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Le strategie comunicative di Cosa nostra: una ricerca empirica

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Academic year: 2021

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Giuseppe Mannino, Serena Giunta, Serena Buccafusca, Giusy Cannizzaro, Girolamo Lo Verso

Narrare i gruppi

Etnografia dell’interazione quotidiana

Prospettive cliniche e sociali, vol. 9, n° 1 - 2, Aprile 2014

ISSN: 2281-8960

Rivista semestrale pubblicata on-line dal 2006 - website: www.narrareigruppi.it

Titolo completo dell’articolo

Le strategie comunicative di Cosa Nostra: una ricerca empirica

Autore Ente di appartenenza

Giuseppe Mannino Università LUMSA di Roma Serena Giunta Università degli studi di Palermo Serena Buccafusca Università degli studi di Palermo Giusy Cannizzaro Università degli studi di Palermo Girolamo Lo Verso Università degli studi di Palermo

To cite this article:

Mannino G., Giunta S., Buccafusca S., Cannizzaro G., Lo Verso G., (2014), Le strategie comunicative di Cosa

Nostra: una ricerca empirica, in Narrare i Gruppi, vol. 9, n° 1-2, Aprile 2014, pp. 35-53 - website:

www.narrareigruppi.it

Questo articolo può essere utilizzato per la ricerca, l'insegnamento e lo studio privato.

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gruppi nel sociale

Le strategie comunicative di Cosa nostra: una ricerca empirica

Giuseppe Mannino, Serena Giunta, Serena Buccafusca, Giusy Cannizzaro, Girolamo Lo Verso

Riassunto

Il seguente articolo propone uno studio empirico, di tipo esplorativo, sulle strategie di comunicazione di Cosa Nostra. Gli studi psicologi sulle caratteristiche che il linguaggio assume all’interno di questa organizzazione criminale sono relativamente recenti, ma fondamentali per approfondire le caratteristiche della comunicazione implicita ed esplicita che essa adotta nei vari contesti entro cui opera e per comprendere il potere e il valore che esse assumono. I dati rilevati, provenienti da alcuni video relativi a interviste e interrogatori a uomini d’onore, sono stati analizzati, in questo lavoro, attraverso un metodo che si rifà ai fondamenti della ricerca qualitativa in psicologia clinica, la Grounded Theory. L’analisi effettuata e i relativi risultati ci pon- gono di fronte ad un mondo, quello mafioso, dove la cura per le scelte linguistiche, tanto di forma quanto di contenuto, si caratterizza come un’attività cruciale, anche quando la parola lascia il posto al silenzio o alla gestualità.

Parole chiave: mafia, linguaggio, ricerca clinica nel sociale

Communication strategies in cosa nostra: an empirical research

Abstract

The following article proposes an empirical study to explore communication strategies in Cosa Nostra. Psychological studies on the characteristics of the language used within the criminal organization are undoubtedly recent, but crucial to thoroughly understand the charac- teristics of the implicit and explicit communication it adopts in the various contexts it works, as well as the power and value they assume. The data we have obtained from some videos con- cerning interviews and police interrogations to men of honor have been analyzed through a method which refers to the grounds of qualitative research in clinical psychology, the Grounded Theory (Glaser, Strauss; 1967). The analysis we have carried out and its relevant data show us a world of Mafia where the care for linguistic choices, for both form and contents, is characte- rized as a crucial activity, even when words are replaced by silence or gestures.

Keywords: Mafia, language, clinical research in the social field

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1. Introduzione

Il presente lavoro muove dagli studi condotti negli ultimi vent’anni sulla psico- logia del fenomeno mafioso (Lo Verso, 1998; 2008; 2013; Giunta, Licari, Lo Verso, 2004; Giunta, Giordano, Giunta, Lo Verso, 2011; Lo Verso, 2012; Lo Verso, La Bar- bera, Cannizzaro, 2013) e si focalizza, nello specifico, sulle strategie di comunicazione implicite ed esplicite adottate dall’organizzazione criminale Cosa Nostra.

La letteratura sull’argomento ci consente di comprendere il forte potere della comuni- cazione all’interno di Cosa Nostra e gli effetti destabilizzanti che la nascita del feno- meno dei collaboratori di giustizia (Lo Verso, Lo Coco, 2003; Lo Verso, Lo Coco, Mi- stretta, Zizzo, 2005) ha avuto su di essa, attraverso il disvelamento di una ‘parola’ che è stata proferita all’esterno dell’associazione mafiosa e non al suo interno. La nostra ricerca è stata possibile, difatti, anche grazie alle acquisizioni avute a seguito dei conti- nui cambiamenti a cui è andata in contro la mafia e soprattutto al fenomeno dei colla- boratori che ci ha dato modo di ascoltare queste voci, provenienti ‘dall’interno dell’organizzazione’.

Il punto di partenza di questo lavoro è costituito dall’idea che il ruolo del linguaggio e degli aspetti comunicativi in Cosa Nostra è ben più centrale di quanto solitamente non si creda. L’attività di Cosa Nostra, difatti, si intreccia in modo costante con le pratiche e le questioni linguistiche, molto di più di quanto i luoghi comuni vorrebbero farci credere; è a partire dalla convinzione errata che per i mafiosi la ‘parola migliore e quel- la che non si dice’ che si vuole sottolineare, invece, che anche il silenzio è interno alla lingua, che esso è comunicazione, che l’omertà è sempre una scelta linguistica e che,

‘anche il non detto dice’.

Il vertice teorico d’osservazione che incornicia e sostiene concettualmente il lavoro è quello gruppoanalitico soggettuale (Lo Verso, 1994; Lo Verso, Di Blasi, 2011), indi- spensabile per lo studio del pensiero mafioso poiché consente di integrare e saldare insieme dimensione antropologica e intrapsichica in un dispositivo complesso, neces- sario per lo studio della matrice di pensiero inconscia che sostiene psichicamente una realtà criminale come Cosa Nostra, in modo invasivo e parassitario, storicizzata e radi- cata nel territorio siciliano, e non solo. La psicologia del fenomeno mafioso ci presenta Cosa Nostra come molto più di una semplice forma organizzativa o di una rete di or- ganizzazioni sociali che si fonda su un apparato di regole e consuetudini, essa è anche messa in atto di un multi sfaccettato sistema di comunicazione che si compone di se- gni, di scambi linguistici, di messaggi in codice, di sistemi simbolici e reti informative che ne costituiscono la propria linfa vitale.

All’interno di Cosa Nostra il linguaggio come strumento di comunicazione segreta si realizza spesso in maniera dinamica, nel senso che le espressioni utilizzate non vengo- no quasi mai codificate rigidamente a priori attribuendo esplicitamente a dei termini o a delle espressioni dei significati; piuttosto è come se gli uomini di Cosa Nostra fosse- ro a conoscenza di regole generali per la produzione di alcune espressioni verbali che ne consentono la comprensione senza essere scoperti dalle forze dell’ordine o da altri membri esterni.

La scelta di attenzionare quanto e come viene riferito dai soggetti della ricerca, uomini di spicco di Cosa Nostra, nasce dalla volontà di ascoltare delle voci che provengano

‘dal di dentro’ di questa organizzazione, per meglio cogliere gli elementi verbali e non,

di cui queste persone sono spesso in possesso ‘naturalmente’; ovviamente le storie che

hanno spinto questi soggetti a far parte della mafia sono diverse, tuttavia ciò che li lega

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è la condivisione di una matrice di pensiero rigida come quella mafiosa (Giunta, Lo Verso, Mannino, 2013). La dimensione comunicativa in Cosa nostra.

