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Revocabilità, modificabilità e impugnazione dei provvedimenti sommari e di merito - Judicium

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www.judicium.it FRANCESCO P. LUISO

Revocabilità, modificabilità e impugnazione dei provvedimenti sommari e di merito (*)

SOMMARIO: 1. Premessa; 2. Il reclamo alla corte di appello: la disciplina del termine; 3. Segue:

la cognizione della corte; 4. Segue: il coordinamento con l’istanza di revoca/modifica; 5. L’istanza di revoca/modifica: i presupposti; 6. Segue: il controllo; 7. La risoluzione del conflitti.

§ 1. Le due riforme del 20061 hanno profondamente inciso sul regime dei provvedimenti

“temporanei e urgenti” (art. 708 c.p.c.) destinati a disciplinare i rapporti fra i soggetti interessati alla separazione (coniugi e figli). Dapprima il D.L. 35/2006, convertito con L. 80/2006 ha trasferito nell’art. 709, ultimo comma, c.p.c., quanto in precedenza era previsto dall’ultimo comma dell’art.

708 c.p.c., ma con una rilevante modifica: per la revoca e modifica dei provvedimenti presidenziali, da parte del g.i. della causa di merito, non sono più previsti i “mutamenti nelle circostanze”.

Successivamente, l’art. 2 della L. 54/2006 ha introdotto, all’ultimo comma dell’art. 708 c.p.c, il reclamo alla corte di appello avverso i provvedimenti presidenziali.

Con riferimento ai procedimenti relativi alla famiglia, e diversi dalla separazione, occorre poi evidenziare quanto segue.

In relazione alla revocabilità e modificabilità dei provvedimenti presidenziali, l’art. 4, comma ottavo, della L. 898/1970 non ha subito modifiche, e pertanto continua a stabilire che

“l’ordinanza del presidente può essere revocata e modificata dal giudice istruttore”: senza, dunque, che sia necessario il verificarsi di mutamenti nelle circostanze.

In relazione al reclamo avverso i provvedimenti presidenziali, l’art. 4, secondo comma, della L. 54/2006 stabilisce che “le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”: e, dunque, anche i provvedimenti temporanei e urgenti pronunciati dal presidente del tribunale in sede di divorzio sono soggetti al reclamo previsto dall’art. 708 c.p.c.

Molte questioni si sono poste in questi primi quattro anni di applicazione delle disposizioni sopra indicate, e le soluzioni proposte sono state e sono tuttora molte e spesso contrastanti: si tenga conto, infatti, che l’esclusione dei provvedimenti in esame dal novero di quelli indicati dall’art. 111, settimo comma, Cost. non consente alla Corte di cassazione di intervenire per svolgere la sua funzione nomofilattica, se non, come vedremo, in occasioni marginali.

Dovendo fare una inevitabile scelta in ordine ai profili più rilevanti e più discussi, mi sembra – con quel tanto di arbitrarietà inevitabile – di poter indicare come oggetto di analisi il reclamo alla corte di appello avverso i provvedimenti presidenziali e l’istanza di revoca/modifica al g.i. Più in particolare, il reclamo alla corte di appello presenta profili discussi ed incerti con riferimento al termine per la sua proposizione; all’ambito della cognizione della corte; al concorso con l’istanza di

1 Il riferimento, com’è ovvio, è al D.L. 14 marzo 2006 n. 35, convertito con L. 14 maggio 2005 n. 80, ed alla L. 8 febbraio 2006 n. 54 sull’affidamento condiviso.

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www.judicium.it revoca/modifica. A sua volta, l’istanza di revoca/modifica presenta profili discussi e incerti con riferimento ai suoi presupposti ed al suo regime (reclamabilità o meno e, in caso di risposta affermativa, mediante quale strumento).

Su tali punti si concentrerà dunque la mia relazione.

________________________________________________________________________________

(*) Relazione al convegno “Il processo di famiglia: diritto vigente e riforma”, tenutosi a Pisa il 10 settembre 2010.

§ 2. Sulla opportunità di sottoporre ad un controllo i provvedimenti presidenziali credo che non vi possano essere dubbi2. Data la lunghezza del processo di merito e data la inevitabile tendenza al consolidamento in fatto3 dell’assetto dato dai provvedimenti presidenziali, soprattutto con riferimento al processo di separazione (e, oggi sempre più spesso, anche ai processi relativi ai figli di genitori non coniugati allorché la convivenza dei genitori venga meno), la possibilità di sottoporre ad un controllo immediato quanto stabilito dal presidente costituisce un elemento di garanzia, cui difficilmente si può rinunciare.

È vero che, applicandosi alla separazione la normativa sul divorzio in virtù di quanto previsto dall’art. 23 della L. 74/1987, si ritenevano non più necessari i mutamenti nelle circostanze, previsti dal previgente art. 708 ultimo comma c.p.c., e dunque si affermava che il g.i. potesse svolgere il ruolo di giudice “altro” al quale riproporre gli stessi elementi e le stesse questioni già esaminate dal presidente. Però è anche vero che talvolta il presidente nomina se stesso g.i., e dunque l’alterità viene meno; come è vero che – pur non esistendo un rapporto gerarchico fra magistrati – il presidente del tribunale ha pur sempre una posizione istituzionale che può in qualche modo inibire l’esercizio del potere di riesame conferito al g.i.

Questa stessa ragione – la posizione istituzionale del presidente del tribunale – fonda anche la scelta del giudice competente per il reclamo: non il collegio del tribunale, come sembrerebbe più logico4, ma la corte di appello. È purtuttavia evidente che ciò che si guadagna in garanzia si perde in celerità e costi, poiché il reclamo va proposto ad un ufficio giudiziario diverso, spesso avente sede in un’altra città, non sempre territorialmente vicina al tribunale5.

2 Antecedentemente alle riforme del 2006 v. per tutti CIPRIANI, Sulla reclamabilità dei provvedimenti presidenziali ex art. 708 c.p.c., in Foro it. 2004, I, 2534-2535; PROTO PISANI, Su alcuni problemi attuali del processo familiare, in Foro it. 2004, I, 2535-2537.

