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CAPITOLO 7 DESCRIZIONE GENERALITA’ E REALIZZAZIONE DELLE PROVE SPERIMENTALI

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 7

DESCRIZIONE GENERALITA’ E REALIZZAZIONE

DELLE PROVE SPERIMENTALI

7. 1Introduzione

Le prove sono state condotte utilizzando l’idrogeno come gas, anche se il materiale di nostro interesse, durante il suo utilizzo come materiale di prima parete e mantello triziogeno, è soggetto al flusso di suoi isotopi, come deuterio e trizio. Tuttavia è possibile mettere in relazione[28], secondo le masse, i valori dei parametri, ricavati nelle prove sperimentali. Per la diffusività vale, ad esempio, la seguente relazione:

D1/D2=(m2/m1)1/2 (9. 1)

E così generalmente per le altre grandezze, salvo alcuni casi(vedi ad esempio acciaio AISI 316 L) 7. 2PERMEAZIONI AD ALTA TEMPERATURA

figura7. 1Apparecchiatura per la realizzazione della prove di permeazione ad

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7. 2. 1Generalità

La prova di permeazione consiste nell’investire una superficie di un campione metallico(di piccolo spessore)con un flusso di idrogeno costante e a temperatura fissata. Il campo di temperature da noi fissato è tra i 300°c e i 600°c.

Si utilizza un provino di diametro pari a 45mm e di 1mm di spessore, precedentemente palladiato per non avere problemi di impedenza superficiale durante la prova. Esso poi viene montato e schiacciato tra due flangie con interposizione di due guarnizioni in rame, che aderiscono al disco grazie all’utilizzo di un collante resistente alle alte temperature(fino a 1000°c). Le due flangie col campione, poi, vengono inserita in una camera munita di camicia di riscaldamento atta a portare il sistema alle temperature desiderate.

L’esperimento prevede una pressione di 1 bar costante ad una superficie del disco, detta lato d’ingresso, ed una pressione nulla sull’altra faccia, detta lato d’uscita; così facendo si crea un gradiente di concentrazione che causa un flusso d’idrogeno lungo lo spessore del campione La prima superficie è collegata ad un generatore d’idrogeno ad 1 bar di pressione, l’altra faccia è lambita da una corrente d’Argon, gas inerte, che rimuove e convoglia l’idrogeno permeato verso il sensore, che ne percepisce la presenza e ne quantifica la consistenza attraverso un segnale elettrico in Ampere.

Si può accompagnare la lettura di tale descrizione con la figura 7. 2, ubicata nella pagina seguente. 7. 2. 2Caratteristiche del provino

Esso è un acciaio martensitico denominato F82H, la cui composizione[11]sotto riportata è:

C Si Mn P S Cu Ni Cr Mo V Nb B 0. 08 0. 11 0. 16 0.002 0. 002 0. 01 0. 02 7. 64-7. 71 0.003 0.16 0.0001 0. 0002 N Sol. Al Co Ti Ta W 0.006- 0. 008 0. 003 0.005 0.01 0. 02 1.94-1. 97 (%percentuali in peso)

7. 2. 3Obiettivi della prova

Lo scopo è quello di valutare il comportamento di tale acciaio, nei riguardi dell’idrogeno, alle alte temperature, cercando di simulare, mediante le condizioni operative dell’esperimento, gli ambienti e le situazioni in cui il nostro F82H può venirsi a trovare, ad esempio in reattori a fusione nucleare, quando sottoposto a saldature o a trattamenti termici.

In particolare l’esperienza ci permette di valutare la diffusività e l’assorbimento di idrogeno a tali temperature, alle quali questi fenomeni sono favoriti dalla maggiore facilità dell’idrogeno a dissociarsi in idrogeno monoatomico e permeare nella struttura reticolare dell’acciaio.

