza o meno dei presupposti per intraprendere l’attività in base a dichiarazione di inizio attività; in tal senso, il potere amministrativo rileva soltanto in sede d’esecuzione della sentenza quando l’Amministrazione è chiamata a conformarsi alla decisione tenendo conto delle prescrizioni impartite dal giudice nella motivazione della sentenza372.

369 Vedi S. VALAGUZZA, La DIA, l’inversione della natura degli interessi

legittimi e l’azione di accertamento come strumento di tutela del terzo, commento

a Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717, op. cit., pp. 1285 e ss.

370 Vedi A. GIUSTI, commento sub art. 19, Legge 7 agosto 1990, n. 241, in A.

BARTOLINI, S. FANTINI, G. FERRARI, Codice dell’azione amministrativa e

delle responsabilità annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, op. cit., pp.

480-481.

371 Vedi F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e

processuali, Tomo II, op. cit., pag. 1671.

372 Vedi Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 aprile 2010, n. 2139, in Giornale di diritto

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Per quanto concerne il potere che l’Amministrazione è chiamata ad esercitare successivamente alla sentenza che accerti la mancanza dei presupposti per intraprendere l’attività in base a dichiarazione di inizio attività, è stato chiarito che tale potere, in quanto volto a dare comando implicitamente a quanto contenuto nella sentenza di accertamento, deve essere esercitato a prescindere sia dalla scadenza del termine perentorio previsto dall’art. 19, legge n. 241/1990, per l’adozione dei provvedimenti inibitori-repressivi, sia dalla sussistenza dei presupposti dell’autotutela decisoria richiamati sempre dall’art. 19, legge n. 241/1990.

È stato, inoltre, precisato che non si tratta né di un potere di autotutela propriamente inteso – e che non richiede, quindi, alcuna valutazione sull’esistenza di un interesse pubblico attuale e concreto prevalente sull’interesse del privato – né del potere inibitorio tipizzato dall’art. 19, legge n. 241/1990 (per il quale è previsto il termine perentorio); si tratta, invece, di un potere che ha diversa natura e che trova il suo fondamento nell’effetto conformativo del giudicato amministrativo, da cui discende, appunto, il dovere per l’amministrazione di determinarsi tenendo conto delle prescrizioni impartite dal giudice nella motivazione della sentenza373.

Secondo la ricostruzione sopra esposta l’azione di accertamento rappresenta così lo strumento idoneo a garantire al terzo lo stesso grado di tutela che potrebbe ricevere ove l’attività fosse intrapresa in base al provvedimento.

Come ha, infatti, precisato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 717/2009, il terzo che si ritenga leso da un’attività svolta sulla base di una dichiarazione di inizio attività deve avere, in linea di principio, le stesse possibilità di tutela che avrebbe avuto a fronte

373 Vedi TAR Calabria, Reggio Calabria, 23 agosto 2010, n. 915, in

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di un provvedimento di autorizzazione rilasciato dalla Pubblica Amministrazione; viene, inoltre, ritenuto, sulla base del principio di effettività della tutela giurisdizionale, che la sostituzione del provvedimento espresso con la dichiarazione di inizio attività non può avere l’effetto di diminuire le possibilità di tutela giurisdizionale offerte al terzo controinteressato, costringendolo negli angusti limiti del giudizio contro il silenzio374.

Per completezza d’argomento appare utile riportare quanto esposto, da parte della dottrina, in relazione al riconoscimento, nel processo amministrativo, della tutela di mero accertamento.

Nell’individuazione dell’oggetto dell’azione nel concreto rapporto tra soggetto privato ed Amministrazione, si sostiene che la verifica del giudice debba necessariamente passare attraverso il potere e le sue forme d’esercizio al fine di individuare “se e come” il potere avrebbe dovuto essere esercitato per soddisfare la pretesa sostanziale del ricorrente.

A tal proposito, autorevole dottrina ha evidenziato che per superare i limiti di tutela del giudizio amministrativo di legittimità non pare che possa essere prospettata sul piano processuale altra soluzione se non quella dell’adozione di un’azione e di un giudizio diretti all’accertamento autonomo del rapporto amministrativo.