3 Per la verità, sotto alcuni profili la giurisprudenza afferma l’esistenza anche di un consolidamento in diritto. Così si afferma che sono irripetibili le somme riscosse a titolo di assegno di mantenimento per effetto del provvedimento presidenziale: in tal senso, da ultimo, Cass. 12 giugno 2006 n. 13593. Il principio lascia perplessi: ma non è ovviamente questa la sede per discuterne funditus. Sul punto v. da ultimo CECCHELLA, Reclamo, revoca e modifica dei provvedimenti provvisori, in Diritto processuale civile a cura di Cecchella, Milano 2010, 486.

4 Tuttavia la individuazione del collegio come competente per il reclamo avverso i provvedimenti del giudice monocratico non è costante: si consideri, ad es., che l’ultima riforma dell’arbitrato – oltre a prevedere la possibilità di reclamo anche avverso il provvedimento che concede e non più solo avverso il provvedimento che nega l’exequatur – ha trasferito alla corte di appello la relativa competenza.

5 LUPOI, Aspetti processuali della normativa sull’affidamento condiviso, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 1086-1087.

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www.judicium.it In ogni caso, il reclamo in questione può essere proposto “nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento”. Ciò significa che né la lettura del provvedimento in udienza né la comunicazione dello stesso da parte del cancelliere sono sufficienti a far decorrere il termine, e che a tal fine occorre proprio una notificazione a richiesta di parte6: notificazione che ovviamente può anche coincidere con quella prevista dall’art. 709, comma primo, c.p.c. ove il convenuto non sia “comparso” all’udienza presidenziale.

In mancanza di notificazione, dunque, il termine decadenziale non inizia a decorrere: resta da chiedersi se c’è comunque un termine finale. Certamente si applica il termine lungo di cui all’art.

327 c.p.c.7 Un possibile termine finale può anche essere individuato nelle vicende che, medio tempore, si sono nel frattempo prodotte nel processo di merito8: ma ciò attiene al problema del coordinamento fra reclamo ed istanza di revoca/modifica, e quindi sarà esaminato nel successivo § 4.

§ 3. Una questione assai controversia riguarda l’ambito della cognizione della corte di appello: ci si chiede, cioè, quali siano le ragioni che possano essere dedotte in sede di reclamo, e quali siano i poteri, anche istruttori, della corte.

Un primo punto attiene al reclamo come novum iudicium ovvero come revisio prioris instantiae: e qui parte della giurisprudenza afferma che il reclamo può fondarsi unicamente su fatti e documenti già esaminati dal presidente del tribunale, e dunque che la corte è deputata unicamente a cogliere eventuali errori del presidente, e non già una oggettiva “ingiustizia” del provvedimento9, come potrebbe essere evidenziata dallo svolgimento di attività istruttoria o finanche – sembra – dalla deduzione di elementi non presentati in sede presidenziale, e che non esigano l’acquisizione di prove costituende.

6 App. Milano 30 marzo 2007, in Dir. fam. 2007, 1187; App. Bari 14 luglio 2006, in Giurisprudenza barese, 2006. In dottrina DORONZO, in Nuove leggi civ. comm. 2006, 1268.

7 Trib. Padova 2 aprile 2007, in Foro it. 2007, I, 1916. In dottrina conf. TOMMASEO, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: b) profili processuali, in Fam e dir. 2006, 399. In senso contrario CECCHELLA, Reclamo, revoca e modifica, cit., 483.

8 Così infatti App. Napoli 26 giugno 2007, in Corriere del merito 2007, 1251, che, in carenza di notifica, individua il termine finale nell’udienza di comparizione dinanzi al g.i.

9 App. Salerno 18 luglio 2006, in Giur. merito 2007, 1966; App. Bologna 13 novembre 2006, in Fam. e dir. 2006, 280;

App. Bologna 17 maggio 2006, in Juris Data – sentenze di merito, secondo le quali “in questa fase rilevano unicamente profili di erroneità dell'ordinanza presidenziale immediatamente rilevabili”; App. Bologna 8 maggio 2006, in Giur.

merito 2007, 1954, secondo la quale “rilevano unicamente profili di erroneità dell'ordinanza presidenziale immediatamente rilevabili, e non da accertare a mezzo di complessa attività istruttoria”. Nello stesso senso App.

Trento 6 luglio 2006, in www.affidamentocondiviso.it; App. Lecce 12 gennaio 2007, in Famiglia e minori 2007, 4, 54, secondo la quale il reclamo “deve intendersi finalizzato al solo scopo di eliminare al più presto statuizioni che appaiano ictu oculi, ad un sommario esame, macroscopicamente ingiuste e avulse dalle stesse prime prospettazioni delle parti”. Ulteriore giurisprudenza restrittiva delle corti di appello in Foro it. 2009, I, 1261 nota 1.

In senso adesivo alla giurisprudenza della corte di appello di Bologna v. LUPOI, Aspetti processuali, cit., 1087; ARCERI, Sulla reclamabilità dei provvedimenti interinali nella separazione e nel divorzio, in Fam. e dir. 2007, 287 ss.

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www.judicium.it Orbene, se da un punto di vista generale non vi è dubbio che le corti di appello non abbiano gradito il conferimento di ulteriori compiti e quindi abbiano cercato di ridimensionare il più possibile l’amaro calice loro imposto10, e se da un punto di vista specifico è ragionevole ritenere ingiustificato lo svolgimento di attività istruttoria complessa innanzi alla corte di appello, tuttavia non si può depotenziare il reclamo fino a renderlo idoneo solo a cogliere errori evidenti del presidente del tribunale.

Il reclamo è pur sempre un gravame, che esige un nuovo riesame ed una nuova decisione “di merito”, in relazione alla quale non credo possano essere esclusi anche argomenti non dedotti nella fase presidenziale, purché fondati su fatti non contestati o facilmente accertabili. Chi si sentirebbe di escludere che, ad es., l’assegno di mantenimento dei figli minori debba essere quantificato in sede di reclamo tenendo conto di documenti non prodotti nella fase presidenziale?