Studiare il linguaggio della mafia significa intraprendere un viaggio all’interno degli schemi mentali e delle cornici culturali che sorreggono una specifica strategia comuni- cativa come ‘strumento di governo’ che ha avuto e ha tuttora nel funzionamento pra- tico dell’organizzazione mafiosa un’importanza centrale. Significa studiare l’organizzazione mentale, la saturazione del mentale, la cultura e dunque l’anima del collettivo che genera lo psichismo mafioso, (Mannino 2013), e la trasmissione valoriale che perpetua nelle generazioni lo stile mentale (Mannino 2012).

Le espressioni utilizzate all’interno di Cosa Nostra non vengono quasi mai codificate rigidamente a priori, il linguaggio come strumento di comunicazione segreta si realizza spesso in maniera dinamica, la sensazione è quella che questi uomini non si rifacciano ad un codice ben preciso ma piuttosto a regole espressive che incorniciano e fanno da veicolo di espressione/comprensione delle loro comunicazioni.

Lo scenario è quello di un linguaggio implicito, ricco di simbolismi e caratterizzato da una forte obliquità semantica (Di Piazza, 2010): i termini non diretti e non trasparenti, lasciano intravedere significati, senza mai mostrarli chiaramente, quindi semanticamen- te obliqui, il linguaggio diviene metaforico, fortemente allusivo e mai esplicito.

Dentro questa dimensione il linguaggio non è un semplice mezzo per trasferire infor- mazioni, ma qualcosa che và oltre sino a influenzare fortemente la costituzione dell’identità poiché utilizzato quale strumento di identificazione di gruppo: è anche at- traverso le scelte linguistiche che l’’io’ del mafioso diventa un ‘noi’ con cui il singolo si identifica e viene riconosciuto all’interno dell’organizzazione come membro.

Questo tipo di comunicazione nasce anche in virtù della necessità di mettere a punto forme di comunicazione e modalità di interazione diverse da quelle ordinarie, che con- sentissero di coniugare le esigenze della segretezza con il necessario controllo e scam- bio comunicativo, in cui la comunicazione scritta e verbale fosse ridotta al minimo e quella simbolico - significativa dei gesti, degli sguardi, del non detto, esaltata.

Il messaggio è caratterizzato da un elevato grado ‘di esoterismo’ comunicativo che consente di esprimere valenze diverse a seconda del target da raggiungere e del conte- sto nel quale viene proferito.

In linea generale gli studi sul fenomeno ci consentono di affermare che all’interno dell’organizzazione esistono due regole fondamentali e prettamente linguistiche: la re- gola dell’omertà e quella della verità; queste si intrecciano tra loro e costituiscono le due facce della stessa medaglia relative agli aspetti comunicativi di Cosa Nostra, all’interno della quale o si tace o si dice la verità.

Il silenzio, infatti, per Cosa Nostra costituisce un valore vitale; un atteggiamento omer- toso è sinonimo di serietà consona all’uomo d’onore, di contro trasgredire la regola dell’omertà implica la negazione stessa dell’essere mafioso, difatti “la dissociazione […] si consuma proprio attraverso la parola” (Dino, 2006).

La scelta del silenzio non nasce dalla scarsa rilevanza della parola per questa organiz-

zazione, bensì da una scelta tutta linguistica che le da molta importanza; ciò si intreccia

con la seconda regola menzionata quella definita della ‘verità’, poiché per i mafiosi

l’alternativa della parola non detta è la parola vera.

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2. Obiettivi

Il principale obiettivo di questo contributo di ricerca è quello di indagare la profonda valenza comunicativa che accompagna quasi la totalità delle manifestazioni dell’organizzazione criminale, inserite all’interno di una specifica tradizione culturale, quella siciliana, in dialogo costante con il mondo circostante dal quale recepisce in- fluenze e sollecitazioni.

Gli obiettivi specifici della ricerca sono:

• analizzare il contenuto dei discorsi, estrapolati da alcuni video relativi ad in- terviste e interrogatori di noti uomini di Cosa Nostra;

• analizzare le diverse forme di comunicazione di cui Cosa Nostra si serve;

• esaminare le peculiarità linguistiche di queste forme di comunicazione;

• analizzare le differenze di comportamento (sempre dal punto di vista comuni- cativo) di chi collabora e chi no.

3. Metodologia

Il presente lavoro si ispira ai fondamenti della ricerca qualitativa in Psicologia clinica. Nello specifico, per effettuare uno studio sulle strategie di comunicazione e sulle caratteristiche del linguaggio verbale e non verbale di Cosa Nostra si è scelto di analizzare alcuni video relativi a uomini di spicco dell’organizzazione (alcuni dei quali collaboratori di giustizia) e riguardanti interviste rilasciate a giornalisti e/o interrogatori di indagini giudiziarie che coinvolgevano questi soggetti. Il contenuto di ciascun video è stato sottoposto a procedura di sbobinatura eseguita secondo le regole standardizza- te di trascrizione delle sedute di psicoterapia di Mergenthaler (1992); tali regole sono complete e semplici e permettono così una comprensione universale del testo trascrit- to favorendo la ricerca e la fruibilità dei dati da parte della comunità scientifica. I tra- scritti sono stati sottoposti ad analisi utilizzando il metodo della Grounded Theory (Gla- ser, Strauss, 1967). Nello specifico questi sono stati siglati da tre giudici indipendenti.

Il riferimento epistemico-metodologico di questo lavoro è legato al principio di inter- soggettività, garantito dal confronto-comparazione del lavoro fra i giudici indipenden- ti. Vista la complessità delle narrazioni e dei temi estrapolati dalla siglatura dei trascritti si è fatto ricorso alla visualizzazione delle aree tematiche che emergevano dalle diverse interviste/interrogatori, attraverso le mappe tematico-concettuali. Queste mappe sono state costruite seguendo un modello ad organigramma ipertestuale che permette di de- clinare i vari argomenti secondo un percorso coerente di significazione. Inoltre, mette il lettore nella condizione di visualizzare oltre al contenuto, anche le caratteristiche del- lo stile comunicativo di questi soggetti (linguaggio non verbale, caratteristiche dell’eloquio, atteggiamento nei confronti dell’interlocutore, etc) e sono state create del- le griglie di valutazione dei video (Giunta, Buccafusca, 2011).

La scelta di adottare come metodo di riferimento la Grounded Theory è profondamente

legata all’obiettivo di questa ricerca, la cui finalità prevalente è quella esplorativa e non

di conferma o disconferma dei dati; difatti secondo la Grounded Theory, osservazione ed

elaborazione teorica procedono di pari passo, in una interazione continua, in cui il ri-

cercatore scopre la teoria nel corso della ricerca empirica, ignorando preferibilmente la

pre-esistente letteratura sull’argomento, in modo tale da non esserne condizionato;

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l’accento in questa tecnica viene posto, quindi, sui dati, piuttosto che sulle teorie, le qua- li derivano direttamente dall’analisi dei dati, che sono locali e contestuali.

4. I soggetti della ricerca

I protagonisti di questa ricerca sono mafiosi di spicco, alcuni dei quali collabo- ratori di giustizia. Nello specifico sono stati presi in esame i video riguardanti interro- gatori relativi alle varie inchieste giudiziarie ed interviste dei seguenti uomini di cosa nostra: Leonardo Vitale, Tommaso Buscetta, Salvatore Riina, Giovanni Brusca, Ber- nardo Provenzano.