Un giudizio, cioè, che prescinda da una verifica in termini di antigiuridicità dell’inerzia amministrativa – totale o parziale che sia – e che – abbandonando definitivamente gli schemi concettuali tipici del giudizio d’annullamento – sia diretto tout court a fornire l’adattamento puntuale della astratta disciplina normativa al rapporto concreto; sia diretto, dunque, indipendentemente e al di là

374 Vedi E. SCOTTI, Denuncia d’inizio attività e processo amministrativo: verso

nuovi modelli di tutela?, commento a Consiglio di Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009,

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dell’annullamento dell’atto, ad accertare la fondatezza della pretesa di diritto sostanziale del ricorrente e il correlativo contenuto dell’obbligo di provvedere, salvi i margini della discrezionalità e delle valutazioni tecniche riservate375.

Con espresso riferimento alla tutela del terzo controinteressato nei confronti dell’attività oggetto di dichiarazione di inizio attività è stato rilevato che oggetto del sindacato giurisdizionale promosso dal terzo non può essere direttamente né la dichiarazione del privato, né gli effetti da essa prodotti, ma deve essere il potere amministrativo, nei limiti in cui la modalità del suo esercizio sia suscettibile di arrecare un pregiudizio ad esso, sia che si manifesti in forma provvedimentale, che come inerzia; comportamento, quest’ultimo, comunque legato alla funzione376.

6. L’iter logico argomentativo seguito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 29 luglio 2011, n. 15; i successivi interventi normativi e giurisprudenziali.

Con la sentenza n. 15 del 29 luglio 2011 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in ossequio al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, ha ammesso l’esperibilità di un’azione diretta a penetrare nel rapporto controverso e ad imporre all’Amministrazione il riesercizio del potere, predeterminando il contenuto del provvedimento da emanare377.

375 Vedi G. GRECO, Argomenti di diritto amministrativo, Volume II -Parte speciale - Letture, Giuffrè, Milano, 2013, pp. 281 e ss.

376 Vedi W. GIULIETTI, Attività privata e potere amministrativo. Il modello della

dichiarazione di inizio attività, op. cit., pp. 219 e ss.

377 Vedi R. GIOVAGNOLI, Il silenzio e la nuova SCIA. Obbligo di provvedere,

danno da ritardo e nuove forme di liberalizzazione e semplificazione, op. cit., pp.

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Nello specifico l’Adunanza Plenaria ha evidenziato che la segnalazione certificata di inizio attività è un atto di natura “privatistica”, che non dà luogo ad alcuna forma di silenzio-assenso378.

Si tratta di uno strumento di liberalizzazione dell’attività privata e non di una mera semplificazione procedimentale diretta a sostituire all’autorizzazione espressa il silenzio-assenso; ne consegue, così, che il terzo controinteressato non può proporre un’azione di annullamento della segnalazione certificata di inizio attività, non essendo ipotizzabile che il giudice amministrativo annulli l’atto di un privato379.

Va, in ogni caso, tenuto presente che è comunque presente un esercizio del potere provvedimentale, consistente nel potere inibitorio previsto dall’art. 19, legge n. 241/1990, che la Pubblica Amministrazione può esercitare per vietare la prosecuzione dell’attività ed ordinare la riduzione in pristino di quanto eventualmente già effettuato, ove ritenga non sussistano i presupposti per attivare la procedura basata sulla segnalazione certificata di inizio attività.

La tutela del terzo controinteressato viene così attuata attraverso un’azione diretta a contestare l’atto con cui la Pubblica Amministrazione decide di non esercitare tale potere inibitorio.

L’azione così descritta non è, soltanto, di annullamento dell’atto di diniego di esercizio del potere inibitorio, ma è, anche, di “accertamento” e di “adempimento”.

378 Vedi E. GIARDINO, La d.i.a. e la s.c.i.a. all’esame dell’Adunanza Plenaria, in

Giornale di diritto amministrativo, 2012, pp. 154 e ss.

379 Vedi E. ZAMPETTI, D.i.a. e s.c.i.a. dopo l’Adunanza Plenaria n. 15/11: la

difficile composizione del modello sostanziale con il modello processuale, in Diritto Amministrativo, 2011, pp. 809 e ss.

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“Accertamento” della sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere vincolato e doveroso di inibizione, e di “adempimento”, ossia di condanna all’emanazione di un provvedimento di inibizione dal contenuto necessariamente vincolato, una volta accertato che non sussistevano i presupposti per l’inizio dell’attività.