Il reclamo, oltre che su ragioni di “ingiustizia”, può essere fondato anche su ragioni di invalidità11: ad es., allegando un vizio nella notificazione del ricorso, che ha prodotto l’assenza del convenuto innanzi al presidente, il quale ha quindi deciso senza tener conto delle ragioni della controparte. In questo caso, ferma e impregiudicata la rilevanza di tale vizio per il processo di merito, non vi è dubbio che la corte debba ammettere la parte lesa a svolgere tutte le sue difese in quella sede e non possa annullare con rinvio …. al presidente del tribunale! Una tale possibilità è esclusa vuoi dalla ragione specifica che il processo di merito ormai pende innanzi al g.i., vuoi da argomenti sistematici, in quanto il mero annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al giudice che l’ha pronunciato costituisce una deviazione dalle regole generali del giudizio di gravame, che nei sistemi moderni è sempre sostitutivo della pronuncia impugnata quand’anche dichiari la invalidità della stessa.

§ 4. L’ultimo argomento da affrontare in materia di reclamo avverso i provvedimenti presidenziali riguarda il coordinamento fra questo strumento e l’istanza di revoca/modifica: che rapporti vi sono fra l’una iniziativa e l’altra? Vi è concorso o alternatività? E cosa accade se il reclamo viene proposto da una delle parti e l’altra invece avanza istanza di revoca/modifica?

L’esame della giurisprudenza evidenzia una notevole divergenza di soluzioni.

Si sostiene talvolta che “la decisione della corte si giustifica solo in quanto, precedendo l'udienza di comparizione e trattazione davanti al giudice istruttore, abbia un apprezzabile margine temporale di applicazione, al fine di esplicare appieno la sua efficacia cautelare”12. Sempre la stessa corte di appello ha affermato che “il reclamo proposto ex art. 708 comma 4 e 739 comma 2 c.p.c.

avverso un’ordinanza presidenziale, seppure teoricamente ammissibile nel momento in cui è stato

10 Come è stato argutamente rilevato, “solo un folle può pensare che una corporazione possa a cuor leggero interpretare contra se una legge”: CEA, La nuova torre di Babele: le legge sull’affidamento condiviso e il reclamo contro i provvedimenti del giudice istruttore, in Foro it. 2006, I, 2215.

11 D’ALESSANDRO, I provvedimenti relativi alla prole. Aspetti processuali, in Commentario al c.c. Scialoja e Branca, sub art. 155, Bologna 2010, 156-157; DORONZO, in Nuove leggi civ., cit., 1267.

12 App. Firenze 10 luglio 2008, in Foro it. 2009, 1216: nella specie, il reclamo è stato rigettato perché la decisione dell'impugnazione proposta richiedeva un'ampia attività istruttoria, mentre non ricorrevano questioni indifferibili ed urgenti sì da non consentire che potessero essere decise nell'udienza di comparizione e trattazione davanti al giudice istruttore.

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www.judicium.it proposto, diviene improcedibile qualora nel frattempo la causa sia passata al giudice istruttore la cui udienza venga fissata prima dell’udienza stabilita per il reclamo stesso alla cui decisione le parti quindi non hanno più interesse13”.

Secondo altra opinione, l’udienza di comparizione dinanzi al g.i. determina il termine ultimo per proporre reclamo14.

Secondo altra opinione ancora, vi è alternatività semplice fra i due rimedi: proposto uno, l’altro è inammissibile15.

Ed infine, secondo un’ulteriore opinione, l’istanza di revoca /modifica è possibile solo ove sia trascorso il termine per proporre reclamo16.

Prima di procedere ad esaminare le questioni sopra indicate, occorre fare una precisazione: è evidente che, per l’argomento che stiamo esaminando, un elemento rilevante è costituito dalle ragioni che possono essere poste a fondamento dell’istanza di revoca/modifica. Se, come vedremo nel § successivo, si ritiene di dover reintrodurre, in via interpretativa, il requisito dei mutamenti nelle circostanze per l’istanza di revoca/modifica (vuoi in generale, vuoi in riferimento ai soli provvedimenti pronunciati dalla corte di appello in sede di reclamo), il coordinamento fra quest’ultima ed il reclamo si semplifica, anche se non si risolve completamente.

In altri termini, altro è sciogliere il nodo del concorso laddove i presupposti e/o gli effetti del provvedimento emesso in sede di reclamo siano diversi da quelli del provvedimento emesso dal g.i.

a seguito dell’istanza di revoca/modifica; altro è sciogliere il nodo del concorso se presupposti e/o effetti sono gli stessi per le due vie.

Se, infatti, si dovesse ritenere che in sede di reclamo si può chiedere un riesame degli stessi elementi già dedotti in sede presidenziale, ciò che viceversa non sarebbe possibile in sede di istanza di revoca/modifica, è evidente che non si potrebbe parlare di un vero e proprio concorso fra i due strumenti, e che la possibilità di ottenere dal g.i. la revoca/modifica del provvedimento presidenziale non toglierebbe l’interesse alla prosecuzione del reclamo: perché, appunto, attraverso questo si potrebbe ottenere di più di quanto si ottiene con la revoca/modifica.

La conclusione – anticipando che, come vedremo nel § successivo, con il reclamo è possibile chiedere un riesame pieno del provvedimento presidenziale, mentre l’istanza di revoca/modifica può essere proposta solo allegando un mutamento nelle circostanze – è dunque nel senso che il reclamo, una volta proposto, non perde efficacia in relazione allo svolgimento del processo di merito17; e che l’udienza di comparizione innanzi al g.i. non fa perdere il potere di proporre il reclamo18.

13 App. Firenze 18 gennaio 2008, in Juris Data – sentenze di merito; nello stesso senso App. Firenze 12 settembre 2007, in Juris Data – sentenze di merito.

14 App. Napoli 26 giugno 2007, in Corriere del merito 2007, 1251.

15 App. Milano 30 marzo 2007, in Dir. famiglia 2007, 1187.

16 Trib. Padova 2 aprile 2007, in Foro it. 2007, I, 1916; Trib. Napoli 9 novembre 2006, in Corriere del merito 2007, 26;

Foro it. 2007, I, 302; Trib. Modena 5 ottobre 2006, in Giur. merito 2007, 1949.

