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L’enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge ex art. 363 cpc - Judicium

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MICHELE FORNACIARI

L’enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge ex art. 363 cpc

(scritto già pubblicato in Riv. dir. proc. 2013, 32 ss.)

SOMMARIO: 1. Il nuovo testo dell’art. 363 c.p.c. – 2. La ratio della novella. – 3. L’ambito applicativo dell’istituto. – 4. Il presupposto (la questione “di particolare importanza”) ed il contenuto della pronuncia (conformità o difformità rispetto alla decisione di merito). – 5. L’efficacia della pronuncia (vincolatività o meno per le sezioni semplici della decisione delle sezioni unite). – 6. Le possibili ricadute concrete della pronuncia. – 7. Conclusione: apprezzabilità della novella.

1. Il nuovo testo dell’art. 363 c.p.c.

Nell’ambito dei ripetuti interventi sul giudizio di cassazione, operati dal legislatore negli ul- timi anni, uno di più significativi è indubbiamente quello che, nel 20061, ha inciso sull’art. 363 c.p.c., trasformando il “ricorso nell’interesse della legge” in “principio di diritto nell’interesse della legge” e rivitalizzando così un istituto che fino ad allora non aveva mai avuto alcuna applicazione concreta.

In effetti, dopo il 2006 le cose sono nettamente cambiate. Grazie in particolare alla possibili- tà della pronuncia semi-ufficiosa in caso di inammissibilità del ricorso, introdotta dalla riforma, la Cassazione ha infatti iniziato a fare un uso assai frequente, e non di rado disinvolto, dell’istituto, che è dunque venuto assumendo un ruolo decisamente rilevante, sia quantitativamente, sia anche qualitativamente2.

1 D. lgs. 2 febbraio 2006 n. 40.

2 E’ ad esempio proprio ex art. 3634 che Cass. sez. un. 23 dicembre 2008, n. 30254 in Foro it. 2009, I, 731, con nota di PALMIERI A., Pubblici poteri, responsabilità e tutela innanzi al giudice amministrativo: ancora un passo verso la com- pleta annessione al diritto comune dell’illecito provvedimentale, ibidem 2721, con nota di PAGNI I., La responsabilità della pubblica amministrazione e l’assetto dei rapporti tra tutela specifica e tutela risarcitoria dopo l’intervento delle sezioni unite della Cassazione, Riv. dir. proc. 2009, 449, con nota di VERDE G., Ancora su pregiudizialità amministrati- va e riparto di giurisdizione, Dir. proc. amm. 2009, 460, con nota di GRECO G., La Cassazione conferma il risarcimento autonomo dell’interesse legittimo: progresso o regresso del sistema?, Foro amm. 2008, 2639, con nota di SATTA F., Quid novi dopo la sentenza n. 30254 del 2008 delle Sezioni unite?, Nuova giur. civ. comm. 2009, I, 585, con nota di PASCIUCCO G., Il risarcimento del danno e la pregiudizialità amministrativa nelle parole della Cassazione, Corr. giur.

2009, 647, con note di DI MAJO A., Il risarcimento in via autonoma contro gli atti della p.a. e di PICOZZA E., La tutela giurisdizionale si dimensiona su quella sostanziale e non viceversa, Giuda al diritto 4/2009, 64, con nota di OBERDAN F., La parte può scegliere se fare ricorso alla tutela risarcitoria o alla demolitoria, Resp. civ. 2009, 1310, con nota di PATRITO P., Pregiudiziale amministrativa: il primo passo verso un concordato giurisprudenziale?, è nuovamente inter- venuta sul tema, spinosissimo e controverso, della c.d. pregiudizialità amministrativa. Ed è ancora ex art. 3634, in un caso di estinzione per rinuncia al ricorso successiva alla fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, che Cass. sez.

un. 6 settembre 2010 n. 19051, in Foro it. 2010, I, 3333, con osservazione di COSTANTINO G. e nota di SCARSELLI G., Circa il (supposto) potere della Cassazione di enunciare d’ufficio il principio di diritto nell’interesse della legge, Giur.

it. 2010, 1991, ivi, 2011, 885, con nota di CARRATTA A., L’art. 360 bis c.p.c. e la nomofilachia “creativa” dei giudici di cassazione, Giust. civ., 2011, I, 123, ivi, 403, con nota di TERRUSI F., Il filtro di accesso al giudizio di cassazione: la non soddisfacente risposta delle sezioni unite, Giusto proc. civ. 2010, 1131, con nota di LUISO F.P., La prima pronun- cia della Cassazione sul c.d. filtro, Nuova giur. civ. comm. 2011, I, 167, con nota di CARNEVALE V., La Corte di Cassa- zione ridimensiona il “filtro” dell’art. 360 bis cod. proc. civ., Guida al diritto 38/2010, 32, con nota di FINOCCHIARO G., La valutazione rispetto ai precedenti va compiuta al momento della decisione, ha fornito la lettura dell’art. 360bis in chiave di manifesta infondatezza e non di inammissibilità.

