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Introduzione
E’ difficile scegliere il soggetto di una tesi, soprattutto quando la stessa si pone al termine di curriculum studiorum molto articolato. L’amore maturato nei primi anni di studio per i cosiddetti secoli “bui” del Medioevo, amore ancora vivo e sincero; gli studi di storia dell’arte, dell’architettura e dell’urbanistica, naturalmente medievale e in preparazione di una tesi futura, e, infine, il recente, e quanto mai singolare, interesse per le tecniche di comunicazione audiovisiva, mi hanno, infatti, fatto giungere a una sintesi da cui estrapolare il soggetto di questa tesi.
L’impresa non è stata semplice, anche perché sembrava improbabile riuscire a trovare un “luogo” dove espressioni artistiche di periodi storici così distanti potessero trovare un punto di contatto, finché non ho scoperto il videoartista romano Gianni Toti e la sua ultima VideOpera, dal titolo La fine del
trionfo della morte.Il mio approccio al video dell’artista è stato, però, molto lungo
sia a causa di mie difficoltà oggettive, o pseudo oggettive, sia
perché sin dall’inizio ho tentato di analizzare la sua produzione
in maniera rigorosa, ricercando, tra i meandri delle sue opere, tesi
e antitesi, ipotesi e postulati senza però ottenere, per lungo
tempo, alcun risultato. Durante questo processo rigoroso ho
svolto anche un’analisi strutturale dell’ultimo video totiano
utilizzando linguaggi e stilemi tipici di un altro linguaggio; in
particolare quello cinematografico, anche perché a tutt’oggi non
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è stato possibile creare un vero e proprio lessico analitico per il video.
La scelta, altresì, di basare la mia tesi sull’ultima opera dell’artista ha reso ancora più difficile il processo di avvicinamento alla stessa perché presupponeva inevitabilmente, e senza che io me ne rendessi conto, una conoscenza accurata di tutto il percorso creativo e di vita dell’autore.
E’ stato, perciò, un iter lungo e con molte contraddizioni che mi ha fatto conoscere il Toti uomo e artista e mi ha mosso, attraverso le letture intraprese e di cui rendo conto nei successivi capitoli, a cercare di capire gli stimoli e i motivi della creazione di quest’ultimo video. Nei momenti in cui, però, ho creduto di aver colto l’ispirazione dell’artista mi si è aperta una nuova prospettiva, forse più corretta, sicuramente diversa, come se la materia mi scivolasse dalle mani e non riuscissi a capire il fine ultimo delle cose.
Ho, infine, permesso che la materia prendesse la propria forma e direzione ed ho osservato con calma tutto ciò che mi passava sotto gli occhi, come il pensatore macabro all’interno della sua caverna, e un po’ alla volta ho dispiegato i fili della matassa o perlomeno ho provato a capire qualche dinamica, qualche processo, pur cosciente, e questo l’ho imparato dall’autore, che i sensi delle cose sono infiniti.
Ringrazio, perciò, la mia relatrice, la professoressa Alessandra
Lischi, perché mi ha incoraggiato a conoscere un uomo e un
artista che mi ha toccato nel profondo e che mi ha insegnato a
guardare oltre le cose e la loro apparenza.
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