17 Come invece affermato dalla sentenze della Corte di appello di Firenze indicate nelle note 12 e 13.

18 Come invece affermato dalla sentenza della Corte di appello di Napoli indicata nella nota 14.

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www.judicium.it Ma è possibile che una stessa parte utilizzi contemporaneamente ambedue gli strumenti? Pur in mancanza di una specifica disciplina normativa, credo che sia necessario ricorrere ai principi generali, e che dunque – applicando il principio del concorso alternativo19 – la proposizione del reclamo precluda l’istanza di revoca/modifica del provvedimento presidenziale: istanza che potrà essere proposta nei confronti del decreto della corte di appello. E che, viceversa, proposta istanza di revoca/modifica, non si possa più proporre reclamo, ancorché il termine non sia ancora scaduto.

Infatti, non è logicamente concepibile che una stessa parte utilizzi ambedue gli strumenti, ancorché essi abbiano presupposti diversi, in quanto l’effetto da essi prodotto è sempre lo stesso: la determinazione di regole di comportamento, sia pur provvisorie.

Quanto appena visto non risolve però il problema che si pone se una delle parti propone reclamo e l’altra istanza di revoca/modifica, ovviamente con riferimento alla stessa statuizione: ad es., un coniuge chiede un aumento del proprio assegno di mantenimento, e l’altro la diminuzione dello stesso. Ché se invece le statuizioni oggetto dei due diversi strumenti fossero non coincidenti (ad es., nel reclamo si discute dell’assegno di mantenimento per il coniuge, e nell’istanza di revoca/modifica si discute dell’assegno per i figli), niente osterebbe alla trattazione contemporanea dei due procedimenti.

A me pare – sempre sul presupposto che con il reclamo si può chiedere un riesame pieno del provvedimento presidenziale, mentre l’istanza di revoca/modifica deve essere fondata su mutamenti nelle circostanze – che, qualora una delle parti proponga reclamo e l’altra istanza di revoca/modifica ed i due strumenti coincidano quanto ad oggetto, il reclamo debba prevalere sull’istanza di revoca/modifica20. Con la conseguenza che l’istanza, con la quale una parte chiede di modificare una statuizione già fatta oggetto di reclamo dall’altra parte, sia inammissibile o perda effetti, a seconda che essa sia proposta dopo o prima della proposizione del reclamo. La parte, che ad es. aveva proposto istanza di revoca/modifica dell’assegno di mantenimento a lei spettante, potrà trasferire nel procedimento di reclamo, che l’altra parte abbia successivamente proposto e che abbia ad oggetto appunto l’assegno di mantenimento, le richieste già avanzate al g.i.

Resta da valutare cosa accade se si verifica un contrasto fra i due giudici aditi, ciascuno dei quali ritiene che la richiesta vada proposta all’altro (conflitto negativo) oppure di essere lui a dover pronunciare sulla richiesta proposta e che l’altro non abbia tale potere (conflitto positivo). Sul punto dobbiamo rinviare al § 7, ove tratteremo dei possibili modi per risolvere i conflitti negativi e positivi fra più giudici.

19 Conf. DANOVI, Concorrenza e alternatività tra reclamo e revoca dell’ordinanza presidenziale, in Dir. famiglia 2007, 1197 ss.; CEA, Il difficile rapporto tra reclamo e revoca dei provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi, in Foro it. 2009, I, 1220-1221. Contra LUPOI, Aspetti processuali, cit., 1092; ARCERI, Sulla reclamabilità, cit., 288 e D’ALESSANDRO, I provvedimenti relativi alla prole, cit., secondo i quali solo la pronuncia del provvedimento in una delle due sedi fa venir meno l’oggetto dell’altro procedimento.

20 Conf. CEA, Il difficile rapporto, cit., 1221. Correttamente pertanto App. Milano 30 marzo 2007, in Dir. famiglia 2007, 1187, sul presupposto che l’istanza di revoca/modifica non richiede il mutamento nelle circostanze e che dunque con tale istanza si possono far valere le medesime ragioni che si fanno valere con il reclamo, dopo aver appurato l’inammissibilità del reclamo principale (per avere la parte proposto lo stesso dopo aver proposto un’istanza di revoca/modifica) ha dichiarato l’inammissibilità consequenziale del reclamo incidentale.

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§ 5. Passando ora all’altro problema che abbiamo individuato (presupposti e regime dell’ordinanza con cui il g.i. decida dell’istanza di revoca/modifica), constatiamo subito come vi sia un netto contrasto in ordine ai presupposti per la proponibilità di tale istanza.

Da un lato, infatti, vi è chi segue fedelmente il dettato normativo e – preso atto che l’attuale art. 709, ultimo comma, c.p.c. non fa altro che estendere espressamente alla separazione quanto già in precedenza ad essa si applicava in virtù dell’art. 4 della L. 898/197021 – afferma che a fondamento dell’istanza possono essere poste le stesse questioni già esaminate dal presidente (o, eventualmente, dalla corte di appello quando sia stato proposto reclamo)22.

Dall’altro lato, vi è invece chi afferma che l’ultimo comma dell’art. 709 c.p.c. (e l’art. 4, comma ottavo, della L. 898/1970) debbono essere sistematicamente riesaminati alla luce della successiva23 introduzione del reclamo avverso il provvedimento presidenziale, e che conseguentemente deve ritenersi che l’istanza di revoca/modifica debba fondarsi su “mutamenti

21 BALENA, in BALENA – BOVE, Le riforme più recenti del processo civile, Bari 2006, 405; SALVANESCHI, I procedimenti di separazione e divorzio, in Fam. e dir. 2006, 367. Di “mera operazione di cosmesi” parla CEA, I processi di separazione e divorzio all’indomani della promulgazione della L. N. 80/2005, in Riv. dir. civ. 2006, II, 128.