Leonardo Vitale (Palermo, 1941- Palermo 1984) può essere considerato, a tutti gli ef- fetti, uno dei primi collaboratori di giustizia che non essendo creduto dalle istituzioni fu dichiarato ‘pazzo’ e rinchiuso in un manicomio criminale. Seppur la sua testimo- nianza non arrecò alcun danno a Cosa Nostra l’organizzazione lo uccise dopo molti anni quando uscito dal manicomio pagò per avere infranto la regola del silenzio.

Tommaso Buscetta detto anche ‘il boss dei due mondi’ (Palermo, 1928 - New York , 2000). È stato un esponente di massimo rilievo all’interno di Cosa Nostra. Successi- vamente arrestato, collaboratore di giustizia durante le inchieste coordinate dal magi- strato Giovanni Falcone le sue rivelazioni furono storiche perché permisero una rico- struzione giudiziaria dell’organizzazione e della struttura di Cosa Nostra.

Salvatore Riina, meglio conosciuto come Totò (Corleone, 1930, provincia di Palermo), è stato considerato il capo di Cosa Nostra dal 1982 fino al suo arresto, avvenuto il 15 Gennaio 1993. Viene indicato anche con il soprannome ‘La Belva’, adottato per indi- care la sua ferocia sanguinaria è attualmente sottoposto al regime di carcere duro. È stato condannato a 12 ergastoli e si è sempre rifiutato di collaborare.

Giovanni Brusca, noto per la ferocia del suo agire criminale (San Giuseppe, 1957, provincia di Palermo) è stato membro di Cosa Nostra e attuale collaboratore di giusti- zia, condannato per oltre un centinaio di omicidi, tra cui quello tristemente celebre del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un collaboratore, strangolato e sciolto nell’acido.

Bernardo Provenzano, conosciuto per la violenza con cui falciava le vite dei suoi ne- mici (Corleone, 1933, provincia di Palermo ), è un membro di Cosa Nostra e conside- rato il capo dell’organizzazione a partire dal 1995 fino al suo arresto avvenuto nel 2006 a Corleone in una masseria dopo una latitanza record di 43 anni.

5. Griglie di valutazione video

All’interno di questo lavoro le griglie di valutazione sono state create (Buccafu- sca, Giunta; 2011) per meglio indagare il nostro oggetto di studio e per rendere più chiara la lettura dei dati e del materiale da analizzare.

In queste griglie sono presenti specifici elementi di osservazione che mettono in evi-

denza alcune caratteristiche dello stile comunicativo dei mafiosi presi in esame.

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Nello specifico le griglie si riferiscono a:

provenienza del video e sue caratteristiche;

descrizione del soggetto. Le sue generalità, quali nome, cognome, sesso, luogo e data di nascita, istruzione. Queste informazioni favoriscono una migliore colloca- zione del soggetto sia rispetto al contesto storico mafioso e di provenienza perso- nale, sia di venire a conoscenza dell’età anagrafica che molto dice sul modo di sen- tire, vivere e collocarsi all’interno dell’organizzazione. L’istruzione nello specifico permette di comprendere se il linguaggio utilizzato è frutto solamente dell’adesione ad una specifico sistema criminale o sia anche il frutto di carenze le- gate a livello scolastico posseduto;

situazione penale del protagonista. La lettura di questa griglia permette di com- prendere se il soggetto del filmato analizzato è un collaboratore, se è una persona sottoposta al regime carcerario e se è attualmente in vita. Attraverso queste infor- mazioni si ha la possibilità di osservare come appare il linguaggio in chi decide di collaborare e chi invece si astiene dal fare questa scelta;

tipologia del linguaggio utilizzato;

atteggiamento del soggetto.

Di seguito si riportano soltanto le griglie A e B per necessità esplicativa, poiché queste ci aiutano a comprendere quanto verrà affermato relativamente ai risultati del lavoro.

Le griglie prese in considerazione tengono conto della presenza/assenza delle catego- rie prese in esame e delle caratteristiche più salienti.

A) Tipologia di linguaggio utilizzato

Categoria Elementi di osservazione

Linguaggio verbale

Presenza o assenza di fluidità di linguaggio Presenza o assenza di espressioni dialettali Presenza di errori nell’esposizione Frasi allusive

Gestualità

Atteggiamento corporeo

La griglia A indaga la tipologia di linguaggio che il soggetto in esame utilizza (linguag- gio verbale, non verbale, ecc) e le modalità comunicative prevalenti.

L’osservazione di questo aspetto presuppone, quindi, uno sguardo a trecentosessanta gradi rispetto alla comunicazione utilizzata nei video.

B) Atteggiamento del soggetto

Categoria Elementi di osservazione

Sicurezza nell’esposizione

Cambiamento di atteggiamento durante l’esposizione Presenza di pause durante l’esposizione

Atteggiamento disteso o irritato durante l’eloquio

L’utilizzo della griglia sopra riportata permette di evidenziare l’atteggiamento del sog-

getto durante l’esposizione. L’osservazione di questo aspetto permette di rilevare alcu-

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ni fattori salienti come: la sicurezza che il mafioso (collaboratore e non) mostra duran- te l’esposizione dei fatti, l’emotività che traspare dalle sue parole (il soggetto appare disteso o irritato durante l’eloquio), le mutazioni di atteggiamento che si verificano in seguito a precise tematiche o domande, la presenza di pause durante l’eloquio, che può essere connessa a molteplici fattori.

6. Casy Study: video di Leonardo Vitale, Tommaso Buscetta, Salvatore Riina, Giovanni Brusca, Bernardo Provenzano

Di seguito vengono riportate le griglie relative alla tipologia del linguaggio e all’atteggiamento compilate per ciascun soggetto

1˚ Casy Study : Leonardo Vitale

Nello studio di questo caso sono stati presi in considerazione due video. Nel primo (1980) Vitale è all’aperto e rilascia un intervista alla presenza di due carabinieri mentre nel secondo (1983) si trova in una stanza con l’intervistatore.

A) Tipologia di linguaggio utilizzato

Categoria Elementi di osservazione

Linguaggio verbale Presente

Presenza o assenza di fluidità di linguaggio Linguaggio poco fluido, con pause e tar- tagliamenti

Presenza o assenza di espressioni dialettali Assente Presenza di errori nell’esposizione Presente

Frasi allusive Presente

Gestualità Presente

Atteggiamento corporeo Varia a seconda della tematica trattata I video presi in esame in questo caso sono due a distanza di 3 anni l’uno dall’altro.

L’atteggiamento del soggetto tra un video e l’altro è profondamente diverso; nella prima intervista Vitale appare molto turbato, mostra nel corpo e nelle parole un atteg- giamento quasi di chiusura, di diffidenza rispetto all’intervistatore e alle domande che gli vengono poste, fa molte pause durante l’esposizione verbale, fuma in maniera ner- vosa e non rispondendo ad alcune domande resta con la testa china.

Nella seconda intervista appare, invece, più disteso e più disposto al dialogo, in alcuni casi accenna un sorriso (cosa che non avviene nel video precedente), ma cambia sen- sibilmente tono e postura fisica a seconda di ciò che descrive e di cosa gli viene chie- sto.

L’eloquio presenta le caratteristiche descritte per il video precedente, non si rilevano tuttavia gli stessi toni di rabbia.