Più recentemente v. poi Cass. sez. un. 13 aprile 2012 n. 5873, sulla possibilità per il Consiglio di Stato di solle- vare in appello conflitto di giurisdizione, a seguito di declinatoria del giudice ordinario e tempestiva riproposizione del- la domanda davanti al giudice amministrativo, a condizione che il rilievo d’ufficio della questione di giurisdizione non sia ormai precluso; Cass. sez. un. 22 dicembre 28335, sulla non autonoma impugnabilità davanti al Consiglio Nazionale Forense dell’atto di apertura del procedimento disciplinare; Cass. sez. un. 19 ottobre 2011 n. 21582 (ord.), in Il Giudice di Pace 2/2012, 107, con nota di SCARPA A., Giudice di pace e cause relative a beni immobili, sulla competenza del

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Procedendo con ordine, vediamo dunque innanzitutto in cosa consistono gli interventi opera- ti dal legislatore.

Le novità sono, invero, abbastanza consistenti, e possono, schematizzando, essere ricondotte a tre distinti profili: i casi nei quali l’istituto può essere utilizzato; il procedimento da seguire; il provvedimento finale.

Dal primo punto di vista, si è proceduto ad un duplice ampliamento, vuoi di carattere ogget- tivo, vuoi di carattere soggettivo.

In precedenza, la pronuncia della Cassazione poteva infatti avere luogo unicamente su solle- citazione del Procuratore Generale presso la Corte ed unicamente allorché, pur essendo la materia suscettibile di ricorso ad opera delle parti, queste non lo avessero proposto oppure, propostolo, vi avessero rinunciato. Oggi, a seguito della riforma, intanto, per quanto concerne il ricorso del Procu- ratore Generale, si è sancito che questo può aver luogo, oltre che nei casi suddetti, anche quando il provvedimento, non altrimenti impugnabile, non sia ricorribile in Cassazione (ad opera delle parti)3. Oltre a questo si è poi però anche introdotta la possibilità di una pronuncia che, come poc’anzi anti- cipato, potremmo definire semi-ufficiosa. Ai sensi dell’art. 3633, la Cassazione, allorché dichiara inammissibile il ricorso proposto da una parte, può infatti enunciare ugualmente il principio di dirit- to (senza effetto sul provvedimento impugnato: art. 3634), qualora ritenga che la questione sottopo- stale sia di particolare importanza (la pronuncia è dunque, come si è detto, semi-ufficiosa perché il giudizio, all’interno del quale è resa, è pur sempre frutto del ricorso, ancorché inammissibile, di una parte).

Dal secondo punto di vista (con riferimento cioè al procedimento), è stato introdotto un nuo- vo art. 3632, nel quale per un verso si disciplinano, sia pure sommariamente, il contenuto e le moda- lità di presentazione della richiesta del Procuratore Generale, sancendo che questa deve contenere una sintetica esposizione del fatto e delle ragioni di diritto, e che deve essere rivolta al Primo Presi- dente della Corte4; per altro verso si regolamenta, ancora più sommariamente, il procedimento, pre-

Giudice di Pace (nei limiti della sua generale competenza per valore), in merito a pretese che abbiano la loro fonte in un rapporto, giuridico o di fatto, riguardante un bene immobile; Cass. 18 ottobre 2011 n. 21560 (ord.), sull’applicabilità dell’art. 366 n. 6 alla sentenza prodotta nel giudizio di merito per dimostrare l’esistenza di un giudicato esterno, laddove il motivo di ricorso per cassazione censuri la statuizione della sentenza impugnata relativamente all’esistenza o all’interpretazione del giudicato.

3 Secondo FRASCA R., La decisione in tema di competenza e giurisdizione, inIl nuovo giudizio di cassazione, a cura di IANNIRUBERTO G.-MORCAVALLO U., Milano 2007, 307, la riforma avrebbe per altro verso reso facoltativa la decisione della Cassazione su richiesta del Procuratore Generale. La tesi, che fa leva sull’art. 3632, poggia però su un presupposto (quello secondo il quale la decisione ex art. 363 avverrebbe sempre a sezioni unite) che, come vedremo (§ 4 testo e nota 10), non pare condivisibile.

4 Nel senso che l’iniziativa del P. G., non configurandosi come un mezzo di impugnazione, e concretandosi dunque non in un ricorso ma in una mera richiesta, non deve essere notificata alle parti, le quali sono prive di legittimazione a parte- cipare al procedimento, v. Cass. sez. un. 1 giugno 2010 n. 13332, in Foro it. 2011, I, 1862, con nota di IANNIRUBERTO G., La domanda del procuratore generale della Cassazione per l’enunciazione del principio di diritto: regole proces- suali, Giust. civ. 2011, I, 2652, Dir. giur. 2010, 612, con nota di IANNIRUBERTO G., La richiesta del Procuratore Gene- rale della Cassazione nell’interesse della legge. Nello stesso senso, in dottrina, CRISCUOLO A., I provvedimenti ricorri- bili. Il ricorso nell’interesse della legge, inIl nuovo giudizio di cassazione, a cura di IANNIRUBERTO G.-MORCAVALLO U., cit., 171 s. e 174 (sia pure con qualche apertura in senso contrario); REALI G., in La riforma del giudizio di cassa- zione. Commentario al D. Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, capo I e alla L. 18 giugno 2009, n. 69, capo IV, a cura di CI- PRIANI F., Padova 2009, 177. Nel senso invece della necessità dell’attivazione del contraddittorio, v. TISCINI R., Il giu- dizio di cassazione riformato, in Giusto proc. civ. 2007, 532 ss., poi, comeRicorso per cassazione nel diritto processua- le civile, in Digesto priv., agg., II, 2007, 1149 ss. e in www.judicium.it, § 3, e, quantomeno nei casi nei quali la pronun- cia della Cassazione possa in qualche modo riflettersi sulla posizione delle parti (sul punto v. il § 6), IANNIRUBERTO G., La domanda, cit., 1874. Nel senso dell’opportunità della comunicazione del ricorso alle parti e della possibilità, per queste, di partecipare all’udienza e/o di presentare memorie nei cinque giorni precedenti, ma senza che in capo ad esse possa configurarsi un vero e proprio diritto al contraddittorio, così come per l’inapplicabilità dell’art. 3843, v. BRIGU-