22 App. Firenze 12 settembre 2007, Juris Data – sentenze di merito; App. Milano 30 marzo 2007, in Dir. famiglia 2007, 1187; Trib. Lucera 31 gennaio 2007, Giur. merito 2008, 685; App. Bologna 17 maggio 2006, Juris Data – sentenze di merito. In dottrina DORONZO, in Nuove leggi civ., cit., 1281; CARRATTA, in Le recenti riforme del processo civile a cura di Chiarloni, Bologna 2007, 1523; SALVANESCHI, I procedimenti di separazione e divorzio, in Il processo civile di riforma in riforma, Milano 2006, 147; SIRACUSANO, in Commentario alle riforme del processo civile, a cura di Briguglio e Capponi, I, Padova 2007, 387; ARCERI, Sulla reclamabilità, cit., 290-291; D’ALESSANDRO, I provvedimenti, cit., 155 ss., 165 ss.

23 Ricordiamo, infatti, che l’art. 709 c.p.c. è stato modificato dal D.L. 35/2005, convertito con la L. 80/2005, con effetto dal 1° marzo 2006. Viceversa, l’ultimo comma dell’art. 708 c.p.c. è stato introdotto dalla L. 54/2006, con effetto dal 16 marzo 2006.

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www.judicium.it nelle circostanze” 24 (salvo poi discutere quali siano gli estremi di tale mutamento, anche con riferimento agli artt. 669-septies e 669-decies c.p.c.25).

Infine, una soluzione intermedia ritiene necessari i mutamenti nelle circostanze se l’istanza di revoca/modifica ha ad oggetto il provvedimento pronunciato dalla corte di appello in sede di reclamo, mentre tale necessità non vi sarebbe se l’istanza di revoca/modifica ha ad oggetto il provvedimento presidenziale26.

Scartiamo subito quest’ultima soluzione27, perché, secondo i principi e tranne espresse previsioni in senso contrario28, gli effetti di un provvedimento pronunciato in sede di impugnazione non sono mai diversi da quelli del provvedimento non impugnato. Così il giudicato sostanziale di una sentenza del giudice di pace non impugnata è identico al giudicato sostanziale della eventuale sentenza della Cassazione che sia pronunciata all’esito dell’impugnazione della sentenza di primo grado. Analogamente, la modifica e revoca di un provvedimento cautelare è sottoposta alle stesse

24 Trib. Bari 14 gennaio 2008, in Juris Data – sentenze di merito; Trib. Pisa 19 dicembre 2007, in Juris Data – sentenze di merito; Trib. Padova 2 aprile 2007, in Foro it. 2007, I, 1916; Trib. Palermo 6 marzo 2007, in Il merito 2007, 10; Trib.

Pisa 14 febbraio 2007, in Dir. famiglia 2007, 1228; Trib. Velletri 29 settembre 2006, in Giur. merito 2007, 707; Trib.

Foggia 2 maggio 2006, in Foro it. 2006, I, 2213.

In dottrina è questa l’opinione largamente prevalente: GAZZONI, Il mugnaio di Federico II (Aiuti familiari e reclamabilità delle ordinanze date nel giudizio di separazione), in Dir. famiglia 2006, 1210; ID., Mandare da Erode a Pilato: ancora sulla reclamabilità delle ordinanze del giudice istruttore date nel giudizio di separazione, in Dir. famiglia, 220 ss.; CEA, La nuova torre di Babele, cit., 2217; ID., Il difficile rapporto, cit., 1218 ss.; NARDELLI, Delle interpretazioni e della legge di Murphy, in Giur. merito 2007, 1956-1957; ID., Delle separazioni, del reclamo e dei film in bianco e nero, ovvero quando la prevedibilità della decisione dipende dalla residenza, in Giur. merito 2008, 691 ss.; D’IPPOLITO, Separazione personale dei coniugi: modificabilità, da parte del giudice istruttore, dei provvedimenti presidenziali adottati ad esito dell’udienza ex art. 708 C.P.C., in Giur. merito 2007, 712-713.

25 Trib. Bari 14 gennaio 2008, in Juris Data – sentenze di merito, cit., richiede il verificarsi di fatti nuovi; Trib. Padova 2 aprile 2007, in Foro it. 2007, I, 1916, cit., esige l’emersione nel processo di nuovi fatti o circostanze o anche di elementi di mera valenza probatoria; Trib. Palermo 6 marzo 2007, in Il merito 2007, 10, cit., specifica che si deve trattare di mutamenti sopravvenuti, oppure di fatti anteriori di cui sia stata acquisita la conoscenza successivamente; Trib. Pisa 14 febbraio 2007, in Dir. famiglia 2007, 1228, cit., ritiene applicabili gli stessi presupposti dell’art. 669-decies c.p.c.;

Trib. Foggia 2 maggio 2006, in Foro it. 2006, I, 2213, cit., ritiene necessari elementi sopravvenuti o, se preesistenti, incolpevolmente ignorati.

26 Trib. Modena 5 ottobre 2006, in Giur. merito 2007, 1949; Trib. Roma 7 luglio 2006, in Dir. famiglia 2007, 210. In dottrina TOMMASEO, Le nuove norme, cit., 399-400; LUPOI, Aspetti processuali, cit., 1091-1092; DORONZO, in Nuove leggi civ., cit., 1282; BALENA, in Le riforme più recenti, cit., 409; DANOVI, Concorrenza e alternatività, cit., 1200;

CECCHELLA, Reclamo, revoca, modifica, cit., 484.

27 Conf. GAZZONI, Mandare da Erode a Pilato, cit., 222; D’ALESSANDRO, I provvedimenti, cit., 165.

28 Ad es., le sentenze della Cassazione in materia di competenza sono vincolanti per il giudice ad quem, mentre non lo sono quelle pronunciate dai giudici di merito: artt. 44 e 45 c.p.c. Così, le sentenze della Cassazione a sezioni unite in materia di giurisdizione sono vincolanti per il giudice indicato come munito di giurisdizione, mentre non lo sono quelle pronunciate dalle sezioni semplici: art. 59 L. 69/2009.