B) Atteggiamento del soggetto

Categoria Elementi di osservazione

Sicurezza nell’esposizione Assente nel primo video, Presente nel se-

condo

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Cambiamento di atteggiamento durante l’esposizione

Presente Presenza di pause durante l’esposizione Presente Atteggiamento disteso o irritato durante

l’eloquio

Sono presenti entrambi gli atteggiamenti e collegati al tema che viene affrontato du- rante l’intervista

L’atteggiamento di Vitale cambia sensibilmente da un’intervista all’altra e ciò accade anche rispetto alla tematica a cui la domanda dell’intervistatore fa riferimento.

Nella prima intervista appare profondamente insicuro, se risponde si guarda intorno, da sempre le spalle alla videocamera e, a seconda della domanda che gli viene posta gira lo guardo, quasi come a voler controllare l’eventuale presenza di terze persone.

Nella seconda intervista appare meno turbato, un po’ più sicuro nell’eloquio, tuttavia resta la variazione dell’umore e dell’atteggiamento corporeo conseguente alla domanda che l’intervistatore gli pone.

2˚ Casy Study: Tommaso Buscetta

Anche per Tommaso Buscetta sono stati presi in esame due video uno relativo a un intervista in carcere, l’altro inerente un interrogatorio in tribunale

A) Tipologia di linguaggio utilizzato

Categoria Elementi di osservazione

Linguaggio verbale Presente

Presenza o assenza di fluidità di linguaggio Presente Presenza o assenza di espressioni dialettali Presente Presenza di errori nell’esposizione Presente

Frasi allusive Presente

Gestualità Presente

Atteggiamento corporeo Varia a seconda della tematica trattata.

In entrambi i video studiati la tipologia di linguaggio utilizzata da Tommaso Buscetta non subisce sensibili variazioni, quindi è possibile fare un’unica analisi.

L’eloquio di questo soggetto appare abbastanza fluido, a questo si intercalano errori grammaticali nell’esposizione, parole allusive (che su richiesta dell’intervistatore, il col- laboratore spiega) e una forte gestualità.

B) Atteggiamento del soggetto

Categoria Elementi di osservazione

Sicurezza nell’esposizione Presente

Cambiamento di atteggiamento durante l’esposizione

Presente Presenza di pause durante l’esposizione Assente

Atteggiamento disteso o irritato durante l’eloquio Presente ‘atteggiamento disteso’

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Il collaboratore nei filmati mostra una certa sicurezza durante l’eloquio, di conseguen- za anche la sua esposizione assume queste caratteristiche; si nota un cambiamento di atteggiamento quando parla di Cosa Nostra o di alcuni termini usati da questa: la sua schiena diventa più dritta e il suo tono di voce diviene più incisivo.

In entrambi i video l’atteggiamento sembra disteso, ma ciò che in effetti a mio avviso rimanda è una “calma apparente, controllata”.

3˚ Casy Study Salvatore Riina

A) Tipologia di linguaggio utilizzato

Categoria Elementi di osservazione

Linguaggio verbale Presente

Presenza o assenza di fluidità di linguaggio Assente Presenza o assenza di espressioni dialettali Presente Presenza di errori nell’esposizione Presente

Frasi allusive Presente

Gestualità Presente

Atteggiamento corporeo Varia a seconda della tematica trattata Il linguaggio verbale di questo imputato è poco fluido, si rilevano gravi difficoltà e- spressive legate alla scarsa conoscenza del linguaggio italiano, che risulta molto caren- te, colmo di errori grammaticali e di parole tipiche del dialetto siciliano, convertite in parole in italiano.

La gestualità accompagna tutto il suo eloquio, l’atteggiamento corporeo muta conside- revolmente: è sommesso se risponde a domande sulla proprie generalità e sulla sua vi- ta quotidiana, la testa si incassa tra le spalle e lo sguardo si abbassa verso terra; si fa più imponente se parla dei signor pentiti, la schiena si raddrizza i toni si fanno più alti.

B) Atteggiamento del soggetto

Categoria Elementi di osservazione

Sicurezza nell’esposizione Assente

Cambiamento di atteggiamento durante l’esposizione Presente Presenza di pause durante l’esposizione Presente

Atteggiamento disteso o irritato durante l’eloquio Varia a seconda della tematica trattata

Come già esposto sopra, nonostante l’atteggiamento di S. Riina cambi durante l’esposizione, non appare mai sicuro nelle sue affermazioni; il suo eloquio a tratti si interrompe, tartaglia e l’atteggiamento presenta sensibili variazioni a seconda delle domande che il giudice gli pone.

4˚ Casy Study: Giovanni Brusca

I video oggetto di analisi sono due e presentano caratteristiche differenti. Il primo vi- deo è tratto dal processo sulle stragi di mafia del 1993. Il secondo video riguarda un’

intervista.

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A) Tipologia di linguaggio utilizzato

Categoria Elementi di osservazione

Linguaggio verbale 1) Presente

2) Assente Presenza o assenza di fluidità di

linguaggio

1) Presente 2) Assente Presenza o assenza di espressioni

dialettali

1) Presente 2) Assente Presenza di errori

nell’esposizione

1) Presente 2) Assente

Frasi allusive 1) Presente

2) Assente

Gestualità 1) Elemento non rilevabile per caratteristiche video 2) presente

Atteggiamento corporeo 1) Elemento non rilevabile per caratteristiche video 2) Presente

La tabella A) può apparire contraddittoria, questa apparente contraddittorietà trova chiarimento attraverso l’osservazione delle caratteristiche del video n. 1. In questo vi- deo Brusca non è mai ripreso poiché posizionato dietro un separé, quindi si può udire solo la voce; di conseguenza mancano gli elementi che ci permettono di descrivere il suo linguaggio non verbale.

Nel secondo video il collaboratore viene ripreso frontalmente, ma non proferisce pa- rola, il suo linguaggio è solo non verbale. L’autore del video sostiene che Brusca sta parlando a distanza con la moglie; in questo caso quindi abbiamo la possibilità di os- servare solo il linguaggio non verbale.

B) Atteggiamento del soggetto

Categoria Elementi di osservazione

Sicurezza nell’esposizione 1) Presente

2) Non rilavabile per caratteristiche video Cambiamento di atteggiamento durante

l’esposizione

1) Assente 2) Presente Presenza di pause durante l’esposizione 1) Presente

2) Non rilavabile per caratteristiche video Atteggiamento disteso o irritato durante

l’eloquio

1) Assente

2) Non rilavabile per caratteristiche video Anche questa tabella risente dei limiti sopra esposti.

5˚ Casy Study: Bernardo Provenzano

La scelta di non collaborare con la giustizia perseguita da Bernardo Provenzano ha re- so difficile la reperibilità di materiale consono a questo lavoro; poiché esigue sono le fonti da cui poter trarre informazioni che ci permettano un’analisi del suo linguaggio.

Per tale ragione è stato analizzato un solo video caratterizzato da molti silenzi e da

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molti più gesti che parole, comunque preziose fonti di informazioni per gli obiettivi della ricerca.

A) Tipologia di linguaggio utilizzato

Categoria Elementi di osservazione

Linguaggio verbale Presente

Presenza o assenza di fluidità di linguaggio Assente Presenza o assenza di espressioni dialettali Presente Presenza di errori nell’esposizione Presente

Frasi allusive Presente

Gestualità Presente

Atteggiamento corporeo Presente

Il linguaggio che osserviamo in questo video è molto limitato, poiché poche e molto brevi sono le risposte che Bernardo Provenzano fornisce.

Come osservato per altri soggetti legati alla mafia, non è presente una buona fluidità di linguaggio, che viene ulteriormente ostacolata dalla presenza di errori grammaticali nell’esposizione e dall’intercalare di frasi e parole dialettali miste ad un linguaggio a tratti allusivo e poco chiaro.