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vedendosi la possibilità di assegnazione dell’istanza alle Sezioni Unite, ove la questione rivesta par- ticolare importanza.

Dal terzo punto di vista (vale a dire quanto al provvedimento finale), si è inteso conferire maggiore peso e significato alla pronuncia, sostituendosi l’intervento meramente demolitorio del vecchio testo (la cassazione nell’interesse della legge), con uno a contenuto positivo (l’enunciazione, sempre nell’interesse della legge, del principio di diritto cui avrebbe dovuto atte- nersi il giudice del merito).

Nessuna sostanziale novità apporta viceversa la mutata formulazione dell’ultimo comma, che rappresenta esclusivamente l’adeguamento alle modifiche dei commi precedenti: poiché in que- sti non si parla più, come appena detto, di cassazione della sentenza – e poiché, si aggiunga pure, anticipando quanto si dirà fra breve, alla luce delle modifiche medesime non è detto che la sentenza della Cassazione si ponga necessariamente in conflitto con il provvedimento di merito – non avreb- be avuto senso conservare il riferimento che ad essa (alla cassazione) era contenuto nel precedente testo. Tale riferimento è stato dunque sostituito da quello alla pronuncia della Corte.

2. La ratio della novella

Detto delle modifiche e passando dunque al commento, per quanto concerne la ratio dell’intervento, questa è chiarissima e del resto era esplicitamente enunciata nella legge delega, do- ve si parlava di introduzione di “meccanismi idonei, modellati sull’attuale articolo 363 del codice di procedura civile, a garantire l’esercitabilità della funzione nomofilattica della Corte di cassazione, anche nei casi di non ricorribilità del provvedimento ai sensi dell’articolo 111, settimo comma, della Costituzione”5: in questione è il tentativo di accrescere e di rafforzare lo svolgimento dell’opera di indirizzo della Cassazione, per un verso estendendolo anche a quei settori – tipico ad esempio quel- lo delle misure cautelari, e più in generale provvisorie e/o a cognizione sommaria – in relazione ai quali, a cose normali, essa non può trovare luogo, per altro verso conferendo all’intervento della Corte una maggiore autorità. Da qui, dunque, sia il duplice allargamento dei casi di utilizzabilità dell’istituto (possibilità di ricorso del Procuratore Generale anche in relazione a provvedimenti non ricorribili; pronuncia ufficiosa in caso di ricorso inammissibile), sia la modifica nel contenuto della pronuncia (non più mera cassazione, ma enunciazione del principio di diritto), sia ancora la possibi- lità di investire della decisione le sezioni unite.

Per converso, la conservata insensibilità del provvedimento di merito alla pronuncia della Cassazione risponde alla preoccupazione di evitare che le parti sommergano la Corte con un diluvio di istanze in materie non suscettibili di ricorso, né ordinario né straordinario, scommettendo sulla possibilità che la Corte medesima, pur dichiarando inammissibile l’impugnazione, emetta ugual- mente una decisione ai sensi dell’art. 3633. Pur non potendosi escludere in assoluto che tale decisio- ne assuma, a seconda dei casi, un qualche rilievo6, è infatti evidente che l’espressa esclusione di ef- fetti sul provvedimento di merito rappresenta comunque un notevole disincentivo a tali tentativi.

3. L’ambito applicativo dell’istituto

Per quanto concerne l’esegesi della norma, vi sono diversi aspetti che meritano attenzione.

GLIO A., in Commentario alle riforme del processo civile, a cura di BRIGUGLIO A.-CAPPONI B., III, 1, Ricorso per cas- sazione, Padova 2009, 129 s.

5 Art. 33 lett. a), penultimo inciso, l. 14 maggio 2005 n. 80.

6 Sul punto v. il § 6.

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Il primo, assai rapido, è quello per il quale, dovendo l’intervento della Cassazione tradursi nell’enunciazione di un principio di diritto, esso non può ovviamente concernere se non le ipotesi nelle quali, in generale, la decisione della Corte è idonea ad un siffatto esito; vale a dire, in sostanza, allorché in questione è un vizio rientrante in uno dei motivi di cui ai nn. 1-4 dell’art. 3601.

Il secondo aspetto sul quale soffermarsi attiene sempre all’ambito di applicazione dell’istituto, ma da un altro punto di vista.