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www.judicium.it condizioni vuoi che il provvedimento cautelare sia stato sottoposto vuoi che non sia stato sottoposto a reclamo. E così via.

Dunque, la revoca/modifica ex art. 709, ultimo comma, c.p.c., deve ritenersi subordinata agli stessi presupposti vuoi che le disposizioni, di cui è chiesta la revoca/modifica, siano contenute nel provvedimento presidenziale, vuoi che siano contenute nel provvedimento della corte di appello.

Restano dunque le due opzioni di base. Pur con tutti i dubbi del caso, a me pare che l’illimitata riesaminabilità, da parte del g.i., dei provvedimenti presidenziali, nonché di quelli eventualmente pronunciati dalla corte di appello in sede di reclamo, non sia sistematicamente sostenibile. Non vi è una vera e propria incompatibilità logica, purtuttavia l’interprete si trova a disagio con un sistema che prevede un reclamo, per poi non dare una minima stabilità al provvedimento non reclamato o a quello pronunciato in sede di reclamo. Si potrebbe giungere al seguente assurdo risultato: il presidente dà i provvedimenti temporanei ed urgenti, e nomina se stesso g.i.; la corte di appello accoglie il reclamo e modifica le statuizioni presidenziali; la parte soccombente nel reclamo propone istanza di revoca/modifica ed il g.i. …… ripristina il suo precedente provvedimento!

L’adesione alla tesi maggioritaria in giurisprudenza e dottrina è tuttavia condizionata all’abbandono, da parte delle corti di appello, della inaccettabile interpretazione restrittiva che esse danno al proprio controllo. È evidente che il disagio dell’interprete, di cui abbiamo detto poc’anzi, viene meno qualora nel reclamo non si possa ottenere un riesame pieno del provvedimento presidenziale, aperto a nuovi argomenti e ad un’attività istruttoria consona alla sommarietà del procedimento. E poiché – non essendo possibile un intervento della Cassazione – non vi è modo di imporre alle corti di appello di mutare opinione, chi scrive ha la quasi certezza che dovrà abbandonare la propria opinione e aderire alla tesi minoritaria.

Ove si acceda alla tesi restrittiva, si tratta poi di individuare quali preclusioni ponga il provvedimento presidenziale, e dunque quali elementi debbano essere addotti per ritenere ammissibile la istanza di revoca/modifica. In questa ottica, credo che il riferimento più congruo sia quello del procedimento cautelare uniforme: se non altro perché non mi pare possa essere negata la funzione lato sensu cautelare dei provvedimenti temporanei ed urgenti29.

Il richiamo all’art. 669-decies c.p.c. sembra dunque opportuno con una precisazione: che i mutamenti nelle circostanze, stante la necessaria pendenza del processo di merito, ben possono essere fondati anche su prove acquisite in quel processo, e non essere dunque limitati a sopravvenienze esterne al processo stesso.

§ 6. Il regime del provvedimento pronunciato dal g.i. a seguito di un’istanza di revoca/modifica costituisce, insieme a quello esaminato nel § precedente, la questione più dibattuta ed incerta in materia di provvedimenti temporanei ed urgenti. Ed infatti in giurisprudenza sono state sostenute tutte e tre le soluzioni astrattamente possibili.

Da un lato, si è negata ogni forma di controllo, ritenendo tale provvedimento unicamente modificabile e revocabile dal g.i., e rivedibile dal collegio con la sentenza30; da un altro lato, si è

29 Contra Trib. Trani 26 aprile 2006, in Foro it. 2006, I, 2213.

30 Trib. Bari 15 dicembre 2009, in Giurisprudenza barese 2010; Trib. Brindisi 20 maggio 2009, in Juris Data – sentenze di merito; Trib. Bari 23 settembre 2008, in Giurisprudenza barese 2008; Trib. Lucera 31 gennaio 2007, in Giur. merito 2008, 685; Trib. Trani 26 aprile 2006, in Foro it. 2006, I, 2213;

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www.judicium.it affermato che il provvedimento del g.i. sia reclamabile alla corte di appello, applicando analogicamente la disposizione relativa al provvedimento presidenziale31; da un altro lato ancora, si è sostenuto esperibile il reclamo al collegio32.

In dottrina, viceversa, è quasi unanime l’opinione che ritiene necessario un controllo sui provvedimenti del g.i.33, ed afferma che esso si concretizzi nel reclamo al collegio34.

Anche a me sembra che una qualche forma di controllo sui provvedimenti del g.i. non possa essere negata. La funzione cautelare in senso lato di tali provvedimenti, come abbiamo già visto, è incontestabile: ed è significativo che negli ultimi tempi il legislatore abbia introdotto il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. nei confronti di provvedimenti – come quelli previsti dagli artt. 624 e 703 c.p.c. – che hanno funzione cautelare, pur non essendo assoggetti al procedimento cautelare uniforme.

Né sembrano fondate le obiezioni sollevate avverso la controllabilità del provvedimento del g.i. Si è affermato, infatti, che il reclamo avverso i provvedimenti dei g.i. non sarebbe possibile per tre ragioni: per la specialità del provvedimento presidenziale; per il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione; perché la mancata previsione di un controllo nasce da una consapevole scelta del legislatore35.

31 Trib. Reggio Emilia 6 novembre 2006, in Foro it. 2007, I, 973; Trib. Roma 7 luglio 2006, in Dir. famiglia 2007, 210;

Trib. Genova 2 maggio 2006, in Foro it. 2006, I, 2213

In senso contrario App. Napoli 2 febbraio 2007, in Giur. merito 2008, 683; App. Cagliari 18 luglio 2006, in Riv. Giur.

sarda 2007, 655 ed in Foro it. 2006, I, 3242; App. Milano 6 luglio 2006, Foro it. 206, I, 3242; App. Roma 18 giugno 2006, in Dir. famiglia 2007, 173; App. Bari 16 giugno 2006, in Foro it. 2006, I, 3242.