Anche in questo caso la gestualità accompagna le parole proferite, ma si caratterizza nello specifico per una lentezza e tranquillità quasi religiosa.

B) Atteggiamento del soggetto

Categoria Elementi di osservazione

Sicurezza nell’esposizione Assente

Cambiamento di atteggiamento durante l’esposizione

Presente Presenza di pause durante l’esposizione Presente Atteggiamento disteso o irritato durante

l’eloquio

Atteggiamento in apparenza disteso

L’atteggiamento del soggetto preso in esame, non è facilmente decifrabile; il suo com- portamento è contraddistinto da una pacatezza che a tratti sembra voler quasi veicola- re ‘una sorta di serenità interiore conferitagli dall’alto’; sul suo volto durante quasi tutta la durata del video rimane quasi come stampato un sorriso plastico

Ciò che sembra tradire a tratti questa serenità sono le frequenti pause e ‘non risposte’

che caratterizzano il suo eloquio.

6. Analisi e valutazione: Mappe tematico – concettuali

Come sottolineato in precedenza l’utilizzo della Grounded Theory quale metodo-

logia di analisi qualitativa ha consentito di creare delle mappe tematico-concettuali

(Giorgi, Giunta, Coppola, Lo Verso, 2009), che ci aiutano a visualizzare il complesso

lavoro di astrazione effettuato dai giudici sui trascritti analizzati; l’astrazione in catego-

rie consente la costruzione di aree tematiche che possono essere rappresentate visiva-

mente secondo un’organizzazione gerarchica attraverso degli organigrammi che sup-

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portano la comprensione delle dinamiche e dei processi di significazione dell’oggetto di studio.

Attraverso questo procedimento metodologico è stato quindi possibile rappresentare i temi emergenti e gli argomenti dei video sottoposti ad analisi, secondo un percorso strutturato su elementi di significazione.

Di seguito si riportano le mappe di analisi tematica e la rispettiva descrizione emerse dall’osservazione dei video.

Mappa 1 - Mafia, potere e strategie

La mappa 1, indaga e rileva il significato che alcune parole assumono all’interno del contesto mafioso.

Il mutare specifico di parole all’interno di tale organizzazione si intreccia fortemente con un potere e delle strategie che sono reputate uniche ‘al mondo’ dai collaboratori.

Nello specifico rispetto al termine Famiglia il collaboratore Tommaso Buscetta lo defi- nisce così:

“Famiglia come gruppo che può variare, dai trecento ai cinquanta, non c’è una stabilità”

A questa affermazione è collegata la definizione della mafia da parte dei suoi uomini come potere in antitesi allo Stato, inimitabile che non somiglia a nessun’altro, perché nessuno riesce ad imitarla e perché rappresenta qualcosa di più della semplice crimina- lità:

“la mafia è la criminalità più l’omertà, più l’intelligenza, che è appunto una cosa ben diversa”

1

Questo potere legato sia all’unicità dell’organizzazione che alle sue strategie, negli anni ha vacillato a causa del fenomeno delle collaborazioni; la ‘parola’ che dagli ex affiliati

1 Ancora Tommaso Buscetta

Famiglia

Potere in antitesi con lo stato Che agisce attraverso proce- dure specifiche (uniche)

Presenza in termini quantita- tivi della mafia in Sicilia

Che agisce con modalità subdole o plateali

Come potere inimitabile, che non assomiglia ad altri poteri

La vendetta arriva sempre anche dopo tempo Potere che vacilla a causa delle col-

laborazioni e che può essere poten- zialmente sconfitto

Mafia

(14)

viene proferita all’esterno di Cosa Nostra stessa, rappresenta un potente fattore desta- bilizzante per quest’ultima, ma anche una potente offesa, lavabile solo con il sangue attraverso efferate vendette.

È in questi casi che la mafia abbandona le consuete modalità d’azione silenti, “la mafia tira la pietra e poi nasconde la mano”

2

, per dare una punizione esemplare anche a distanza

3

di anni, a dimostrazione che questa organizzazione non dimentica, ma possiede una memoria.

Attraverso le interviste si rileva, inoltre, un forte riferimento alla presenza in termini quantitativi della mafia in Sicilia, in riferimento a questo fattore il collaboratore Tom- maso Buscetta, alla domanda dell’intervistatore relativa a quanti fossero i mafiosi in Sicilia risponde:

“quanta gente non sarà mafiosa in Sicilia lei mi deve domandare, no quanto mafiosi ci saranno in Sicilia”

Il sottile filo di congiunzione che emerge in modo preponderante in tutti i filmati ana- lizzati è quello della presenza nella società di due poteri in antitesi, ‘mafia-Stato’; il primo spesso ha messo in crisi il potere del secondo, tuttavia come gli stessi collabora- tori riferiscono, se lo Stato utilizza modalità di azione più forti e compatte contro que- sta organizzazione, servendosi delle collaborazioni come strumento di conoscenza che svela i punti deboli della mafia, potrebbe un giorno avvicinarsi alla possibilità di scon- figgerla.

M

Ma ap pp pa a 2 2 – – C Co ol ll la ab bo or ra at to or ri i d di i g gi iu us st ti iz zi ia a e e r re es sp p on o ns sa ab b il i li it tà à

La mappa 2 sopra riportata rappresenta il filo conduttore di tutti i video presi in anali- si; la categoria del rimando ‘della responsabilità ad altri’ o la negazione di questa emer- ge in maniera massiccia in tutte le interviste.

2 Ancora Tommaso Buscetta

3 Come nel caso di Leonardo Vitale

Responsabilità a scarica barile

C

Coollllaabboorraattoorrii ddii g

giiuussttiziziiaa

Atteggiamento nei con- fronti dei giudici

Chi non collabora, so- stiene che chi lo fa ab-

bia secondi fini

Vittimismo, richiesta di prove tangibili

Fanno leva sulla dimensione del

“non sapere, non essere informati, del non ricordare”

Atteggiamento nei confronti dei giornalisti

Chi non collabora tenta di screditare quanto viene

riferito da chi lo fa

Appello al concetto di verità Atteggiamento nei con-

fronti di altri collabora- tori

(15)

Nello specifico sono tre gli elementi connessi alla dimensione Collaboratori di giustizia che emergono in modo preponderante nei video:

1. si rileva una tendenza diffusa tra i soggetti presi in esame a rimandare la responsabi- lità degli eventi legati all’organizzazione e al loro ruolo al suo interno, ad esempio riferendo di non sapere o non essere a conoscenza dei fatti per i quali sono stati ci- tati in giudizio, oppure, in alcuni casi, facendo appello all’incapacità di ricordare un evento accaduto molti anni prima. Ciò fa si che i racconti, in modo evidentemente strumentale, appaiano poco chiari e confusi.

2. Dalle osservazioni emerge anche che l’atteggiamento che i collaboratori adottano cambia in funzione dell’interlocutore di riferimento: con i giudici spesso si scusano della terminologia utilizzata, l’atteggiamento è quasi di riverenza, forse finalizzato a dare a questi un’impressione diversa da ciò che i fatti narrano rispetto al loro opera- to.

Nel caso in cui il contesto è più informale e la situazione è quella di un intervista a due (condotta da un giornalista), i toni diventano più confidenziali, più rilassati.