Otteniamo:

D:Diffusività dell’idrogeno nell’acciaio ad alte temperature

P:Permeabilità dell’idrogeno nell’acciaio in funzione della temperatura S:Solubilità dell’idrogeno nell’acciaio in funzione della temperatura

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7. 2. 4Conduzione della prova

Prima della permeazione occorre creare il vuoto al lato d’ingresso. A tal scopo utilizziamo una pompa rotativa EDWARDS a due tubi aspiratori, uno dei quali è collegato al tubicino che collega generatore d’idrogeno e lato d’ingresso. Prima che inizino le prove, però, bisogna portare il vuoto a livelli accettabili e, quindi, dal momento di accensione della pompa occorre aspettare almeno 7-8 ore prima di poter cominciare la permeazione. La pressione minima raggiunta è intorno ai 10

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mbar.

Quando la pompa è in azione un rubinetto chiuso evita il passaggio d’idrogeno, dopodiché, al momento dell’ inizio della prova, si chiude il rubinetto della rotativa e si da il via libera all’idrogeno verso il lato d’ingresso. In quest’istante comincia anche l’acquisizione dei dati al calcolatore. Terminata la prova di permeazione, ovvero quando la curva intensità di corrente-tempo diventa una linea orizzontale all’asse delle ascisse, si può effettuare una rilevazione della scarica d’idrogeno, ovvero di come il flusso d’idrogeno torna a zero, sempre in funzione del tempo. Ciò si realizza chiudendo il rubinetto dell’idrogeno e riaprendo la mandata della pompa.

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7. 2. 5Preparazione del provino

Il campione va lucidato, con opportune carte abrasive al carburo di silicio, (generalmente di tipo 1200, quindi non molto abrasive)su supporto planare, affinché esso conservi la geometria piana iniziale. Tale accorgimento è adottato perché alla messa in opera dell’esperimento il sistema guarnizioni e provino sia perfettamente a tenuta, in caso contrario si riscontrerebbero difficoltà nel mettere a vuoto il sistema con la pompa EDWARDS.

La lucidatura si rende, inoltre, necessaria per asportare ossidi superficiali che si sono prodotti durante sessioni di esperimento precedenti, date le alte temperature di prova, oppure per semplice contatto con l’aria, dato che il nostro acciaio non può certo definirsi inossidabile(il tenore di Cromo è sotto il valore di soglia).

Dopodiché il campione viene posto tra due guarnizioni di rame mediante giunzione con colla, resistente alle alte temperature, e posta ai bordi del campione allo scopo di non coprire troppo l’area di esposizione al flusso d’idrogeno, e ponendo attenzione a non scalfire troppo i bordi per i problemi di planarità detti sopra. A tal proposito va precisato che la scelta del rame, come materiale da guarnizione, è dettata dal fatto che essa è dotata di geometria cubica a facce centrate e, dunque, costituisce un ottima barriera per eventuali fughe di idrogeno dal campione.

La pulitura è poi completata da un trattamento in una vasca ad ultrasuoni, dove si pone un recipiente, contenente acetone, in cui è immerso il provino. Tale operazione ha una durata di cinque minuti.

A questo punto, prima dell’inizio della prova, il provino è soggetto a palladiatura, che può essere, ed è stata, condotta sia per via elettrochimica che in una camera sotto vuoto adibita a tale operazione. La seconda delle due possibilità ha portato a risultati maggiormente soddisfacenti. La palladiatura è disposta affinché sia limitata la formazione di scaglie di ossido che creano problemi di permeazione d’idrogeno, dando luogo a quel fenomeno denominato impedenza superficiale:

E’ bene evidenziare che alle temperature in uso la formazione di ossidi, come molti processi chimici, è maggiormente favorita da un punto di vista cinetico, oltre che termodinamico.

Ricordiamo, inoltre, che l’idrogeno inviato al campione deriva da un processo di elettrolisi di idrossido di potassio e, pertanto, reca in se impurezze corresponsabili del fenomeno dell’ossidazione.