L’atto di diniego sopra citato potrà consistere o in un espresso provvedimento di diniego, oppure – è ciò costituisce prassi pressochè costante – in un provvedimento tacito che si forma per silenzio qualora la Pubblica Amministrazione lasci decorrere il termine perentorio senza adottare alcun provvedimento; sarà così più probabile che si assista ad un’ipotesi di silenzio diniego, ossia un silenzio significativo con valore provvedimentale di diniego380.

L’azione di accertamento va ritenuta ammissibile se si tiene conto del principio generale dell’effettività della tutela, che implica l’atipicità delle azioni proponibili381.

Inoltre, l’ammissibilità dell’azione di accertamento può essere ricavata indirettamente anche dall’art. 34, comma 2, del decreto legislativo n. 104/2010 (c.d. “Codice del processo amministrativo”), secondo cui “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati; salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’art. 30, comma 3, il giudice non può conoscere della legittimità degli atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l’azione di annullamento di cui all’art. 29”.

Il divieto così previsto non avrebbe, infatti, senso alcuno se non fosse riferito ad azioni di accertamento, dato che sono le uniche

380 Vedi E. ZAMPETTI, Diritti edificatori, permesso di costruire, d.i.a. e s.c.i.a.

negli interventi normativi del 2011, in Corriere del merito, 2012, pp. 5-8.

381 Vedi W. GIULIETTI, S.c.i.a.: un ventaglio di azioni si apre a tutelare il terzo.

Osservazioni alla sentenza n. 15 del 2011 dell’Adunanza Plenaria, 2011, in

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azioni che possono condurre ad una pronuncia che accerti il rapporto prima dell’esercizio del potere, e tenendo presente, inoltre, che le altre azioni previste dal Codice del processo amministrativo sono, per definizione, dirette a contestare l’intervenuto (od omesso) esercizio del potere amministrativo382.

La previsione secondo cui il giudice non può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi “non ancora esercitati” non è di ostacolo alla proponibilità dell’azione di accertamento prima della formazione del silenzio diniego.

Viene, così, fissata una condizione dell’azione, essendo sufficiente che essa venga a realizzarsi prima della decisione di merito, ancorchè non sussistente al momento della presentazione del ricorso.

Per quanto concerne il termine per l’esercizio dell’azione, vediamo che esso è fissato in sessanta giorni.

Come è stato osservato, la decorrenza del termine decadenziale, in materia edilizia, non può essere, di norma, fatta coincidere con la data in cui i lavori hanno avuto inizio, e si deve, invece, ritenere, che il termine inizia a decorrere quando la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell’opera e l’eventuale non conformità della stessa al titolo od alla disciplina urbanistica383.

382 Vedi R. GIOVAGNOLI, Il silenzio e la nuova SCIA. Obbligo di provvedere,

danno da ritardo e nuove forme di liberalizzazione e semplificazione, op. cit., pag.

170.

383 Ne consegue, pertanto, che in mancanza di altri ed inequivoci elementi

probatori, il termine per l’impugnazione decorre non con il mero inizio dei lavori, bensì con il loro completamento. Il completamento dei lavori viene considerato titolo idoneo a far presumere la data della piena conoscenza del titolo edilizio, salvo che venga fornita la prova di una conoscenza anticipata. Nel caso in cui, invece, la piena conoscenza della presentazione della segnalazione certificata di inizio attività avvenga in uno stadio anteriore al decorso del termine per l’esercizio del potere inibitorio, il dies a quo coinciderà con il decorso del termine per l’adozione delle doverose misure interdittive. Per maggiori approfondimenti sul

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Trascorso pochissimo tempo dalla pubblicazione della sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 15/2011, si è registrato, in materia, l’intervento del legislatore che, con il decreto legge n. 138/2011 (successivamente convertito, con modificazioni, nella legge n. 148/2011), ha aggiunto il comma 6-ter all’art. 19, legge n. 241/1990.

È stato così previsto che la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili e che gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104384.

Sul tema si registra la successiva sentenza che, oltre a contenere un’indicazione formale sui requisiti che deve avere la sollecitazione inviata dal privato alla Pubblica Amministrazione per l’esercizio dei poteri di verifica ai sensi dell’art. 19, legge n. 241/1990, rappresenta uno dei primi esempi di applicazione pratica del comma 6-ter dell’art. 19 citato, introdotto dal decreto legge n. 138/2011.