Leggendo la norma, l’impressione che si ricava è, sicuramente, quella per la quale con la novella si è voluto consentire l’intervento della Corte anche in relazione alle decisioni non suscetti- bili di ricorso7. In tal senso è infatti espressa l’integrazione del primo comma, quanto al ricorso del Procuratore Generale (dove si parla appunto di provvedimento non ricorribile in Cassazione). Ed in tal senso deve senz’altro intendersi, se non altro sul piano dell’intenzione del legislatore, anche il più generico riferimento del terzo comma all’inammissibilità del ricorso, quanto alla pronuncia d’ufficio.

A meglio riflettere, questo non esaurisce tuttavia la portata della riforma. L’inammissibilità del ricorso, se pure ha senz’altro la propria più significativa manifestazione nei casi di non ricorribi- lità in Cassazione, trova nondimeno luogo anche in altre ipotesi, e segnatamente in presenza di de- terminati difetti procedurali (si pensi in particolare alla difettosa formulazione del ricorso, in rela- zione ai requisiti richiesti dall’art. 366). Alla luce della generica formulazione dell’art. 3633, non vi sono dunque ragioni per le quali, laddove il difetto non sia tale da impedire di cogliere i termini del- la questione, la Cassazione non possa procedere all’enunciazione d’ufficio del principio di diritto anche in questo tipo di ipotesi.

Più in generale deve anzi ritenersi che ciò debba essere ammesso in tutti i casi nei quali il processo si esaurisca in rito, quale che ne sia il motivo (banalmente, si pensi all’estinzione per ri- nuncia8; certo, in questi casi la norma contempla espressamente la possibilità della richiesta del Procuratore Generale; ma non pare ragionevole configurare tale richiesta quale conditio sine qua non, tale che, in sua assenza, la Corte non possa ugualmente enunciare il principio di diritto, ove ne ritenga la questione meritevole; di un siffatto rigore non si riesce infatti a cogliere quali potrebbero essere i motivi)9.

7 Nel senso che questa era l’intenzione del legislatore delegante, v. CAPONI R., osservazione a Cass. 28 dicembre 2007 n. 27187, in Foro it. 2008, I, 768.

8 Per l’applicabilità dell’istituto in questa ipotesi v. Cass. sez. un. 6 settembre 2010 n. 19051, cit., della quale si è già detto, anche a questo proposito, nella nota 2.

9 Per l’applicabilità della norma in caso di improcedibilità v. Cass. 21 maggio 2007 n. 11682, in Giur. it. 2009, 932, con nota di IMPAGNATIELLO G., Principio di diritto nell’interesse della legge e funzione nomofilattica della Cassazione.

Per altro verso, la Cassazione ha poi ritenuto possibile l’enunciazione del principio di diritto nell’interesse del- la legge da un lato non solo in sede di ricorso ordinario ma anche nell’ambito dei regolamenti, vuoi di giurisdizione (Cass. sez. un. 28 dicembre 2007 n. 27187, in Foro it. 2008, I, 766, con osservazioni di CHIAVACCI C., CAPONI R. e PALMIERI A., Giur. it. 2009, 931, con nota di G., Principio di diritto, cit., Giust. civ. 2008, I, 1437, con nota di GIOR- DANO R., La decisione della Suprema Corte sulla vicenda del comune di Serre: considerazioni su alcuni profili proces- suali, Guida al diritto 10/2008, 51, con nota di MICALI A., Negato il ricorso in Cassazione contro i provvedimenti d’urgenza, Urbanistica e appalti 2008, 589, con nota di CAMERIERO L., Giurisdizione esclusiva e diritto alla salute, Il corriere del merito 2008, 387, con nota di MADDALENA M.L., Comportamenti amministrativi e lesione di diritti fon- damentali) vuoi di competenza (Cass. sez. un. 12 maggio 2008 n. 11657, in Giur. it. 2009, 931, con nota di IMPAGNA- TIELLO G., Principio di diritto, cit., Corriere giur. 2008, 1221, con nota di DE PASCALIS C.G., Incompetenza per territo- rio derogabile: tempestività dell’eccezione e impugnabilità della pronuncia, Il corriere del merito 2008, 926, con nota di TRAVAGLINO G., Eccezione di incompetenza per territorio e comparsa di risposta del convenuto), dall’altro non solo nei casi di decisione in udienza, ma anche in quelli di decisione in camera di consiglio, e (ciò che pare francamente ov- vio) con riferimento non alle sole ragioni che hanno condotto all’inammissibilità, ma a tutte quelle sollevate (Cass. 20 maggio 2011 n. 11185, in Foro it. 2011, I, 2036 e in Giust. civ. 2011, I, 1682; contra, sul punto dell’applicabilità dell’istituto anche nell’ambito del procedimento camerale, in precedenza, Cass. 31 dicembre 2009 n. 28237; in dottrina, per la pronunciabilità del principio di diritto su tutte le questioni sollevate e non solo su quella che ha determinato

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Ancora, un ulteriore settore, in relazione al quale si potrebbe pensare ad un’estensione dell’istituto, è quello dei motivi assorbiti. Laddove la Cassazione accolga il ricorso per un certo mo- tivo, tale da rendere inutile, in relazione al concreto esito della causa, l’esame di altri profili, ben può infatti darsi che l’esame di questi rivesta tuttavia rilievo sul piano generale e giustifichi dunque l’enunciazione in proposito, pur senza riflessi sul processo, del principio di diritto. Né d’altro canto, in linea generale, sussistono, anche in questa ipotesi, peculiarità tali da precludere una siffatta ope- razione. Come sempre accade, allorché si tratta di valutare l’assimilabilità o meno di due fattispecie, le differenze da prendere in considerazione sono infatti esclusivamente quelle rilevanti in relazione al problema in esame (in caso contrario, l’assimilabilità sarebbe esclusa in partenza, posto che, se si tratta di due fattispecie diverse, una qualche differenza esiste per definizione). E certo, per quanto concerne il caso dei motivi assorbiti, le differenze che questo presenta rispetto a quello dell’inammissibilità del ricorso, espressamente contemplata dalla norma, non sono rilevanti in rap- porto all’istituto, della cui applicazione si discute.