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7. 3DESORBIMENTO TERMICO A TEMPERATURE PROGRAMMATE

figura7. 3spettrometro di massa

figura7. 4Schema dell’elaborazione del segnale con lo spettrometro

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L’esperienza del desorbimento termico a temperature programmate consiste nel degasaggio di un provino di acciaio, F82H e BATMAN nel nostro caso, precedentemente caricati con idrogeno, in una camera in cui viene praticato un vuoto molto spinto(fino all’ordine dei 10-6mbar) ed un riscaldamento a varie velocità, nel nostro caso avremo 2. 5, 5 e 10 gradi Kelvin al minuto.

L’idrogeno, inizialmente atomico e, poi, eventualmente, ricombinato nella forma biatomica o molecolare, liberato dal provino, durante l’ascesa termica, è convogliato in un sensore che percepisce e quantifica, ad ogni istante, la corrente di idrogeno pervenuta, ovvero lo SPETTROMETRO di massa quadrupolare QM 130 CS

Il sistema di analisi è formato da una cella di Knudsen, responsabile del riscaldamento controllato del campione, due apparecchiature per creare il vuoto spinto necessario, una pompa primaria, che traghetta la prova fino al raggiungimento di 1/100 di mbar, e una pompa turbo, da azionare successivamente, per portare la camera fino a 10-6mbar necessari alla conduzione della prova di desorbimento. Un sistema computerizzato, per l’analisi del segnale ricevuto, completa l’insieme. La cella di Knudsen ha i filamenti di riscaldamento in Tungsteno, mentre il crogiolo, sede dell’acciaio da analizzare, è in nitruro di boro pirolitico, materiale dotato di elevata conducibilità termica e capace di sopportare il condizionamento, in termini di pulizia, di gas residui ad alte temperature. La temperatura in crescita decreta, nelle fase iniziali della prova, un aumento della diffusione e, dunque, secondo la nota legge di Fick, il flusso di idrogeno trasmesso dal campione fino ad un valore massimo di picco nella curva del flusso in funzione della temperatura. Tale incremento si arresta e si converte in diminuzione quando la popolazione di H2 nel campione comincia a scarseggiare e, con essa, anche il gradiente dC/dX , altro termine concomitante all’entità del flusso rilasciato dall’acciaio[24].

L’idrogeno, che si libera durante la prova, è quello che a temperatura ambiente si trova nelle trappole, e non ha, dunque, un contenuto energetico sufficiente per abbandonare tali siti; con l’aumento della temperatura l’idrogeno, nella forma monoatomica quando intrappolato, acquista l’energia necessaria ad abbandonare le trappole ed eventualmente anche il campione.

7. 3. 2Caratteristiche dei provini

Il BATMAN è un acciaio martensitico appartenente alla stessa classe degli acciai dell’F82H, ovvero a bassa attivazione. La sua composizione di massima, ricavata da dati ENEA, è:

BATMAN C Si Mn P S Cu Ni Cr Mo V Nb B 0. 1 0. 39 3. 81 0.006 0. 002 0. 0048 0. 02 9. 27 0. 01 0. 2 0. 002 0. 0064 N Al Co Ti Ta W 300 wppm 0. 008 0. 01 0. 29 - 1. 53 (%percentuali in peso)

Come è visibile dalla composizione, la realizzazione di tale acciaio costituisce un primo”sforzo” verso la realizzazione di materiali a più bassi tenori di Mo e Nb, che come è stato detto in precedenza, richiedono tempi decisamente più lunghi per il loro decadimento radioattivo. Tuttavia questi valori sono ancora abbastanza alti rispetto a quelli contenuti nell’acciaio F82H.