In tribunale e nel dibattere contro un altro pentito i toni si fanno più aspri, tendono a screditarsi attraverso uno svilimento che implica un parallelismo tra i fattori per- sonali e familiari e la deposizione, ad esempio, sostenendo la tesi che se un soggetto non è affidabile nel quotidiano, con la famiglia, nel lavoro, allora anche la sua depo- sizione non sarà attendibile.

3. Ad un’analisi più attenta si rileva che, rispetto ai soggetti presi in esame, l’atteggiamento dei collaboratori di giustizia risulta differente da quello dei non col- laboratori; i primi, ad esempio, in alcuni casi riportano i fatti e si assumono le re- sponsabilità di alcuni atti mentre chi non collabora nega le proprie responsabilità rimandandole ad altri.

Le differenze tra queste due ‘categorie’ di soggetti non vengono rilevate solo nella dimensione dell’assumersi o rimandare la responsabilità ad altri, ma più in generale in tutto l’atteggiamento che questi adottano durante il dibattito.

Coloro i quali sono divenuti collaboratori appaiono più pacati anche quando devo- no rispondere alle accuse che gli vengono rivolte, tutto il loro comportamento sembra puntellato da umiltà.

Chi non collabora mostra più aggressività e a tratti le espressioni del viso tradiscono quanto le parole da essi proferite vorrebbero far credere.

Mappa 3 – La scelta di collaborare e il coraggio

Dimensione del coraggio

Negazione del coraggio legato alla scelta di

collaborare

Modo di essere di un vero uomo d’onore

Sentimenti

Rifiuto di riferire vicende personali legate alla propria famiglia

Dimensione del pentimento Condivisione di alcuni valori

(16)

Nella mappa 3 viene presa in analisi un’altra dimensione emersa dalla valutazione dei video oggetto di questo lavoro: il coraggio.

Dalle parole dei collaboratori questa dimensione viene percepita in contrapposizione alla scelta di ‘parlare’, di collaborare; ciò si ricollega alla condivisione e all’attaccamento che spesso in questi soggetti resta anche a livello inconsapevole nei confronti di alcuni valori mafiosi.

Difatti, come già riportato nella parte teorica di questo lavoro, l’azione peggiore che un uomo d’onore possa compiere è non obbedire alla legge dell’omertà, uscire dal silen- zio, parlare.

Un collaboratore, per esempio, alla domanda del giornalista: “lei ha dimostrato corag- gio nel parlare?” risponde “io coraggio in vita mia veramente ne ho avuto sempre poco”

4

, risulta abbastanza evidente che questi soggetti non reputano la collaborazione un atto che prende le mosse dal coraggio, ma piuttosto una scelta che si compie sulla base di altre motivazioni: quali per esempio la redenzione interiore (è il caso di Leonardo Vitale), la mancata condivisione dei valori e dei modi di agire attuali della mafia, che sarebbero diversi da quelli della mafia nel ‘suo nascere’ (è il caso di Tommaso Buscetta).

Come già detto, il tema del coraggio emerge più volte nei diversi video, nello specifico i collaboratori narrano sia le vicende in cui a loro avviso è presente la dimostrazione di un atto di coraggio, sia quelle in cui questo non è presente.

Azioni che secondo questi soggetti sono dettate dal coraggio, sono la capacità dell’uomo d’onore di: mantenere il silenzio sulle proprie vicende familiare e personali, su questioni relative la ‘famiglia mafiosa’ e di saper a sua volta portare a termine gli or- dini impartiti da questa, sia all’inizio attraverso il rito di iniziazione, sia dopo, quando il soggetto diviene uomo d’onore.

Altro esempio lo ritroviamo nell’intervista di Tommaso Buscetta che riferisce di aver atteso per lunghi anni di uccidere un soggetto condannato a morte da Cosa Nostra poiché quest’ultimo usciva sempre in compagnia dei bambini “non potevo fare spaventare i bambini, non sarebbe stato giusto per me e nemmeno da gli altri sarebbe stata vista come una cosa giusta, come un azione di coraggio”.

Risulta chiaro, da quanto sin qui esposto, che le azioni reputate coraggiose sono spesso quelle che non minano i principi di questa organizzazione criminale; tuttavia anche l’atto reputato coraggioso non è esente dal creare sentimenti di natura contrastante in chi deve compierlo.

Mappa 4 - Mafia e comunicazione

4 Leonardo Vitale.

Stile di linguaggio

Linguaggio comune Forte presenza

di linguaggio non verbale

Significato di alcune parole di uso comune che mutano nel contesto mafioso

Richiamo alla dimensione del “Noi”

Italiano misto a espressioni dialettali, errori di grammatica

Ridondanza nell’utilizzo di alcuni termini

Gesticolano molto mentre parlano

Diverso atteggiamento corporeo a seconda di cosa parlano

(17)

La mappa 4, incentrata sul tema del linguaggio, si ricollega al cuore di questo lavoro, subito risaltano a gli occhi molte delle dimensioni che sono state trattate nella parte teorica di questo elaborato.

Il linguaggio dei collaboratori non appare contraddistinto da un particolare codice, piuttosto è un linguaggio di uso comune che attraverso un italiano spesso forzato e colorito da espressione dialettali può assumere, in alcuni casi, particolari significati. I- noltre, la non padronanza di un ricco vocabolario li porta alla ripetizione frequente di alcuni termini, che divengono accessori e mutevoli (e intercambiabili) rispetto all’oggetto e alla circostanza del discorso (obliquità semantica). Questo linguaggio si accompagna quasi sempre ad una forte gestualità, questi soggetti muovono molto braccia e mani quando parlano, quasi come a volere dare più credibilità alle loro parole attraverso i gesti. Anche l’atteggiamento corporeo cambia secondo l’oggetto del di- scorso, stanno dritti quando parlano della mafia, delle sue caratteristiche, abbassano lo sguardo quando descrivono alcuni atti efferati da loro commessi, inveiscono di più, cambiano il tono di voce quando si confrontano con altri pentiti.

Alla luce di quanto osservato attraverso i video, la compilazione delle tabelle e la crea- zione delle mappe tematico - concettuali, emergono delle differenze tra i soggetti che intraprendono la scelta di collaborare e chi invece decide di non ‘pentirsi’.

Le differenze rilevate in questi soggetti a livello identitario sono state individuate nel presente lavoro attraverso la lente di osservazione guida di questo contributo: la co- municazione.

Si evidenzia in chi collabora una “identità contrastante” tra il sentirsi ancora parte e il condividere alcuni principi tipici dell’organizzazione e il subirne la fascinazione, e la volontà di distaccarsene.

Quanto riportato si coglie dal continuo rimando ad una dimensione che non fa riferi- mento al proprio ‘Io’ ma ad un’altra legata al ‘Noi’; questi soggetti non parlano e non raccontano quasi mai gli eventi come mossi da una volontà personale, ma piuttosto questa appartiene sempre all’organizzazione, al Noi.

Si avverte, inoltre, nei collaboratori di giustizia una crisi identitaria che nelle loro paro- le fa emergere un sostare in uno ‘spazio senza’ (Lo Verso, Ferraro, 2007) in cui a livel- lo cosciente credono di essersi staccati dal sistema mafia, ma ad un livello più incon- scio ne rimangono fortemente invischiati.

Dal confronto e dall’analisi dei video presi in esame emerge, quindi, che il linguaggio di cui questa organizzazione si serve non è diverso da altri linguaggi, non esiste un lin- guaggio mafioso, piuttosto la mafia sfrutta ed esalta alcune caratteristiche e potenzialità del linguaggio comune al fine di piegarlo alle proprie esigenze, difatti: il significato dei termini diviene accessorio e muta a seconda delle situazione, i collaboratori stessi con- fermano e spiegano il significato di alcune parole, espressioni e modi di dire durante le udienze o le interviste; ed è sempre per mezzo del linguaggio che lasciano trasparire giudizi di valore e di distanza-vicinanza rispetto all’interlocutore.