Nel caso specifico è stato evidenziato che quella indicata nell’art. 19, comma 6-ter, legge n. 241/1990, va considerata un’azione avverso il silenzio sui generis rispetto a quella di cui all’art. 31 c.p.a., perché intentata in assenza di un procedimento amministrativo rispetto al quale la Pubblica Amministrazione abbia, tema vedi: Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 dicembre 2010, n. 8705 in http://www.giustizia-amministrativa.it; Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 gennaio 2011, n. 18, in http://www.giustizia-amministrativa.it

384 Vedi G. TAGLIANETTI, La segnalazione certificata di inizio attività: la tutela

giurisdizionale dell’interesse qualificato e differenziato del terzo alla luce dell’art. 6 del d.l. n. 138/2011, commento a TAR Veneto, Sez. II, 8 marzo 2012, n. 298, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2012, pp. 407-424.

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ex lege, un obbligo di provvedere; il decorso del termine di legge di sessanta o trenta giorni per l’adozione di provvedimenti repressivi da parte della Pubblica Amministrazione non configurerebbe, infatti, la conclusione tacita o espressa di alcun procedimento amministrativo385.

Ne consegue, così, che l’obbligo di provvedere non nasce, quindi, dalla scadenza del termine per concludere un procedimento ai sensi dell’art. 2, legge n. 241/1990, ma dalla sollecitazione fatta dal privato all’esercizio dei poteri di verifica spettanti all’Amministrazione; sollecitazione che deve rispettare dei ben precisi requisiti di serietà, quali la forma scritta, l’indicazione, seppur in linea di massima, dei profili di illegittimità dell’intervento edilizio e la richiesta esplicita di esercizio del potere-dovere di verifica ed eventuale repressione386.

In altro intervento è stato chiarito che con la modifica legislativa consistente nell’aggiunta del comma 6-ter all’art. 19, legge n. 241/1990, il legislatore si è discostato, almeno in parte, dall’impostazione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 15/2011, e, ciò, nella parte in cui l’eventuale silenzio della stessa Amministrazione non può più configurare un’ipotesi di provvedimento tacito di diniego dell’adozione del provvedimento restrittivo; ne consegue, così, che il soggetto, terzo ed eventualmente 385 Nel caso specifico il TAR della Lombardia ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto dei presupposti ex art. 31, decreto legislativo n. 104/2010 e art. 19, comma 6-ter, legge n. 241/1990, con cui si chiedeva l’accertamento dell’obbligo del Comune di Milano di provvedere in merito ad una dichiarazione di inizio attività relativa ad un’operazione di ristrutturazione immobiliare, ritenuta illegittima dal ricorrente e la conseguente condanna dello stesso ad emanare un provvedimento sanzionatorio edilizio necessario a ripristinare la situazione di fatto precedente all’intervento abusivo.

386 Vedi TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 12 aprile 2012, n. 1075, con nota a commento di A. DOMINICI, S.C.I.A. e tutela del terzo: un’azione avverso il

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leso, non può impugnare un provvedimento che in realtà non è mai venuto materialmente in esistenza, essendo, com’è tutt’ora, obbligato a presentare un’apposita istanza finalizzata a sollecitare l’Amministrazione affinché questa stessa svolga un’ulteriore fase procedimentale e istruttoria.

Il terzo controinteressato potrà quindi validamente attivare il proponimento di un’istanza di provvedere e di un successivo, ed eventuale, ricorso avverso l’inerzia amministrativa e, ciò, ai sensi di quanto previsto dall’art. 31 del Codice del processo amministrativo.

Per il terzo che si reputa leso dalla presentazione della dichiarazione/segnalazione certificata di inizio attività è così possibile una sola modalità di tutela, vale a dire la sollecitazione all’esercizio delle verifiche spettanti all’Amministrazione e, in caso di inerzia di quest’ultima, la proposizione dell’azione prevista dall’art. 31 del decreto legislativo n. 104/2010, cioé l’azione contro il silenzio della Pubblica Amministrazione.

Ne consegue che, affinchè possa configurarsi il silenzio dell’Amministrazione, suscettibile di dare avvio all’azione disciplinata dall’art. 31 c.p.a., il terzo deve aver “sollecitato” l’Amministrazione ad esercitare i poteri di verifica ed eventualmente interdittivi387.

387 Vedi TAR Veneto, 16 gennaio 2013, n. 12, in

Riferimenti

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