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7. 3. 3Conduzione della prova

Idrogenazione elettrochimica a temperatura ambiente

Innanzitutto occorre caricare di idrogeno il provino. Tale pratica è adempiuta mediante cella elettrochimica galvanostatica, ovvero a corrente fissata, con elettrodo di platino, una lastra piana con estremità filiformi, per il successivo aggancio con morsetti, piegata per essere inserita nella cella, sede della semireazione anodica, e un elettrodo costituito dal cilindro di F82H, sede della reazione catodica con sviluppo di idrogeno alla superficie;

REAZIONE CATODICA(alla superficie del campione)

2H++2e-=H2

REAZIONE ANODICA(all’elettrodo di platino)

4OH-=2O2+H2O+ 4e-

Per una reazione complessiva:

H

2

O= H

2

+1/2O

2

(elettrolisi dell’acqua)

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L’idrogeno molecolare, dopo adsorbimento sulla superficie metallica è, poi, soggetto ad equilibrio di assorbimento, secondo la reazione[20]:

H2(gas)=2H(disciolto)

Dal quale è ricavabile, mediante correlazione di Sievert:

CH=Ks*(PH2)1/2

Ovvero la concentrazione di idrogeno incamerato nel provino. Tale equilibrio è in conflitto con la reazione di ricombinazione molecolare, che porterebbe via dell’idrogeno al campione:

2H(adsorbito)= H2(gas)

Il contrasto tra queste due reazioni determina la quantità di idrogeno che entra nel campione e, pertanto, allo scopo di favorire tale ingresso, disperdiamo nella soluzione di idrogenazione un veleno di ricombinazione, ovvero la Thiurea a concentrazione 10 ml/l. L’idrogeno permeato, allora, andrà ad occupare siti interstiziali e, soprattutto, date le temperatura di esecuzione del processo, siti di intrappolamento. La densità di corrente utilizzata inizialmente era stata di 10mA/cm2. Tale valore è stato, poi, continuamente ritoccato verso l’alto, data la presenza di picchi a modesta entità, fino a toccare i 50mA/cm2. La corrente, da impostare sul Galvanostato, è stata semplicemente valutata moltiplicando la densità di corrente per l’area superficiale del campione usato , e la soluzione per idrogenare il provino è acqua distillata 0, 1N di H2SO4, deareata con Argon, allo scopo di limitare la

presenza di ossigeno, che potrebbe invertire il verso della reazione anodica all’elettrodo di Platino. Tuttavia anche la potenza acida della soluzione è stata oggetto di variazioni, andando a raggiungere entità pari a 1N. Inoltre abbiamo tentato anche con soluzioni alcaline di NaOH, senza raggiungere, tuttavia, risultati soddisfacenti. Il tempo per la conduzione di questa pratica è stato altrettanto variabile dalle 2 fine alle 12 ore di conduzione. Infine c’è da dire che anche il tipo di veleno di ricombinazione ha subito diverse variazioni, sia nella tipologia(sono stati utilizzati, oltre la Thiurea, anche l’As2O3, ed il CS2), che nei dosaggi. E’ riepilogato il tutto con una tabella riassuntiva:

Tipo di soluzione e concentrazione Densità di corrente(mA/cm2) Veleno di ricombinazione e dosaggio Tempo di idrogenazione(ore) H2SO4(0, 1N) 1 Thiurea(1gr/l) 3-4 H2SO4(0, 1N) 30 Thiurea(1gr/l) 3-4 H2SO4(0, 1N) 50 Thiurea(1gr/l) Fino a 6 NaOH(0, 1N) 10 As2O3(10ml/l) Oltre 11 H2SO4(1N) 10 As2O3(5mg/l) Oltre 11 H2SO4(1N) 25 CS2(0, 1ml/l) Oltre 11 H2SO4(1N) 50 CS2(0, 1ml/l) Oltre 11

Sono state cercate anche soluzioni alternative di idrogenazione che limitassero maggiormente il contatto tra aria e campione, ovvero camere chiuse costituite, tra l’altro, da elettrodi di platino immersi in soluzioni, isolate dal resto della cella d’idrogenazione, da un setto poroso che ha lo scopo di contrastare il passaggio di ossigeno. Non si sono osservate, però, significative variazioni. Altro fattore che ha destato notevoli incertezze sull’effettuazione della prova è stato, senza dubbio, il modo in cui il provino era sospeso nella camera di idrogenazione. Inizialmente erano stati utilizzati dei semplici fili di Nickel o ferro zincato, che tuttavia non riuscivano resistere molto a