La cosa non pare tuttavia fattibile per un’altra ragione; e cioè perché, una volta che la Corte si soffermi su un certo motivo, ancorché il suo esame non sia a rigore necessario, data la presenza di un motivo assorbente, non ha senso che essa da un lato lo dichiari assorbito e dall’altro, ex art. 363, enunci ugualmente, in relazione ad esso, il principio di diritto. A tal punto appare infatti, non solo più semplice e logico, ma anche più corretto, che anche su tale motivo essa pronunci senz’altro, si tratti di una decisione nello stesso senso di quella sul motivo potenzialmente assorbente, si tratti vi- ceversa di una decisione di segno contrario.

4. Il presupposto (la questione “di particolare importanza”) ed il contenuto della pronuncia (conformità o difformità rispetto alla decisione di merito)

Il terzo aspetto che è bene chiarire riguarda il significato dell’utilizzo, nel 3° comma, con ri- ferimento ai presupposti della pronuncia d’ufficio in caso di ricorso inammissibile (e negli altri casi a questo assimilabili), della medesima espressione (“questione […] di particolare importanza”) uti- lizzata nel 2° comma con riferimento alla devoluzione della questione alle sezioni unite. Posta

l’inammissibilità, v. DE CRISTOFARO M., in Codice di procedura civile, 876 e IMPAGNATIELLO G., Principio di diritto, cit., 935 ed ivi ulteriori indicazioni sul punto).

Per quanto concerne il ricorso del Procuratore Generale, la Cassazione ha invece adottato una lettura rigorosa, ritenendo che esso, seppure non impugnatorio, rappresenti pur sempre uno strumento per reagire ad una pronuncia con- traria alla legge e non possa dunque prescindere dalla fattispecie concreta ed assumere carattere “preventivo o addirittu- ra esplorativo”, sollecitando interpretazioni “su questioni astratte o, in ogni caso, non pertinenti alla specifica vertenza”

[Cass. sez. un. 11 gennaio 2011 n. 404, in Giur. it. 2011, 2618, con nota di RONCO A., Ricorso per cassazione nell’interesse della legge: tra il principio di diritto auspicato e il provvedimento censurato deve correre una relazione di pregiudizialità-dipendenza (e non basta un nesso di semplice occasionalità)], né mirare ad un’affermazione di mas- sima su ambiti estranei alle competenze della Cassazione (Cass. sez. un. 17 settembre 2010 n. 19700).

Per la praticabilità dell’istituto anche laddove si tratti semplicemente di correggere la motivazione, il dispositi- vo risultando in sé corretto, v. CRISCUOLO A., I provvedimenti ricorribili, cit., 173 s. Contra (ma la tesi appare in effetti priva di giustificazione, non foss’altro alla luce dell’art. 3844, che testimonia della rilevanza conferita dal legislatore al percorso argomentativo delle decisioni) NAPPI A., Il sindacato di legittimità nei giudizi civili e penali di cassazione2, Torino 2011, 336 s.

Sul possibile intervento della Cassazione, ex art 363, anche in materie riservate alla giurisdizione amministrati- va e contabile (e dunque di ricorso inammissibile in quanto “fondato su motivi diversi dai c.d. limiti esterni della giuri- sdizione”), v. IMPAGNATIELLO G., Principio di diritto, cit. 937 s.

In generale sull’ambito applicativo dell’istituto v. inoltre, anche per ulteriori indicazioni, BRIGUGLIO A., in Commentario, cit., 116 s.; DE CRISTOFARO M., in Codice di procedura civile commentato, diretto da CONSOLO C., II4, Milano 2010, 876 s.; FRASCA R., La decisione, cit., 307 ss.; REALI G., in La riforma, cit., 178 ss.;TARUFFO M., Una ri- forma della Cassazione civile?, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 769.

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l’identità di espressione, si potrebbe infatti essere indotti a ritenere che il presupposto della decisio- ne d’ufficio coincida con quello della pronuncia a sezioni unite e che dunque, in sostanza, la deci- sione d’ufficio debba sempre essere resa appunto a sezioni unite; o comunque un siffatto interroga- tivo è lecito ed è dunque bene fornirvi risposta.

Questo essendo il problema, non pare peraltro dubbio che la risposta debba essere negati- va10. Ove il legislatore veramente avesse voluto sancire una disciplina di questo tipo è infatti ragio- nevole ritenere che lo avrebbe sancito espressamente. Avendo viceversa serbato, al riguardo, un as- soluto silenzio, pretendere di giungere alla medesima conclusione sulla base della sola comunanza di espressione sembra dunque alquanto forzato; soprattutto considerando che in questione è un’indicazione di carattere generico, che, come tale, mal si presta ad interpretazioni rigide, quale appunto quella in discorso.