In alcuni video è emersa, in maniera preponderante, la presenza del linguaggio non verbale, a conferma dell’ipotesi presente in questo lavoro che gran parte del linguaggio di questi soggetti si dispiega attraverso la gestualità, il non detto.

Queste scelte linguistiche, a nostro avviso ed in linea con la letteratura sull’argomento (sia che esse siano legate alla forma o al contenuto) costituisco un mezzo (per questi soggetti) attraverso il quale costruirsi un’immagine sociale per sentirsi parte di un ‘noi’

che li ingloba.

(18)

Lo studio effettuato ha consentito, inoltre, di evidenziare, sempre attraverso la lente osservativa della comunicazione, differenze a livello identitario tra i soggetti che di- vengono collaboratori di giustizia e quelli, invece, che non intraprendono questa scel- ta; nei primi si rileva un’identità che vacilla tra il sentirsi ancora legata al sistema mafia e il percepirsi come distaccata da questo.

L’impressione che questi soggetti rimandano è quella di avere un’identità sospesa in una un ‘limbo’ che non gli permette ormai di sentirsi appartenenti al sistema mafia, ma nemmeno totalmente separati.

A nostro avviso, quindi, la cura per le scelte linguistiche che nei video abbiamo riscon- trato lascia trasparire come la comunicazione, per Cosa Nostra, sia un’attività cruciale, anche quando la parola lascia il posto al silenzio o alla gestualità.

7. Conclusioni

Il fenomeno mafioso è stato studiato con diverse modalità di indagine e attra- verso ottiche differenti; quel che risulta certo, nonostante le molteplici chiavi di lettu- ra, che portano ogni professionista a cogliere alcune sfumature piuttosto che altre, è che la mafia si è rivelata come un fenomeno dinamico contemporaneamente influen- zato da radici antropo - culturali.

Nello specifico, Cosa Nostra oggi appare come una sorta di ibrido in cui il vecchio e il nuovo si incontrano e si scontrano, uno spazio in cui persone fra loro in apparenza molto distanti collaborano.

La documentazione fin qui esaminata mostra come la mafia, sia quella agreste di fine ottocento, sia quella attuale, per esistere abbia bisogno di una comunicazione interna impeccabile, poiché gli errori si pagano con la vita.

La cura per le scelte linguistiche, tanto di forma, quanto di contenuto, si è configurata come il segno evidente dell’attenzione nei confronti del linguaggio da parte di questa organizzazione.

Cosa Nostra ha così dovuto creare e cercare nuovi equilibri; difatti, oggi, l’organizzazione vive una nuova fase in cui è necessario molto più di prima muoversi e differenziare le proprie attività.

Gli uomini d’onore, per portare a termine le proprie logiche criminali nei vari ambiti, dovranno necessariamente comunicare le disposizioni, predisporre e adeguarsi a nuo- ve linee programmatiche, acquisire nuovi contatti senza trascurare le vecchie metodo- logie ancora in auge.

Tuttavia, analizzando i risultati della ricerca, è emerso che indagare la comunicazione che all’interno di Cosa Nostra si dispiega, permette di acquisire informazioni molto significative relative a questa organizzazione e al suo funzionamento.

Importante sottolineare, quindi, come in questo studio Cosa Nostra si sia rivelata co- me un fenomeno dinamico contemporaneamente influenzato da radici antropo- culturali che danno luogo però ad un ibrido in cui il vecchio e il nuovo si incontrano e si scontrano, uno spazio in cui persone fra loro in apparenza molto distanti collabora- no attraverso la comunicazione che in questo caso diviene filo di raccordo che unisce molteplici ed eterogenee realtà.

Si riporta in conclusione una frase di Victor Klemperer (1947), filologo e scrittore te-

desco, che a nostro avviso riassume efficacemente, l’oggetto, gli obiettivi e i risultati di

questo lavoro di ricerca:

(19)

“C Ci ò c ch he e c ch hi iu un nq qu ue e vo v og gl li ia a de d el li ib be er ra at ta am me en nt te e na n as sc co on nd de er re e, , si s ia a so s ol la am me en nt te e ne n ei i c c on o nf fr ro on nt ti i de d eg g li l i al a lt tr ri i, , si s ia a ne n ei i co c on nf fr ro on nt ti i d di i s é st s te es ss so o, , an a nc ch he e c ci ò c ch he e in i nc co on ns sc c ia i am me en nt te e eg e gl li i po p or rt ta a de d en nt tr ro o di d i s é, , vi v ie en ne e sv s ve el la at to o da d al l s su uo o li l in n- - g

gu ua ag gg gi io o” ”. .

Bi B ib bl li io og gr ra af fi ia a

Di D i P Pi ia az zz za a S S. . ( (2 20 01 10 0) ), , M Ma af fi ia a, , l li in ng gu ua ag gg gi io o, , i id de en nt ti it à, , C Ce en nt tr ro o d di i s st tu ud di i e e i in ni iz zi ia at ti iv ve e c cu ul lt tu ur ra al li i P Pi io o L La a T To or rr re e, , P Pa al le er rm mo o. .

Di D in no o A A. . ( (2 20 00 06 6) ). . I Il l s si il le en nz zi io o i in nf fr ra an nt to o, , i in n A A. . D Di in no o ( (a a c cu ur ra a d di i) ) P Pe en nt ti it ti i. . I I c co ol ll la ab bo or ra at to or ri i d di i g gi iu us st ti iz zi ia a. . L Le e i is st ti i- - t

tu uz zi io on ni i, , l l’ ’o op pi in ni io on ne e p pu ub bb bl li ic ca a, , D Do on nz ze el ll li i, , R Ro om ma a. . G

Gi io or rd da an no o C C. ., , G Gi iu un nt ta a S S. ., , L Lo o V Ve er rs so o G G. ., , ( (2 20 01 11 1) ), , L Le e r ri ic ce er rc ch he e s su ul ll lo o p ps si ic ch hi is sm mo o m ma af fi io os so o, , i in n L Lo o V Ve er rs so o G

G. ., , D Di i B Bl la as si i M M. ., , G Gr ru up pp po oa an na al li is si i s so og gg ge et tt tu ua al le e, , R Ra af ff fa ae el ll lo o C Co or rt ti in na a, , M Mi il la an no o. . G

Gi io or rg gi i A A. ., , G Gi iu un nt ta a S S. ., , C Co op pp po ol la a E E. ., , L Lo o V Ve er rs so o G G. ., , ( (2 20 00 09 9) ). . T Te er rr ri it to or ri i i in n c co on nt tr ro ol lu uc ce e: : r ri ic ce er rc ch he e p ps si ic co ol lo og gi ic ch he e s su ul l f fe en no om me en no o m ma af fi io os so o, , F Fr ra an nc co o A An ng ge el li i, , M Mi il la an no o. .

Gi G iu un nt ta a S. S ., , L Li ic ca ar ri i, , G G. ., , L Lo o Ve V er rs so o, , G G. ., , ( (2 20 00 04 4) ), , L La a ps p si ic ch he e m ma af fi io os sa a: : st s ta at to o de d el ll l’ ’a ar rt te e e ed d i ip po ot te es si i p pe er r la l a r ri ic ce er rc ca a. . i in n N Na ar rr ra ar re e i il l g gr ru up pp po o. . P Pr ro os sp pe et tt ti iv ve e c cl li in ni ic ch he e e e s so oc ci ia al li i, , A Ar rm ma an nd d o o E Ed di it to or re e, , 1 1, , 2 21 1- -3 32 2. .