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lungo in tali ambienti acidi. Allora si è passati all’utilizzo di fili di platino, ma al termine dell’idrogenazione il campione si presentavo con ossidi superficiali scuri, probabilmente derivanti dall’accoppiamento galvanico tra metalli a differente nobiltà pratica. Allora si è ricorso, poi, all’utilizzo di un morsetto, legato al filo(che poi si collega al galvonostato), e ricoperto di silicone rosso, in modo da lasciare il solo provini esposto alla soluzione idrogenante.

Prima di essere soggetto a tali pratiche, il provino subisce una blanda lucidatura, a mano, con carte abrasive al carburo di silicio(specificare il numero) e successiva pulitura in una cella a ultrasuoni, come si vedeva anche per la prova di permeazione. Il campione, ad esaurimento del tempo di idrogenazione, dopo pesatura, è posto nel crogiolo dello spettrometro e sottoposto, finalmente, a desorbimento termico. La pesatura serve a determinare l’intensità del picco come valore assoluto, in quanto l’idrogeno liberato sarà anche funzione della capienza e, quindi, del peso del provino. Idrogenazione elettrochimica a 90°C

Tale soluzione è stata adottata per favorire il passaggio di idrogeno nel campione, decisamente favorita a più alte temperature rispetto a quella ambiente, pur dovendo fare i conti con problemi di corrosione derivanti dalla soluzione idrogenante in questi campi di temperature.

La soluzione, portata alla temperatura di 90°C, è contenuta in una beuta chiusa, il cui unico contatto con l’esterno è costituito da una cannula alta, destinata ad accogliere la soluzione qualora essa dovesse raggiungere turbolenze elevate. L’anodo di platino, in essa contenuta, è costituito da una fascia posta in maniera elicoidale all’interno della beuta.

La soluzione contiene H2SO4 1N, e come veleno di ricombinazione l’arsenito di sodio(NaAsO2)in

quantità pari a 0, 5 gr/l, portate poi a 1 gr/l successivamente per cercare di incrementare la potenza idrogenante.

Questo tipo di idrogenazione è stata assunta dal lavoro di Yu. Jagodzinski[11], e suoi collaboratori, e garantisce un tenore di idrogeno intorno ai 5 ppm, dopo un periodo di 2 ore, utilizzato durante la prova.

Nella figura successiva si può osservare uno schema della cella d’idrogenazione usata.

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fig7. 6Idrogenazione elettrochimica con beuta chiusa a 90°C

Idrogenazione gassosa ad alte temperature

L’idrogenazione gassosa ad alte temperature è condotta allo scopo di imbarcare maggiori quantità di idrogeno all’interno del campione, dato il noto aumento di solubilità di esso negli acciai al crescere della temperatura. Tale pratica è eseguita inserendo il campione in un piccolo forno, dove è generato il calore necessario al raggiungimento delle alte temperature(generalmente al di sopra dei 400°C)e dove è raggiunto da una corrente di idrogeno, prodotto in un generatore ivi ubicato.

Prima dell’esecuzione dell’idrogenazione occorre deareare l’ambiente, che accoglierà il campione, per evitare che l’idrogeno si mischi all’aria, col rischio di formazioni di ossidi superficiali, ostacolo al regolare ingresso dell’idrogeno all’interno del provino stesso. Tale scopo è raggiunto investendo la camera, e le tubature in vetro ad essa collegate, con un opportuno flusso d’Argon. Sempre per evitare la formazione di ossidi, i provini vengono sottoposti preventivamente a operazioni di palladiatura, con la tecnica dello sputtering, o di nichelatura, in un bagno electroless, dove non avvengono fenomeni elettrochimici.

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Figura

figura 7. 5Cella d’idrogenazione a temperatura ambiente

Riferimenti

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