Il quarto aspetto da illustrare si riferisce al segno della pronuncia ed è invero assai rapido. A tale proposito si tratta infatti semplicemente di segnalare che, non essendo più in questione la cassa- zione nell’interesse della legge, bensì, più ampiamente, come detto, l’enunciazione, sempre nell’interesse della legge, del principio di diritto, nulla impone che ciò avvenga solo nel caso in cui la Cassazione ritenga errata la decisione di merito e non anche, viceversa, quando la ritenga corret- ta; quando il principio di diritto si ponga cioè in linea, anziché in conflitto, con tale decisione. E’

vero, infatti, che l’art. 3631 parla di “principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi”, con ciò avendo evidentemente presente esclusivamente l’ipotesi del contrasto. Ciò di- pende però dal fatto che la norma è dettata con riferimento all’iniziativa del Procuratore Generale, sul presupposto della sua contrarietà al provvedimento del giudice di merito. Al netto di tale pro- spettiva, non si vede dunque per quale ragione, quando ritiene corretto tale provvedimento, la Corte – vuoi in caso di sollecitazione del Procuratore Generale, vuoi in caso di pronuncia d’ufficio – non potrebbe ugualmente apporre ad esso l’avallo della propria autorità, laddove ritenga che la questio- ne lo meriti. E tutto sommato non pare così astrusa neppure la possibilità di consentire allo stesso Procuratore Generale di sollecitare un siffatto intervento11.

5. L’efficacia della pronuncia (vincolatività o meno per le sezioni semplici della decisione delle sezioni unite)

10 In tal senso BRIGUGLIO A., in Commentario, cit., 118 s.; CRISCUOLO A., I provvedimenti ricorribili, cit., 170; NAPPI A., Il sindacato di legittimità, cit., 337 s,; REALI G., in La riforma, cit., 181 s. Contra LOMBARDINI I., La riforma del giudizio di cassazione alla luce del D. legisl. 40 del 2006, in Studium iuris 2006, 1241 e, implicitamente, FRASCA R., La decisione, cit., 307, laddove, sostenendo che, ex art 3632, riferito alla decisione da parte delle sezioni unite, “spetta al Primo Presidente decidere se [la richiesta del Procuratore Generale] merita una risposta” (in proposito v. già la nota 3), presuppone evidentemente che la decisione della Corte sia per definizione a sezioni unite. Per la quantomeno tendenzia- le necessità, o comunque opportunità, di investire sempre le sezioni unite v. poi CARRATTA A., in Le recenti riforme del processo civile, commentario diretto da CHIARLONI S., I, Bologna 2007, 362; CAPONI R., Osservazione, cit., 767; CON- SOLO C., Il processo di primo grado e le impugnazioni delle sentenze dopo la legge n. 69 del 2009, Padova 2009, 485;

DE CRISTOFARO M., in Codice di procedura civile, cit., 875; SASSANI B., Il nuovo giudizio di cassazione, in Riv. dir.

proc. 2006, 231; TEDOLDI A., La nuova disciplina del procedimento di cassazione: esegesi e spunti, in Giur. it. 2006, 2012.

Più in generale sugli orientamenti della Cassazione in merito al requisito in questione, nelle sue prime pronun- ce ex art. 363 riformato, v. IMPAGNATIELLO G., La Cassazione civile dopo la riforma: una nuova nomofilachia, in Giu- sto proc. civ. 2008,1036 s. e ID., Principio di diritto, cit., 935 s.

11 In tal senso BRIGUGLIO A., in Commentario, cit., 115 e 119, e, con riferimento al rigetto del ricorso del Procuratore Generale o alla pronuncia d’ufficio, CAPONI R., osservazione, cit., 768; DE CRISTOFARO M., in Codice di procedura ci- vile, cit., 877; REALI G., in La riforma, cit., 180; TARUFFO M., Una riforma, cit., 767. Per la possibilità di una pronuncia in linea con la decisione di merito solo in caso di ricorso inammissibile e non anche a seguito della richiesta del Procu- ratore Generale, CONSOLO C., Il processo di primo grado, cit., 485 s.

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Il quinto aspetto sul quale occorre riflettere è quello, di notevole importanza, relativo all’efficacia pronuncia. Per la precisione, posto che, in linea di massima, nei casi in questione la de- cisione della Cassazione rileva esclusivamente come precedente (ciò vale del resto anche per le sen- tenze “ordinarie”; non è dunque neppure ipotizzabile che a quelle rese nell’interesse della legge possano essere ricollegati effetti sotto alcun profilo più intensi), ciò che occorre chiedersi è se, lad- dove venga resa a sezioni unite, essa possieda o meno quell’efficacia vincolante per le sezioni sem- plici che la riforma ha in generale introdotto (art. 3743)12.

A tale riguardo, occorre innanzitutto chiarire la portata del problema, ed in proposito occorre distinguere. La decisione nell’interesse della legge può infatti essere resa in due ordini di fattispe- cie: casi nei quali le parti non possono proporre ricorso in Cassazione; casi nei quali potrebbero far- lo, ma o non lo hanno proposto, o vi hanno rinunciato, o il ricorso è altrimenti inammissibile (o, come si è visto, più in generale da rigettare in rito).