32 App. Bari 29 agosto 2007, in Foro it. 2008, I, 3334; App. Napoli 5 marzo 2007, in Foro it. 2007, I, 1916; Trib. Genova 6 febbraio 2007, in Foro it. 2007, I, 946; App. Napoli 2 febbraio 2007, in Giur. merito 2008, 683; Trib. Firenze 30 novembre 2006, in Foro it. 2007, I, 973; Trib. Trani 28 aprile 2006, in Foro it. 2006, I, 2213.

33 GAZZONI, Il mugnaio, cit., 1211; ID. Mandare da Erode a Pilato, cit., 219 ss.; SALVANESCHI, I procedimenti, cit., 369;

SALVANESCHI, in I procedimenti, cit., 149; BALENA, in Le riforme più recenti, cit., 407; SIRACUSANO, in Commentario, cit., 387; MANDRIOLI, Diritto processuale civile, 20^, III, Torino 2009, 101; CEA, L’affidamento condiviso. II. Profili processuali, in Foro it. 2006, V, 99; NARDELLI, Delle separazioni, cit., 692; CECCHELLA, Reclamo, revoca e modifica, cit., 485; DORONZO, in Nuove leggi civ., cit., 1272-1273.

34 GAZZONI, Il mugnaio, cit., 1212 ss.; TOMMASEO, Le nuove norme, cit., 399; CEA, L’affidamento condiviso, cit., 99- 100; CEA, La nuova Torre, cit., 2215-2216; CEA, Ancora sul controllo delle misure nell’interesse dei coniugi e della prole:

nuovi provvedimenti, vecchi andazzi, in Foro it. 2006, I, 3245; MONTALDO, Brevi note sulla reclamabilità dei provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi adottati dal giudice istruttore, in Riv. giur. sarda 2007, 660 ss.;

NARDELLI, Delle interpretazioni, cit., 1954 ss.; ID., Delle separazioni, cit., 693 ss; CECCHELLA, Reclamo, revoca e modifica, cit., 485.

Nel senso che il provvedimento è reclamabile alla corte di appello LUPOI, Aspetti processuali, cit., 1089; MANDRIOLI, Diritto processuale, cit., 101; SALVANESCHI, Alcuni profili processuali della legge sull’affidamento condiviso, in Riv. dir.

proc. 2006, 1291; CARRATTA, in Le recenti riforme, cit., 1525; D’ALESSANDRO, I provvedimenti, cit., 171 ss.

35 Così Trib. Bari 23 settembre 2008, in Giurisprudenzabarese 2008.

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www.judicium.it Si può rilevare: che la specialità del provvedimento presidenziale può essere rilevante per individuare il tipo di controllo, ma non per escluderlo, posto che l’oggetto e gli effetti del provvedimento presidenziale e di quello del g.i. sono identici; che il principio della tassatività dei mezzi di impugnazione non può impedire un’interpretazione estensiva delle norme e – ove questa sia impossibile – può determinare l’illegittimità costituzionale della norma che non li prevede; che l’intreccio temporale delle novità legislative rende assai dubbia una consapevole scelta nel mitico personaggio.

Una volta ammesso il controllo, mi sembra che la scelta debba cadere sull’art. 669-terdecies c.p.c. per tutta una serie di considerazioni: in primo luogo perché non vi sono le ragioni che possono giustificare la deviazione dalla regola assolutamente prevalente, in virtù della quale, nei confronti dei provvedimenti del giudice singolo del tribunale, il controllo è affidato al collegio; in secondo luogo, perché la stessa scelta è stata effettuata dal legislatore in casi analoghi: si vedano, ad es., gli artt. 624 e 703 c.p.c. che espressamente richiamano l’art. 669-terdecies c.p.c.; da ultimo ma non per ultimo, perché il reclamo al collegio del tribunale è assai meno oneroso del reclamo alla corte di appello, cioè ad un ufficio giudiziario diverso, che normalmente è distante territorialmente dal luogo ove è radicato il processo.

§ 7. L’ultimo problema da affrontare riguarda gli eventuali conflitti che si possono creare, principalmente in ordine all’individuazione dell’ufficio cui proporre il reclamo: può accadere che la corte di appello affermi che il reclamo vada proposto al tribunale, e viceversa che il tribunale affermi che il reclamo vada proposto alla corte di appello. Ma un conflitto può verificarsi anche in altre ipotesi: ad es., qualora la corte di appello affermi che l’udienza di comparizione dinanzi al g.i.

costituisce il termine ultimo per proporre reclamo, mentre il tribunale ritiene che l’istanza di revoca /modifica è possibile solo ove sia trascorso il termine per proporre reclamo36; oppure ancora quando la corte dichiari improcedibile il reclamo, perché l’udienza fissata innanzi all’istruttore è antecedente all’udienza del procedimento di reclamo, ed il tribunale ritenga inammissibile l’istanza di revoca/modifica perché non fondata su mutamenti nelle circostanze37.

In dottrina si è cercato di affrontare e risolvere il problema del conflitto di competenza ipotizzando, sulla scia di alcuni precedenti della Cassazione in materia di reclamo cautelare, la eccezionale possibilità di proporre il regolamento di competenza in caso di conflitto negativo38: ma la via è stata di recente sbarrata dalle sezioni unite della Corte, le quali hanno negato tale possibilità, anche con riferimento all’ipotesi in cui il conflitto negativo non riguardi l’individuazione del giudice competente per l’istanza cautelare, sibbene il giudice competente per il reclamo39.

Si è pure ipotizzato il ricorso all’art. 363 c.p.c. 40, cioè alla possibilità che la Corte ha di pronunciare il principio di diritto nell’interesse della legge41: ma si tratta pur sempre di rimedio non

36 V. supra , note 14 e 16.

37 V. supra , note 13 e 24.

38 CEA, La nuova torre di Babele, cit., 2216; NARDELLI, Delle separazioni, cit., 693-694. Ma in senso contrario v.

GAZZONI, Mandare da Erode a Pilato, cit., 226-227.

39 Cass. 9 luglio 2009 n. 16091, in Giur. it. 2010, 1144.

40 Istituto che in effetti la Corte ha utilizzato nella controversia decisa con la sentenza indicata alla precedente nota.