Gi G iu un nt ta a S. S ., , Lo L o Ve V er rs so o G G. ., , ( (2 20 01 12 2) ), , N Ne el l no n om me e d de el l pa p ad dr ri in no o, , In I nt te er rn na at ti io on na al l J Jo ou ur rn na al l o of f Ps P sy yc ch ho oa an na al ly ys si is s an a nd d E

Ed du uc ca at ti io on n - - I IJ JP PE E v vo ol l . . I IV V, , n n° ° 2 2 ( (9 9) ), , o ot tt to ob br re e 2 20 01 12 2. . G

Gi iu un nt ta a S S. ., , L Lo o V Ve er rs so o G G. ., , M Ma an nn ni i no n o G G. ., , ( (a a c cu ur ra a d di i) ) ( (2 20 01 13 3) ), , I Il l M Mo on nd do o m ma af fi io os so o: : t tr ra a p pr ra at ti ic ca a c cl li in ni ic ca a e e i

in nt te er rv ve en nt ti i n ne el ll la a po p ol li is s. . Q Qu ua ad de er rn no o r re ep po or rt t n. n . 18 1 8, , CS C SR R “ “E Er rm me et te e R Ro on nc ch hi i” ” Co C oi ir ra ag g, , M Mi il la an no o. . I

IS SS SN N 2 20 03 37 7- -5 57 72 27 7 G

Gl la as se er r Gl G la as se er r B B. ., , G G. ., , S St tr ra au us ss s, , A. A ., , ( (1 19 96 67 7) ), , T Th he e D Di is sc co ov ve er ry y o of f G Gr ro ou un nd de ed d T Th he eo or ry y: : S St tr ra at te eg gi ie es s f fo or r Q Qu ua al li it ta at ti iv ve e R Re es se ea ar rc ch h, , A Al ld d in i ne e P Pu ub bl li is sh hi i ng n g C Co om mp pa an ny y, , C C hi h ic ca ag go o. .

Kl K le em mp pe er r V V. ., , (1 ( 19 94 47 7) ), , L LT TI I. . N No ot ti iz zb bu uc ch h e ei in ne es s P Ph hi il lo og ge en n. . ( (t tr ra ad du uz zi io on ne e i it ta al li ia an na a: : L LT TI I. . L La a l li in ng gu ua a d de el l T Te er rz zo o R Re ei ic ch h, , t ta ac cc cu ui in no o d di i u un n f fi il lo ol lo og go o; ; t tr ra ad du uz zi io on ne e d di i B Bu us sc ca ag gl li io on ne e P P. . ( (1 19 99 99 9) ). . E Ed di it tr ri ic ce e L La a G Gi iu un nt ti i- - n na a, , F Fi ir re en nz ze e. .

L

Lo o V Ve er rs so o G G. ., , ( (1 19 99 94 4) ), , L Le e r re el la az zi io on ni i o og gg ge et tt tu ua al li i, , B Bo ol ll la at ti i B Bo or ri in ng gh hi ie er ri i, , T To or ri in no o. . L

Lo o V Ve er rs so o G G. ., , ( (1 19 99 98 8) ), , L La a m ma af fi ia a d de en nt tr ro o. . P Ps si ic co ol lo og gi ia a e e p ps si ic co op pa at to ol lo og gi ia a d di i u un n f fo on nd da am me en nt ta al li is sm mo o, , F Fr ra an nc co o A An ng ge el li i, , M

Mi il la an no o. . L

Lo o V Ve er rs so o G. G ., , L Lo o C C oc o co o G. G . (2 ( 20 00 03 3) ), , L La a p ps si ic ch he e ma m af fi io os sa a. . S S to t or ri ie e d di i c ca as si i c cl li in ni ic ci i e e co c ol ll la ab bo or ra at to or ri i d di i g gi iu us st ti iz zi ia a, , F Fr ra an nc co o A An ng ge el li i , , M Mi il la an no o. .

Lo L o V Ve er rs so o G G. ., , L Lo o C Co oc co o G G. ., , M Mi is st tr re et tt ta a S S. ., , Z Zi iz zz zo o G G. ., , ( (a a c cu ur ra a d di i) ) ( (2 20 00 05 5) ), , C Co om me e c ca am mb bi ia a l la a m ma af fi ia a. . E Es sp pe e- - r

ri ie en nz ze e g gi i ud u di iz zi ia ar ri ie e e e p ps si ic co ot te er ra ap pe eu ut ti ic ch he e i in n u un n p pa ae es se e c ch he e c ca am mb bi ia a, , F Fr ra an nc co o A An ng ge el li i, , M Mi il la an no o. .

Lo L o Ve V er rs so o G G. ., , Fe F er rr ra ar ro o A A. . M. M ., , (2 ( 20 00 07 7) ), , D Di is si id de en nt ti it à e e di d in nt to or rn ni i. . Re R et ti i sm s ma ag gl li ia at te e e e de d es st ti in no o de d el ll la a so s og gg ge et tt tu ua al li i t à o

og gg gi i, , F Fr ra an nc co o A An ng ge el li i, , M Mi il la an no o. . L

Lo o V Ve er rs so o G G. ., , D Di i B Bl la as si i M M. ., , ( (2 20 01 11 1) ), , G Gr ru up pp po oa an na al li is si i S So og gg ge et tu ua al le e, , R Ra af ff fa ae el ll lo o C Co or rt ti in na a E Ed di it to or re e, , M Mi il la an no o. . L

Lo o V Ve er rs so o G G. ., , ( (2 20 01 13 3) ), , L La a m ma af fi ia a i i n n p ps si ic co ot te er ra ap pi ia a, , F Fr ra an nc co o A An ng ge el li i, , M Mi il la an no o. . L

Lo o V Ve er rs so o G G. ., , L La a B Ba ar rb be er ra a D D. ., , C Ca an nn ni i zz z za ar ro o G G. ., , ( (2 20 01 13 3) ), , U Un n u ul lt te er ri io or re e r ri is su ul lt ta at to o, , i in n L Lo o V Ve er rs so o G G. ., , L La a m ma af fi ia a i in n p ps si ic co ot te er ra ap pi ia a, , F Fr ra an nc co o A An ng ge el li i, , M Mi il la an no o. .

Ma M an nn ni in no o G G. ., , (2 ( 20 01 12 2) ) Ps P si ic co od d in i na am mi ic ca a de d el ll le e ra r ap pp pr re es se en nt ta az zi io on ni i va v al lo or ri ia al li i: : c co om mp pr re en ns si io on ne e e e o or ri ie en nt ta a- - m me en nt to o a al ll l’ ’a az zi io on ne e. . U Un na a r ri ic ce er rc ca a es e sp pl lo or ra at ti iv va a in i n gr g ru up pp pi i d di i a ad do ol le es sc ce en nt ti i, , i in n N Na ar rr ra ar re e i i Gr G ru up pp pi i, , v vo ol l. . 7 7, , n n° ° 1 1, , M Ma ag gg gi io o 2 20 01 12 2, , p pp p. . 6 67 7- -8 85 5, , w we eb bs si it te e: : w ww ww w. .n na ar rr ra ar re ei ig gr ru up pp pi i. .i it t, , I IS SS SN N: : 2 22 28 81 1- -8 89 96 60 0. . M

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