Ebbene, nel secondo ordine di fattispecie nulla questio, nel senso che in queste ipotesi il problema si pone senz’altro. Può infatti senz’altro darsi che, successivamente alla decisione nell’interesse della legge, la Corte venga nuovamente investita del problema in via ordinaria, nell’ambito di una diversa causa.

Nel primo ordine di fattispecie, viceversa, il problema in linea di massima non si pone: trat- tandosi di materia che non può arrivare in Cassazione (se non tramite il meccanismo di cui all’art.

363), e posto che il vincolo in discorso riguarda solo le sezioni semplici e non anche i giudici di me- rito, a cose normali manca il presupposto perché esso possa prodursi.

Questo vale però appunto, come si è appena detto, in linea di massima. Il fatto che la materia non possa arrivare in Cassazione tramite i canali ordinari non significa infatti che, una volta decisa, essa non possa più tornarci in assoluto. Nulla impedisce infatti che il Procuratore Generale, non condividendo il precedente, investa nuovamente la Corte della questione; né può evidentemente e- scludersi l’eventualità di un nuovo ricorso, pur inammissibile, delle parti. In questi casi, il problema del vincolo per le sezioni semplici del precedente delle sezioni unite può dunque porsi, per quanto, com’è evidente, sempre e comunque con riferimento a pronunce da rendere nell’interesse della leg- ge.

Chiarito questo, e venendo dunque all’interrogativo circa la sussistenza o meno del vincolo, non pare che vi siano motivi per ritenere che la decisione delle sezioni unite dovrebbe avere, ove re- sa nell’interesse della legge, ed a cagione di questo, un’efficacia ridotta. La norma non contiene in- fatti, in tal senso, alcuna indicazione; né, per altro verso, si riescono a cogliere, nella medesima di- rezione, argomenti di carattere generale. Non si vede dunque cosa osti a ritenere puramente e sem- plicemente applicabile anche in questo caso la norma relativa all’efficacia della decisione delle se- zioni unite, dato che, per altro verso, quest’ultima non contiene a sua volta alcun indizio nel senso che essa si applicherebbe esclusivamente alle decisioni ordinarie e non anche a quelle qui in esame.

Il discorso è insomma, detto in sintesi, il seguente: nell’art. 363 si parla di decisione delle sezioni unite; l’art. 3743 sancisce che tale decisione vincola le sezioni semplici; molto semplicemente non si vede in nome di cosa la seconda norma dovrebbe ritenersi applicabile solo alle decisioni rese nell’ambito dei ricorsi ordinari e non anche a quelle rese nell’interesse della legge.

D’altro canto, se così non fosse, la possibilità, contemplata nell’art. 363, di investire della questione le sezioni unite non solo perderebbe gran parte della propria ragion d’essere, ma si por- rebbe in netto contrasto con la ratio complessiva della riforma: in un contesto nel quale si cerca di rafforzare la funzione nomofilattica della Cassazione, e per far questo, in particolare, da un lato si sancisce, per la prima volta, un’efficacia vincolante della pronuncia delle sezioni unite, dall’altro si amplia sensibilmente la possibilità di emettere decisioni nell’interesse della legge; in tale contesto,

12 Per la vincolatività v. REALI G., in La riforma, cit., 183.

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si diceva, conservare alla pronuncia delle sezioni unite, nell’ambito di queste ultime decisioni, un’efficacia meramente persuasiva rappresenterebbe un vero e proprio controsenso.

Non sembrano dunque poter sussistere dubbi circa il fatto che la risposta all’interrogativo in discorso debba essere nel senso che, anche nell’ambito delle decisioni nell’interesse della legge, la pronuncia delle sezioni unite deve essere ritenuta vincolante per le sezioni semplici.

6. Le possibili ricadute concrete della pronuncia

L’ultimo aspetto da prendere in esame concerne l’utilità, o, forse meglio, la spendibilità, del- la decisione della Cassazione.

In proposito, non sembrerebbe, in verità, esserci nulla di particolare da dire. La materia è in- fatti espressamente regolata dall’ultimo comma della norma, dove, come riferito, si sancisce chia- ramente, in continuità con la disciplina previgente (la modifica rappresentando, come parimenti ri- ferito, solo l’adeguamento alle modifiche dei commi precedenti), che la pronuncia della Cassazione

“non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito”.

Scontata tale inefficacia, e senza che in proposito si renda necessario operare particolari pre- cisazioni, l’interrogativo che può porsi è dunque semmai un altro; vale a dire quello se non vi sia qualche altro modo (riproposizione della domanda, istanza di revoca, ecc.), nel quale le parti possa- no comunque giovarsi della pronuncia della Cassazione.

La risposta a tale interrogativo non può essere assolutamente univoca. Infatti, fermo restan- do che, quando in questione sono sentenze, o comunque provvedimenti suscettibili di giudicato (o di una qualche forma di consolidazione, tale da precludere il riesame del problema, salvo fatti nuo- vi), la pronuncia non può in alcun modo neppure contribuire a riaprire il discorso, in altri casi non può escludersi che questo possa viceversa accadere.