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www.judicium.it risolutivo, poiché l’eventuale non applicazione del principio di diritto così enunciato da parte dei giudici di merito dà luogo ad un provvedimento non ricorribile in Cassazione, e quindi non suscettibile di essere annullato. E se anche la decisione dissidente fosse oggetto di ricorso ex art.

363 c.p.c., il suo eventuale annullamento non sortirebbe alcun effetto(art. 363, ultimo comma, c.p.c.).

Il fatto è che qui il nostro sistema processuale sconta l’attaccamento a regole e principi, la cui fondamentalistica applicazione può portare a situazioni assurde ed ingestibili.

Iniziamo dalle regole. Come è noto, la disciplina in materia di competenza prevede che, ove si tratti di incompetenza per materia o territorio inderogabile, il giudice ad quem possa contestare l’indicazione effettuata dal giudice a quo, e sollevare il conflitto di competenza (art. 45 c.p.c.). Se ne deduce la vigenza, nel nostro sistema, del principio per cui ogni giudice è giudice della propria competenza, e non può essere vincolato alla decisione sulla competenza pronunciata da un giudice diverso dalla Corte di cassazione. Trasponendo questo risultato nella nostra materia, si afferma che il giudice ad quem non è vincolato dall’indicazione del giudice a quo ma – non essendo ammesso il regolamento di competenza – si conclude che il giudice ad quem deve limitarsi a dichiarare sic et simpliciter la propria incompetenza. Con il risultato che l’utente della giustizia si può trovare dinanzi a due pronunce in conflitto (perché l’un giudice dichiara competente l’altro, e viceversa) e non avere lo strumento per risolverlo!

L’errore mi pare evidente: così facendo dell’art. 45 c.p.c. si applica solo una parte (quella che consente al giudice ad quem di svincolarsi dall’indicazione effettuata dal giudice a quo e di rilevare la propria incompetenza), e non l’altra (quella che non gli consente di dichiarare la propria incompetenza, ma lo obbliga a richiedere il regolamento di competenza di ufficio), senza rendersi conto che le due disposizioni sono inscindibili, nel senso che in tanto il giudice ad quem può rilevare la propria incompetenza, in quanto non può dichiararla, ma è obbligato ad utilizzare uno strumento idoneo a risolvere il conflitto.

A parte che il principio per il quale ogni giudice è giudice della propria competenza è invocato a sproposito – poiché esso serve a consentire al giudice (e all’arbitro) di decidere dell’esistenza del proprio potere, e non già a riservare a lui una tale decisione; e comunque risale “a una concezione patrimoniale, oggi tramontata, della giurisdizione, secondo il quale a ogni giudice dovrebbe essere riservata in maniera esclusiva la competenza a decidere sulla propria competenza42” – come si può applicare una regola che è inscindibilmente connessa con l’esistenza di uno strumento, allorché tale strumento non è utilizzabile?

La conclusione mi sembra ovvia: se la corte di appello dichiara che il reclamo va proposto al tribunale o viceversa, il giudice indicato come competente è vincolato alla precedente decisione. Si dirà: ma se il primo giudice ha errato, allora il reclamo dovrebbe essere deciso da un giudice che potrebbe essere incompetente, senza che questi possa far niente per impedire questo risultato. Si può replicare: se addirittura una disattenzione del giudice adito, che non rileva entro la prima udienza la propria incompetenza (art. 38, comma terzo, c.p.c.), porta ad investire del potere decisorio un giudice che non ce l’ha, maiori causa una decisione esplicita potrà portare a conferire la competenza a chi (eventualmente) non ce l’abbia.

41 CEA, La nuova torre di Babele, cit., 2216 nt. 8; GAZZONI, Mandare da Erode a Pilato, cit., 227 ss.

42 Così la relazione al c.p.c., 26 lett. b).

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www.judicium.it Né si dica che, quando il reclamo viene riproposto al giudice indicato come competente, il termine per proporlo è presumibilmente scaduto: dopo quello che hanno affermato la Corte costituzionale e la Corte di cassazione in materia di difetto di giurisdizione43, vorrei vedere chi avrebbe il coraggio di sostenere che lo stesso principio non vale quando, invece che di un errore di giurisdizione, si tratta di un errore di competenza!

Ma il discorso deve essere allargato ai principi. Un principio-feticcio in giurisprudenza e dottrina è l’inefficacia esterna delle decisioni di rito: principio che si basa sull’assolutizzazione di quanto dispone l’art. 310, secondo comma, c.p.c. per il solo caso in cui il processo si estingue.

Ancora una volta, il principio viene applicato anche quando non sussistono i presupposti descritti dalla norma: ad es., asserendo che financo la sentenza di Cassazione, che nega la competenza del giudice in ragione di una clausola compromissoria, non è vincolante nel processo arbitrale in cui la stessa controversia sia riproposta.

Per ritornare al nostro argomento, se una corte di appello rigetta un reclamo motivando tale rigetto – a ragione o a torto, non rileva – sul fatto che l’istanza di revoca/modifica non è condizionata all’allegazione dei mutamenti nelle circostanze, il g.i. non potrà rigettare tale istanza affermando che invece tale mutamento è necessario. E se una corte di appello rifiuta di decidere un reclamo affermando – a torto, come vedemmo: ma non rileva – che il concorso fra reclamo ed istanza di revoca/modifica va sciolto a favore di quest’ultima, non potrà il g.i. affermare che invece sarebbe spettato alla corte di appello di decidere.

Insomma, e per concludere: prendendo spunto dal titolo di un appassionato intervento in materia44, possiamo constatare che Pilato mandò Cristo da Erode per liberarsi dalla grana; ma, quando Erode si dichiarò “incompetente”, Pilato esercitò le sue funzioni, e non si limitò a dire che Erode aveva sbagliato nel rimandargli l’accusato. È lecito sperare che i nostri giudici non facciano peggio di Pilato?

43 Corte cost. 12 marzo 2007 n. 77 e Cass. 22 febbraio 2007 n. 4109.

44 Il riferimento, com’è evidente, è a GAZZONI, Da Erode a Pilato, cit.

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