In particolare, si pensi ai provvedimenti cautelari13. In tale ambito, com’è noto, per un verso il rigetto della domanda non preclude la sua riproposizione; per altro verso il provvedimento favo- revole all’attore è sempre soggetto a modifica o revoca. Ebbene, a seconda di ciò che si ritenga in merito alle condizioni necessarie per tale riproposizione o modifica/revoca, non è impossibile che le parti possano in qualche modo giovarsi della pronuncia della Cassazione.

Nella misura nella quale si ritenga infatti che per riaprire il discorso non vi sia necessità di fatti nuovi, essendo sufficiente anche la prospettazione di nuovi argomenti giuridici, la riproposi- zione della domanda, o l’istanza di modifica/revoca, ben potrebbe infatti essere supportata con la suddetta pronuncia14. Beninteso: essa è e rimane priva di qualunque efficacia vincolante per il giu- dice del merito, che può dunque sicuramente discostarsene. Non per questo può tuttavia concluder- si, pare di poter affermare, che essa risulti del tutto priva di rilevanza. Per un verso è infatti verosi- mile che il giudice, al pari di quanto vale in generale allorché dissenta dalla Cassazione, sia tenuto a motivare la sua diversa opinione. Per altro verso è poi se non altro ragionevole prospettare che, a fronte di una presa di posizione della Cassazione, la parte sia legittimata a riproporre la domanda, o a presentare istanza di modifica/revoca, anche senza bisogno di addurre nuovi argomenti giuridici, vale a dire semplicemente riproponendo quelli già spesi e facendo valere l’avallo fornito loro dalla Corte; non pare in altri termini azzardato affermare che la pronuncia nell’interesse della legge rap- presenti di per sé, in un certo senso, un nuovo argomento giuridico, idoneo, in ipotesi, a riaprire il discorso15.

13 Discorso analogo vale, com’è evidente, anche con riferimento a quelli camerali.

14 In tal senso REALI G., in La riforma, cit., 184, ove anche ulteriori indicazioni.

15 Per la possibilità di ricorsi scientemente inammissibili, volti proprio a cercare di provocare una pronuncia in qualche modo utilizzabile, vuoi in materia cautelare, vuoi anche in altri possibili scenari, v. BRIGUGLIO A., in Commentario, cit.,

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7. Conclusione: apprezzabilità della novella

Ciò detto, ed esaurito con questo il commento della norma, per quanto concerne il giudizio in merito ad essa, esso non può che essere positivo. La modifica, nel rivitalizzare un istituto, come detto, in precedenza totalmente inutilizzato, ha infatti notevolmente accresciuto la possibilità di in- tervento della Corte, in particolare consentendole di svolgere il proprio ruolo nomofilattico anche con riferimento a materie, per le quali l’accesso al giudizio di legittimità risulta altrimenti precluso.

Né, si aggiunga, il conseguente aumento di lavoro, peraltro modesto, rappresenta un prezzo così alto da indurre a mutare il segno della valutazione. Esso è infatti ampiamente compensato dai vantaggi derivanti da dall’ampliamento del raggio di azione della Cassazione.

A questo proposito, mette anzi conto accennare, in chiusura, che, nel corso del dibattito che ha preceduto la promulgazione della riforma, era stata prospettata l’introduzione di un sistema sul modello della saisine pour avis francese; tale cioè che l’intervento della Cassazione, anziché a po- steriori e per il futuro, avesse luogo in via preventiva, su iniziativa del giudice del merito, allorché questi ritenesse la questione meritevole di una decisione al massimo livello16.

Si tratta di una soluzione che, sul piano teorico, potrebbe in effetti apparire preferibile, per il fatto che conferisce all’intervento della Cassazione un’utilità più diretta ed immediata. In contrario, vi sono peraltro due rischi, niente affatto teorici e decisamente seri: da un lato quello di offrire al giudice del merito un comodo escamotage per evitare la fatica di studiare e di risolvere le questioni più complesse; dall’altro quello di determinare un aumento di lavoro della Cassazione in questo ca- so effettivamente consistente. Si tratta nondimeno di rischi che potrebbe forse valere la pena corre- re. Quella in tale direzione non sarebbe infatti, com’è ovvio, una scelta irrevocabile. Qualora doves- se riscontrarsi il concreto affermarsi di una prassi di questo genere, ben si potrebbe dunque interve- nire di nuovo, variamente correggendo il tiro con i temperamenti del caso, o, al limite, eliminando tout court l’istituto.

Non avendo il legislatore ritenuto di percorrere questa via, tutto ciò rimane però, allo stato, meramente virtuale. Della prospettiva in questione e dei relativi, possibili, problemi è dunque suffi- ciente avere qui dato conto, senza necessità di dedicare loro un più specifico approfondimento.

120 ss. Più in generale sulla possibilità utilità della pronuncia ex art. 363, a seconda dei diversi contesti nei quali essa si inserisce, v. DE CRISTOFARO M., in Codice di procedura civile, cit., 879 e IMPAGNATIELLO G., Principio di diritto, cit., 936 s., ed ivi ulteriori indicazioni.

16 Per qualche maggiore informazione e per ulteriori indicazioni cfr. CARRATTA A., in Le recenti riforme, cit., 357 testo e note 4 s.; CRISCUOLO A., I provvedimenti ricorribili, cit., 172 s.; TEDOLDI A., La nuova, cit., 2012; TOMMASEO F., La riforma del ricorso per cassazione: quali i costi della nuova nomofilachia, in Giur. it. 2003, 827.

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